CONTENUTI Outsider Art Fair Paris 2018 P/CAS Paris 2018 - @ RIZOMI
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Outsider Art Fair Paris 2018 Anne Marie Gbindoun è nata nel 1968 a Co- tonou in Benin. Vive lì fino all’età di 11 anni. Dopo aver viaggiato in Europa si stabilisce a Losanna dove rimane per i seguenti 20 anni. Anne Marie da ragazzina comincia a disegnare sulla carta di gior- nale perché non aveva i mezzi finanziari per procu- rarsi buoni materiali. Circa 8 anni fa ha cominciato a scrivere su vecchi quaderni presi ai mercatini delle pulci la sua memoria, la sua vita intima, se- guendo un impulso strettamente connesso ad una soffocante incomunicabilità. Scopre così che la sua scrittura non utilizza un alfabeto ufficiale ma un linguaggio fatto di ideogrammi inventati, molto personali e segni grafici dalle reminiscenze triba- li. Attualmente utilizza vari supporti, dalla carta di riso alle pagine di vecchi quaderni che riempie vertiginosamente di ideogrammi che si agglome- rano in vortici densi affiancati a segni gestuali che affermano l’urgenza di dire, di dirsi, di esistere.
Hangar Mattia Fiordispino nasce a Fornovo nel 1986. E’ appassionato di motori e fanta- scienza. Il suo universo è abitato da guerrieri muscolosi, motori a propulsione nucleare, an- timateria, teletrasporto, donne coraggiose in kilt e cravatta che guidano astronavi da 14000 chili. Mattia progetta astronavi, auto sportive, moto e costruisce modellini di aerei militari. I suoi progetti sono verosimili, partono da dati e conoscenze tecniche precise per andare oltre il reale, per abbatterne cioè il principio di realtà. E’ un ingegnere dell’iperrealtà. Il processo cre- ativo è totalizzante e continuo. Forzando i limiti fisici del nostro universo predispone un’alterità: incute nella quotidianità il dubbio che il reale sia solo uno stratagemma per tenere a bada i superpoteri, l’illogico e il gioco infantile.
Egidio Cuniberti è nato a Mondovì nel 1928; morì qui nel 2006. Fin da quando era molto giovane lavorò come operaio presso una fonderia di Torino pur continuando a vivere a Mondovì per un certo tempo. Aveva 24 anni e si era appena trasferito a vivere a Torino quando fu ricoverato d’urgenza per un trauma cerebrale, forse il risultato di un incidente in bicicletta, che lasciò una storia di emicrania ed epilessia. Praticamente inattivo per vent’anni nel 1971 cominciò a raccogliere bastoncini dei gelati e altri materiali di scarto nelle strade per realizzare sculture, pezzi di arredamento e quadri. In trent’anni Cuniberti ha realizzato circa 120 lavori lavorando a casa con il legno dei gelati e delle cassette della frutta, i bastoncini di plastica e più tardi con tessere di legno regolari che assemblava per dare vita a giovani donne e a paesaggi della sua città. Ha costruito armadi con cas- setti segreti forse per lasciarvi i suoi ricordi e li ha decorati all’esterno con interpretazioni personali di scene mitologiche e immagini moderne ma pur sempre bucoliche.
Pietro Ghizzardi nasce nel 1906 in una famiglia contadina che ha in conduzione un podere nel mantovano. Frequenta la scuola ma ripete due volte la prima elemen- tare, due volte la seconda e non finisce la terza classe. Affascinato dalle forme del viso, bocche, nasi, occhi, nel 1929 comincia a disegnare utilizzando come supporto la carta da pacco. Il fratello, non gradendo questa attività di Pietro, brucia nel 1931 tutti i disegni, moltissimi, che erano stati appesi alle pareti di casa. Mite e remissivo, Pietro, profondamente ferito, fugge di casa. Nel 1933 muore il padre e Pietro ormai rientrato in famiglia soffre la modalità possessiva dell’affetto della madre che ne limi- ta lo sviluppo psichico e sessuale. La struttura psichica di Ghizzardi rimane quella di un bambino. Continua a dipingere, non solo sulla carta ma anche sui muri delle case e sulle pareti interne. Usa grossi gessi, il carbone, da cui estrae tutta la gamma di grigi così tipica delle sue opere, colori distillati da erbe, fiori e bacche, il mattone tritato per il rosso e la terra per l’ocra. Quando muore anche il fratello, la famiglia si ritrova in gravi difficoltà economiche, perde il podere e Pietro, che amava la vita del contadino, deve arrangiarsi come può: carriolante, stradino, bracciante. Non si abituerà mai a questa nuova vita: compatito e spesso deriso, si ritrae in se stesso rimettendo tutte le sue energie nel disegno. Ci lascia una incredibile serie di personaggi storici, di at- trici famose, di rappresentazioni della cultura popolare oltre ad una autobiografia “Mi richordo anchora” oggi pubblicata da Einaudi. Collezioni: Collection Arnulf Rainer- Vienna, Collection abcd- Parigi, Museum Charlotte Zander.
L’Atelier Richelieu, 60 Rue de Richelieu, 75002 Paris, Francia Le Carreau du Temple / 4, rue Eugène Spuller, Paris, 75003
La pittura di Tommaso Buldini è strettamente connessa alle sue esperienze di psicoanalisi. Sono come mappe mentali del subconscio, che lo guidano nello scoprire se stesso. “Io credo fortemente che l’esse- re umano sia diviso in varie parti, di cui ognuna di queste ha ne- cessità uniche. Questi bisogni li esprimo nelle mie pitture. Molte volte scopro cosa volevano dirmi solo molto tempo dopo che li ho dipinti.” Dopo un lungo periodo per tenta- re di comprendere quale poteva essere il suo stile espressivo, ha cominciato a sentire che la ma- niera migliore per rappresentare le proprie dimensioni interiori era di rimanere solidamente con- nesso a se stesso, e questo indi- pendentemente dall’epoca e dal luogo. L’interesse di Tommaso è di continuare dipingere così, pro- vando a farlo nella maniera più sincera possibile. Il suo immaginario parla di pau- re, sesso, piedi, budella, del cuore, del bisogno di amore e di essere amati ed è molto ispirato dalla natura della relazione con la partner Giulia. “Il modo in cui riesce a scaldare la mia anima e il dolore che pro- verà quello che rimarrà alla mor- te dell’altro.”
meanwhile @ RIZOMI Egidio Cuniberti Girl in swimsuit, wood tiles, 147 x 40 x 30 cm., 1980’s Treumeau-like four bodies closet, wood tiles, 224 x 84 x 39 cm., 1970’s
Marco Raugei
Lia Castel
Anne Marie Gbindoun
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