CONTE FRED HARTIG IV 85020 MONTICCHIO

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IV

CONTE FRED HARTIG
  85020 MONTICCHIO
Il suo biglietto
da visita.
Dopo gli studiosi (naturalisti ed entomologi) Cavanna nel 1880,
Fiori nel 1911, Muller nel 1923 e Focarile nel 1941, Fred Hartig giun-
ge, negli anni sessanta, anche lui nel Vulture per effettuare una rac-
colta d’insetti 24.
   Qui incontra e conosce persone semplici, agricoltori, boscaioli e
pastori, con i quali cerca di colloquiare, di farsi conoscere per il suo
passato e i suoi interessi.
   Eppure, interpellando la gente di Monticchio che lo ha cono-
sciuto, dalle risposte o dalle mezze risposte, ho ricavato, da princi-
pio, un’idea confusa dell’entomologo.

24   Graf Hartig Friedrich nacque a Bolzano il 29 agosto1900.
     Fin da giovane fu un appassionato naturalista. Nel 1940, fondò l'Istituto Nazionale
     di Entomologia (INE) del quale fu sovrintendente, fatto realizzare appositamente
     per lui dal Conte Galeazzo Ciano. Fu destituito dall'incarico poiché si assentò, per
     alcuni anni, senza comunicare sue notizie: era in Messico (1953-56). Per tutta la sua
     vita fu un instancabile ricercatore, principalmente di microlepidotteri. Durante i
     suoi numerosi viaggi in Italia (Sicilia, Basilicata, Calabria e Sardegna) e all’este-
     ro (Isole del Mar Egeo, Messico, ecc.), raccolse oltre 60.000 specie di farfalle
     esotiche, sistemate originariamente a Castel Roncolo (Bolzano), il grande e lussuo-
     so castello di famiglia. Le collezioni, da ritenere le più importanti mai realizzate
     in Italia, si arricchirono anche della collezione Turati. Ricercò e raccolse molti libri
     di natura, alcuni antichissimi. La collezione e la biblioteca, riferibili al periodo
     precedente alla dipartita dall’INE, furono donate allo Stato Italiano. Attualmente
     sono in esposizione nella sede di via Catone del Museo di Zoologia del Dipar-
     timento di Biologia Animale e dell’Uomo, dell’Università degli Studi di Roma La
     Sapienza.
     Gli insetti raccolti nel periodo successivo all’allontanamento dall’INE, oggi si tro-
     vano presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, compresa la colle-
     zione di microlepidotteri minatori e molti rari e preziosi libri.
     Scrisse più di 150 articoli scientifici di faunistica e tassonomia.
     Morì ammalato di tumore a Merano il 24 gennaio 1980.

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La Psiche del Frassino

    Un autoscatto.
        Fred Hartig
         si riprende
davanti al focolare
      della famiglia
       De Stefano a
Monticchio Laghi.
   La foto è datata
    5 agosto 1970,
 sul retro porta la
   scritta “cordiali
  saluti e ricordi”,
     e la sua firma.

                          Alcuni descrivevano una persona dal portamento imponente e
                       severo, parlavano delle sue origini nobili e straniere, ma anche del
                       carattere stravagante e del suo aspetto spesso trasandato.
                          Altri, i suoi amici, che costituivano quasi un seguito all’affasci-
                       nante personalità, raccontavano di come, a volte, si prestassero per
                       accompagnarlo e aiutarlo nelle battute di caccia.
                          A questi aveva il piacere di offrire di sé un’immagine di uomo
                       alla mano e cordiale. Ma non mancavano momenti nei quali rive-
                       lava atteggiamenti tipici della sua educazione e sensibilità, spesso
                       incompresi. Come quando si mostrava galante e disinvolto con le
                       nuove conoscenze femminili. I suoi regali, com’era consuetudine
                       tra i nobili, erano costituiti da oggetti personali. Al proposito, uno
                       dei suoi vecchi amici mi disse: «Lo aiutavo spesso, gli fornivo l’e-
                       nergia elettrica per azionare la lampada, eravamo molto amici, ma

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Conte Fred Hartig 85020 Monticchio

un giorno, quando si sposò mia figlia, lui le regalò delle posate da
tavola usate». Si trattava, come mi riferì il professor Paolo Pa-
renzan, di antiche posate d’argento appartenute alla sua famiglia 25.
    In un'altra occasione, gli fu rimproverato di aver offerto in dono
un mobile vecchio tutto tarlato. Si trattava di un arredo di famiglia,
fatto arrivare per l’occasione a Monticchio da Castel Roncolo, e
anche questo un vero pezzo d’antiquariato.
    Era una persona generosa che non badava a spese. A Montic-
chio invitava i suoi amici, entomologi e non, italiani e stranieri,
preoccupandosi di offrire tutta l’ospitalità immaginabile. Non
mancava però di ricambiare, trattenendosi anch’egli a casa di que-
sti amici per lunghissimi periodi.
    Ai ristoratori del luogo aveva promesso di impegnarsi per far
ottenere loro un cospicuo finanziamento, da utilizzare per la
costruzione di un’imponente struttura alberghiera. Il conte, che era
anche un apprezzato gourmet, si tratteneva spesso con i suoi amici
locandieri di Monticchio ai quali, dopo pranzo e nei pomeriggi pio-
vosi, offriva delle vere e proprie lezioni di alta cucina e su come si
dovesse servire a tavola 26.
    Non girava mai con denaro in tasca, e spesso mancava di resti-
tuirlo a chi gli faceva credito, specialmente alle trattorie abituali e
frequentate sempre in compagnia dei suoi ospiti.
    La sua posta arrivava dall’unico tabaccaio, proprio sulla strada
all’entrata tra i due laghi, lo stesso al quale non mancava di lascia-
re debiti.

25   Esperto lepidotterologo dell’Università di Palermo, conobbe Hartig. Da lui ho
     appreso alcuni preziosi dettagli sulla vita del conte.
26   Faceva parte di una rosa di gourmet, circa venti, di varie nazionalità europee, che
     ogni anno si riunivano a Parigi per presentare la loro cucina. Il piatto preparato da
     Hartig era una speciale torta al cioccolato, particolarmente attesa e apprezzata.

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La Psiche del Frassino

    Dopo la scoperta della bramea, numerosissimi musei da tutto il
mondo gli scrivevano per chiedergli alcuni esemplari della farfalla,
spesso allegando cospicue somme con assegni (anche 200-300 dol-
lari per una coppia) 27. Lui apriva subito questa corrispondenza e
poi, dopo essersi furiosamente arrabbiato, stracciava lo chèque.
Nella scatola con la quale spediva le farfalle chiudeva anche l’inop-
portuno compenso ridotto in pezzetti, e nella lettera di accompa-
gnamento rimproverava quelli del museo di averlo scambiato per
uno straccione. Tutto questo davanti al tabaccaio, che non credeva
ai suoi occhi. Lui, il conte, che sembrava non riuscire a sbarcare il
lunario, rifiutava del denaro offertogli in cambio di misere farfalle.
    Quest’ultimo aneddoto mi ricorda di quando, bambino di sei o
sette anni, vivevo per lunghi periodi con i nonni e spesso, nei pome-
riggi d’estate, venivo condotto a Monticchio nei pressi del Lago
Piccolo. A quel tempo era un luogo ameno e rispettato. Col nonno
ci fermavamo ad un ristoro che però trattava merci d’ogni genere e,
tra le altre, vecchie cartoline in bianco e nero, ingiallite e sbiadite al
sole. Seduti al tavolino consumavamo un gelato. Il simpatico pro-
prietario, Armando, ci conosceva bene. S’intratteneva con noi e in
modo brusco ma scherzoso ci raccontava delle sue oche, delle rac-
colte di funghi, di altre cose. Era lui il tabaccaio del quale mi hanno
riferito. Parlava anche di un uomo del nord, uno strano conte, alter-
nando ammirazione a spregevoli giudizi. Parole che mio nonno

27   In quegli anni alla Borsa degli Insetti di Monaco di Baviera un solo esemplare
     veniva valutato oltre 100 dollari USA. Ancor oggi il mercato, specialmente tra col-
     lezionisti e cacciatori di farfalle, costituisce una vera piaga che minaccia di estin-
     zione moltissime specie nel mondo. Nel penitenziario di Iwahig, nell’isola di
     Palawan, un verde Paradiso della giungla filippina, alcune centinaia di detenuti
     macchiati di feroci delitti sono lasciati liberi per raccogliere farfalle. Muniti di
     macete e retino, col capo raso e tatuati con farfalle, s’appostano tra la folta vegeta-
     zione per catturare esemplari rarissimi. Questi vengono poi venduti dall’ammini-
     strazione carceraria.

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Conte Fred Hartig 85020 Monticchio

lasciava correre senza dar loro importanza. Mi ricordo solo di quan-
do ci raccontò di averlo trovato, una mattina, mentre dormiva anco-
ra in una delle cabine di legno, sotto gli alberi poco distanti da lui.
Un comportamento che giudicava ignobile per una persona del suo
ceto («… forse non è un vero conte»).
   I miei ricordi finiscono qui e l’Armando ormai non c’è più.
   Da Pierino Provera, ingegnere e gentile amico di Hartig, studio-
so e appassionato collezionista ora residente in Svizzera, sono
venuto a conoscenza di altri particolari. Poco dopo la fine della
seconda guerra mondiale, il conte, accusato di essere stato un col-
laborazionista dei tedeschi, venne internato dagli inglesi nella
Certosa di Padula. Durante la detenzione, ricorda ancora l’amico,
seppe circondarsi di un tale carisma e ostentava una tale sicurezza
che riuscì a mettere in soggezione i suoi carcerieri, sempre osse-
quiosi al cospetto del conte impettito e indignato, che appariva in
cella sempre ritto e ben curato.
   Chi lo conosceva bene ricorda che non era molto interessato alla
politica: lui stava con chi gli permetteva di fare quello che gli pia-
ceva, il suo unico e vero interesse erano le farfalle.
   Poco prima di giungere in Basilicata (alla fine degli anni ’50) a
Roma il conte frequenta gli ambienti di Cinecittà, entra a far parte di
esclusive cerchie di amici che si trovano a popolare la vita notturna
di Via Veneto. Tali conoscenze lo portano ad avere anche un piccolo
ruolo in un film. Poche battute e pochi fotogrammi suggellano
Hartig attore nella Dolce Vita di Federico Fellini, proprio accanto a
Marcello Mastroianni.
   Dopo la lunga e fruttuosa parentesi lucana, ormai settantenne si
risposa con una giovane (solo venticinquenne) e benestante tedesca.
La porta con sé in Calabria, ma l’abbandona appena conclude le sue
copiose cacce al lume sull’Aspromonte.

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Gli ultimi suoi anni li dedica alla ricerca di un museo o un ente
scientifico a cui destinare le sue ultime collezioni e i suoi preziosi
libri.
   Propone l’idea nel Vulture e poi all’Università di Bari. A Belvì, in
Sardegna, il progetto sembra concretizzarsi ma viene bloccato da lui
stesso per questioni che riguardano la gestione del futuro museo.
   Si rivolge al The Natural History Museum di Londra che gliele
acquista. Ma il materiale, quasi pronto e imballato all’interno di
diciassette containers per essere trasferito da Merano a Londra,
viene bloccato in quanto il Museo Regionale di Scienze Naturali di
Torino dichiara e dimostra, appena in tempo, di avere almeno altret-
tanti diritti per entrare in possesso della collezione, della biblioteca e
dell’archivio personale del conte.
   In tale archivio si annovera anche tanta corrispondenza, tra cui
numerosissime lettere con all’interno delle fatture commerciali o
dei solleciti di pagamento, mai aperte 28.
   L’8 maggio 1979 dalla clinica Martinsbrunn di Merano, Hartig
scrive ad un amico:
     (...) Anzitutto mi potrebbe fare un favore? Chi dei nostri colleghi
dovesse ancora domandare delle mie notizie, gli esprima la mia profonda
gratitudine di informarsi sul mio stato di salute. (...) devo andare con le
stampelle e riprendermi del grave attacco delle artrosi sulla spina dorsale
in basso, mai sarò più in grado [di] fare il cacciatore, e l’entomologo
Hartig scompare. (...) e [si] tolga quell’idea [dalla mente] che fossi stato
un entomologo speciale, ero semplicemente come tutti gli altri.

28   Dal professore Umberto Parenti dell’Università di Torino ho appreso la rico-
     struzione, estremamente chiara, di quest’ultima vicenda. Essa rappresenta
     un episodio che forse aiuta o forse no a definire il profilo della controversa
     personalità, ambigua o affascinante, di quest’ultimo bucaniere dell’entomo-
     logia, così come lo stesso Parenti ama definirlo.

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