CONSIGLIO GENERALE FNP CISL VENETO
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CONSIGLIO GENERALE FNP CISL VENETO Novotel Mestre, 17 dicembre 2013 Introduzione Cari amici, questo tradizionale appuntamento di fine anno del nostro Consiglio generale ci trova ancora, dopo più di cinque anni all’interno di una crisi che sembra non aver fine. Più volte ci siamo soffermati a riflettere sulle cause che hanno portato al disastro economico finanziario che sta riducendo in povertà vaste aree del paese e notevoli quantità di popolazione. Più volte abbiamo evidenziato come il nostro paese non abbia preso sul serio una tempesta che si rivelava ogni giorno più devastante. Un governo del paese che per anni ha negato la crisi fino a portarci sull’orlo di un baratro che sarebbe stato fatale se non fosse intervenuto il Presidente della Repubblica a imporre lo stop ad una classe politica irresponsabile e arrogante, Dopo tutto questo tempo siamo costretti ad osservare che proprio quei personaggi che ci hanno portato sull’orlo della catastrofe oggi si ergono ad accusatori di chi è costretto a trovare soluzione alle loro malefatte. Certo se dovessimo giudicare lo stato della crisi dalla condizione in cui ancora versano molti, troppi lavoratori e molti, troppi pensionati e dalla disperata condizione di una intera generazione di giovani abbandonati ad un destino senza futuro, dovremmo affermare che la crisi è ancora molto profonda al di la delle ottimistiche dichiarazioni dei governanti di tutto il mondo che ci assicurano che il peggio è passato. Buona parte del paese è alle prese ancora con problemi economici gravissimi; con milioni di lavoratori che hanno perso il lavoro, o che sono stati posti in cassa integrazione, con milioni di pensionati costretti a vivere con pochi euro al mese, con il dramma di molte famiglie costrette ad affrontare pressoché da sole e a volte con pochi mezzi il dramma della non autosufficienza degli anziani e della disabilità dei giovani, una piaga, che a livello nazionale, ancora non riusciamo a guarire con una appropriata terapia. Ho fatto questa ormai consueta breve premessa che in tutte le nostre riunioni continuiamo a fare, non per unirci al coro delle ormai diffusissime lamentele, ma per poter introdurre oggi fra di noi una riflessione che deve andare al di là della situazione contingente guardando con attenzione alle cause che hanno portato il nostro paese sull’orlo di un baratro dai connotati non solo economico finanziari ma anche morali ed etici. 1
La crisi e la politica Potremmo sicuramente e con ragione dilungarci sulle questioni che in queste ultime settimane sono state al centro delle discussioni nei nostri organismi e nelle manifestazioni sia dei pensionati che delle confederazioni. Potremmo affermare con amara certezza che: 1. la legge di stabilità che il parlamento sta per approvare non ci soddisfa; 2. che continuando con la politica economica degli ultimi anni si cade nel baratro; 3. che la produttività e i consumi diminuiscono drasticamente; 4. che il debito pubblico aumenta perché l’economia è ferma a causa di una pressione fiscale ormai insopportabile che blocca i consumi; 5. che la ricetta del ministro dell’economia di concentrarsi solo sulla riduzione del debito pubblico è sbagliata, perché senza sviluppo e con l’aumento delle tasse il debito cresce; 6. che bisogna combattere l’evasione fiscale con metodi e strumenti più convincenti e coercitivi; 7. che la mancata rivalutazione delle pensioni degli ultimi anni che si somma a quella della legge di stabilità 2014, ha collassato il potere d’acquisto dei pensionati e delle loro famiglie in una situazione nella quale: il 50% (7,2 milioni) dei pensionati riceve meno di mille euro al mese lordi e circa il 15% (2,3 milioni) non arriva a 500 euro (INPS); il 30% (18,2 milioni) della popolazione è a rischio di povertà (Eurostat) (in zona euro solo la Grecia sta peggio di noi ma in termini di numero assoluto noi siamo i peggiori); ormai un pensionato su due non arriva a fine mese; il 46,2% si trova costretto a rimandare i pagamenti, ad intaccare i risparmi, a chiedere prestiti ed aiuti ad altri; il 37% è arrivato a ridurre i consumi di prodotti alimentari e delle cure mediche; il 53% ha ridotto le spese di vestiario il 21,2% non può permettersi di riscaldare la casa o di assumere un pasto proteico adeguato almeno ogni due giorni (riduzione di 400 Kcl al giorno); Le amare sensazioni che derivano da questi dati dell’ISTAT, dell’INPS e di Eurosta, soprattutto in tema di pensioni, l’esigenza di rimettere il paese in condizioni di produrre ricchezza e di redistribuirla con equità, anche in previsione di un possibile futuro, costituiscono il presupposto per tornare a crescere innescando un nuovo sviluppo, anche a mezzo di “riforme strutturali”. Il nostro segretario generale Bonanni, assieme a CGIL e UIL, nell’intervento svolto alla manifestazione del giorno 14 u.s., ha chiesto al governo che venga inserito nella legge di stabilità un provvedimento che 2
preveda che tutte le risorse provenienti dalla spesa pubblica improduttiva, dalla lotta agli sprechi e all’evasione fiscale vadano ad alimentare un fondo che abbassi automaticamente le tasse per lavoratori e pensionati. Sembra che il presidente del consiglio abbia accolto questa richiesta, inserendo un emendamento nella legge di stabilità. “Staremo a vedere – ha affermato Bonanni – se il risparmio si farà sui lavoratori e sui servizi o si farà su un sistema feudale politico e sulle mangiatoie della politica. Noi vigileremo. Saremo rigorosi nella verifica di ciò che si farà, sapremo apprezzare i cambiamenti ma saremo anche pronti a denunciare ciò che non andrà. Finché non ci sarà questa azione sulla abolizione delle spese inutili ed inefficienti della pubblica amministrazione il cui ricavato è da restituire a lavoratori e pensionati attraverso l'abbassamento delle tasse, noi daremo un giudizio negativo della legge di stabilità. Sapendo che finché ciò non avverrà non intercetteremo la ripresa. Il nostro giudizio lo daremo in base alle azioni concrete". Su tutto questo si innestano le novità provenienti dalla politica e dai partiti di maggioranza. Di fronte ai problemi sopra esposti e ad altri ancora il governo delle larghe intese ha dovuto tornare in parlamento per verificare la tenuta della nuova maggioranza dopo l’uscita di “Forza Italia”, pare si sia passati dalle “larghe intese” alle “intese chiare” Resta comunque il fatto che questo è un governo di necessità composto da forze eterogenee con visioni dei problemi del paese profondamente diverse. Speriamo che almeno sulle questioni che riguardano le riforme, i costi della politica e la legge elettorale si possa trovare una soluzione comune per consentire al paese di superare le difficoltà che ci trasciniamo ormai da troppi anni. Anche le novità provenienti dai partiti condizionano sicuramente il futuro del governo e del paese. Certo non si può negare che nei principali partiti ci sia stato un notevole ricambio attraverso un ringiovanimento della dirigenza. Questo fa ben sperare soprattutto in relazione al fatto che questa nuova dirigenza di quarantenni possa cancellare definitivamente le abitudini, i vizi e le deviazioni della vecchia nomenclatura e creare i presupposti per far riavvicinare la gente alla politica e far ripartire il Paese. Su tutto questo e a fronte della cronica inerzia dei partiti, ieri è intervenuto di nuovo il nostro presidente della repubblica, chiedendo la massima attenzione verso coloro che vivono nel disagio, che possono farsi coinvolgere in proteste violente e in un moto di opposizione totale senza vie di uscita e sollecitando tutti i partiti ad avviare con celerità tutte le riforme che il paese aspetta ormai da troppo tempo. Il livello regionale A tutto questo dovremmo aggiungere tutte le problematiche relative al welfare, alla implementazione della legge 30 sulla non autosufficienza e l’applicazione del nuovo PSSR. 3
Nei prossimi mesi le problematiche relative al welfare in Veneto saranno al centro della iniziativa unitaria di CGIL CISL e UIL del Veneto assieme ai pensionati e alla Funzione pubblica con l’obiettivo di impostare la nostra azione su due principi fondamentali: la salvaguardia del carattere pubblico e universalistico del servizio sanitario regionale; il miglioramento delle politiche di welfare attraverso l’incremento delle risorse da destinare ai servizi sociali e il finanziamento delle politiche per la non autosufficienza e la disabilità. Per quanto riguarda la legge sulla tutela delle persone non autosufficienti come SPI FNP E UILP abbiamo concordato che alla ripresa delle attività, dopo le festività, riapriremo la vertenza con la regione affinché vengano finalmente varati i decreti delegati con una logica di inserimento nelle modalità della applicazione del PSSR. Per quanto riguarda invece l’applicazione del PSSR con le notevoli novità in esso contenute, saremo chiamati sia a livello regionale che a livello di ULSS ad aprire tavoli di concertazione per monitorare ed eventualmente pretendere la emanazione degli atti aziendali di applicazione del Piano a livello locale, così come previsto dalla normativa regionale. Ovviamente in questa sede non entriamo nel merito delle complesse problematiche relative ai contenuti del Piano (ricordo che l’ultimo Consiglio direttivo lo abbiamo dedicato completamente alla descrizione dei suoi contenuti) problematiche che saranno affrontate in tre giornate di formazione ad hoc nel prossimo mese di gennaio. Un paese abbandonato a se stesso Dicevo all’inizio che visto il periodo natalizio, potremmo cogliere l’occasione per riflettere non solo sui notevoli danni economici e materiali che la crisi, ma soprattutto chi ci ha governato negli ultimi anni, hanno provocato nel nostro paese. Mentre gli economisti si dividono a seconda del diverso orientamento sulle cause economiche della crisi, contrapponendo i danni del liberismo agli abusi del welfare state, restano totalmente in ombra le cause culturali e morali e le possibili involuzioni future della realtà del nostro paese, dal punto di vista dell’impatto sulle persone. Resta nascosta cioè la causa più profonda della crisi, il deterioramento di un’etica collettiva, la scomparsa di ogni panorama valoriale o preoccupazione morale. Nel corso degli ultimi anni quasi ogni giorno ha portato il suo amaro contributo alla scoperta di una struttura valoriale fortemente compromessa in cui la natura rapace dei politici di lungo corso o dei carrieristi o arricchiti di seconda o terza fila, ha trovato un buon terreno di cultura nelle innumerevoli astuzie adattate ad un paese sostanzialmente da troppi anni abbandonato a se stesso. In effetti negli ultimi anni si è assistito ad un processo di sgretolamento dell’etica sociale, iniziato molto tempo fa con il progressivo annullamento dell’equità e dell’uguaglianza delle opportunità, effetto indesiderato del crollo del muro di Berlino che ha consegnato il mondo ad un capitalismo vittorioso e a uno sfrenato liberismo senza più condizionamenti che ha 4
accentuato le speculazioni della finanza internazionale per altro già presenti anche nel nostro paese. Dopo molti anni nei quali hanno trionfato i personalismi sempre più arroganti, si è finito per produrre a livello di massa una società in bilico tra il lecito e l’illecito con un consolidamento di un diffuso egoismo e di una “guerra di tutti contro tutti” di cui l’attuale malcostume politico è il prodotto degenere e la cui reazione più attuale è la protesta di questi giorni del movimento dei “ forconi”. Purtroppo, mentre negli uffici pubblici, nelle amministrazioni locali e nel mondo istituzionale proliferavano abusi di ogni tipo, molti , troppi italiani si sono adeguati. Ma forse questo tipo di politica rivela quello che una parte consistente della società italiana pratica ormai da diversi anni. A dimostrazione di ciò, una ricerca del CENSIS rivela che l’indice di trasparenza che misura la corruzione a livello globale, posiziona l’Italia al 72° posto nel mondo (su 174 paesi) e in fondo alla classifica europea, davanti alle sole Bulgaria e Grecia. Secondo la Banca mondiale, ogni anno vengono pagati più di 1000 miliardi di dollari nel mondo e va sprecato nella corruzione circa il 3% del PIL. Applicando questa percentuale all’Italia, si arriva ad una cifra di circa 60 miliardi di euro l’anno ; una vera e propria tassa immorale e occulta che pesa per mille euro all’anno per ogni cittadino, neonati compresi. Quello che è certo è che una tanto diffusa corruzione non poteva nascere da un elettorato totalmente virtuoso, dotato di un forte senso della partecipazione democratica e delle responsabilità individuali. Il CENSIS svela un quadro impietoso del rapporto tra il cittadino e lo stato: solo un terzo degli intervistati dichiara una visione trasparente e onesta di questa relazione; emerge invece, come pensiero dominante, l’abbandono di ogni forma di leale dialogo con la dimensione comunitaria e la strategia dell’arrangiarsi spregiudicato e indifferente al bene comune, un arrangiarsi pronto ad autoassolversi per le eventuali conseguenze negative nei confronti degli altri. Inoltre la corruzione è diventata come una piovra (passatemi la metafora abbastanza abusata ma non casuale) che allunga i suoi tentacoli in tutti gli spazi del sociale: nelle istituzioni nazionali, in quelle regionali e locali come pure nella cultura imprenditoriale. Sempre secondo l’indagine del CENSIS alcune previsioni di aggravamento di tale situazione delineano un paese in cui il malcostume è radicato tanto profondamente da resistere al dilagare degli scandali e a volte anche a giustificarli, come per esempio quando si arriva alla mercificazione del proprio corpo o all’accettazione di incarichi di probabile origine criminale; questo ci rivela che una certa soglia di allerta è stata ormai abbondantemente oltrepassata, che con l’affermare che “ tanto tutto è relativo” ogni mezzo è consentito e che ogni comportamento anche lesivo della propria dignità di persona sia legittimato, in questi ultimi anni, dalla propaganda dei media e dalla classe dirigente dl Paese. Queste del CENSIS sono sicuramente previsioni inquietanti che ci allertano molto più che i “forconi” dei conflitti attuali e ci fanno temere in futuro un imbarbarimento della società. 5
La cosa che allarma di più è che nella ricerca del CENSIS queste previsioni vengono in misura prevalente dai giovani e dalle donne, persone che per la loro familiarità con i problemi della sopravvivenza sono maggiormente a contatto con la cruda realtà di una società allo sbando: quando il necessario non è più sicuro, lo scoraggiamento dilaga e forse può indurre in tentazione anche soggetti di solida correttezza. Che fare allora? Credo che il sindacato non sia del tutto immune da alcuni vizi della società, tuttavia ritengo che le organizzazioni dei lavoratori e di pensionati possano essere ancora considerate tra la parte più sana della società italiana. Per questo il sindacato deve porsi il problema di come rapportarsi con la società sopra descritta. Nel sindacato non è ancora, per fortuna, venuto meno il riferimento ai valori etici, di servizio verso gli altri, di altruismo e solidarietà nei confronti della parte debole della società. Tocca a noi quindi dare un contributo al cambiamento della società italiana combattendo l’individualismo e gli egoismi che lo accompagnano. Dobbiamo lavorare con gli strumenti che abbiamo per far crescere una cultura che vede nella coesione sociale il bene più prezioso per una società civile e democratica. In particolare noi della CISL che abbiamo fatto della solidarietà la nostra bandiera, dobbiamo diventare il lievito della nostra società, creando una cultura del sociale attenta ai bisogni della parte debole della società: i poveri sempre più numerosi soprattutto tra gli anziani e i giovani senza lavoro, le persone non autosufficienti, gli emarginati, i disoccupati, le donne troppo spesso oggetto di violenza criminale e omicida ecc. Grazie e buon Natale a voi e alle vostre famiglie! 6
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