D.U.P. Comune di Verghereto - Documento Unico di Programmazione 2017-2020

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Comune di Verghereto

             D.U.P.

Documento Unico di Programmazione

            2017-2020
INDICE

Premessa
· L’armonizzazione dei sistemi e degli schemi contabili
· Il documento unico di programmazione degli enti locali (DUP)
· La composizione del DUP
· Il nuovo ciclo della programmazione

 Sezione Strategica (SeS) 2017-2020

1. LINEE PROGRAMMATICHE DI MANDATO, POLITICHE DI MANDATO, VALORI

2. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
       2.1 La legislazione europea
           2.1.1 Patto di stabilità e crescita europeo, fiscal compact e pareggio di bilancio
           2.1.2 Europa 2020 e fondi europei 2014-2020
 2.2 La legislazione nazionale e gli obiettivi dell’azione di governo
           2.2.1 Pareggio di bilancio nella Costituzione
           2.2.2 Revisione della spesa pubblica
           2.2.3 Il pagamento dei debiti pregressi della Pubblica Amministrazione
           2.2.4 Delega fiscale
           2.2.5 La revisione del prelievo fiscale
 2.3 Gli obiettivi della Regione Emilia Romagna e il riordino istituzionale
           2.3.1 Il percorso di riordino istituzionale
           2.3.2 Gli obiettivi della Regione Emilia Romagna
           2.3.3 Il riordino delle Province
3. ANALISTI STRATEGICA DELLE CONDIZIONI ESTERNE
       3.1 Il concorso delle autonomie locali agli obiettivi di governo
           3.1.1 Abolizione del Patto di stabilità interno (comma 707 Legge di Stabilità 2016) e
                 pareggio di bilancio
           3.1.2 Il nuovo saldo di competenza finale (commi 709 – 712 Legge di Stabilità 2016)
           3.1.3 Le spese di personale
           3.1.4 Le società partecipate
 3.2 Situazione socio-economica del territorio
           3.2.1 Il contesto territoriale
           3.2.2 Struttura della popolazione e dinamiche demografiche
3.2.3 Contesto economico-sociale
           3.2.4 Sistema infrastrutturale
 3.3 Parametri economici essenziali

4. ANALISTI STRATEGICA DELLE CONDIZIONI INTERNE
  4.1 Organizzazione e modalità di gestione dei servizi pubblici locali
 4.2 Indirizzi generali sul ruolo degli enti ed organismi partecipati
           4.2.1 Società ed enti partecipati
 4.3 Risorse finanziarie
           4.3.1 Indirizzi generali in materia di tributi e tariffe dei servizi pubblici
           4.3.2 Spesa corrente per l’esercizio delle funzioni fondamentali
           4.3.3 Indirizzi generali in materia di gestione del patrimonio
           4.3.4 Il reperimento e l’impiego di risorse straordinarie ed in conto capitale
           4.3.5 Indebitamento
 4.4 Equilibri di parte corrente e generali di bilancio ed equilibri di cassa
           4.4.1 Equilibri di parte corrente
           4.4.2 Equilibri di cassa
 4.5 Risorse umane
           4.5.1 Struttura organizzativa
           4.5.2 Dotazione organica
 4.6 Coerenza patto di stabilità e vincoli di finanza pubblica

5. LE MODALITÀ DI RENDICONTAZIONE

Sezione Operativa (SeO) 2017-2019
1. ENTRATA: FONTI DI FINANZIAMENTO
       1.1 Quadro riassuntivo
         1.2 Valutazione generale sui mezzi finanziari
         1.3 Analisi delle risorse
                1.3.1 Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa (titolo 1.00)
                1.3.2Trasferimenti correnti (titolo 2.00)
                1.3.3 Entrate extratributarie (titolo 3.00)
                1.3.4 Entrate in conto capitale (titolo 4.00)
                1.3.5 Entrate da riduzioni di attività finanziarie (titolo 5.00)
                1.3.6 Accensione di prestiti (titolo 6.00)
                1.3.7 Anticipazioni da istituto tesoriere (titolo 7.00)
2. INDIRIZZI GENERALI IN MATERIA DI TRIBUTI E TARIFFE DEI SERVIZI

3. INDIRIZZI SUL RICORSO ALL’INDEBITAMENTO PER IL FINANZIAMENTO DEGLI
INVESTIMENTI
        3.1 Debito consolidato e capacità di indebitamento
        3.2 Gli indirizzi in materia di indebitamento
        3.3 La compatibilità con gli equilibri finanziari e con i vincoli di pareggio finanziario

4. DIMOSTRAZIONE DELLA COERENZA DELLE PREVISIONI DI BILANCIO CON GLI
STRUMENTI URBANISTICI VIGENTI
        4.1 Strumenti urbanistici generali e attuativi vigenti
         4.2. Coerenza delle previsioni di bilancio con le previsioni degli strumenti urbanistici
         vigenti

5. SPESA: RIEPILOGO GENERALE DEGLI OBIETTIVI OPERATIVI PER MISSIONI E
PROGRAMMI

6. ORGANISMI GESTIONALI ESTERNI
       6.1 Situazione economico-finanziaria degli organismi partecipati
PREMESSA

L’armonizzazione dei sistemi e degli schemi contabili

Per armonizzazione contabile si intende il processo di riforma degli ordinamenti contabili pubblici
diretto a rendere i bilanci delle amministrazioni pubbliche omogenei, confrontabili ed aggregabili
ed è il cardine della riforma della contabilità pubblica (legge n. 196/2009) e della riforma federale
prevista dalla legge n. 42/2009.

Nel 2015 la riforma è entrata in vigore in via generalizzata per tutti gli enti locali, pur con una
disciplina transitoria graduale che si completerà nel 2017 e di conseguentemente anche il Comune
di Verghereto è stato interessato da questo cambiamento.

Con questa riforma – meglio nota come “armonizzazione” – si è voluto perseguire lo scopo di:
− consentire il controllo dei conti pubblici nazionali (tutela della finanza pubblica nazionale);
− verificare la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni dell’articolo 104 del Trattato
   istitutivo dell’Unione Europea;
− favorire l’attuazione del federalismo fiscale.

Uno dei cardini della nuova contabilità è rappresentato dal principio della “competenza finanziaria
potenziata”, il quale prevede che tutte le obbligazioni giuridicamente perfezionate, che danno luogo
ad entrate e spese per l’ente, devono essere registrate in contabilità nel momento in cui sorgono, con
imputazione all’esercizio in cui vengono a scadenza. È comunque fatta salva la piena copertura
degli impegni a prescindere dall’esercizio in cui essi sono imputati, attraverso l’istituzione del
Fondo pluriennale vincolato.
La nuova configurazione del principio contabile della competenza finanziaria potenziata:
a) impedisce l’accertamento di entrate future, rafforzando la valutazione preventiva e concomitante
    degli equilibri di bilancio;
b) evita l’accertamento e l’impegno di obbligazioni inesistenti, riducendo in maniera consistente
    l’entità dei residui attivi e passivi;
c) consente, attraverso i risultati contabili, la conoscenza dei debiti commerciali degli enti, che
    deriva dalla nuova definizione di residuo passivo conseguente all’applicazione del principio
    della competenza finanziaria potenziata;
d) rafforza la funzione programmatoria del bilancio;
e) favorisce la modulazione dei debiti finanziari secondo gli effettivi fabbisogni degli enti;
f) avvicina la competenza finanziaria alla competenza economica;
g) introduce una gestione responsabile delle movimentazioni di cassa, con avvicinamento della
    competenza finanziaria alla cassa (potenziamento della competenza finanziaria e valorizzazione
    della gestione di cassa);
h) introduce con il fondo pluriennale vincolato uno strumento conoscitivo e programmatorio delle
    spese finanziate con entrate vincolate nella destinazione, compreso il ricorso al debito per gli
    investimenti.

L’avvio a regime della riforma degli enti territoriali, avvenuto anche per il Comune di Verghereto il
1° gennaio 2015, secondo quanto disposto dal decreto legge 102/2013 (L. n. 124/2013), costituisce
una tappa fondamentale nel percorso di risanamento della finanza pubblica e favorirà il
coordinamento della finanza pubblica, il consolidamento dei conti delle Amministrazioni Pubbliche
anche ai fini del rispetto delle regole comunitarie, le attività connesse alla revisione della spesa
pubblica e alla determinazione dei fabbisogni e costi standard.

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Il Comune di Verghereto, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 118/2011 integrato dal D.Lgs.
126/14, ha introdotto gradualmente la riforma, adottando, per l’anno 2015, in parallelo, sia gli
schemi di bilancio e di rendiconto di cui al DPR 194/1996 (autorizzatori) sia nuovi schemi di
bilancio (con funzione meramente conoscitiva). mentre dall’anno 2016 l’Ente utilizza i nuovi
schemi previsti dal D.lgs. 118/2011.

L'anno 20161, per la gran parte degli Enti Locali è l'anno della piena attuazione del principio
contabile applicato concernente la contabilità economico-patrimoniale degli enti in contabilità
finanziaria che, secondo le Linee guida Arconet, implica l'applicazione del: «[…]
• piano dei conti integrato di cui all'allegato n. 6 al D.Lgs. n. 118/2011;
• principio contabile generale n. 17 della competenza economica di cui all'allegato n. 1 al D.Lgs.
   n. 118/2011;
• principio applicato della contabilità economico patrimoniale di cui all'allegato 4/3 al D.Lgs. n.
   118/2011, con particolare riferimento al principio n. 9, concernente "L'avvio della contabilità
   economico patrimoniale armonizzata" […]».

In particolare i passi operativi necessari per la piena attuazione della messa a regime del sistema di
reporting economico patrimoniale sono due così riassumibili:
-    «riclassificazione delle voci dello stato patrimoniale chiuso il 31 dicembre dell'anno
     precedente nel rispetto del DPR 194/1996, secondo l'articolazione prevista dallo stato
     patrimoniale» proprio del Dlgs 118/2011;
-    «applicazione dei criteri di valutazione dell'attivo e del passivo previsti dal principio applicato
     della contabilità economico patrimoniale all'inventario e allo stato patrimoniale riclassificato».

L’art. 232, comma 2 del D.Lgs. 267/200 da facoltà agli enti locali con popolazione inferiore ai
5.000 di non tenere la contabilità economico-patrimoniale fino all’esercizio 2017, il Consiglio
Comunale di Verghereto in sede di verifica degli equilibri di Bilancio per l’anno 2016 ha ritenuto
opportuno, al fine di consentire l’implementazione dei necessari strumenti procedurali, operativi ed
organizzativi finalizzati ad una corretta applicazione dei nuovi principi contabili, avvalersi delle
possibilità offerte dalla normativa richiamata e pertanto rinviare al 2017:
- l’adozione del piano dei conti integrato;
- l’adozione dei principi applicati dalla contabilità economico – patrimoniale ed il conseguente
   affiancamento della contabilità economico patrimoniale alla contabilità finanziaria.

Il Documento unico di programmazione degli enti locali (DUP)

Il principio contabile della programmazione all. 4/1 al D.Lgs. n. 118/2011 prevede un nuovo
documento unico di programmazione, il DUP, in sostituzione del Piano Generale di Sviluppo e
della Relazione Previsionale e Programmatica. La programmazione nelle pubbliche
Amministrazioni garantisce l’attuazione del principio costituzionale del buon andamento (art. 97) in
quanto è diretta ad assicurare un ottimale impiego delle risorse pubbliche secondo i canoni della
efficacia, efficienza ed economicità.

1
 http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/art/fisco-e-contabilita/2016-01-15/il-patrimonio-enti-locali-sfida-
2016-183633.php?uuid=AByAp93

                                                                                                                       2
La programmazione inoltre rende concreto il principio della democrazia partecipativa, in quanto
fornisce gli strumenti per “valutare” l’operato dell’azione amministrativa conoscendo
preventivamente gli obiettivi dichiarati e, successivamente, i risultati raggiunti. In sostanza, dunque,
un corretto processo di programmazione è espressione di una amministrazione moderna che
intende fronteggiare in modo permanente, sistemico e unitario le discontinuità ambientali e
organizzative ed anche finanziarie.

La riforma intende rafforzare il ruolo della programmazione attraverso:
− l’anticipazione e l’autonomia del processo rispetto a quello di predisposizione del bilancio.

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L’art. 170 del Tuel prevede che il DUP venga approvato entro il 31 luglio dell’anno precedente
   a valere per l’esercizio successivo. Questo evita di ricadere nell’errore di invertire il processo
   di programmazione ed appiattirlo su quello della predisposizione del bilancio, come accaduto in
   passato. Il DUP infatti non costituisce più un allegato al bilancio come la RPP - ma piuttosto
   costituisce la base di partenza per l’elaborazione delle previsioni di bilancio, da formularsi nei
   mesi successivi;
− la riduzione dei documenti di programmazione, che da cinque diventano principalmente tre: il
  DUP, il bilancio di previsione ed il PEG.
  Il successo della riforma è tuttavia strettamente correlato ad un parallelo processo di riforma
  della finanza locale necessario per restituire certezza sulle risorse disponibili e garantire in
  questo modo efficacia ed efficienza del processo di programmazione.

     PIANO GENERALE               RELAZIONE                    BILANCIO                BILANCIO
        DI SVILUPPO              PREVISIONALE                  ANNUALE               PLURIENNALE
                               PROGRAMMATICA

              DOCUMENTO UNICO                                          BILANCIO di
             DI PROGRAMMAZIONE                                  PREVISIONE FIANANZIARIO
                                                                    3 anni (1°annoanche per cassa)
            Parte strategica        5 anni

            Parte operativa         3 anni

                                                                    PEG/PIANO PERFORMANCE
                                                                        3 anni (1°annoanche per cassa)

La composizione del DUP

Il DUP si compone di due sezioni: una Strategica (SeS) e una Operativa (SeO). La prima ha un
orizzonte temporale di riferimento che coincide con quello del mandato amministrativo, la seconda
pari a quello del bilancio di previsione.

La Sezione Strategica (SeS)

La Sezione Strategica sviluppa e concretizza le linee programmatiche di mandato e indirizzi
strategici dell’ente, in coerenza con la programmazione di Governo e con quella regionale.

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Tale processo è supportato da un’analisi strategica delle condizioni interne ed esterne all’ente, sia in
termini attuali che prospettici, così che l’analisi degli scenari possa rilevarsi utile
all’amministrazione nel compiere le scelte più urgenti e appropriate.

La Sezione Operativa (SeO)

La Sezione Operativa ha carattere generale, contenuto programmatico e costituisce lo strumento di
supporto al processo di previsione di indirizzi e obiettivi previsti nella Sezione Strategica. Questa
infatti, contiene la programmazione operativa dell’ente, avendo a riferimento un arco temporale
triennale. Per ogni programma, e per tutto il periodo di riferimento del DUP, sono individuati gli
obiettivi operativi annuali da raggiungere. I programmi rappresentano dunque il cardine della
programmazione, in quanto, costituendo la base sulla quale implementare il processo di definizione
degli indirizzi e delle scelte, sulla base di questi verrà predisposto il PEG e affidati obiettivi e
risorse ai responsabili dei servizi. La Sezione Operativa infine comprende la programmazione in
materia di lavori pubblici, personale e patrimonio.

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Il nuovo ciclo di programmazione degli enti locali

Il nuovo ciclo di programmazione e rendicontazione disegnato dal principio all. 4/1 e dal nuovo
Tuel, prevede, in particolare le seguenti attività e scadenze:
a) entro il 31 luglio la presentazione per l’approvazione del DUP per il triennio successivo;
b) entro il 15 novembre la nota di aggiornamento al DUP e l’approvazione dello schema di
   bilancio;
c) entro il 31 dicembre l’approvazione del bilancio di previsione;
d) entro 20 giorni dall’approvazione del bilancio l’approvazione del PEG;
e) entro il 31 luglio la salvaguardia degli equilibri e l’assestamento generale di bilancio;
f) entro il 30 aprile l’approvazione del rendiconto della gestione;
g) entro il 30 settembre l’approvazione del bilancio consolidato.

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DUP

Documento Unico di Programmazione

        Sezione Strategica
              (SeS)

        Periodo 2017-2020

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1- LINEE PROGRAMMATICHE DI MANDATO

Di seguito verranno riportate le linee programmatiche di mandato, approvate durante la seduta di
Giunta Municipale del 43 del 19.08.2015:

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2- QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

2.1 La legislazione europea

2.1.1 Patto di stabilita e crescita europea, fiscal compact e pareggio di bilancio

Con la stipula nel 1992 del Trattato di Maastricht la Comunità Europea ha gettato le basi per
consentire, in un contesto stabile, la nascita dell’EURO e il passaggio da una unione economica ad
una monetaria (1° Gennaio 1999). La convergenza degli stati verso il perseguimento di politiche
rigorose in ambito monetario e fiscale era (ed è tuttora) considerata condizione essenziale per
limitare il rischio di instabilità della nuova moneta unica. In quest'ottica, venivano fissati i due
principali parametri di politica fiscale al rispetto dei quali era vincolata l'adesione all'unione
monetaria. L’articolo 104 del Trattato prevede che gli stati membri debbano mantenere il proprio
bilancio in una situazione di sostanziale pareggio, evitando disavanzi pubblici eccessivi (comma 1)
e che il livello del debito pubblico deve essere consolidato entro un determinato valore di
riferimento. Tali parametri, definiti periodicamente, prevedono:

a) un deficit pubblico non superiore al 3% del Pil;
b) un debito pubblico non superiore al 60% del Pil e comunque tendente al rientro;

L’esplodere nel 2010 della crisi della finanza pubblica e il baratro di un default a cui molti stati si
sono avvicinati ha fatto emergere tutta la fragilità delle regole previste dal patto di stabilità e
crescita europeo in assenza di una comune politica fiscale. E’ maturata di conseguenza la
consapevolezza della necessità di giungere ad un “nuovo patto di bilancio”, preludio di un possibile
avvio di una Unione di bilancio e fiscale. Il 2 marzo 2012 il Consiglio europeo ha firmato il
cosiddetto Fiscal Compact (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governante nell’unione
economica e monetaria), tendente a “potenziare il coordinamento delle loro politiche economiche e
a migliorare la governance della zona euro, sostenendo in tal modo il conseguimento degli obiettivi
dell'Unione europea in materia di crescita sostenibile, occupazione, competitività e coesione
sociale”. Il fiscal compact, entrato ufficialmente in vigore il 1° gennaio 2013 a seguito della ratifica
da parte di 12 stati membri (Italia, Germania, Spagna, Francia, Slovenia, Cipro, Grecia, Austria,
Irlanda, Estonia, Portogallo e Finlandia), prevede:
 – l’inserimento del pareggio di bilancio (cioè un sostanziale equilibrio tra entrate e uscite) di
    ciascuno Stato in «disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente
    costituzionale» (in Italia è stato inserito nella Costituzione con una modifica all’articolo 81
    approvata nell’aprile del 2012);
 – il vincolo dello 0,5 di deficit “strutturale” – quindi non legato a emergenze – rispetto al PIL;
 – l’obbligo di mantenere al massimo al 3 per cento il rapporto tra deficit e PIL, già previsto da
    Maastricht;
 – per i paesi con un rapporto tra debito e PIL superiore al 60 per cento previsto da Maastricht,
    l’obbligo di ridurre il rapporto di almeno 1/20esimo all’anno, per raggiungere quel rapporto
    considerato “sano” del 60 per cento.
I vincoli di bilancio derivanti dalle regole del patto di stabilità e crescita ed i conseguenti
condizionamenti alle politiche economiche e finanziarie degli stati membri sono da tempo messi
sotto accusa perché ritenuti inadeguati a far ripartire l’economia e a ridare slancio ai consumi, in un
periodo di crisi economica mondiale come quello attuale, che – esplosa nel 2008 – interessa ancora
molti paesi europei, in particolare l’Italia.

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Un giusto equilibrio tra il rigore e la crescita è sicuramente la chiave di svolta di questa situazione,
che tuttavia stenta a trovare una sua composizione nell’ambito della politica europea.
 L’Italia sta chiedendo maggiore flessibilità sull’attuazione delle misure di rigore dei conti pubblici
e di convergenza verso gli obiettivi strutturali (deficit debito) giustificata con l’attuazione delle
riforme strutturali che la stessa Unione Europea ci ha chiesto.

2.1.2 Europa 2020 e fondi europei 2014-2020

Nel 2010 l’Unione Europea ha elaborato “Europa 2020”, una strategia decennale per la crescita che
non mira soltanto a uscire dalla crisi che continua ad affliggere l'economia di molti paesi, ma vuole
anche colmare le lacune del nostro modello di crescita e creare le condizioni per un diverso tipo di
sviluppo economico, più intelligente, sostenibile e solidale. Cinque sono le strategie e gli obiettivi
di EU2020, da realizzare entro la fine del decennio. Riguardano l'occupazione, l'istruzione, la
ricerca e l'innovazione, l'integrazione sociale e la riduzione della povertà, il clima e
l'energia.

Le strategie di EU2020
N.    Strategie                   Obiettivi
1     Occupazione                 innalzamento al 75% del tasso di occupazione (per la fascia di età
                                  compresa tra i 20 e i 64 anni)
2     Ricerca e sviluppo          aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del PIL
                                  dell'UE
3     Cambiamenti climatici           • riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (o persino del
      e sostenibilità                    30%, se le condizioni lopermettono) rispetto al 1990
      energetica                      • 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili
                                      • aumento del 20% dell'efficienza energetica
4     Istruzione                      o Riduzione dei tassi di abbandono scolastico precoce al di
                                         sotto del 10%
                                      o aumento al 40% dei 30-34enni con un'istruzione
                                         universitaria
5     Lotta alla povertà e        almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed
      all'emarginazione           emarginazione in meno

La strategia comporta anche sette iniziative prioritarie che tracciano un quadro entro il quale l'UE e
i governi nazionali sostengono reciprocamente i loro sforzi per realizzare le priorità di Europa 2020,
quali l'innovazione, l'economia digitale, l'occupazione, i giovani, la politica industriale, la povertà e
l'uso efficiente delle risorse.

                                                                                                      15
L'Unione Europea fornisce finanziamenti e sovvenzioni per un'ampia gamma di progetti e
programmi nei settori più diversi (istruzione, salute, tutela dei consumatori, protezione
dell'ambiente, aiuti umanitari). Tali fondi rappresentano la principale fonte di investimenti a livello
di UE per aiutare gli Stati membri a ripristinare e incrementare la crescita e assicurare una ripresa
che porti occupazione, garantendo al contempo lo sviluppo sostenibile, in linea con gli obiettivi di
Europa 2020. Cinque sono i fondi gestiti dall’UE:
• Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR);
• Fondo sociale europeo (FSE);
• Fondo di coesione;
• Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)
• Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).

Nonostante la difficoltà dimostrata dall’Italia e da alcune regioni a spendere i fondi europei, i
finanziamenti comunitari rappresentano una importantissima occasione di reperire le risorse
necessarie per il territorio.

2.2 La legislazione nazionale e obiettivi dell’azione di governo

Il nostro paese ha attraversato un periodo di profonda crisi economica, con recessione del PIL e
conseguente aumento della disoccupazione.
Dal 2015 ci sono segnali di ripresa, il PIL è tornato a crescere, con aumento della domanda interna
ed un tasso di inflazione non più negativo.
Dopo una crisi molto grave e prolungata, nell’ultimo trimestre del 2014 l’economia italiana ha
cominciato ad uscire dalla recessione.
La forte, duratura flessione dei prezzi del petrolio favorisce il miglioramento delle ragioni di
scambio, l’aumento del reddito disponibile delle famiglie e dei margini di profitto delle imprese.

                                                                                                    16
Ma al di là dell’evoluzione del mercato del petrolio è il clima in Europa a essere cambiato, crescita
e occupazione sono stati posti al centro del dibattito europeo.
Si è consolidata una convergenza su una strategia basata su i) una politica di responsabilità fiscale,
attenta alla crescita pur nel rispetto della disciplina di bilancio; ii) la necessità di accelerare in tutti i
paesi le riforme strutturali; iii) la priorità da dare al rilancio degli investimenti pubblici e privati.
Da questo nuovo clima sono scaturiti nuovi impegni e iniziative, sia a livello nazionale che a livello
europeo, con il lancio del Piano Juncker e con il Quantitative Easing della BCE. Il Quantitative
Easing della BCE – che ha aggiunto gli acquisti del debito sovrano ai programmi di acquisto di
attività del settore privato – consentirà una ripresa del credito grazie al mantenimento di condizioni
finanziarie accomodanti. Garantendo l’ancoraggio delle aspettative d’inflazione su livelli
compatibili con l’obiettivo della BCE, il programma conterrà l’aumento dei tassi d’interesse reali
provocato da una debole dinamica dei prezzi. La fiducia di imprese e famiglie ne risulterà
rafforzata, gli investimenti e il consumo supportati.
Al contempo, la divergenza dei cicli economici tra le diverse aree valutarie si è associata a un forte
deprezzamento dell’euro: la maggiore competitività delle aziende europee sui mercati globali
sosterrà la domanda di esportazioni e la dinamica dei prezzi interni.
La ripresa nell’area resta tuttavia diseguale ed esposta a numerosi rischi. Le tensioni geopolitiche,
la decelerazione delle economie emergenti costituiscono elementi d’incertezza. Dal 2014 gli
interventi di politica economica del Governo hanno mirato a rilanciare l’economia mediante azioni
di sostegno dei redditi e di riduzione del carico fiscale, progredendo inoltre verso la soluzione al
problema dei debiti arretrati delle Amministrazioni pubbliche.
Per sostenere la ripresa nascente e l’occupazione il Governo intende i) perseguire una politica di
bilancio di sostegno alla crescita, nel rispetto delle regole comuni adottate nell’Unione europea; ii)
proseguire nel percorso di riforma strutturale del Paese per aumentarne significativamente le
capacità competitive; iii) migliorare l’ambiente normativo delle imprese e le condizioni alla base
delle decisioni d’investimento.
Queste azioni si rafforzano a vicenda e tracciano una strategia coerente, in cui le riforme – nei
mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi, in campo finanziario e fiscale – rilanciano la
competitività e creano un clima più favorevole per le opportunità di investimento. Gli investimenti
svolgono un ruolo centrale: nel breve periodo promuovono nuove opportunità di lavoro e
sostengono la domanda, ponendo le basi per l’incremento del potenziale di crescita nel medio
periodo; al tempo stesso consolidano l’attuazione e il dispiegarsi degli effetti delle riforme. La
politica di bilancio presentata nel Documento di Economia e Finanza per il 2016 è volta a i)
sostenere la ripresa economica, in primo luogo evitando qualsiasi aumento del prelievo fiscale, ma
anche rilanciando gli investimenti – compresi quelli nell’edilizia scolastica; ii) collocare su un
sentiero di riduzione il rapporto tra il debito pubblico e il PIL, così rafforzando la fiducia dei
mercati; iii) irrobustire la fase di ripresa dell’economia, che porterà con se un recupero
dell’occupazione nel prossimo triennio.
L'economia italiana2, invero, ha registrato una moderata ripresa nel corso del 2015, conseguendo un
tasso di crescita dello 0,8 per cento. Tuttavia, la ripresa ha perso slancio durante la seconda metà
dell'anno passato, in larga misura a causa del peggioramento del quadro internazionale. Hanno
pesato dapprima il rallentamento della crescita, e in taluni casi l'entrata in recessione, di importanti
Paesi emergenti, e quindi i danni economici e psicologici degli atti terroristici in Europa. A tutto ciò
si sono aggiunti un'accresciuta turbolenza finanziaria e segnali di rallentamento dell'economia
americana. Anche a causa dell'ulteriore forte discesa del prezzo del petrolio, il tasso di inflazione al
consumo dell'Italia è recentemente risceso sotto lo zero.
La bassa inflazione può essere di sostegno ai redditi reali delle famiglie. Tuttavia, se si ingenerano
aspettative di ulteriore e persistente discesa dei prezzi, i consumatori possono essere indotti a

2
    http://www.mef.gov.it/inevidenza/DEF_2016/documenti/W_-_Relazione_al_Parlamento.pdf

                                                                                                           17
posporre le loro decisioni di acquisto. Al contempo, vi è il rischio che l'incertezza economica e i
segnali di peggioramento del quadro internazionale inducano le imprese a ritardare o cancellare i
loro piani di investimento, anche a causa del rallentamento dei mercati d'esportazione.
In considerazione di questi sviluppi e di questi rischi, il Governo ha abbassato le proiezioni di
crescita per il triennio 2016-2018 ed in particolare la previsione di aumento del PIL reale nel 2016,
che scende dall'1,6 all'1,2 per cento.

Va sottolineato che la revisione sull'anno in corso è dovuta per quasi due terzi ad un minore effetto
di trascinamento dei dati 2015 sul 2016 e solo per il rimanente terzo al peggioramento delle
prospettive internazionali e alle loro future ripercussioni sulla spesa d'investimento. La previsione
continua perciò a basarsi su aspettative relativamente ottimistiche circa la domanda interna e la
capacità delle imprese italiane di espandere le loro esportazioni in un quadro di accresciuta
difficoltà, ed è pertanto soggetta anche a rischi al ribasso.
Si deve inoltre ricordare che la ripresa della crescita che si sta registrando fa seguito ad un periodo
recessivo senza precedenti. Il PIL è ancora al disotto dei livelli pre-crisi di quasi nove punti
percentuali, e il gap di prodotto rispetto al trend pre-crisi, peraltro caratterizzato da tassi di crescita
insoddisfacenti già prima del 2008, è di quasi venti punti percentuali.

Il quadro macroeconomico prefigurato nel DEF è in linea con quello prevalente tra i principali
previsori nazionali e internazionali. Lo scenario programmatico segna il ritorno della crescita dopo
un prolungato periodo di recessione. Vengono confermati gli obiettivi di indebitamento netto e si
riduce la pressione fiscale.
Viene scongiurata l’attivazione delle clausole di salvaguardia per il 2016 – volte a garantire il
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica – che avrebbero prodotto aumenti del prelievo.
Questo obiettivo viene raggiunto i) in parte grazie al miglioramento del quadro macroeconomico –
che si riflette in un aumento del gettito – e alla flessione della spesa per interessi rispetto alle
previsioni; ii) in parte per effetto delle misure di revisione della spesa.
Al fine di facilitare il processo di ripresa economica, nel 2016 ci si intende avvalere della flessibilità
delle finanze pubbliche connessa all’utilizzo della clausola europea sulle riforme; ne conseguirebbe
un percorso di miglioramento del saldo strutturale più graduale, che contempla il raggiungimento
del pareggio di bilancio strutturale nel 2017.

Accanto alla dimensione quantitativa della programmazione economica, espressa dai saldi di
bilancio, vi è una dimensione qualitativa, che attiene alla composizione delle entrate e delle uscite
che determinano i saldi stessi, un fattore cruciale per promuovere la crescita. In tale ambito il
Governo ha già assunto misure in materia di revisione della spesa – che liberano risorse grazie alla
maggiore efficienza nella produzione dei servizi ai cittadini e alle imprese – e di ricomposizione del
prelievo.
Con l’obiettivo di coniugare la spinta per la competitività con il risanamento della finanza pubblica,
alla prosecuzione dell’incisivo processo di revisione della spesa si accompagna un programma per
la valorizzazione e la dismissione del patrimonio pubblico.
Nel Documento di Economia e Finanza approvato dal Governo:
“Al fine di attivare in un’unica coordinata strategia interazioni positive con la politica di bilancio,
il Governo sta realizzando un ampio programma di riforme strutturali, che si articola lungo tre
direttrici fondamentali:
i) l’innalzamento della produttività del sistema mediante la valorizzazione del capitale umano (Jobs
Act, Buona Scuola, Programma Nazionale della Ricerca);
ii) la diminuzione dei costi indiretti per le imprese connessi agli adempimenti burocratici e
all’attività della Pubblica Amministrazione, mediante la semplificazione e la maggiore trasparenza

                                                                                                        18
delle burocrazie (riforma della Pubblica Amministrazione, interventi anti-corruzione, riforma
fiscale);
iii) la riduzione dei margini di incertezza dell'assetto giuridico per alcuni settori, sia dal punto di
vista della disciplina generale, sia dal punto di vista degli strumenti che ne assicurano l'efficacia
(nuova disciplina del licenziamento, riforma della giustizia civile).
Gli effetti del programma risultano potenziati dagli interventi istituzionali volti a riformare la legge
elettorale, differenziare le funzioni di Camera e Senato, accelerare il processo decisionale di
approvazione delle leggi” (PNR Piano Nazionale delle Riforme 2015).
Ricorda il Governo come “La strategia di riforma si incardina nel processo di consolidamento dei
conti pubblici: per un Paese ad alto debito come l’Italia la stabilità di bilancio rappresenta infatti
una condizione indispensabile per avviare un solido e duraturo percorso di sviluppo.
Questa strategia richiede contemporaneità e complementarietà di azioni: il consolidamento fiscale
e la riduzione del debito pubblico; il rilancio della crescita, per garantire la so sostenibilità delle
finanze pubbliche; un ritorno alla normalità dei flussi di credito al sistema delle imprese e alle
famiglie anche attraverso il rafforzamento dei sistemi alternativi al credito bancario e il pagamento
dei debiti commerciali della Pubblica Amministrazione; l'adozione di riforme strutturali che
rilancino la produttività e allentino i colli di bottiglia come la burocrazia, la giustizia inefficiente o
i condizionamenti mafiosi e la corruzione.
I notevoli sforzi profusi dal Paese nel controllo dei conti, premiati dai mercati finanziari, ci
consegnano l’opportunità di uscire da una fase di severa austerità;ma qualsiasi scelta di politica
economica non può derogare dalla stabilità di bilancio, cui guardano con attenzione i finanziatori
del nostro debito.

La legge di stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) prevede importanti novità per le amministrazioni
territoriali. In primo luogo è da evidenziare la disapplicazione di tutte le norme concernenti il patto
di stabilità interno e l’introduzione delle nuove regole sul pareggio di bilancio per le regioni e gli
Enti Locali (anche per gli enti sotto i 1.000 abitanti, ad esclusione delle Unioni di comuni), in
attuazione della legge costituzionale n. 243/2012. Si introduce uno dei saldi previsti dall’art. 9,
comma 1 della legge costituzionale, ossia il saldo finale di competenza non negativo che, almeno in
questa fase transitoria, non considera più tra gli aggregati rilevanti la cassa in conto capitale.
Secondo le stime del Governo, le nuove regole dovrebbero consentire ai comuni che hanno risorse
in cassa di impegnarle per investimenti per circa 1 miliardo nel 20163.
Le nuove regole sono accompagnate dall’introduzione di un meccanismo di compensazione per la
spesa in conto capitale, sia a livello regionale che a livello nazionale, alla stregua dei precedenti
patti di solidarietà, oltre che da misure sanzionatorie. Sono inoltre individuate modalità e tempi per
il monitoraggio e la certificazione dell’obiettivo di saldo. Specifiche esclusioni dal saldo di
riferimento per il pareggio di bilancio sono previste per le spese sostenute dagli Enti Locali per
interventi di edilizia scolastica e per interventi di bonifica ambientale.

2.2.1 Pareggio di bilancio nella Costituzione

La Legge Costituzionale n.1/2012 sull’’Introduzione del principio dell’equilibrio di bilancio nella
Carta costituzionale’ e quella ‘rinforzata’ (L. n. 243/2012) hanno riformato la Costituzione
introducendo e dettagliando il principio dell’equilibrio di bilancio in conformità con le regole
europee.
La nuova legislazione nazionale recepisce i principi del Patto di Stabilità e Crescita, modificato dal
regolamento UE n. 1175/2011 (Six Pack), e sancisce che il pareggio di bilancio si ottiene qualora il

3 Pasquale Piperissa – Maurizio Delfino n. 5, 27 gennaio 2016 Legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015):
Commento delle disposizioni in materia di contabilità e bilancio

                                                                                                          19
saldo strutturale eguagli il livello dell’Obiettivo di Medio Periodo (MTO), la cui definizione viene
rimandata ai criteri stabiliti dall’ordinamento dell’Unione Europea.
A fronte della volontà di procedere al pagamento della componente residua dei debiti pregressi della
P.A e di avviare un ambizioso programma di riforme strutturali, il Governo si impegna a rispettare
il piano di rientro verso gli obiettivi programmatici coincidenti con il quadro di finanza pubblica
delineato nel DEF. Il rallentamento del raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2014 viene
compensato dall’impegno del Governo, a partire dal 2015, ad attuare un piano di rientro che
permetta di raggiungere pienamente l’obiettivo negli anni successivi.
L’art. 3, comma 4 della L. n. 243/2012 e il regolamento UE n. 1175/2011, all’art. 5, prevedono
esplicitamente una forma di flessibilità sul calendario di convergenza verso l’Obiettivo di medio
periodo in presenza di riforme strutturali significative che producano un impatto positivo sul
bilancio, anche attraverso un aumento della crescita potenziale, e quindi sulla sostenibilità di medio
medio-lungo periodo delle finanze pubbliche. Tali riforme sono valutate dalla Commissione con
riferimento alla loro coerenza con gli orientamenti europei di politica economica. La deviazione
temporanea dal percorso di convergenza verso obiettivi di medio periodo è consentita a condizione
che sia mantenuto un opportuno margine di sicurezza rispetto al valore di riferimento del rapporto
deficit/PIL e che la posizione di bilancio ritorni all’Obiettivo di Medio Periodo entro il periodo
coperto dal Programma di Stabilità.

2.2.2 Revisione della spesa pubblica

La revisione della spesa pubblica per il Governo costituisce una primaria riforma strutturale dei
meccanismi di spesa e di allocazione delle risorse, da attuare attraverso una sistematica verifica e
valutazione delle priorità dei programmi e d’incremento dell’efficienza del sistema pubblico. I
principali interventi previsti nel DEF riguardano:
a) i trasferimenti alle imprese;
b) le retribuzioni della dirigenza pubblica, che appaiono elevate nel confronto con la media
europea;
c) la sanità, con una particolare attenzione agli elementi di spreco, nell’ambito del cosiddetto
‘Patto per la Salute’ con gli enti territoriali, e tramite l'assunzione di misure contro le spese che
eccedono significativamente i costi standard;
d) i ‘costi della politica’;
e) le auto di servizio e i costi dei Gabinetti dei ministri e degli altri uffici di diretta collaborazione;
f) gli stanziamenti per beni e servizi, attualmente molto consistenti, sui quali si rendono necessari
rilevanti interventi di controllo (la presenza nel nostro Paese di circa 30 mila stazioni appaltanti
può dar luogo a evidenti inefficienze). A fronte di ciò, si devono concentrare gli appalti pubblici in
capo alla CONSIP e ad alcune altre centrali di acquisto presso le Regioni e le Città Metropolitane
consentendo di ottenere dei risparmi già nel medio periodo. Risparmi sono anche possibili a
seguito del miglioramento nella puntualità dei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni, che
dovrebbe avere un effetto favorevole sui prezzi di acquisto.
g) la gestione degli immobili pubblici;
h) la riduzione delle commissioni bancarie pagate dallo Stato per la riscossione dei tributi;
i) il migliore coordinamento delle forze di polizia, evitando sovrapposizioni nei comparti di
specialità;
l) la razionalizzazione degli enti pubblici, e procedure di fatturazione e pagamento telematici e la
concentrazione dei centri di elaborazione dati delle pubbliche amministrazioni;
m) le numerose partecipate degli enti locali (a esclusione di quelle che erogano servizi
fondamentali per la collettività, le cui tariffe debbono essere congrue) e andranno attentamente

                                                                                                        20
esaminate le loro funzioni con la prospettiva di una sostanziale riduzione o eliminazione delle
stesse;
n) revisione delle spese per la Difesa, anche considerando le eventuali conclusioni di un apposito
‘Libro Bianco’, nella consapevolezza che l’elevato debito pubblico consente all’Italia investimenti
più limitati anche in questo settore;
o) una mirata revisione dei costi di Autorità indipendenti e Camere di Commercio.

2.2.3 Il pagamento dei debiti pregressi della Pubblica Amministrazione

Dal 2013 il Governo si è impegnato a disporre gli strumenti necessari per assicurare un percorso di
consenta di rispettare, a regime, la direttiva europea sui tempi di pagamento, che prevede pagamenti
a 30 gg. I provvedimenti, a partire dal decreto legge n. 35/2013 (conv. in legge n. 64/2013),
passando per il decreto legge n. 102/2013 (L. n. 124/2013), per arrivare al decreto legge n. 66/2014
(conv. in legge n. 89/2014), si muovo lungo tre direttrici:
• completare il pagamento dei debiti commerciali residui;
• favorire la cessione dei debiti commerciali certificati a intermediari finanziari e potenziare le
vigenti modalità di compensazione con crediti tributari e contributivi;
• potenziare il monitoraggio dei debiti e dei relativi tempi di estinzione, anche per assicurare il
rispetto della direttiva europea sui termini di pagamento.
Per affrontare strutturalmente la questione dei tempi di pagamento della P.A. è necessaria una
adeguata attività di monitoraggio e la predisposizione di strumenti che consentano di rilevare
l’effettiva consistenza ed evoluzione dell’ammontare dei debiti. Per questo è stato disposto:
i) l’obbligo per le Amministrazioni di protocollare le fatture all’atto del ricevimento e di annotarle
nel registro delle fatture;
ii) l’obbligo di allegare alle relazioni ai bilanci consuntivi o di esercizio un prospetto che attesti
l’importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuate dopo la scadenza dei termini
previsti dalla Direttiva europea in materia di tempi di pagamento, nonché il tempo medio dei
pagamenti effettuati;
 iii) un meccanismo sanzionatorio per le Amministrazioni pubbliche che registrano ritardi oltre una
certa soglia temporale nei pagamenti dei debiti. Contribuisce in maniera sostanziale, infine, la
armonizzazione della contabilità e dei bilanci degli enti territoriali.
Tali misure sono state inserite nel decreto-legge n. 66/2014 (L. n. 89/2014), il quale prevede:
a) l’anticipo al 31 marzo 2015 della fatturazione elettronica per gli Enti Locali;
b) l’obbligo, a partire dal 1° luglio 2014, di registrare le fatture sulla PCC e di gestire su tale
piattaforma l’intero ciclo passivo (pagamenti, anticipazioni, certificazioni, ritardi);
c) l’obbligo di certificare i tempi medi di pagamento delle fatture in allegato al rendiconto;
d) sanzioni per gli Enti Locali che registrano ritardi eccessivi nel pagamento delle fatture (90gg nel
2014 e 60gg dal 2015).

2.2.4 Delega fiscale

Con la legge 11 marzo 2014, n. 23 è stata approvata la legge delega recante disposizioni per un
sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. La delega fiscale è stata emanata con
lo scopo di:
− semplificare il rapporto tra il fisco e i contribuenti;
− prevedere la revisione sistematica delle ‘spese fiscali’;
− rivedere l’imposizione sui redditi d’impresa e i regimi forfetari per i contribuenti di minori
   dimensioni;

                                                                                                   21
− assicurare la stabilità delle regole fiscali e la certezza del diritto;
− riformare il catasto dei fabbricati per correggere le sperequazioni delle attuali rendite e
  ripristinare un sistema equo e trasparente di determinazione delle basi imponibili di natura
  catastale;
− migliorare il funzionamento del contenzioso e della riscossione dei tributi degli Enti Locali;
− tutelare l’ambiente attraverso nuove forme di fiscalità energetica e ambientale che possano
  consentire anche la riduzione del prelievo sui redditi;
− migliorare la trasparenza e l’accessibilità alle procedure fiscali attraverso la revisione delle
  norme in materia di tutoraggio e “cooperative compliance”.

Di particolare interesse per gli Enti Locali è la riforma della riscossione, da tempo attesa nel
panorama normativo in quanto l’attuale sistema di riscossione alternativo ad Equitalia è fondato sul
Regio Decreto del 1939, del tutto inadeguato a rispondere all’esigenza di garantire celerità,
efficacia della riscossione e tutela del contribuente. L’improrogabilità e l’urgenza di un riordino
della materia è tanto maggiore con l’entrata a regime della riforma dell’ordinamento contabile
(cosiddetta “armonizzazione”), prevista dal d.Lgs. n. 118/2011, la quale limita la spendita di risorse
degli Enti Locali a quelle che effettivamente vengono riscosse in un arco temporale di cinque anni.
Migliorare la capacità di riscossione equivale quindi a garantire maggiori risorse ai bilanci comunali
per assicurare lo svolgimento dei servizi cui sono preposti.

2.2.5. La revisione del prelievo locale

“Il prelievo sugli immobili è stato interessato negli ultimi anni da frequenti modifiche normative.
La Legge di Stabilità per il 2014 ha introdotto una revisione della tassazione degli immobili
finalizzata a rafforzare il legame fra l’onere dell’imposta e il corrispettivo ricevuto sotto forma di
servizio locale. Il nuovo tributo IUC (Imposta Unica Comunale) si articola su una componente di
natura patrimoniale (IMU- Imposta Municipale Propria) e una relativa ai servizi fruiti dal
proprietario o dal possessore dell’immobile (TASI – Tributo per i Servizi Indivisibili e TARI –
Tassa sui Rifiuti). Il quadro dei tributi locali sugli immobili si presenta quindi estremamente
articolato e prevede, oltre alle imposte sulle proprietà e sui servizi e a una addizionale comunale
all’IRPEF, anche una serie di tributi minori e canoni sull’occupazione di spazi e aree pubbliche e
sulla diffusione dei messaggi pubblicitari.
A regime, le risorse a disposizione degli Enti Locali per il finanziamento della spesa non
dipenderanno più dai costi effettivamente sostenuti, che possono inglobare inefficienze, ma da
quelli che dovrebbero sostenere se si allineassero a un fabbisogno standard. I fabbisogni standard,
assieme alle capacità fiscali (ovvero il gettito che ciascun ente potrebbe ottenere applicando
un’aliquota standard alle proprie basi imponibili) rappresenteranno in prospettiva i cardini su cui
costruire i nuovi meccanismi per la perequazione delle risorse – così come delineati dalla legge
delega sul federalismo fiscale - per assicurare il finanziamento integrale delle funzioni
fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni inerenti i diritti civili e sociali. Dal 2015, il 20
per cento delle risorse agli Enti Locali sarà ripartito sulla base di capacità fiscali e fabbisogni
standard, superando gradualmente il precedente criterio di riparto basato sulla spesa storica, fonte
di distorsioni e inefficienze” (PNR 2015, pag. 18).4

Sul fronte della fiscalità locale, novità introdotta dalla Legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) è
l’abolizione della Tasi sugli immobili residenziali adibiti ad abitazione principale, ad esclusione
degli immobili di particolare pregio, ville e castelli. La Tasi viene abolita anche per gli inquilini che

4
    (PNR 2015).

                                                                                                         22
detengono un immobile adibito a prima casa. Si elimina l’IMU sui terreni agricoli e sui macchinari
d’impresa cosiddetti ‘imbullonati’. Riduzione delle aliquote IMU e TASI sono previste per
abitazioni locate a canone concordato. A ristoro del mancato gettito derivante dalle esenzioni
IMU/TASI, si dispone l'incremento di 3.767,45 milioni di euro (pari allo sgravio fiscale
complessivo), per gli anni 2016 e successivi, della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, da
ripartirsi tra i comuni sulla base del gettito effettivo IMU e TASI derivante dagli immobili adibiti ad
abitazione principale e dai terreni agricoli, relativo all'anno 2015. Una quota del Fondo di
solidarietà comunale, pari a 80 milioni di euro, sarà accantonata per essere ripartita in modo da
garantire a ciascuno dei comuni interessati l'equivalente del gettito della TASI sull'abitazione
principale, stimato ad aliquota di base.
Si attribuisce ai comuni, anche per l’anno 2016, un contributo di 390 milioni di euro, c.d. fondo
compensativo IMU/TASI, che verrà ripartito in proporzione alle somme già attribuite per l’anno
2014 con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 6 novembre 2014, pari a 625
milioni di euro, ai sensi dell’art. 1, comma 731, della legge 147/2013. Le somme attribuite ai
comuni a tale titolo non sono considerate tra le entrate finali valide ai fini del vincolo del pareggio
di bilancio.

2.3 Gli obiettivi della Regione Emilia Romagna e il riordino istituzionale

2.3.1 Il percorso di riordino istituzionale

L’Unione Valle Savio

Per questo territorio, l’ambito ottimale individuato con deliberazione della Giunta Regionale n. 286
del 18 marzo 2013 ai sensi della L.R. n. 21/2012 è stato individuato nell’ambito del distretto socio-
sanitario Cesena – Valle Savio che ricomprende i seguenti sei comuni: Bagno di Romagna, Cesena,
Mercato Saraceno, Montiano, Sarsina e Verghereto, per una popolazione complessiva di circa
117.562 abitanti (al 31/12/2013) su un’estensione territoriale di 810,14 km2.

Sulla base di quanto previsto dall’articolo 14, commi 27 e 28, del decreto legge n. 78/2010
(convertito in legge n. 122/2010) in data 24 gennaio 2014 i Comuni di Bagno di Romagna, Cesena,
Mercato Saraceno, Montiano, Sarsina e Verghereto hanno costituito l’Unione dei Comuni Valle del
Savio mediante sottoscrizione del relativo atto costitutivo depositato alla raccolta n. 421 presso
l’Ufficio Contratti del Comune di Cesena.

Con deliberazioni del Consiglio dell’Unione n. 5, 6, 7 e 8 del 31/03/2014 sono state approvate
rispettivamente le convenzioni per il conferimento all’Unione, da parte di tutti i Comuni aderenti,
delle funzioni di protezione civile, della gestione dei sistemi informatici e delle tecnologie
dell’informazione, della funzione di progettazione e gestione del sistema locale dei servizi
sociali ed erogazione delle relative prestazioni del cittadini e della funzione dello Sportello
Unico Telematico delle Attività Produttive (SUAP).
In un successivo periodo si è quindi proceduto al conferimento all’Unione anche della funzione di
Statistica da parte di tutti i Comuni facenti parte della stessa, con la sola eccezione del Comune di
Sarsina.

In adempimento di quanto previsto dall’art. 14, comma 27 del D.L. n. 78/2010 convertito con
modificazioni dalla L. n. 122/2010, e successive modifiche ed integrazioni, i Comuni di Montiano e
Verghereto hanno altresì conferito in Unione tutte le funzioni fondamentali di cui all’art. 14,
comma 27, del Decreto Legge n. 78/2010 (ad eccezione della lettera l). Si è provveduto

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conseguentemente al trasferimento, a far data dal 01/01/2015, del personale individuato dalle
singole amministrazioni all’Unione. Per quanto riguarda i Comuni di Montiano e Verghereto il
trasferimento è stato complessivo.

Le disposizioni di cui alle precitate convenzioni, sotto un profilo organizzativo ed operativo, sono
state declinate mediante la strutturazione di specifici progetti organizzativi approvati dalla Giunta
dell’Unione e dalle Giunte degli enti conferenti.
In tal senso è stata individuata una duplicità di modelli, a seconda delle caratteristiche e della
tipologia del servizio in questione: modello “centralizzato” e modello “a poli”.
La struttura centralizzata, in relazione a un basso livello di presenza sul territorio e un alto livello di
competenza specialistica, coincide con la creazione di un’unica entità, logisticamente collocata
presso la sede dell’Unione ma dimensionata in modo tale da fornire servizi a tutti gli altri (es.
Sistemi informatici associati).
Il modello organizzativo a poli, invece, in relazione ad un medio livello di presenza sul territorio e
di competenza specialistica, prevede la creazione - per lo stesso ambito di attività - di più uffici (i
«poli») in grado di fornire servizi solo ad alcuni soggetti facenti parte della rete (il bacino di utenza
del polo) e non a tutti (es. SUAP).
Nel quadro di questo nuovo contesto istituzionale, le amministrazioni interessate hanno poi
rimarcato l’opportunità di improntare la gestione dell’ente costituito ad una razionalizzazione
dell’impiego delle risorse umane e strumentali, limitando il ricorso a nuove assunzioni ed
ottimizzando in maniera efficace le strutture esistenti, in un’ottica di crescente specializzazione del
personale coinvolto.
Si è quindi proceduto alla stipula di specifiche convenzioni, ex art. 30 comma 4, del D.Lgs. n.
267/2000, con il Comune di Cesena, quale ente di maggiori dimensioni nell’ambito di riferimento
e dotato di unità organizzative strutturate nonché di personale specializzato, ciò al fine di garantire
un servizio uniforme e qualificante per gli utenti/clienti interni ed esterni degli enti interessati,
perseguendo l’obiettivo di realizzare economie di spesa e garantire in modo uniforme l’imparzialità,
la trasparenza ed il buon andamento dell’azione amministrativa. Al momento attive le seguenti
convenzioni con ente capofila il comune di Cesena: Servizio Segreteria Generale, Servizio
Finanziario, Organizzazione e Personale; progettazione in ambito europeo, Tributi; Polizia
Municipale, Patrimonio, Organizzazione e Gestione dei Servizi Scolastici, Raccolta e Smaltimenti
rifiuti.
Nella progressiva elaborazione del percorso di riordino istituzionale locale, si è quindi provveduto a
strutturare l’architettura organizzativa mediante il conferimento in Unione: a) delle funzioni di
Stazione Unica Appaltante ai sensi dell’art. 33 comma 3 bis del D.Lgs. n°163/2006; b)
dell’attività del servizio di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008); c)
della progettazione in ambito europeo.
In data 24/03/2015 i comuni dell’Unione hanno inoltre provveduto alla stipula di specifica
convenzione per la gestione associata del Nucleo di Valutazione.

Il predetto percorso si è sviluppato sulla base di alcuni elementi chiave che costituiscono
caratteristica specifica e sostanziale dell’architettura organizzativa così come delineata:

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innovazione

2.3.2 Gli obiettivi della Regione Emilia Romagna

La Regione Emilia Romagna, con delibera G.R. n. 1016 del 28/06/2016, ha approvato il Documento
di Economia e Finanza Regionale 2017 che delinea gli obiettivi strategici del governo regionale per
il periodo 2017-2019 e per l’intera legislatura, articolati su cinque aree strategiche (Istituzionale,
Economica, Sanità e Sociale, Culturale, Territoriale).

Particolarmente significativo, anche per l’impatto e le ricadute sul contesto locale, è il programma
di riforma del sistema di governo regionale e locale in attuazione della Legge n. 56/2014 e della
L.R. n. 13/2015. La riforma avviata dalla Regione punta su una nuova definizione di governance
territoriale basata sul miglioramento dell’azione amministrativa di tutti i soggetti istituzionali
coinvolti dal riordino. La Regione, attraverso le previsioni della L.R. n. 13/2015, inoltre intende
proseguire nel sostegno e nella promozione di progetti di sperimentazione istituzionale fondate sulla
creazione delle cosiddette “aree vaste funzionali”.
Il risultato atteso per l‘intera legislatura regionale è il completamento del processo di riordino,
anche in coerenza con la riforma costituzionale del Titolo V, parte II della Costituzione il cui iter di
approvazione terminerà con il referendum costituzionale dell’ottobre 2016.
Le fusioni di Comuni saranno oggetto di riflessione politica, partendo dall’assunto che la fusione è
una opzione che deve essere vista più come una opportunità strategica che come approdo
necessitato per ragioni contingenti. In tali processi la Regione garantirà l’attività di affiancamento e
sostegno ai percorsi di fusione avviati, con la predisposizione dei relativi progetti di legge di
fusione, l’organizzazione e la gestione dei referendum consultivi regionali che devono precedere
l’approvazione delle leggi di fusione e con il supporto nell’iter legislativo regionale e nell’attività di
riorganizzazione funzionale connessa all’avvio istituzionale dei nuovi enti nati da fusione.

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