DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMAZIONE 2019-2021 - Comune di ...
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COMUNE DI MORBEGNO Provincia di Sondrio DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMAZIONE 2019-2021 Allegato alla deliberazione CC n.______ del ___________________
INDICE Che cosa è il Documento Unico di Programmazione pag. 3 La procedura di approvazione pag. 4 - SEZIONE STRATEGICA Parte prima – Il contesto esterno: il quadro normativo 1.1. Il quadro normativo europeo 1.1.1. Il fiscal compact pag. 8 1.1.2. Europa 2020 e fondi europei 2014-2020 pag. 9 1.2 Il quadro normativo nazionale 1.2.1. La riforma della contabilità pubblica e l’armonizzazione contabile pag. 10 1.2.2. La legge rinforzata n.243/2012 sul pareggio di bilancio pag. 11 1.2.3. Le società partecipate pag. 13 1.2.4. Il Documento di economia e finanza (DEF) 2018 pag. 14 Parte seconda – Il contesto interno: il Comune 2.1. Le caratteristiche del territorio pag. 17 2.2. Governo del territorio pag. 18 2.3. Popolazione pag. 20 2.4. Economia insediata pag. 24 2.5. Dati finanziari pag. 25 2.6. Il patrimonio dell’Ente pag. 31 2.7. Il personale pag. 35 2.8. I soggetti partecipati pag. 39 2.9. I servizi pubblici locali pag. 45 Parte terza – Indirizzi generali di natura strategica pag. 46 Parte quarta – Dagli indirizzi strategici agli obiettivi strategici pag. 47 Parte quinta – Modalità di controllo e rendicontazione pag. 50 - SEZIONE OPERATIVA Parte prima – Programmi e obiettivi operativi 1.1. Quadri finanziari generali ed equilibri della programmazione 2019-2021 pag. 52 1.2. Obiettivi operativi e programmi di spesa pag. 55 Parte seconda – Programmazione triennale 2.1. Programmazione triennale dei lavori pubblici pag. 99 2.2. Programmazione triennale del fabbisogno di personale pag. 100 2.3. Programmazione triennale valorizzazioni e alienazioni pag. 100 2.4. Programmazione biennale forniture e servizi 2019-2021 pag. 100 2
Che cosa è il Documento Unico di Programmazione L’attività programmatoria della pubblica amministrazione è elemento essenziale per l’attuazione del principio costituzionale del buon andamento (art. 97), contribuendo ad assicurare un ottimale impiego delle risorse secondo i canoni di efficacia, efficienza ed economicità. Essa costituisce inoltre strumento essenziale per valutare l’operato dell’azione amministrativa, attraverso la conoscenza preventiva degli obiettivi dichiarati e, successivamente, i risultati raggiunti. Un corretto processo di programmazione è pertanto espressione di una amministrazione moderna, che intende fronteggiare in modo permanente, sistemico e unitario le discontinuità ambientali, organizzative e finanziarie. Già l’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali scriveva come la programmazione rappresenti “il «contratto» che il governo politico dell’ente assume nei confronti dei cittadini e degli altri utilizzatori del sistema di bilancio stesso. L’attendibilità, la congruità e la coerenza dei bilanci è prova della affidabilità e credibilità dell’Amministrazione. Gli utilizzatori del sistema di bilancio devono disporre delle informazioni necessarie per valutare gli impegni politici assunti e le decisioni conseguenti, il loro onere e, in sede di rendiconto, il grado di mantenimento degli stessi”1. Il compito di un’amministrazione è quello di sviluppare il proprio territorio e di migliorare il benessere dei propri cittadini, nel rispetto delle regole e dei ruoli istituzionali che il nostro ordinamento ha stabilito. Questo compito, assai difficile oggi a causa del contesto economico ancora critico e della scarsità di risorse a disposizione per soddisfare i bisogni fondamentali della comunità, diventa impossibile senza una efficace attività di programmazione in grado di mettere a fuoco gli obiettivi che, all’interno dei principi e dei valori da cui siamo mossi, riteniamo strategici. Programmare significa quindi fare delle scelte, nella consapevolezza che le risorse sono limitate rispetto ai bisogni e che nell’individuare le priorità “irrinunciabili”, altre esigenze vengono sacrificate. Programmare significa anche stringere un patto di trasparenza e di lealtà con i cittadini, perché nel dichiarare preventivamente quelli che sono gli obiettivi che si intendono raggiungere attraverso il proprio operato, ci si espone al rischio del “giudizio” finale sui risultati che saranno conseguiti. Consapevoli dell’importanza del compito che ci è stato assegnato, affidiamo a questo documento “l’immagine” di come vorremmo migliorare il nostro comune e attraverso quali azioni intendiamo concretizzare tale risultato, affinché ognuno possa valutare in anticipo la rispondenza degli obiettivi con i reali bisogni della collettività e seguire progressivamente la loro concreta attuazione. All’interno di questa cornice si inserisce il Documento Unico di Programmazione (DUP), il nuovo strumento di programmazione degli enti locali introdotto dalla riforma dell’ordinamento contabile nota come “armonizzazione”, la cui disciplina è contenuta nel principio contabile applicato alla programmazione di cui all’Allegato 4/1 al D.Lgs. n. 118/2011, oltre che nell’art. 170 del D.Lgs. n. 267/2000. Esso sostituisce i precedenti documenti programmatici (Piano Generale di Sviluppo e Relazione Previsionale e Programmatica) nell’intento di rendere più efficace ed incisivo il sistema di programmazione. A tal fine la riforma ha specificatamente anticipato i tempi della programmazione, così da rendere autonomo il processo, svincolandolo da quello di predisposizione del bilancio. Il DUP, presentato al consiglio comunale entro il 31 luglio dell’esercizio precedente al periodo di riferimento, permette l’attività di guida strategica ed operativa dell’ente e conseguentemente costituisce il presupposto necessario di tutti gli altri documenti di programmazione. Il documento si compone di due sezioni: la Sezione Strategica (SeS) e la Sezione Operativa (SeO). La prima ha un orizzonte temporale di riferimento pari a quella del mandato amministrativo, la seconda pari a quello del bilancio di previsione. In particolare la Sezione Strategica sviluppa e concretizza le linee programmatiche di mandato e gli indirizzi strategici dell'Ente, in coerenza con la programmazione di Governo e con quella Regionale. 1 Principio contabile della programmazione, n. 1.3 approvato dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali nel 2003. 3
Tale processo è supportato da un'analisi strategica delle condizioni interne ed esterne all'Ente, sia in termini attuali che prospettici, così che l'analisi degli scenari possa rilevarsi utile all'Amministrazione nel compiere le scelte più urgenti e appropriate. La Sezione Operativa ha carattere generale, contenuto programmatico e costituisce lo strumento di supporto al processo di previsione di indirizzi e obiettivi previsti nella Sezione Strategica. Questa infatti, contiene la programmazione operativa dell'ente, avendo a riferimento un arco temporale sia annuale che pluriennale. La parte finanziaria della Sezione redatta per competenza e per cassa; si fonda su valutazioni di natura economico-patrimoniali e copre un arco temporale pari a quello del bilancio di previsione. Dal punto di vista tecnico invece, individua, per ogni singola missione, i programmi che l'ente intende realizzare per conseguire gli obiettivi strategici definiti nella Sezione Strategica. Per ogni programma, e per tutto il periodo di riferimento del DUP, sono individuati gli obiettivi operativi annuali da raggiungere. I programmi rappresentano dunque il cardine della programmazione, in quanto, costituendo la base sulla quale implementare il processo di definizione degli indirizzi e delle scelte, sulla base di questi verrà predisposto il PEG e affidati obiettivi e risorse ai responsabili dei servizi. Gli strumenti di programmazione prima e dopo la riforma FINO AL 2015 (ANTE RIFORMA) DAL 2016 (POST RIFORMA) Piano Generale di Sviluppo Relazione Previsionale e Programmatica Programma triennale delle Opere Pubbliche Programmazione triennale del fabbisogno di Documento unico di programmazione personale Piano delle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio immobiliare Bilancio di previsione annuale Bilancio di previsione finanziario Bilancio di previsione pluriennale Piano Esecutivo di Gestione/Piano della Piano Esecutivo di Gestione/Piano della performance/PDO performance/PDO La procedura di approvazione La procedura di approvazione del Documento Unico di programmazione, come delineata dalla normativa nazionale – art. 170 del D.Lgs. n.267/2000 - prevede in sintesi le seguenti tempistiche: - entro il 31 luglio di ciascun anno la giunta presenta la consiglio comunale il Documento; - entro il 15 novembre, unitamente allo Schema di delibera del bilancio di previsione, la giunta presenta al consiglio comunale la Nota di aggiornamento del Documento. In mancanza di ulteriori indicazioni contenute nel citato testo normativo, come nell’Allegato n.4/1 al D.Lgs. n.118/2001, il Regolamento di contabilità comunale, agli articoli 37, 38 e 39 e 40, ha delineato nel dettaglio le fasi di elaborazione del Documento unico di Programmazione, come documento fondamentale della programmazione dell’ente e propedeutico alla definizione del bilancio di previsione finanziario. Al fine di rendere espliciti il significato e la valenza, all’interno del menzionato processo, del presente documento – ovvero della Nota integrativa al DUP – vengono riportati di seguito in forma integrale gli articoli del Regolamento di contabilità sopra richiamati. 4
Art. 37 - Definizione e presentazione del DUP (art. 174, cc. 1 e 2, D.Lgs. 267/00) 1. Lo schema di DUP, formulato sulla base del percorso di cui all’art.36 del presente Regolamento è approvato con proprio atto dalla giunta comunale, la quale lo presenta al consiglio comunale entro il 31 luglio tramite deposito dello stesso per 20 giorni consecutivi. Dell’avvenuto deposito viene data tempestiva comunicazione ai consiglieri comunali. 2. Entro e non oltre il quindicesimo giorno di deposito ciascun consigliere o gruppo consiliare può presentare al protocollo comunale, o all’indirizzo PEC istituzionale, emendamenti o atti di indirizzo debitamente sottoscritti dal presentante, relativi ai punti della programmazione strategica ed operativa esposti nello schema DUP. 3. Lo schema di DUP deliberato dalla giunta, corredato dagli emendamenti o dagli atti di indirizzo presentati al protocollo dell’ente secondo quanto previsto dal comma precedente sono portati alla discussione del consiglio comunale entro 30 giorni dalla data di scadenza del deposito per la loro formale approvazione. Lo schema di DUP ed ogni singolo emendamento saranno oggetto di distinta votazione da parte dell’assemblea consiliare. 4. Qualora la normativa nazionale disponga il rinvio del termine di presentazione del DUP, i termini di cui al presente articolo si intendono ridefiniti in relazione alla nuova scadenza. Art.38 - Definizione e presentazione Nota di aggiornamento al DUP e schema di BPF (art. 174, cc. 1 e 2 , D.Lgs. 267/00) 1. La Nota di aggiornamento al DUP e lo Schema del bilancio di previsione finanziario, formulati sulla base del percorso di cui all’art.36 del presente Regolamento sono approvati con propri distinti atti dalla giunta comunale. 2. La Nota di aggiornamento del DUP prevede un aggiornamento dello schema di DUP approvato dal consiglio comunale – di cui al comma 3 dell’art.37 del presente Regolamento - sulla base degli emendamenti ed atti di indirizzo approvati dal consiglio comunale, dei dati contabili e di programmazione adottati dagli organi competenti e sulla base delle modifiche intervenute nella normativa nazionale e regionale in materia di enti locali. 3. Entro il 15 novembre la giunta comunale presenta la Nota di aggiornamento al DUP e lo Schema del bilancio al consiglio comprensivo di tutti gli allegati, tramite deposito degli stessi per 10 giorni consecutivi. Dell’avvenuto deposito viene data tempestiva comunicazione ai consiglieri comunali. Art. 39 - Emendamenti alla Nota di aggiornamento al DUP e allo schema di BPF 1. Ciascun consigliere o gruppo consiliare può presentare emendamenti debitamente sottoscritti dal presentante allo Schema del bilancio di previsione e alla Nota di aggiornamento al DUP entro e non oltre 5 giorni dall’inizio del deposito, tramite consegna del medesimo al protocollo dell’ente, o all’indirizzo PEC istituzionale. 2. Le proposte di emendamento debbono garantire il mantenimento degli equilibri del bilancio, il rispetto degli altri vincoli di finanza pubblica oltre all’osservanza della normativa nazionale e regionale in materia di enti locali. A tal fine devono obbligatoriamente indicare i mezzi di copertura finanziaria delle maggiori spese o minori entrate proposte. 3. Sugli emendamenti presentati e posti alla discussione del consiglio comunale dovranno essere espressi i pareri di regolarità tecnica del responsabile competente per materia e contabile del responsabile del servizio finanziario, di cui all’art. 49, c. 1 del D.Lgs. 267/00, oltre al parere dell’organo di revisione. 5
Art.40 - Approvazione del DUP e BPF (art. 174, cc. 1 e 2 , D.Lgs. 267/00) 1. Il Consiglio approva il DUP e il bilancio di previsione finanziario – muniti del parere dell’Organo di revisione da rendersi entro 7 giorni lavorativi dalla trasmissione - entro il termine stabilito dalla normativa vigente. 2. Il DUP e il bilancio possono essere approvati in due sedute consiliari distinte o nella medesima seduta. In ogni caso, il DUP costituisce atto presupposto indispensabile per l’approvazione del bilancio di previsione finanziario e deve essere approvato prima dello stesso con separato atto. 6
SEZIONE STRATEGICA 7
1. PARTE PRIMA - IL CONTESTO ESTERNO: IL QUADRO NORMATIVO. 1.1 – IL QUADRO NORMATIVO EUROPEO 1.1.1 Il fiscal compact Con la stipula nel 1992 del Trattato di Maastricht la Comunità Europea ha gettato le basi per consentire, in un contesto stabile, la nascita dell’EURO e il passaggio da una unione economica ad una monetaria (1° gennaio 1999). La convergenza degli stati verso il perseguimento di politiche rigorose in ambito monetario e fiscale era (ed è tuttora) considerata condizione essenziale per limitare il rischio di instabilità della nuova moneta unica. In quest'ottica, venivano fissati i due principali parametri di politica fiscale al rispetto dei quali era vincolata l'adesione all'unione monetaria. L’articolo 104 del Trattato prevede che gli stati membri debbano mantenere il proprio bilancio in una situazione di sostanziale pareggio, evitando disavanzi pubblici eccessivi (comma 1) e che il livello del debito pubblico deve essere consolidato entro un determinato valore di riferimento. Tali parametri, definiti periodicamente, prevedono: a) un deficit pubblico non superiore al 3% del Pil; b) un debito pubblico non superiore al 60% del Pil e comunque tendente al rientro; L’esplodere nel 2010 della crisi della finanza pubblica e il baratro di un default a cui molti stati si sono avvicinati (Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia e Italia) ha fatto emergere tutta la fragilità delle regole previste dal patto di stabilità e crescita europeo in assenza di una comune politica fiscale. E’ maturata di conseguenza la consapevolezza della necessità di giungere ad un “nuovo patto di bilancio”, preludio di un possibile avvio di una Unione di bilancio e fiscale. Il 2 marzo 2012 il Consiglio europeo ha firmato il cosiddetto Fiscal Compact (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria)2, tendente a “potenziare il coordinamento delle loro politiche economiche e a migliorare la governance della zona euro, sostenendo in tal modo il conseguimento degli obiettivi dell'Unione europea in materia di crescita sostenibile, occupazione, competitività e coesione sociale”. Il fiscal compact, entrato ufficialmente in vigore il 1° gennaio 2013 a seguito della ratifica da parte di 12 stati membri (Italia, Germania, Spagna, Francia, Slovenia, Cipro, Grecia, Austria, Irlanda, Estonia, Portogallo e Finlandia), prevede: – l’inserimento del pareggio di bilancio (cioè un sostanziale equilibrio tra entrate e uscite) di ciascuno Stato in «disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale» (in Italia è stato inserito nella Costituzione con una modifica all’articolo 81 approvata nell’aprile del 2012); – il vincolo dello 0,5 di deficit “strutturale” – quindi non legato a emergenze – rispetto al PIL; – l’obbligo di mantenere al massimo al 3 per cento il rapporto tra deficit e PIL, già previsto da Maastricht; – per i paesi con un rapporto tra debito e PIL superiore al 60 per cento previsto da Maastricht, l’obbligo di ridurre il rapporto di almeno 1/20esimo all’anno, per raggiungere quel rapporto considerato “sano” del 60 per cento. I vincoli di bilancio derivanti dalle regole del patto di stabilità e crescita ed i conseguenti condizionamenti alle politiche economiche e finanziarie degli stati membri sono da tempo messi sotto accusa perché ritenuti inadeguati a far ripartire l’economia e a ridare slancio ai consumi, in un periodo di crisi economica mondiale come quello attuale, che - esplosa nel 2008 – interessa ancora molti paesi europei, in particolare l’Italia. Il Consiglio Europeo, il 5 marzo 2014, in occasione dell’esame del Programma nazionale di riforma 2014 presentato dal Governo italiano, ricorda come ancora “l'Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi che richiedono un monitoraggio specifico e un'azione politica decisa. In particolare, il persistere di un debito pubblico elevato, associato a una competitività 2 L’accordo di diritto internazionale è stato sottoscritto da 25 Stati membri, tutti ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca. 8
esterna debole, entrambi ascrivibili al protrarsi di una crescita fiacca della produttività e ulteriormente acuiti dai persistenti pessimi risultati di crescita, richiedono attenzione e un'azione politica risoluta”. 1.1.2 Europa 2020 e fondi europei 2014-2020 Nel 2010 l’Unione Europea ha elaborato “Europa 2020”, una strategia decennale per la crescita che non mira soltanto a uscire dalla crisi che continua ad affliggere l'economia di molti paesi, ma vuole anche colmare le lacune del nostro modello di crescita e creare le condizioni per un diverso tipo di sviluppo economico, più intelligente, sostenibile e solidale. L'Unione Europea fornisce finanziamenti e sovvenzioni per un'ampia gamma di progetti e programmi nei settori più diversi. Tali fondi rappresentano la principale fonte di investimenti a livello di UE per aiutare gli Stati membri a ripristinare e incrementare la crescita e assicurare una ripresa che porti occupazione, garantendo al contempo lo sviluppo sostenibile, in linea con gli obiettivi di Europa 2020. Cinque sono i fondi gestiti dall’UE: • Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR); • Fondo sociale europeo (FSE); • Fondo di coesione; • Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) • Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Le strategie di EU2020 N. Strategie Obiettivi 1 Occupazione Innalzamento al 75% del tasso di occupazione (per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni) 2 Ricerca e sviluppo Aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del PIL dell'UE Riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (o persino del 30%, se le condizioni lo Cambiamenti climatici e permettono) rispetto al 1990 3 sostenibilità energetica 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili Aumento del 20% dell'efficienza energetica Riduzione dei tassi di abbandono scolastico precoce al di sotto del 10% 4 Istruzione Aumento al 40% dei 30-34enni con un'istruzione universitaria Lotta alla povertà e 5 Almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione in meno all'emarginazione La strategia comporta anche sette iniziative prioritarie che tracciano un quadro entro il quale l'UE e i governi nazionali sostengono reciprocamente i loro sforzi per realizzare le priorità di Europa 2020, quali l'innovazione, l'economia digitale, l'occupazione, i giovani, la politica industriale, la povertà e l'uso efficiente delle risorse. Le iniziative di EU2020 Iniziative prioritarie Finalità Agenda digitale europea • istruzione (incoraggiare le persone ad apprendere, studiare ed aggiornare le loro Unione dell'innovazione competenze) Crescita • ricerca/innovazione (creazione di nuovi prodotti/servizi in grado di stimolare la crescita e intelligente Youth on the move l'occupazione per affrontare le sfide della società) • società digitale (uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione) Un'Europa efficiente sotto • costruire un'economia a basse emissioni di CO2 più competitiva, capace di sfruttare le il profilo delle risorse risorse in modo efficiente e sostenibile • tutelare l'ambiente, ridurre le emissioni e prevenire la perdita di biodiversità • servirsi del ruolo guida dell'Europa per sviluppare nuove tecnologie e metodi di Crescita produzione verdi Una politica industriale sostenibile • introdurre reti elettriche intelligenti ed efficienti per l'era della • sfruttare le reti su scala europea per conferire alle nostre imprese (specie le piccole globalizzazione aziende industriali) un ulteriore vantaggio competitivo • migliorare l'ambiente in cui operano le imprese, in particolare le piccole e medie (PMI) • aiutare i consumatori a fare delle scelte informate. 9
Agenda per nuove • aumentare il tasso di occupazione dell'UE con un numero maggiore di lavori più competenze e nuovi lavori qualificati, specie per donne, giovani e lavoratori più anziani Crescita • aiutare le persone di ogni età a prevedere e gestire il cambiamento investendo in solidale Piattaforma europea competenze e formazione contro la povertà • modernizzare i mercati del lavoro e i sistemi previdenziali • garantire che i benefici della crescita raggiungano tutte le parti dell'UE 1.2 – IL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE 1.2.1 La riforma della contabilità pubblica e l’armonizzazione contabile L’armonizzazione dei sistemi e degli schemi contabili costituisce il cardine della riforma della contabilità pubblica (legge n. 196/2009) e della riforma federale prevista dalla legge n. 42/2009, finalizzata a garantire: AUTONOMIA DI ENTRATA E DI SPESA; SUPERAMENTO GRADUALE DEL CRITERIO DELLA SPESA STORICA A FAVORE DEI COSTI E FABBISOGNI STANDARD; ADOZIONE DI: • regole contabili uniformi; • comune piano dei conti integrato; • comuni schemi di bilancio articolati in MISSIONI E PROGRAMMI coerenti con la classificazione economico-funzionale; • sistema e schemi di contabilità economico-patrimoniale; • bilancio consolidato per aziende, società ed organismi controllati; • sistema di indicatori di risultato semplici e misurabili; RACCORDABILITA’ DEI SISTEMI CONTABILI E DEGLI SCHEMI DI BILANCIO DEGLI ENTI TERRITORIALI CON QUELLI EUROPEI AI FINI DELLA PROCEDURA PER I DISAVANZI ECCESSIVI. Sotto l’aspetto contabile, la delega è stata esercitata attraverso il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, attraverso il quale si è inteso: • consentire il controllo dei conti pubblici nazionali (tutela della finanza pubblica nazionale); • verificare la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni dell’articolo 104 del Trattato istitutivo UE; • favorire l’attuazione del federalismo fiscale. Uno dei cardini della nuova contabilità è rappresentato dal principio della “competenza finanziaria potenziata”, il quale prevede che tutte le obbligazioni giuridicamente perfezionate, che danno luogo ad entrate e spese per l’ente, devono essere registrate in contabilità nel momento in cui sorgono, con imputazione all’esercizio in cui vengono a scadenza. E’ comunque fatta salva la piena copertura degli impegni a prescindere dall’esercizio in cui essi sono imputati, attraverso l’istituzione del Fondo pluriennale vincolato. La nuova configurazione del principio contabile della competenza finanziaria potenziata: a) impedisce l’accertamento di entrate future, rafforzando la valutazione preventiva e concomitante degli equilibri di bilancio; b) evita l’accertamento e l’impegno di obbligazioni inesistenti, riducendo in maniera consistente l’entità dei residui attivi e passivi; 10
c) consente, attraverso i risultati contabili, la conoscenza dei debiti commerciali degli enti, che deriva dalla nuova definizione di residuo passivo conseguente all’applicazione del principio della competenza finanziaria potenziata; d) rafforza la funzione programmatoria del bilancio; e) favorisce la modulazione dei debiti finanziari secondo gli effettivi fabbisogni degli enti; f) avvicina la competenza finanziaria alla competenza economica; g) introduce una gestione responsabile delle movimentazioni di cassa, con avvicinamento della competenza finanziaria alla cassa (potenziamento della competenza finanziaria e valorizzazione della gestione di cassa); h) introduce con il fondo pluriennale vincolato uno strumento conoscitivo e programmatorio delle spese finanziate con entrate vincolate nella destinazione, compreso il ricorso al debito per gli investimenti. Dopo tre anni di sperimentazione, la riforma è entrata in vigore per tutti gli enti locali il 1° gennaio 2015, secondo un percorso graduale che vede, nel 2015, l’applicazione del principio della competenza finanziaria potenziata e, nel 2016, l’avvio della contabilità economico patrimoniale e del bilancio consolidato. L’attuazione della riforma costituisce una tappa fondamentale nel percorso di risanamento della finanza pubblica e favorirà il coordinamento della finanza pubblica, il consolidamento dei conti delle Amministrazione Pubbliche anche ai fini del rispetto delle regole comunitarie, le attività connesse alla revisione della spesa pubblica e alla determinazione dei fabbisogni e costi standard. 1.2.2 La legge rinforzata n. 243/2012 sul pareggio di bilancio Con la sottoscrizione dell’accordo sul Fiscal Compact (vedi 1.1.1) e la conseguente approvazione della legge costituzionale n.1 del 20 aprile 2012 rubricata “Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale”, l’Italia ha introdotto nella propria Costituzione il principio del pareggio di bilancio. Nel dettaglio la legge ha modificato i seguenti articoli della Costituzione: - art.81 dove al comma 1 è previsto che “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico” e al comma 6 è previsto che “Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”; - art.97 comma 1 “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”; - art.119 comma 1 “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinameno dell’Unione Europea”, inoltre al comma 6 “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. E’ esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”. In attuazione delle disposizioni costituzionali novellate dalla citata legge costituzionale n.1/2012, è stata emanata la legge 24 dicembre 2012, n.243 “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art.81, sesto comma, della Costituzione”. Per quanto riguarda le Regioni e gli enti locali l’art.9 prevedeva il rispetto dei due seguenti pareggi: a) il pareggio (sia in termini di cassa che di competenza) tra entrate finali e spese finali; 11
b) il pareggio (sia in termini di cassa che di competenza) tra entrate correnti e spese correnti più spese per rimborso di prestiti. Questa disciplina che doveva entrare in vigore dal 1° gennaio 2017 è stata sensibilmente alleggerita a seguito delle modifiche introdotte con la legge 12 agosto 2016, n.164. Di seguito sono riportati i punti salienti della modifica legislativa tratti dalla nota di lettura predisposta da IFEL. L’articolo 9 riporta la modifica di più consistente interesse per gli enti territoriali, il comma 1 infatti sostituisce i vincoli di competenza e cassa originariamente previsti con un unico saldo di competenza non negativo tra le entrate finali (titoli 1, 2, 3, 4 e 5 del nuovo schema di bilancio della contabilità armonizzata) e le spese finali (titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema). A partire dal 2020 viene inoltre strutturalmente prevista l’inclusione del Fondo pluriennale vincolato (FPV) tra le entrate e le spese finali che compongono il saldo di finanza pubblica (comma 1-bis), escluse le quote finanziate con debito, dando una soluzione positiva – almeno in prospettiva – alla coerenza tra il nuovo vincolo di finanza pubblica (il saldo di competenza) e le regole contabili riformate con l’armonizzazione dei bilanci. Va sottolineato che questa declinazione del saldo è stata adottata per il 2016 e costituisce un’ineliminabile condizione per assicurare capacità di programmazione e dinamismo sul fronte degli investimenti locali. Per gli anni 2017-2019, invece, lo stesso comma 1-bis demanda la scelta sulla considerazione del FPV alla prossima legge di bilancio, “compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica”, ma in ogni caso “su base triennale”. Si tratta di una soluzione insoddisfacente, sebbene migliorativa rispetto all’iniziale proposta del Governo, che non indicava uno stabile assetto a regime e configurava un sistema di determinazione anno per anno di questo importante elemento. Di fatto, la regola finanziaria avrebbe conosciuto una sua effettiva definizione soltanto a fine dicembre di ciascun anno, dando ragione ai detrattori della manovra 2016, che interpretavano la temporaneità del FPV nei saldi di finanza pubblica come un segnale di diffidenza, se non di chiusura, verso un duraturo rilancio degli investimenti pubblici locali. Nella sua nuova formulazione, i commi 2 e 4 dell’articolo 9 confermano la previsione di un meccanismo sanzionatorio rinnovato, basato sul recupero triennale a quote costanti dell’eventuale sforamento. Viene altresì introdotto per la prima volta un incentivo premiale tra gli enti rispettosi del vincolo di finanza pubblica (comma 4). Sia le sanzioni che i premi dovranno trovare una specifica disciplina nella legislazione ordinaria statale. È certamente da apprezzare, a tal riguardo, il fatto che la modifica approvata dal Senato impone, per la fase di implementazione del meccanismo premiale/sanzionatorio, l’aderenza a criteri direttivi di proporzionalità (tra premi e sanzioni e tra sanzioni e violazioni), nonché la corrispondenza di comparto per quanto attiene alla distribuzione degli effetti finanziari che ne derivano (lettera a), b) e c) del co. 4). Con l’abrogazione del comma 3, viene opportunamente eliminato qualsiasi vincolo di destinazione nell’utilizzo dei saldi positivi eventualmente conseguiti dagli enti territoriali. Tale modifica favorisce il ruolo degli strumenti preposti alla flessibilizzazione del saldo (intese regionali e redistribuzione nazionale). D’altra parte, la valutazione del margine finanziario inutilizzato – meglio noto come overshooting – potrebbe rientrare tra i criteri sulla base dei quali alimentare l’implementazione di un rinnovato meccanismo premiale/sanzionatorio. Le modifiche dell’articolo 10 riguardano l’indebitamento e gli strumenti di redistribuzione di spazi finanziari, che hanno avuto negli ultimi anni un ruolo di grande rilievo, quando attivamente gestiti a livello regionale. Per quanto riguarda l’indebitamento, si confermano i primi due commi, che finalizzano il debito all’effettuazione di investimenti e impongono piani di ammortamento coerenti con la “vita utile” 12
dell’opera realizzata. Molto rilevante per la gestione del debito locale è la revisione apportata al comma 3 dell’articolo 10. Le operazioni di indebitamento non dovranno più essere soggette alla verifica di un saldo finale di cassa non negativo riferito al complesso degli enti territoriali della regione interessata, bensì dovranno garantire il rispetto del saldo finale di competenza a livello aggregato, compresa la medesima Regione. Ne deriva che viene scongiurato il blocco degli investimenti da quadro regionale negativo sotto il profilo della cassa, mentre risulteranno comunque cruciali le intese da concludere in ambito regionale, la cui valenza dovrà auspicabilmente assumere respiro pluriennale. Per quanto concerne il finanziamento degli investimenti tramite ricorso al debito o mediante utilizzo degli avanzi di amministrazione, rimane da precisare che non necessiteranno di alcuna ratifica/autorizzazione in sede di “intesa” regionale le operazioni autonomamente programmate dal singolo ente nel rispetto del proprio saldo finale di competenza, come declinato ai sensi del comma 1- bis dell’articolo 9 della revisionata legge 243. Ne consegue che le intese in ambito regionale avranno la medesima funzione svolta precedentemente dal Patto orizzontale regionale, con finalità redistributive a somma zero di spazi finanziari rilevanti ai fini del saldo di finanza pubblica. 1.2.3 Le società partecipate Il quadro normativo che regola le società partecipate degli enti locali risulta caratterizzato da una forte instabilità. Di fronte ad un favor legislativo registratosi a partire dagli anni ’90, dal 2006 inizia un cambio di rotta che, anche a causa del dilagare del fenomeno delle partecipate, ha dato il via ad una serie di disposizioni volte a limitare, o in alcuni casi a vietare l’istituzione o il mantenimento delle società partecipate, ovvero ad estendere alle partecipate stesse i vincoli previsti per gli enti soci. Il riferimento va, principalmente: all’articolo 18 del decreto legge n. 112/2008 in merito all’assoggettamento al patto di stabilità interno e ai limiti sul personale; all’articolo 14, comma 32, del decreto legge n. 78/2010 (L. n. 122/2010), che vieta ai comuni fino a 30.000 abitanti di istituire nuove società e consente il loro mantenimento solo nel caso di gestioni virtuose; all’articolo 1, commi 27-32 della legge n. 244/2007, che imponeva la ricognizione delle società partecipate funzionali al perseguimento dei fini istituzionali nonché all’obbligo di rideterminazione della dotazione organica in caso di esternalizzazione dei servizi. Con la legge di stabilità del 2014 (legge n. 147/2013) si assiste ad un nuovo mutamento di strategia del legislatore in ordine all'obiettivo, sempre rappresentato, di ridurre drasticamente l'universo delle partecipazioni degli enti locali, ovviamente con l'esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati e le loro controllate. Il legislatore rinuncia ad intervenire attraverso l'imposizione puntuale di singoli obblighi, vincoli o divieti (difficili da monitorare in ordine all'esatto e puntuale adempimento, nonché oggetto delle più diverse e in qualche caso fantasiose interpretazioni giuridiche da parte dei soggetti tempo per tempo obbligati, ed ancor più difficili da sanzionare in caso di inosservanza), e compie una consistente abrogazione di norme che a vario titolo proibivano la costituzione o il mantenimento di partecipazioni in società o altri enti. La nuova strategia si realizza, con una certa coerenza anticipatrice della logica di gruppo pubblico locale e di consolidamento dei conti di bilancio, mediante l'imposizione di una diretta correlazione tra bilanci previsionali degli enti locali coinvolti e i risultati di esercizio delle società (ed enti) partecipate. A partire dall'esercizio 2015 infatti, ovvero nel Bilancio preventivo relativo a tale esercizio, si deve procedere ad un graduale e progressivo vincolo di somme disponibili nella parte corrente dei bilanci, nel caso in cui società (ma anche aziende speciali, ASP ed istituzioni) partecipate registrino risultati negativi. Tale accantonamento si realizza, in pro- quota rispetto alla partecipazione detenuta, in relazione alle perdite risultanti nel triennio precedente (l'applicazione della norma in questione viene graduata attraverso un meccanismo/algoritmo che fa 13
riferimento a valori medi, nel merito del quale non si entra qui, ma che non è detto che favorisca le situazioni in miglioramento nel periodo). Tale disposizione non fa venir meno il divieto di ripiano delle perdite (ex DL 78/2010 art. 6, comma 19), ma tende solo a congelare una quota di risorse dell'Ente, al fine di disinnescare ogni tentativo opportunistico di spostare diseconomie al di fuori del Bilancio comunale. Per le sole società in house inoltre la norma prevede, nel caso di reiterate perdite per successivi esercizi, prima una riduzione dei compensi degli amministratori e un riconoscimento di 'automatica' giusta causa per la loro revoca, ed oltre ancora un obbligo di liquidazione (con danno erariale a carico dei soci che omettano). Il quadro di parziale deregulation introdotto dalla legge di stabilità per il 2014 non è tuttavia da considerarsi definitivo. La legge di stabilità del 2015 (L. n. 190/2014), riprendendo quanto già previsto nell’art. 23 del D.L. n. 66/2014, ha operato una netta distinzione tra norme relative alla riorganizzazione ed alla riduzione delle partecipazioni pubbliche e misure volte specificamente alla promozione delle aggregazioni organizzative e gestionali dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. La prima categoria di disposizioni presenta prevalentemente natura di indirizzo politico attraverso un piano triennale di razionalizzazione già predisposto da ciascuna amministrazione entro il 31/3/2015 e recante un cronoprogramma attuativo ed il dettaglio dei risparmi da conseguire (art. 1, comma 611). L’obiettivo di tale ultimo intervento normativo è quello di conseguire la riduzione in termini numerici delle società partecipate ed il contenimento della spesa. Per quanto riguarda i servizi pubblici locali di rilevanza economica le disposizioni sono largamente orientate a introdurre misure volte a favorire processi di aggregazione, sia mediante specifici obblighi rivolti a Regioni ed Enti locali, che tramite incentivazioni per Amministrazioni pubbliche e gestori. Pertanto, al fine di promuovere processi di aggregazione e di rafforzare la gestione industriale dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica viene previsto l’esercizio dei poteri sostitutivi del Presidente della Regione, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni, qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo entro il 1° marzo 2015 oppure entro sessanta giorni dall'istituzione o designazione dell'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale. Infine ricordiamo che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 120 dell'8 settembre 2016 il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, con il quale il Governo ha dato esito alla delega contenuta nell’art.18 della Legge n.124/2015, legge di Riforma della pubblica amministrazione. Lo scopo della nuova normativa è quello di ridurre drasticamente il numero delle società partecipate e di garantire una maggiore economicità nella gestione dei servizi pubblici locali, sfruttando il regime di concorrenza e le economie di scala. Il Comune di Morbegno con deliberazione del consiglio comunale n.50 del 28 settembre 2017, ha dato attuazione all’art.24 del sopra citato D.Lgs. n.175/2016, approvando la revisione straordinarie delle proprie partecipazioni societarie, decidendo per la dismissione della propria partecipazione nella società Pescegallo 2000 srl. 1.2.4 Documento di Economia e Finanza (DEF) 2018 Il Documento di Economia e Finanza (DEF) costituisce il principale strumento di programmazione della politica economica del Governo. ll Documento di economia e finanza (DEF) traccia, in una prospettiva di medio lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo, occupazione, riduzione del rapporto debito-PIL e per gli altri obiettivi programmatici prefigurati dal Governo per l'anno in corso e per il triennio successivo. Il DEF 2018, in relazione alla circostanza che al momento della presentazione del Documento non era ancora intervenuta la costituzione del nuovo governo nella attuale legislatura, è stato presentato dal 14
governo Gentiloni, allora in carica per gli affari correnti, e quindi non reca il nuovo quadro programmatico. Esso si limita pertanto all'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l'Italia ed al quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue, tenendo conto della legge di bilancio 2018, rinviando alle valutazioni del prossimo Esecutivo l'eventuale elaborazione di un quadro programmatico. Nella seduta del 19 giugno 2018 si è concluso l'esame parlamentare del Documento di economia e finanza 2018 (DEF 2018), con l'approvazione da parte di ciascuna Camera di una risoluzione di analogo contenuto che impegna il Governo: - a presentare al Consiglio ed alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma Nazionale di Riforma, sulla base del programma di Governo presentato al Parlamento per la fiducia. Andranno a tal fine individuati gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche e sottoporre i nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare, prima di presentare l'aggiornamento del Programma di stabilità e del PNR alle istituzioni europee; - ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti all'aumento delle aliquote IVA e delle accise; - ad individuare le misure da adottare nel 2018 nel rispetto dei saldi di bilancio ed a riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2019-2021. Il quadro macroeconomico Il DEF 2018 espone l'analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all'anno 2017 e le previsioni tendenziali per l'anno in corso e per il periodo 2019-2021, che riflettono i segnali di rafforzamento della ripresa dell'economia italiana. Ripresa sospinta dalla favorevole congiuntura mondiale, per la quale il 2017 ha registrato una crescita (3,8 per cento) superiore alle attese, destinata a protrarsi anche nel biennio 2018- 2019. In tale contesto il Pil italiano espone per il 2017 un incremento dell'1,5 per cento, in accelerazione rispetto alla crescita di circa l'1 per cento registrata in ciascuno dei due anni precedenti. Sul risultato positivo del 2017 ha inciso l'andamento della domanda interna, che ha contribuito positivamente alla crescita del PIL per 1,5 punti percentuali (1,3 al lordo della variazione delle scorte) e della domanda estera netta, che è tornata a fornire un apporto positivo (0,2 punti percentuali). Per quanto concerne il commercio con l'estero, la dinamica delle esportazioni si è rivelata più vivace del previsto (+5,4%), ed anche le importazioni hanno mostrato una dinamica sostenuta, (5,3%). Quanto al mercato del lavoro, i dati per il 2017 confermano la prosecuzione della tendenza favorevole: la crescita degli occupati secondo il dato di contabilità nazionale è stata dell'1,1 per cento e il tasso di disoccupazione si è ridotto di 0,5 punti percentuali rispetto al 2016, scendendo all'11,2 per cento. Previsioni macroeconomiche per il 2018 e gli anni successivi: il DEF ne espone unicamente lo scenario tendenziale, vale a dire quello che incorpora gli effetti sull'economia delle azioni di politica economica, delle riforme e della politica fiscale (tra cui l'aumento dell'Iva e di altre imposte indirette nel 2019 e, in minor misura, nel 2020) messe in atto precedentemente alla presentazione del Documento stesso. Il quadro previsivo esposto nel DEF conferma la fase di ripresa dell'economia italiana, che dopo essersi intensificata nel corso dell'anno precedente è continuata nel primo trimestre di quest'anno, con prospettive economiche che per il 2018 e per i prossimi tre anni rimangono positive. Tenendo anche conto dei rischi al ribasso che caratterizzano lo scenario internazionale il Documento stima una crescita del PIL nel 2018 all'1,5 per cento, invariata rispetto ai valori indicati nella Nota di aggiornamento del DEF 2017 dello scorso settembre. Negli anni successivi, il DEF prevede che il tasso di crescita reale si posizioni all'1,4 per cento nel 2019 e all'1,3 per cento nel 2020, sia in ragione di una maggiore cautela nella valutazione dei rischi geopolitici di medio termine (che si sono più chiaramente evidenziati negli ultimi mesi), sia per effetto dell'aumento previsto delle imposte indirette, derivante dalle c.d. clausole di salvaguardia. Per il 2021, infine, il tasso di crescita del PIL è stimato pari all'1,2 per cento. 15
Il quadro di finanza pubblica Come si è sopra anticipato, il DEF 2018, presentato da un governo in carica per gli affari correnti, reca il solo quadro tendenziale di finanza pubblica, vale a dire riferito all'evoluzione dei dati finanziari sulla base della legislazione vigente. Esso espone un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche del 2017 pari al 2,3 per cento, in continuazione del percorso discendente avviato nel 2015. Per gli anni successivi il quadro previsionale colloca l'indebitamento all'1,6 per cento di Pil nel 2018, allo 0,8 nel 2019 ed infine in pareggio nel 2020, fino a pervenire ad una posizione di avanzo dello 0,2 per cento nel 2021. Tale quadro, si è rammentato, incorpora i previsti aumenti dell'Iva e delle accise previste dalle c.d. clausole di salvaguardia, da cui deriverebbe un maggior gettito pari a 12,5 miliardi nel 2019 e di 6,7 miliardi nel 2020 (rispettivamente 0,7 e 0,4 punti di Pil). Quanto all'avanzo primario – vale a dire il saldo entrate-spese al netto degli interessi -, risultato nel 2017 pari all'1,5 per cento di Pil, si prevede che salirà all' 1,9 per cento nel 2018, per poi giungere al 3,7 per cento al termine del periodo di previsione. Con riguardo al debito pubblico, il quadro tendenziale pone il rapporto debito/PIL per il 2018 al 130,8 per cento. Il livello del debito rispetto al PIL calerebbe poi più rapidamente nei prossimi tre anni, sia in relazione al consistente aumento dell'avanzo primario, sopra indicato, sia a seguito di una crescita più sostenuta del PIL nominale (vale a dire considerando anche l'andamento dell'inflazione) fino a raggiungere il 122,0 per cento nel 2021. Nel quadro di finanza pubblica contenuto dal DEF risulta infine confermato il raggiungimento del pareggio di bilancio di strutturale – vale a dire l'obiettivo di medio termine (OMT) per l'Italia – nel 2020, secondo quanto già previsto nella Nota di aggiornamento 2017. Il programma nazionale di riforme (PNR) La terza Sezione del DEF 2018 reca il Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in stretta relazione con quanto previsto nel Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delle finanze pubbliche, in coerenza con gli indirizzi formulati dalle istituzioni europee nell'ambito del semestre Europeo. Per quanto riguarda il contenuto del Programma nazionale di riforma, in materia fiscale si segnala, in primo luogo, il previsto aumento, a legislazione vigente, delle aliquote IVA a gennaio 2019 e a gennaio 2020, quest'ultimo accompagnato da un rialzo delle accise sui carburanti. Al riguardo il DEF rileva che, come è già avvenuto in passato, le clausole di salvaguardia che contengono l'aumento dell'IVA potranno essere sostituite da misure alternative con futuri interventi legislativi, anche al fine di evitare una minore crescita del PIL in termini reali e un rialzo dell'inflazione che si determinerebbe con il predetto aumento. Anche nel DEF 2018 la revisione della spesa continua a costituire uno strumento importante di risanamento dei conti pubblici e di stimolo alla crescita. Il DEF richiama, poi, gli effetti positivi che potranno generarsi dall'attuazione della delega legislativa in materia di crisi di impresa e insolvenza. In relazione agli investimenti degli enti locali, il DEF richiama il patto di solidarietà nazionale "verticale" volto a favorire le spese di investimento (da realizzare attraverso l'uso dell'avanzo di amministrazione degli esercizi precedenti e il ricorso al debito) e, in particolare, le risorse stanziate con la legge di bilancio per il 2018 per ampliare ulteriormente gli spazi finanziari concessi agli enti locali, pari a 900 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2018 e 2019. In relazione alla pubblica amministrazione il DEF ricorda che è stata completata l'attuazione delle deleghe previste dalla legge di riforma (legge n. 124 del 2015), mentre con la legge di bilancio per il 2018 sono stati determinati gli oneri complessivi a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale nel pubblico impiego, integrando lo stanziamento già previsto a legislazione vigente di 1.650 milioni di euro a decorrere dal 2018 (che consente incrementi retributivi pari al 3,48 per cento per il 2018). 16
2. PARTE SECONDA: IL CONTESTO INTERNO La conoscenza della situazione socio-economica del territorio rappresenta una tappa fondamentale nel processo di programmazione. Il contesto interno infatti influenza le scelte ed orienta l’amministrazione nell’individuazione degli obiettivi, al fine di rispondere al meglio alle esigenze della comunità amministrata e di garantire un ottimale impiego delle risorse. 2.1. Le caratteristiche del territorio Superficie: 14,82 kmq Altitudine: 262 m.s.l.m. (altitudine della casa comunale) – min. 215 – max 1.549 Coordinate geografiche sistema sessagesimale 46° 8' 21,12'' N - 9° 34' 15,96'' E Popolazione legale: 11.786 [Provincia di Sondrio 180.814 – Regione Lombardia 9.704.151 – Italia 59.433.744] (Censimento 2011) Centri abitati: Capoluogo, Arzo, Categno, Cerido, Cermeledo, Campovico, Desco, Paniga, Porcido, San Bello, Selvapiana, Torchi Bianchi e Valle-Campoerbolo. Comuni confinanti: Cosio Valtellino, Civo, Traona, Talamona, Bema, Dazio e Albaredo. Zona sismica: 3 - Zona con pericolosità sismica bassa. (Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, aggiornata con la Delibera 17
della Giunta Regionale della Lombardia dell'11 luglio 2014 n.2129 entrata in vigore il 10 aprile 2016). Zona climatica: F – Nessuna limitazione per l'accensione degli impianti termici. (Decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 26 agosto 1993 successivamente modificato con Decreto Ministeriale del 17/5/2004 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.139 del 16/6/2004). Classificazione ISTAT Comune montano 2.2. Governo del territorio Il Comune di Morbegno è dotato di Piano di Governo del Territorio (PGT), adottato con delibera di Consiglio Comunale n. 81 del 04/12/2008 e definitivamente approvato con delibera di Consiglio Comunale n. 32 del 08/05/2009 divenuto efficace a seguito di avvenuta pubblicazione sul B.U.R.L. n. 43, in data 28 ottobre 2009. Il Piano di Governo del Territorio è uno strumento urbanistico di nuova generazione redatto come previsto dalla Legge Regionale n. 12 del 11 marzo 2005. Il PGT è composto da tre atti fondamentali: Il Documento di Piano, ai sensi dell’art. 8, comma 4 della Legge Regionale 12/2005, ha validità quinquennale e scaduto tale termine, il Comune deve provvedere all’approvazione di un nuovo Documento di Piano. Il Documento di Piano contiene il quadro ricognitivo, conoscitivo del territorio e definisce le strategie territoriali individuando gli Ambiti soggetti a Trasformazione Urbanistica. Il Piano dei Servizi, ai sensi dell’art. 9, comma 6 della Legge Regionale 12/2005, non ha termini di validità ed è sempre modificabile. Il Piano dei Servizi si occupa della pianificazione della “Città pubblica”, assicurando un adeguata dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche. Il Piano delle Regole, ai sensi dell’art. 10, comma 14 della Legge Regionale 12/2005, non ha termini di validità ed è sempre modificabile. Il Piano delle Regole si occupa della pianificazione della “Città privata”, assicurando un corretto assetto edilizio urbanistico. Il PGT inoltre si occupa della Componente Geologica, Idrogeologica e sismica del territorio, del Reticolo Idrico Principale e Minore, della zonizzazione Acustica del Territorio e del Piano dell’Illuminazione pubblica. Il Comune di Morbegno con deliberazione n. 56 in data 1° agosto 2014 ha inizialmente prorogato alla data del 31 dicembre 2014 la validità del Documento di Piano. Con l’entrata in vigore della Legge Regionale 28 novembre 2014 n. 31 – disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato - di fatto il Documento di Piano del Comune di Morbegno approvato nel 2009, manterrà la sua validità sino ai dodici mesi successivi all’adeguamento del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) alla soglia regionale di consumo di suolo. Il PTCP nell’anno 2016 non risulta essere stato adeguato ai disposti della LR 31/2014. Gli Ambiti di Trasformazione disciplinati dal Documento di Piano, ai sensi della L.R. 31/2014, possono essere attuati secondo le disposizioni del Documento di Piano vigente attraverso la presentazione dell’istanza entro il termine del 02/06/2017, qualora entro tale termine non fosse stata presentata l’istanza il Comune, con motivata deliberazione di consiglio comunale, sospende la previsione di PGT sino all'esito del procedimento di adeguamento al PTCP. Il Piano prevede n. 30 Ambiti di Trasformazione di cui: n. 19 Ambiti di Trasformazione Residenziale, n. 5 Piani di Recupero, n. 1 Ambito di Trasformazione Terziario, n. 1 Ambito di Trasformazione Servizi, n. 2 Ambiti di Trasformazione Misti (Artigianale e Commerciale), n. 2 Ambiti di Trasformazione Artigianali. 18
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