COMPORRE PAROLE: L'IMPORTANZA DELLA MORFOLOGIA NELL'APPRENDIMENTO DELL'ITALIANO
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COMPORRE PAROLE: L’IMPORTANZA DELLA MORFOLOGIA NELL’APPRENDIMENTO DELL‘ITALIANO UNO STUDIO SPERIMENTALE SULLA CONSAPEVOLEZZA MORFOLOGICA DELL’ITALIANO L2. Aantal woorden: 13977 Lynn Vermeersch Studentennummer: 01302957 Promotor: Prof. dr. Linda Badan Copromotor: dr. Simona Amenta Masterproef voorgelegd voor het behalen van de graad Master in de Meertalige Communicatie Nederlands-Frans-Italiaans Academiejaar: 2017- 2018
AUTEURSRECHT De auteur en de promotor(en) geven de toelating deze studie als geheel voor consultatie beschikbaar te stellen voor persoonlijk gebruik. Elk ander gebruik valt onder de beperkingen van het auteursrecht, in het bijzonder met betrekking tot de verplichting de bron uitdrukkelijk te vermelden bij het aanhalen van gegevens uit deze studie. Het auteursrecht betreffende de gegevens vermeld in deze studie berust bij de promotor(en). Het auteursrecht beperkt zich tot de wijze waarop de auteur de problematiek van het onderwerp heeft benaderd en neergeschreven. De auteur respecteert daarbij het oorspronkelijke auteursrecht van de individueel geciteerde studies en eventueel bijhorende documentatie, zoals tabellen en figuren. De auteur en de promotor(en) zijn niet verantwoordelijk voor de behandelingen en eventuele doseringen die in deze studie geciteerd en beschreven zijn.
RINGRAZIAMENTI Vorrei ringraziare alcune persone che hanno contribuito alla buona esecuzione del progetto e che mi hanno aiutato durante i mesi impegnativi in cui ho lavorato alla mia tesi. Innanzitutto desidero ringraziare la mia promotrice, la professoressa Linda Badan, per tutto ciò che ha fatto per me. È stata sempre disponibile per me e il suo atteggiamento positivo mi ha ogni volta incoraggiato a continuare il lavoro anche in momenti di difficoltà. Un ringraziamento particolare va alla mia co-promotrice, la professoressa Simona Amenta, che ha contribuito molto alla parte statistica della tesi. Essendo la parte che mi pesava di più, le sono molto grata. Proseguo con i ringraziamenti per i miei familiari. Grazie ai miei genitori ho potuto iniziare e finire questo ciclo di studi estremamente interessante. Anche mia sorella Kim mi ha sempre sostenuto e incoraggiato. Avendo superato una tesi simile, capiva sempre la situazione in cui mi trovavo. Vorrei infine ringraziare il mio fidanzato Evert per avermi accompagnato per condurre l’esperimento e per avermi dato la forza e la volontà per concludere il mio percorso di studi. 2
ABSTRACT La morfologia, è lo studio dei morfemi, ovvero delle unità linguistiche più piccole dotate di significato. In questo senso, studiare la morfologia linguistica significa studiare la struttura interna di una parola. I parlanti che ne sono consapevoli possono sfruttare la conoscenza morfologica per comprendere parole nuove (non conosciute) sia nella propria lingua madre che in una seconda lingua. Infatti, nella letteratura linguistica, molti studi sono dedicati proprio all’utilità e all’importanza della conoscenza morfologica per studiare una seconda lingua (L2) (Singson, 2000; Kieffer, 2007; Scalise & Bisetto, 2008; Ramirez et al., 2009; Amenta e Crepaldi, 2012; Fabregas & Scalise, 2012). Le ricerche attuali si concentrano soprattutto sui bambini, lasciando così sostanzialmente scoperta una fascia di popolazione che è ancora coinvolta nell’apprendimento di una L2. Per tale ragione la presente tesi ha esaminato il rapporto tra la conoscenza morfologica e la comprensione e il riconoscimento di parole complesse italiane da parte degli adulti che studiano l’italiano come seconda lingua. Hanno partecipato al nostro esperimento di decisione lessicale 61 apprendenti di italiano come L2. Con il nostro esperimento, i partecipanti sono stati invitati a decidere se una certa parola appartenesse o meno al lessico italiano. Sono stati presentati ai partecipanti differenti tipi di stimoli: parole veramente esistenti, non-parole e novel words. In particolare, in questa tesi è da notare l’uso di queste novel words, ovvero parole nuove, non presenti nel lessico italiano, ma derivate attraverso la combinazione legale di morfemi italiani. I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi a seconda del livello di competenza, cioè in beginner (livello europeo A1 e A2), intermediate (livello europeo B1 e B2) e advanced (livello europeo C1 e C2). Dalla tesi risulta che soggetti con livello di competenza differente rispondono in modo significativamente diverso alle diverse categorie di parole, ma sono solo i lettori advanced a notare una differenza tra le non-parole e le novel words. In particolare, è degno di nota che i lettori advanced fanno più fatica a ‘rifiutare’ le novel words, cioè a categorizzarle come non esistenti nel lessico italiano. La nostra interpretazione di questo risultato è che i lettori advanced siano in grado di sfruttare la loro conoscenza morfologica per interpretare anche una combinazione di morfemi non esistenti come dotati di significato. I risultati del nostro esperimento dimostrano l’importanza di coinvolgere la morfologia in maniera più esplicita nell’apprendimento, già nei primi anni dell’insegnamento di una seconda lingua. 3
Indice AUTEURSRECHT ................................................................................................................................ 1 RINGRAZIAMENTI ............................................................................................................................ 2 ABSTRACT ........................................................................................................................................... 3 INTRODUZIONE ................................................................................................................................. 7 1 LA MORFOLOGIA ........................................................................................................................... 9 1.1 Contributo della morfologia alla definizione di parola ................................................................. 9 1.2 Alcuni termini teorici .................................................................................................................. 12 1.3 Le categorie lessicali ................................................................................................................... 14 1.4 I processi di formazione di parole ............................................................................................... 14 1.4.1 La produttività dei processi di formazione di parole ............................................................ 21 1.4.2 Altri processi di formazione di parole .................................................................................. 22 1.5 Alcuni punti di discussione nel campo della morfologia ............................................................ 24 2 IL RUOLO DELLA MORFOLOGIA NELL’APPRENDIMENTO DELL’ITALIANO.......... 27 2.1 L’importanza della morfologia nell’apprendimento di una seconda lingua ................................ 27 2.2 La consapevolezza morfologica aiuta la lettura nella seconda lingua? ....................................... 28 2.3 La consapevolezza morfologica e le difficoltà di comprensione o di lettura .............................. 29 2.4 Alcune considerazioni sulla letteratura scientifica esistente ....................................................... 30 3 NOVEL WORDS E CONSAPEVOLEZZA MORFOLOGICA .................................................. 31 3.1 Il ruolo della morfologia nella comprensione delle parole complesse e gli esperimenti di priming ........................................................................................................................................................... 31 3.2 L’informazione morfologica e le novel words ............................................................................ 32 3.3 Pseudo-parola o novel word?....................................................................................................... 34 4 MOTIVAZIONE E SCOPO DELLA TESI ................................................................................... 35 4.1 Motivazione dello studio e ipotesi sperimentali .......................................................................... 35 5 METODOLOGIA ............................................................................................................................ 37 5.1 L’esperimento.............................................................................................................................. 37 5.2 Gli stimoli .................................................................................................................................... 37 5.3 I Partecipanti................................................................................................................................ 39 5.4 La procedura ................................................................................................................................ 40 6 ANALISI DEI DATI ........................................................................................................................ 41 4
7 DISCUSSIONE ................................................................................................................................. 47 8 CONCLUSIONE .............................................................................................................................. 49 BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................. 53 APPENDICE........................................................................................................................................ 54 La tabella degli stimoli ...................................................................................................................... 54 5
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INTRODUZIONE La morfologia è un argomento della linguistica molto studiato (Baayen & Schreuder, 2003; Fabregas & Scalise, 2012; Frost & Grainger, 2000; Scalise è Bisetto, 2008). È stato per esempio dimostrato che la morfologia è uno strumento molto utile per poter analizzare la struttura di una parola e di conseguenza per poter suddividere le parole basandosi sulle sue caratteristiche (Scalise & Bisetto, 2008). È stato anche dimostrato che la morfologia risulta perfino molto utile per analizzare la produttività di una lingua. Vedremo che alcuni processi sono molto più produttivi che altri (si veda il capitolo 1), ma in ogni caso la morfologia ci dà molte informazioni su come vengono costruite le parole (Fabregas & Scalise, 2012). Consciamente o inconsciamente, i parlanti sfruttano questa conoscenza per applicarla alle parole che non si conoscono. In termini teorici, essa viene chiamata ‘la consapevolezza morfologica’. Le conoscenze della struttura morfemica delle parole e delle regole di combinazioni morfo- sintattiche sono cruciali per l’apprendimento di una lingua straniera e del suo uso appropriato nella comunicazione. Per quanto riguarda i bambini, il rapporto tra morfologia e apprendimento di una lingua è stato oggetto di numerosi studi. Tuttavia la maggior parte dei lavori sull’argomento non si focalizzano mai sugli adulti che imparano una lingua straniera, lasciando così sostanzialmente scoperta una fascia di popolazione che anch’essa è coinvolta nell’apprendimento di una lingua seconda. Per tale ragione, la presente ricerca si propone di indagare il rapporto tra la conoscenza morfologica e la comprensione o il riconoscimento di parole complesse italiane da parte di adulti che studiano l’italiano come seconda lingua. Di conseguenza, nel campo di ricerca della linguistica, questa tesi si inserisce all’interno del campo di ricerca del gruppo MULTIPLES-LL (Research Centre for Multilingual Practices and Language Learning in Society). Per questa tesi è stato effettuato un esperimento in cui gli apprendenti hanno dovuto decidere se una parola fosse italiana oppure no. Una cosa particolare di questo esperimento è l’uso di novel words. Visto che la novel word è una combinazione nuova di radici e morfemi esistenti, è comprensibile o deve essere comprensibile. In tal modo sfrutta la produttività morfologica della lingua e anche la consapevolezza morfologica degli apprendenti. Con il nostro esperimento, abbiamo voluto analizzare in che modo i partecipanti reagiscono alle novel words. Sebbene non siano parole elencate nel dizionario, abbiamo comunque ipotizzato che gli apprendenti non le rifiutassero come parole non esistenti. Abbiamo voluto anche esaminare se c’è una differenza di reazione a seconda del livello di competenza linguistica dei 7
partecipanti. Infine, abbiamo analizzato le risposte ai differenti stimoli, che possono essere suddivisi nei seguenti tipi: la parola complessa, la parola semplice, la novel word, la non-parola con una radice inesistente e la non-parola con un suffisso inesistente. Per costruire le parole e le novel words sono sempre state seguite le regole della grammatica italiana, per le non-parole non era il caso. Speriamo che i differenti tipi di stimoli provocheranno una risposta diversa. La tesi è organizzata nel modo seguente: nella prima sezione viene riassunta la lettura scientifica rilevante per questo lavoro. Innanzitutto, nel primo capitolo vengono spiegati alcuni termini teorici che riguardano la morfologia. Nel secondo capitolo, viene chiarita l’importanza della morfologia per quanto riguarda l’apprendimento di una lingua seconda. La prima sezione della tesi si conclude con il terzo capitolo in cui viene chiarita la definizione delle novel words e perché esse sono utili per studiare la consapevolezza morfologica. La seconda sezione della tesi invece riguarda il nostro esperimento. Nel quarto capitolo vengono elaborati la motivazione e lo scopo della tesi e quindi dell’esperimento. La metodologia è illustrata in dettaglio nel capitolo cinque, in cui vengono descritti in modo approfondito l’esperimento in sé, gli stimoli che abbiamo utilizzato, i partecipanti e la procedura dell’esperimento. Di seguito, nel capitolo sei, vengono analizzati i dati raccolti. Infine, seguono la discussione e la conclusione rispettivamente nel capitolo sette e otto. 8
1 LA MORFOLOGIA In questo capitolo, che si concentra sul tema della morfologia in generale, ci soffermiamo molto brevemente sulla storia della morfologia. In secondo luogo vengono descritti alcuni termini teorici che sono indispensabili in questo campo e, di conseguenza, per questa tesi. Nel paragrafo che segue vengono elencate le differenti categorie lessicali. Di seguito enumeriamo alcuni processi di formazione di parole, che sono stati importantissimi visto che per il nostro esperimento abbiamo costruito parole nuove e anche parole grammaticalmente scorrette. Un ultimo paragrafo è dedicato ad alcuni punti di discussione e questioni ancora aperte in particolare riguardo all’esistenza dei morfemi e alla domanda se la morfologia aiuti veramente a riconoscere una parola o meno. 1.1 Contributo della morfologia alla definizione di parola Gli studi di storia della morfologia risalgono all’Ottocento, periodo in cui la morfologia è stato un tema centrale negli studi linguistici. Il suo riconoscimento universale come disciplina a sé avviene nella metà degli anni Settanta con la cosiddetta morfologia lessicale (Scalise & Bisetto, 2008). Mark Aronoff è lo studioso che ha contribuito allo sviluppo delle ricerche sul campo in modo sostanziale e diffondendone l’applicazione a svariate lingue. Attualmente, il campo della morfologia vede due filoni teorici principali: la Distributed Morphology e la Construction Morphology. La prima teoria, ovvero la morfologia distribuita, considera che il significato di una parola è dovuto alla somma degli significati delle parti di cui è stata costruita la parola. Diversamente dalla prima morfologia lessicale, Scalise & Bisetto (2008) ritengono che l’interazione della morfologia con la fonologia, la sintassi e la semantica sia di importanza fondamentale. Infatti, gli autori spiegano il concetto di ‘grammatica’ nel seguente modo: La grammatica è un insieme di ‘moduli’: quello fonologico (che riguarda l’aspetto dei suoni delle lingue storico-naturali), quello sintattico (che riguarda l’ordine delle parole in una frase e le strutture a cui danno origine), quello semantico (che riguarda i significati delle parole e delle frasi), quello morfologico (che riguarda le parole e la loro struttura interna), a sua volta contenuto nel lessico (che riguarda l’insieme delle parole di una lingua). Lessico e morfologia sono dunque sottoparti della grammatica. (Scalise & Bisetto, 2008:13) 9
Come dice la parola stessa, la morfologia ha come oggetto di studio i morfemi. Le parole possono essere suddivise in piccole unità e la più piccola unità ancora dotata di significato viene chiamata ‘morfema’. Grazie alla loro struttura interna, e perciò grazie ai morfemi, le parole assumono determinate caratteristiche. In tal modo la morfologia fornisce un’organizzazione del lessico basandosi su queste caratteristiche o morfemi (Scalise & Bisetto, 2008). Dare la definizione di cosa sia una parola sembra evidente, ma in realtà non è una cosa così ovvia. Per esempio, non possiamo considerare una parola tutto ciò che da solo forma un enunciato, visto che così facendo si escluderebbero le parole grammaticali come ‘per’, ‘e’, ‘o’… che, secondo le regole, non costituiscono un enunciato quando stanno da sole. La parola non è nemmeno tutto ciò che si trova tra due spazi bianchi, visto che tale definizione si applica solo alla lingua scritta. In realtà la parola è un’unità di ‘confine’ perché è una nozione sia fonologica che sintattica e semantica (Scalise & Bisetto, 2008). Fabregas & Scalise (2012) propongono a loro volta cinque definizioni, operando da cinque prospettive diverse. Il primo approccio descrive la parola ortografica. Secondo questa definizione, si considera una parola come un’unità ortografica che sta da sola. Nondimeno, condividendo l’opinione di Scalise & Bisetto (2008), questa definizione non prende in considerazione le lingue che non hanno parole scritte. La seconda visione definisce la parola come un’unità classificata nel lessico (Fabregas & Scalise, 2012). Sulla base di questa classificazione, tutte le unità che vengono o devono essere classificate individualmente nel lessico vengono considerate come parole. Con questa seconda definizione però, emerge il problema che nella classificazione appaiono oggetti che si comportano diversamente e che non appartengono allo stesso dominio della grammatica (Fabregas & Scalise, 2012). Un terzo modo consiste nel concentrarsi sulla parola fonologica ovvero l’unità più piccola ancora sottoposta a condizioni fonologiche. Vale a dire che si può pronunciare una parola con notevoli interruzioni per far capire meglio le unità più piccole. La parola morfologica è la quarta prospettiva. Essa è basata sull’aspettativa che parole ci mostrano a quale categoria lessicale appartengono. (Si veda più avanti nel capitolo 1.3 Le categorie lessicali). Infatti, nel caso in cui le parole vengano costruite con l’aiuto di regole particolari, indipendentemente dalla sintassi, ipotizziamo che dispongano di caratteristiche speciali. Fabregas & Scalise (2012) le considerano category markers, ossia caratteristiche che rivelano se si tratta di un verbo, di un sostantivo o di qualunque altra categoria. Infine, l’ultimo approccio descrive la parola come atomo sintattico. Vale a dire che le parole sono le unità più piccole su cui la sintassi ha i suoi 10
effetti. Si noti infatti che la sintassi non è in grado di manipolare i morfemi individuali, ma solo le parole nel suo complesso. Infine, riportiamo qui sotto anche la definizione di ‘parola’ elaborata nell’enciclopedia: “Complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase.” (Estratto da http://www.treccani.it/vocabolario). 11
1.2 Alcuni termini teorici Di seguito vengono spiegati i termini teorici utili per quanto riguarda la composizione di parole: la parola di base, la parola semplice, la parola derivata, la parola composta, la parola complessa e la parola flessa. La parola di base è la parola da cui partiamo, con la quale possiamo perciò comporre delle altre parole che sono legate alla base dal loro significato. La parola semplice è la parola di base, quindi una parola che non ha subito nessun cambiamento, cioè a cui non è stato aggiunto nessun affisso. Come spiegano bene Scalise & Bisetto (2008), il significato della parola semplice è legato all’intera parola. La parola è derivata quando si aggiunge alla parola semplice un affisso: si tratta di un prefisso quando viene attaccato prima della parola, di un suffisso dopo la parola o di un infisso quando va inserito al centro della parola. La parola composta invece è formata da due parole con forma e significato indipendenti (Scalise & Bisetto, 2008). Infine, le parole flesse sono parole che possiedono caratteristiche grammaticali, come le desinenze verbali. Possono essere sia delle parole semplici che complesse. In entrambi i casi cambiano secondo il genere, il numero, il caso, il tempo, il modo, la voce o l’aspetto, come si vede chiaramente nello schema di Scalise & Bisetto (2008). Categoria La parola di base La parola flessa Genere bello bella Numero bello belli Caso lat. rosa rosae ‘la rosa – della rosa’ Tempo ama amava Modo ama amando Voce lat. amo amor ‘amo – sono amato’ Aspetto scrivo sto scrivendo Tabella 1 La parola di base e la parola flessa (Scalise & Bisetto, 2008:26) 12
In sintesi, una parola può essere o semplice o complessa. Le parole complesse, a loro volta, possono essere derivate o composte. Quelle derivate sono più spesso prefissate o suffissate. Tutte le parole, semplici o complesse, possono perciò essere flesse. Tuttavia una parola può appartenere a più categorie. Nomi, verbi e aggettivi possono per esempio essere sia flessi che derivati, le preposizioni invece possono solo essere composte. Nomi Verbi Aggettivi Flessione case sparaste piatto Derivazione casetta sparata piattezza Composizione casamatta sparaneve piedipiatti Tabella 2 La flessione, la derivazione e la composizione (Scalise & Bisetto, 2008:27) Figura 1 La suddivisione delle parole (Scalise & Bisetto, 2008:32) 13
1.3 Le categorie lessicali Ogni parola del lessico appartiene ad una specifica parte del discorso. Di conseguenza le parole si possono suddividere nelle seguenti categorie lessicali maggiori: il nome, il verbo, l’aggettivo e le preposizioni; o nelle seguenti categorie lessicali minori: i pronomi, le esclamazioni, gli avverbi, le congiunzioni. Scalise e Bisetto (2008) ritengono che la morfologia interessa soprattutto le categorie lessicali maggiori. Le preposizioni e gli avverbi appartengono a gruppi chiusi. Vuol dire che non si possono inventare nuove preposizioni o avverbi. I nomi e gli aggettivi invece appartengono ad un gruppo aperto. Ne consegue che questi gruppi possono essere arricchiti con l’aggiunta di nuove parole grazie alla naturale evoluzione della lingua. Non dimentichiamo che la morfologia collabora strettamente con la fonologia, la semantica, e la sintassi, perciò non si possono formare delle parole nuove in modo arbitrario. 1.4 I processi di formazione di parole A causa di questa stretta relazione tra fonologia, semantica e sintassi, la formazione di parole deve seguire alcune regole. Di seguito vengono riassunti i tre grandi strumenti o processi per poter costruire parole nuove: la derivazione, la composizione e la flessione. Successivamente verrà spiegata la produttività di questi processi per concludere con l’illustrazione di alcuni altri processi possibili per la formazione di parole. La derivazione è il processo in cui si comincia con una certa parola, chiamata ‘base’ a cui si aggiunge poi un affisso. Scalise & Bisetto (2008) lo denominano anche processo ad entrata ed uscita. Una parola prefissata si costruisce quando si posa l’affisso a sinistra della parola. Nel caso in cui si posi l’affisso a destra, si ottiene una parola suffissata. Un elemento importante da ricordare è che la base della parola derivata può essere costituita da una parola semplice, ma può essere anche una parola già derivata. Tuttavia è necessario che la parola derivata non cambi di significato, e quindi che mantenga il significato della parola di base. La categoria lessicale della parola derivata rimane invariata nel caso della prefissazione, ma come si può vedere nella tabella 3 qui sotto, la categoria lessicale cambia nel caso della suffissazione. 14
cambiamento di suffisso parola di base parola suffissata categoria lessicale verbo → nome -zione anima(re) animazione -aggio ingrassa(re) ingrassaggio -mento allena(re) allenamento -tura pota(re) potatura nome → nome -aio giocattolo giocattolaio -ista Dante dantista -ismo Calvino calvinismo -ura magistrato magistratura nome → verbo -izzare periodo periodizzare -are/-ire film/fiore filmare/fiorire -eggiare favola favoleggiare -ificare pietra pietrificare nome → aggettivo -oso gloria glorioso -ario confusione confusionario -ico ciclo ciclico -ese Genova genovese verbo → aggettivo -bile altera(re) alterabile -tivo collabora(re) collaborativo -torio consola(re) consolatorio -evole cede(re) cedevole aggettivo → nome -ezza sicuro sicurezza -anza abbond(ante) abbondanza -enza intellig(ente) intelligenza -aggine stupido stupidaggine -ità/-età semplice/vario semplicità/varietà aggettivo → verbo -are/-ire calmo/snello calmare/snellire -ificare beato beatificare -eggiare bianco biancheggiare -izzare impermeabile impermeabilizzare 15
aggettivo → avverbio -mente geloso/veloce gelosamente/velocemente Tabella 3 Esempi della suffissazione (Scalise & Bisetto, 2008:96-98) Come detto prima, i prefissi non cambiano la categoria della parola, ma secondo Scalise & Bisetto (2008) “vengono associati valori semantici ai prefissi che indicano locazione e temporalità, opposizione, contraddizione, contrarietà e privazione.” (Scalise & Bisetto, 2008:111). valori prefisso parola prefissata valori locativi ante- anteporre infra- inframmettere inter- interlinea extra- extraparlamentare sopra- sopraelevare su- suesposto sotto- sottolinguale sub- subalpino trans- transiberiano valori temporali pre- predire ex- ex-combattente ultra- ultratrentennale valori di negazione contro- contrattacco non- non-menzione in- incapace a- acattolico dis- discontinuo s- smacchiare de- decodificare valori alterativi iper- ipermercato maxi- maxiconcorso super- superprocesso mega- megastudio 16
macro- macrocosmo mini- miniscala sotto- sottoesporre micro- microimpresa ipo- ipoproteico multi- multilingue valori di ripetizione ri-/re- ricominciare/reiscrivere valori di unione con-/co- coabitare Tabella 4 Esempi della prefissazione (Scalise & Bisetto, 2008: 111-112) Un altro processo per creare parole nuove è la composizione. In questo processo morfologico vengono costruite delle parole nuove con l’aiuto di parole già esistenti. In modo diverso da una parola derivata, la parola composta è formata dalla concatenazione di due forme libere (Scalise & Bisetto, 2008). Tuttavia, non si può mettere insieme qualunque parola, dipende in realtà dalla categoria lessicale dei costituenti. Nella tabella 5, si possono vedere quali combinazioni sono accettabili (legali) e quali non lo sono. Nella prima colonna viene indicata la categoria lessicale dei costituenti cioè nome, aggettivo, preposizione, avverbio o verbo. La seconda colonna mostra se la parola esiste oppure no, ovvero se la combinazione è legale o no. Nella terza colonna è indicato se la parola composta è produttiva. Vengono elencati finalmente alcuni esempi nella quarta colonna (Scalise & Bisetto, 2008). categorie esiste produttivo esempi N+N sì sì capostazione, pescecane A+A sì sì dolceamaro, verdeazzurro V+V sì no saliscendi, giravolta P+P no *dicon, *senzaper Avv + Avv sì no malvolentieri, sottosopra V+N sì sì scolapasta, cantastorie V+A no *pagacaro, *vedibello V+P no *metticon, *saltain V + Avv sì no buttafuori, cacasotto N+A sì no camposanto, cassaforte N+V sì no manomettere, crocefiggere 17
N+P no *scalasotto, *abitosenza N + Avv no *casamale, *tavolobene A+N sì no biancospino, gentiluomo A+V no *gentileparla, *caropaga A+P no *bellocon, *biancosenza A + Avv no *bellobene, *biancooggi P+N sì no sottopassaggio, oltretomba P+A no *congentile, *soprabello P+V sì no contraddire, sottomettere P + Avv no *conbene, *senzaieri Tabella 5 I composti in italiano (Scalise & Bisetto, 2008:119-120) 18
Dalla tabella 5 risulta che non si troverà mai in italiano una parola composta che finisce con una preposizione. In caso contrario, per esempio, un aggettivo può sia precedere che seguire un nome. Sono le regole della sintassi che fanno sì che alcune categorie siano incompatibili (Scalise & Bisetto, 2008). Questo segue perfettamente la considerazione di Fabregas e Scalise (2012) e dà ancora una volta la prova che la sintassi e la morfologia siano in stretta relazione. Infine si deve tener conto di due cose particolari quando si ha a che fare con la composizione. Innanzitutto, per analizzare una parola complessa, è consigliabile cominciare dalla base. Va ricordato che essa può stare sia a sinistra che a destra o nel centro della parola (Scalise & Bisetto, 2008). Inoltre, si deve tener conto della ‘semantica composizionale’ della parola complessa. Vuol dire che il significato finale della parola complessa è costruita grazie alla combinazione dei significati delle parole libere che sono state messe insieme. Scalise & Bisetto (2008) hanno elaborato uno schema classificatorio delle parole composte nel quale risultano tre grandi categorie: i composti subordinati, quelli attributivi o appositivi e i composti coordinati. I costituenti di una parola composta possono avere un rapporto di subordinazione, in quel caso i composti vengono chiamati composti subordinati. Quando invece si stabilisce un rapporto di coordinazione, vengono chiamati appunto composti coordinati. La terza categoria contiene due sottogruppi: i composti attributivi o appositivi. Nei composti attributivi, un costituente è l’attributo dell’altro. Nei composti appositivi invece, la categoria della parola non testa è un nome e non un aggettivo (Scalise & Bisetto, 2008). In tutte e tre le categorie possono apparire dei composti endocentrici e esocentrici. I composti endocentrici dispongono di una testa ossia una parte principale che domina il composto. Negli esocentrici, invece, manca un candidato possibile per essere testa e perciò nessuna parte è dominante. Scalise & Bisetto (2008) danno i seguenti esempi: ‘capostazione’, ‘trasporto latte’ (composti subordinati), ‘cassaforte’, ‘gentiluomo’ (composti attributivi), ‘viaggio lampo’, ‘discorso fiume’ (composti appositivi) e ‘nave traghetto’, ‘bar pasticceria’ (composti di coordinazione). Un esempio dei composti esocentrici è il composto verbo+nome come ‘cavatappi’. 19
Figura 2 Uno schema classificatorio delle parole composte (Scalise & Bisetto, 2008:132) Le parole che appaiono in una frase sono sempre flesse visto che sono caratterizzate da informazioni grammaticali. La radice ci mostra l’informazione lessicale e la desinenza flessiva ci dà l’informazione grammaticale. La flessione è perciò un processo morfologico che ‘aggiunge’ o ‘cambia’ nella parola di base informazioni relative al genere, numero, caso, tempo, modo, voce o aspetto (Scalise & Bisetto, 2008). Questi elementi vengono a loro volta suddivisi in categorie o tratti morfosintattici. La categoria ‘numero del nome’ contiene ad esempio i tratti morfosintattici singolare e plurale. Per la categoria del verbo possiamo enumerare le categorie morfosintattiche tempo, aspetto, modo e diatesi (cioè attivo o passivo). L’unica categoria che non può variare è quella del genere, che è o maschile o femminile. Visto che il genere è un dato fisso, non può essere modificato dal parlante. In caso contrario, gli articoli e gli aggettivi per esempio, si adattano nel genere e nel numero in relazione al nome a cui si riferiscono (Scalise & Bisetto, 2008). 20
Le parole flesse e quelle derivate si assomigliano in tal modo che ci sono alcuni studiosi che le considerano del tutto simili. Scalise & Bisetto (2008) hanno elencato una lista con argomenti per dimostrare che esistono davvero differenze tra i due processi. 1. La derivazione può cambiare la categoria lessicale della base mentre la flessione non lo può fare (cfr. atomo → atomizzare vs. atomo → atomi)1. 2. L’affisso flessivo è sempre più esterno rispetto all’affisso derivazionale. Ne deriva che le sequenze ammesse, nel caso di una lingua suffissale come l’italiano, sono di tipo ‘Parola + Derivazione + Flessione’ (colloca + mento + i) mentre le sequenze ‘Parola + Flessione + Derivazione’ non son ammesse (* colloca + i + mento).2 3. La flessione è obbligatoria mentre la derivazione è facoltativa. Nelle lingue flessive come l’italiano potremmo dire che (parole invariabili a parte) tutte le parole sono obbligatoriamente flesse.3 4. La derivazione può modificare la struttura argomentale della base mentre la flessione non può farlo. Se, tramite suffissazione, da ‘atomo’ deriviamo ‘atomizzare’, la parola derivata ha una struttura argomentale che la parola di base di partenza, ‘atomo’, non ha. Nulla di simile se da atomo formiamo la parola flessa atomi.4 1.4.1 La produttività dei processi di formazione di parole Un’analisi di processi morfologici ci mostra come è facile per un parlante applicare questi processi su parole esistenti e nuove. (Fabregas & Scalise, 2012). Un processo morfologico riflette la produttività se, grazie ad esso, i parlanti sono in grado di costruire parole nuove in sincronia (Scalise & Bisetto, 2008). Tali studiosi elencano alcuni processi particolarmente produttivi in italiano. Il processo più produttivo sarebbe il processo di nominalizzazione morfologica. Specificatamente, si tratta di formare il sostantivo di un infinito come ‘il correre’, ‘il piangere’ o ‘il mangiare’. Secondo Scalise & Bisetto (2008) i suffissi più produttivi in italiano sono ‘–zione’, ‘-mento’ e ‘–tura’. Anche la suffissazione avverbiale con ‘–mente’ e la formazione dei derivati deverbali con ‘–tore’ appaiono nelle prime posizioni della lista. 1 (Scalise & Bisetto, 2008:159) 2 (Scalise & Bisetto, 2008:159) 3 (Scalise & Bisetto, 2008:159) 4 (Scalise & Bisetto, 2008:159) 21
I parlanti ricorrono alla loro conoscenza grammaticale e lessicale per applicare le stesse regole a parole mai incontrate. Normalmente, grazie a questa sincronia, sono in grado di capire il significato della parola e come verrà pronunciata. Il tal modo, i parlanti dispongono spesso dei mezzi necessari per adottare la parola in modo giusto. Per esempio, sanno formare il plurale di un nome sconosciuto o coniugare un verbo mai incontrato prima. Fabregas & Scalise (2012) illustrano tre modi principali per poter analizzare la produttività della morfologia: In primo luogo, è utile analizzare la frequenza di un dato processo morfologico. Il plurale si costruisce in un certo modo, per esempio ‘gatto’ diventa ‘gatti’. Basta contare quante volte utilizziamo lo stesso processo morfologico per modificare altre parole per avere un’idea della produttività del processo. In secondo luogo, le limitazioni categoriche e semantiche vengono considerate come indicazione per la produttività. Occorre chiedersi quali sono le parole base possibili e quante limitazioni il processo impone a queste parole. Fabregas e Scalise (2012) ritengono che più limitazioni impone il processo, meno parole saranno costruite utilizzando il processo stesso. Nonostante la categoria grammaticale, esistono alcune sottoclassi semantiche che non possono subire tutte lo stesso processo di modificazione. Queste limitazioni vengono chiamate ‘limitazioni categoriche’ o ‘limitazioni semantiche’ (Fabregas & Scalise, 2012). Un terzo modo di trattare la produttività, secondo gli stessi autori, è porsi la domanda su quanto sia facile costruire una nuova forma di una parola utilizzando un certo processo morfologico. Si tratta dunque di verificare come parole straniere vengono adattate alla lingua italiana per poter applicare la stessa maniera su una nuova parola straniera. Fabregas & Scalise (2012) concludono che è estremamente complesso e difficile analizzare la produttività della morfologia visto che può essere misurata in tantissimi modi diversi. Nella presente tesi, quindi, non sarà possibile offrire una soluzione definitiva a tale questione. 1.4.2 Altri processi di formazione di parole Anche se è vero che la derivazione e la composizione sono i processi principali per comporre delle parole, Scalise & Bisetto (2008) ritengono però che esistono altri processi di formazione di parola: la conversione, la parasintesi, la reduplicazione, prestiti e calchi, acronimi e parole macedonia e finalmente le parole sintagmatiche. Gli ultimi due processi in questa tesi non verranno analizzati né utilizzati. 22
In primo luogo si può ricorre a la conversione. “La conversione è un processo di formazione di parola con il quale si opera la trasposizione di un lessema da una categoria a un’altra.” (Scalise & Bisetto, 2008: 197). Vale a dire che la categoria lessicale della parola cambia, ma senza aggiungere un affisso o cambiare qualcosa alla parola. Per questo motivo il processo viene anche chiamato “la transcategorizzazione”. Per esempio ‘vicino’ cambia della categoria aggettivo alla categoria nome e diventa ‘il vicino’. L’aggettivo ‘chiaro’ diventa l’avverbio ‘chiaro’. O il verbo ‘mangiare’ per esempio può diventare un nome: ‘il mangiare’ (Scalise & Bisetto, 2008). La parasintesi è il secondo processo meno comune per creare parole. Viene utilizzato in particolare per formare verbi e un piccolo gruppo di aggettivi. Le parole parasintetiche vengono costruite nel seguente modo: prefisso + nome/aggettivo + suffisso. Le formazioni parasintetiche sono di conseguenza sempre formate da tre costituenti. Se si cancella per esempio un costituente, non si ottengono più parole esistenti. Scalise & Bisetto (2008) danno i seguenti esempi: ‘in + caten + are’ (con un nome) e ‘in + bianc + are’ (con un aggettivo). In primo luogo si formano verbi non esistenti ma combinati grammaticalmente corretti, composti da due costituenti ossia da un aggettivo/nome e la desinenza verbale. In secondo luogo, viene aggiunto un prefisso, il che trasforma il verbo non esistente (ma possibile) in un verbo esistente (Scalise & Bisetto, 2008). Tuttavia, sul processo di formazione di parole parasintetiche ci sono alcuni dubbi e di conseguenza alcuni studiosi analizzano tale processo in un modo completamente diverso, che, per motivi di spazio, in questa tesi non verrà illustrato. 5 Un altro processo di formazione di parole è detto reduplicazione6. Scalise & Bisetto (2008) ne danno la seguente definizione: “un processo in cui la base intera o una sua parte viene aggiunta alla base stessa.” (Scalise & Bisetto, 2008: 202). Si noti che questo processo è molto limitato in italiano. Due dei pochi esempi sono ‘lecca lecca’ e ‘pian pianino’. L’arricchimento del vocabolario può manifestarsi anche in un altro modo: parole straniere possono essere prestate o adottate in una certa lingua. Come si può vedere nella tabella 6, in italiano sono ormai di uso comune un certo numero di parole straniere sia dall’inglese, che dal francese e dal tedesco. 5 Si veda il paragrafo “9.2 parasintesi” in Scalise & Bisetto (2008) per ulteriori informazioni sui vari punti di vista. 6 Per informazioni sulla reduplicazione in altre lingue, si veda il paragrafo “9.3 reduplicazione” in Scalise e Bisetto (2008). 23
inglese francese tedesco week-end abat-jour Alpenstock night club baguette Diktat whisky charme Hertz baby réclame Riesling hard-disk salopette Sacher Tabella 6 Le parole prestate (Scalise & Bisetto, 2008:204) Osservando gli esempi nella Tabella 6, si può concludere che la forma della parola straniera non ha subito modificazioni e quindi è entrata nel vocabolario italiano nella stessa forma che ha nella lingua di origine (Scalise & Bisetto, 2008). Per questo motivo tali parole vengono chiamate prestiti integrali. Eppure la parola verrà ovviamente pronunciata in modo diverso e anche la forma del plurale verrà adattata all’italiano. Esistono anche prestiti che, prima di entrare nel vocabolario italiano, subiscono alcuni adattamenti. I calchi invece, sono traduzioni sulla base di una parola straniera. È solo possibile creare un calco a condizione che la struttura del termine straniero sia chiara. Scalise & Bisetto (2008) ne danno i seguenti esempi: grattacielo dall’inglese skyscraper messinscena dal francese mise en scène fine settimana dall’inglese week end scuolabus dall’inglese school bus Tabella 7 I calchi (Scalise & Bisetto, 2008:206) 1.5 Alcuni punti di discussione nel campo della morfologia Visto che si tratta di un campo molto specifico, tecnico e complicato, vari temi e questioni della morfologia sono oggetti di acceso dibattito. Alcune teorie contestano per esempio l’esistenza dei morfemi (Ramirez et al., 2009), altre teorie studiano se la morfologia aiuti veramente a riconoscere una parola o meno (Marelli et al., in stampa). Di seguito vengono elencati alcuni punti di discussione relativi alla morfologia. Innanzitutto, l’esistenza dei morfemi viene contestata. Dagli anni Quaranta, ci si chiede se i morfemi esistano veramente o se la morfologia abbia solo a che fare con parole intere. Le teorie che prendono in considerazione l’esistenza dei morfemi sono chiamate Item-and-Arrangement 24
theories (IA-theories), le teorie che ne negano l’esistenza sono chiamate Word-and-Paradigm theories (WP-theories) (Fabregas & Scalise, 2012). Nelle Word-and-Paradigm-theories, l’unità di base è la parola. Le variazioni interne non hanno a che fare con un processo morfologico, ma vedono le sue origini in certi paradigmi. Ogni variazione di parola è indice di un’altra proprietà grammaticale (Fabregas & Scalise, 2012). Ma anche le Item-And-Arrangement theories, che accettano l’esistenza dei morfemi, incontrano alcuni problemi. Come possiamo spiegare le modificazioni di solo una vocale? Cosa succede quando viene sostituita solo una piccola parte della parola? Cosa succede invece nel caso in cui non venga aggiunto niente? Le teorie IA ipotizzano che i morfemi siano unioni di forme e significato7. Si può chiedersi come spiegare in tal caso le parole che mancano di corrispondenza biunivoca, ovvero come spiegare le parole che non hanno un significato univoca. Facciamo l’esempio della parola ‘colpo’. In un contesto particolare, ‘colpo’ può avere come significato ‘urto’ o ‘percossa’, in un altro contesto invece può significare ‘un effetto sensibile alla scarica di un’arma da fuoco’, nel campo della medicina riceve di nuovo un significato molto diverso. Un’analisi morfologica non garantirà maggiore chiarezza. In alcuni casi due o più segmentazioni devono occorre allo stesso tempo per poter fornire un po’ di informazione. Cosa fare quando si incontra un’unità che ha due o più significati? E infine, come si possono spiegare le parole che non devono il loro significato alla combinazione dei suoi morfemi (Fabregas & Scalise, 2012)? Alcune teorie difendono l’idea che le parole non dispongano di una struttura interna. Un esempio è la A-Morphous Morphology Theory di Anderson (1992) (Anderson, S. in Fabregas & Scalise, 2012). Anderson (1992) mostra che alcuni pezzi di parole sono gli stessi e per di più hanno un legame di significato, ma nonostante tutto non facciano parte dei morfemi. Vuol dire che alcuni pezzi di parole sembrano essere morfemi, ma non vengono considerati morfemi. A questo si aggiunge che le parole sono spesso composte da pezzi che non sono parole esistenti (Anderson, S. in Fabregas & Scalise, 2012). Fabegras & Scalise (2012) aggiungono che la struttura di una parola complessa rappresenta la storia derivata della parola, tale che la struttura contiene le forme a cui la parola è semanticamente e formalmente correlata. Per questo motivo, quando una parola è 7 Per avere una spiegazione più ampia con esempi (in inglese) si veda il paragrafo 2.3 “Debate on the existence of morphemes” in Fabregas & Scalise (2012) 25
semanticamente correlata ad una parola da cui non può essere stata formalmente derivata, per l’analisi delle strutture interne si incontrano delle notevoli difficoltà. Questa situazione è conosciuta come ‘base doppia’ perché due basi diverse sembrano essere necessarie per poter spiegare le proprietà della parola: una per rappresentare la semantica e una per catturarne la forma (Fabregas & Scalise, 2012). Un ultimo problema per l’idea che le parole abbiano una struttura interna consiste nella coincidenza delle proprietà semantiche e formali di una parola. Secondo Fabregas & Scalise (2012), una caratteristica cruciale di una struttura è che la proprietà semantica e quella formale devono essere presenti e coincidere nella struttura. Se non fosse così, sarebbe difficile affermare che le parole dispongono di una struttura interna. Infine, l’ultimo punto di discussione nel campo della morfologia riguarda l’influenza della morfologia sul processo di riconoscimento visivo di una parola. In linea di principio è possibile seguire due strade principali su questo argomento: Full parsing theories e whole-word approaches (Marelli et al., in stampa). Le Full parsing theories propongono che le parole vengono attivate grazie ai morfemi, il che implica che un processo iniziale è dedicato a poter segmentare la parola complessa nei suoi costituenti per poter poi elaborare la rappresentazione della parola intera. Marelli et al. (in stampa) spiegano che analizzare la struttura interna della parola (parsing) è costosa in termini di risorse cognitive, ma che è sicuramente molto utile. La procedura è in effetti necessaria per capire il significato di parole nuove e grazie alle rappresentazioni esplicite, rivela la consapevolezza morfologica, che anche i parlanti principianti possono manifestare. Le seconde teorie o whole-word approaches, invece, non considerano la morfologia come conseguenza diretta di accesso ai morfemi espliciti. Secondo queste teorie, il riconoscimento visivo di una parola dipenderebbe di più dalle relazioni stabili tra unità lessicali indipendenti (Marelli et al., in stampa). I ricercatori notano che anche una combinazione di questi due punti di vista è possibile, nel senso che sia la segmentazione morfologica (parsing) che l’accesso dell’intera parola possono manifestarsi simultaneamente. Il dibattito su queste questioni continua anche oggi, ma ricordiamo che in questa tesi ci si basa sull’idea che i morfemi, e perciò delle strutture interne di una parola, esistano. 26
2 IL RUOLO DELLA MORFOLOGIA NELL’APPRENDIMENTO DELL’ITALIANO Come si fa a capire un testo in una lingua straniera? Persone scelgono per varie ragioni di imparare una seconda lingua (L2), non solo per ragioni turistiche ma anche, per esempio, per lavorare all’estero o dove è possibile trarre beneficio ad avere un certo livello di conoscenza di una certa lingua. In ogni caso, gli apprendenti vogliono imparare una lingua L2 per parlarla correntemente e per essere capaci di capire testi scritti. Questo implica una buona ed ampia conoscenza del vocabolario. La ricerca sull’acquisizione del lessico ha mostrato che quando si legge una parola che non si conosce si può essere aiutati nel comprenderla se si sa come le parole sono strutturate in una data lingua. Come illustrato nella prima sezione di questa tesi, la disciplina che studia la struttura interna delle parole si chiama ‘morfologia’. Le parole possono infatti essere suddivise in ‘morfemi’, ovvero le unità più piccole dotate di significato. Gli apprendenti di italiano come seconda lingua leggono e imparano delle parole, ma è evidente che non è possibile imparare l’intero vocabolario dell’italiano e nemmeno riconoscerne tutte le parole. Ma come funziona il riconoscimento di parole complesse? Esse possono essere decomposte in morfemi e la conoscenza morfologica aiuta l’apprendente a riconoscere morfemi già conosciuti e a applicare questa conoscenza ad altre parole. La consapevolezza morfologica è quindi l’abilità di poter riflettere sui morfemi e manipolarli, applicando le regole per comporre parole in una tale lingua (Kuo & Anderson, 2006). 2.1 L’importanza della morfologia nell’apprendimento di una seconda lingua La morfologia è molto importante per imparare una seconda lingua. Bambini capiscono già prima che hanno accesso ad un insegnamento formale il legame tra le sequenze ortografiche e le unità morfemiche. Mano a mano che gli anni di alfabetizzazione passano, i bambini incontrano nuove parole complesse, e l’abilità di poter riconoscere morfemi può aiutarli a leggere e capire meglio le parole derivate di queste nuove parole complesse (Marelli et al., in stampa). È stata dimostrata l’importanza della conoscenza delle strutture morfemiche nei primi gradi dell’educazione. In realtà questa conoscenza aumenta l’accuratezza e la fluidità della decodificazione e di conseguenza la capacità di lettura. Tuttavia la consapevolezza morfologica dei lettori più avanzati non influenza più l’accuratezza e la fluidità della decodificazione. Può solo facilitare il collegamento delle differenti parti del testo. Del resto, nelle prime fasi dello sviluppo della lettura, i lettori fanno molto affidamento sulla coerenza ortografica e semantica di una radice per identificare con successo la parola derivata. In fasi successive invece, con maggiore esposizione al linguaggio scritto e maggiore capacità di lettura, si sviluppa un certo livello di generalizzazione nel lessico mentale. In altre parole, i bambini sono meno veloci per 27
attivare la radice nel caso di una variazione fonologica o ortografica. Esso è dovuto al fatto che i bambini non si sono ancora abbastanza familiarizzati con questo fenomeno (Marelli et al., in stampa). Va ricordato che il guadagno delle strutture morfemiche può variare secondo le caratteristiche della lingua, ovvero la frequenza degli stimoli morfologicamente complessi o anzi secondo la capacità di lettura dei lettori (Marelli et al., in stampa). 2.2 La consapevolezza morfologica aiuta la lettura nella seconda lingua? Alcune ricerche, tra cui Ramirez et al. (2009), Kieffer (2007) e Singson (2000), hanno mostrato che la consapevolezza morfologica è legata a vari aspetti dello sviluppo dell’alfabetizzazione, come l’identificazione di parole, il vocabolario e la comprensione scritta (Carlisle, in Ramirez et al., 2009). Kieffer (2007) descrive la consapevolezza morfologica come il riconoscimento di relazioni tra differenti forme morfologiche di una parola, o in altre parole come l’abilità di parlanti di manipolare parole derivate e di produrre nuove parole derivate da una parola conosciuta. Ramirez et al. (2009) hanno cercato di verificare se la consapevolezza morfologica di bambini spagnoli che imparano l’inglese contribuisce alla lettura sia dello spagnolo (L1) che dell’inglese (L2). I risultati hanno mostrato che la consapevolezza morfologica dei bambini spagnoli contribuisce in effetti alla lettura della seconda lingua, però contribuisce più alla lettura dello spagnolo (L1) che dell’inglese (L2). Gli autori enumerano due principali ragioni per spiegare la differenza tra gli effetti nelle due lingue. In primo luogo l’inglese è una deep orthography ovvero una lingua in cui non è facile predire la pronuncia di una parola in base alla sua ortografia. Lo spagnolo invece è una shallow ortography, ossia una lingua in cui l’ortografia e la pronuncia coincidono. In secondo luogo, l’inglese non dispone di tante parole che sono morfologicamente complesse, com’è invece il caso dello spagnolo. Per queste ragioni la consapevolezza morfologica contribuisce di più alla lettura spagnola. Visto che l’italiano e lo spagnolo sono molto simili da un punto di vista ortografico, è possibile estendere queste considerazioni all’italiano. Infatti, l’italiano è una shallow ortography, e la lingua dispone anche di tante parole che sono morfologicamente complesse, come lo spagnolo. La struttura morfologica di una parola è cruciale per il suo accesso lessicale (Alvarez et al., 2001 in Ramirez et al.). In realtà, Singson (2000) afferma che l’abilità di separare una parola in radice e suffisso rende più visibile dell’informazione grammaticale che faciliterà la decodificazione e che potrebbe quindi aiutare i lettori a capire la parola. 28
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