Capitol Hill False flags e vere reazioni repressive - Orizzonte ...

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Capitol Hill False flags e vere reazioni repressive - Orizzonte ...
Capitol Hill
False flags e vere reazioni repressive
Capitol Hill False flags e vere reazioni repressive - Orizzonte ...
Capitol Hill,
false flags e vere reazioni repressive
15 Gennaio 2021

L’inizio del 2021 sarà di certo ricordato per i fatti di Capitol Hill, accadimenti tanto
affatturanti simbolicamente e mediaticamente prominenti, quanto politicamente
irrilevanti.
E, nondimeno, precisamente giacché in predicato d’essere incisi negli Annales del
mondo, la sezione Res Gestae di Orizzonte Altro non può non criticamente
compulsarli, non già nell’intento di indagarne l’epocalità evenemenziale di cui
parlano i cosiddetti media main stream, consapevoli piuttosto, come anapodittica-
mente affermato in principio, del loro carattere adiaforo, almeno nella categoria del
Politico, bensì poiché volti a indagare quel vero che potrebbe traslucere attraverso
l’analisi della narrazione che – perlopiù, naturalmente, da “destra” – vede gli arditi
trumpiani vestire i panni di un supposto contro-potere anti-sistemico, contempo-
raneamente investendone il leader col cremisi soterico o semplicemente
attribuendone facoltà (e volontà) di oltre-passare l’attuale sintesi storica.
E lo facciamo principiando da una prospettiva altra, il cui fomite esordiale ci è
elargito dall’interrogazione che in clausola della propria accurata e affatto
condivisibile riflessione pone Adriano Scianca:

    Resta solo da definire quale sia la contraddizione principale dei tempi presenti.
    Essa esiste, e in azione nella trama della realtà, produce effetti, ma non ha un
    nome. Non ha un nome perché non riesce ad affiorare in superficie e a farsi
    scontro politico vero e proprio, anche a causa delle interferenze delle
    contraddizioni secondarie che occupano la scena e vengono continuamente
    scambiate per la contraddizione principale.

                          Adriano Scianca, Una lettura maoista del crepuscolo di Trump,
                                                   KULTURAEUROPA, 13/01/2021

Prima di rispondere a questo interrogare davvero decisivo e capitale, che ci esorta
alla prospezione dell’essenza del nostro tempo e del Potere in esso egemone,
ampliamo il ragionamento di Scianca alle sue premesse, per meglio fondare la
corresponsione al suo incitamento definitorio clausolare.
Nello scritto Sulla contraddizione di Mao Zedong (1937) il fondatore della Cina
moderna, nel ricordarci, certo hegelianemente, attraverso Marx, quanto l’antinomia
innervi il reale, ci invita altresì a gerarchizzare le differenti conflittualità che si
danno entro la complessità del divenire storico: la contraddizione fondamentale,
infatti, relativizza ogni altro darsi oppositivo in re. Occorre dunque anzitutto
“isolarla”, definirla, imporla nell’unità della forma e nella coalescenza identitaria
solo propria in modo da pro-porne l’ulteriorità (l’antitesi) partendo precisamente
dalla puntuale posizione tetica essenziale, altrimenti ogni altra ob-posizione, mossa
a contrarietà da una tesi accessoria e secondaria, non potrebbe che essere essa stessa
conseguente e derivata, ricavandone ovviamente il carattere adiaforo e relativo
dalla tesi a cui si contrappone (secondo alcune interpretazioni, infatti, il fallimento
del socialismo reale sovietico principia proprio dal non conseguire, come nuova
posizione tetica, alle contraddizioni immanenti la sintesi che dovrebbe, nella
teologia marxista, ovvero nella lettura materialistico-storica dell’automovimento
del Concetto del sistema hegeliano, antecederlo, ossia la sintesi del capitalismo
[anglosassone] compiuto, bensì dalla sintesi tardo-feudale russa).

    Per Mao […] “è quindi necessario, nello studio di ogni processo, che sia
    complesso e contenga più di due contraddizioni, fare ogni sforzo per trovare la
    contraddizione principale. Una volta trovata questa contraddizione principale,
    è facile risolvere tutti i problemi […] Ma migliaia di studiosi e di uomini
    d’azione non comprendono questo metodo; e perciò essi si muovono
    letteralmente nelle tenebre, non riescono ad afferrare il nocciolo della questione
    e non possono quindi trovare il metodo per risolvere le contraddizioni”. L’idea
    dell’intuizione con cui «è facile risolvere tutti i problemi» è ovviamente una
    semplificazione ingenua. Resta tuttavia vero che l’individuazione della
    «contraddizione principale» costituisce un passaggio fondamentale per una
    prassi analitica rivoluzionaria.

Contestualizzando la praxis interpretativa maoista negli accadimenti dell’oggi, è
pertanto essenziale – almeno per noi oppositori de Il Potere del nostro Tempo –, da
un lato, comprendere quanto la dialettica oppositiva in atto sia in verità tutta
interna al “Sistema” (costitutivamente incapace epperò di ridurre all’Uno eidetico il
Potere medesimo, poiché non ne eleva la fondamentale contraddittorietà o
contraddistintività identitaria), e così, ciò comprendendo, evitare investiture ultrici
e redentive (e, soprattutto, autenticamente oltre-passanti), prive a punto di solido e
atremido basamento; dall’altro, riconoscere quanto, attraverso l’opposizione
all’opposizione secondaria o interna, è condotto a manifestazione, ovvero, lo
premettiamo, il carattere assoluto e coerentemente totalitario della sintesi ora in
atto, e in un atto sedicentemente entelechiale.

    E torniamo appunto a Trump e al suo scontro con i colossi del big tech. Si tratta
    di uno scontro reale? Sì. Ma è uno scontro interno al sistema. Così come la
    ricerca di autonomia social di chi in queste ore sta migrando verso piattaforme
    marginali, create da qualche milionario repubblicano poco «in fase» con le
    utopie fanatiche di Zuckerberg e soci. Quella tra Twitter e Parler o tra Trump e
    i la Silicon Valley sono contraddizioni reali, ma secondarie […]. Inserirsi nelle
    contraddizioni secondarie è giustissimo. A patto che si sia coscienti di quello
    che si sta facendo. In soldoni: coprire uno spazio politico social su piattaforme
    «alternative» come Gab, Parler, Vk o altre è sacrosanto. Comprendere che la
    censura contro Trump è pericolosa anche per noi, quale che sia la nostra
    opinione su Trump e il livello di organicità o disorganicità al suo progetto, è
    essenziale. Tutto questo diventa però un boomerang se ne facciamo la solita
occasione per costruire narrazioni consolatorie e incantatorie su presunti «spazi
    di libertà» e su fantasiosi «vendicatori dei popoli oppressi».

Bene, l’opposizione di Trump (a Joe Biden e Nancy Pelosi, ma anche alla Cnn,
Twitter, Facebook, Google e in genere alle big tech della comunicazione, tanto social
quanto tradizionali) è un’opposizione tutta interna alla dialettica di questa fase –
estrema o ultima – del Capitalismo: il Vetero-capitalismo non comprende o non
vuole accettare il nuovo corso capitalistico, massimamente liberal-progressista,
globalista, sovranazionalista, arcobalenico, tecnocratico, astrattamente finanziariz-
zato etc…
Pertanto, ogni opposizione trumpiana (o, egualmente, e ancor più, salviniana & co.)
non può mai porsi come antitesi del Potere attualmente egemone, proprio perché
non ne raggiunge quei confini estremi solo oltrepassando i quali l’oltrepassato è
ridotto a unità contro l’altro da sé, e non li raggiunge precisamente poiché ne
rimane all’interno, seppur da una posizione de-centrata (recuperando la dialettica
Centro-Periferia di Aleksandr Dugin – che ha il merito di inquadrate la cifra
polemica politica del nostro presente molto meglio dell’ormai vetusta, superata e
storicamente deposta relazione “Destra-Sinistra”, possiamo definire Trump la
periferia-del-Centro, ma non certo la Periferia opposta al Centro). E, non potendo
porsi come antitesi autentica, non può parimenti pro-porsi come nuova e ulteriore
posizione tetica. Chiunque vi sorga epperò ex-centricità rispetto al Potere del nostro
Tempo non potrà che rimanerne deluso, affranto, sconfitto.
Ciò posto, torniamo ora all’indagine prospezionale circa la contraddizione
fondamentale dello Zeitgeist in cui siamo gettati.

  Ebbene, noi riteniamo che la contraddizione fondamentale del nostro tempo
            sia in verità proprio l’assenza stessa di contraddizione.

Patentemente il Potere del nostro Tempo propone e impone sé col carattere
jaspersiano dell’omni-afferramento, dell’Uno Tutto circoscrivente e coinvolgente
nel sé (Umgreifende). La sua cifra eidetico-essenziale è pertanto l’Enade parmenidea,
indistinta, immorsata, continua e compatta e sì tanto a (pro-)vocazione
“entelechiale” da non lasciar adito alcuno alla Potenza medesima, ovvero a quella
pre-condizione necessaria all’elevazione della Contraddizione stessa, egualmente
dell’Ulteriorità tetica o pro-posizione della Dif-ferenza.
Tornando a Mao, e al sistema dialettico sviluppato da Hegel e ridotto a
materialismo da Marx, l’incedere storico ha, infatti, da un lato, immanente teleo-
logia; dall’altro, l’Entfaltung non è perenne, bensì conduce all’attuazione – che,
nonpertanto, una volta raggiunta, sta perennemente – dell’adempimento finale o
perfettamente scevro di potenza ulteriore (An-und-Für-sichsein), ovvero della
configurazione escate (altrove [ΔIÁ] si è già posta, tuttavia, l’impossibilità – o
l’immediata autocontraddizione – che un procedere orientato a un fine determinato
possa condurre all’imporsi infinito dell’attualità raggiunta in ultimo [né, parimenti,
che infinito possa essere il procedere stesso, così faustianamente inteso]).
Secondo il pensiero marxista, infatti, la società socialista ipostatizza il paradiso in
terra, il compimento della storia, la sintesi assoluta che, estrema, non ammette
ulteriore superamento tetico.
Bene, se questo compimento perfetto e conclusivo fosse piuttosto il destino del
Capitalismo, come in effetti già sostenuto da Fukuyama nel 1992?
In verità, per colui che qui scrive, come altrove espostosi e con maggiore elevazione
apodittica, né l’attuale configurazione storica rappresenta l’ultimo scenario
dell’umano incedere, bensì, piuttosto, com-porta nell’atto o nel diurno il compi-
mento della posizione deuteriore dell’Originario, né può darsi altra autentica
assiologia lungo il pro-venirsi teleologico della Pro-posizione principiale, tanto
autoctica quanto, e di necessità, abissale, rispetto alla medesima verticalità valoriale
che pone nel vertice dell’Autenticità la stessa con-responsione all’essenza
autocausativa archea o immeditamente autocontraddittoria.
In questo orizzonte assiale, dunque, l’attuale configurazione storica, lungi dall’im-
porre nel reale il Bene-in-sé, incarna all'opposto quel Male da rettamente intendersi
giacché Assoluto dell’Inautentico ovvero, altrimenti a esprimerci, ripercorrendo,
seppur per accenno, l’enantiodromia nictemerale che immorsa Storia e Destino,
conferisce dimora diurna alla pressoché entelechiale (rispetto alla propria potenza,
non ovviamente rispetto alla Potenza in sé) concretizzazione della contrarietà
estrinsenca o con-seguente la posizione prolettica o prima della Prolessi pristina
entro la dialettica della Notte.
Nonpertanto, ciò che qui occorre ostendere non è tanto la concettualità che indica
come impossibile la posizione dell’attuale sintesi storica quale configurazione
finale, eternamente d’ora e innanzi essenteci, quanto invece il suo pro-porsi col
carattere dell’ultimità non ulteriormente ex-cepibile.
È sotto gli occhi di tutti i desti, infatti, come questo Potere spacci oltremodo se
stesso quale l’Assoluto del Valore, tentando, precisamente sul fondamento di
questa auto-narrazione assiologica e messianica, di effondersi metastasicamente
sino ad afferrare il Tutto, tanto diatopicamente (rogue state), quanto diacro-
nicamente (cancel culture).
Ebbene, ecco il fondamento che rintraccia nell’assenza di contraddizione la
contraddizione fondamentale del nostro tempo e del Potere in esso
incondizionatamente egemone, volontà di incontraddittorietà assoluta e
impressione ultima d’ineccepibilità panica e perfetta che la false flag trumpiana ha
senz’altro il merito di condurre a essoterica manifestazione – attraverso l’esporsi re-
attivo (e compatto: Cnn, Facebook, Google, Twitter et cetera praetoriani) e lo
scomporsi che la lotta contro la sua interna contestazione induce –, così
preclarmente ostendendo il vero ceffo malebolgico, in armonia altrimenti
astutamente celantesi dietro un velo, per essenza fraudolento e malioso, glamour e
liberal, tollerante e inclusivista, arcobalenico e tanto irenico nella concordia quanto
monocromaticamente spietato nel contrasto.
Pertanto, se l’unica lunga marcia verso l’oltre-passamento dello scenario attuale
passa attraverso la riduzione presso l’Uno del molteplice mostrarsi dell’Indistinto o
Nulla inautentico – altrimenti ogni contraddizione risulterebbe solo parziale,
interna e relativa, ebbene destinata al fallimento e all’inganno manzoniano del
liberatore franco –, è necessario inserire dentro l’Enadità ogni figurazione della con-
figurazione attuale, è necessario epperò elevare la coimplicazione cogente che
inserra incontrovertibilmente ogni darsi parziale dell’Orizzonte nostro coevo.
Non possiamo ossia, in ultimo, pensare e sperare di superare il totalitarismo
glamour del politicamente corretto e della sinistra liberal-democratica, irenica,
iridata e progressista, globalista e anidentitaria, NON contestualmente superando il
Capitalismo, di cui è la massima espressione, ossia l’ultima; e non possiamo
pensare e sperare di superare il Capitalismo, come sistema economico, NON conte-
stualmente superando il Liberalismo, come dottrina politica, e non possiamo
pensare e sperare di superare il Liberalismo NON contestualmente superando il
giusnaturalismo come dottrina giuridica, e non possiamo pensare e sperare di
superare il giusnaturalismo NON contestualmente superando la democrazia
liberale borghese anglo-franco-americana moderna come forma istituzionale del
Potere, assisa ormai in assemblea mondiale sovra-statuale (Onu & Co.), e non
possiamo pensare e sperare di superare quest’ultima figurazione del Potere del
nostro Tempo NON, e anzitutto, superando l’esistenza inautentica che, per essenza,
chiude alla trascendenza – tutta votata com’è all’esclusività di un’immanenza
oscillante tra guadagno-e-godimento-attraverso-il-guadagno, tra lucro e consumo
egualmente –, sia alla trascendenza inautentica o esclusivamente diadica (= divina),
sia, e soprattutto, alla trascendenza autentica o endiadica, ovvero e precisamente a
quella Storia, nostro Destino comune, che l’assenza assoluta e panica di
contraddizione dell’entelchia si prefigge di annichilire, tenta di uccide, vuole
distrugge.

                                                               Alberto Iannelli
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