Antologia di Casa Vogue. Il buen retiro spagnolo di Elsa Peretti
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Leggi l'articolo su beautynews Antologia di Casa Vogue. Il buen retiro spagnolo di Elsa Peretti Scomparsa a metà marzo, Elsa Peretti (1940-2021) è stata una straordinaria designer di gioielli. Il suo nome è legato indissolubilmente alle creazioni realizzate per Tiffany. Della sua storia, della sue ispirazioni, di come scegliendo l'argento abbia “democratizzato” il gioiello d'autore si è detto e scritto; in realtà, la cronaca, quando Peretti è scomparsa, era troppo presa dalle altre vicende per dedicarle più di qualche dovuto coccodrillo. L'articolo che vi riproponiamo uscì su Casa Vogue ad aprile 2013 e forse per la prima volta raccontava, con le stesse parole della designer, come era nata e poi negli anni evoluta la sua liaison con un perduto paesino della Catalogna che poi scelse come sua dimora e dove ha vissuto fino all'ultimo. New York anni 70, Halston (diventato una serie tv, con presenza ovviamente di Elsa Peretti, interpretata da Rebecca Dayan, come già sapete), tutto un mondo rutilante e destinato a una fine tragica sembrano lontanissimi dalle pietre del diroccato borgo catalano – un luogo primitivo e autentico, forse per questo così amato da Peretti che pure aveva una straordinaria dimora in una torre saracena a Porto Ercole, decorata da Renzo Mongiardino. Tutte le foto storiche courtesy archivio privato Elsa Peretti, santmartivell.com. (Paolo Lavezzari) pagina 1 / 6
Elsa Peretti a Sant Martí Vell. Il “noviazgo” tra Elsa Peretti e la Catalogna, sua patria d’adozione e rifugio per meditare, comincia negli anni Sessanta, quando a Barcellona viene adottata dalla “Gauche divine”, il movimento d’intellettuali e artisti di sinistra (il termine fu coniato dallo scrittore Joan de Sagarra) che si era ritagliato tra le maglie del regime franchista un’oasi d’edonismo, con pasti a base di “pollos al ast” consumati alle luci dell’alba e raid a Port Lligat da Salvador Dalí. È lui a reclutare Peretti dopo averla vista ritratta da Oriol Maspons: «Mi fotografò travestita da suora», ricorda lei. Nel 1967, attraverso una foto dell’amica Colita (née Isabel Steva Hernandez), Peretti scopre Sant Martí Vell, il villaggio del cuore: «Era praticamente in rovina. Gli edifici erano senza i tetti, la piazzetta dietro la chiesa era un prato d’erba». Ma il fascino del luogo ha la meglio, e così Peretti compra «per pagina 2 / 6
pochissimo» un primo edificio. All’epoca, la Grande Mela era ancora il centro della sua esistenza, «ma la Spagna ha rappresentato la mia prima vera casa. Vi arrivavo direttamente da New York. Non c’era energia elettrica e il posto era allora così deserto che facevo la doccia in piazza con un secchio d’acqua scaldata sul camino. I pipistrelli volavano a stormi sulle strade vuote; Joe Eula (il celebre illustratore di moda, ndr) mi raccomandava sempre: “Elsa, non dar loro da mangiare”». Sant Martí Vell, come era prima del restauro. Con gli animali (più o meno) pericolosi Peretti ha peraltro un rapporto simbiotico che ispira positivamente anche il suo lavoro. Dalla coda di serpente a sonagli regalatale da un texano in trasferta a Losanna (che ha trovato seconda vita come collier) ai numerosi scorpioni, indigeni di Sant Martí Vell e ispiratori di alcuni suoi celebri gioielli: «Sono animali incredibilmente attraenti, la loro struttura è affascinante. Stranamente, non ne trovo mai nei paraggi quando devo verificare qualche dettaglio in un mio disegno». Vanto della creatrice è anche la grande pianta di Sénateur La Follette, una varietà di rosa rampicante che cresce solo in primavera e che a Sant Martí Vell «si inerpica per venticinque metri sulla quercia secolare, coprendo anche il pollaio». Peretti ama ricordare la storia di questo paesino del basso Gironese, che dista circa novanta chilometri da Barcellona. «Le prime notizie sul luogo parlano di un accampamento romano nei primi secoli dell’Impero. L’area della piazza era un tempo l’abside di una chiesa romanica, mentre quella attuale è del XVI secolo». Datata 1968, la simbiosi tra Peretti e Sant Martí precede di pochi anni quella altrettanto fondamentale tra la designer e Tiffany. pagina 3 / 6
Lavori di restauro a Sant Martí Vell. «Cercare di restaurare questo paese è stato uno dei miei obiettivi principali. Anzi, in oltre quarant’anni è stato l’equivalente del mio impegno con Tiffany». La realizzazione di ogni intervento ha richiesto tempo, attenzione e uno sguardo particolare verso la natura amica. Le mura di pietra, per esempio, conservano il ruvido format originale, e Peretti ha inserito elementi altrettanto crudi, come una macina di mulino (giunta via gru), trasformata in tavolo da pranzo, oggi “vegliato” da due foto dell’amico Hiro. Anche il pavimento, in taluni tratti, è di spartana lavagna nera. Innesti più recenti, come il camino di Gianfranco Bombelli, che scalda un intero edificio, si integrano con l’insieme. Abbondano le presenze d’arte: un torso di José María Navascués, dipinti di Roberto Llimós, ma anche uno “Hammer and Sickle” di Warhol. Ovunque, nei vari edifici che, durante gli anni, Peretti ha recuperato, libri d’arte, design. Ogni angolo è denso di passioni: dai ritagli sul matador José Tomás, la cui massima è “No quiero morir, sólo ser perfecto”, ad abiti d’epoca firmati Halston e camicie del barcellonese Bel y Cia, bien rangés negli armadi di casa. Ci sono anche totem di famiglia: come un ventaglio della nonna Margherita, presenza che Peretti raccontava di avere ritrovato anche nei capelli candidi e nel profumo di violetta dell’amico Andy Warhol, nella torrida New York dei Seventies. pagina 4 / 6
Scorcio della casa di Elsa Peretti a Sant Martí Vell. Fu per prendere le distanze dalla Big Apple degli Ottanta, con i suoi tanti artisti morti di Aids, che Peretti decise di rendere più pagina 5 / 6
assidua la sua presenza a Sant Martí Vell. «Quell’ecatombe mi aveva profondamente rattristato. Avevo bisogno di un drastico cambiamento, di trovare un eremo di pace». Tra le sue residenze (New York, Roma, Montecarlo, Argentario), quella spagnola è oggi la principale: «Ha sempre rappresentato il mio punto di partenza», conferma lei, viaggiatrice per elezione, a vent’anni già proiettata fuori dalle agiate mura domestiche. Un viaggio, il suo, ritmato da soggiorni in Svizzera, a Milano, nello studio di Dado Torrigiani, poi a New York. La prima avventura nel design: una bottiglia disegnata per Giorgio di Sant’Angelo. Nel ’74, l’incontro con Halston, che la presenta a Harry Platt, presidente di Tiffany. E la storia continua. A gennaio, la griffe ha rinnovato per vent’anni il sodalizio con Peretti. Il bagno nella casa di Sant Martí Vell. pagina 6 / 6 Powered by TCPDF (www.tcpdf.org)
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