Testimonianza Trieste - DEASS -Marco Dicandia - Supsi

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Testimonianza Trieste - DEASS -Marco Dicandia - Supsi
Testimonianza Trieste

Studente/i                                      Responsabile/relatore

-Marco Dicandia                                 -

Dipartimento                                    Corso di laurea

- DEASS                                         - scienze infermieristiche

Anno

    - 3 semestre, anno 2018/2019

Figura 1, Trieste dal Santuario di Montegrisa
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Nel 1978 l’Italia è stata protagonista di un evento che segnò e cambiò
completamente la storia, non solo per ciò che concerne i diritti umani ma anche
verso la medicina e l’approccio terapeutico e di presa a carico nei confronti delle
persone affette da patologie mentali, e non solo visto che, nei manicomi, spesso
erano accolte persone con dipendenze da sostanze legali e illegali, come anche
uomini o donne portatrici di disabilità mentale.
Tutto questo fu possibile grazie ad una serie di circostanze quali il momento storico
favorevole, i partiti politici favorevoli e non da meno medici ed infermieri che ebbero
la volontà di lottare per cambiare le cose. Fra i tanti personaggi coinvolti in questo
processo vi fu anche Franco Basaglia, uno psichiatra che fu promotore e portavoce
di questa battaglia; difatti nel 1978 fu proclamata la legge n° 180, o legge Basaglia,
che in sostanza rivendicava e sottolineava l’importanza della chiusura delle strutture
manicomiali. E la città pilota, dove tutto ebbe inizio, fu appunto Trieste.

Ed è proprio per questa ragione che ho volontariamente scelto di recarmi lì per
effettuare il mio secondo stage di pratica professionale come infermiere.
Trovo che tutti gli spostamenti, in quanto “destabilizzano” la nostra routine
giornaliera, all’inizio sono sempre carichi di emozioni e preoccupazioni.
La prima cosa che abbiamo dovuto fare è stato trovare un alloggio adeguato alle
nostre esigenze personali e geografiche ma, grazie al contributo finanziario della
nostra Università che copre totalmente le spese, questo non è stato un problema. In
più da quest’anno abbiamo potuto beneficiare del contributo SEMP che è servito a
coprire altre spese, vitto compreso. Per la scelta dell’alloggio ci siamo affidati ad
“Airbnb”, strumento che per noi si è dimostrato molto efficace e che consiglierei
senza alcun dubbio.
Appena arrivato sul posto mi sono sentito comunque un po’ spaesato poiché Trieste
è una citta molto grande e all’inizio risulta un po’ dispersiva; questa sensazione di
smarrimento devo dire che è durata veramente poco in quanto, un po’ supportato
dalle tecnologie, quindi l’utilizzo di google map, e un po’ supportato dalla
popolazione, grazie ai tanti caffè presi al bar con la scusa di chiedere indicazioni,
sono riuscito a costruirmi una mini mappa mentale, a crearmi dei riferimenti pratici e
ad ambientarmi.

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Devo dire che Trieste è una città con un’ottima rete di trasporti quindi, anche se
durante il mio soggiorno ho deciso di lasciare la mia auto in Ticino, sono riuscito a
spostarmi senza alcun tipo di disagio.
Ma c’è un elemento del quale non avevo tenuto conto e che onestamente,
anche dopo due mesi, non sono mai riuscito ad adattarmi: la famosa e temutissima
Bora. Quindi numerosi e felicissimi giorni di vento accompagnati spesso e volentieri
da piogge che ti danno la sensazione di essere entrato dentro un car wash.

In questo tirocinio, in qualità di allievo infermiere, sono stato assegnato ed ospitato
nel Centro Di Salute Mentale di Barcola, devo ammettere la zona più bella della città,
praticamente a due passi dal mare.
Un CSM è una struttura che serve da trait d’union fra ospedale, quindi situazioni
acute che provengono dal reparto di diagnosi e cura SPDC, e il ritorno, nonché il
supporto al domicilio, dell’utenza. Nel CSM ci sono 6 posti letto per accogliere
eventuali utenti in situazioni di necessità e soprattutto vi è un team multidisciplinare e
multi-professionale composto da psichiatri, tecnici della riabilitazione, assistenti
sociali, OSS, ASA e naturalmente infermieri.
Il lavoro di questa struttura non si limita ad accogliere “utenti con necessità” ma è un
vero e proprio punto di riferimento per una bella fetta di zona della città. Difatti a
Trieste ci sono quattro CSM con l’obiettivo di coprire il fabbisogno di tutta la
popolazione, ma essi sono sempre disponibili ed aperti 24 h su 24h per un consulto,
sia sul territorio, quindi al domicilio, o ad utenti che si recano direttamente ed
autonomamente al Centro; si somministrano e vengono consegnate le terapie in via
del tutto gratuita. Non da meno il Centro è un punto di ritrovo per gli utenti e i loro
famigliari, in caso di bisogno o semplicemente per organizzare o partecipare ad
atélier ricreativi.

Sicuramente da questa esperienza sono andato via con una valigia piena di ricordi
ed emozioni. Fra questi vi è l’aspetto, non del tutto scontato, di ripercorrere e visitare
luoghi dove si è fatta la storia, come il San Giovanni, ex manicomio ed ora parco, che
ospita attività riabilitative e varie università; o avere il privilegio e l’onore di conoscere
persone che questa storia l’hanno scritta di persona.

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Un elemento che mi ha piacevolmente colpito è senza dubbio l’ospitalità e il calore
ricevuto dai colleghi e dalla struttura ospitante; devo dire che nonostante fossi uno
studente del secondo anno, l’equipe era puntualmente attenta a chiedere il mio
parere o pensiero su una determinati situazione e devo dire che questo a me non è
successo spesso.
L’elemento sorpresa per me sono stati alcuni medici; con grande stupore posso dire
che anch’essi hanno dimostrato un’attenzione nei miei confronti che mi ha colpito,
sempre pronti a spiegare quando non avevo ben chiara una situazione e a
coinvolgermi durante le loro attività e colloqui con gli utenti e i famigliari.

Per tutti questi motivi sopracitati che consiglio caldamente questa esperienza a tutti
gli studenti come me perché fare un’esperienza all’estero, o meglio fuori dalla nostra
“confort zone”, ti apre la mente e ti spinge al confronto. E da questo confronto ne
nasce sempre una bella esperienza o per lo meno un’opportunità di apprendimento
sotto il profilo professionale ma anche umano, non sottovalutando il fatto che si sta 2
mesi lontano dai propri affetti.
Se potessi tornare indietro devo dire che non cambierei nulla poiché in due mesi di
permanenza ci sono stati, naturalmente, anche situazioni di incomprensioni o
momenti di discussione ma ritengo che anche questi sono stati importanti a rendere
unica questa esperienza e a farmi crescere come professionista e come essere
umano.

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Figura 2: L’originale Marco Cavallo, situato presso il San Giovanni, Trieste.

Figura 3, Cucina del CSM di Barcola, momento di ristoro dell’équipe

Data

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Figura 4, Trieste dal castello di San Giusto

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