ANALISI POST EVENTO DEL 22 GENNAIO 2021: ROTATING HEAD TORNADICA SUL SASSARESE

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ANALISI POST EVENTO DEL 22 GENNAIO 2021: ROTATING HEAD TORNADICA SUL SASSARESE
Pavan Federico

ANALISI POST EVENTO DEL 22 GENNAIO 2021:
ROTATING HEAD TORNADICA SUL SASSARESE

Introduzione
Nel corso della serata del 22 gennaio 2021 un sistema convettivo a mesoscala (MCS) ha
interessato la Sardegna centro-settentrionale comportando lo sviluppo di una rotating/comma
head responsabile di alcuni danni sul sassarese tra le 21:00 e le 21:30 CET. Questi danni, dopo
alcune indagini purtroppo ostacolate dalla difficile situazione sanitaria dovuta all’epidemia di
SARS-CoV-2, sono stati confermati in maniera preliminare come risultato di un tornado di debole
intensità e possibili raffiche lineari; va tenuta in conto la possibilità di un unico evento tornadico
che potrebbe aver interessato tutte le località dove si sono registrati danni oppure il verificarsi
di più trombe d’aria o ancora, un misto tra vortici e raffiche lineari di downburst.

Analisi sinottica e alla mesoscala
La situazione alla quota di 500 hPa presentava un’intensa e profonda saccatura collegata ad una
ben più ampia depressione presente sull’Europa settentrionale e posizionata sui settori
nordoccidentali del Mar Mediterraneo, in rapida traslazione verso est in direzione dell’Italia.
L’evento analizzato si è verificato al transito dell’asse di saccatura, orientato lungo l’asse
nordovest-sudest.

ECMWF IFS HRES, archivio Meteologix; geopotenziali a 500 hPa delle ore 13 e 16 CET della run
             12z del 22 gennaio 2021, in rosso è indicato l’asse di saccatura
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ECMWF IFS HRES, archivio Meteologix; geopotenziali a 500 hPa delle ore 19 e 22 CET della run
             12z del 22 gennaio 2021, in rosso è indicato l’asse di saccatura
La situazione al suolo presentava un minimo barico locato sull’alto Mar Tirreno e formatosi
sottovento alla catena alpina occidentale, dopo l’arrivo in zona di un minimo più esteso dalla
Francia meridionale. Il centro di bassa pressione tirrenico è risultato più profondo e costretto
ma comunque contenuto in una più ampia depressione, raggiungendo valori nel range 991-989
hPa.

ECMWF IFS HRES, archivio Meteologix; pressione superficiale delle ore 21 CET della run 12z del
                                    22 gennaio 2021
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Dando uno sguardo alla ventilazione alle varie quote, appare evidente la presenza di un buon
speed shear (shear di velocità) e la completa assenza di directional shear (shear di direzione). In
parole semplici, tra il livello del suolo, la quota di 850 hPa, quella di 700 hPa e quella di 500 hPa
il vento andava aumentando in velocità ma non cambiava direzione, mantenendo sempre una
provenienza occidentale. Questo ovviamente per quanto riguarda la zona oggetto di analisi
ovvero la Sardegna, data la presenza di ventilazione da direzioni e velocità diverse in altre parti
della Penisola (basti vedere il vento di Scirocco sul comparto adriatico).

ECMWF IFS HRES, archivio Meteologix; ventilazione al suolo, a 850 hPa, a 700 hPa ed a 500 hPa
                    delle ore 22 CET della run 12z del 22 gennaio 2021
Queste mappe modellistiche sono state prese in esame per compensare alla mancanza di un
qualsiasi radiosondaggio nella zona interessata. Gli unici disponibili provengono da
Decimomannu (CA), purtroppo ad una distanza troppo elevata per fornire elementi utili
all’analisi di quanto accaduto e questo anche ad orari sfavorevoli.
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Infatti i lanci effettuati alle 12z ed alle 00z sono poco rappresentativi dei momenti in cui si è
verificato l’evento: il lancio pre-evento era troppo in anticipo e quello post-evento è stato fatto
ormai quando gli elementi di interesse erano già traslati verso est.
Analizzando però le mappe di ventilazione possiamo evidenziare un elemento utile e già
nominato, ovvero il buon shear di velocità. In tali condizioni infatti, come spesso riporta la
letteratura, è frequente osservare il verificarsi di eventi di downburst e la formazione di bow
echo (eco ad arco) sulle immagini radar. Sempre facendo riferimento alle mappe del modello
ECMWF IFS HRES per il sassarese, troviamo: venti intorno ai 25 km/h al suolo (13,5 nodi o 6,9
m/s), 60-70 km/h a 850 hPa (32,4-37,8 nodi o 16,7-19,4 m/s), 65-80 km/h a 700 hPa (35,1-43,2
nodi o 18-22,2 m/s) e 85 km/h a 500 hPa (45,9 nodi o 23,6 m/s). Aggregando il tutto e dando
quindi un’occhiata al parametro Deep Layer Shear (DLS, shear tra 0 e 6 km) si individua un
massimo (in progressivo spostamento con il passaggio dell’asse di saccatura) proprio sulla
Sardegna, dove il sassarese si trova sul bordo settentrionale.

 ECMWF IFS HRES, archivio Meteologix; parametro DLS 0-6 km delle ore 19 e 22 CET della run
                                12z del 22 gennaio 2021
Un altro elemento che va ricercato per individuare la potenzialità di eventi di downburst e
associate conformazioni temporalesche ad arco è la presenza di intrusioni di aria secca che
potenzialmente possono venir coinvolte nelle celle convettive e causare raffreddamento
evaporativo che sublima cristalli di ghiaccio, evapora gocce di pioggia e fonde chicchi di grandine,
comportando un assorbimento di calore latente dall’ambiente. Il risultato di tutto ciò è un
raffreddamento dell’aria, quindi un suo appesantimento che può risultare in correnti di
downdraft più intense e in gravi eventi di downburst.
Osservando le mappe di umidità relativa alle medesime quote si possono individuare due
elementi di interesse: un corridoio di valori di umidità più elevati che si estende all’incirca dal
Golfo del Leone alla Sardegna e una zona di aria decisamente più secca in quota appena a nord
di questo corridoio, che potrebbe essere stata parzialmente e in piccola parte integrata nel
sistema temporalesco dando il suo contributo agli eventi analizzati.
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ECMWF IFS HRES, archivio Meteologix; umidità relativa al suolo, a 850 hPa, a 700 hPa ed a 500
  hPa delle ore 22 CET della run 12z del 22 gennaio 2021; in rosso è evidenziato il corridoio di
                                        valori più elevati
Verrà ora analizzata la situazione alla mesoscala mediante l’utilizzo della run 00z del 22 gennaio
del modello ad alta risoluzione Europe Swiss Super HD 4X4, che pare essere la soluzione
modellistica più vicina agli avvenimenti reali.
Cominciando dai parametri al suolo, è possibile individuare un boundary (probabilmente un
blando fronte freddo, dato che i contrasti termici che definisce non sono particolarmente
elevati) sulle mappe di temperatura e vento, in movimento verso sudest. Osservando inoltre la
mappa del punto di rugiada al suolo, è possibile localizzare lungo il boundary un massimo di
valori di dewpoint, attribuibili ad un accumulo di umidità lungo questa blanda convergenza. La
mappa di previsione della ventilazione inoltre mostra una componente meridionale relativa al
vento davanti al boundary, apportando così un leggero aumento dello shear direzionale.
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Infine è possibile notare che il vento al suolo sia stato calcolato come più intenso rispetto a
quanto previsto dal modello ECMWF IFS HRES (fino a 35-40 km/h contro i 25 citati in precedenza).
Ciò potrebbe essere uno di un gruppo di fattori che potrebbe aver influito sul sistema e che verrà
ripreso successivamente.

Swiss Super HD 4X4, archivio Meteologix; temperatura al suolo delle ore 21 e 22 CET della run
00z del 22 gennaio 2021; in blu è evidenziato in maniera approssimativa il boundary/possibile
                                        fronte freddo

 Swiss Super HD 4X4, archivio Meteologix; punto di rugiada al suolo delle ore 21 e 22 CET della
 run 00z del 22 gennaio 2021; in arancione è evidenziata in maniera approssimativa la linea di
                             valori maggiori associati al boundary
E’ necessario dire che a causa del basso numero di stazioni meteorologiche nella zona, questi
valori calcolati dai modelli relativi ai vari parametri presi in esame non possono essere confer-
mati.
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Swiss Super HD 4X4, archivio Meteologix; ventilazione al suolo delle ore 21 e 22 CET della run
     00z del 22 gennaio 2021; in nero è evidenziata in maniera approssimativa la blanda
                                        convergenza
Utilizzando sempre lo stesso modello, si possono analizzare anche due parametri di tipo termo-
dinamico, ovvero il SBCAPE e il DLS. Si è deciso di prendere in esame il SBCAPE per applicarlo al
verificarsi del tornado e quindi della presenza necessaria di una corrente ascendente
strettamente legata alla superficie terrestre, quindi influenzata da tale parametro. Guardando il
CAPE previsto dal modello, si continua a notare il boundary, che separa aria stabile e priva di
valori significativi e aria moderatamente instabile. I valori in sé sono relativamente bassi (250-
400 J/kg con picchi fino a 600 lungo la costa occidentale dell’isola). Sebbene non eccessivi,
considerando il periodo invernale in cui si sono presentati e le condizioni altamente dinamiche
sia al suolo che in quota, sono più che sufficienti per attivare moti convettivi e temporaleschi.

  Swiss Super HD 4X4, archivio Meteologix; SBCAPE delle ore 21 e 22 CET della run 00z del 22
                                       gennaio 2021
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Passando al DLS, si nota una differenza ben più sostanziale rispetto ai valori attesi dal modello
ECMWF IFS HRES e in parte già nominata, sempre prendendo in analisi il sassarese. Il parametro
infatti si presenta ben più basso in confronto a quanto osservato prima; il motivo di ciò è
probabilmente legato alla maggior velocità del vento a livello del suolo, sempre secondo i calcoli
di questo secondo modello. Avendo venti di intensità maggiore al suolo e all’incirca la stessa
velocità alle varie quote superiori, si diminuisce la differenza tra le due, diminuendo perciò il
valore risultante.

Swiss Super HD 4X4, archivio Meteologix; DLS delle ore 21 e 22 CET della run 00z del 22 gennaio
                                            2021
Si può quindi parlare del già citato gruppo di fattori che potrebbe aver interagito in un certo
modo con le celle, a partire dalla ventilazione. Sebbene quella a 850-700 hPa è quella
maggiormente presa in considerazione per valutare il verificarsi di eventi di downburst, il
parametro del DLS si rivela un indicatore migliore in questo caso. Infatti, avendo velocità del
vento maggiore al suolo e, come visto, uno shear di velocità minore, la possibilità di questi
fenomeni non risulta così elevata sebbene i valori di DLS raggiungano comunque il limite
necessario per favorire fenomeni temporaleschi organizzati e potenzialmente forti, come
effettivamente successo.
Il secondo parametro di questo insieme è l’umidità. Come già spiegato, avere un’intrusione
secca in quota aiuta la convezione a generare correnti discendenti più intense per
raffreddamento evaporativo. Data la presenza di quel corridoio di maggior umidità relativa in
quota nell’area interessata dai fenomeni analizzati, è ipotizzabile un’intrusione minima se non
nulla da parte dell’aria più secca appena a nord del corridoio.
Infine, il terzo parametro d’interesse è il SBCAPE previsto, che risulta sufficiente per la stagione
fredda ma inadeguato per supportare updraft particolarmente intensi e capaci di generare
correnti discendenti altrettanto intense.
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Unendo questi tre punti, si ottiene una plausibile spiegazione del perché il sistema temporalesco
sul sassarese della sera del 22 gennaio 2021 non sia stato responsabile per il verificarsi di
importanti eventi di downburst come successo in altre occasioni, basti vedere come la stazione
meteorologica della rete MeteoNetwork di Ossi (SS), interessata dal bow echo nelle sue fasi
iniziali, abbia registrato una raffica di vento di 49,9 km/h al transito del sistema temporalesco.
Quindi, per la presenza di un inadeguato DLS dovuto a forti venti al suolo, per l’assenza o la
presenza di un’intrusione di aria secca in quota di scarsa importanza e per valori di SBCAPE
insufficienti, l’MCS transitato sul sassarese è risultato in downburst contenuti o comunque di
debole intensità. I parametri a cui si fa riferimento sono questi in quanto, come indica la
letteratura, la maggior parte delle volte hanno come risultato eventi di raffiche discendenti di
grave entità. In questo caso, con tali valori minori, sono risultati inibitori e sono stati solamente
ma fortunatamente sufficienti a produrre fenomeni temporaleschi organizzati con downburst
contenuti anziché intensi/violenti.
In conclusione di quanto analizzato, si può inserire questo evento tra altri descritti nella
letteratura come generati da situazioni sinottiche dinamiche, cioè caratterizzate da scarsa
instabilità ma ottima dinamicità. Altra caratteristica osservata è quella del periodo in cui si
presentano questi pattern, ovvero la stagione fredda.

Il fenomeno della rotating/comma head
La rotating o comma head (letteralmente “testa rotante” o “della virgola”) è una particolare
struttura temporalesca che si riconosce nelle immagini radar per la sua forma “arricciata” locata
in cima (quindi in testa) ad un sistema evoluto in bow echo, conferendo a quest’ultimo la forma
a virgola e denominandolo comma echo, eco a virgola. Il fenomeno è stato descritto per la prima
volta da Tetsuya Theodore Fujita nel 1978 (la descrizione è stata perfezionata dallo stesso Fujita
e non solo dal 1979 in poi) ed è una fase abbastanza ricorrente nel ciclo di vita di un temporale
con presentazione arcuata, che spesso si presenta in più di un’occasione durante il verificarsi di
squall line, QLCS o altri sistemi temporaleschi multicellulari più o meno lineari, con la massima
frequenza nella parte più settentrionale del sistema.

   Descrizione dell’evoluzione di un bow echo con rotating head presentata da Fujita (1978)
A – Il temporale o sistema temporalesco presenta un eco radar compatto e intenso e in esso si
verifica un downburst (DB);
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B – Il downburst spinge l’eco associato alla convezione in avanti rispetto al resto per maggior
velocità dei venti in confronto a quella di spostamento del sistema dovuta proprio alla violenta
corrente discendente (inizio del bow echo);
C – Il downburst continua a spingere in avanti la parte centrale del sistema, al contempo
imprimendo un moto rotatorio ciclonico ai venti sulla parte più settentrionale ed uno
anticiclonico a quelli sulla parte meridionale quasi specchiati tra loro (inizio del comma echo,
con bookend vorticies alle estremità);
D – Il downburst inizia a venir preceduto da un gust front di aria fredda che impedisce il
mantenimento della coda del sistema e della rotazione anticiclonica in quella zona. Lo stesso
fronte delle raffiche può innescare nuove celle per sollevamento di aria più calda e leggera da
parte di aria più fredda e densa associata al gust front stesso. Intanto, la rotazione ciclonica a
nord interagisce con la corrente ascendente della cella di quella regione e imprime a questa un
moto rotatorio intorno al suo asse, facendo evolvere questo bookend vortex in rotating head (al
punto che talvolta la cella coinvolta può evolvere in una vera e propria supercella);
E – Il downburst continua a spingere più in avanti rispetto al sistema, indebolendosi e lasciandosi
dietro la rotating head che viene interessata dalle correnti discendenti del sistema stesso, spesso
dissipandosi. Il processo più ricominciare lungo qualsiasi punto della nuova coda innescata dal
gust front del downburst.
Il downburst viene ad originarsi quando le condizioni descritte nella sezione precedente sono
presenti. Tra le tre principali (CAPE elevato per avere maggior intensità nel downdraft
temporalesco, aria secca in quota per avere raffreddamento evaporativo e intensi venti a 850-
700 hPa) spicca l’ultima: la forte ventilazione in quota può venir integrata nelle correnti
discendenti e imprime a queste un’importante accelerazione che è all’origine del downburst, il
tutto a causa della formazione di una zona di bassa pressione nel retro del sistema. Questo flusso
generato dalle correnti in quota e che prende il nome di Rear Inflow Jet (RIJ), è orientato più o
meno diagonalmente per somma della componente orizzontale delle correnti in quota e di
quella verticale del downdraft, spingendo in avanti le precipitazioni e fornendo quindi la classica
forma ad arco del sistema (spesso con uno spazio vuoto, o meglio con valori di riflettività radar
minori rispetto al resto, il Rear Inflow Notch).

Idealizzazione della sezione verticale di un sistema temporalesco mulicellulare; il minimo barico
              indicato come L4 è all’origine del RIJ sottostante; Houze et al., 1989
Inoltre, secondo diversi studi, il RIJ sembra aiutare con la formazione di rotazione ciclonica
specchiata all’anticiclonica agli apici del bow echo per schiacciamento (per azione di RIJ e
downdraft temporalesco) di tubi di vorticità orizzontali generati in situazioni di shear occidentale.
Un ruolo pare averlo anche la regione di incontro di correnti ascendenti e discendenti in un
secondo scenario: l’aria fredda discendente spesso risulta nella formazione di rotazioni su asse
orizzontale (identificabili con i rotori spesso osservati alla base di downburst e microburst) che
possono venire sollevati ed orientati verticalmente per opera delle correnti ascendenti come
avviene nella formazione di un mesociclone, con una preferenza per le situazioni in cui la
vorticità derivante dallo shear occidentale si equivale a quella generata dal cold pool del
downburst. In tali situazioni infatti viene innescato un updraft di basso livello più verticale,
ristretto ed intenso che solleva con maggior facilità la rotazione orizzontale.

     Prima rappresentazione concettuale della formazione di aree di rotazione anticiclonica
   (sinistra) e ciclonica (destra) ad opera di un intenso flusso discendente in un ambiente con
                             shear occidentale; Davis & Weisman, 1994

         Medesima rappresentazione riproposta tridimensionalmente; Weisman, 2000

Rappresentazione della formazione di aree di rotazione anticiclonica (freccia verde più a sud) e
ciclonica (freccia verde più a nord) ad opera dell’interazione tra updraft e RIJ/downburst; dire-
                                zione nordovest; Atkins et al., 2009
Schematizzazione dell’equilibrio tra zone di vorticità descritto da Atkins et al.
Il RIJ può risultare in un bow echo molto ampio con downburst estesi, mentre in altri casi il RIJ
può originarsi in maniera più localizzata e generare downburst di dimensioni ridotte spesso di
intensità maggiore, nonché mesovortici (rotazione ciclonica più o meno ristretta parzialmente
integrata nella corrente ascendente frontale) o aree di convergenza sul bordo settentrionale dei
suddetti downburst, all’apice dell’arco. Successivamente i mesovortici possono evolvere in ro-
tating head più o meno grandi una volta che il downburst supera la corrente ascendente rotante
e questa viene spinta verso nord rispetto all’arco.

  Generazione di un ristretto mesovortice frontale a causa del flusso di RIJ; Atkins et al., 2009
Descrizione specifica dell’evoluzione di un bow echo con rotating head iniziata con un ristretto
mesovortice frontale; precisazione di Fujita rispetto alla sua precedente schematizzazione più
                                         generale (1979)
I mesovortici che si vengono a formare sul bordo avanzante possono essere all’origine di tornado,
specie in caso di mesovortici di dimensioni ridotte, talvolta anche di media intensità (EF2/EF3) e
sempre accompagnati da downburst più o meno intensi a sud del vortice al punto che i due
fenomeni possono sommarsi o mischiarsi. Il tornado difficilmente rimarrà attivo durante la
transizione a rotating head, ma una volta in quella fase, la rotazione ciclonica dell’updraft spesso
risulta più longeva di quella del mesovortice frontale e perciò si possono avere nuovi tornado
anche di lunga durata, in successione tra loro o anche attivi contemporaneamente a seconda
delle dimensioni della rotating head.
Generalmente i tornado più longevi in una comma head sono associati a condizioni atmosferiche
particolarmente favorevoli per updraft rotanti/mesocicloni supercellulari. Un esempio di questa
situazione è la squall line notturna che ha attraversato gli USA meridionali nella notte tra il 26
ed il 27 aprile 2011 e che ha generato due rotating head di particolare rilievo, una responsabile
per un tornado EF3 in Mississippi durato circa un’ora e rimasto al suolo per circa 95 km e l’altra
responsabile per un tornado EF2 rimasto al suolo per circa 49 km prima e un complesso di una
dozzina di tornado quasi contemporanei dopo in Alabama. Le condizioni atmosferiche presenti
erano circa le stesse (dal punto di vista dinamico) che sarebbero state responsabili per un
devastante outbreak di supercelle tornadiche nelle 24 ore successive.

   Immagini radar (sinistra: riflettività, destra: velocità radiali) di una ristretta comma head
 (dimensioni nell’ordine di pochi chilometri) associata ad un tornado EF2 in Louisiana, USA; 12
                               aprile 2020, immagine RadarScope
Immagini radar (sinistra: riflettività, destra: velocità radiali) di un’ampia comma echo
   (dimensioni nell’ordine di decine di chilometri) con comma head #1 associata a numerosi
   tornado di intensità fino ad EF2 ed un’altra #2 più ristretta, anch’essa associata ad alcuni
        tornado in Alabama, USA; 27 aprile 2011, immagine dall’archivio Meteologix
Verrà ora presentata una serie di immagini radar relative ad un evento verificatosi in Mississippi,
USA il 18 aprile 2019 risultato in ben 44 diversi tornado di intensità fino ad EF2. Le immagini di
sinistra riguardano il prodotto di riflettività all’inclinazione radar di 0.5°, quelle di destra il pro-
dotto di velocità radiale alla medesima elevazione. Lo scopo è quello di illustrare una classica
evoluzione di mesovortici tornadici associati ad un sistema temporalesco di tipo QLCS in
comma/rotating head. Le linee rette rosse corrispondono ai confini dei poligoni di allarme tor-
nado, quelle gialle ai confini dei poligoni di allarme per temporale severo e quelle verdi a quelli
per alluvioni lampo. Le immagini sono ricavate da RadarScope.

     1 – Parte del QLCS con sviluppo di ampi mesovortici tornadici (fino ad una quindicina di
   chilometri di diametro) nelle rientranze tra due bow echo alle fasi iniziali; nell’immagine di
 sinistra si notano i valori minori verde-giallo nel retro del sistema associati al RIJ, che inizia ad
   insinuarsi nel QLCS e scatenare downburst (osservabili per i valori più elevati verde chiaro-
              azzurro dell’immagine di destra). Immagine delle 21:15 CET/14:15 locali
2 – Parte del QLCS con evoluzione del precedente mesovortice tornadico più settentrionale in
  comma/rotating head tornadica, mantenimento del precedente mesovortice tornadico più
  meridionale e formazione di un terzo mesovortice tornadico più ristretto a sud; rimangono
   evidenti l’RIJ a sinistra, con evidenti Rear Inflow Notch, e gli associati downburst a destra.
                                Immagine delle 21:49 CET/14:49 locali

    3 – Parte del QLCS con evoluzione del precedente mesovortice tornadico intermedio in
     un’ampia comma/rotating head tornadica unita alla precedente già sviluppata e del
    precedente nuovo mesovortice tornadico in una seconda ampia comma/rotating head
tornadica, che diventerà la principale produttrice di vortici; rimangono osservabili i Rear Inflow
 Notch e i downburst generati dalle due entrate del RIJ. Immagine delle 22:08 CET/15:08 locali
4 – Parte del QLCS con ampia comma/rotating head tornadica (la precedente più meridionale)
 in cima ad un’estesa comma echo caratterizzata da un evidente RIJ con Rear Inflow Notch a
  sinistra ed un estesa regione di downburst a destra. Immagine delle 22:12 CET/15:12 locali
Tornando alla descrizione della rotating head, la sua rotazione ciclonica è spesso all’origine di
una regione di bassa pressione che richiama ad essa il RIJ (nelle immagini radar infatti si può
notare come questo venga risucchiato nella testa). Tale richiamo del flusso posteriore inoltre,
aiutato dalla rotazione stessa, ne consente la continuazione che a sua volta risulta in un
mantenimento dei downburst frontali fino a quando la rotating head non viene indebolita e
dissolta dal downdraft perché troppo indietro rispetto ai downburst. I tornado associati alla
rotating head si presentano con maggior frequenza nel loro quadrante sudorientale, all’apice
dell’arco associato a downburst e soprattutto in quelle di durata maggiore. Infine, siccome la
comma head matura entra nella fase di dissipazione una volta superata dai downburst alla sua
destra, essa rappresenta la fase di decadimento e quindi finale delle comma echo.

Analisi delle immagini satellitari e radar
Prima di analizzare le immagini satellitari in riferimento a quanto successo sul sassarese la sera
del 22 gennaio, si vuole fare un confronto tra la run 00Z del modello Swiss Super HD 4X4 e
un’immagine satellitare EUMETSAT/Cira REMMB. Entrambe si riferiscono all’orario delle 21:00
UTC/22:00 CET e al parametro (per il modello, a sinistra)/canale (per il satellite, a destra) delle
immagini all’infrarosso.

        Confronto tra simulazione di immagini satellitari e immagini reali all’infrarosso
La somiglianza tra le due è sorprendente e conferma la run 00z del modello Swiss Super HD 4X4
di Meteologix come la migliore per l’analisi dell’evento. In entrambe le immagini appare un
minimo barico sul Mar Ligure ed un riavvolgimento di nubi con precipitazioni dal nord Italia.
Oltre a questo, appare evidente la presenza di quattro corridoi di nubi: uno dal basso Golfo del
Leone che ripiega verso nordest su Sardegna e verso la costa toscana (e che è all’origine degli
eventi analizzati), uno dalla costa nordafricana fino alle coste e pianure tra Lazio centro-
meridionale e Campania nordoccidentale, con celle temporalesche sulla Maremma laziale (e che
risulteranno in nubifragi e grandinate nell’area di Roma), uno lungo la costa adriatica tra Puglia
nordoccidentale e il Veneto ed infine un altro dalla Sicilia orientale fino ai Balcani che attraversa
la regione ionica e del Golfo di Taranto.
Andando ora nello specifico, si passerà all’archivio di immagini satellitari riferite alle
temperature della parte alta delle nubi del sito Meteologix. Prima di questo però, si analizzerà
un’immagine satellitare dal medesimo archivio ma del canale di osservazione del vapore acqueo:
osservando quanto documentato dal satellite, appare evidente la presenza di un’entrata di aria
più secca appena ad est e sud del corridoio di nubi e temporali associati agli eventi del sassarese.
Insieme alla possibile piccola intrusione secca nel sistema temporalesco stesso da nord come già
illustrato, è ipotizzabile ora anche una seconda intrusione secca da ovest-sudovest associata a
questo flusso più secco, che potrebbe aver compensato per la scarsa entrata da nord aiutando
a generare il downburst principale, ma che in ogni caso non si è rivelata sufficiente per scatenare
raffiche lineare particolarmente intense ed estese.

    Immagine satellitare delle ore 19:30 UTC/20:30 CET del canale Water Vapor, in nero è
  evidenziato il sistema convettivo in giallo il flusso secco che lo ha preceduto e che potrebbe
   essersi insinuato in piccola parte da ovest-sudovest; immagine EUMETSAT da Meteologix

Ora verranno prese in analisi le immagini satellitari con temperatura della parte alta delle nubi
(Cloud Tops, CT) durante il passaggio del sistema temporalesco sul sassarese. Lo scopo di questa
analisi è quello di riconoscere elementi ed evoluzioni che possono essere associabili a quanto
verificatosi al suolo e riconosciuto dalla letteratura.
Partendo da quando il sistema temporalesco è da poco entrato nella terraferma della provincia
di Sassari, si può notare una linea di CT abbastanza fredde e quindi corrispondenti alla parte più
alta delle correnti ascendenti associate alla linea di temporali in movimento verso est-nordest.
Le temperature in quella linea raggiungono i -57 °C; il resto delle incudini è leggermente più
caldo perché locate a quote minori rispetto alla cima del fronte di intensi updraft.

 Immagine satellitare delle ore 19:45 UTC/20:45 CET del canale CT; i colori gialli sul sassarese
     occidentale indicano le cime degli updraft; immagine EUMETSAT da Meteologix

Circa un quarto d’ora dopo, come verrà illustrato, sulla zona di Sassari prenderà forma la comma
head; osservando le immagini satellitari si notano sintomi di tale evoluzione: la linea di CT con
valori fino a -57 °C si scalda fino a -52/-50 °C in prossimità della zona dove si sta sviluppando la
testa rotante. Questo aumento della temperatura è associabile alla spinta verso il basso di
almeno una parte delle celle temporalesche a causa del RIJ e dei conseguenti downburst. A nord
e sud avviene un riscaldamento minore, con valori intorno ai -53 °C. Inoltre i valori più freddi
della zona che subisce il maggior riscaldamento rimangono associati alle correnti ascendenti,
mentre i valori più caldi e quindi riferiti ad una caduta più importante associabile alla spinta da
parte del RIJ si trovano sul retro della linea di updraft.
Altro elemento di particolare interesse è quello dei valori minimi, ancora intorno ai -56/-55 °C,
localizzato appena davanti e leggermente più a nord di quello che verrà mostrato
successivamente essere la comma head stessa. Ciò è dovuto al fatto che il moto ascendente
dell’updraft che compone la comma head è intensificato dalla rotazione della stessa, quindi si
estende maggiormente nell’atmosfera raggiungendo così valori minori rispetto al resto della
linea.
Immagini satellitari delle ore 20:00 UTC/21:00 CET e 20:05 UTC/21:05 CET del canale CT; in
arancione è cerchiata la zona di caduta del flusso di RIJ (valori intorno ai -50 °C), mentre in blu
sono cerchiati i valori riferiti agli updraft più abbassati e che formeranno il bow echo a sinistra
 (valori intorno ai -53 °C) e i valori associati alla cima della corrente ascendente rotante della
           comma head (valori intorno ai -55 °C); immagini EUMETSAT da Meteologix
Ultimo elemento di rilievo relativo alle immagini satellitari è quello del riscaldamento fino a -49°
C delle cime sopravvento, quindi ad ovest delle correnti ascendenti che ricominciano a
raffreddarsi durante la massima maturità del bow echo. Questo significa che è stata raggiunta
la massima spinta verso il basso da parte del RIJ e infatti in questo momento l’eco ad arco
raggiunge l’organizzazione migliore. Seguirà a questa sequenza di eventi un rapido
indebolimento dei temporali del sistema fino alla dissipazione di questo.

 Immagine satellitare delle ore 20:20 UTC/21:20 CET del canale CT; in arancione è cerchiata la
  zona di caduta del flusso di RIJ (valori intorno ai -49 °C), mentre in blu sono cerchiati i valori
riferiti agli updraft che formano il bow echo (valori intorno ai -54 °C); immagine EUMETSAT da
                                             Meteologix
Si passa ora all’analisi delle immagini radar che si ritengono essere di maggior importanza. A tale
scopo verranno utilizzate le scansioni effettuate dal radar appartenente all’ARPA Sardegna posto
sul Monte Rasu (SS), con range di 200 km e risoluzione di 800 metri al pixel; i prodotti analizzati
sono quelli di riflettività e velocità radiali.
Prima di analizzare tali immagini, viene proposto un altro confronto tra simulazioni modellistiche
e scansioni reali: osservando la simulazione di riflettività radar effettuata dal modello Swiss
Super HD 4X4 per le ore 21:00 UTC/22:00 CET appare evidente una banda di precipitazioni di
origine convettiva che suggerisce la possibilità di una qualche linea temporalesca. Quando si
parla di simulazioni del genere ed a questa risoluzione e come normale amministrazione, si
notano alcune differenze: la principale è quella temporale di almeno 45 minuti nella posizione
di tale linea, probabilmente per evoluzioni convettive impossibili da simulare come l’evoluzione
in comma head della parte settentrionale del sistema e che ha comportato una parziale
rientranza rispetto al resto del fronte. Per cui si può affermare che il modello abbia interpretato
correttamente la situazione ma non a livelli sufficientemente dettagliati da poter indicare aree
di rotazione e quindi possibilità di fenomeni vorticosi o di downburst più pronunciati, problema
tipico che tutt’ora si presenta nella modellistica ad alta risoluzione. Un altro elemento che il
modello indicava ma che non si è presentato è una seconda linea di precipitazioni/temporali
locata più a sud della principale.
Per chiudere il confronto, si sottolinea l’importanza dell’utilizzo di simulazioni del genere
unicamente per indicare aree che potrebbero osservare fenomeni di un certo tipo e non per
cercare di prevedere i singoli fenomeni su zone ridotte. La simulazione computerizzata di
fenomeni convettivi può aiutare a confermare o rivedere idee sull’evoluzione di un determinato
scenario in termini di tempistiche ed ampie aree, ma non sono ancora a risoluzione tale da
indicare che sottoaree potrebbero essere coinvolte da eventi particolari e troppo localizzati.

A sinistra, simulazione di riflettività radar effettuata dal modello Swiss Super HD 4X4 per le ore
   21:00 UTC/22:00 CET; a destra, immagine radar effettiva delle ore 20:15 UTC/21:15 CET;
                                    entrambi dal sito Meteologix
Passando alle immagini radar dell’ARPA Sardegna, si nota come nell’immagine di riflettività la
linea temporalesca abbia una conformazione molto simile al fronte notabile nelle simulazioni di
temperatura di rugiada e venti al suolo presentate in precedenza. Nell’immagine di velocità
radiali invece si nota una zona di convergenza relativamente ampia, anziché un mesovortice
ristretto e ben definito, dal lato settentrionale di quello che diventerà il bow echo.

 Immagini di riflettività delle ore 19:40 UTC/20:40 CET (sinistra) e di velocità radiali delle ore
 19:45 UTC/20:45 CET (destra) del radar ARPA Sardegna; in rosso è segnato il gust front ed in
         azzurro/arancione i venti che convergono in esso seguendo la scala radar
Nell’immagine successiva si nota l’entrata in scena del RIJ, con un rear inflow notch abbastanza
definito e che inizia a scolpire la forma della comma head. Intanto appare un’evidente zona di
venti in rotazione; è plausibile che il tornado si sia manifestato per la prima volta in questo
momento, ma la mancanza di conferme al suolo non permette di dirlo con certezza.

 Immagini di riflettività delle ore 19:50 UTC/20:50 CET (sinistra) e di velocità radiali delle ore
 19:55 UTC/20:55 CET (destra) del radar ARPA Sardegna; in nero è segnata la posizione della
                                   comma head, in bianco il RIJ
A questo punto, il tornado è in atto con danni nei sobborghi nord di Sassari. Dalle immagini radar
si nota l’evidente entrata del RIJ direttamente nella comma head ed una prima presentazione
del bow echo. Le immagini di velocità radiali rivelano quello che è il picco di intensità della
rotazione, relativamente ristretta e con valori elevati, elementi che si correlano con l’effettiva
presenza di un vortice al suolo.

  Immagini di riflettività delle ore 20:00 UTC/21:00 CET (sinistra) e di velocità radiali delle ore
                     20:05 UTC/21:05 CET (destra) del radar ARPA Sardegna

      Particolari delle precedenti immagini radar per evidenziare gli elementi di interesse

Mentre la linea continua il suo spostamento verso est-nordest, il bow echo si definisce
maggiormente con un arco ben sviluppato ed una comma in cima. La rotating head non è più di
dimensioni ridotte, ma rimane di una certa intensità
Immagini di riflettività delle ore 20:10 UTC/21:10 CET (sinistra) e di velocità radiali delle ore
 20:15 UTC/21:15 CET (destra) del radar ARPA Sardegna; in nero è evidenziato il bow echo con
                                          comma in cima

L’ultima immagine radar utile è la successiva, che presenta un bow echo ben pronunciato con
una comma ancora presenta in cima. La rotazione sull’immagine di velocità radiali è ancora
presente sebbene, come da trend, non di particolare intensità. Dopo questa scansione, la
rotazione sparirà completamente e quella porzione di linea temporalesca entrerà in fase di
dissipazione. Elemento interessante è la presenza di un rear inflow notch che entra nella comma
e un secondo che spinge in avanti l’arco.

  Immagini di riflettività delle ore 20:20 UTC/21:20 CET (sinistra) e di velocità radiali delle ore
                     20:25 UTC/21:25 CET (destra) del radar ARPA Sardegna
Ricostruzione ed analisi dei danni
Viene ora esposta la ricostruzione del percorso della comma head ed un’analisi dei danni che
essa ha causato sul sassarese. Il tragitto seguito dalla rotazione temporalesca è approssimativo
e ricostruito tramite la sovrapposizione delle immagini radar di velocità radiali dell’ARPA
Sardegna e quelle satellitari di Google Earth, segnando su mappa le localizzazioni della rotazione
stessa; gli orari corrispondono a quelli di emissione della corrispettiva scansione radar.

  Ricostruzione degli eventi della sera del 22 gennaio sul sassarese: in rosso sono riportati gli
  elementi relativi alla comma head (linea retta: tragitto, puntine: localizzazione rotazione su
                      base radar) ed in giallo le aree con danni documentati
La prima area presa in esame è quella dei sobborghi settentrionali di Sassari, in particolare la
zona tra Li Punti e l’ospedale San Camillo. Qui infatti è dove è stato verificato il passaggio di un
tornado di debole intensità.

                        Ricostruzione del percorso del tornado di Sassari
Il tornado si è probabilmente sviluppato più a sudovest, data anche la presenza di danni segnalati
(ma non confermati) nella zona di San Giovanni. I primi danni documentati si sono avuti nella
zona di Viziliu-Serra di Leoni, dove diversi alberi sono stati sradicati o spezzati; un eucalipto è
stato spezzato e completamente privato dei rami.

                 Eucalipto danneggiato dal tornado; foto di Gianpietro Migheli
Spostandosi verso est-nordest, il tornado ha investito il centro abitato di Li Punti, dove ha
piegato il traliccio in ferro che sosteneva un’antenna radio, divelto tegole dai tetti, danneggiato
antenne e spezzato o sradicato ulivi.

A sinistra, tetto danneggiato; a destra, uno dei diversi alberi privati di rami nel parcheggio di un
                centro commerciale; frame dei video della pagina Facebook Telegi
Le testimonianze dei residenti della zona, combinate con i danni osservati e documentati,
indicavano fin dall’inizio la possibilità di un tornado: danni in una fascia ampia qualche decina di
metri (massimo 100 m) e danni completamente assenti al di fuori di tale porzione di territorio. I
danni agli alberi (rami stroncati e tronchi rimasti in piedi) facevano ulteriormente pensare ad un
moto vorticoso.
Una prima conferma ufficiale di tale pattern di danni è arrivata dalle documentazioni effettuate
lungo via Domenico Millelire, dove un’insegna del medesimo centro commerciale è caduta in
direzione orientale ed un segnale stradale poco distante è caduto in direzione quasi occidentale.
Inoltre, lungo la strada sono stati notati due alberi abbattuti in direzioni circa opposte ad una
distanza di più o meno trenta metri uno dall’altro.

 Scatto effettuato in direzione sud; sullo sfondo, abitazione dal tetto danneggiato; in secondo
 piano, insegna caduta verso est; in primo piano, segnale stradale caduto verso ovest; foto di
                                        Giuseppe Demuro

     Scatti effettuati in direzione ovest-nordovest; a sinistra, albero sradicato in direzione
meridionale; a destra grosso albero (tagliato ma con le radici alzate ancora presenti) sradicato
in direzione settentrionale, locato a circa 30 m più ad est del primo; foto di Giuseppe Demuro
Da Li Punti verso nordest, le documentazioni scarseggiano; nonostante ciò, sono stati
documentati alberi danneggiati in un tratto di via Buddi Buddi a sudest di Zuari ed una proprietà
poco più a nordest ha subito danni sospetti. Oltre a perdere numerosi ulivi (sradicati o spogliati),
alcune tegole sono state asportate dal tetto dell’abitazione e alcune di queste sono state
scagliate contro la parete nordorientale (quindi dal lato opposto della direzione di arrivo del
tornado) danneggiandola, tipico danno riscontrato negli eventi tornadici, in cui i detriti in volo
vengono scagliati come proiettili contro le abitazioni scheggiandone i muri se non conficcandosi
in essi.

     Muro di nordest scheggiato dai detriti volanti sollevati dal tornado; foto di Giulio Akira
L’ultimo tratto di danni documentanti è quello dell’ospedale di San Camillo, interessato
direttamente        dal      vortice.        Qui        è     stato      girato   un         video
(https://www.facebook.com/100024330408725/videos/pcb.865501680937504/86549805427
1200) che documenta il moto rotatorio del vento e quindi il tornado in sé: all’inizio del filmato
(effettuato in direzione nord) si notano raffiche in arrivo da est; all’improvviso il vento si
intensifica e chi documenta si rifugia dietro una porta. Quando la riapre, il vento ha virato di
180° e sta calando in intensità, il tutto nell’arco di meno di 30 secondi.
I danni documentati alla luce del giorno dopo indicano elementi tipici di un tornado e già
documentati in altre parti del percorso. Alcuni alberi infatti risultano privati di diversi rami ma
con i tronchi ancora in piedi, ma oltre ai danni alla vegetazione, risultano interessanti i danni
subiti dalle strutture: oltre alla copertura di un grande capannone parzialmente divelta e sparsa
per la proprietà e parzialmente avvolta intorno ai tronchi degli alberi anche ad una certa altezza,
ed un gazebo piegato e danneggiato, sia l’edificio ospedaliero principale e due edifici minori
mostrano pattern di danno tipici di eventi vorticosi. Partendo dall’edificio più meridionale dei
tre coinvolti, la parete nord ha perso una grande vetrata ed una porta, entrambe evidentemente
spinte verso nord; questo danno, considerando l’assenza di danni strutturali al tetto o alle pareti
sud ed ovest, indica l’azione di un gradiente di pressione che ha causato il cedimento verso
l’esterno delle superfici più fragili. Se si fosse trattato di un evento di raffiche lineari (downburst),
questa tipologia di danno avrebbe potuto verificarsi se il vento avesse trovato un’entrata dal
lato opposto e da cui spingere verso nord gli elementi caduti.
Scatto in direzione sudest dell’edificio più meridionale; si notano la vetrata e la porta che hanno
                     ceduto cadendo in direzione nord; foto di Michele Sechi

Il secondo edificio (intermedio) ha subito la stessa tipologia di danno ma alle persiane delle
finestre, che sono state spinte o tirate/risucchiate verso l’esterno e quindi verso nord,
probabilmente ad opera del vento tangenziale del tornado.

Edificio intermedio documentato da nord; le finestre più a sinistra mostrano le persiane spinte
                         verso nord dal vento; foto di Michele Sechi
Edificio intermedio documentato da nord; le finestre più a sinistra mostrano le persiane spinte
verso nord dal vento; più in primo piano, alberi privati dei rami e rami stroncati; foto di Michele
                                              Sechi
Il terzo edificio, la principale struttura ospedaliera posizionata più a nord, ha subito la stessa
tipologia di danni alle persiane ma in direzione opposta, cioè con le persiane spinte in direzione
meridionale. Inoltre una vetrata è stata infranta.

  Edificio più settentrionale, con le persiane spinte verso sud ed una finestra sfondata; foto di
                                            Michele Sechi
Alberi danneggiati (caduti o con tronchi e rami spezzati) e con la copertura del capannone
   ospedaliero parzialmente avvolta intorno ai tronchi; foto di Michele Sechi (sinistra) e Tore
                                        Dessole (destra)
La seconda zona con danni documentati è quella del comune di Osilo (SS), in particolare la
frazione di San Lorenzo e la località Ottula.

              Localizzazione dei danni e dell’area coinvolta a San Lorenzo di Osilo
I primi danni si sono verificati in due piccole valli collinari in località Ottula: sebbene alcuni
pattern di danneggiamento degli alberi sono molto simili a quelli osservati lungo il percorso del
tornado, non sono stati evidenziati evidenti moti vorticosi. Oltre a questo, è possibile che la zona
sia stata interessata da raffiche di vento lineari, incanalate nelle valli e quindi intensificate per
effetto di galleria del vento e perciò potenzialmente responsabili per i danni osservati. Più ad
est, lungo la SP72, alcuni alberi sono caduti in direzione occidentale ma la presenza di un dirupo
dall’altro lato della strada (locato ad ovest dei suddetti alberi) è sospetto di aver avuto qualche
influenza sulle raffiche. In pratica, è possibile che le piante, posizionate sul lato sottovento del
rilievo, siano cadute per un’interazione tra il vento e il versante sottovento stesso. Qualche altro
albero è caduto in un punto più ad est della SP72.
Alberi caduti in direzione occidentale lungo la SP72; foto della Compagnia Barracellare di Osilo
                             (sinistra) e di Salvatore Casula (destra)

La terza località ad aver ricevuto danni è il paese di Nulvi (SS).

                       Localizzazione dei danni e dell’area coinvolta a Nulvi

Qui sono stati documentati lievi danni al campo sportivo (un albero sradicato, parziale rimozione
della copertura di un piccolo capanno, lievi danni alle panchine e le recinzioni del campo da
calcio) e due muri di cinta parzialmente crollati. Le testate giornalistiche riportano anche danni
al tetto della Cooperativa San Pasquale e ad una vicina officina meccanica. Infine alcuni alberi
sono stati spezzati, sradicati o privati di qualche ramo lungo la SS127. Per la natura di questi
ultimi e per lo spazio particolarmente ristretto in cui si sono verificati, è ipotizzabile un evento
tornadico; tuttavia, per l’impossibilità di verificare un effettivo corridoio di danni, i danni
riscontrati non saranno attribuiti ad un tornado.
Danni agli alberi lungo la SS127 da ovest verso est; da sinistra, foto di Matteo Campus e Mauro
                                             Tedde

L’ultimo comune interessato con danni documentati è quello di Laerru (SS).

                     Localizzazione dei danni e delle aree coinvolte a Laerru
Come si vede dalla mappa di ricostruzione dei danni, a Laerru sono stati documentati danni in
due zone diverse e locate a circa un chilometro di distanza tra loro. Per questa distanza e per
l’assenza di collegamento tra le due, risulta molto probabile che gli eventi responsabili per tali
danni siano stati indipendenti tra di loro. Per quanto riguarda la natura dei danni, potrebbero
essersi trattati di due deboli tornado distinti (come può succedere in presenza di comma head),
di raffiche lineari in entrambi i punti oppure di un evento vorticoso nella zona più occidentale e
raffiche lineari in quella più orientale. Quest’ultima opzione, sebbene non confermabile, è
supportata dalla maggior vicinanza dei danni più ad ovest con l’effettivo percorso della rotating
head osservata al radar mentre gli altri potrebbero trattarsi di effetti di un downburst localizzato
all’apice dell’arco e direttamente sotto l’effetto del RIJ.
Per concludere, in qualsiasi caso, si ha la certezza del verificarsi di un tornado nell’area
settentrionale del comune di Sassari; per le altre zone coinvolte da questo evento di
comma/rotating head, si continuerà a cercare nuovo materiale se e quando possibile nel
tentativo di capire cosa si sia verificato. Non si possono escludere aggiornamenti di questo stesso
documento in caso di cambiamenti significativi.
Danni ad una proprietà nell’agro di Laerru, zona più occidentale; foto di Marina Giagheddu

    Danni ad una proprietà nell’agro di Laerru, zona più orientale; foto di Loredana Lunesu

Ringraziamenti
Si vuole ringraziare per la collaborazione: Loredana Lunesu per la localizzazione di danni, Enrico
Giorgi per la ricerca di materiale e per aver fatto avere all’autore le immagini di Mauro Tedde,
Dario Secci, Antonio Solinas e Gianpietro Migheli per la ricerca di informazioni, foto e video
anche da conoscenti oltre alla localizzazione di danni, Matteo Campus, Salvatore Casula e la
Compagnia Barracellare di Osilo per le documentazioni di danni, Giulio Akira per la
documentazione e la localizzazione di danni, Michele Sechi per aver messo a disposizione le sue
foto, Pasquale Mugoni per aver messo l’autore in contatto con Marina Giagheddu, la stessa
Marina Giagheddu per le fotografie e le informazioni fornite, Giuseppe Demuro per la ricerca di
informazioni, il sopralluogo nell’area di Li Punti – Zuari e le fotografie di danni e tutti gli altri
membri del gruppo Facebook Sardegna Clima che hanno contribuito con testimonianze e link.
Si ringrazia anche Alberto Gobbi per la revisione del documento.
Bibliografia
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