I DISEGNI DI LUCIO FONTANA - segno materia spazio - Francesco De Bartolomeis
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Francesco De Bartolomeis Francesco De Bartolomeis DISEGNI DI LUCIO FONTANA BENAPPI I DISEGNI DI LUCIO FONTANA segno materia spazio
Francesco De Bartolomeis Catalogo a cura di Umberto Benappi I DISEGNI DI LUCIO FONTANA Progetto grafico: Santo Alligo, Torino Fotografie: Studio Gaidano, Torino segno materia spazio © Francesco De Bartolomeis 2012 © Fondazione Fontana 2012 © Benappi s.a.s. di Filippo e Umberto Benappi & Co., via Andrea Doria 10, 10123 Torino 2012 Tel. +39 011 88 32 62 - Fax +39 011 814 61 76 - email: info@benappi.com - www.benappi.com
7 Mutamenti innovativi Lucio Fontana ha una posizione di rilievo nel panorama artistico internazionale nei vari periodi delle sue ricerche, dagli anni Trenta e dalla nascita dello Spazialismo al suo culmine. La diffusa tendenza a caratterizzarlo con i “buchi” e i “tagli” è di ostacolo a un’interpretazione corretta che può emergere soltanto da un’analisi ap- profondita del grande numero di variazioni innovative nei campi praticati dall’artista: scultura, ceramica, pittura, tecnica mista, installazioni. La presentazione di trentatré disegni e di due opere su tela prova il mio perdurante interesse per Fontana nato in anni lontani con un primo approdo nella pubblicazione della monografia Segno antidisegno di Lucio Fontana (Edizioni d’arte Fratelli Pozzo, Torino 1967). Antidisegno è coerente con i termini antiscultura e antipittura usati
dall’artista. Di Fontana ho continuato a occuparmi sia intenzionalmente sia perché di Torino sulle prime Ellissi e Sculture metalliche del 1967. Fontana muore nel set- è tra gli artisti che è impossibile non incontrare quando si affrontano i problemi tembre del 1968. delle innovazioni artistiche dagli anni Trenta agli anni Sessanta. Il libro uscì nel marzo del 1967. Fontana non meno di me, nei successivi incontri I disegni nelle ricerche e nelle lettere, avvertiva il bisogno di portare avanti il lavoro critico. In una lettera del 7 giugno 1967 mi ripete che le idee e le realizzazioni dello Spazialismo richie- Lo studio dei disegni, rapportato a quello dei dipinti, delle sculture, delle ceramiche, devano approfondimenti e chiarimenti, e pensava che io avrei potuto assumerne il delle installazioni amplia e approfondisce la conoscenza dell’artista, mette di fronte compito andando oltre i disegni per un’interpretazione complessiva. Per me conti- all’ideazione e alla progettazione, alla nascita di opere originali. Particolarmente nel nuare a scrivere su Fontana è una necessità e scopro sempre qualcosa di nuovo. caso di Fontana i disegni sono fonte essenziale di conoscenza delle tante innova- Un brano della lettera: zioni che hanno legami di vitale continuità anche se non sempre evidenti. I disegni hanno il pregio di appartenere al filone di ricerca, liberi da richieste di mercato e 8 […] Come dissi ripetutamente sarei veramente contento, vista la stima che ho per mai ripetitivi. 9 lei, che mettesse a punto la situazione dello “spazialismo” che, come sono d’accordo A proposito del rapporto tra produzione artistica e mercato è da rilevare una distin- con lei, è stato tanto e ancora incompreso in Italia specialmente e naturalmente per zione. Dalla fine degli anni Cinquanta Fontana si muove lungo due strade da valutare motivi di ignoranza fessa e interessata, i fessi, pur di non riconoscere i loro torti si con criteri diversi: quella della ricerca iniziata in anni lontani che si svolge in una appoggiano a movimenti di riflesso facendoli innovatori. lunga serie di innovazioni e quella professionale-mercantile ripetitiva di buchi e di Però come lei ben sa a me non interessano più queste polemichette da “casotto tagli puri. Puri non nel senso di essenziali; intendo semplici senza altra variazione italiano”; ormai [so] bene […] quella che è stata la mia sfera di ricerca, e le ripeto che il colore del supporto, con l’effetto di una finta sacralità, su cui esercitarsi con sarei veramente felice se lei se ne occupasse, cercando di dimenticare un po’ la sua interpretazioni arbitrarie. Non critico Fontana che era consapevole della dicotomia e amicizia e simpatia al mio riguardo, e parlarne un poco astrattamente al di là del non teneva in gran conto una tipicità facilmente riconoscibile. Nel 1966, parlandomi personaggio Fontana delle numerose opere con buchi o con tagli nate fuori dalle incertezze che sempre si accompagnano a nuovi problemi, mi dice con convinta naturalezza: “Non sono opere Brevissima la fase di un nuovo insieme. Tra l’altro la mia presentazione dell’ultima da mostre in gallerie d’arte. Dovrebbero vendersi nei supermercati a non più di 50 personale di Fontana vivo (novembre 1967-gennaio 1968) alla galleria La Bussola mila lire”. Fontana, artista tanto grande quanto modesto, possedeva un raro senso
autocritico. E questo contribuiva a mettermi a mio agio nelle scelte e nelle valutazioni. Dagli anni Trenta È legittimo che un artista professionista, che vive del proprio lavoro, faccia quello che il mercato chiede. La produzione mercantile non interessa la storia dell’arte, I disegni che esamino per varietà e qualità sono un rappresentativo campione che si concentra sui filoni di ricerca, di cambiamenti innovativi, di contributi origi- di ricerche che si estendono dall’astrazione del 1930 ai cicli Venezie (1961) e nali. Fine di Dio (1963). Inizio da due fogli (tavv. 1 e 2) del 1930, lo stesso anno L’attività creativa di Fontana si svolge per cicli brevi con una grande varietà al loro dell’Uomo nero (scultura distrutta). Da quali conoscenze, capacità, aspirazioni interno. Egli con rigore e inquietudine continuava a innovare, creando opere in cui nascono Uomo nero, i disegni astratti, le formelle e le sculture astratte nel breve forza vitale, levità, purezza convivono. Ed è poesia appartata nel silenzio. In più di periodo 1930-34? L’apprendistato di scultura inizia molto presto nella bottega un’occasione nelle nostre conversazioni Fontana mette in rapporto l’arte con il si- paterna a Milano, dove Fontana, nato a Rosario di Santa Fé, si era trasferito al- lenzio. Fontana si assume la responsabilità delle parole. Il silenzio, esperienza di l’età di sei anni per frequentare la scuola. Più tardi si scrive all’Accademia di raccoglimento e di riflessione, che allontana dalla quotidianità, ti mette in nuove Brera ma nel 1921 torna a Rosario di Santa Fé. Nel 1928 è di nuovo a Milano e 10 dimensioni di spazio e di tempo, tra sospensione e radicamento, tra l’aprirsi della riprende gli studi all’Accademia di Brera; nel 1930 partecipa alla biennale di Ve- 11 mente alla comprensione di cose fino allora oscure e il ritrovarsi di fronte a ciò che nezia; nel 1939 è presente nella seconda mostra di Corrente. In questo periodo non si riesce a spiegare, tra illuminazioni e abbuiamenti, e ritmi lenti che si arrestano inizia rapporti di collaborazione con i maggiori architetti, che continuerà negli nella sospensione e nell’attesa. Sono qualità concrete e coinvolgenti nella com- anni seguenti. Entrano nella sfera dei suoi interessi prima Archipenko e Maillot plessità del “concetto spaziale”. Tanti, troppi sentimenti? L’arte conduce al mistero e più tardi Zadkine con molta libertà. Lo dimostra lo sbocco di Uomo nero, una della vita, e per quanto si tenti di parlarne e di darle espressione con questo o quel prima svolta liberatrice. Nella primavera del 1940 ritorna di nuovo in Argentina mezzo restano sempre limiti e incertezze. che lascia definitivamente per Milano all’inizio del 1947. Nel corso della preparazione del libro era naturale conversare sulla funzione del di- Scarni cenni per presentare un artista che si muove tra le prime prove che lo segno e sulla varietà di procedimenti e di stili. Una volta Fontana ebbe a dirmi “Gli mettono sulla strada della modernità e l’attività professionale di scultore su com- antichi per trovare la forma e la posizione giusta, ad esempio delle gambe di un ca- mittenza, certamente più impegnativa della produzione commerciale di buchi e vallo, hanno bisogno di tante tracce, di tanti tentativi. A me viene bene subito quello di tagli che, raggiunta una posizione preminente in campo internazionale, egli che voglio fare”. Egli non vantava la sua straordinaria abilità. Era modesto e severo si può permettere di affiancare alle ricerche. nel giudicare il suo lavoro. Fontana affronta l’astrazione con autorevolezza. I disegni del 1930-32 strettamente
legati alla soluzione plastica dell’Uomo nero superano l’esclusivismo figurativo e danno evidenza alle contrapposizioni tra masse e andamenti di segno di poetica le- vità, una caratteristica che ha varietà di modi espressivi. Dalla scultura, fatta di masse geometrizzate, è possibile trarre una struttura non lontana dai disegni astratti. Questa vicinanza formale è ancora più evidente negli studi per la scultura. Segnalo in particolare il disegno n. 5 pubblicato nella mia monografia per la forma circolare scura e irregolare sovrapposta alla figura di leggera delineazione, e lo segnalo per- ché ritengo che allo spazialismo appartiene anche la traccia circolare che variando di forma (forme ovoidali, ellissi) indica sempre continuità senza fine. Anche nelle tavolette astratte del 1931-34 frequenti le forme circolari, luoghi silenziosi di me- ditazione che va in profondità senza mai raggiungere un livello su cui arrestarsi. 12 Il percorso del segno è estraneo alla presunzione del gesto come la materia che 13 Uomo nero, 1930 vive in espansioni di apparente disordine, nelle lacerazioni, nei crateri e nelle fen- diture è estranea all’informale. Il termine “informale” inventato da Michel Tapié nel 1951 è privo di senso, eppure è ancora di disinvolto uso corrente nella critica. L’arte si sviluppa se rinnova forme rendendole variamente essenziali o ricche di particolari in soluzioni figurative o astratte. Quel carattere impropriamente definito informale in realtà è un nuovo stato formale che, rivoluzionando i sistemi di rappresentazioni, affronta con fatica e rigore problemi per i quali deve costruire imprevedibili modi espressivi. Per penetrare la novità complessa di Uomo nero non occorre pensare a una ribel- lione, sia pure indiretta, alla quasi funerea levigatezza delle opere di uno dei maestri di Fontana all’Accademia, Rodolfo Wildt. Anche Wildt è un novatore. Mi capita sem- pre di fronte a sue opere: superata l’impressione di estraneità mista a disagio e a
repulsa, avverto, nel persistere di inquieta ambiguità, di essere in presenza di uno scultore degno di attenzione. Non sono io ad anticipare la vera essenza dello Spazialismo. Una volta capito che non consiste nei buchi e nei tagli, non abbiamo difficoltà a dire che è Fontana ad anticipare. Insisto sui due disegni astratti, sulla forza vitale della loro l’essenzialità che ne fa la matrice sia delle tavolette astratte graffite del 1931-34 (di cui quattro esposte per la prima volta nel 1935 a Torino nello studio di Casorati e di Paolucci) sia delle sculture realizzate nel 1934 come segno che materialmente è cemento nero (tav. 3). Sono di poco posteriori alle sculture filiformi di Picasso (1928) e dei primi Mobiles di Calder (1931), in cui i fili metallici si dividono il compito compositivo con forme come foglie di colori fondamentali, mentre anticipano di molti anni la 14 scultura-scrittura di David Smith (Lettera 1950, Paesaggio del fiume Hudson 1951) 15 e la monotona prescrittura di Twombly (Roma: il muro 1962). Sono solo notazioni del trasformarsi della concezione e della pratica della scultura (e della pittura per il riferimento a Twombly), con soluzioni molto diverse. Fontana partecipa, senza esclusivismo, alle tendenze di astrazione geometrica che trovano nel gruppo Abstraction-Création, fondato a Parigi, un punto d’incontro dal 1931 al 1936. Egli vi aderisce insieme ai grandi artisti del tempo, da Gabo, Pevsner, El Lissitzky a Mondrian, van Doesburg, Vantorgerloo, da Kandinsky, Arp, Kupka a Herbin, Magnelli, Baumeister. L’astrazione ha l’ambizione di valere come modernità, sintesi delle arti, apertura ai progressi delle scienze e delle tecniche. Disegno per scultura, 1931-32
Oltre la distinzione tra figurazione e astrazione Lontano dall’ortodossia, Fontana non vede incompatibilità tra innovazione e figu- razione. Lo dimostrano le opere figurative che sono in parallelo alla produzione astratta a partire da Uomo nero. Solo per fare qualche altro esempio ricordo i bozzetti per la porta del Duomo di Milano (1950-52) e due Via Crucis. Fontana rifiuta la qualifica di ceramista: tratta la materia da scultore. Nella Via Crucis del 1947 di collezione privata (quattordici formelle “barocche” in ceramica colorata e riflessata) l’oro domina e a un primo sguardo quasi occulta le forme, le quali poi si differen- ziano, emergono vive in un movimento drammatico. Un’altra Via Crucis, del 1955, è nella cripta della Basilica di san Fedele a Milano. Nuda terracotta con rari rialzi in 16 biacca. Fontana ha ragione di intitolare Venezie il ciclo astratto del 1961. 17 Nei disegni figurativi l’abilità, priva di compiacimenti virtuosistici, è subordinata alla caratterizzazione stilistica del soggetto, si tratti di disegni indipendenti o di studi per dipinti sculture ceramiche. La sicura delineazione fa emergere qualcosa di nascosto e di misterioso, e crea leggerezza anche con estreme sintesi e minimi accenni. Due figure maschili del 19 (tav. 4), Chimere del 1938-39 (tav. 5) in molte variazioni nel foglio con al centro una figura femminile, libero ricordo di Maillot. Figura femminile seduta del 1946 (tav. 6) ripropone sintesi e levità, come Torsos del 1946 (tavv. 7 e 8). Tra i risultati più alti metto Diez hombres e Diez mujeres del 1946 (tavv. 9 e 10) e Placer al sol del 1947 (tav. 11). Rapidità e facilità di esecuzione? È decisivo il non misurabile tempo di incubazione, il formarsi nelle mente, tra sollecitazioni diverse, di impianti e di sviluppi di opere Tavoletta graffita, 1931 quale sia il mezzo con cui saranno espresse. I disegni figurativi hanno gli stessi
elementi formali dei disegni astratti degli anni 1946-47 e non appartengono a una produzione minore, anche quelli per ceramiche (studi per Conchiglie 1948, tav.12). Il percorso costruttivo del segno non si subordina mai alla verosimiglianza, sfiora il foglio, riduce o elimina particolari, si ferma ad accenni che una volta scoperti si rivelano essenziali. In lunghi tempi di osservazione si realizza la magia dell’espe- rienza artistica: noi entriamo nell’opera e l’opera entra in noi. Una empatia “intelli- gente” del tutto estranea alla suggestione. Lo spazialismo prima dei “buchi” La rottura del supporto non è il primo grande evento innovativo. L’artista non solo 18 nel 1949 ha alle spalle quasi due decenni di alta creatività ma di buchi non c’è 19 Bozzetto per la V porta del Duomo di Milano, 1952 traccia quando usa il termine Spazialismo e l’espressione concetto spaziale, si tratti di manifesti o di opere. In una verifica della congruenza tra prodotti e cronologia, le date attestano con obiettività che lo Spazialismo e i primi concetti spaziali (anche nelle soluzioni plastiche) e ambienti spaziali non hanno niente a che fare con la sperimentazione degli effetti compositivi di buchi. L’originalità di Fontana è già chiaramente delineata con molte variazioni nel periodo che va dal 1930 alla vigilia Manifiesto Blanco che nasce nel 1946 a Buenos Aires in un clima di discussione e di collaborazione. Le date. I due disegni in cui compare per la prima volta l’espressione concepto espacial sono del 1946. Quello che do- cumento (Concepto espacial, tav. 13) è una esplorazione pluridirezionale di spazio di cui la grande forma circolare esprime il carattere infinito. I piccoli circoli all’in- terno in sospensione si accompagnano a brevi tratti verticali e obliqui, così che tra
i vari elementi si crea un rapporto energetico. Sempre del 1946 due disegni in cui lo spazio è occupato da una sorta di scrittura (tavv. 14 e 15); del 1947 è il disegno con la scritta “concetto spaziale antiscultura e antipittura”(tav. 16), quasi progetto della scultura Concetto spaziale, gesso dipinto con cementite nera 04. La sua strut- tura a grumi, come il contemporaneo Uomo atomico, conferma il modo nuovo di superare la distinzione tra figurazione e astrazione e tra pittura e scultura per andare oltre una sintesi verso qualcosa del tutto diverso che interpreti i mutamenti culturali e sociali. Del 1948 è il ciclo Ambiente spaziale, gouaches con leggerissime forme circolari con effetto di movimento (perciò definite Evoluzioni), fino ad arrivare nel febbraio del 1949 a una installazione rivoluzionaria, l’ambiente spaziale realizzato nella Galleria del Naviglio di Milano (uno studio, tav. 17). Nella installazione i buchi 20 delle pareti sono ottenuti non per perforamento ma mediante la distribuzione rego- 21 Scultura spaziale, 1947 lare di materia fluorescente colpita dalla luce nera di Wood. È forte la necessità di conquistare libertà di espressione quanto a mezzi, fisionomie stilistiche, riferimenti culturali. Fontana temeva che fossero apprezzati soltanto gli aspetti appariscenti delle sue opere. Insiste sull’importanza di una lunga elaborazione di idee. “Il Manifiesto Blanco – mi dice – non è nato all’improvviso. Allo spazialismo ho cominciato a pensare fin dal 1941. A quell’epoca già si era formato un piccolo gruppo ed erano iniziate le discussioni. Non realizzavo niente di nuovo perché non riuscivo a legare alla scultura l’idea spaziale e a uscire quindi da uno spazio tradizionale”. Niente di nuovo? Basta la produzione dal 1930 al 1934 a fare di Fontana un grande artista. È naturale. Gli innovatori hanno forte il bisogno di andare oltre. Lo Spazialismo riprende i problemi di nuovi spazi che agli artisti già si erano pre-
sentati agli inizi degli anni Dieci con l’appoggio ad analogie delle geometrie non a New York a causa non soltanto delle mostre dei suoi maggiori esponenti ma anche euclidee e alla quarta dimensione. Sono problemi che non si esauriscono nelle della presenza di artisti sia durante la prima guerra mondiale sia in seguito all’emi- Avanguardie artistiche del Novecento ma continuano a infondere vitalità nelle ri- grazione legata al nazismo (tra l’altro la diaspora del Bauhaus dopo la sua soppres- cerche. È dominante l’idea di penetrazione materiale-simbolica con invenzioni rap- sione) e nel periodo della seconda guerra mondiale (Léger, Tanguy, Masson, Matta, presentative in uno spazio non misurabile, anche se non vengono vanificate la Ernst, Dalì, Mondrian). Memorabile l’esposizione nel 1939, nella Valentine Gallery materia e la sua tangibilità. In Fontana le espressioni “concetto spaziale” e “ambiente di New York, di Guernica insieme a molti disegni. Forse la presenza di Miró è la spaziale” danno evidenza a un modo nuovo di vedere e di sentire la realtà e la sua più costante per le numerose mostre dal 1926, a New York ma anche in altre città, realizzazione con i mezzi dell’arte. Egli non è irrazionalista se afferma che la ragione in gallerie private (in quella di Pierre Matisse mostre a cadenza quasi annuale) e in non è in grado di andare in profondità. È detto nel Manifiesto. “La ragione non crea. musei. Egli è a New York negli anni 1947, 1952, 1967, 1968. Determinante la sua E nella creazione delle forme la sua funzione è subordinata alla funzione del sub- influenza insieme a quella di Picasso, altro surrealista eterodosso. I surrealisti a conscio”. New York sono accolti sia da gallerie private (Julien Levy, Pierre Matisse, Peggy 22 Guggenheim) sia dal Museum of Modern Art. 23 La situazione internazionale Negli Stati Uniti la necessità di aggiornamento con la conoscenza dell’arte europea ha origini lontane. Si cita la colossale Armory Show del 1913, ma si deve andare Era molto diffusa l’idea di una matrice non razionalistica della creatività. Il surrea- più indietro, anche se è azione di minoranza. Alfred Stieglitz all’attività di fotografo lismo al suo nascere (1924) porta in campo con forza determinante l’inconscio, il affiancò quella interessata a fare conoscere negli Stati Uniti l’arte europea. Nel 1905 caso, l’automatismo. Non meno diffusa l’idea che il rinnovamento ha bisogno del- apre la galleria “291” e avvia una serie di mostre: Rodin, Brancusi, Cézanne, Pi- l’alleanza tra forze diverse, anche dell’apertura dell’arte alle scienze e alle tecniche. casso, Picabia. Ebbe risonanza ben maggiore Armory Show (1913) anche per le Sono convinzioni che Fontana, nel 1947, anno del suo terzo ritorno in Italia, svi- dimensioni: 1300 dipinti, sculture, opere decorative e più di 300 diverse correnti. luppa nel Manifesto dello spazialismo. È un periodo di grande rinnovamento in una Da Goya, Delacroix Courbet all’impressionismo, al postimpressionismo. Tra gli altri molteplicità di direzioni sia in Europa sia negli Stati Uniti. Kandinsky, Matisse, Picasso, Léger, Picabia, Duchamp, Kirchner. Naturalmente Nel valutare il rinnovamento in generale si mette in primo piano la svolta operata molto varie le reazioni del pubblico e della critica. Non ebbero buona accoglienza dall’action painting che, è stato detto, sposta il centro dall’Europa agli Stati Uniti. Lusso 2 1905 di Matisse e Nudo che scende le scale 1912 di Duchamp. La svolta sarebbe stata impossibile senza l’assimilazione delle avanguardie europee Le novità dell’action painting si fecero sentire in Europa come una sorta di resti-
tuzione di influenze da parte degli Stati Uniti, in cambio di quella degli artisti eu- un disegno di un particolare (tav. 19): con libertà e rigore le volute evocano luce e ropei. Nel clima delle innovazioni Fontana, fin dai primi anni Trenta, si muove movimento. Dell’anno dopo un foglio con tre studi per Decorazione spaziale (tav. con ricerche originali, e anche più tardi nella sua produzione non c’è niente di 20), molto pittorico (matita, acquarello, tempera); il bianco delle forme e dei segni quei diffusissimi stereotipi derivati dall’action painting che succedono a un tardo sono apparizioni di luci su fondo nero. Sempre nel campo della decorazione, uno e stanco cubismo. studio del 1958 (tav. 21) con il contrappunto di una delineazione marcata su uno sfondo contenuto in una forma simile, quasi ombra, di leggera struttura grafica. Per Rottura del supporto e vicende della materia Fontana la decorazione è arte a pieno titolo. In uno dei primi disegni con buchi c’è la scritta: “I buchi! Nessuna rivoluzione una forma come un’altra [intelligente, can- Iniziati nel 1949, i buchi non segnano un periodo in cui Fontana si fermi a lungo. cellato] di decorare una tela”. Nei primi disegni i buchi sono realizzati sia come un insieme di fori a piccoli trian- Del 1955 opere con i buchi in minoranza. Prevalgono segni fitti e radi dentro e fuori goli e di tagliuzzamenti paralleli sia come spessi punti (tav. 18), nelle due soluzioni una forma a semicerchio a conferma della non chiusura (“panettoni” è denomina- 24 quasi sempre all’interno della delineazione di una irregolare forma circolare. La fre- zione familiare). Il disegno Concetto spaziale 1955 (tav. 22) è da confrontare con il 25 quentissima delimitazione circolare contraddice la chiusura in accordo ai principi dipinto Concetto spaziale 1956 (tav. 23) di cui è lo studio. Il semicerchio di bruni dello Spazialismo. È utile il ricorso al simbolo (il cerchio come cielo, spazio infinito con pochi buchi irregolari e un piccolo taglio quasi centrale è in primo piano sullo contrapposto al quadrato come terra) ma insieme al fatto che il cerchio è continuità sfondo ocra rossa che tende a schiarimenti con effetti di lontananza. Novità ma infinita della forza costruttiva di concreti “concetti spaziali”: la loro bellezza induce sempre in cicli brevi. Addirittura brevissimi nel caso di una struttura a costellazione sospensione e attiva contemplazione, rende i concetti spaziali estranei al concet- (Concetto spaziale 1955, tav. 24). Negli anni 1956-57 costruzioni di forme che at- tualismo che banalizza il prodotto visibile a favore di chissà quale profondità di traversano come strisce l’intero supporto e sono studi di una varietà di collages pensiero inespresso. (tav. 25). Anche sculture fatte di piastre bucate, quasi mobili su uno stelo lungo e Sostanziali le variazioni quando ai buchi, molto presto, si associano accentuati rialzi sottile, hanno molte affinità con i collages (tavv. 26 e 27). In scultura esempi di di materia e incastonamento sulla tela di vetri colorati. Del 1951 è la realizzazione, combinazione di materiali, come ferro+piombo o piombo+legno (questa scritta è in collaborazione con l’architetto Luciano Baldessari, dell’Arabesco fluorescente, su un foglio del 1957, tav. 28). I rialzi di materia a volte plasmata accentuano la decorazione al neon per la IX Triennale di Milano, una occasione anche per ripren- tangibilità, la presenza dell’azione dell’artista. L’inserimento di vetri colorati simula dere e sviluppare i temi spaziali nel Manifesto tecnico. Dell’opera per la Triennale fioriture e rispecchiamenti.
I buchi si accompagnano, nel 1957-58, a variazioni più radicali nei collages di tela su tela e sono caratterizzanti sia le forme sovrapposte sia l’infittirsi di segni. Il segno si fa scrittura minuta o si svolge con un andamento di irregolare arabesco. Queste opere inducono in modi nuovi riserbo e delicatezza, sensazioni che si provano da- vanti a tutte le opere di Fontana e anche nei rapporti con l’artista. Un disegno con tre forme gremite da fitti segni leggeri è realizzato su tela (tav. 29). La nascita dei tagli: dal negativo al positivo I tagli nel 1958 sono per così dire in negativo, non nascono da intenzione proget- tuale. Dopo opere con inserimenti di vetri o fatte di spessa materia dal forte effetto 26 plastico e gli originali collages, Fontana prova una semplificazione estrema, gli “in- 27 Concetto spaziale, 1957 chiostri–paesaggi” del 1958, atmosferiche velature con chine colorate molto diluite. Non forme ma ombre, presenze evanescenti, spazio indefinito. Le opere erano de- stinate a una mostra al Naviglio di Milano. Improvvisa decisione. Fontana non le accetta e ne tagliuzza la superficie con intervento di cauta distruzione. I tagli o più precisamente piccole lacerazioni nascono per caso? La risposta è positiva se si ri- conosce la complessità del caso non ridotto a fatto fortuito. Il caso ha una misteriosa logica, è compenetrato dall’azione di una lunga incubazione, si congiunge all’in- conscio e all’intuizione che possono volgere il negativo in positivo. Per via in gran parte sotterranea il caso contribuisce a rinnovare i concetti spaziali. Gli “inchiostri-paesaggi” diventano “attese” e sono esposte al Naviglio verso la fine del 1958. “Il termine – spiega Fontana - è un po’ romantico: attesa di una nuova soluzione, per qualcosa che deve succedere, insomma il principio di una svolta”.
Le vere Attese iniziano nel 1959 con un seguito di novità in una molteplicità di di- rezioni e con risultati alti. Innovazione pluridirezionale Fontana non si ferma a lungo, come ricerca, nel ciclo Attese (1959-60). L’interesse per nuovi spazi plastico-pittorici lo portano anche a studiare le forme dei supporti, così da uscire dalla tradizione del quadrato o del rettangolo (tav. 30). Si spinge più avanti quando concepisce una composizione a elementi multipli non continui per dare uno sviluppo nuovo al rapporto arte–spazio, e quindi alla realizzazione di con- cetti spaziali. È la nascita dei Quanta del 1959 (tav. 31). In analogia ai principi della 28 meccanica quantistica, che stabiliscono che i valori delle osservabili quanto-mec- 29 caniche costituiscono un sistema discreto (i quanta), l’opera si manifesta per ele- menti separati (tre-nove dipinti di varie forme) e questo indica l’impossibilità di una espressione pittorica continua. Lo so, dire che alle entità discrete della meccanica quantistica corrispondono dipinti distanziati non è spiegazione sufficiente, tuttavia serve a giustificare perché un artista usa un particolare termine. Il ciclo dei Quanta è particolarmente breve. Torna ad avere prevalenza, con soluzioni del tutto nuove, la materia determinante per le modalità di stesura che variano leggermente gli spessori nel ciclo delle Ve- nezie (1961). Materia plasmata senza pesantezza: ori, argento, luci, acque, costel- lazioni di vetri colorati, candore della pietra d’Istria, Piazza San Marco nel variare delle ore (tav. 32 recto; tav. 33 verso). Le irregolari stesure di pasta moderatamente Concetto spaziale attese, 1958 alta danno vita alla preminenza dell’acqua anche per la particolare costruzione della
città che l’acqua l’ha dentro e nelle sue fondamenta, in un generale, lieve movimento, ed è una diversità che si avverte in esperienze reali proprio perché magiche e diso- rientanti. L’astrattismo modifica radicalmente le idee sulla realtà dell’arte e sulla vitalità dei contenuti. Fontana con l’astrazione esprime l’esperienza di Venezia in vari luoghi e in varie situazioni, il suo particolare rapporto con la città. Egli traspone e condensa, mescola visione e emozioni. Non nella verosimiglianza le immagini hanno concre- tezza. Come fatti d’arte le vedute veneziane di Canaletto non sono più reali di quelle di Fontana, e le Venezie di Fontana non sono più astratte di quelle di Canaletto. Non buchi ma crateri di ardua o impossibile penetrazione, non tagli ma fenditure profonde nei cicli Nature (1960-61) e Fine di Dio (1962-63). Hanno in comune 30 drammaticità e contrasto nel silenzio, per Fontana necessaria atmosfera degli fatti 31 artistici. Le Nature di ceramica grezza con ampi crateri che s’inabissano: uno stato di miste- riosa primitività della materia a cui l’intervento partecipa. Vi convergono, in con- trasto, due simboli dell’infinito: la sfera e l’illimitata profondità di buchi e di fenditure. In Fine di Dio la forma ovoidale (la simbologia dell’uovo: creazione del mondo, vita, perfezione, cosmo) duplicata dal segno che corre lungo tutto il limite interno, perforata da numerosi crateri: non spazio finito di sicuro possesso ma un modo di essere dell’infinito. Fine di Dio, intera vicenda della vita e della morte. I crateri sono lacerazioni dell’esistere che lo spazio inghiotte. La fine di tutto, anche di Dio. La rottura della bidimensionalità pone anche questo ciclo di Fontana, nato scultore, al di là della pittura e della scultura (tav. 34). Il controllo di irregolarità, i ritmi di stacchi Piazza san Marco e di asimmetrie, l’effetto di illusoria grandiosità hanno vita di alta invenzione. Il di-
segno con dieci studi per Fine di Dio (1963) chiude una sorta di conversazione con un amico che è presenza costante nei miei affetti e nei miei lavori. Da produttore a designer La stagione creativa di Fontana continua quando da produttore manuale delle opere ne diventa il designer. È la nascita delle grandi Ellissi di legno laccato e delle Scul- ture in metallo verniciato, opere del 1967-68. Mi coinvolsero, ma questo vale per tutto il lavoro con l’artista, non solo come critico con la presentazione che scrissi per la mostra torinese ma anche in rapporti e scambi di idee. In uno degli incontri nei primi mesi del 1967 l’artista mi mostrò due comuni fogli 32 A4 gremiti di piccoli disegni per Ellissi con variazioni di costellazioni di buchi, già 33 Ellisse, 1967 in corso di realizzazione. Fontana, generosissimo, mi promise con la consueta sem- plicità che, completato il ciclo, mi avrebbe dato i fogli, cosa che non avvenne per la sua improvvisa e prematura morte. Metto le opere da designer di Fontana in rapporto con quanto mi disse: “Vorrei ri- prendere i concetti dei Manifesti dello Spazialismo e del Manifesto tecnico, scrivere o collaborare a scrivere un’opera sullo spazialismo senza riprodurre neppure un di- segno o un quadro per sottolineare la mia convinzione che lo spazialismo è valido come interpretazione non limitata a fatti artistici ma estesa a una generale situazione nuova di vita che è mia come è di tutti”. Fontana non guarda al passato quando insiste sulla necessità di chiarire ulterior- mente concezioni e realizzazioni. L’essere stato indicato nel brano di lettera citata
all’inizio come persona capace di dare un contributo lo considero un lascito di valore anche morale che nel corso degli anni ho cercato di onorare. Con questi sentimenti assegno un valore particolare all’ultimo foglio, a ricordo della conclusione, nel 1967, delle mie ricerche sui disegni che Fontana seguì sempre con interesse e collaborazione. Il saggio, che Fontana lesse nelle varie fasi di avan- zamento e nella forma definitiva era ormai da licenziare per la stampa. Non per sug- gerimento da grafico ma come nuovo segno di interesse per la vicenda che ci aveva accomunato, Fontana dice che sarebbe stato bello uscire dal modo ordinario di fare i libri e consegna la sua idea a un disegno (tav. 35) su cui annota due soluzioni per il susseguirsi delle pagine: inizio libro a gradi lettere a piccolissime 34 se fatto al rovescio inizio piccolo via via a grandi lettere TAVOLE
1. Disegno astratto 1930 penna su carta, 280 x 225 mm 36 37 firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 10 illustrato
2. Disegno astratto 1930 penna su carta, 222 x 228 mm 38 39 firmato in basso a destra IN ARCHIVIAZIONE
3. Studio per scultura 40 1934 penna su carta, 325 x 253 mm, firmato in basso a destra 41 IN ARCHIVIAZIONE
4. Figure 19 penna su carta, 320 x 222 mm 42 43 firmato in basso a destra IN ARCHIVIAZIONE
5. Studi per scultura Chimere 1938 - 39 44 Inchiostro su carta, 314 x 420 mm Non firmato, ma con titoli autografi 45
4. Figura seduta 1946 inchiostro su carta, 275 X 205 mm 46 47 47 firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 58 illustrato
7. Torsos 1946 inchiostro su carta, 305 X 220 mm 48 49 49 firmato, intitolato, firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 60 illustrato
8. Torso 1946 inchiostro su carta, 305 X 220 mm 50 51 51 firmato e datato al centro a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 61 illustrato
9. TDiez Hombres 1946 inchiostro su carta, 222 x 315 mm 52 53 firmato, datato e intitolato al centro Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 62 illustrato.
10. Diez Mujerres 1946 inchiostro su carta, 222 X 315 mm 54 55 firmato, datato e intitolato al centro Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 63 illustrato
11. Placer al Sol 1947 inchiostro su carta, 217 X 305 mm 56 57 intitolato in alto, firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 64 illustrato
12. Studi per conchiglie 1948 matite e acquerello su carta, 284 x 228 mm 58 59 59 firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 65 illustrato N. ARCHIVIO 3217/5
13. Concepte Espacial 1946 inchiostro su carta, 222 x 280 mm 60 61 intitolato, firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 70 illustrato Simone Soldini, Luca Massimo Barbero, Lucio Fontana 1946 - 1960. Il disegno all'origine della nuova dimensione Mendrisio CH 2008, no 12 pag. 21 illustrato
14. Essenza 1946 inchiostro su carta, 253 X 320 mm 62 63 intitolato, firmato e datato in basso Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana Torino 1967, no 52 illustrato Enrico Crispolti, Omaggio a Lucio Fontana, Roma 1971, no. 86 illustrato Lucio Fontana, Palazzo Reale Comunale di Milano, 1972, no. 43 pag. 89 illustrato Simone Soldini, Luca Massimo Barbero, Lucio Fontana 1946 - 1960. Il disegno all'origine della nuova dimensione Mendrisio CH 2008, no 10 pag. 21 illustrato
15. Disegno 1946 inchiostro su carta, 255 X 350 mm 64 65 firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 55 illustrato Enrico Crispolti, Omaggio a Lucio Fontana, Roma 1971, no. 89 illustrato Lucio Fontana, Palazzo Reale Comunale di Milano, 1972, no. 41 pag. 87 illustrato
16. Concetto spaziale/Antiscultura Antipittura 1947 inchiostro su carta, 295 x 221mm 66 67 67 intitolato in basso a destra, firmato e datato al retro Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 72 illustrato Simone Soldini, Luca Massimo Barbero, Lucio Fontana 1946 - 1960. Il disegno all'origine della nuova dimensione Mendrisio CH 2008, no 11 pag. 21 illustrato
17. Studio per ambiente spaziale 1949 penna su carta, 280 x 222 mm 68 69 69 siglato, firmato e datato in basso Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 74 illustrato Enrico Crispolti, Omaggio a Lucio Fontana, Roma 1971, no. 108 illustrato
18. Concetto spaziale 1949 inchiostro su carta, 313 x 240 mm 70 71 71 firmato e datato in centro a destra N. ARCHIVIO 3217/1 (EX628/25)
19. Studio per la IX Triennale di Milano 1951 inchiostro su carta, 295 x 215 mm 72 73 73 firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 77 illustrato N. ARCHIVIO 3217/9
20. Studio per decorazione spaziale 1952 matita, acquerello e tempera su carta, 210 x 295 mm 74 75 firmato in basso a sinistra, firmato e datato sul retro N. ARCHIVIO 3217/7
21. Disegno 1958 inchiostro su carta, mm 76 77 firmato in basso a destra IN ARCHIVIAZIONE
22. Studio per Concetto spaziale 1955 china e strappi su carta, 250 x 355 mm 78 79 firmato e datato in basso a sinistra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 122 illustrato Aldo Passoni, Lucio Fontana, Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino 1970. N. 12 non illustrato Simone Soldini, Luca Massimo Barbero, Lucio Fontana 1946 - 1960. Il disegno all'origine della nuova dimensione Mendrisio CH 2008, no 55 pag. 42 illustrato N. ARCHIVIO 3217/8
23. Concetto spaziale 1956 pastelli a olio su tela, 50 x 40 cm 80 firmato, datato e dedicato al retro 81 N. ARCHIVIO 628/5
24. Disegno 1958 inchiostro su carta, 253 x 350 mm 82 83 firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 127 illustrato
25. Studi per collage 1958 inchiostro su carta, 325 x 255 mm 84 85 85 firmato al centro Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 123 illustrato
26. Studio per collage 1957 inchiostro su carta, mm 86 87 87 firmato e datato in basso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 121 illustrato
27 Studio per collage 1957 inchiostro su carta, mm 88 89 firmato e datato in basso a destra IN ARCHIVIAZIONE
28. Studio per “Decorazione murale” / piombo+legno 1957 china, acquerello e pastello su carta, 324 x 245 mm 90 intitolato, firmato e datato in basso 91 91 Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 138 illustrato N. ARCHIVIO 3217/2
29. Studi per scultura 1958 penna su tela, 200 x 240 mm 92 93 firmato e datato in basso a sinistra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 128 illustrato
30. Studi per supporti di concetti spaziali 1960 inchiostro su carta, 280 x 222 mm 94 95 95 firmato e datato in baso a destra Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 142 illustrato
31. Composizioni/Quanta 1960 96 inchiostro su carta,222 x 333 mm intitolato e datato in basso al centro 97 Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 153 illustrato
32. Tre studi per Venezia 1960-61 98 99 inchiostro su carta, 220 x 330, altri studi sul recto Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 159 illustrato Lucio Fontana, Palazzo Reale Comunale di Milano, 1972, no. 46 pag. 92 illustrato N. ARCHIVIO 3217/4
33. Sei studi per Venezia 1960 - 61 100 101 inchiostro su carta, 220 x 330, altri studi sul verso Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 158 illustrato N. ARCHIVIO 3217/4
34. Dieci studi per La fine di Dio 1963 102 103 103 biro su carta, 330 x 220, intitolato e firmato Bibliografia: Francesco De Bartolomeis, Segno Antidisegno di Lucio Fontana, Torino 1967, no 155 illustrato N. ARCHIVIO 3217/3
35. Studio per impaginazione catalogo 1967 104 105 matite su carta, mm, scritte autografe IN ARCHIVIAZIONE
ELENCO DELLE TAVOLE Disegno astratto, 1930 pag 36 Disegno astratto, 1930 pag 38 Studio per scultura, 1934 pag 40 Figure, 19 pag 42 Studio per sculture Chimere, 1938-39 pag 44 Figura seduta, 1946 pag 46 Torsos, 1946 pag 48 Torso, 1946 pag 50 Diez hombres, 1946 pag 52 Diez mujerres, 1946 pag 54 Placer al Sol, 1947 pag 56 Studio per conchiglie, 1948 pag 58 Cencepte espacial, 1946 pag 60 Essenza,1946 pag 62 Disegno,1946 pag 64 Concetto spaziale / Antiscultura Antipittura, 1947 pag 66 Studio per ambiente spaziale, 1949 pag 68 Concetto spaziale, 1949 pag 70 Studio pe la IX Triennale di Milano, 1951 pag 72 Studio per decorazione spaziale, 1952 pag 74
Disegno, 1958 pag 76 INDICE Studio per concetto spaziale, 1955 pag 78 Concetto spaziale, 1956 pag 80 Disegno, 1958 pag 82 Studi per collage, 1958 pag 84 Mutamenti innovativi pag 7 Studio per collage, 1957 pag 86 Studio per collage, 1957 pag 88 I disegni nelle ricerche pag 9 Studio per decorazione murale/piombo+legno, 1957 pag 90 Dagli anni Trenta pag 10 Studi per scultura, 1958 pag 92 Studi per supporti di concetti spaziali, 1960 pag 94 Oltre la distinzione tra figurazione e astrazione pag 15 Composizioni/Quanta,1960 pag 96 Tre studi per Venezia, 1960-61 pag 98 Lo spazialismo prima dei “buchi” pag 18 Sei studi per Venezia, 1960-61 pag 100 La siyuazione internazionale pag 22 Dieci studi per la fine di Dio, 1963 pag 102 Studio per impaginazione catalogo, 1967 pag 104 Rotture del supporto e vicende della materia pag 23 La nascita dei tagli: dal negativo al positivo pag 25 Innovazione pluridirazionale pag 27 Da produttore a designer pag 30 Tavole pag 33 Elenco delle tavole pag 105
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