Analisi del voto: poca politica e tanti candidati - Passaggi ...
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Analisi del voto: poca politica e tanti candidati Di Luca Ferrucci I risultati delle elezioni regionali in Umbria non sembra possano lasciare particolari spazi di ambiguità interpretativa: la distinzione tra coloro che hanno vinto e quelli che hanno perso sembra priva di “grigi”, come talvolta in altre consultazioni elettorali taluni hanno voluto interpretare. Così, la famosa battuta del premio Nobel dell’economia, Ronald Coase, che ebbe modo di dire: «se torturi i dati a sufficienza, la natura finirà sempre per confessare» non sembra applicarsi agli esiti elettorali umbri. Resta ovviamente difficile stabilire i fattori che hanno determinato questo esito elettorale. In astratto, in una consultazione regionale si possono ipotizzare alcune determinanti, quali: - Una tendenza elettorale nazionale indotta dalle maggioranze politiche di governo e da quelle di opposizione; - Fattori specifici regionali tali da rendere l’elettorato regionale sensibile: • alla credibilità e reputazione di soggetti quali i candidati alla presidenza della regione e le persone candidate al consiglio regionale; • alle caratteristiche della legge elettorale (per esempio, spingendoli a privilegiare voti rivolti alle coalizioni con probabilità di successo rispetto a formazioni minoritarie e marginali); • all’esistenza di una competizione reale ed effettiva tra due o tre poli politici; • ai programmi elettorali formulati dai partiti e coalizioni; • ai comportamenti decisionali (sia di governo che di opposizione) perseguiti, nella legislatura in fase conclusiva, dai vari partiti politici. Assai plausibilmente, alcuni fattori regionali specifici hanno contribuito ad accentuare l’intensità della sconfitta elettorale del centro sinistra. Ne possiamo indicare alcuni. La crisi economica è stata particolarmente severa in Umbria – anche comparativamente alle altre regioni italiane – e ha costituito un fattore di indebolimento della coalizione di governo sul piano elettorale. Inoltre, la vicenda giudiziaria sulla sanità regionale ha rappresentato un ulteriore fattore di indebolimento della credibilità della maggioranza uscente di governo. Infine, il percorso politico realizzato dalla
coalizione di centro sinistra, inclusa l’alleanza civica con il Movimento 5 stelle, si è realizzata con diversi momenti di fibrillazione (anche nella scelta del candidato presidente, tra veti e sostituzioni, perfino a poche settimane dal voto) e con una sfera decisionale accentrata, opaca e essenzialmente “romana” (ovvero senza il coinvolgimento dei partiti e degli amministratori locali). La tesi originariamente formulata dal PD di ipotizzare un candidato “centrista” (meglio se di centro destra) per attrarre voti dall’area cattolica e moderata, nonché espressione di un universo civico regionale che avrebbe dovuto “lievitare” e strutturarsi adeguatamente prima delle elezioni è apparsa piuttosto fragile. Il civismo è apparso debole e frammentato, con taluni esponenti espressione di un trasformismo politico più che di un “purismo” civico. Localismi civici e interessi personali hanno costituito barriere all’aggregazione funzionale di un civismo su scala regionale. I tempi ristretti per far lievitare e strutturare questo civismo hanno contribuito a renderlo debole e, per taluni aspetti, anche litigioso al suo interno. La volontà del PD di decidere, in nome e per conto, del civismo ha contribuito a generare contrapposizioni con questo partito. Insomma, un percorso politico accidentato e conflittuale, anziché espressione di coesione e convergenza politica e programmatica. Ma passiamo ai numeri di queste elezioni regionali. Per ragionare su questi esiti elettorali abbiamo preferito elaborare i dati delle sole consultazioni regionali: si tratta di dati omogenei, sebbene anch’essi siano influenzati, in parte, da tendenze nazionali negli anni oggetto di rilevazione. I dati riportati riguardano quelli conseguiti dal candidato presidente di una coalizione e sono stati arrotondati ad un solo decimale per semplificarne la lettura e interpretazione. Anno Vo t i % Vo t i % A l t r i Differenz c e n t r o c e n t r o voti % a tra sinistra destra centro sinistra e centro destra 1995 59.9 39.0 1.1 20.9 2000 56.4 39.2 4.4 17.2 2005 63.0 33.6 3.4 29.4
2010 57.2 37.7 5.1 19.5 2015 42.8 39.3 17.9 3.5 2019 37.5 57.6 4.9 -20.1 Come si può notare, dal 1995 sino al 2010, il differenziale tra centro sinistra e centro destra è sempre stato, a favore del primo, attorno a venti punti percentuali, salvo l’exploit del 2005 (Lorenzetti Due) che ha raggiunto il valore massimo di quasi trenta punti percentuali. Si può dunque parlare di una tendenziale stabilità dell’elettorato – in termini di differenziale tra questi due poli - sino al Governo Marini Uno nel 2010. Anche i voti residuali ad ipotetici poli politici alternativi hanno sempre “raccolto” limitati consensi, fondamentalmente attorno a quattro punti percentuali, salvo l’eccezione del 1995 quando raggiunsero valori minimali. Quindi, possiamo parlare di una bipolarizzazione dell’elettorato umbro sino al 2015, quando si presenta per la prima volta, nella consultazione regionale, in piena autonomia il Movimento 5 Stelle (che arriva a conseguire il 14.3%), mettendo a serio rischio il successo del centro sinistra. Possiamo quindi ritenere che l’elettorato manifesta, nel 2015, una evidente disaffezione dal centro sinistra, con l’apparizione del terzo polo costituito dal Movimento 5 Stelle, ma anche dalla buona performance del centro destra (con il 39.3% consegue la migliore performance dal 1995). In altri termini, nel 2015 si ha un’evidente discontinuità rispetto alla storia elettorale precedente: il centro sinistra, in termini percentuali, perde molti consensi (scendendo al 42.8% rispetto al massimo conseguito nel 2005 con il 63.0%), il centro destra ottiene il suo miglior risultato relativo sino ad allora (con il 39.3%) e l’apparizione del Movimento 5 Stelle “drena” un altro 14.3%, mostrando l’esistenza di un reale e significativo terzo polo politico. Peraltro, già alle elezioni amministrative municipali del 2014 il capoluogo di regione, Perugia, era passato al centro destra, segnalando un pericoloso scivolamento nei consensi del centro sinistra. Ma tutto questo non basta a generare allarme politico nelle file di questa coalizione. E infatti non si apre alcuna seria discussione e confronto interno sulle ragioni di certe sconfitte elettorali, nonché di una drastica riduzione del consenso alle regionali del 2015. In sintesi, il crollo elettorale del centro sinistra si ha a partire dal 2015 e non da prima. E’ un crollo avvenuto in modo intenso in pochissimi anni. La frattura iniziale è stata generata dai 5 Stelle e la “spallata” definitiva è stata data dal centro destra. E così è avvenuto nel 2019. Un esito prevedibile? Forse, se solo si fosse considerata la discontinuità del 2015 non un fatto contingente ed
isolato ma come l’inizio di un nuovo percorso politico ad elevata contendibilità regionale. Ma così non è stato da parte innanzitutto del partito di maggioranza relativa, ovvero dal PD. Allora chi ha vinto e chi ha perso? Ha vinto sicuramente il centro destra e ha perso l’alleanza civica tra 5 Stelle e PD. In modo particolare, nel centro destra ha vinto la Lega, insieme a Fratelli d’Italia, mentre abbiamo una marginalizzazione del peso elettorale di Forza Italia. In un certo senso, c’è una metamorfosi politico-elettorale-valoriale all’interno del centro destra, passato dalla trazione di Forza Italia a quella della Lega, come si evidenza sotto: Anno Vo t i % Vo t i % Vo t i % V o t i % c e n t r o F o r z a Fratelli Lega destra Italia Italia 1995 39.0 18.1 16.2 - 2000 39.2 18.6 15.5 0.2 2005 33.6 15.8 13.7 - 2010 37.7 32.7 4.3 2015 39.3 8.5 6.2 14.0 2019 57.6 5.5 10.4 36.9 Per le consultazioni regionali in alcune annualità, si è considerato, Fratelli d’Italia, per semplificare, al pari di Alleanza Nazionale, così come Lega come la Lega Nord e, nel 2010, il Popolo delle Libertà al pari di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Come è evidente, il cambiamento dei pesi relativi interni al centro destra mostra una crescita vertiginosa della Lega a partire dal 2010. Il dato del 2015 rappresenta di nuovo una discontinuità nel corso della storia recente, visto che la Lega assume il ruolo trainante del centro destra, rafforzato ulteriormente nel 2019 quando diviene il partito di maggioranza relativa dell’intero arco politico. La crescita nel centro destra riguarda anche Fratelli d’Italia che superano i dieci punti percentuali, sebbene la destra storica in Umbria avesse, anche a partire dal 1995, valori addirittura superiori (salvo l’esperienza del Popolo delle Libertà e il risultato relativamente marginale conseguito nel 2015). Insomma, sembra possibile affermare che la crescita
elettorale di Fratelli d’Italia riporta questa formazione a conseguire un risultato significativo rispetto al minimo elettorale avuto nel 2015 ma non tale da poter giustificare un successo rispetto al peso della destra nel panorama politico umbro. Forza Italia, invece, con il suo posizionamento nel centro destra, secondo connotati liberal-democratici, appare verso una crescente marginalizzazione: il suo declino relativo si registra a partire dal 2000 senza soluzioni di continuità. C’è dunque una “rabbia” sociale che trova nella Lega, e subordinatamente in Fratelli d’Italia, una canalizzazione politica dell’elettorato, contribuendo in questo modo all’affermazione del centro destra in Umbria. In particolare, sembra di poter parlare di una destra (più che di un centro destra) di ispirazione nazionalista e sovranista, rispetto a componenti moderate liberal democratiche. Possiamo quindi affermare che Forza Italia ha vinto grazie agli altri ma ha perso queste elezioni se la guardassimo in “solitaria”. Il centro sinistra ha perso. In questa coalizione tutte le componenti hanno perso. Certamente, la lettura e l’interpretazione del voto è molto più complicato in questa coalizione per le diverse configurazioni assunte nelle differenti consultazione (ad esempio, il PD si presenta per la prima volta nel 2010 mentre nel 2005 si presenta l’Ulivo). Assumendo che queste due configurazioni costituiscano l’aggregazione di PDS e Popolari (ossia le formazioni politiche precedenti), vengono riportati i relativi valori in celle unificate. Inoltre, per ragioni di semplificazione, si riporta nella colonna del PD nel 1995 il Partito Democratico della Sinistra, così come nel 2000 si tratta dei Democratici di Sinistra. Parallelamente, nelle formazioni di centro si indicano in questi due anni rispettivamente i Popolari e il Partito Popolare Italiano. Infine, si ricorda che il Movimento 5 Stelle nel 2015 si è presentato in modo autonomo. Anno Vo t i % Vo t i % V o t i % Voti % Voti % c e n t r o PD a l t r e a l t r e Movimento sinistra formazion formazion 5 Stelle i di i di centro sinistra 1995 59.9 38.6 4.1 17.2 - 2000 56.4 32.0 5.2 19.2 - 2005 63.0 45.1 17.9 - 2010 57.2 36.2 21.0 - 2015 42.8 35.8 7.0 14.6
2019 37.5 22.3 1.6 7.4 Si può evidenziare che tutte le formazioni politiche perdono peso relativo. La caduta complessiva del centro sinistra riguarda tutte le formazioni della sinistra extra PD che, dal 2015, divengono politicamente irrilevanti, rispetto ai circa venti punti percentuali che complessivamente avevano (se consideriamo congiuntamente formazioni come Rifondazione Comunista, Verdi, Laburisti, Socialisti e altri che, nelle varie consultazioni, si sono presentate). Il PD – ovvero le sue formazioni politiche “costituenti”, ossia DS e Popolari – mostra un declino relativo lento sino al 2015, passando dal 45% della stagione dell’Ulivo (valore massimo conseguito) al 36% circa del 2015. Il crollo quindi si concentra, in modo intenso, in quest’ultima consultazione, ovvero in quella del 2019, quando consegue circa il 22%. Infine, il Movimento 5 Stelle, con questa alleanza civica, dimezza il suo peso elettorale rispetto al 2015. Insomma, nessuna componente di questa alleanza civica può dirsi soddisfatta: il declino strutturale delle formazioni di sinistra extra PD si ha a partire dal valore massimo del 2010; il PD inizia a contrarre il suo peso relativo nel 2005 e, infine, la recente formazione dei 5 Stelle (sebbene non si possano ritenere aggregazioni di centro sinistra) dimezzano i loro consensi in soli quattro anni. Tra i perdenti di questa consultazione elettorale bisogna comunque annoverare anche le formazioni civiche. Avrebbero dovuto rappresentare la vera novità e discontinuità di queste elezioni e, invece, ovunque si siano presentate, hanno conseguito risultati modesti: nel centro destra, le due liste civiche prendono il 6% circa; nel centro sinistra, esse prendono poco più del 5%; infine, il terzo polo interamente civico, con il candidato Ricci, prende poco più del due per cento. Risultati complessivamente modesti se consideriamo anche il fatto che i due candidati presidenti del centro destra e del centro sinistra “capeggiavano” proprio le loro liste civiche. Insomma, il civismo, ovunque si collochi, esce sconfitto da questa consultazione elettorale. Troppo poco tempo per costituirlo, poca innovazione in termini di candidati, poche risorse finanziarie, scarsa organizzazione nei territori e altro ancora possano aver contribuito a questi risultati deludenti. Ma tra gli sconfitti dobbiamo annoverare anche tutti gli altri candidati alla presidenza. Mai dal 1995 si erano avuti ben otto candidati presidenti (essi non avevano mai superato le quattro candidature, salvo nel 2015 con sette nomi). Congiuntamente, i sei candidati presidenti di “minoranza” hanno conseguito circa cinque punti percentuali. Ciò significa che l’elettorato voleva la vera contendibilità in una competizione elettorale e non hanno disperso i
loro voti in configurazioni politiche e candidature senza speranza di vittoria. E ciò potrebbe apparire come un sintomo di polarizzazione dell’elettorato che vuole governabilità, e non dispersione e frammentazione. Tutte queste riflessioni e analisi del voto ci portano a dire che il cambiamento era “nell’aria”, anche senza la vicenda giudiziaria della sanità regionale. L’elettorato era divenuto mobile e desideroso di cambiamenti politici. Oggi ha creduto nella destra della Lega, dopo decenni di relativa stabilità. Nel 2015 si sono registrati i sintomi di questo cambiamento radicale: il centro sinistra l’ha considerato un cambiamento irrilevante, contingente e assolutamente marginale. Così non è stato. Vediamo se l’elettorato troverà una sua nuova stabilità, per molti anni, con il centro destra, oppure, anche alla luce delle configurazioni politiche nazionali che si andranno manifestando nei prossimi anni, vi saranno spazi per nuove geometrie politiche anche in Umbria. Certo che una stagione politica è definitivamente tramontata e chi pensa alla storia come ad un pendolo, dovrà forse ricredersi in tempi brevi su questa suggestione. E ciò soprattutto se l’elettorato umbro ha intenzione di continuare a mostrarsi attivo nella partecipazione al voto: oltre 455.000 persone hanno esercitato nel 2019 il diritto di voto, rispetto a soli 374.000 circa del 2015 (e con la preoccupante tendenza strutturale dal 1995 ad avere in valore assoluto una riduzione di tali elettori). In altri termini, quando c’è aria di cambiamento, la gente ci crede e va a votare. E ciò è un segno positivo per la democrazia.
Puoi anche leggere