ALIGI Emilio Isgrò - Carlo Cinque Le Stazioni Contemporary Art
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
“Aligi” è il nome che l’artista Emilio Isgrò ha scelto per l’opera del prossimo seme d’arancia in via di realizzazione presso la Fonderia Artistica 3V di Origgio (Va).
Questa scultura verrà prodotta in tre edizioni, più una prova d’artista che verrà donata dall’artista al Vittoriale degli Italiani e posizionata sotto il mausoleo di D’Annunzio.
- Altezza 250 cm - Circonferenza (nella parte più larga) 300 cm - Materiale: Bronzo - Peso: 350-400 kg circa - Basamento in pietra / a scomparsa interrato
Teoria del Seme Forse è impossibile imbastire una qualche teoria che accompagni la crescita di un seme. Ed è impossibile per la sola ragione che questo seme da me impiantato in Sicilia – il seme dell’arte, il seme della vita, il seme di quel che vuoi – contiene già di per s la teoria di ciò che è o potrà diventare. È tutta la mia opera che nasce sotto questo segno: il segno del possibile e della necessità. Né mi persuadono fino in fondo le teorie concettualistiche che ritengono ancora oggi di poter fare a meno dell’opera. Per dirla più chiaramente: se il muro di Berlino è caduto, restano in piedi altri muri, altre chiusure, e tanto basta a capire che è dei poeti che c’è bisogno in questo momento, non degli “intellettuali”. L’artista, infatti, è responsabile di quel che fa, non di quel che dice. Sono d’altra parte convinto che il modo di gestire le cose contenga in sé elementi di qualche misura teorici e per ciò stesso capaci di illuminare la visione complessiva che l’artista ha del proprio lavoro. Dimmi con chi vai, insomma, e ti dirò chi sei. Spiegami come è nato il progetto e ti dirò se ne vale la pena. La storia è semplice. La mia città d’origine – Barcellona di Sicilia, una città non più degradata del resto del mondo – ha deciso di affidarsi all’arte e alla cultura per tentare una inversione di marcia che liberi dal degrado. E si è rivolta a me – che là sono nato e là ho trascorso i miei primi anni di vita – per chiedermi di inventare un qualcosa di inedito in grado di risvegliare un interesse non puramente localistico e cittadino: qualcosa, insomma, che avesse un forte, inequivocabile spirito mobilitante. Sono occasioni che si offrono raramente ad un artista, ed è chiaro che ho accolto l’invito con molto entusiasmo, soprattutto per i risvolti morali e civili che esso presenta, oggi pressoché assenti sulla scena dell’arte inter- nazionale. Così ho proposto al sindaco della città il seme. O meglio: il Seme d’arancia. Tutto questo, naturalmente, non per bizzarria o voglia di stupire, quanto per una serie di ragioni che elenco velocemente. Nessun dubbio, intanto, che in una contrada un tempo florida per gli agrumi – come la mia Barcellona, per l’appunto – era necessario trovare fin dall’inizio un segnale piuttosto forte, capace di accendere una gente a volte candida a volte tortuosa, e tuttavia non priva di immaginazione e slancio. Tanto è vero che proprio i vecchi agrumai sono stati tra i primi a capire il senso della proposta, offrendomi la loro esperienza e i loro consi-
valutare l’autonomia imponderabile del conoscere umano e dell’inventa- gli al momento di impiantare il giardino d’aranci da me previsto a compi- re? Dire e ripetere fino alla noia che la misura dell’arte è il denaro e soltan- mento dell’opera. to il denaro – così come al tempo di Stalin era l’ideologia di Zdanov –, È evidente, in altre parole, che voglio dare al mio lavoro un significato dimenticando tranquillamente che anche il denaro è in sé un’astrazione, anzi in qualche modo corale: evitando tuttavia quella coralità spontaneista la massima astrazione possibile, come dimostra di questi tempi la difficoltà dell’happening che personalmente mi ha sempre lasciato freddino e di far nascere l’Europa unicamente sui parametri fissati dai grandi banchieri. che, dopo tutto, è ormai largamente scontata. A mi parere invece (e si Mentre è indubitabile che senza una cultura autenticamente nuova e innovativa, e intende che parlo esclusivamente per me) bisogna perseguire un’arte per ciò stesso legata ai veri bisogni di chi la produce, non può esistere neppure la cui capacità di coinvolgere vada esattamente di pari passo con la sua l’economia reale, quella che dà lavoro, respiro alla gente. tenuta formale. È proprio la dimensione della concretezza, semmai, che può aiutare il mondo a È in quest’ottica che il seme darà immediatamente i suoi frutti, se è riscoprire quel filo dell’azzardo e del rischio che l’arte occidentale ha smarrito per la vero, come è vero, che la grande scultura avrà per seguito un convegno sua parte da almeno trent’anni: da quando, cioè, a partire dagli anni sessanta, si è agroalimentare – Le arance siciliane e la sfida globale – che sarò io preferito dar fondo al capitale di invenzioni accumulato in un secolo dalle avanguar- stesso a promuovere e a presiedere, se non altro per dare il senso di die europee, senza reinvestire in cambio in un nuovo sapere artistico o in una nuova un’arte capace di prendersi le sue responsabilità fino in fondo, piutto- ricerca che non fosse puramente tecnologica e strumentale. sto che appiattirsi servilmente sul listino di Borsa. È perché la mia opera nasce in una prospettiva concretamente europea, in altre È l’arte, insomma, che produce l’economia, non viceversa. E pazienza se parole, che un rischio personale posso e voglio ancora correrlo, ricordandomi non a i pronipoti di Marx non saranno d’accordo: da che mondo è mondo, caso che uomini come Mozart, Wagner o Weber, alla loro epoca, reagirono con la sono sempre i poeti a mettere i filosofi con le spalle al muro. creazione dell’Opera Tedesca al dilagare del Melodramma Italiano, favorendo così la Va da sé che un progetto come questo, proprio per la sua singolarità, discussione e lo scambio. comporta una serie di problemi stilistico – formali che richiedono solu- Oggi, di fronte al consumarsi del Melodramma Americano in tutte le forme dell’arte zioni appropriate. Soluzioni, voglio dire, concepite e pensate proprio e della cultura, è forse venuta l’ora di incominciare a pensare con il massimo impe- per la Sicilia. Non si può inventare, lavorare nel vuoto pneumatico del gno possibile alla creazione di un’Opera Europea che aprendosi al mondo sostituisca denaro; e per me è quasi naturale, in quel clima e in quel paesaggio, che con un confronto serio e diretto il tifo da stadio dei fans. l’opera sia realizzata con una combinazione di scorie volcaniche, resina, Rimane la domanda di fondo: perché la Sicilia, perché questa terra d’Italia. E la tufo e arenaria, la pietra degli antichi teatri di Grecia e Sicilia. Né è del risposta è, almeno per me, che trovo bizzarramente ideologica – anzi dogmatica – tutto casuale, in un tale consenso, che la lingua italiana da me adottata una globalizzazione del linguaggio artistico che a certe latitudini sembra fatta appo- per l’iscrizione sia chiamata a riecheggiare e riflettere le altre lingue sta per coprire i provinciali, inconfessati interessi di chi scambia per apertura cosmo- d’Europa: potentemente sbalzata nel sasso friabile, calda e fuorviante polita una omologazione del gusto che con la conoscenza reale del mondo non ha come il gran seme finalmente visibile. niente a che fare. Ma su quale terreno cadrà il seme di pietra? E quale fertilizzante potrà È qui, per l’appunto, che scatta la forza critica e creativa dell’arte: proprio là dove un maturarlo? E dopo quanti anni nascerà il frutto titanico? Dopo un artista può prendersi il lusso di tornare a una Sicilia che, se da un lato è quanto di più secolo? O dopo tre? E dove, soprattutto? E come? “locale” si possa immaginare (in quanto l’artista è nato proprio lì, in quella terra, in L’operazione può diventare, in pratica, il modo più semplice per segna- quella città e non altrove), dall’altro certamente rimane uno dei luoghi deputati della lare una condizione di malessere che ormai sfugge completamente a cultura universale, un po’ come l’Irlanda di Joyce o l’Israele dei Dieci Comandamenti. chi continua a non capire (o non vuole) che la concretezza finanziaria è Con una precisazione ulteriore, se necessario: che la Sicilia è sì un’isola, ma un’isola cosa naturalmente ben diversa dalla concretezza dell’arte. Quale è continente, per così dire, aperta a tutta la storia e a tutte le storie, e dunque non solo infatti la concretezza di tutti coloro che ancora oggi si ostinano a sotto- non è riducibile a un unico modello culturale, ma semmai contiene tutti i modelli e
tutti li nega e li trascende, costringendo a volte gli studiosi a parlare di CarSicilie piuttosto che di Sicilia, così come sarebbe più giusto parlare di Americhe piuttosto che di America o Stati Uniti. In altri termini è proprio questo rifiuto (il rifiuto del modello unico, probabil- mente iscritto nel Dna dei siciliani) che alla fin fine può fare della Sicilia una delle forze più affidabili per lo sviluppo democratico di un’Europa che nasce al rallen- tatore. Ma nasce. Quanto poi all’immagine da me inventata per questa operazione squisitamente estetica – alla quale intendo dare ciò nondimeno una precisa, inequivocabile valenza economica – non è sicuramente un caso che la mia scelta sia caduta su un minuscolo seme d’arancia piuttosto che su altri segni ben più riconoscibili e conclamati della società consumistica postmoderna, a questo punto troppo forte e minacciosa per avere bisogno del mio aiuto o di quello degli altri artisti. Io non lavoro sulla clonazione planetaria. Non rappresento ciò che già di per sé è fin troppo vistoso e visibile, e dunque non ha bisogno di rappresentazioni ulteriori. Io, più modestamente, rappresento l’invisibile. Il seme che non si vede. Ma c’è. In Seme d’arancia, Electa, Milano 1998 Carlo Cinque Le Stazioni Contemporary Art Cel +39 388 92 40 447 Skype: ccpp31 info@lestazioni.com
Biografia Artista concettuale e pittore - ma anche poeta, scrittore, drammaturgo e regista - Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) è uno dei nomi dell’arte italiana più conosciuti a livello internazionale tra XX e XXI secolo. A partire dagli anni Sessanta, Isgrò ha dato vita a un’opera tra le più rivoluzionarie e originali, che gli ha valso diverse partecipazioni alla Biennale di Venezia (1972, 1978, 1986, 1993) e il primo premio alla Biennale di San Paolo (1977). Emilio Isgrò dal 1956 a oggi vive e lavora a Milano, salvo una parentesi a Venezia (1960-1967) come responsabile delle pagine culturali del Gazzettino. 1956 - 1964 Nel 1956 esordisce con la raccolta di poesie Fiere del Sud (Arturo Schwarz Editore). Nel 1964 realizza le prime cancellature su enciclope- die e libri contribuendo alla nascita e agli sviluppi della poesia visiva e dell'arte concettuale. 1965 Nel 1965 pubblica Uomini & Donne per Sampietro Editore e l’anno successivo L’età della ginnastica per Mondadori. Nel 1966 tiene la prima mostra personale alla Galleria 1+1 di Padova. Rilascia la dichia- razione di poetica Dichiarazione 1 in occasione della mostra presso la Galleria Il Traghetto di Venezia (1966). Alla fine del decennio espone nelle principali gallerie milanesi: Galleria Apollinaire (1968), Galleria del Naviglio (1969), Galleria Schwarz (1970). 1972 Nel 1972 è invitato alla XXXVI Biennale d’Arte di Venezia, dove è presente ancora nel 1978, 1986 e 1993. Espone con altri artisti alla mostra Contemporanea (1973), curata da Achille Bonito Oliva e allesti- ta nel parcheggio sotterraneo di Villa Borghese a Roma. L'anno seguen-
te esce L'avventurosa vita di Emilio Isgrò nelle testimonianze di uomini di stato, scrittori, artisti, parlamentari, attori, parenti, familiari, amici, anonimi cittadini (Il Formichiere), candidato al Premio Strega. Nel 1976 il Csac di Parma gli dedica una ricca antologica. Nel 1977 vince il primo premio alla XIV Biennale d’Arte di San Paolo del Brasile. Nello stesso anno pubblica con Feltrinelli il romanzo Marta de Rogatiis Johnson. Nel 1978 partecipa alla XXXVIII Biennale d’Arte di Venezia. 1979 Nel 1979, alla milanese Rotonda della Besana, presenta l’installazione per 15 pianoforti Chopin, ripreso nel 2001 dalla pianista americana Ophra Yeru- shalmi alla Guild Hall di East Hampton negli Stati Uniti. Nel 1982, rappresen- ta Gibella del Martirio e San Rocco legge la lista dei miracoli e degli orrori a Gibellina. 1983-1985 Nel triennio 1983-1985 pubblica con Feltrinelli la trilogia siciliana L’Orestea di Gibellina. Nel 1985 per l’Anno Europeo della Musica realizza su commis- sione del Teatro alla Scala l’installazione multimediale La veglia di Bach, allestita nella Chiesa di San Carpoforo. 1986 Nel 1986 espone L’ora italiana al Museo Civico Archeologico di Bologna, in memoria delle vittime della strage alla stazione ferroviaria. È tra i parteci- panti alla XLII Biennale d’Arte di Venezia. 1987 Nel 1987 l’Istituto Italiano di Cultura a Madrid ospita l’antologica Cancella- ture 1965-1987. Nel 1989 esce il romanzo Polifemo (Mondadori). 1990 Nel 1990 elabora un nuovo testo teorico dal titolo Teoria della cancellatura per la personale alla Galleria Fonte d’Abisso di Milano. Partecipa ad impor- tanti collettiva al MoMA di New York nel 1992 e nel 1994 alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia. Pubblica il romanzo “L'asta delle Ceneri”
(Camunia) e torna alla poesia con la raccolta Oratorio dei ladri (Mon- dadori). 1998 Del 1998 è il gigantesco Seme d’arancia, donato alla città natale Barcellona di Sicilia come simbolo di rinascita sociale e civile per i paesi del Mediterraneo. 2001-2002 Nel 2001 la Città di Palermo gli dedica una ricca antologica nella chiesa gotico-catalana di Santa Maria dello Spasimo. Con Le api della Torah sviluppa il "ciclo degli insetti", già presenti nei suoi lavori dal 1974. Nel 2002 pubblica il libro di poesie Brindisi all'amico infame (Aragno), finalista al Premio Strega e vincitore del Premio San Pellegri- no. 2007 - 2009 Con il titolo La cancellatura e altre soluzioni (Skira) raccoglie nel 2007 in volume gli scritti pubblicati su quotidiani e riviste come corredo critico-teorico dell'attività creativa. L'anno successivo il Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato realizza l'antologica Dichia- ro di essere Emilio Isgrò, seguita nel 2009 da Fratelli d’Italia al Palazzo delle Stelline di Milano. 2010 Successivamente, per le celebrazioni dell’Unità d’Italia, la Città di Mar- sala propone negli spazi del Convento del Carmine la mostra "Disob- bedisco. Sbarco a Marsala e altre Sicilie", alla quale ha fatto seguito una vasta retrospettiva alla Sanat Galerisi di Istanbul su invito ufficiale della città capitale europea della cultura 2010, mentre la Boghossian Foundation di Bruxelles espone a ruota i quattordici Codici ottomani, riproposti poi dalla Fondazione Marconi di Milano. Del 2010 è anche il progetto della Costituzione cancellata, a cura di Marco Bazzini, presso la galleria Boxart di Verona.
2011 Nel 2011 La Costituzione cancellata viene presentata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, mentre si inaugura nel maggio dello stesso anno, all’Università Bocconi di Milano, l’opera pedagogica Cancellazione del debito pubblico. 2012-2013 Nel 2012 vengono riallestite a Milano, a Palazzo Reale, le opere Dichiaro di non essere Emilio Isgrò (1971) e L’avventurosa vita di Emilio Isgrò nelle testimonianze di uomini di stato, artisti, scrittori, parlamentari, attori, parenti, familiari, amici, anonimi cittadini (1972); nonché L'ora italiana (1985-1986) alle Gallerie d'Italia. Un’intera sala del Mart di Rovereto viene dedicata alla sua opera Cancello il Manifesto del Futurismo mentre poco dopo, nel giugno 2013 alla Galleria Nazio- nale di Arte Moderna viene allestita la sua più significativa retrospettiva, dal titolo Modello Italia. Nel 2013 esce Come difendersi dall’arte e dalla pioggia, pubblicato da Maretti Editore, a cura di Beatrice Benedetti. 2014 Nel 2014, ancora per il Pecci di Prato, Isgrò è ideatore e protagonista di un progetto in tre tempi dal titolo Maledetti toscani, benedetti italiani che lo vede interpretare Curzio Malaparte sul palcoscenico del Teatro Metastasio di Prato, cancellare undici illustri toscani per una mostra al Museo di Palazzo Pretorio e realizzare un video d’artista dal titolo Le api di Lipari. Nel maggio la Galleria degli Uffizi di Firenze accoglie il suo autoritratto del 1971 Dichiaro di non essere Emilio Isgrò. 2015 Nel 2015 crea Il Seme dell’Altissimo, una scultura in marmo di 7 metri d’altezza, collocata all'interno dell'Expo di Milano. 2016 Nel 2016 la sua città di adozione, Milano, gli rende omaggio con una progetto su tre sedi: una mostra antologica a Palazzo Reale, l'esposizione del ritratto di Alessandro Manzoni cancellato alle Gallerie d'Italia e 35 volumi de I
Promessi sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati alla Casa del Manzoni. 2017 Emilio Isgrò debutta a Londra e Parigi con la Galleria Tornabuoni che apre due importanti esposizioni che ripercorrono la carriera artistica del Mae- stro. Lo stesso anno, tre sue importanti opere (tra cui la celebre installazione de Il Cristo cancellatore del 1969) entrano a far parte della collezione perma- nente del Centre George Pompidou di Parigi. Il 18 novembre si celebra presso La Triennale di Milano la giornata "Fon- damenta per un'arte civile" scandita in tre momenti: la presentazione del nuovo libro Autocurriculum (Sellerio); l'inaugurazione della mostra "I multipli secondo Isgrò" in collaborazione con Editalia; infine la collocazio- ne permanente nei giardini antistanti la Triennale de Il Seme dell'Altissi- mo, donata dall'artista alla città di Milano. 2018 Nel 2018 Isgrò inaugura la monumentale opera “Monumento all’Inferno”, realizzata appositamente per l’Università IULM di Milano. In aprile espone in Belgio alla MDZ Art Gallery, in una doppia personale che lo vede protagonista insieme a Christo.
Puoi anche leggere