Aggiungi un posto a tavola: da Italia '90 a Milano-Cortina 2026

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Aggiungi un posto a tavola: da Italia '90 a Milano-Cortina 2026
Aggiungi un posto a tavola:
da Italia ’90 a Milano-
Cortina 2026

Qual è il retro della medaglia dei grandi
eventi sportivi? Lo spieghiamo in un
articolo diviso in tre parti.
Le grandi manifestazioni sportive più di altre rimangono nella
nostra memoria, cambiano le nostre abitudini e segnano il
corso della storia. Eventi che hanno scritto il nostro
passato, condizionandone il presente e inevitabilmente il
nostro futuro.

Le grandi manifestazioni sportive rappresentano inoltre
un’opportunità di sviluppo non indifferente per le città
interessate (il caso Barcellona ’92 è emblematico) e sono la
vetrina perfetta per il paese che le ospita, cercando di
coinvolgere il più possibile l’intera nazione.

E, negli ultimi trenta anni, l’Italia ha avuto numerose
occasioni da sfruttare per sviluppare i settori interessati,
partendo da Italia ‘90 e chiudendo con Milano-Cortina 2026.
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© Immagine di Pagliaricci

Le olimpiadi invernali.

Proprio Milano-Cortina.
I XXV Giochi olimpici invernali si svolgeranno in terra
italica dopo un lungo testa a testa tra la nostra candidata e
quella svedese.

L’annuncio, datato 24 Giugno 2019 e dato a Losanna dal
presidente del CIO Thomas Bach allo SwissTech Convention
Center, ha sancito la vittoria nostrana con 47 voti a favore
rispetto ai 34 della candidatura svedese di Stoccolma-Are.

Una vittoria d’alto profilo non solo evocativo venti anni dopo
Torino 2006 e settanta proprio da Cortina 1956 ma soprattutto
politico: è la grande vittoria di Giovanni “Gianni” Malagò,
presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, dopo la
figuraccia internazionale della candidatura di Roma per le
Olimpiadi estive del 2024 e ritirata solo nell’Ottobre 2016
dopo un acceso dibattito con i rappresentanti politici
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interessati, primo su tutti il sindaco di Roma Virginia Raggi.

                        La curiosità.
     “Futura” è il logo ufficiale delle Olimpiadi e delle
  Paraolimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 ed è stato
 realizzato da Alessio Galdi, designer di Roccapiemonte (SA).

Lo sviluppo organizzativo: proviamo a capirci
qualcosa
Perché le Olimpiadi invernali sono importanti per una nazione?
Secondo l’autorevole rivista Forbes, sono il terzo evento
sportivo più importante per indotto economico dietro solo al
Superbowl e alle Olimpiadi estive e davanti a grandi
manifestazioni come i Mondiali di Calcio.

Come si organizzano le Olimpiadi? Redigendo un dossier di
candidatura che contiene le prospettive economiche e sportive,
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gli impianti che verranno creati o rimodernati, i costi, i
benefici della manifestazione e tutti i servizi di contorno,
ci si presenta alle selezioni indette dal Comitato Olimpico
Internazionale.

Scelta la candidatura più convincente, scendono in campo due
soggetti: il primo è un’agenzia pubblica che si occupa delle
infrastrutture, l’altro è un ente privato che non gestisce
soldi pubblici (quindi amministra solo finanziamenti privati)
e non assume deleghe operative ma svolge un ruolo soprattutto
di influenza.

La stessa struttura organizzativa è presente in tutti i
principali eventi sportivi.

C’è un però: in Italia, negli anni, i ruoli di vertice in
ambito sportivo-decisionale sono ricoperti sempre dagli stessi
attori. Prima come membri operativi, poi in veste onoraria
nelle varie cabine di regia.

Da Antonio Matarrese a Gianni Malagò passando per Luca Cordero
di Montezemolo o Franco Carrano: la lobby della prima
repubblica sportiva italiana.
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© Immagine di Angelo Carconi: Gianni Malagò e Luca Cordero di
Montezemolo
Lobbismo che si ramifica da oltre 30 anni, precisamente dai
mondiali di Italia ‘90, evento che già ospitammo nel 1934 e
vinti con gol di Orsi e Schiavio a ribaltare l’iniziale
vantaggio della Cecoslovacchia davanti a 50mila persone dello
stadio Nazionale (demolito nel 1957 per far spazio allo stadio
Flaminio, destinato al rugby nazionale e ora fatiscente).

© Immagine di Fanpage.it: Totò Schillaci esulta dopo la rete
all’Austria nell’esordio mondiale dell’Italia

L’inizio della fine: le opere
Come dimenticare le notti magiche romane, i gol di Totò
Schillaci e la beffa dello stadio San Paolo (ora Diego Armando
Maradona) di Napoli dopo la sconfitta degli azzurri ai rigori
contro l’Argentina di Maradona?

Ecco, Italia ‘90 non è solo questo.

Anzi, sarà ricordata come la peggior attività gestionale nella
storia delle grandi manifestazioni sul territorio italiano e
in ambito europeo quasi al pari di Atene 2004. Addirittura,
che l’allora presidente della UEFA, Michel Platini, poco prima
dei mondiali brasiliani del 2014, nel bel mezzo di un monito
per i ritardi organizzativi in vista della competizione
sportiva, prese come esempio negativo proprio il mondiale di
Italia ’90.

Anche qui l’iter è il medesimo: dossier di candidatura,
vittoria della candidata italiana contro l’Unione Sovietica,
creazione del comitato di organizzazione privato (Col-Italia
’90) con a capo Luca Cordero di Montezemolo da affiancare al
CONI guidato da Franco Carrano.

Correva l’anno 1984, al governo c’era Bettino Craxi, era la
stagione degli appalti d’oro e di tangentopoli nemmeno
l’ombra. Luca Cordero di Montezemolo, alla prima conferenza
stampa, illustrò il progetto mondiale come “un sogno per fare
del mondiale 1990 una vetrina dell’Italia tecnologica e
industriale proiettata verso il 2000”.

E il salasso è servito: la legge del 6 marzo 1987 n.
65 concernente per l’esattezza le “misure urgenti per la
costruzione o l’ammodernamento di impianti sportivi, per la
realizzazione o completamento di strutture sportive di base e
per l’utilizzazione dei finanziamenti aggiuntivi a favore
delle attività di interesse turistico”.

Furono rammodernati dieci stadi: Olimpico di Roma, Meazza di
Milano, San Paolo di Napoli, Favorita di Palermo, Sant’Elia di
Cagliari, Bentegodi di Verona, Ferraris di Genova, Friuli di
Udine, Dall’Ara di Bologna mentre furono costruiti ex novo il
San Nicola di Bari e il Delle Alpi di Torino.
© Immagine di Mole.it: Stadio Delle Alpi
Le spese preventivate per gli stadi furono di 250 miliardi di
lire: in totale, però, per i soli impianti sportivi furono
spesi quasi 1000 miliardi. Di questi, 226 solo per il Delle
Alpi con un rialzo del 224% della spesa prevista e con tanto
di inutile e anacronistica pista d’atletica. Sui terreni del
Delle Alpi, chiuso nel 2006 e demolito nel 2009, sorge oggi
l’Allianz Stadium, stadio di proprietà della Juventus Football
Club spa.

200 miliardi furono invece utilizzati per sistemare l’Olimpico
con un rialzo del 181% rispetto al preventivo di spesa, 160
per costruire il terzo anello al Meazza, 140 per il San Paolo
i cui lavori finirono addirittura un anno dopo la chiusura dei
mondiali e attualmente vede proprio il terzo anello, costruito
proprio in occasione dei mondiali, chiuso per problemi
strutturali.

E poi il Sant’Elia di Cagliari, ora chiuso dopo innumerevoli
vicissitudini, e il San Nicola: impianto con la solita pista
d’atletica, 58mila posti a sedere (terzo stadio in Italia per
capienza utile), previsione di spesa 100 miliardi ma costato
140. Una struttura attualmente fatiscente firmata Renzo Piano,
definita come “l’astronave” proprio dall’architetto e che
centrava in pieno l’input del presidente del comitato
organizzatore.

Attualmente il San Nicola presenta costi di manutenzione
enormi, circa 450mila euro l’anno.

Gli sperperi non hanno interessato solo gli stadi ma anche
altre opere pubbliche: i maxi-parcheggi di Palermo aperti a
mondiale terminato e poco utilizzati, l’hotel a Ponte Lambro
(Milano) iniziato, mai terminato e demolito nel 2012, la
stazione ferroviaria romana di Farneto a Roma, costruita per i
mondiali, chiusa proprio nel 1990 e occupata abusivamente per
18 anni da Casapound e sgomberata solo nel 2015.
E ancora la stazione di Villa Chiara, mai utilizzata per
errori progettuali (gallerie troppo strette per il passaggio
dei convogli), l’Air Terminal Ostiense di Roma, che doveva
rappresentare il più veloce collegamento dalla città
all’aeroporto di Fiumicino, chiuso nel 2003 per la scomodità
nel raggiungerlo dalla stazione Termini, recuperato e
rivalutato da Oscar Farinetti con Eataly, e i famosi tre ponti
a Fuorigrotta (Napoli), demoliti nel 2012, i cui costi sono
stati ammortizzati solo dal recupero e rivendita dei materiali
di costruzione.

© Immagine di Eataly.net: Eataly, Roma

I risvolti
I mondiali, alla fine del gioco, costarono ben 7 mila miliardi
di lire, di cui 6 mila a carico dello Stato.

Gli ultimi 61 milioni spesi per estinguere l’ultimo mutuo sono
datati dicembre 2015, ben 25 anni dopo il fischio d’inizio
della manifestazione. Il grande spreco di soldi pubblici portò
a due proposte per l’apertura di un’inchiesta parlamentare da
parte del deputato Raffaele Costa, nel maggio 1992, e in
seguito dal senatore Athos de Luca nel maggio 1999, che si
conclusero con l’archiviazione delle accuse di corruzione e
abuso d’ufficio.

Quella di Italia ‘90 fu un’opportunità non colta a dovere dove
da una parte la mancanza di adeguati controlli e dall’altra
una visione d’insieme non proiettata davvero verso il nuovo
millennio, hanno prodotto risultati discutibili e sotto gli
occhi di tutti. E osservando le condizioni del nostro calcio
in questo periodo storico, resta solo l’amaro in bocca per non
esser stati in grado di gestire cotanta disponibilità
economica.

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