ACASAMOOD - LIMITED EDITION

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                                                            ACASAMOOD
                                                            NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO

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                                                                       LA PAROLA É MORTA
                                                                                                                             A CURA DELL’ ARCH. PAOLO BUSSI

                                                         "La parola è morta". Con queste drastiche ma illuminanti parole Emilio Isgrò sancì la nascita della prima di
                                                         una lunga serie di cancellature. In quel preciso momento la portata rivoluzionaria del gesto non venne del
                                                         tutto compresa, anzi provocò le ire dei letterati più importanti, tra tutti Eugenio Montale che tolse il saluto
                                                         allo stesso Isgrò.
                                                         Ma il passaggio di consegne era inevitabilmente avvenuto. A quasi trent'anni Emilio Isgrò sveste i panni del
                                                         poeta e dà luogo ad una produzione pittorica tra le più originali, spiazzanti e rilevanti dell'intero panorama
                                                         italiano e non solo.
                                                         Isgrò intende il mestiere di pittore senza dipingere paesaggi o nature morte, ma con la cancellazione di
                                                         opere letterarie e testi ufficiali, in alcuni casi anche dei testi più importanti della letteratura italiana come
                                                         L'enciclopedia Treccani cancellata del 1970 e I Promessi sposi erano due del 1967, fino ai più recenti La
                                                         costituzione cancellata del 2010 e La cancellazione del debito pubblico del 2011. L'assenza dona creatività,
                                                         la soppressione delinea l'opera così come la cancellazione imprime forza all'azione.
                                                         In uno scambio tempestoso di cancellare per evidenziare, coprire per mostrare, Isgrò rilegge la propria
                                                         figura di scrittore, drammaturgo e giornalista, per sovvertire i cardini del proprio essere, diventando pittore
                                                         quasi negando la propria essenza, autodistruggendo la propria prima fase di esistenza, per svettare nella
                                                         seconda e conclusiva vita.
                                                         La cancellatura non è casuale ma curata, con campiture delineate che seguono la grandezza dei caratteri,                     30
                                                         quasi a lasciare intendere l'andamento e le potenzialità celate del testo, con colori scuri che giocano con
                                                         lo sfondo bianco dei libri, o chiari a contrastare immagini colorate sullo sfondo, lasciando però scoperte
                                                         solo le parole che interessano all'artista, in modo da ricomporre sferzanti frasi che danno vita spesso al
                                                         titolo dell'opera stessa, oppure a originali composizioni totalmente sconnesse con il testo che vanno a ma-
                                                         scherare, ma imprescindibili per manifestare l'idea di Isgrò.
                                                         Oltre alle cancellature troviamo opere come Dichiaro di non essere Emilio Isgrò del 1971 e L'avventurosa
                                                         vita di Emilio Isgrò nelle testimonianze di uomini di stato, scrittori, artisti, parlamentari, attori, parenti, familiari,
                                                         amici, anonimi cittadini del 1971, un'installazione di 6 elementi di testi dattiloscritti su carta, dove l'Artista
                                                         affida la propria attestazione di esistenza a frasi talvolta ironiche, talvolta semplicemente e astutamente as-
                                                         surde, con un andirivieni di situazioni paradossali in cui Audrey Hepburn scrive "Non mi risulta che ami par-
                                                         ticolarmente la cucina cinese", Mao Tse-tung dichiara "Era una piccola ruota, una piccola vite del grande
                                                         ingranaggio" o semplicemente Michele Vigorelli ricorda che "Russava".
                                                         "Se tutti vediamo le stesse cose come faremo a inventare e produrre cose diverse ? Cosa sarà del mondo
                                                         il giorno in cui tutti produrranno spilli?" si chiede affranto Isgrò, lasciando intendere una nota forzatamente
                                                         e ossessivamente irragionevole in alcune opere, tra cui Gramsci scrive del 1973 dove la figura del grande
                                                         politico deve essere vista o immaginata dietro ad un comune quadrato rosso, oppure in differenza del 1984,
                                                         dove di fianco alla frase "questa macchia è verde" troviamo una chiazza rossa.
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         ACASAMOOD
        NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
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                                   Molto significativa e commovente, tra le centottanta opere raccolte a Palazzo Reale, l'installazione L'ora italiana del
                                   1986, ispirata al famoso attentato alla stazione ferroviaria di Bologna. L'orologio sopravvissuto al disastro viene
                                   smembrato da Emilio Isgrò in venti piccoli orologi, ognuno replicante un orario differente e ognuno con immagini re-
                                   plicanti spezzoni di scene di ordinaria amministrazione, come se l'orario prossimo all'attentato si scomponesse in
                                   svariati mondi paralleli, in un susseguirsi di situazioni tra le più disparate.
                                   Nell'ultima sala di Palazzo Reale troviamo Trilogia dei censurati del 2014, in cui Isgrò dona giusto risalto a personaggi
                                   schiacciati da poteri forti nel passato come Girolamo Savonarola e Curzio Malaparte, chiamati "maledetti toscani"
                                   insieme a Dante e Galileo Galilei, dandone una sorta di tara ma giusta gratificazione.
                                   L'esposizione continua al caveau delle Gallerie d'Italia dove Emilio Isgrò riporta le proprie cancellature sul celebre ri-
                                   tratto di Alessandro Manzoni eseguito da Francesco Hayez, in una grande pala commemorativa chiamata L'occhio
                                   di Manzoni del 2016, in un ideale scambio tra il passato e il futuro, tra due visioni artistiche che si completano splen-
                                   didamente nei loro inconciliabili opposti. La mostra si conclude con I promessi sposi per 25 lettori e dieci appestati
                                   del 2016, dove Isgrò affronta forse il tema più difficile e controverso: dialogare con il capolavoro Manzoniano utiliz-
                                   zando le proprie cancellature.
                                   Un elogio rispettoso che per rendersi concreto deve delicatamente coprire uno dei capisaldi della letteratura italiana,
                                   cancellare frasi storiche e imprescindibili, quasi soffrendo per la piacevole costrizione di coprire la storia, affrontando
                                   un sacrilegio a prima vista, ma che manifesta la grandezza di Emilio Isgrò, capace di rendere omaggio ad un'opera
                                   tanto immensa assecondandone la propria, conscio di un dialogo splendidamente impossibile, in un delicato rap-
                                   porto di rispetto e ammirazione sconfinata.

                                                                                                                                                                 ACASAMOOD
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