Il volto della terra nei disegni di Pericoli - Forme del paesaggio

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Il volto della terra nei disegni di Pericoli - Forme del paesaggio
29/4/2019                                                              Il volto della terra nei disegni di Pericoli - Il Foglio

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                 Il volto della terra nei disegni di
                 Pericoli
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                 “Forme del paesaggio 1970-2018”, in mostra ad Ascoli Piceno 165 opere del celebre pittore
                 e disegnatore marchigiano
                                                                                                                                  28 Aprile 2019 alle 06:00
                 di Giuseppe Fantasia

                                                                       Focolaio sismico (1971), particolare

   Anche per chi ha familiarità col suo universo visivo disseminato di figure, paesaggi, oggetti, e disegni
   dentro disegni, lo sguardo di Tullio Pericoli (Colli del Tronto, 1936) non è mai facile da ricostruire.
   Questo, almeno, fino al momento in cui non si coglie un dato essenziale e singolarissimo, e cioè che a
   guidare quello sguardo non è soltanto l'occhio, ma un organo più irrequieto e nervoso che si lascia dirigere
   solo fino a un certo punto per poi assecondare - prima di tutto - i propri imprevedibili talenti: la (sua)

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   mano. Lo spiegava lui stesso in “Pensieri della mano”, uno dei tanti libri che il grande disegnatore,
   illustratore e scenografo italiano ha pubblicato con la Adelphi, la casa editrice che meglio si presta a
   rappresentare le sue opere d’arte dai colori che riprendono e ricordano quelle celebri copertine.

                                                                          Tullio Pericoli

   In tutti questi anni Pericoli, adottato oramai da Milano, ci ha abituato a ritratti di personaggi poco o molto
   noti, comunque sempre suoi amici, e soprattutto a paesaggi che sono dei veri e propri stati d’animo che
   completano il suo lavoro. Essi sono un flusso che ci circonda in qualunque luogo ci troviamo che lui ha
   dipinto e continua a dipingere con la stessa precisione di cinquant’anni fa, necessaria per afferrarne ogni
   dettaglio. Li ha ritratti per tutta la vita, secondo una maniera più astratta agli inizi e una invece molto più
   fisica negli ultimi tempi. A volte li ha raccolti in un libro (Paesaggi, Adelphi 2013), altre volte solo
   raccontati o disegnati su tele in olio o acrilico, esposte e ammirate in piccoli musei come in grandi (tra i
   tanti, il Moma di New York), sempre però col fine di mostrare in maniera evidente cosa abbia cercato o cosa
   abbia trovato negli stessi. Da sfondo di un quadro, almeno all’inizio della sua carriera, essi sono diventati i
   protagonisti di molte tele e potrete rendervene conto di persona guardando dal vivo le 165 esposte per più
   di un anno (fino al 3 maggio del 2020) al Palazzo dei Capitani, praticamente nel cuore di Ascoli Piceno,
   nelle “sue” Marche.

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                                                                                           La mostra - dal titolo “Forme del Paesaggio:
                                                                                           1970-2018” e curata da Claudio Cerritelli – parte
                                                                                           dalla frattura fisica e sentimentale rappresentata
                                                                                           dagli ultimi eventi sismici per condurci poi in un
                                                                                           (in)comprensibile percorso a ritroso nel tempo
                                                                                           vissuto dall’artista che, così facendo, attraverso
                                                                                           l’evoluzione della sua arte, dal presente risale alle
                                                                                           attuali frammentazioni visionarie delle originarie
                                                                                           esplorazioni geologiche.

                                                                                                                    Combinazioni (2012)

   Da quelle forme dissestate e da quei movimenti tellurici del segno come del colore si passa all’esplorazione
   di nuove morfologie paesaggistiche - le opere del periodo 1998-2009 - che, dopo aver rappresentato lo
   scenario dei colli marchigiani, esplorano i dettagli della natura, i segni e i solchi delle terre. Proseguendo
   nel percorso, troverete la fase 1976-1983, quella che pone in evidenza un diverso trattamento del tema
   paesaggistico attraverso vedute luminose e lievi rese attraverso la delicatezza degli acquerelli, chine e
   matite su carta, spazi aerei che l’artista concepisce come orizzonti immaginari, memorie di alfabeti e
   tracce di antiche scritture. Determinante è poi quel ritorno alle origini della sua opera artistica compiuto
   con il ciclo delle geologie (1970-1973), costituito da immagini stratificate e sezioni materiche. I più belli,
   non solo per noi, sono soprattutto quelli che rappresentano lo scenario dei colli marchigiani, opere dalle
   atmosfere quasi oniriche ma dove la sua immaginazione, legata indissolubilmente alla realtà, ha dato il suo
   meglio esplorando i dettagli della natura, i segni e i solchi di quelle terre.

                                                                         Triassico (1971)

   Se le varie forme del paesaggio che ha esplorato nel corso della sua ricerca pittorica sono diversificate,
   possiamo dire che altrettanto diramato è il percorso di lettura proposto in questa mostra dedicata a svelare
   i lineamenti interni, le stratificazioni e le mutazioni che l’immagine della natura ha assunto nel corso del

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   tempo agli occhi e alla mente dell’artista, dai primi anni Settanta ad oggi. Le vedute – scrive Salvatore
   Settis nel catalogo ufficiale pubblicato da Quodlibet – sono ritratte da Pericoli come segmenti rivelatori di
   un volto, quello di una terra, le Marche, segnata dalla fatica ma anche dall’incuria dell’uomo”. I suoi,
   precisa, sono paesaggi “altamente soggettivizzati”, dei luoghi senza uomini che però riportano i segni
   dell’umanità, dei paesaggi desertici fatti di campi coltivati, di percorsi come di sentieri interrotti dove la
   ricerca di nuove convenzioni rappresentative, di matrice geologica, archeologica o cartografica, si sposa a
   una marcata intensità emotiva che attraverso il suo gesto “evoca una grammatica del vivere”, il modo
   d’intendere il paesaggio di chi lo andò lentamente forgiando per secoli.

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             Giuseppe Fantasia
           E’ nato a L’Aquila nel 1979, è
        laureato in Giurisprudenza ma ha
       scelto di fare il giornalista, prima a
     Skytg24, poi all’Huf ngton Post e a
       Il Foglio, dove tutt’ora si occupa di
      libri, arte e spettacolo. Vive a Roma
       ed è facile incontrarlo nelle cene e
       feste più glam, ma se siete dei veri
        nottambuli, ogni venerdì notte lo
     trovate su Rai Uno, ospite sso della
    trasmissione ‘MilleeunLibro- Scrittori
        in tv’, dove parla (ovviamente) di
          libri, cercando (a modo suo) di
               consigliarne i migliori.
                 Twitter: GiFantasia

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