Abitabilità di pianeti extrasolari - G. Vladilo INAF - Osservatorio Astronomico di Trieste

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Abitabilità di pianeti extrasolari - G. Vladilo INAF - Osservatorio Astronomico di Trieste
Abitabilità di pianeti extrasolari

                  G. Vladilo

   INAF – Osservatorio Astronomico di Trieste

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Premessa

La Terra nel contesto dei pianeti del Sistema Solare

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Rocciosi

Gassosi/
ghiacciati

            Dicotomia nella densità media ci permette di distinguere tra

                      pianeti rocciosi e pianeti gassosi/ghiacciati

        Le differenze in massa/raggio ci permettono di distinguere tra pianeti
                 giganti (che sono gassosi o ghiacciati) e pianeti terrestri

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Pianeti
    terrestri

linea dei ghiacci

Per Tice ~ 150 K

    Pianeti
    giganti

                       Orbite stabili

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Pianeti e vita 

• L’unico pianeta con vita che attualmente conosciamo, la
  Terra, è un pianeta di tipo roccioso, ma con acqua in
  superficie, che si trova su di un’orbita dinamicamente
  stabile nella zona interna del proprio sistema planetario

• Esistono pianeti di questo tipo fuori dal Sistema Solare ?

• E’ necessario che esista un pianeta con le stesse
  caratteristiche della Terra affinchè ci sia vita ?

• Se ci fosse vita su tali pianeti riusciremmo a scoprirla?

• Che tipo di vita ci aspettiamo di trovare?

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I parte

Pianeti extrasolari

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Cenni sui metodi di rivelazione dei pianeti extrasolari

• Metodo diretto

    –Immagine diretta del pianeta

• Metodi indiretti

    –Ne esistono di vari tipi

    –Qui prenderemo in considerazione solo i due più efficienti

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Metodi di rivelazione di pianeti extrasolari
                            Metodo diretto

• Immagine diretta

    – Si cerca l’immagine del pianeta nel campo della stella

• Difficoltà osservative

    – Contrasto elevatissimo

       109-1010 nel visibile ; 106-107 nell’IR (~10 µm)

    – Separazione angolare estremamente piccola

       Frazione di arcsec, decisamente inferiore al“seeing”

         Esempio: separazione Terra-Sole vista da 20 pc: 50 mas

• Campione osservato

   -Al momento attuale (maggio 2012) sono stati scoperti circa 30
   pianeti con il metodo di imaging diretto

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Metodi di rivelazione di pianeti extrasolari
                                Metodi indiretti

• Riconducibili a due effetti:

   Perturbazione gravitazionale del moto stellare

   Variazioni di luminosità stellare

• Parametri orbitali

   – Si misura direttamente il periodo orbitale del pianeta, P, dalla
     modulazione del segnale osservato

      Ad esempio, il segnale modulato può essere di tipo spettroscopico o fotometrico

   – Noto P si ricava il semiasse maggiore, a, dalla terza legge di Keplero

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Metodi indiretti:
        Perturbazione gravitazionale del moto stellare

• Il campo gravitazionale del pianeta induce una perturbazione del
  moto della stella

• Esistono diversi metodi indiretti per rivelare pianeti dallo studio
  delle perturbazioni del moto stellare

   – Qui consideriamo solo il metodo delle velocità radiali

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Metodo delle velocità radiali (Metodo Doppler)

•   Misura spettroscopica

     – Variazioni della componente radiale del moto
       stellare indotto dal pianeta

        Mediante l’effetto Doppler si misurano le
        variazioni di velocità radiale dallo spostamento
        periodico delle righe fotosferiche nello spettro
        stellare

•   Metodo estremamente efficiente

     – Ha permesso di trovare il maggior numero di
       esopianeti (attualmente circa 700 esopianeti in
       più di 560 sistemi planetari; maggio 2012)

• Effetti selettivi

     – Più facile scoprire pianeti di grande massa
       attorno a stelle di piccola massa

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Metodo delle velocità radiali

•   Si costruisce una curva di velocità radiale in funzione del tempo

•   Principali parametri ricavabili dall’analisi della curva di velocità radiale

     – Periodo, P (da cui il semiasse maggiore, a)

     – Massa, M sini

     – Eccentricità dell’orbita, e

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Metodi indiretti:
        Variazioni del flusso luminoso stellare

• Si misurano variazioni della curva di luce stellare

   – Tali metodi indiretti funzionano unicamente per
     particolari configurazioni geometriche

• Consideriamo solo il metodo dei transiti
Metodo dei transiti

Probabilità geometrica ~ 5 x 10-3 (R*/a)
•   Il transito viene rilevato fotometricamente

•   Si costruisce una “curva di luce” (andamento temporale della
    luminosità stellare)

•   Principali parametri ricavabili dall’analisi della curva di luce

     – Periodo orbitale, P, (da cui il semiasse maggiore, a)

     – Raggio del pianeta, Rp

• Effetti selettivi

     – Più facile scoprire pianeti di grande raggio attorno a stelle di piccolo raggio

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Metodi di rivelazione di pianeti extrasolari
                                     Metodi indiretti

•   Bias osservativo legato alla baseline                    Pianeta

      a [AU]

   P [anni]

    temporale delle osservazioni

                                                          Mercurio

         0.387

     0.24

     – Più facile scoprire pianeti con breve periodo
       orbitale e quindi piccoli valori del semiasse      Venere

           0.723

     0.62

       maggiore

                                        Terra

            1.000

     1.00

                                                          Marte

            1.523

     1.88

     – Gli esempi di valori di P riportati in tabella     Giove

            5.203

    11.86

       per i pianeti del Sistema Solare ci indicano
       che sarebbero necessarie basi temporali            Saturno

          9.537

    29.42

       osservative estremamente lunghe per                Urano

           19.191

    83.75

       trovare pianeti con a > ~ 5 AU

                                                          Nettuno

         30.069

   163.72

                                                                                                       16
Quali sono le principali scoperte ottenute dallo
        studio dei pianeti extrasolari?

 Riusciremo a trovare pianeti simili al nostro?

                                                     17
Scoperte nuove tipologie di pianeti non esistenti nel Sistema Solare

HOT JUPITERS

SUPER-EARTHs

                                                         T

                                                                                18
Le orbite di bassa eccentricità sono l’eccezione piuttosto che la norma

                      V

 E

 M

                  J

                                Udry et al. 2005

                                                                             19
Dal punto di vista delle capacità osservative ci stiamo avvicinando al
               momento in cui scopriremo pianeti di massa terrestre

Il limite di rivelamento in massa diventa
     più stringente di anno in anno

      “Saturni”

        M ~ 0.3 Mgiove

    “Nettuni”

        M ~ 0.05 Mgiove

    “Super-Terre”

        M ~ 0.015 Mgiove

            Mp ~ 10 Mterra

    Terrestri

        M ~ 0.003 Mgiove

                                                                                 20
La distribuzione delle masse planetarie osservate ci fa ritenere che possa
            esistere un numero molto elevato di pianeti di tipo terrestre

    – Distribuzione in massa M sin i degli
      esopianeti esopianeti scoperti con il
      metodo Doppler

•    La distribuzione aumenta verso
    valori più bassi di massa

    – Nonostante l’effetto selettivo che
      favorisce il rivelamento di pianeti
      massicci

• Dall’estrapolazione di tale
  andamento ci aspettiamo un grande
  frequenza di pianeti di piccola
  massa

    – Rilevabili in futuro con il
      miglioramento delle tecniche
      osservative

                                                                                  21
Dalla combinazione delle tecniche osservative delle velocità radiali e dei
       transiti riusciamo a determinare la densità media dei pianeti

 La maggior parte dei pianeti scoperti sono di tipo gassoso, ma stiamo
           cominciando a scoprire pianeti di tipo roccioco
Pianeti extrasolari: conclusioni

• I pianeti extrasolari presentano una straordinaria varietà di
  tipologie, alcune delle quali prima sconosciute

     – Riteniamo che pianeti giganti vicini alla stella e pianeti in orbite
       fortemente eccentriche non siano compatibili con la presenza di
       vita in un sistema planetario

•    Ci stiamo avvicinando al momento in cui riusciremo a
    scoprire pianeti con caratteristiche simili a quelle terrestri

     – Per molti di essi riusciremo a comprovare se siano rocciosi

     – Attualmente siamo riusciti a trovare pianeti con masse 3 ~ 10 volte
       quella terrestre, chiamati “Super-Terre”

• Nel futuro prossimo potremo rivelare pianeti simili alla
  Terra, ma in stelle di bassa massa (più fredde del Sole)

     – Pianeti veramente simili alla Terra potranno essere scoperti in un
       futuro a medio termine

                                                                              23
II parte

La vita nell’Universo:

requisiti fisico/chimici

                              24
La vita: definizione e proprietà

La definizione della vita è oggetto di continuo dibattito in
  ambito scientifico

      Le definizioni della vita considerano un insieme di proprietà,
       ciascuna delle quali da sola è generalmente insufficiente a
       distinguere in maniera netta tra mondo biologico e non biologico

           esempio di insieme di caratteristiche utilizzate per definire la vita:

                                  Metabolismo

                                  Riproduzione

                            Adattamento all’ambiente

   La lista di caratteristiche utilizzate nella definizione della vita varia nel
     corso del tempo, seguendo i progressi nella nostra comprensione del
                                  mondo biologico

                                                                                       25
Definizioni della vita in astrobiologia

                             Definizione operativa spesso citata

                                    adottata dalla NASA

                                       Joyce (1994)

       “La vita è un sistema chimico che si autosostiene

e che è capace di evolvere mediante evoluzione Darwiniana”

                               L’evoluzione Darwiniana

                     È uno dei tratti più caratteristici della vita,

      ma non è particolarmente utile per la ricerca di tracce di vita extraterrestre

                                  Le proprietà chimiche

             Offrono un possibile modo di comprovare la presenza di vita,

                       ma possono portare a risultare ambigui

                       Astronomia Osservativa C, AB Cap. 1, Vladilo (2011)

                                                                                          26
La vita come fenomeno cinetico e termodinamico

Addy Pross

   “… certain replicating things can evolve, and may therefore become living.”

                La vita come fenomeno di “chimica replicativa”

                   Importanza delle reazioni autocatalitiche

                                                                                    27
Per la presente discussione ci limitiamo a porre in evidenza alcune
  proprietà fisiche e chimiche della vita terrestre allo scopo di
  dedurre vincoli di tipo fisico sulla possibile presenza di vita
  nell’Universo

   Non ci azzardiamo ad addentrarci in aspetti aspetti più complessi che
    richiederebbero una preparazione specialistica

                                                                           28
La vita come fenomeno termodinamico

  I sistemi viventi mantengono un bassissimo livello di entropia (evidenziato
   dall’elevatissimo livello di ordine strutturale e contenuto d’informazione)
                utilizzando energia ottenuta dall’ambiente esterno

La cellula (o il suo equivalente esobiologico) dev’essere delimitata da un bordo
 che, in maniera selettiva, assorbe energia ed emette entropia, permettendo il
                 mantenimento di un disequilibrio con l’ambiente

                                                                                   29
La vita come fenomeno chimico

Consideriamo solo due aspetti:

Ruolo delle molecole polari

Ruolo dei legami idrogeno

                                 Esempio di molecola polare: H2O

                                                                      30
Molecole polari e formazione spontanea

                       di strutture biologiche

            La cellula (o il suo equivalente esobiologico) deve essere in grado
                 di formare in maniera spontanea il bordo che la delimita

                                                          Molecole

                                                           polari

  Molecole con
 “testa” polare e
“corpo” non polare

                                                          Molecole

                                                           polari

                                                                                  31
32
Molecole polari e solubilità dei costituenti

       delle molecole biologiche

La vita deve essere in grado di assemblare e disassemblare
                le proprie macromolecole:

          è un requisito della chimica replicativa

                                        Un solvente è necessario per
                                        permettere ai costituenti delle
                                           molecole biologiche di
                                           muoversi, assemblarsi e
                                               disassemblarsi

                                                                          33
Legami chimici nelle molecole biologiche

Tipi di legami chimici importanti nelle molecole biologiche

    Legami covalenti

    Legami idrogeno

    Forze di Van der Waals

Permettono la formazione di una varietà molto grande di
strutture tridimensionali stabili e flessibili

                                                                 34
Legami covalenti:

“ossatura” delle macromolecole biologiche

                                               35
Legami idrogeno:
forze intramolecolari e intermolecolari nelle macromolecole biologiche

                                                                            36
DNA

La struttura portante dei filamenti è
tenuta insieme da legami covalenti

L’accoppiamento tra i filamenti
avviene mediante legami idrogeno

                                        37
Struttura delle proteine:

           α helix

La struttura portante dell’elica
è tenuta insieme da legami
covalenti

Le forze intramolecolari
all’interno dell’elica,
fondamentali per determinare
la struttura e quindi la
funzionalità delle proteine,
sono date dai legami idrogeno

                                   38
Requisiti della vita nell’Universo

• Esistono requisiti di carattere chimico/fisico che devono essere
  soddisfatti da qualsiasi forma di vita

• In particolare, la temperatura e la pressione devono essere tali
  da permettere l’esistenza di

                        - legami idrogeno

               - un solvente polare in fase liquida

• Tali requisiti ci permettono di capire quali ambienti astronomici
  siano in grado di ospitare vita (ambienti abitabili)

                                                                      39
III parte

L’universo abitabile

                          40
Ambienti abitabili nell’Universo

Molti sono i possibili criteri di abitabilità

 Ad esempio

   – Fonti di energia

   – Protezione da radiazioni ionizzanti

Qui consideriamo

    – I limiti di temperatura e pressione che consentono la presenza di
      legami idrogeno e di un solvente polare in fase liquida

                                                                          41
Quali sono gli ambienti dell’Universo in cui possiamo trovare

   legami idrogeno e un solvente polare in fase liquida ?

                                                                    42
L’Universo Abitabile

Ambienti astronomici nel diagramma temperatura-pressione

                                            Interni stellari

       Superfici planetarie

                                 Atmosfere stellari

                   Mezzo interstellare

                                                                  43
Ambienti abitabili ed energie dei legami chimici

•   Definizione operativa di ambiente abitabile dal punto di vista della condizioni fisiche

     –Ottenuta dal confronto tra energia cinetica media E=(3/2)kT ed energia
     caratteristica dei legami chimici d’interesse biologico

          Per evitare la distruzione delle molecole biologiche:

                Ecinetica < Elegame chimico

•   Energie caratteristiche di legame chimico

     –Legami covalenti

          Tipicamente tra ~50 e ~200 kcal/mole

                100 kcal/mole ~ 418 kJ/mole ~ 4.2 eV

     –Legami idrogeno

          Tipicamente tra ~1 e ~10 kcal/mole

                5 kcal/mole ~ 20 kJ/mole ~ 0.2 eV

               Convertiamo in temperatura le energie caratteristiche

                      dei legami chimici d’interesse biologico

          in modo da poter porre dei limiti di abitabilità nel diagramma T-P

                                                                                            44

                                                                                                    44
L’Universo Abitabile

      Energie tipiche dei
       legami covalenti

                     Distruzione
                     legami
                     covalenti

   Astrochimica

                                    45
L’Universo Abitabile

Energie tipiche dei
 legami idrogeno

               Distruzione
               legami
               idrogeno

 Molecole

complesse

                             46
L’Universo Abitabile

   Energie tipiche dei
    legami idrogeno

                Distruzione
Assenza

      legami
  di fase       idrogeno

 liquida

                                   Punto triplo
                                  solventi polari
                                   (H2O, NH3)

                Assenza di
                fase liquida

                                                    47
L’Universo Abitabile

Il criterio di esistenza di acqua in fase liquida porta a risultati molto simili al criterio di
sopravvivenza dei legami idrogeno. Non è un caso, dal momento che sono proprio tali
          legami che conferiscono all’acqua liquida le proprietà che conosciamo.

   Il criterio dell’acqua liquida ha lo svantaggio di essere meno universale rispetto al
 criterio dei legami idrogeno, ma il vantaggio di essere ben definito dal punto di vista
                          dei limiti delle variabili termodinamiche.

                                                                                                  48
Limiti fisico/chimici sperimentali per l’esistenza di vita
                      terrestre: organismi “estremofili”

•   Gli studi di microbiologia hanno dimostrato
    l’esistenza di organismi viventi in ambienti
    ritenuti non abitabili da un punto vista
    antropocentrico

•   Tali organismi, generalmente microscopici,
    vengono chiamati estremofili

•   Per quanto siano estreme le condizioni fisico/
    chimiche dei loro habitats, esse consentono
    generalmente l’esistenza di acqua in fase liquida

•    Fanno eccezione organismi che si adattano a
    condizioni estreme di disidratazione, ma per fare
    ciò sospendono i propri processi biochimici

•   Se ci limitiamo a considerare forme di vita attiva
    non c’è conflitto tra l’evidenza sperimentale degli
    organismi estremofili e le considerazioni teoriche
    sull’abitabilità dell’Universo sopra menzionate

                                                                       49
L’Universo Abitabile: conclusioni

• Il criterio di abitabilità, comunemente basato sull’esistenza di
  acqua in fase liquida, non è dettato da banali considerazioni
  antropocentriche, ma è verosimilmente un criterio generale per
  l’esistenza di vita nell’Universo

• I pianeti sono i principali candidati (se non gli unici) per la
  ricerca di ambienti abitabili e vita nell’Universo

   – L’unica condizione che è che la vita sia di tipo chimico

                                                                     50
Pianeti abitabili

Ci limitiamo a considerare il criterio dell’acqua liquida

                                                                51
Zona Abitabile Circumstellare

•   Per calcolarne l’estensione si tiene conto del fatto che il pianeta può avere
    diversi livelli di CO2 e quindi di effetto serra

•   La posizione della zona abitabile dipende dalla massa e tipo spettrale della
    stella: per stelle più fredde la zona abitabile è più vicina alla stella

•   Nonostante il gran numero di pianeti extrasolari finora scoperti, finora non
    sono stati trovati pianeti con condizioni ottimali di abitabilità

•   Uno dei sistemi planetari più interessanti finora scoperto è quello attorno alla
    stella Gl581, che presenta alcuni pianeti prossimi alla zona abitabile

                                              V

 T

 M

                              c

     d

                                                                                       53
Abitabilità di Gl581c

•   Usando un modello di clima uguale a quello della Terra il pianeta risulta
    inabitabile ( > 373 K)

•   Usando un modello con una colonna atmosferica 10% di quella terrestre
    il pianeta risulterebbe abitabile

•   In realtà, essendo una super-Terra, ci si aspetta che possa avere
    un’atmosfera con pressione maggiore di quella terrestre

•   Verosimilmente Gl581c è troppo caldo e ha evaporato l’eventuale acqua
    che fosse stata presente al momento della sua formazione

                                                                                54
Abitabilità di Gl581d

•   Usando un modello di clima uguale a quello della Terra il pianeta risulta
    completamente ghiacciato

•   Affiinchè il pianeta diventi abitabile bisogna aumentare la pressione di CO2
    fino a 8 bar (più di 3 ordini di grandezza rispetto al valore terrestre)

•   Essendo una super-Terra, potrebbe avere una pressione atmosferica maggiore;
    se avesse anche un alto livello di CO2 potrebbe essere abitabile

•   Notare che se la pressione è così alta la temperatura superficiale del pianeta
    diventa estremamente uniforme

                                                                                     55
Riusciremo a trovare evidenze sperimentali della
        presenza di vita su altri pianeti ?

                                                   56
Studio delle atmosfere planetarie
Spettroscopia di assorbimento di atmosfere planetarie

• Attualmente possibile osservare solo giganti gassosi

   – Trovati H2O, CH4, CO2, CO

• In un prossimo futuro speriamo di osservare atmosfere di
  super-terre orbitanti stelle di piccolo raggio

                                                             •58
Biomarcatori negli spettri di atmosfere planetarie
Nell’attesa di trovare evidenze di biomarcatori,
            viene naturale chiedersi:

      Con che probabilità ci aspettiamo 
       di trovare vita su altri pianeti ?

 Che tipo di vita ci aspettiamo possa esistere?

                                                     60
Scala di tempo e probabilità 
                    del processo di abiogenesi

• La scale di tempo dell’origine della vita sulla Terra sembra
  essere stata relativamente breve (alcuni 108 anni)

   – Il fatto che sulla Terra la vita sembri essersi formata rapidamente viene
     talvolta preso come un’indicazione che la vita si formi facilmente purchè
     l’ambiente diventi abitabile

       Non è però lecito saltare a questa conclusione: non bisogna confondere
        la velocità con cui accade un processo con la probabilità che tale
        processo abbia luogo

   – L’ipotesi che la vita si origini con alta probabilità dato un ambiente
     abitabile può essere messa alla prova

       Ad esempio cercando tracce di vita passata in ambienti ritenuti abitabili
        nel passato, come Marte

       Anche lo studio della vita terrestre ci può dare indicazioni a questo
        riguardo

                                                                                   61
Lo studio della vita terrestre come diagnostico
     della probabilità del processo di abiogenesi

• Fatto sperimentale

   – Tutte le forme di vita terrestre sono talmente simili a livello
     molecolare (omochiralità, codice genetico, …) da suggerire che sia
     esistita un’unica abiogenesi

• Implicazioni

   – Se, per ipotesi, il processo di abiogenesi avvenisse con alta
     probabilità in tempi brevi in qualsiasi ambiente abitabile ci
     aspettiamo che sulla Terra dovrebbero aver avuto luogo numerosi
     processi di abiogenesi negli ultimi 4 Ga

   – Tali ipotetici processi di abiogenesi sarebbero avvenuti in maniera
     indipendente l’uno dall’altro e pertanto avrebbero potuto originare
     organismi con differenze significative a livello molecolare/genetico

   – Tale conclusione è in contraddizione con l’impressionante grado di
     uniformità molecolare della vita terrestre

                                                                               62
Come superare tale contraddizione ?

Esistono le seguenti possibilità:

•   La vita che conosciamo dovrebbe continuamente eliminare altre forme di vita
    che man mano vengono originate

     – Spiegazione comunemente adottata, già ipotizzata da Darwin

•   L’origine della vita è talmente deterministica da produrre esattamente il tipo
    di vita che conosciamo

•   Microrganismi diversi da quelli che conosciamo esistono ma non sono ancora
    stati scoperti in quanto la vita microscopica terrestre rimane in gran parte
    inesplorata

        - Ipotesi della “shadow biosphere” di Paul Davies

•   Le condizioni fisico/chimiche che hanno permesso l’abiogenesi sono state
    presenti solo in un primo periodo della storia della Terra

     – Alcune fasi della chimica prebiotica potrebbero aver avuto luogo in
        ambienti “non abitabili”

                                                                                     63
Evoluzione della vita nell’Universo

           Lezioni tratte dalla vita terrestre riguardo:

        l’esistenza universale del fenomeno evolutivo,

          le sue caratteristiche di casualità/necessità,

                      le sue scale di tempo

la probabilità che l’evoluzione possa portare alla formazione di
  organismi di alta complessità, fino al livello dell’ autocoscienza

                                                                           64
La selezione naturale come fenomeno universale

•   Plausibile che il meccanismo della selezione naturale sia universale

     –La selezione naturale può aver luogo indipendentemente dal modo in cui gli
     organismi organizzano o codificano il proprio patrimonio genetico

          Darwin aveva dedotto la sua teoria dell’evoluzione, basata sulla selezione
          naturale, senza essere a conoscenza dei meccanismi che creano la diversità
          genetica a livello molecolare

•   L’evoluzione come “caso e necessità”

     –I mutamenti genetici, che avvengono in maniera aleatoria, rappresentano il caso

     –La selezione naturale, che filtra tali mutamenti, rappresenta la necessità

                                                                                           65
Convergenza evolutiva

•   Specie diverse sono dette convergenti allorchè, sulla spinta delle stesse
    pressioni ambientali, si evolvono per selezione naturale sviluppando
    strutture ed abilità simili in maniera indipendente

     – Esistono numerosi esempi di convergenza evolutiva comprovati dal
       confronto di caratteristiche morfologiche e genetiche

        Un esempio classico è quello dello sviluppo delle ali, che è avvenuto in
         maniera indipendente varie volte nel corso dell’evoluzione

•   La convergenza evolutiva introduce un elemento di determinismo
    (“necessità”) nell’evoluzione

     – Si presume che anche fuori dallo Terra uno stesso tipo di pressione
       ambientale (ad es. la necessità di volare) possa a portare alla formazione di
       strutture analoghe sviluppate dalla vita terrestre (ad es. le ali)

                                                                                       66
Scale di tempo dell’evoluzione della vita 
•   Quanto è universale la scala di tempo di ~ 4 Ga che è stata necessaria per
    arrivare a produrre organismi coscienti sulla Terra ?

     –Non potremo saperlo finchè non comprenderemo in profondità la storia
     delle singole tappe dell’evoluzione

     –Con che probabilità avvengono?

     –Che condizioni richiedono?

     –Con che scala di tempo avviene ciascuna tappa evolutiva?

•   Rispondere a tale domanda è essenziale per stimare la probabilità di
    esistenza di forme di vita coscienti fuori in altri pianeti

     –Ad esempio, se fosse

     tcoscienza(esobiologia)
Tasso di evoluzione e cambiamenti ambientali

 •   Il tasso di evoluzione sarà in generale correlato positivamente 
     con la variabilità delle condizioni ambientali

                                                                                68

                   •   Astronomia Osservativa C, AB Cap. 4, Vladilo (2011)
Probabilità delle tappe evolutive

Per avere un’idea della probabilità con cui può aver luogo una
  determinata tappa evolutiva facciamo riferimento alla
  frequenza con cui tale evento ha avuto luogo nell’arco
  dell’evoluzione della vita terrestre

•   La comparsa di organismi pluricellulari è una delle poche tappe
    dell’evoluzione della vita terrestre che si è ripetuta più volte (animali,
    piante e funghi)

     – E’ presumibile che tale tappa evolutiva potrebbe aver luogo con una
        buona probabilità in un’eventuale biosfera extraterrestre

•   Varie importanti tappe evolutive della vita terrestre sembrano però aver
    avuto luogo una sola volta (in particolare, la nascita della coscienza e
    del linguaggio)

     – Sulla sola base di questo tipo di ragionamento non abbiamo idea
        con quale probabilità potrebbero aver luogo tali importanti tappe in
        un’eventuale biosfera extraterrestre

                        Astronomia Osservativa C, AB Cap. 4, Vladilo (2011)

   69
Dimensione e complessità degli organismi

Nonostante la crescita della complessità nel corso
  dell’evoluzione, la grandissima maggioranza degli
  organismi terrestri è rimasta di dimensione microscopica e
  con livello di organizzazione relativamente semplice

•   Questo fatto non è casuale

     – Gli organismi complessi richiedono un maggior consumo di
       energia, maggiori risorse ambientali e maggiore spazio

     – Gli organismi complessi hanno una minor flessibilità di
       adattamento a cambiamenti ambientali

•   Ci aspettiamo che l’evoluzione porti a una prevalenza di organismi
    microscopici anche in altri pianeti

                       Astronomia Osservativa C, AB Cap. 4, Vladilo (2011)

   70
Conclusioni

– Dando per scontata la presenza di vita in altri pianeti, la frazione di
  organismi macroscopici evoluti sarà verosimilmente piccola, come
  nel caso della Terra, in quanto tali organismi

   • Richiedono una scala di tempo lunga per il loro sviluppo,
    accompagnata da condizioni di abitabilità continua

      – Stabilità stellare, orbitale, climatica

   • Sono poco adattabili dal punto di vista evolutivo a cambiamenti
    ambientali

– Dando per scontata la presenza di organismi evoluti non sappiamo
  con quale probabilità l’evoluzione possa a portare alla formazione
  di organismi autocoscienti

   • Se tale probabilità fosse bassa, la vita autocosciente potrebbe
     essere particolarmente rara

                                                                            71
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