Abitabilità di pianeti extrasolari - G. Vladilo INAF - Osservatorio Astronomico di Trieste
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Rocciosi Gassosi/ ghiacciati Dicotomia nella densità media ci permette di distinguere tra pianeti rocciosi e pianeti gassosi/ghiacciati Le differenze in massa/raggio ci permettono di distinguere tra pianeti giganti (che sono gassosi o ghiacciati) e pianeti terrestri 3
Pianeti e vita • L’unico pianeta con vita che attualmente conosciamo, la Terra, è un pianeta di tipo roccioso, ma con acqua in superficie, che si trova su di un’orbita dinamicamente stabile nella zona interna del proprio sistema planetario • Esistono pianeti di questo tipo fuori dal Sistema Solare ? • E’ necessario che esista un pianeta con le stesse caratteristiche della Terra affinchè ci sia vita ? • Se ci fosse vita su tali pianeti riusciremmo a scoprirla? • Che tipo di vita ci aspettiamo di trovare? 5
Cenni sui metodi di rivelazione dei pianeti extrasolari • Metodo diretto –Immagine diretta del pianeta • Metodi indiretti –Ne esistono di vari tipi –Qui prenderemo in considerazione solo i due più efficienti 7
Metodi di rivelazione di pianeti extrasolari Metodo diretto • Immagine diretta – Si cerca l’immagine del pianeta nel campo della stella • Difficoltà osservative – Contrasto elevatissimo 109-1010 nel visibile ; 106-107 nell’IR (~10 µm) – Separazione angolare estremamente piccola Frazione di arcsec, decisamente inferiore al“seeing” Esempio: separazione Terra-Sole vista da 20 pc: 50 mas • Campione osservato -Al momento attuale (maggio 2012) sono stati scoperti circa 30 pianeti con il metodo di imaging diretto 8
Metodi di rivelazione di pianeti extrasolari Metodi indiretti • Riconducibili a due effetti: Perturbazione gravitazionale del moto stellare Variazioni di luminosità stellare • Parametri orbitali – Si misura direttamente il periodo orbitale del pianeta, P, dalla modulazione del segnale osservato Ad esempio, il segnale modulato può essere di tipo spettroscopico o fotometrico – Noto P si ricava il semiasse maggiore, a, dalla terza legge di Keplero 9
Metodi indiretti: Perturbazione gravitazionale del moto stellare • Il campo gravitazionale del pianeta induce una perturbazione del moto della stella • Esistono diversi metodi indiretti per rivelare pianeti dallo studio delle perturbazioni del moto stellare – Qui consideriamo solo il metodo delle velocità radiali 10
Metodo delle velocità radiali (Metodo Doppler) • Misura spettroscopica – Variazioni della componente radiale del moto stellare indotto dal pianeta Mediante l’effetto Doppler si misurano le variazioni di velocità radiale dallo spostamento periodico delle righe fotosferiche nello spettro stellare • Metodo estremamente efficiente – Ha permesso di trovare il maggior numero di esopianeti (attualmente circa 700 esopianeti in più di 560 sistemi planetari; maggio 2012) • Effetti selettivi – Più facile scoprire pianeti di grande massa attorno a stelle di piccola massa 11
Metodo delle velocità radiali • Si costruisce una curva di velocità radiale in funzione del tempo • Principali parametri ricavabili dall’analisi della curva di velocità radiale – Periodo, P (da cui il semiasse maggiore, a) – Massa, M sini – Eccentricità dell’orbita, e 12
Metodi indiretti: Variazioni del flusso luminoso stellare • Si misurano variazioni della curva di luce stellare – Tali metodi indiretti funzionano unicamente per particolari configurazioni geometriche • Consideriamo solo il metodo dei transiti
Metodo dei transiti Probabilità geometrica ~ 5 x 10-3 (R*/a)
• Il transito viene rilevato fotometricamente • Si costruisce una “curva di luce” (andamento temporale della luminosità stellare) • Principali parametri ricavabili dall’analisi della curva di luce – Periodo orbitale, P, (da cui il semiasse maggiore, a) – Raggio del pianeta, Rp • Effetti selettivi – Più facile scoprire pianeti di grande raggio attorno a stelle di piccolo raggio 15
Metodi di rivelazione di pianeti extrasolari Metodi indiretti • Bias osservativo legato alla baseline Pianeta a [AU] P [anni] temporale delle osservazioni Mercurio 0.387 0.24 – Più facile scoprire pianeti con breve periodo orbitale e quindi piccoli valori del semiasse Venere 0.723 0.62 maggiore Terra 1.000 1.00 Marte 1.523 1.88 – Gli esempi di valori di P riportati in tabella Giove 5.203 11.86 per i pianeti del Sistema Solare ci indicano che sarebbero necessarie basi temporali Saturno 9.537 29.42 osservative estremamente lunghe per Urano 19.191 83.75 trovare pianeti con a > ~ 5 AU Nettuno 30.069 163.72 16
Quali sono le principali scoperte ottenute dallo studio dei pianeti extrasolari? Riusciremo a trovare pianeti simili al nostro? 17
Scoperte nuove tipologie di pianeti non esistenti nel Sistema Solare HOT JUPITERS SUPER-EARTHs T 18
Le orbite di bassa eccentricità sono l’eccezione piuttosto che la norma V E M J Udry et al. 2005 19
Dal punto di vista delle capacità osservative ci stiamo avvicinando al momento in cui scopriremo pianeti di massa terrestre Il limite di rivelamento in massa diventa più stringente di anno in anno “Saturni” M ~ 0.3 Mgiove “Nettuni” M ~ 0.05 Mgiove “Super-Terre” M ~ 0.015 Mgiove Mp ~ 10 Mterra Terrestri M ~ 0.003 Mgiove 20
La distribuzione delle masse planetarie osservate ci fa ritenere che possa esistere un numero molto elevato di pianeti di tipo terrestre – Distribuzione in massa M sin i degli esopianeti esopianeti scoperti con il metodo Doppler • La distribuzione aumenta verso valori più bassi di massa – Nonostante l’effetto selettivo che favorisce il rivelamento di pianeti massicci • Dall’estrapolazione di tale andamento ci aspettiamo un grande frequenza di pianeti di piccola massa – Rilevabili in futuro con il miglioramento delle tecniche osservative 21
Dalla combinazione delle tecniche osservative delle velocità radiali e dei transiti riusciamo a determinare la densità media dei pianeti La maggior parte dei pianeti scoperti sono di tipo gassoso, ma stiamo cominciando a scoprire pianeti di tipo roccioco
Pianeti extrasolari: conclusioni • I pianeti extrasolari presentano una straordinaria varietà di tipologie, alcune delle quali prima sconosciute – Riteniamo che pianeti giganti vicini alla stella e pianeti in orbite fortemente eccentriche non siano compatibili con la presenza di vita in un sistema planetario • Ci stiamo avvicinando al momento in cui riusciremo a scoprire pianeti con caratteristiche simili a quelle terrestri – Per molti di essi riusciremo a comprovare se siano rocciosi – Attualmente siamo riusciti a trovare pianeti con masse 3 ~ 10 volte quella terrestre, chiamati “Super-Terre” • Nel futuro prossimo potremo rivelare pianeti simili alla Terra, ma in stelle di bassa massa (più fredde del Sole) – Pianeti veramente simili alla Terra potranno essere scoperti in un futuro a medio termine 23
II parte La vita nell’Universo: requisiti fisico/chimici 24
La vita: definizione e proprietà La definizione della vita è oggetto di continuo dibattito in ambito scientifico Le definizioni della vita considerano un insieme di proprietà, ciascuna delle quali da sola è generalmente insufficiente a distinguere in maniera netta tra mondo biologico e non biologico esempio di insieme di caratteristiche utilizzate per definire la vita: Metabolismo Riproduzione Adattamento all’ambiente La lista di caratteristiche utilizzate nella definizione della vita varia nel corso del tempo, seguendo i progressi nella nostra comprensione del mondo biologico 25
Definizioni della vita in astrobiologia Definizione operativa spesso citata adottata dalla NASA Joyce (1994) “La vita è un sistema chimico che si autosostiene e che è capace di evolvere mediante evoluzione Darwiniana” L’evoluzione Darwiniana È uno dei tratti più caratteristici della vita, ma non è particolarmente utile per la ricerca di tracce di vita extraterrestre Le proprietà chimiche Offrono un possibile modo di comprovare la presenza di vita, ma possono portare a risultare ambigui Astronomia Osservativa C, AB Cap. 1, Vladilo (2011) 26
La vita come fenomeno cinetico e termodinamico Addy Pross “… certain replicating things can evolve, and may therefore become living.” La vita come fenomeno di “chimica replicativa” Importanza delle reazioni autocatalitiche 27
Per la presente discussione ci limitiamo a porre in evidenza alcune proprietà fisiche e chimiche della vita terrestre allo scopo di dedurre vincoli di tipo fisico sulla possibile presenza di vita nell’Universo Non ci azzardiamo ad addentrarci in aspetti aspetti più complessi che richiederebbero una preparazione specialistica 28
La vita come fenomeno termodinamico I sistemi viventi mantengono un bassissimo livello di entropia (evidenziato dall’elevatissimo livello di ordine strutturale e contenuto d’informazione) utilizzando energia ottenuta dall’ambiente esterno La cellula (o il suo equivalente esobiologico) dev’essere delimitata da un bordo che, in maniera selettiva, assorbe energia ed emette entropia, permettendo il mantenimento di un disequilibrio con l’ambiente 29
La vita come fenomeno chimico Consideriamo solo due aspetti: Ruolo delle molecole polari Ruolo dei legami idrogeno Esempio di molecola polare: H2O 30
Molecole polari e formazione spontanea di strutture biologiche La cellula (o il suo equivalente esobiologico) deve essere in grado di formare in maniera spontanea il bordo che la delimita Molecole polari Molecole con “testa” polare e “corpo” non polare Molecole polari 31
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Molecole polari e solubilità dei costituenti delle molecole biologiche La vita deve essere in grado di assemblare e disassemblare le proprie macromolecole: è un requisito della chimica replicativa Un solvente è necessario per permettere ai costituenti delle molecole biologiche di muoversi, assemblarsi e disassemblarsi 33
Legami chimici nelle molecole biologiche Tipi di legami chimici importanti nelle molecole biologiche Legami covalenti Legami idrogeno Forze di Van der Waals Permettono la formazione di una varietà molto grande di strutture tridimensionali stabili e flessibili 34
Legami covalenti: “ossatura” delle macromolecole biologiche 35
Legami idrogeno: forze intramolecolari e intermolecolari nelle macromolecole biologiche 36
DNA La struttura portante dei filamenti è tenuta insieme da legami covalenti L’accoppiamento tra i filamenti avviene mediante legami idrogeno 37
Struttura delle proteine: α helix La struttura portante dell’elica è tenuta insieme da legami covalenti Le forze intramolecolari all’interno dell’elica, fondamentali per determinare la struttura e quindi la funzionalità delle proteine, sono date dai legami idrogeno 38
Requisiti della vita nell’Universo • Esistono requisiti di carattere chimico/fisico che devono essere soddisfatti da qualsiasi forma di vita • In particolare, la temperatura e la pressione devono essere tali da permettere l’esistenza di - legami idrogeno - un solvente polare in fase liquida • Tali requisiti ci permettono di capire quali ambienti astronomici siano in grado di ospitare vita (ambienti abitabili) 39
III parte L’universo abitabile 40
Ambienti abitabili nell’Universo Molti sono i possibili criteri di abitabilità Ad esempio – Fonti di energia – Protezione da radiazioni ionizzanti Qui consideriamo – I limiti di temperatura e pressione che consentono la presenza di legami idrogeno e di un solvente polare in fase liquida 41
Quali sono gli ambienti dell’Universo in cui possiamo trovare legami idrogeno e un solvente polare in fase liquida ? 42
L’Universo Abitabile Ambienti astronomici nel diagramma temperatura-pressione Interni stellari Superfici planetarie Atmosfere stellari Mezzo interstellare 43
Ambienti abitabili ed energie dei legami chimici • Definizione operativa di ambiente abitabile dal punto di vista della condizioni fisiche –Ottenuta dal confronto tra energia cinetica media E=(3/2)kT ed energia caratteristica dei legami chimici d’interesse biologico Per evitare la distruzione delle molecole biologiche: Ecinetica < Elegame chimico • Energie caratteristiche di legame chimico –Legami covalenti Tipicamente tra ~50 e ~200 kcal/mole 100 kcal/mole ~ 418 kJ/mole ~ 4.2 eV –Legami idrogeno Tipicamente tra ~1 e ~10 kcal/mole 5 kcal/mole ~ 20 kJ/mole ~ 0.2 eV Convertiamo in temperatura le energie caratteristiche dei legami chimici d’interesse biologico in modo da poter porre dei limiti di abitabilità nel diagramma T-P 44 44
L’Universo Abitabile Energie tipiche dei legami covalenti Distruzione legami covalenti Astrochimica 45
L’Universo Abitabile Energie tipiche dei legami idrogeno Distruzione legami idrogeno Molecole complesse 46
L’Universo Abitabile Energie tipiche dei legami idrogeno Distruzione Assenza legami di fase idrogeno liquida Punto triplo solventi polari (H2O, NH3) Assenza di fase liquida 47
L’Universo Abitabile Il criterio di esistenza di acqua in fase liquida porta a risultati molto simili al criterio di sopravvivenza dei legami idrogeno. Non è un caso, dal momento che sono proprio tali legami che conferiscono all’acqua liquida le proprietà che conosciamo. Il criterio dell’acqua liquida ha lo svantaggio di essere meno universale rispetto al criterio dei legami idrogeno, ma il vantaggio di essere ben definito dal punto di vista dei limiti delle variabili termodinamiche. 48
Limiti fisico/chimici sperimentali per l’esistenza di vita terrestre: organismi “estremofili” • Gli studi di microbiologia hanno dimostrato l’esistenza di organismi viventi in ambienti ritenuti non abitabili da un punto vista antropocentrico • Tali organismi, generalmente microscopici, vengono chiamati estremofili • Per quanto siano estreme le condizioni fisico/ chimiche dei loro habitats, esse consentono generalmente l’esistenza di acqua in fase liquida • Fanno eccezione organismi che si adattano a condizioni estreme di disidratazione, ma per fare ciò sospendono i propri processi biochimici • Se ci limitiamo a considerare forme di vita attiva non c’è conflitto tra l’evidenza sperimentale degli organismi estremofili e le considerazioni teoriche sull’abitabilità dell’Universo sopra menzionate 49
L’Universo Abitabile: conclusioni • Il criterio di abitabilità, comunemente basato sull’esistenza di acqua in fase liquida, non è dettato da banali considerazioni antropocentriche, ma è verosimilmente un criterio generale per l’esistenza di vita nell’Universo • I pianeti sono i principali candidati (se non gli unici) per la ricerca di ambienti abitabili e vita nell’Universo – L’unica condizione che è che la vita sia di tipo chimico 50
Pianeti abitabili Ci limitiamo a considerare il criterio dell’acqua liquida 51
Zona Abitabile Circumstellare • Per calcolarne l’estensione si tiene conto del fatto che il pianeta può avere diversi livelli di CO2 e quindi di effetto serra • La posizione della zona abitabile dipende dalla massa e tipo spettrale della stella: per stelle più fredde la zona abitabile è più vicina alla stella • Nonostante il gran numero di pianeti extrasolari finora scoperti, finora non sono stati trovati pianeti con condizioni ottimali di abitabilità • Uno dei sistemi planetari più interessanti finora scoperto è quello attorno alla stella Gl581, che presenta alcuni pianeti prossimi alla zona abitabile V T M c d 53
Abitabilità di Gl581c • Usando un modello di clima uguale a quello della Terra il pianeta risulta inabitabile ( > 373 K) • Usando un modello con una colonna atmosferica 10% di quella terrestre il pianeta risulterebbe abitabile • In realtà, essendo una super-Terra, ci si aspetta che possa avere un’atmosfera con pressione maggiore di quella terrestre • Verosimilmente Gl581c è troppo caldo e ha evaporato l’eventuale acqua che fosse stata presente al momento della sua formazione 54
Abitabilità di Gl581d • Usando un modello di clima uguale a quello della Terra il pianeta risulta completamente ghiacciato • Affiinchè il pianeta diventi abitabile bisogna aumentare la pressione di CO2 fino a 8 bar (più di 3 ordini di grandezza rispetto al valore terrestre) • Essendo una super-Terra, potrebbe avere una pressione atmosferica maggiore; se avesse anche un alto livello di CO2 potrebbe essere abitabile • Notare che se la pressione è così alta la temperatura superficiale del pianeta diventa estremamente uniforme 55
Riusciremo a trovare evidenze sperimentali della presenza di vita su altri pianeti ? 56
Studio delle atmosfere planetarie
Spettroscopia di assorbimento di atmosfere planetarie • Attualmente possibile osservare solo giganti gassosi – Trovati H2O, CH4, CO2, CO • In un prossimo futuro speriamo di osservare atmosfere di super-terre orbitanti stelle di piccolo raggio •58
Biomarcatori negli spettri di atmosfere planetarie
Nell’attesa di trovare evidenze di biomarcatori, viene naturale chiedersi: Con che probabilità ci aspettiamo di trovare vita su altri pianeti ? Che tipo di vita ci aspettiamo possa esistere? 60
Scala di tempo e probabilità del processo di abiogenesi • La scale di tempo dell’origine della vita sulla Terra sembra essere stata relativamente breve (alcuni 108 anni) – Il fatto che sulla Terra la vita sembri essersi formata rapidamente viene talvolta preso come un’indicazione che la vita si formi facilmente purchè l’ambiente diventi abitabile Non è però lecito saltare a questa conclusione: non bisogna confondere la velocità con cui accade un processo con la probabilità che tale processo abbia luogo – L’ipotesi che la vita si origini con alta probabilità dato un ambiente abitabile può essere messa alla prova Ad esempio cercando tracce di vita passata in ambienti ritenuti abitabili nel passato, come Marte Anche lo studio della vita terrestre ci può dare indicazioni a questo riguardo 61
Lo studio della vita terrestre come diagnostico della probabilità del processo di abiogenesi • Fatto sperimentale – Tutte le forme di vita terrestre sono talmente simili a livello molecolare (omochiralità, codice genetico, …) da suggerire che sia esistita un’unica abiogenesi • Implicazioni – Se, per ipotesi, il processo di abiogenesi avvenisse con alta probabilità in tempi brevi in qualsiasi ambiente abitabile ci aspettiamo che sulla Terra dovrebbero aver avuto luogo numerosi processi di abiogenesi negli ultimi 4 Ga – Tali ipotetici processi di abiogenesi sarebbero avvenuti in maniera indipendente l’uno dall’altro e pertanto avrebbero potuto originare organismi con differenze significative a livello molecolare/genetico – Tale conclusione è in contraddizione con l’impressionante grado di uniformità molecolare della vita terrestre 62
Come superare tale contraddizione ? Esistono le seguenti possibilità: • La vita che conosciamo dovrebbe continuamente eliminare altre forme di vita che man mano vengono originate – Spiegazione comunemente adottata, già ipotizzata da Darwin • L’origine della vita è talmente deterministica da produrre esattamente il tipo di vita che conosciamo • Microrganismi diversi da quelli che conosciamo esistono ma non sono ancora stati scoperti in quanto la vita microscopica terrestre rimane in gran parte inesplorata - Ipotesi della “shadow biosphere” di Paul Davies • Le condizioni fisico/chimiche che hanno permesso l’abiogenesi sono state presenti solo in un primo periodo della storia della Terra – Alcune fasi della chimica prebiotica potrebbero aver avuto luogo in ambienti “non abitabili” 63
Evoluzione della vita nell’Universo Lezioni tratte dalla vita terrestre riguardo: l’esistenza universale del fenomeno evolutivo, le sue caratteristiche di casualità/necessità, le sue scale di tempo la probabilità che l’evoluzione possa portare alla formazione di organismi di alta complessità, fino al livello dell’ autocoscienza 64
La selezione naturale come fenomeno universale • Plausibile che il meccanismo della selezione naturale sia universale –La selezione naturale può aver luogo indipendentemente dal modo in cui gli organismi organizzano o codificano il proprio patrimonio genetico Darwin aveva dedotto la sua teoria dell’evoluzione, basata sulla selezione naturale, senza essere a conoscenza dei meccanismi che creano la diversità genetica a livello molecolare • L’evoluzione come “caso e necessità” –I mutamenti genetici, che avvengono in maniera aleatoria, rappresentano il caso –La selezione naturale, che filtra tali mutamenti, rappresenta la necessità 65
Convergenza evolutiva • Specie diverse sono dette convergenti allorchè, sulla spinta delle stesse pressioni ambientali, si evolvono per selezione naturale sviluppando strutture ed abilità simili in maniera indipendente – Esistono numerosi esempi di convergenza evolutiva comprovati dal confronto di caratteristiche morfologiche e genetiche Un esempio classico è quello dello sviluppo delle ali, che è avvenuto in maniera indipendente varie volte nel corso dell’evoluzione • La convergenza evolutiva introduce un elemento di determinismo (“necessità”) nell’evoluzione – Si presume che anche fuori dallo Terra uno stesso tipo di pressione ambientale (ad es. la necessità di volare) possa a portare alla formazione di strutture analoghe sviluppate dalla vita terrestre (ad es. le ali) 66
Scale di tempo dell’evoluzione della vita • Quanto è universale la scala di tempo di ~ 4 Ga che è stata necessaria per arrivare a produrre organismi coscienti sulla Terra ? –Non potremo saperlo finchè non comprenderemo in profondità la storia delle singole tappe dell’evoluzione –Con che probabilità avvengono? –Che condizioni richiedono? –Con che scala di tempo avviene ciascuna tappa evolutiva? • Rispondere a tale domanda è essenziale per stimare la probabilità di esistenza di forme di vita coscienti fuori in altri pianeti –Ad esempio, se fosse tcoscienza(esobiologia)
Tasso di evoluzione e cambiamenti ambientali • Il tasso di evoluzione sarà in generale correlato positivamente con la variabilità delle condizioni ambientali 68 • Astronomia Osservativa C, AB Cap. 4, Vladilo (2011)
Probabilità delle tappe evolutive Per avere un’idea della probabilità con cui può aver luogo una determinata tappa evolutiva facciamo riferimento alla frequenza con cui tale evento ha avuto luogo nell’arco dell’evoluzione della vita terrestre • La comparsa di organismi pluricellulari è una delle poche tappe dell’evoluzione della vita terrestre che si è ripetuta più volte (animali, piante e funghi) – E’ presumibile che tale tappa evolutiva potrebbe aver luogo con una buona probabilità in un’eventuale biosfera extraterrestre • Varie importanti tappe evolutive della vita terrestre sembrano però aver avuto luogo una sola volta (in particolare, la nascita della coscienza e del linguaggio) – Sulla sola base di questo tipo di ragionamento non abbiamo idea con quale probabilità potrebbero aver luogo tali importanti tappe in un’eventuale biosfera extraterrestre Astronomia Osservativa C, AB Cap. 4, Vladilo (2011) 69
Dimensione e complessità degli organismi Nonostante la crescita della complessità nel corso dell’evoluzione, la grandissima maggioranza degli organismi terrestri è rimasta di dimensione microscopica e con livello di organizzazione relativamente semplice • Questo fatto non è casuale – Gli organismi complessi richiedono un maggior consumo di energia, maggiori risorse ambientali e maggiore spazio – Gli organismi complessi hanno una minor flessibilità di adattamento a cambiamenti ambientali • Ci aspettiamo che l’evoluzione porti a una prevalenza di organismi microscopici anche in altri pianeti Astronomia Osservativa C, AB Cap. 4, Vladilo (2011) 70
Conclusioni – Dando per scontata la presenza di vita in altri pianeti, la frazione di organismi macroscopici evoluti sarà verosimilmente piccola, come nel caso della Terra, in quanto tali organismi • Richiedono una scala di tempo lunga per il loro sviluppo, accompagnata da condizioni di abitabilità continua – Stabilità stellare, orbitale, climatica • Sono poco adattabili dal punto di vista evolutivo a cambiamenti ambientali – Dando per scontata la presenza di organismi evoluti non sappiamo con quale probabilità l’evoluzione possa a portare alla formazione di organismi autocoscienti • Se tale probabilità fosse bassa, la vita autocosciente potrebbe essere particolarmente rara 71
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