LA SECONDA DOMANDA DI LEIBNIZ E IL BIG BANG
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LA SECONDA DOMANDA DI LEIBNIZ E IL BIG BANG Ugo Amaldi* La seconda domanda di Leibniz Un semplice elenco mette in luce la prodigiosa diversità tra le strutture or dinate, fisiche e biologiche, che cadono sotto la nostra osservazione: galassie, microbi, atomi, stelle, asteroidi, satelliti, onde elettromagnetiche, uomini, nu vole, formiche, vulcani e così via. E ciascuna di queste categorie è, a sua volta, estremamente varia: si contano cento miliardi di galassie, un centinaio di atomi, diecimila specie di formiche, un incalcolabile numero di nuvole, mille satelliti conosciuti che ruotano intorno a stelle della Via Lattea vicina… Poiché non possiamo non stupirci della diversità delle categorie di sistemi di cui è fatto il mondo e della varietà di ciascuna di esse, nasce spontaneo un inter rogativo: perché l’Universo è così eterogeneo e multiforme? Penso che questo sia il modo più semplice di esprimere la seconda domanda di Leibniz, che scrisse: «La prima domanda che abbiamo il diritto di porre è: Warum ist überhaupt Seiendes und nicht vielmehr Nichts? Perché esiste qualcosa anziché il nulla? Infatti il nulla è più semplice e più facile di qualche cosa. In ag giunta, supposto che delle cose debbano esistere, bisogna poter spiegare perché esse debbano esistere così e non altrimenti». La prima domanda di Leibniz è antica e molto discussa da filosofi e scienzia ti. Può essere rifiutata come priva di senso ma, se la si accetta, ha soltanto due risposte possibili: Dio creatore, per i credenti, e il Pricipio antropico applicato * Università Milano Bicocca e Fondazione tera. Email: ugo.amaldi@cern.ch 15 01.Evoluzione.indd 15 4-04-2011 17:24:08
Ugo Amaldi al Multiverso, per i naturalisti. Entrambe si collocano al di fuori dei confini del sapere scientifico. Il secondo Warum è più sottile e poco considerato da filosofi e teologi. Al contrario, gli scienziati si dedicano al problema da tempo, trasformando, come richiede la loro professione, il «perché» in un «come» e indagando la natura in cerca di possibili risposte. Sappiamo che il mondo osservabile è il risultato del concatenarsi di quattordi ci miliardi di anni di processi cosmici e biologici iniziati con il Big Bang, processi che hanno portato alla nascita di esseri coscienti in grado di porsi delle domande sull’evoluzione dell’Universo. In questo quadro, la seconda domanda di Leibniz, a cui gli scienziati devono rispondere, prende la forma: «Come, evolvendo per quattordici miliardi di anni, l’Universo ha dato origine alla diversità e alla varietà dei sistemi che oggi lo com pongono?». Il punto di partenza è quanto accadde 400.000 dopo il Big Bang, quando la struttura dell’Universo subì un cambiamento profondo e definitivo. In quel mo mento della storia cosmica, il plasma che componeva l’Universo, fino ad allora opaco, è divenuto trasparente alla luce e i semi delle attuali galassie sono dive nuti ‘visibili’ agli strumenti con cui gli astrofisici esplorano lo spazio. Spiegare la varietà dei costituenti e delle forze che agivano nell’Universo vecchio soltanto di 400.000 anni è il primo passo per la comprensione della sua attuale eteroge neità. Gli scienziati che più hanno lavorato e lavorano a questo studio sono i fisici teorici, che cercano di costruire quella che è chiamata, pomposamente, una Teo- ria del Tutto (in inglese toe per Theory Of Everything). Una siffatta teoria – che dovrebbe imporsi per semplicità, coerenza interna e fecondità – mira a integrare i costituenti fondamentali della materia e i quattro tipi di forza con cui intera giscono (forte, elettrica, debole e gravitazionale) in un quadro coerente, che ne giustifichi in modo naturale l’esistenza e le proprietà. La Teoria del Tutto dovrebbe descrivere in un corpus unico le forze o intera zioni fondamentali in qualsiasi età del cosmo, a partire dall’origine dei tempi, subito dopo il caldissimo Big Bang, fino ad arrivare all’Universo freddo nel qua le è attualmente immerso il nostro sistema solare. Applicata ai primi istanti di vita dell’Universo, dovrebbe spiegare tutte le proprietà che il cosmo aveva dopo 400.000 anni. Ma, anche se una convincente toe spiegasse accuratamente l’eterogeneità dell’Universo vecchio di 400.000 anni, avremmo in mano soltanto un primo frammento di risposta alla seconda domanda di Leibniz. Rimarrebbero infatti 16 01.Evoluzione.indd 16 4-04-2011 17:24:08
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang inspiegate le molto più stupefacenti diversità e varietà dei corpi celesti e degli esseri viventi, sviluppatesi successivamente in un arco di tempo molto più lungo. A questi temi, troppo vasti per essere qui trattati, accennerò soltanto brevemente nell’ultimo paragrafo. Un Universo mille volte più piccolo Guardare lontano nello spazio profondo vuol dire guardare nel passato del cosmo: la luce di stelle e galassie distanti viaggia per migliaia o milioni di anni luce prima di arrivare a noi ed essere rivelata dai nostri telescopi. Ma anche puntando telescopi molto più potenti di quelli attuali verso lo spazio cosmico non riusciremo mai a «vedere» il suo inizio, che risale a 13,7 miliardi di anni fa. Infatti, al principio la luce non si propagava liberamente perché, fino a circa 400.000 anni dopo il Big Bang, il plasma cosmico era fatto di particelle elettrica mente cariche. Questo plasma si trovava ad altissima temperatura, e quindi in un violento e disordinato moto di agitazione termica, e le cariche elettriche libere riassorbivano immediatamente i corpuscoli di luce appena questi venivano emes si. Per chiarire questo punto, basta ricordare che un metallo è opaco perché vi circolano liberamente elettroni negativi, mentre il vetro è trasparente perché tutti gli elettroni sono attaccati ai loro atomi. Quindi il plasma ad altissima temperatura non brillava, ma si espandeva, raf freddandosi. Uguagliando l’età dell’Universo a 24 ore, l’oscurità regnò per i pri mi due secondi e mezzo di questo «giorno universale». Poi, improvvisamente, a causa della continua espansione, la temperatura scese al di sotto dei 3.000 gradi: gli elettroni (negativi) e i nuclei (positivi) di idrogeno e di elio, che costituivano il plasma, si legarono a formare atomi di idrogeno e atomi di elio, che sono neutri e quindi trasparenti alla luce e alle altre onde elettromagnetiche. Gli atomi di idrogeno e di elio sono i più semplici tra tutti quelli che oggi formano la materia cosmica; l’idrogeno è costituito, infatti, da un protone e da un elettrone, mentre l’elio è formato da un nucleo, fatto di due protoni e di due neutroni, e da due elettroni che gli ruotano attorno. La struttura del cosmo appena divenuto trasparente era molto semplice e or dinata: un volume mille volte più piccolo di quello odierno, e quindi un diametro dell’Universo pari a dieci miliardi di miliardi di chilometri (1019 chilometri), era abitato da un gas fatto soltanto di idrogeno (al 75%) e di elio (per il restante 25% della massa). Come accade sulla superficie del Sole, che ha circa la stessa temperatura dell’Universo vecchio di 400.000 anni, gli atomi di idrogeno e di 17 01.Evoluzione.indd 17 4-04-2011 17:24:08
Ugo Amaldi elio si agitavano muovendosi in tutte le direzioni e si scontravano con velocità dell’ordine di 10 chilometri al secondo. Prima dello scadere dei 400.000 anni, a causa delle continue collisioni gli elettroni negativi erano staccati dai nuclei positivi di idrogeno e di elio e, come ho detto, il plasma elettricamente carico era opaco alla luce. All’abbassarsi della temperatura la violenza delle collisioni diminuì fino a divenire insufficiente a staccare dai nuclei gli elettroni catturati. A partire da quel momento il plasma cosmico si raggrumò in atomi neutri, trasformandosi in un gas caldissimo, e i cor puscoli di luce (i fotoni), non più bloccati dalle cariche elettriche, cominciarono a viaggiare senza difficoltà. E hanno viaggiato per 14 miliardi di anni attraverso l’Universo, che ha continuato ad espandersi, giungendo fino a noi. Essi costitui scono oggi quella che gli astrofisici chiamano la «radiazione cosmica di fondo» (Smoot 1994). Questo flusso di fotoni, raccolti da sofisticati strumenti montati su satelliti artificiali, dà l’immagine mostrata nella Fig. 1. Noi ci troviamo al centro dell’enorme sfera rappresentata nella figura. Guar dando dal centro, dove oggi ci troviamo, verso l’esterno, vediamo come era di Fig. 1. La distribuzione di temperature della radiazione cosmica di fondo nella volta celeste. Le zone più scure corrispondono a una temperatura di circa 0,05 gradi inferiore a 3000 gradi, mentre alle zone più chiare è associata una temperatura di circa 0,05 gradi superiore. 18 01.Evoluzione.indd 18 4-04-2011 17:24:09
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang stribuito il plasma cosmico al momento della formazione del gas caldo fatto di atomi neutri. La temperatura media era di 3.000 gradi. Ma zone diverse avevano temperature differenti: le gradazioni di grigio indicano proprio che la tempera tura non era dappertutto uguale a 3.000 gradi. Le zone scure erano più fredde di non più di 0,05 gradi e quelle chiare più calde della stessa, piccolissima, quantità. Nelle zone fredde la densità era di pochissimo più grande che nelle zone calde, ma questa piccolissima differenza è stata sufficiente a far sì che i punti freddi divenissero, per effetto dell’attrazione gravitazionale, centri di concentrazione della materia presente e fungessero, quindi, da germi delle galassie. La temperatura decrescente dell’Universo primordiale L’Universo visibile è fatto di 100 miliardi di galassie e ciascuna di esse è for mata da circa 100 miliardi di stelle. Il colore della luce emessa dalle galassie, opportunamente analizzato, dà informazione sugli elementi che le costituiscono e sul loro moto rispetto alla Terra. Con i sofisticati strumenti oggi a disposizione gli astrofisici sono giunti all’indubitabile conclusione che le galassie sono tutte fatte della stessa materia e che si allontano le une dalle altre senza che nessuna di esse si trovi in un posto privilegiato. Si può comprendere l’allontanamento delle galassie ricorrendo all’immagine del palloncino di gomma sul quale sono incollati dei coriandoli che rappresenta no le galassie. Queste si allontanano perché lo spazio cosmico che le separa au menta continuamente di volume. Nello stesso modo, quando il palloncino viene gonfiato i coriandoli-galassie si allontano gli uni dagli altri perché dello spazio si crea continuamente tra di loro (Fig. 2). A causa del dilatarsi della superficie del palloncino tre galassie qualsiasi si allontano sempre più, ma nessun coriandolo-galassia occupa una posizione pri vilegiata. La nostra Via Lattea non è una galassia speciale tra i 100 miliardi di consorelle. Ripercorrendo all’indietro nel tempo il processo di allontanamento delle galas sie e studiando in dettaglio la radiazione cosmica di fondo, si è giunti alla conclu sione che l’Universo è nato 13,7 miliardi di anni fa in quell’esplosione di energia e di spazio che è stata chiamata, scherzosamente, il Big Bang (Weinberg 1977). La temperatura iniziale, che all’inizio era tanto grande da essere impronun ciabile, è calata mano a mano che l’Universo si espandeva fino a essere di «soli» 3.000 gradi dopo 400.000 anni. Per descrivere ciò che successe è necessario ri cordare che cosa si intende quando si parla di «temperatura». 19 01.Evoluzione.indd 19 4-04-2011 17:24:09
Ugo Amaldi Fig. 2. Rappresentazione dell’allontanamento delle galassie mediante la metafora del palloncino. Quando il palloncino-universo viene gonfiato, i coriandoli che vi sono attaccati si allontanano tra loro: man mano che il suo volume aumenta, cresce anche la distanza tra i coriandoli-galassie. La temperatura è, semplicemente, una grandezza fisica proporzionale all’ener gia media con cui le particelle del corpo in osservazione si agitano e collidono: portare a ebollizione l’acqua di una pentola vuol dire aumentare l’energia con cui le molecole dell’acqua, muovendosi, si scontrano. Il concetto «energia con cui le particelle si urtano» è tanto più semplice di quello di «temperatura» che i fisici usano proprio un’unità di energia, anziché i gradi, per misurare la tempe ratura. Per loro l’unità di temperatura è il MeV. Per esempio, la temperatura di 3.000 gradi che aveva il gas di idrogeno e di elio dei 400.000 anni era pari a un milionesimo di MeV. Esplicitamente l’abbreviazione MeV sta per milione di elettronvolt ma, non sapendo quanto vale in realtà un elettronvolt, questa definizione non ci porta molto lontano. È invece illuminante sapere che un MeV è l’energia che va spe sa per creare, in condizioni opportune, una di quelle particelle-materia che è essenziale nella costruzione di ogni atomo: un elettrone. È necessario dire «in condizioni opportune» perché, studiando con i loro acceleratori le collisioni tra 20 01.Evoluzione.indd 20 4-04-2011 17:24:09
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang particelle, i fisici hanno mostrato che con l’energia non si crea mai una particella- materia da sola. Secondo la relazione di Einstein E = mc2 (dove c = 300.000 km al secondo è la velocità della luce), la scomparsa di energia è sempre accompagna ta dalla creazione delle masse di una particella e della sua antiparticella, che ha massa identica a quella della particella ma carica elettrica opposta. Quindi è vero che per creare la massa di un elettrone ci vuole un MeV di energia, ma questo MeV è necessario per produrre, contemporaneamente, la massa di un elettrone, elettricamente negativo, e quella di un antielettrone, o «positone», che è positivo. Un elettrone ha quindi 0,5 MeV di massa. Se nella creazione si spende più di un MeV, il resto si ritrova come energia cinetica dell’elettrone e del positone appena creati. E come può scomparire una particella-materia? Da sé, un elettrone non scom pare mai, per esempio; esso però annichila, se incontra un antielettrone, liberan do una quantità di energia minima che è eguale a un MeV. Da ciò si deduce che ogni elettrone ha una massa che, espressa in unità di misura dell’energia, equivale a mezzo MeV; uguale è la massa di un positone. Gli atomi di idrogeno, che costituivano il 75% dell’Universo vecchio di 400.000 anni, sono fatti di un protone (positivo) intorno a cui ruota un elet trone. Il protone ha circa 1.000 MeV di massa, così come la sua antiparticella, l’antiprotone. Quindi la massa dell’atomo di idrogeno è praticamente tutta con centrata nel suo nucleo. Questo è vero a maggior ragione per l’atomo di elio, il componente restante del cosmo appena divenuto trasparente, poiché un nucleo di elio è formato da due protoni e da due neutroni. Anche il neutrone ha una massa che, espressa in unità di energia, vale 1.000 MeV, quasi identica a quella del protone. In sintesi, i fisici usano il MeV per esprimere le masse delle particelle, le ener gie delle loro collisioni e anche le temperature, in particolare le temperature dell’Universo primordiale. Questo legame permette di esprimere quantitativa mente quanto ho detto a parole: mentre il plasma cosmico si espandeva, dimi nuiva continuamente la temperatura e quindi l’energia media delle collisioni tra tutte le particelle e antiparticelle presenti. Risalendo il corso del tempo Le Figg. 3 e 4 di questo paragrafo mostrano come la temperatura del cosmo è diminuita con il tempo e come, di conseguenza, è variata la sua composizione. Per illustrare i fenomeni che vi sono descritti è più utile, anziché seguire il fluire 21 01.Evoluzione.indd 21 4-04-2011 17:24:09
Ugo Amaldi del tempo, andare indietro nel tempo, cioè percorrere l’asse orizzontale della Fig. 3 da destra verso sinistra a partire dai famosi 400.000 anni, quando il cosmo era fatto di atomi di idrogeno (H) e di elio (He). In questa storia alla rovescia, all’aumentare della temperatura le collisioni tra atomi diventano tanto violente da strappare tutti gli elettroni ai nuclei: non ci sono più elio e idrogeno ma protoni, nuclei di elio ed elettroni, cioè particelle elettricamente cariche, e il gas caldissimo diventa plasma. Continuando ad andare indietro nel tempo, quando la temperatura aumenta passando da un milionesimo di MeV fino a 1-10 MeV, nulla succede alla compo sizione del plasma: protoni, elettroni e nuclei di elio si urtano sempre più violen temente senza cambiare. Quando però si raggiungono gli 1-10 MeV, le collisioni sempre più violente vincono la forza che tiene insieme i protoni e i neutroni a formare i nuclei di elio. A questo punto, come è mostrato nella Fig. 3, il plasma Fig. 3. Andamento della temperatura dell’Universo nei suoi primi 400 000 anni di vita e i diversi stati di aggregazione della materia che corrispondono alle diverse temperature. 22 01.Evoluzione.indd 22 4-04-2011 17:24:10
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang cambia di composizione, essendo ora fatto di protoni, neutroni ed elettroni, sen za più nuclei di elio. Quando la temperatura si avvicina ai 1.000 MeV, cioè prima di 100 milio nesimi di secondo, tutte le particelle e le antiparticelle si muovono, urtandosi continuamente, con velocità prossime alla velocità della luce, e appare un fe nomeno nuovo. Le collisioni dissociano i protoni e i neutroni liberando i loro componenti, che sono i «quark» leggeri che vanno sotto il nome di «quark-u» e Fig. 4. Andamento della temperatura dell’Universo durante il suo primo secondo di vita e i diversi sta- ti di aggregazione della materia che corrispondono alle diverse temperature. Nell’immagine sono indi- cate anche le epoche del cosmo esplorate dai diversi acceleratori realizzati al cern, fino all’attuale lhc, entrato in funzione nel 2010. Nel caso delle collisioni all’sps e all’lhc (collisioni protone-protone), la temperatura nel grafico corrisponde all’energia media delle collisioni di un quark di un protone con un quark dell’altro protone, che è circa un settimo dell’energia totale della collisione protone-protone. 23 01.Evoluzione.indd 23 4-04-2011 17:24:10
Ugo Amaldi «quark-d». Nella Fig. 4 questi quark sono rappresentati da un cerchietto nero tratteggiato, senza distinguerli gli uni dagli altri (si noti che in questo grafico il «tempo universale» è misurato in microsecondi, cioè in milionesimi di secondo, che è un’unità più conveniente quando i tempi sono molto brevi). Siccome ogni protone e ogni neutrone è fatto di 3 quark, a un atomo di idro geno (H: 1 protone e 1 elettrone) e a uno di elio (He: 2 protoni, 2 neutroni, 2 elettroni) corrispondono, a queste temperature, 3 elettroni (cerchietti continui) e 15 quark (cerchietti tratteggiati), liberi di agitarsi nel plasma cosmico. All’aumentare ulteriore della temperatura questi elettroni e questi quark si urtano sempre più violentemente e, nelle collisioni, di tanto in tanto vengono prodotte nuove coppie di particella e antiparticella più pesanti dei quark-u, dei quark-d e degli elettroni, che sono spesso dette particelle-materia «leggere». In fatti, come discusso nei prossimi paragrafi, con gli acceleratori di particelle si è scoperto che, nelle collisioni prodotte artificialmente tra particelle leggere, ven gono create altre particelle e antiparticelle «pesanti», che sono simili agli elettro ni e ai quark leggeri ma hanno masse molto maggiori. Si tratta di una dozzina di particelle-materia che, decadendo in particelle leg gere in meno di un microsecondo, scompaiono appena prodotte e quindi non si accumulano nella materia che è intorno a noi. Esse erano invece presenti nel plasma cosmico a meno di un microsecondo dal Big Bang, quando la tempera tura era superiore ai 1.000 MeV e le collisioni accadevano a energie maggiori della massa delle particelle create. Come mostra la Fig. 5, ciò è possibile perché vale la famosa relazione di Einstein E = mc2 secondo la quale, in una collisione, una particella (o antiparticella) di massa m può essere creata quando scompare Fig. 5. La nota equazione di Einstein che descrive l’equivalenza tra la massa e l’energia permette di predire la creazione di particelle e antiparticelle pesanti, che in meno di un microsecondo decadono tutte nelle particelle più leggere elettrone, quark u e quark d. 24 01.Evoluzione.indd 24 4-04-2011 17:24:10
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang un’energia E, che si calcola moltiplicando la massa m per il quadrato della velo cità della luce. Nel plasma cosmico a più di 1.000 MeV di temperatura, la creazione di parti celle e antiparticelle pesanti e il loro decadimento in quelle più leggere produce un equilibrio dinamico: le particelle che scompaiono sono compensate, tipo per tipo, da quelle che si creano. Quando la temperatura aumenta, la composizio ne del plasma cambia perché compaiono particelle e antiparticelle di massa più grande, che non possono essere prodotte a temperature inferiori. Per descrivere l’evoluzione dell’Universo è necessario sapere con precisione quali particelle e quali antiparticelle possono essere create e come esse interagi scono. I prossimi paragrafi sono dedicati a questo argomento. Acceleratori di particelle e Big Bang Poiché sulla Terra non è possibile portare un gas di idrogeno e di elio a tem perature molto più elevate di un millesimo di MeV, le condizioni dell’Universo primordiale possono essere riprodotte in laboratorio soltanto utilizzando gli ac- celeratori di particelle. Negli acceleratori decine di miliardi di particelle vengono accelerate a energie elevatissime lungo percorsi opposti e fatte scontrare: in que sto modo si ottengono energie di collisione uguali a quelle che si avevano quando le stesse particelle si agitavano furiosamente nel plasma cosmico. Dallo studio sperimentale delle particelle che sono create in queste collisioni e dei loro decadimenti si ricavano informazioni che possono essere introdotte in simulazioni numeriche del plasma primordiale, fatte girare su potenti calco latori. Gli acceleratori di particelle costruiti al cern (Ginevra) a partire dagli anni Cinquanta hanno esplorato i fenomeni che sono accaduti nell’Universo da una certa temperatura in giù, cioè da un certo istante in poi. La tabella della pagina seguente riassume la progressione in energia, cioè in temperatura, degli accele ratori entrati in funzione negli ultimi cinquant’anni e mostra come, con questi strumenti sempre più grandi e potenti, i fisici siano riusciti a ricostruire i feno meni che avvenivano nel plasma cosmico sempre più indietro nel tempo, fino alla frontiera dell’lhc: un milionesimo di milionesimo di secondo (10–12 secondi). I diametri di questi acceleratori sono cresciuti nel tempo, come mostrato nella Fig. 6, fino agli 8,5 chilometri dell’lhc, nel quale si urtano due fasci di protoni tali che l’energia della collisione di un quark, che appartiene a un protone, con un secondo quark, che appartiene all’altro protone, vale 1 milione di MeV. 25 01.Evoluzione.indd 25 4-04-2011 17:24:10
Ugo Amaldi Nome dell’acceleratore Anno Energia (*)= Tempo universale Tempo d’inizio temperatura in microsecondi universale in MeV in secondi PS Proto Sincrotrone: p+p 1959 1.000 1 10–6 SPS SuperProto Sincrotrone: 1975 5.000 4 centesimi 4 x 10–8 p+p LEP Large Electron Positron: 1989 100.000 1 decimillesimo 10–10 e–+e+ LHC Large Hadron Collider: 2010 1.000.000 1 milionesimo 10–12 p+p (*) Le energie riportate in questa colonna sono quelle relative alle collisioni tra particelle fonda mentali leggere. Nelle collisioni tra elettroni e antielettroni del lep si tratta della somma delle ener gie delle due particelle che collidono. Nelle collisioni tra due protoni, invece, ognuno dei tre quark trasporta un settimo circa dell’energia del protone; per questo, quando collidono nell’lhc due protoni da 3.500.000 MeV, due quark che li compongono si urtano con (3.500.000 + 3.500.000)/7 = 1.000.000 MeV, cioè un milione di MeV. Fig. 6. Gli anelli dei diversi acceleratori realizzati al cern a partire dagli anni Cinquanta. Oggi lhc occupa la galleria sotterranea che una volta ospitava il lep e gli anelli più piccoli funzionano da stadi di accelerazione preliminari prima di immettere le particelle nell’anello più grande. 26 01.Evoluzione.indd 26 4-04-2011 17:24:10
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang Due particelle di alta energia, urtandosi, producono decine di altre particelle e antiparticelle, che non sono presenti nella materia che ci circonda e di cui siamo fatti, ma che, come si è detto, esistevano nel plasma primordiale. La maggior par te di queste particelle pesanti decadono dopo essersi allontanate di meno di un millimetro dal punto dove sono state prodotte. Le traiettorie e le caratteristiche delle particelle sono osservate e ricostruite da un insieme di «rivelatori», che cir condano il punto in cui avvengono le collisioni. Sono questi gli occhi elettronici con i quali i fisici osservano i fenomeni che accadevano quando il tempo univer sale era uguale a un milionesimo di microsecondo (Fig. 7). Gli esperimenti condotti negli ultimi cinquant’anni al cern, assieme a quelli realizzati nei laboratori americani, giapponesi e russi, hanno portato a due sco perte fondamentali. Innanzitutto, la materia ordinaria che interviene in tutti i fenomeni terrestri e celesti è fatta soltanto di quattro tipi di particelle-materia fondamentali: il quark u, il quark d, l’elettrone negativo e– – di cui ho già parlato – e un elettrone neutro e0, che è chiamato «neutrino». Gli atomi sono fatti di u, d, e–. Nel fenomeno della radioattività, un neutrino è emesso insieme a un elettrone nel decadimento di un quark in un quark più leggero (Fig. 8). In secondo luogo queste quattro particelle-materia costituiscono, con le loro Fig. 7. cms, uno dei quattro rivelatori posizionati sull’anello di lhc. È al centro dei quattro rivelatori che le particelle, accelerate le une contro le altre in versi opposti lungo l’anello, vengono fatte collide- re: in questo modo vengono osservati i prodotti delle collisioni realizzate ad altissime energie. 27 01.Evoluzione.indd 27 4-04-2011 17:24:11
Ugo Amaldi Fig. 8. I costituenti fondamentali della materia e le particelle subatomiche che o compongono gli atomi oppure sono prodotte nei decadimenti dei loro nuclei. antiparticelle, soltanto una «prima famiglia». Nelle collisioni dell’lhc si creano, e immediatamente decadono, altri 8 tipi di particelle pesanti, che sono i membri di una seconda e di una terza famiglia, simili alla prima ma con masse molto maggiori, tanto che, per produrre le particelle-materia più pesanti, occorre rag giungere temperature dell’ordine di 400.000 MeV. Tutte queste particelle, con le loro antiparticelle, erano presenti nel plasma cosmico vecchio di appena un milionesimo di microsecondo, quel plasma che si è cominciato a studiare all’lhc nel 2010. Particelle-materia e particelle-forza Tre famiglie, dunque, di particelle-materia, per un totale di 12 particelle, più le loro antiparticelle, che interagiscono attraverso quattro forze fondamentali (Fig. 9). La forza «forte» tiene legati i quark a formare i protoni e i neutroni; questa colla trabocca un poco e appiccica i protoni ai neutroni in quel corpicciolo com patto che chiamiamo «nucleo atomico». La forza «elettrica» lega gli elettroni negativi ai nuclei positivi ed è anche la causa dell’emissione, da parte di un atomo, di un pacchetto di energia elettroma gnetico, di solito indicato con il simbolo γ (gamma). Si tratta di un «fotone» di luce che trasporta una piccola energia, qualche milionesimo di MeV. 28 01.Evoluzione.indd 28 4-04-2011 17:24:11
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang Fig. 9. Le quattro forze (o interazioni) fondamentali con cui interagiscono in natura i costituenti della materia. La forza «debole» causa, nel fenomeno della radioattività alla Fermi, il deca dimento di un quark in un quark più leggero, in un elettrone e in un neutrino. La forza «gravitazionale» tra due particelle-materia è talmente debole da non avere alcun effetto. Ma quando si tratta di corpi che sono fatti da un numero enor me di atomi (il Sole e la Terra, ad esempio) gli effetti si sommano e la forza globale è tanto grande da tenere insieme il sistema solare e le stelle a formare una galassia. La fisica moderna dà una spiegazione semplice di come queste forze agiscono a distanza tra due particelle-materia. Consideriamo il caso di due elettroni che si vengono incontro con energie cinetiche molto maggiori della loro massa, cioè molto più grandi di 1 MeV. De scrivendo gli elettroni come minuscoli corpuscoli, la collisione può essere rap presentata con il semplice schema della Fig. 10, che descrive qualitativamente quello che succede: dopo l’urto gli elettroni si muovono in direzioni diverse da quelle iniziali, perché c’è stato lo scambio di una particella-forza che funge da me- diatrice dell’interazione. La particella-forza viene emessa da uno dei due elettroni e viene poi assorbita dall’altro elettrone. 29 01.Evoluzione.indd 29 4-04-2011 17:24:11
Ugo Amaldi Ogni interazione è mediata da un tipo particolare di particella-forza. La colli sione della figura è dovuta alla forza elettrica causata dallo scambio di un fotone (simbolo γ), simile a un fotone di luce emesso da un atomo, ma molto più ener getico. Ognuna delle quattro forze fondamentali è caratterizzata da due grandezze: la massa M della particella-forza scambiata e l’accoppiamento di tale particella alla sua sorgente, che è la particella-materia che la emette. Nella Fig. 10 questa gran dezza è indicata con il simbolo α (alfa); essa misura sostanzialmente la probabilità che la particella-materia emetta una particella-forza. Nel caso della forza elettrica, la massa del fotone è nulla (M = 0), dato che i fotoni viaggiano alla velocità della luce e che nessun corpo con massa diversa da zero può raggiungere questo valore. L’accoppiamento della forza elettrica vale α = 1/100 = 0,01; ciò implica che, se si osserva con uno strumento opportuno un elettrone, una volta su cento accanto a lui si trova un fotone, mediatore della forza elettrica. Come è indicato nella figura, il mediatore di una forza viaggia tanto più lonta no dalla particella-materia (o dall’antiparticella-materia) che l’ha emessa quanto è minore la sua massa. Questo comportamento è conseguenza della duplice na tura, corpuscolare e ondulatoria, della particella-forza scambiata. Massa nulla del mediatore vuol dire, quindi, raggio di azione della forza in finito, come infatti accade alla forza elettrica, la cui intensità diminuisce con il quadrato della distanza ma continua ad agire anche molto lontano. Fig. 10. Due elettroni che si avvicinano l’uno all’altro interagiscono attraverso la forza elettrica cam- biando direzione di moto. Questa interazione è interpretata, in meccanica quantistica, come lo scam- bio di una particella-forza tra i due elettroni. Nel caso della forza elettrica, la particella-forza media- trice è il fotone g. 30 01.Evoluzione.indd 30 4-04-2011 17:24:12
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang I quark sono tenuti insieme dalla forza forte, che è dovuta allo scambio di «gluoni», di cui esistono ben otto tipi. Anche i gluoni, come i fotoni, hanno massa nulla: M = 0. Ma il loro accoppiamento ai quark, che sono le particelle- materia che risentono della forza forte, vale α = 1. Si tratta quindi di una forza intensa, come dice il nome, in quanto ogni volta che si osserva un quark si trova un gluone nelle sue vicinanze. Le caratteristiche delle forze forte ed elettrica sono raccolte nelle prime due righe della tabella. La forza gravitazionale è descritta nella quarta riga. Anch’essa è mediata dallo scambio di particelle-forza di massa nulla, i «gravitoni», ma il suo accoppiamento è piccolissimo, meno di un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di quello della forza forte. Particelle- Distanza d in Accoppiamento Forza Massa M Accoppiamento forza diametri del α in linguaggio in MeV approssimativo α e simbolo protone scientifico 8 gluoni forte 0 infinito uno 1 8g 1 fotone elettrica 0 infinito un centesimo 10–2 1 γo 3 bosoni int. debole 100.000 1 un centesimo 10–2 W+, W–, Zo un millesimo di miliardesimo di 1 gravitone gravitazionale 0 infinito miliardesimo di 10–39 1G miliardesimo di miliardesimo La forza debole della terza riga è causata dallo scambio di tre mediatori (W+, W e Zo), due carichi e uno neutro, che sono stati scoperti nel 1983 al cern da – Carlo Rubbia e collaboratori. I «bosoni intermedi» W+, W– e Zo hanno massa molto grande, addirittura 100 volte maggiore della massa di un protone. Per la relazione di proporzionalità inversa tra massa della particella-forza e distanza a cui la forza agisce, la forza debole si risente fino a una distanza che è dell’ordine delle dimensioni di un pro tone. Essa è poco intensa per questo motivo e non perché il suo accoppiamento sia molto più piccolo di quello della forza elettrica. 31 01.Evoluzione.indd 31 4-04-2011 17:24:12
Ugo Amaldi Il Modello Standard e la rottura della simmetria elettrodebole Da quanto detto possiamo trarre due osservazioni. In primo luogo, le masse di tutti i mediatori sono nulle, tranne quelle delle particelle-forza dell’interazione debole. Già questo appare strano. In secondo luogo, la forza debole ha lo stesso accoppiamento della forza elet trica (α = 0,01) e questo indica che devono essere strettamente connesse, ma i suoi tre mediatori hanno masse enormi, a differenza del fotone che ha massa nulla. Questo fatto, strano anch’esso, dice che la forza debole è poco intensa non perché l’accoppiamento sia piccolo, ma perché la sua azione si estende su picco le distanze, quali sono le dimensioni di un protone, invece che fino all’infinito, come accade per la forza elettrica La similitudine tra forza elettrica e forza debole sta alla base di quella costru zione teorica che si chiama il Modello Standard delle particelle e delle forze. Si tratta di una teoria relativistica e quantistica, tecnicamente una «teoria quantistica dei campi», che congloba in unico schema coerente le 12 particelle- materia (raggruppate in 3 famiglie di 4 particelle ciascuna) e le 13 particelle-forza della tabella. In questo schema le forze elettrica e debole sono due aspetti diversi di una stessa forza, la forza «elettrodebole», il cui accoppiamento vale α = 0,01. Nel Modello Standard le quattro particelle-forza γo, W+, W–, Zo, mediatori della forza elettrodebole, appartengono a una sola famiglia. In particolare, le due particelle neutre di questa famiglia, il fotone γo e il bosone Zo, sono componenti diverse di una stessa particella-forza, pur avendo masse molto differenti: una pari a zero e l’altra pari a cento volte la massa di un protone. Da cosa nasce questa asimmetria? Numerosi fisici teorici hanno lavorato per trovare una risposta, elaborando modelli più o meno complessi. Alla fine di lunghe ricerche e di molti infruttuosi tentativi, è stato individuato un unico meccanismo convincente in grado di pro durre l’asimmetria osservata. L’ipotesi alla base è che tutto l’Universo sia attraversato da un’entità diffusa e impalpabile detta campo scalare oppure, dal nome di uno dei fautori del modello, campo di Higgs. Questo campo è presente nello stesso modo ovunque, sia dove la materia è più densa sia negli spazi bui che separano le galassie. Esso deve esistere sin dal tempo del Big Bang, perché interagisce con se stesso in modo tale che la sua presenza sia energeticamente favorita: poiché lo spazio senza campo scalare ha un’energia maggiore dello spazio abitato dal campo scalare, all’inizio della storia del nostro Universo la sua comparsa, a partire da una minuscola fluttua zione, è stata favorita dalla liberazione d’energia. 32 01.Evoluzione.indd 32 4-04-2011 17:24:12
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang Un’analogia può essere trovata nell’esempio della Fig. 11, dove un masso sfe rico si trova in equilibrio instabile sul crinale di un monte, in posizione simme trica rispetto alle valli a destra e a sinistra. Il masso sferico rotola lungo uno dei due costoni come conseguenza di una minuscola perturbazione, ma il fenomeno di rottura di simmetria ha luogo perché l’energia della sfera sul fondo della valle è minore dell’energia che essa possiede sulla cima. Come in questo esempio, anche nel caso del campo di Higgs la rottura «spontanea» della simmetria non avrebbe avuto luogo se non vi fosse stato un vantaggio energetico. Si noti che, nell’esempio, dopo la rottura di simmetria lo stato del sistema na sconde la simmetria originale: il masso si trova o nella valle di destra o in quella di sinistra. In un caso ha distrutto una casa, mentre nell’altro si è fermato in un bosco. Cancellate con il tempo le tracce del suo passaggio, la simmetria che ini zialmente saltava agli occhi non soltanto è rotta, è anche nascosta. Ma come può la presenza di questo campo scalare in tutto lo spazio rompere e nascondere la sostanziale simmetria elettrodebole tra le masse del fotone γo e del bosone Zo? Questo avviene perché fotoni e bosoni, muovendosi nello spazio, interagiscono diversamente con il campo scalare. I fotoni non risentono affatto della sua presenza e continuano a viaggiare con la velocità propria degli enti fi sici che trasportano energia ma non hanno massa, cioè con la velocità della luce. Al contrario, i bosoni intermedi interagiscono fortemente con il campo scalare e sono, per così dire, «rallentati» da queste continue interazioni, di modo che la loro velocità non è la velocità della luce, ma minore. In altre parole, a causa di questa interazione, tutti i bosoni acquistano una massa di circa 100.000 MeV. Come conseguenza, l’esigua intensità della forza debole rispetto alla forza Fig. 11. Un masso sferico in equilibrio sul crinale di un monte è in posizione simmetrica rispetto alle valli che sono alla sua destra e alla sua sinistra. Una piccola perturbazione può farlo scivolare da una parte o dall’altra, rompendo l’iniziale simmetria. 33 01.Evoluzione.indd 33 4-04-2011 17:24:13
Ugo Amaldi elettrica non è dovuta agli accoppiamenti, che sono uguali, ma alle masse dei me diatori, che sono diversissime. La forza debole è molto meno intensa della forza elettrica perché la grande massa del suo mediatore implica che la forza agisca soltanto su distanze piccole. L’onnipresente campo di Higgs dà massa ai bosoni e non ai fotoni, rompen do la simmetria tra i mediatori della forza elettrodebole. Allo stesso modo esso causa le masse degli elettroni, dei muoni e dei quark. Secondo l’ipotesi di Higgs, tutte le particelle-materia, come tutte le particelle-forza, da sole e nello spazio veramente vuoto avrebbero massa zero e quindi si muoverebbero tutte e sempre alla velocità della luce. Esse sono invece dotate di massa per via del campo sca lare, con cui ciascuna di esse interagisce continuamente e con una sua specifica intensità. Ma siamo sicuri che il campo di Higgs esista e che agisca come i fisici pensano? La teoria è affascinante ma fino a oggi (fine del 2010) non c’è stata la conferma sperimentale, perché l’lhc ha funzionato un anno e la ricerca è ancora in pieno svolgimento. Gli esperti ritengono che la risposta si avrà entro il 2012, quando si saranno raccolti un numero sufficiente di eventi di collisione protone-protone. Come si cerca il campo di Higgs? Secondo la fisica quantica, a ogni campo corrisponde un tipo di particelle. Infatti tutte le particelle non sono altro che onde elementari, eccitazioni localizzate di un campo; gli stessi fotoni sono grumi energetici del campo elettromagnetico, minuscole quantità (quanti) di energia elettromagnetica. Allo stesso modo, se l’ipotesi del campo scalare è corretta, de vono esistere i quanti del campo scalare, che ci devono apparire come nuove par ticelle dotate di massa. Le particelle di Higgs sono quindi al centro delle attuali ricerche in fisica subatomica non tanto perché importanti in se stesse, ma perché la loro scoperta confermerebbe l’esistenza del campo scalare e dell’elegante ipo tesi sul meccanismo di rottura della simmetria elettrodebole. Teoria delle corde e Supersimmetria L’unificazione elettrodebole è soltanto il primo passo nella direzione dell’uni ficazione delle quattro forze fondamentali. Forme di unificazione tra le forze elettrodebole e forte sono state proposte da tempo e i fisici teorici più inventivi competono nel costruire teorie che unifichino, in un solo approccio, la forza gravitazionale con la forza forte e la forza elettrodebole. Le difficoltà sono enormi perché la teoria quantistica, che sta alla base del Modello Standard, e la teoria della relatività generale di Einstein, che spiega 34 01.Evoluzione.indd 34 4-04-2011 17:24:13
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang la gravità come effetto della curvatura dello spazio-tempo, sono mutuamente incompatibili. Per farle coesistere è necessario cambiare qualcuno dei loro ingre dienti fondamentali. La costruzione che è oggi maggiormente considerata, in attesa di future con ferme o smentite sperimentali, è la «teoria delle corde quantistiche», detta più semplicemente «teoria delle stringhe», per assonanza con la parola inglese string (Green 2000). In questa teoria le particelle, che nel Modello Standard sono considerate pun tiformi, vanno pensate come infinitesimi anellini che possono vibrare in modi diversi, così come una corda di violino può emettere note distinte. Ogni modo di oscillazione appare come una particella differente: in un caso un elettrone, in un altro un quark (Fig. 12). Le dimensioni delle stringhe sono le più piccole permesse dal necessario me scolamento della meccanica quantistica con la gravitazione einsteniana: 10–33 cm. Date le loro ridottissime dimensioni, non fa meraviglia che quando le stringhe sono rapportate alle dimensioni di un protone, che è un miliardo di miliardi di volte più grande, esse appaiano puntiformi. Fig. 12. La teoria delle stringhe, non ancora sperimentalmente confermata, descrive i costituenti fon- damentali della materia come piccolissime corde vibranti: i diversi modi di vibrazione delle cordicelle danno origine ai differenti tipi di particelle (quark, elettroni). 35 01.Evoluzione.indd 35 4-04-2011 17:24:13
Ugo Amaldi Questa teoria molto generale permette di inquadrare tutte le particelle del Modello Standard e per di più predice che, per ognuna di queste particelle, esista un’altra particella, che è detta la sua «superparticella» (questa superparticella, estranea al Modello Standard, non ha nulla a che vedere con l’antiparticella). Più precisamente, dalla teoria delle stringhe si deduce che a ogni particella- materia corrisponde una particella-forza (non ancora scoperta) e a ogni parti cella-forza nota corrisponde una particella-materia (non ancora scoperta). Si ha quindi un raddoppio del numero di particelle del Modello Standard (che erano già più di venti) e lo schema, se introdotto con una sola frase, appare come un trucco da imbonitori. Tuttavia la sottile simmetria che essa introduce nella teoria è talmente bella da aver convinto moltissimi scienziati della sua validità, anche in assenza, per il momento e per il futuro prossimo, di conferme sperimentali. Nel Modello Standard le particelle-materia e le particelle-forza sono comple tamente scorrelate, aggiunte le une alle altre per spiegare i fenomeni osservati: le particelle-materia sono le sorgenti delle particelle-forza e le particelle-forza, con i loro scambi, producono le interazioni tra le particelle-materia. Nella teoria delle stringhe, invece, esse non appartengono a due mondi separati, ma sono facce diverse di una stessa realtà e soddisfano una simmetria così elegante da meritare il nome di «SuperSimmetria» (susy). La teoria quantitativa della Supersimmetria permette di rendere conto di molti fatti che nella teoria usuale appaiono come arbitrari. Il più importante è che in questo nuovo schema è naturale, e anzi necessario, che esistano dei campi scalari alla Higgs; ciò è molto soddisfacente perché il meccanismo della rottura della simmetria elettrodebole non è più introdotto ad hoc, ma nasce dalla teoria senza bisogno di ipotesi aggiuntive. Tutti coloro che la conoscono un po’ in dettaglio sono d’accordo: una teo ria supersimmetrica delle particelle e delle forze fondamentali è esteticamente attraente e spiega in modo naturale molti fatti noti. A oggi la teoria non è corroborata dai dati sperimentali, perché le particelle supersimmetriche, se esistono, devono avere masse maggiori di 100.000 MeV, tanto grandi che le energie liberate nelle collisioni del lep, predecessore di lhc al cern, non erano sufficienti a produrle. Ma l’energia dell’lhc è dieci volte maggio re e molti fisici sono convinti che almeno una di queste particelle sarà scoperta al cern nel giro di qualche anno. La Supersimmetria è una delle conseguenze della teoria delle stringhe ma potrebbe valere anche indipendentemente. Essa prevede che le masse delle par ticelle-materia e delle particelle-forza, tra loro supersimmetriche, siano uguali, ma ciò non si osserva nella realtà: nell’Universo freddo che abitiamo, i compagni 36 01.Evoluzione.indd 36 4-04-2011 17:24:13
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang supersimmetrici delle particelle note hanno masse molto maggiori dei loro part ner. susy è quindi una simmetria nascosta. Big Bang e rotture di simmetria Le migliaia di esperimenti condotti per cinquant’anni presso gli acceleratori di tutto il mondo hanno portato alla costruzione di una teoria unificata delle par ticelle-materia e delle particelle-forza, la maggior parte delle quali non si osserva nel mondo intorno a noi ma esisteva nel plasma primordiale. Due simmetrie, sottili e nascoste, collegano tra loro questa cinquantina di particelle-materia e particelle-forza, che hanno masse e proprietà del tutto diverse tra loro. Innanzitutto, le forze elettromagnetica e debole appaiono tanto differenti a causa della rottura di una simmetria soggiacente, la simmetria per la quale le masse dei mediatori delle forze (fotoni e bosoni intermedi) dovrebbero essere nulle. La rottura della simmetria elettrodebole è dovuta, come abbiamo visto, a un campo scalare che riempie tutto lo spazio. In questa teoria della rottura «spontanea» della simmetria elettrodebole, in assenza di campo di Higgs, un fotone e un bosone neutro si comporterebbero nello stesso modo. È il campo scalare che, con la sua presenza, rompe la sostan ziale simmetria e, alle basse temperature a cui viviamo, fa apparire le forze elettri ca e debole come due entità ben distinte, con mediatori di masse diversississime e quindi con intensità del tutto differenti. I fisici dicono che «il campo scalare dà la massa a tutte le particelle, ma non ai fotoni, ai gluoni e ai gravitoni, che con tale campo non interagiscono». Quindi senza campo di Higgs non vi sarebbero particelle con massa e non potrebbero esistere gli aggregati di materia (nucleoni, nuclei, atomi, e quindi molecole) che compongono il nostro Universo e che sono il supporto fisico del nostro pensiero (cervello) e della nostra autocoscienza. La seconda simmetria discussa è la Supersimmetria, che è predetta dalla te oria delle stringhe ma che potrebbe valere anche se le particelle non fossero corde vibranti: essa è rotta «spontaneamente» da un meccanismo simile a quello che rompe la simmetria elettrodebole, anche se molto più complicato. Anche in questo caso ci troviamo dinanzi a una rottura di simmetria che, se la teoria è vera, deve aver avuto luogo subito dopo il Big Bang. Come conseguenza di questa rottura, le masse delle particelle supersimmetriche risultano essere molto maggiori delle masse delle particelle usuali; ciò implica che tutte le particelle supersimmetriche si siano disintegrate entro il primo miliardesimo di secondo, 37 01.Evoluzione.indd 37 4-04-2011 17:24:13
Ugo Amaldi decadendo in particelle comuni e quindi scomparendo molto presto sulla scala del tempo universale. Quando accaddero queste due rotture di simmetria? Per rispondere partia mo da una figura (Fig. 13) che riassume, nella descrizione odierna della storia dell’Universo, gli eventi principali che hanno fatto sì che il mondo sia come oggi ci appare. Sull’asse orizzontale è riportato il tempo universale e su quello verti cale le dimensioni dell’Universo, rappresentato per semplicità come se ne avesse una sola. Il tempo di Planck, che vale 10–43 secondi, è il tempo minimo per il quale ha senso cercare di costruire una Teoria del Tutto. Infatti i fisici oggi ritengono che non riusciranno mai a risalire più indietro di questo istante, quando le particelle collidevano e si disintegravano a temperature dell’ordine di 1022 MeV. A queste scale di energia, le quattro forze avevano tutte la stessa intensità e i loro media tori, che hanno masse molto più piccole delle energie in gioco nelle collisioni, si comportavano tutti nello stesso modo. L’Universo era simmetrico e aveva dimen sioni non molto più piccole di quelle delle ipotetiche stringhe. Fig. 13. Le diverse epoche evolutive dell’Universo a partire dal Big Bang e i rispettivi stati di aggrega- zione della materia, fino allo sviluppo delle galassie e, infine, della vita cosciente. 38 01.Evoluzione.indd 38 4-04-2011 17:24:14
La seconda domanda di Leibniz e il Big Bang Da allora, come è mostrato dalla figura, la scena cosmica è stata dominata da due fenomeni: – l’inflazione cosmica; – l’espansione cosmica. Dal tempo di Planck alla scomparsa delle superparticelle Nelle ultime due colonne della tabella alla pagina seguente sono riportati i tempi universali, espressi in secondi, e le temperature espresse in MeV. Da con siderazioni termodinamiche abbastanza semplici si ricava che, quando il tempo aumenta di un fattore 10, la temperatura diminuisce di un fattore 100. Questa regola è stata già utilizzata per disegnare le due figure con le quali ho descritto i fenomeni che accadono nel plasma cosmico riscaldato. Per applicarla quantitati- vamente alla cosmogenesi basta ricordare che, trascorso 1 secondo dal Big Bang, l’Universo si trovava alla temperatura di 1 MeV. La legge che lega il tempo universale alla temperatura del plasma cosmico è facile da memorizzare. Altrettanto si può dire della legge che, conseguenza della prima, determina la distanza tra i componenti del cosmo e il tempo: la distanza, essendo inversamente proporzionale alla temperatura, aumenta di 10 volte quan do la temperatura diminuisce di un fattore 10 e il tempo universale aumenta di 100 volte. Intorno ai 10–36 secondi, un tempo che è cento milioni di volte maggiore del tempo di Planck, si è avuto un enorme e rapidissimo aumento di dimensioni. Du rante questa inflazione cosmica il diametro è cresciuto di almeno 1040 volte e tutte le disomogeneità prima presenti sono state appianate, come accade a un pallon cino di gomma vuoto, e quindi raggrinzito, che viene improvvisamente gonfiato. Dopo l’inflazione il plasma cosmico, alla temperatura di circa 1017 MeV, aveva ovunque la stessa composizione e densità, perturbato soltanto da quelle piccolis sime fluttuazioni che, 400.000 anni dopo, sono diventati i semi delle galassie. L’epoca di espansione cosmica, continua e lenta, è cominciata dopo l’infla zione ed è ancora in atto; anzi, negli ultimi 2-3 miliardi di anni essa ha subìto un’accelerazione. Focalizziamoci adesso sulle prime fasi della vita dell’Universo, partendo dal tempo di Planck e supponendo che la teoria delle stringhe descriva correttamen te i fenomeni del nostro Universo. Seguendo l’evoluzione del plasma cosmico rivediamo, in verso opposto, i fenomeni che abbiamo descritto immaginando di riscaldarlo. 39 01.Evoluzione.indd 39 4-04-2011 17:24:14
Ugo Amaldi Epoca Fenomeno Tempo in Temperatura secondi in MeV (*) epoca di 1a rottura di simmetria: divergenza 10–43 – 10–36 1022 – 1018 Planck della forza gravitazionale 2a rottura di simmetria: divergenza della forza forte inflazione da quella elettrodebole 10–36 – 10–34 1018 – 1017 cosmica aumento rapido del diametro dell’Universo plasma cosmico fatto di tutte le particelle e 10–34 – 10–14 1017 – 107 superparticelle (con le loro antiparticelle) scomparsa delle superparticelle 10–14 – 10–10 107 – 105 e delle loro antiparticelle 3a rottura di simmetria: divergenza della forza debole 10–12 106 da quella elettrica scomparsa dei bosoni intermedi espansione 10–10 105 e delle particelle di Higgs cosmica scomparsa dei quark e degli elettroni pesanti 10–10 – 10–5 105 – 300 i quark e antiquark leggeri si legano a formare 10–5 – 10–4 300 – 100 protoni, neutroni, antiprotoni, antineutroni annichilazione di protoni con antiprotoni 10–4 – 10–2 100 – 10 e di neutroni con antineutroni annichilazioni di elettroni con antielettroni 1 – 10 1 – 0,3 con creazione di fotoni protoni e neutroni si legano e formano nuclei di elio 1 – 103 1 – 0,03 con tracce di deuterio e litio = bariogenesi gli elettroni si legano ai nuclei di idrogeno (protoni) 1012 – 1013 10–6 – 3 10–7 e di elio per formare atomi neutri (*) Per calcolare la temperatura in gradi basta moltiplicare i MeV per 1010. Al tempo di Planck (10–43 secondi) l’Universo aveva un diametro più piccolo di quello di un protone diviso per l’enorme fattore 1020 e si trovava a una tempe ratura di 1022 MeV, pari a 1032 gradi. L’accoppiamento della forza gravitazionale cominciò a diminuire distinguen dosi dagli accoppiamenti delle altre tre forze. Nella Fig. 14 questo evento è in 40 01.Evoluzione.indd 40 4-04-2011 17:24:14
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