A lezione di terremoti - A cura della commissione rischi del territorio Ordine Ingegneri di Verona e provincia

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A lezione di terremoti - A cura della commissione rischi del territorio Ordine Ingegneri di Verona e provincia
A lezione di terremoti
> A cura della commissione rischi del territorio
  Ordine Ingegneri di Verona e provincia

> Testi di Davide Bertini, Silvia Bonetti, Maurizio Cossato,
	Elisa Faretina, Remigio Lucchini, Giovanni Nicolò

> Coordinamento Silvia Bonetti
A lezione di terremoti - A cura della commissione rischi del territorio Ordine Ingegneri di Verona e provincia
A Giovanni Bignardi,
ingegnere, deceduto il 29 maggio 2012
a San Felice sul Panaro
nel compimento del proprio dovere, di ingenere, di cittadino.
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Indice

pag. 2    Introduzione dei presidenti

pag. 7    Storia sismica del territorio Veronese

pag. 12   L’Arena e il terremoto del 1117

pag. 15   I terremoti e la pericolosità sismica

pag. 23   Tipologie costruttive in Verona

pag. 26   Meccanismi di collasso per edifici in muratura

pag. 40   Gli edifici in cemento armato e il terremoto

pag. 52   Conclusioni e ringraziamenti
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Introduzione
                                          Presidente Ordine
                                          Ingegneri di Verona
                                          e provincia
                                          Ing. Ilaria Segala

    Nel 2003, sull’onda del dibattito tecnico e scientifico acceso dal crollo di
    una scuola a S. Giuliano di Puglia, uscì la prima normativa che finalmente
    introduceva la carta della zonizzazione sismica. Veniva quindi stabilito,
    per legge, che tutta la penisola italiana era a rischio sismico con differenti
    gradi di pericolosità.
    Purtroppo alla prima ordinanza del 2003, è seguito un periodo transito-
    rio di “non obbligatorietà” circa l’adozione delle nuove norme tecniche,
    tanto che solo in seguito al terremoto dell’Aquila (2009) sono entrate
    finalmente in vigore le norme antisismiche e viene da pensare che se non
    ci fosse stato un nuovo devastante terremoto, probabilmente avremmo
    aspettato ancora anni a vedere l’obbligo di una progettazione antisismica.
    La maggior parte degli edifici costruiti, o meglio progettati, prima del
    2003 non prevede quindi l’applicazione né di carichi sismici né di pe-
    culiarità costruttive adatte a garantire adeguata resistenza ai terremoti.
    Purtroppo da una parte è mancato l’obbligo giuridico, dall’altra sono
    sempre mancati gli incentivi economici per invogliare il privato cittadino
    a verificare e certificare il proprio edificio dal punto di vista sismico, l’in-
    teresse del legislatore si è spesso concentrato sul risparmio energetico
    e mai sul rischio sismico, forse molto più importante poiché interessa
    l’incolumità delle persone.
    Nel 2012 il terremoto dell’Emilia ha risvegliato le coscienze, tuttavia,
    passato il periodo della consapevolezza e dei “buoni propositi”, come
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spesso avviene, le immagini di distruzione trasmesse da TV e giornali
cominciano già a venir dimenticate, con il rischio che nel giro di pochi
anni una tragedia analoga ci colga nuovamente impreparati. Questa
pubblicazione vuole stimolare l’interesse di tutti ad una nuova politica
di prevenzione e di adeguamento degli edifici esistenti.
L’ordine Ingeneri di Verona ha istituito quest’anno la commissione “Rischi
del territorio”, in relazione alla necessità di diffondere anche al di fuori
delle mura dell’ordine stesso, attività di previsione e prevenzione dei rischi
del nostro territorio, con particolare risalto al rischio sismico e al rischio
idrogeologico. Dalla collaborazione della commissione con l’Associazione
Costruttori veronesi, si è sviluppato questo lavoro, pensato per i cittadini,
costruito per essere alla portata di tutti, ricco di immagini e contenuti che
stimolino l’approfondimento e la comprensione di ciascun argomento.
Adeguare il patrimonio esistente è infatti un’operazione lunga e faticosa
e richiede cooperazione tra privato cittadino e pubblica amministrazione
con uno spirito di collaborazione reale, nella convinzione che la preven-
zione deve diventare un imperativo, poiché il risparmio di vite umane ed
economico prodotto da una seria prevenzione è incalcolabile!

                                                           Ing. Ilaria Segala
                                        Presidente ordine Ingegneri Verona

                                                                                 3
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Presidente Ance Verona
                                        Costruttori Edili
                                        Ing. Fortunato Serpelloni

    In Italia circa l’80 per cento delle abitazioni è di proprietà di chi le abita
    ed in molte città oltre il 50 per cento degli edifici è stato realizzato prima
    del 1980, epoca in cui l’attenzione e gli studi relativi alla problematiche in
    materia di sismica non erano certamente allo stesso livello di oggi.
    L’obiettivo principale di questo vademecum è quindi porre l’accento sulla
    necessità di riqualificazione di gran parte del patrimonio edilizio esistente;
    se infatti è ormai nota, ad esempio, la necessità di riqualificazione ener-
    getica degli edifici esistenti, dal punto di vista della resistenza agli eventi
    sismici c’è un’assoluta carenza di informazioni.
    Il recente terremoto dell’Emilia e, ancor prima, quello de L’Aquila, han-
    no messo in luce la sorprendente fragilità degli edifici (sia abitativi che
    commerciali ed industriali) del nostro Paese, dovuta soprattutto ad una
    sottovalutazione delle problematiche connesse alla sismica e ad una non
    corretta formazione-informazione da parte di tutti i soggetti coinvolti.
    Considerando che gli immobili costituiscono spesso la principale compo-
    nente della ricchezza delle famiglie, è doveroso che sia posta una par-
    ticolare attenzione alla loro manutenzione, che li possa conservare nel
    tempo nelle migliori condizioni possibili ma, soprattutto, che li preservi da
    eventuali fenomeni naturali di carattere a volte eccezionali; non dimen-
    tichiamo, infatti, che tutto il territorio della nostra Provincia è classificato
    sismico (seppur con classi di rischio diversificate a seconda delle zone).

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È fondamentale che tutti (privati cittadini, professionisti, imprese e pubbli-
che amministrazioni) siano adeguatamente informati circa l’importanza
di un efficace intervento anche di adeguamento sismico nel momento in
cui si decide di ristrutturare un edificio (sia esso una casa, un negozio o
un edificio industriale); in questi casi è consigliabile richiedere anche una
verifica sismica del proprio edificio, soprattutto se datato.
Se la verifica evidenzia la necessità di un adeguamento, è opportu-
no che l’intervento sia affidato ad imprese di comprovata serietà e
competenza: una scelta legata esclusivamente al prezzo proposto
non sempre si rivela necessariamente azzeccata; la scelta dei ma-
teriali più rispondenti all’obiettivo dell’adeguamento e la sicurez-
za che l’intervento sia eseguito in modo corretto e professionale
devono essere tenuti nella giusta considerazione.

                                                   Ing. Fortunato Serpelloni
                                                    Presidente Ance Verona

                                                                                 5
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Storia sismica del
Ing. Davide Bertini

                              territorio Veronese

                      Il frequente manifestarsi di eventi sismici che in quest’ultimo perio-
                      do hanno riguardato da vicino sia il territorio Veronese, sia le province
                      limitrofe,non può essere considerato un puro fatto di cronaca attuale.
                      L’impatto mentale (oltre che fisico) che i terremoti hanno da sempre avu-
                      to sulla popolazione, ha portato alla registrazione di notizie attendibili
                      riguardanti eventi anche molto antichi. Nei maggiori centri di cultura,
                      infatti, già dai primi secoli dopo Cristo sono state redatte cronache de-
                      gli avvenimenti più rilevanti sia descrivendoli direttamente, sia riportando
                      notizie raccolte. Ripercorrendo queste testimonianze tramandateci dagli
                      antichi è dunque possibile tracciare una sintetica cronologia degli eventi
                      più rilevanti che hanno interessato il nostro territorio più da vicino.
                      Lo studio dei terremoti che si sono susseguiti nel corso dei secoli consente,
                      inoltre, di affermare che il manifestarsi di eventi sismici (con conseguenze
                      più o meno disastrose) è una peculiarità anche del territorio Veronese e
                      non soltanto un episodio singolare o di così raro accadimento.
                      Con riferimento al territorio Veronese, è possibile individuare due zone si-
                      smicamente distinte: la prima fa riferimento all’area territoriale del Monte
                      Baldo (nota per essere una zona piuttosto attiva), la seconda è localizzata
                      in corrispondenza della Lessinia orientale.
                      Di seguito si ripercorreranno quelli che sono stati gli accadimenti più signi-
                      ficativi che hanno riguardato il territorio della città di Verona e provincia.
                      I primi eventi sismici (testimoniati da fonti scritte) che hanno interessato
                      il territorio Veronese risalgono alla prima metà del III secolo d. C. (anni
                      238-245). In quell’occasione ci fu uno spaventoso terremoto che provocò
                      grandissimi danni al Teatro Romano, all’Arena e alla cinta muraria della
                      città, con conseguente rovina di buona parte di essi.

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A lezione di terremoti - A cura della commissione rischi del territorio Ordine Ingegneri di Verona e provincia
Alla fine dell’VIII secolo o forse agli inizi del IX (anno 793 o forse 801) vi
A lezione di terremoti
                             fu un altro evento sismico in cui Verona subì gravissimi danni con la morte
                             di molte persone e animali e con il crollo di numerose case.
                             Il 3 gennaio del 1117, la violenza delle onde sismiche fece aprire delle
                             voragini nel suolo e distrusse quasi tutta la città di Verona, specialmente
                             gli edifici più significativi e cari ai Veronesi.
                             Oltre al crollo dell’anello esterno dell’Arena, di cui rimase solo la cosiddet-
                             ta “Ala”, caddero quasi tutte le chiese ed i maggiori monasteri.
                             Gli effetti di quel terremoto ebbero le seguenti ripercussioni in quanto:

                             - la quota del piano campagna risultò più alta per l’accumulo di macerie;
                             - le ricostruzioni avvennero in maniera rapida e senza piani prestabiliti;
                             - l’ampliamento di alcune chiese che vennero ricostruite comportò la
                               chiusura di qualche vecchia strada.

                             Ritornando alla cronologia degli eventi sismici, i primi giorni di gennaio
                             dell’anno 1183 ci fu un altro violento terremoto che rase al suolo molte
                             case e che interessò ancora una volta l’Arena.
                             Il giorno 25 dicembre del 1222, un sisma con epicentro localizzato a Bre-
                             scia si propagò fino a Lazise (distruggendo molte abitazioni) e raggiunse
                             anche Marano di Valpolicella dove causò il crollo dell’antico castello.
                             Ancora a Verona, il 20 luglio del 1277, furono percepite molte scosse
                             che causarono la morte di molte persone ed il crollo di parecchi edifici
                             cittadini.
                             Interessante da ricordare è pure l’evento del 25 gennaio del 1348: le
                             cronache dell’epoca riportano che questo terremoto si abbatté rovinosa-
                             mente sulla città di Verona causando il crollo di 7 abitazioni e lesionando
                             molti edifici. Questo evento fu datato anche dal poeta Francesco Petrarca
                             che in quell’occasione si trovava in visita a Verona.
                             Numerosi eventi sismici interessarono la città di Verona durante il corso di
                             tutto il XV secolo.
                             Il 26 marzo 1511 a Verona vi fu un violentissimo sisma: rovinarono molti
                             camini e vi fu molto panico. In seguito a quell’evento, i primi di giugno,
                             crollò gran parte del Palazzo dei Giudici ubicato a Sud-Ovest della Piazza
                             dei Signori verso la Torre dei Lamberti. Ancora oggi sulla facciata di Nord-
                             Est del palazzo è collocata una lapide in ricordo dello storico evento.
                             Dopo un periodo di relativa tregua in cui si sono manifestati fenomeni
                             di lieve entità (senza peraltro arrecare danni significativi), da ricordare è
                             senz’altro il terremoto del febbraio del 1695 che colpì fortemente il terri-
                             torio Veronese al suo confine con il vicentino.
                             In seguito, un periodo sismico della durata di due mesi, i primi dell’anno
                             1703, interessò le falde del Monte Baldo (Brenzone, Cassone e Malcesi-
                             ne).
                             Tra gli eventi sismici che si sono manifestati nel territorio Veronese, occor-
                             re ricordare l’evento del primo maggio del 1810. Una fortissima scossa
                             di terremoto urtò le falde occidentali del Monte Baldo e venne avvertita
                             sia sulla sponda orientale sia su quella occidentale del Lago di Garda. Du-

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rante questo evento le acque del Lago si intorpidirono fortemente e nella
piazza di Malcesine si formò una fessura avente una lunghezza di 200

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metri ed una larghezza di circa 20 cm.
Anche il 15 ottobre del 1841 la provincia Veronese fu interessata da un
terremoto che arrecò danni nella zona di Sanguinetto, Nogara, Cerea,
Casaleone, Concamarise e Gazzo. Scosse, ma meno forti, furono avverti-
te anche a Bovolone, Isola della Scala e Bonferraro.
Il giorno 29 giugno del 1873, alle ore 04:58 tre forti scosse colpirono Ve-
rona causando il distacco di porzioni di soffitto nel Duomo e nella Chiesa
dei SS. Nazaro e Celso. Il terremoto fu sentito molto intensamente nella
catena dei Monti Lessini (Val d’Alpone, Val d’Illasi, Valpantena, Valpoli-
cella e Val d’Adige). Fu avvertito fortissimo anche in tutta la catena del
Monte Baldo e sulle rive del Lago di Garda. Per la forte compressione e
dilatazione del suolo, nelle campagne veronesi molti corsi d’acqua “ur-
larono” fortemente. Alle Terme di Giunone di Caldiero si sprigionarono
copiose e grosse bolle di gas. Nel Laghetto di Squarà a Montorio le acque
si sollevarono a grande altezza.
Dopo gli eventi appena descritti, nel Veronese non si registrarono feno-
meni di rilievo fino alla notte del 7 giugno del 1891 quando alle ore 2.04
un forte terremoto portò rovina e distruzione nelle valli di Illasi, Mezzane,
Cazzano, Alpone e Chiampo. La durata della scossa fu di una decina
di secondi e provocò il crollo totale di 42 abitazioni (oltre alle 25 che
risultarono totalmente inagibili, alle 40 parzialmente inagibili e alle 322
lesionate).
Il 9 febbraio 1894 un altro intenso terremoto colpì la zona di Badia Ca-
lavena alle ore 13:35 circa. La scossa della durata di pochi secondi portò
alla formazione di nuove lesioni nelle murature delle abitazioni e venne
avvertita con forte intensità nelle località di Bosco Chiesanuova, Velo Ve-
ronese, Tregnago, Crespadoro, nelle vallate di Mezzane, Tramigna, Alpo-
ne, Chiampo, Adige ed in tutta la catena del Monte Baldo.
Il 19 febbraio del 1932 un prolungato sciame sismico interessò la zona
del Monte Baldo meridionale sulla piana di Rivoli - Costermano - Caprino
con scosse più o meno sensibili. A Garda e Costermano (probabile area
epicentrale) la violenta scossa durò vari secondi e provocò la caduta di
comignoli, calcinacci e crepacci con lesioni varie nelle case.
Il 15 luglio del 1971, un violento terremoto che mise in allarme tutta l’Ita-
lia Settentrionale causò un pesante bilancio di danni nelle zone di Parma,
Piacenza, Bologna e Reggio Emilia. La scossa più forte (avvenuta alle ore
03:35 e seguita da altre alle ore 02:33 e 10:17) venne nettamente avver-
tita anche a Verona. A San Bonifacio fece crollare parte del secondo piano
in uno stabile di Corso Venezia.
Non si può poi non ricordare l’evento del 6 maggio del 1976. Un violentis-
simo terremoto colpì il Friuli attorno alle ore 21 circa provocando ingenti
danni, morti, feriti e migliaia di senzatetto. I comuni dichiarati disastrati
furono 41, quelli gravemente danneggiati 45, quelli danneggiati 32. I
morti risultarono circa 1.000 e i senzatetto circa 150.000.
Leggeri danni (caduta di qualche pietra e lesioni) si riscontrarono anche

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nella città di Verona. In gran parte della provincia ci furono danni che ri-
A lezione di terremoti
                         guardarono i comuni di Bosco Chiesanuova, Bovolone, Caldiero, Belfiore,
                         Poiano di Valpantena, Dolcé, Cologna Veneta, Colognola ai Colli, San
                         Giovanni Ilarione, Tregnago, Vigasio, San Giovanni Lupatoto, Legnago,
                         ecc.
                         Tornando al Friuli, il giorno 11 settembre vi fu un nuovo terremoto con
                         due violente scosse alle ore 18:31 e 18:35 a cui seguirono le tre del 15
                         settembre alle ore 05:15, 06:40 e 11:23 con conseguenti morti, crolli
                         e panico. A Verona e in provincia il fenomeno fu avvertito dalla quasi
                         totalità degli abitanti. Le zone dove il fenomeno fu maggiormente perce-
                         pito furono la fascia collinare, la zona montana e, solo in parte, la bassa
                         pianura. Il centro storico della città subì ulteriori danni seppur di modesta
                         entità. Per i danni in provincia occorre citare la chiesa di Tombazosana in
                         comune di Ronco all’Adige dove la parte terminale de campanile rimase
                         lesionata.
                         Compiendo un balzo temporale di qualche decennio, per giungere fi-
                         nalmente a parlare di eventi legati alla cronaca degli ultimi anni, occorre
                         ricordare il terremoto del 24 novembre 2004 localizzato a Salò, sulla riva
                         sinistra del Lago di Garda, avvertito anche a Verona. Infine, venendo al
                         2012, è sicuramente una conseguenza dei recenti eventi sismici se il ma-
                         nifestarsi di un terremoto sia diventato un tema di attualità.
                         Il 25 gennaio 2012 alle ore 00:54 è stato registrato un terremoto a circa
                         11 km più a Nord della città di Verona, nel distretto sismico delle Prealpi
                         Venete tra Negrar e Grezzana, con ipocentro alla profondità di 10.3 km. I
                         comuni più vicini sono all’epicentro sono stati: Bosco Chiesanuova, Cerro
                         Veronese, Fumane, Grezzana, Marano di Valpolicella, Sant’Ambrogio di
                         Valpolicella, Negrar, San Pietro in Cariano e Sant’Anna d’Alfaedo. Fortu-
                         natamente i danni riscontrati sono stati piuttosto modesti.
                         Da ultimo, evidentemente per una sola questione cronologica, occorre
                         menzionare gli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 che si sono ma-
                         nifestati in Emilia Romagna e che hanno avuto ripercussioni anche sul
                         territorio Veronese più prossimo alle zone epicentrali.
                         Il terremoto dell’Emilia è stato un tragico evento, localizzato nel distretto
                         sismico della Pianura Padana Emiliana, che ha creato distruzione, panico
                         e disagi prevalentemente nelle province di Modena, Ferrara, Mantova,
                         Reggio Emilia, Bologna e Rovigo. In totale le vittime sono state 27 (22 nei
                         crolli, 3 per infarto o malore e 2 per ferite riportate).
                         Seppur in misura minore, le scosse sono state avvertite distintamente an-
                         che a Verona. In particolare, il terremoto ha creato forti preoccupazioni e
                         qualche danno nei territori dei comuni di Legnago, Castagnaro e Terrazzo
                         (aree del territorio provinciale più vicine ai confini con le zone direttamen-
                         te interessate dagli eventi). È dunque comprensibile che, nel caso in cui
                         si manifesti un evento imprevedibile qual è il terremoto, le persone siano
                         prese dal panico e reagiscano istintivamente in maniera disorganizzata
                         senza l’abituale schema mentale. A tal proposito, nel 1349, il Petrarca,
                         forse in seguito all’episodio verificatosi a Verona nel 1348 che lo vide
                         testimone, delineò nel Dialogo 91 del Secretum questo stato di impo-

                    10
tenza della natura umana di fronte ad un evento sismico scrivendo: “Ai
terremoti non v’è rimedio alcuno. Se il cielo ci minaccia con le folgori,

                                                                                      Storia sismica del territorio Veronese
pure si trova scampo nelle caverne […] ma contro i terremoti non vale
la fuga, non giovano nascondigli”. Tanto è facile, tuttavia, essere travolti
dalla paura che caratterizza il momento di emergenza e quelli immedia-
tamente successivi, tanto viene naturale non conservare un vivo ricordo
degli eventi dopo poco dal ristabilirsi delle normali condizioni di sicurezza.
Questa capacità di dimenticare facendo in modo che il sisma diventi solo
un ricordo è necessaria per non vivere perennemente in una condizione
di apprensione.
D’altro canto, però, senza voler provocare con questa affermazione alcun
tipo di allarmismo, è sempre opportuno tenere ben presente che, come
altri, anche il territorio Veronese appartiene ad un’area sismicamente atti-
va. Ciò a significare che se in passato è stato interessato da eventi sismici,
lo sarà anche in futuro, benchè ad oggi la scienza non abbia ancora for-
nito strumenti per stabilire con certezza quando e come si manifesteran-
no i prossimi eventi.

                                                                                 11
L’Arena e il terremoto
Ing. Elisa Faretina

                                   del 1117

                           L’anfiteatro o Arena rappresenta, nella documentazione monumentale
                           di Verona romana, l’opera architettonica senza dubbio più imponente
                           e complessa al punto di esserne riconosciuta come insegna e simbolo
                           della città. Fu edificata tra il secondo e il terzo decennio del I secolo d.C.
                           all’esterno della linea delle mura tardo repubblicane, il suo asse maggiore
                           è all’incirca parallelo al cardine massimo (attuale via Cappello), proba-
                           bilmente per ragioni di coerenza urbanistica. L’Arena poteva contenere
                           circa 30.000 spettatori che affollavano le gradinate per assistere ai giochi
                           gladiatori, a caccie o più in generale a lotte contro animali esotici o di
                           uomini contro uomini; gli spettacoli più cruenti vennero poi abbandonati
                           con il Cristianesimo.
                           I maggiori danni subiti dal monumento vanno attribuiti a cause naturali:
                           il terremoto del 3 gennaio 1117 colpì duramente la città di Verona e recò
                           gravi lesioni alla struttura dell’Arena ma anche ad altri importanti edifici
                           della città. A questo evento sismico va attribuito il crollo di gran parte del
                           coronamento esterno dell’Arena di cui oggi resta solo un’ultima e affasci-
                           nante testimonianza: quella che i veronesi chiamano “Ala”. Dell’origina-
                           rio coronamento esterno sono sopravvissuti, di fatto, solo cinque piloni e
                           quattro archi per ciascuno dei tre ordini di cui si compone. Prima del crollo
                           l’anello esterno era collegato al corpo centrale dell’Arena attraverso volte
                           anulari che in origine coprivano il portico del pianterreno e la galleria
                           superiore. Dall’esterno l’effetto d’insieme doveva sicuramente suscitare
                           nell’osservatore un senso di maggior verticalità rispetto a quello attuale.
                           L’autonomia statica dell’Ala rispetto al resto dell’Arena (tuttora struttu-
                           ralmente massiva e unitaria) l’ha resa probabilmente più vulnerabile agli

                      12
Vista attuale dell’Arena                          Particolare dell’Ala

eventi sismici, che ne hanno di conseguenza compromesso la stabilità.
Nel corso della prima metà del XX secolo, l’Ala ha suscitato per molti anni
preoccupazione per le sue condizioni statiche poiché essa, che nel tempo
è rimasta per i due ordini superiori non collegata al resto della struttura,
presentava un forte strapiombo verso l’esterno. Ma a destare preoccupa-
zione era la reale possibilità di un peggioramento delle condizioni statiche
nel caso si fosse verificato un nuovo evento sismico.
Fin dal 1939 si era studiata l’eventualità dello smontaggio di tutto l’ordine
superiore, la successiva sua ricostruzione e la realizzazione, all’altezza del
secondo ordine, di una volta in calcestruzzo armato che collegasse l’Ala
al corpo principale dell’Arena. Tale intervento, che fortunatamente non fu
mai realizzato a causa della guerra, avrebbe arrecato danni irreversibili al
manufatto. La struttura, nell’eventualità di bombardamenti, fu così muni-
ta di speroni in muratura di carattere provvisorio.
Il tema del consolidamento dell’Ala e la demolizione degli speroni venne
ripreso nel 1952 dalla Soprintendenza che, per non alterare il tradizionale
aspetto della struttura, ritenne di scartare la soluzione del 1939 con la
volta di collegamento in calcestruzzo e si orientò verso il consolidamento
per mezzo di ossature in cemento armato nascoste all’interno della massa
dei blocchi di pietra ottenuto grazie allo smontaggio e la ricomposizione
degli stessi. Tale progetto venne approvato con modifiche dalla Direzione
Generale delle Belle Arti; ma di fronte all’esecuzione pratica, di dover
togliere dal loro secolare posto tanti massi di pietra, di rilavorarli, sia pure
solo all’interno, e di ricollocarli in opera, si manifestò la preoccupazione
che tale intervento avrebbe, a conti fatti, recato poco vantaggio a causa

                                                                                   13
A lezione di terremoti

                                        Contrafforti di consolidamento in muratura rimossi in seguito
                                        all’intervento di consolidamento progettato dall’ing. Riccardo Morandi

                         dello scarso rispetto verso la compattezza e solidità dei blocchi stessi.
                         Da queste preoccupazioni, e allo scopo di evitare la manomissione del
                         monumento, nacque l’idea di rafforzare l’Ala mediante la perforazione in
                         sito dei pilastri, evitando così ogni demolizione (eccetto quella degli ultimi
                         due corsi) e l’introduzione, nei vari fori di un’anima metallica. Il rinforzo fu
                         effettuato nel 1954 mediante la precompressione dei piloni in muratura
                         su progetto, a suo tempo pioneristico, dell’ing. Riccardo Morandi e fu tale
                         da diminuire l’originario strapiombo dell’Ala.
                         Come afferma lo stesso ing. Morandi, durante la pretensione dei cavi,
                         l’Ala essendosi deformata a seguito dell’applicazione dello sforzo, si è
                         distaccata dai retrostanti speroni che sono stati in seguito facilmente de-
                         moliti in quanto ormai completamente indipendenti dalla struttura.

                         Immagini dell’intervento di rafforzamento
                         Tratte dalla seguente pubblicazione: Morandi R. (1956). “Il rafforzamento dell’Ala dell’Arena di Verona
                         mediante precompressione”, L’industria Italiana del Cemento, Anno XXVI, n.2, Febbraio 1956, pp. 39-41.
                    14
I terremoti e la
Ing. Silvia Bonetti

                              pericolosità sismica

                      I terremoti sono il risultato più evidente della continua evoluzione geo-
                      morfologica del nostro pianeta. Secondo la Teoria della “Tettonica a Plac-
                      che”, la superficie terrestre è suddivisibile in grandi zolle, che alla stregua
                      di zatteroni su uno specchio d’acqua, si muovono spinte dai movimenti
                      convettivi della zona sottostante, denominata “mantello”.
                      Nella figura seguente sono evidenziate le più grandi zolle che caratteriz-
                      zano il pianeta.

                                                                                                        15
Nelle zone di contatto denominate faglie, a causa dei movimenti relativi
A lezione di terremoti
                         tra zolle adiacenti, si determinano forti tensioni che, incrementandosi nel
                         tempo, portano a rotture violente, allorquando le resistenze e gli attriti
                         interni delle rocce risultano inferiori alle sollecitazioni.
                         La rottura di un fronte di faglia determina lo sviluppo dal punto di rottura
                         in profondità, denominato “Ipocentro”, verso la superficie di onde sismi-
                         che, modellabili grossolanamente in due tipologie: onde di compressione
                         e onde di taglio. Le onde sismiche altro non sono quindi che movimenti
                         del terreno, caratterizzati come tutti gli oggetti in moto da accelerazione
                         e velocità. Le onde di compressione sono le più veloci e le meno intense
                         e arrivano per prime sulla superficie terrestre. Le onde di taglio, sono più
                         lente ma molto più intense e generalmente responsabili degli effetti di-
                         struttivi dei terremoti.
                         Si riporta di seguito un elaborazione dell’accelegramma di una scossa
                         registrata durante lo sciame che ha interessato il Friuli del 1976, elabora-
                         zione tratta dal programma Sismosignal.

                         Come si vede la prima parte del diagramma presenta piccole onde si-
                         smiche di intensità contenuta. Si tratta di onde di compressione che,
                         come detto sopra, giungono sulla superficie terrestre con uno leggero
                         sfasamento rispetto alle pericolose onde di taglio. Successivamente, il dia-
                         gramma presenta infatti un rapido incremento con valori decisamente
                         più elevati. Gli accelerogrammi vengono utilizzati dai sismologhi e dai
                         geofisici per interpretare le diverse peculiarità dei terremoti, e sono uno
                         strumento importantissimo in quanto correlano ciascun terremoto con le
                         grandezze fisiche dello “Spostamento”, della “Velocità” e della “Accele-
                         razione”. È grazie all’analisi di tali diagrammi e all’elaborazione di ulteriori
                         grafici denominati “spettri” che gli ingegneri modellano i terremoti di
                         progetto per effettuare calcoli e verifiche di edifici e strutture.
                         Generalmente quando si parla intensità di un terremoto però, non ven-
                         gono mai menzionate grandezze fisiche come l’accelerazione o lo spo-
                         stamento, si è soliti invece utilizzare il termine “Magnitudo” e intuitiva-
                         mente si associa la violenza di un terremoto con il valore della magnitudo
                         stessa. In realtà tale associazione è abbastanza semplicistica e incompleta,
                         poiché la violenza di un terremoto dipende da molteplici fattori che il solo
                         valore di magnitudo non può riassumere. Importantissima infatti è la pro-

                    16
fondità dell’Ipocentro, a parità di magnitudo infatti, tanto più l’ipocentro
è collocato in profondità, tanto meno intenso sarà il tremore avvertito in
superficie. Altri fattori importanti sono i così detti “effetti di sito”, come

                                                                                                    I terremoti e la pericolosità sismica
la conformazione orografica della zona o le caratteristiche del terreno,
che possono a seconda dei casi, incrementare gli effetti di scuotimento
del terremoto. Altro fattore importante poi è il contenuto in frequenza
delle onde sismiche che in certi casi (come si è verificato nel terremoto di
Città del Messico del 1985) può ingenerare effetti di risonanza con con-
seguenze distruttive.
È opportuno tuttavia dare alcune delucidazioni sulla Magnitudo e sui me-
todi di rilevazione: In sismologia la magnitudo di un terremoto è una
grandezza fisica (adimensionale) che individua mediante misurazioni, la
cosiddetta intensità del terremoto, in modo indipendente dalla profondi-
tà dalla distanza e dagli effetti macrosimici riscontrati.
Fino a qualche anno fa in Italia ma non solo, i terremoti venivano classifi-
cati mediante la “Scala Mercalli” Una scala di valori crescenti, che corre-
lava l’intensità di un evento con i danni riscontrati in prossimità dell’epi-
centro: la cosiddetta intensità “Macrosismica”.
La scala Mercalli, sotto riportata, come si nota, non può però fornire un
valore oggettivo della violenza del terremoto perché è strettamente cor-
relata con le peculiarità del tessuto edilizio del sito. La possibilità che un
determinato edificio subisca un danno severo, infatti, dipende intrinse-
camente dalle modalità costruttive dell’edificio stesso e, di conseguenza
terremoti della stessa violenza accaduti in luoghi differenti, determinano
danni totalmente differenti. La scala Mercalli, se da una parte ha per-
messo la catalogazione dei terremoti storici, sulla base delle cronache
dell’epoca che elencavano i livelli di distruzione e danneggiamento, ora è
stata del tutto abbandonata e i terremoti vengono misurati mediante la
“Scala Richter”.
Si riporta di seguito la vecchia catalogazione prevista dalla scala Mercalli.

  I    strumentale    Scossa rilevata solo dai sismografi installati sopra l’epicentro.

                      Scossa rilevata dai sismografi installati a pochi chilometri
  II   leggerissima
                      dall’epicentro. Non viene avvertita dalla popolazione.

                      Scossa considerata generalmente di assestamento, rilevata dai
 III   leggera        sismografi ubicati in un raggio di circa 10 chilometri dall’epicentro.
                      Normalmente non viene percepita dalla popolazione.

                      Scossa percepita solo ai piani più alti degli edifici, e rilevata dai
 IV    mediocre
                      sismografi posti a una distanza non superiore ai 100 chilometri.

                                                                                               17
A lezione di terremoti
                                                 Scossa che riesce a far oscillare i lampadari e far cadere qualche
                          V     forte            soprammobile nella zona direttamente interessata. Viene rilevata
                                                 dai sismografi in un raggio di 200 chilometri dall’epicentro.

                                                 Scossa che provoca crepe nelle pareti e giunge a far suonare le
                          VI    molto forte      campane a causa dell’oscillazione della struttura dei campanili.
                                                 Rilevata dai sismografi distanti fino a 600 chilometri dall’epicentro.

                                                 Scossa che può far crollare qualche edificio e provocare vittime.
                          VII fortissima         I sismografi la rilevano anche a distanza di 1000 chilometri
                                                 dall’epicentro.

                                                 Scossa che provoca crepe sul terreno, il crollo di diversi edifici,
                          VIII rovinosa          di campanili e che può provocare la caduta di massi dalle pareti
                                                 delle montagne.

                                                 Crolla il 60% degli edifici. Nei laghi l’acqua si intorbidisce e si
                          IX    disastrosa       formano delle onde che si infrangono con forza sulla riva. Lo
                                                 stesso dicasi per le acque dei mari.

                                                Distruzione totale degli edifici. Le rotaie dei treni si deformano,
                          X     disastrosissima i ponti e le dighe possono crollare. Nel terreno si aprono larghe
                                                crepe.

                          XI    catastrofica     Catastrofe. I rilievi franano a valle e si aprono crateri nel terreno.

                                grande           Distruzione di tutto quanto esiste in superficie in un raggio di 20-
                          XII
                                catastrofe       30 chilometri dall’epicentro.

                         La scala Richter usata attualmente, molto più complessa come elaborazio-
                         ne, consente di determinare l’intensità globale di un terremoto mediante
                         misurazioni strumentali dirette dell’energia globale dissipata dall’evento.
                         Risulta quindi del tutto indipendente sia dall’entità del danno provocato,
                         sia dagli effetti di “amplificazione locale” accennati in precedenza.

                         La “Pericolosità Sismica”
                         L’azione sismica attraverso la quale gli ingegneri progettano gli edifici
                         o valutano la sicurezza di quelli esistenti è definita come “Pericolosità
                         sismica di base”. La Norme Italiana vigente stabilisce una serie di valori
                         numerici da associare alla pericolosità sismica di base, in base a tali valori
                         è quindi possibile costruire il modello del terremoto di rifermento su cui
                         effettuare tutte le calcolazioni.
                         Uno dei valori fondamentali per la determinazione della pericolosità si-
                         smica è “Accelerazione orizzontale di picco”. È un parametro molto im-
                         portante perché definisce l’accelerazione del terreno sollecitato da un ter-
                         remoto. Per stabilire l’accelerazione orizzontale di picco, detta anche PGA

                    18
utilizzando un acronimo inglese (Peak Ground Acceleration), l’Istituto di
geofisica e vulcanologia, (INGV) ha elaborato uno studio molto comples-
so su tutto il territorio nazionale. È stato creato un reticolo con maglia di

                                                                                          I terremoti e la pericolosità sismica
10 km per lato esteso a tutta la penisola. Per ogni nodo del reticolo sono
stati valutati tutti i terremoti storici e in base a modelli statistici sono stati
elaborati diversi valori di accelerazione, correlati con diversi “Periodi di
Ritorno”
Cerchiamo ora di comprendere cosa sia il “Periodo di ritorno”. Poiché
i terremoti, come ben si sa, non sono ne prevedibili ne determinabili in
modo analitico, è impossibile elaborare un unico valore della accelerazio-
ne di picco, quanto piuttosto una serie di valori con approccio probabilisti-
co, dipendenti da quelle che gli statistici chiamano “variabili temporali”.
Intuitivamente la questione è abbastanza semplice: supponiamo di pren-
dere tre periodi di riferimento di 50, 100 e 500 anni. Analizzando i dati
storici di una determinata località, supponiamo di scoprire che siano av-
venuti 3 terremoti di magnitudo 4 negli ultimi 50 anni. A questi aggiun-
giamo un terremoto di magnitudo 5 registrato negli ultimi 100 anni e
altri due terremoti di magnitudo 7 registrati negli ultimi 500 anni. Come
si vede più si aumenta il periodo di riferimento, più su base storica, si ha
la probabilità di individuare eventi di magnitudo elevata e comunque un
numero di eventi crescente.
L’INGV quindi, prima di definire le accelerazioni ha individuato diversi
periodi temporali di riferimento, rispetto a ciascuno dei quali viene de-
finita una accelerazione di picco. Naturalmente per ciascun periodo di
riferimento si parlerà di “probabilità” che una determinata accelerazione
possa essere superata, poiché, si ribadisce, i terremoti sono imprevedibili.
I periodi di riferimento che solitamente si usano per i progetti delle strut-
ture comuni sono i seguenti:
· Tempo di ritorno Tr pari a 30 anni
· Tempo di ritorno Tr pari a 50 anni
· Tempo di ritorno Tr pari a 475 anni
· Tempo di ritorno Tr pari a 975 anni.

Aumentando il tempo di ritorno aumenta la probabilità di riscontrare, su
base storica, un terremoto di grande violenza, e per ciascuno dei tempi di
ritorno definiti in precedenza l’INGV fornisce quindi valori di accelerazio-
ne di picco crescenti.
Quando si progetta un edificio, o si effettua una valutazione di un edificio
esistente, il calcolatore progettista stabilisce, in accordo con le normative
vigenti, un elemento importantissimo detto “Vita utile” della struttura.
Per gli edifici ordinari il valore di vita utile è pari a 50 anni. Per gli edifici
con classe di importanza maggiore, come ad esempio, le scuole, gli ospe-
dali o le vie di comunicazione, il valore di vita utile si incrementa.

                                                                                     19
In relazione al valore di vita utile viene quindi stabilito, mediante relazioni
A lezione di terremoti
                         matematiche, il tempo di ritorno dell’azione sismica utilizzata nel proget-
                         to, e di conseguenza la “Severità” del terremoto di progetto.
                         Per la progettazione di un edificio destinato a civile abitazione, la cui vita
                         utile come detto è 50 anni, i valori di accelerazione di progetto fanno
                         riferimento a tempi di ritorno di 475 anni. Per progettare invece edifici
                         strategici si utilizzano valori relativi a tempi di ritorno maggiori. Si ripor-
                         tano di seguito, dal sito dell’ INGV, le mappe di pericolosità sismica del
                         territorio nazionale per Tempi di ritorno pari a 475 e 975 anni. Come si
                         nota la severità dell’evento di progetto con tempi di ritorno maggiori
                         risulta molto più elevata.

                                       Valori di accelerazione per tempi di ritorno di 475 anni (probabilità
                                       superamento 10% in 50 anni) espressi in in “Frazione di g” dove
                                       g è l’accelerazione gravitazionale pari a 9,806 m/sec2.

                         Il rischio sismico e la vulnerabilità sismica
                         Con rischio sismico si intendono tutti quei fattori che concorrono diret-
                         tamente o indirettamente alla determinazione dell’entità dei danni possi-
                         bili provocati da un terremoto in un determinato sito.

                    20
I terremoti e la pericolosità sismica
              Valori di accelerazione per tempi di ritorno di 975 anni
              (probabilità superamento 2% in 50 anni) espressi in in “Frazione
              di g” dove g è l’accelerazione gravitazionale pari a 9,806 m/sec2.

Il rischio sismico quindi è una proprietà macroscopica e generale che in-
globa molteplicità di fattori. Generalizzando il rischio sismico può essere
definito come il prodotto di 3 fattori.

                               R (rischio) = P x V x E

Dove:
· P rappresenta la Pericolosità sismica di base secondo quanto espres-
  so nel paragrafo precedente.
· V rappresenta la Vulnerabilità, ossia la propensione di una struttura a
  subire un danno a fronte di un evento sismico di determinata intensità.
· E indica l’Esposizione. Si tratta di un valore macroeconomico che rap-
  presenta tutta una serie di parametri eventualmente correlati con il dan-
  neggiamento di edifici sul territorio. I valori sono di carattere sociale,
  storico, logistico, ambientale, artistico etc. e dipendono intrinsecamen-

                                                                                   21
te con le peculiarità del tessuto urbano. Nell’ambito della valutazione
A lezione di terremoti
                          dell’esposizione entrano a far parte anche tutte le valutazioni di carat-
                          tere economico correlate con i costi per le riparazioni e le ricostruzio-
                          ni, o eventuali costi sociali connessi con il mancato utilizzo di strutture
                          strategiche lesionate dal terremoto.

                         Per la determinazione della vulnerabilità si opera nel modo seguente:

                         La vulnerabilità quindi è fornita dal rapporto tra l’accelerazione che de-
                         termina un limite (sia limite di rottura che limite di spostamento) e l’ac-
                         celerazione di progetto o PGA associata alla pericolosità sismica di base.
                         Tale rapporto deve essere maggiore di 1, altrimenti la struttura o l’edificio
                         richiedono un “Adeguamento sismico”, una sorta di messa in sicurezza.
                         Alla vulnerabilità e all’estensione del danno sono associati la perdita di
                         funzionalità che la struttura potrebbe subire in relazione all’evento o l’e-
                         ventuale pericolo di collasso con la conseguenza perdita di vite umane.
                         Chiaramente per un edificio strategico, come può essere un ospedale
                         o un’importante via di comunicazione, la valutazione della vulnerabilità
                         deve tener conto anche delle conseguenze correlate con l’impossibilità
                         dell’utilizzo della struttura in seguito ad un terremoto, per questo motivo
                         le analisi di vulnerabilità sismica di edifici strategici hanno importanza
                         fondamentale anche nella redazione di piani di protezione Civile per la
                         elaborazione degli scenari di danno.

                    22
Tipologie costruttive
Ing. Maurizio Cossato

                                 in Verona

                        Nel passato le costruzioni usavano prevalentemente materiali presenti nel ter-
                        ritorio. La nostra città si trova al limite della pianura ed in vicinanza delle zone
                        collinari ricche di materiali
                        lapidei di diverse caratteri-
                        stiche.
                        A Verona quindi fin dai
                        tempi più antichi si usava-
                        no pietre e tufo locale ed
                        anche mattoni in laterizio.
                        Esempi tipici di costruzioni
                        in pietra realizzate in an-
                        tichità sono, come noto a
                        tutti, l’Arena, il teatro ro-
                        mano, porta Borsari, porta
                        Leona, e la parte romana
                        del ponte pietra. Tra gli
                        ultimi due esempi citati
                        porta Leona ad esempio
                        comprendeva ampie por-
                        zioni non in pietra ma in
                        mattoni utilizzati già in
                        epoca romana, mentre il
                        ponte pietra comprende
                        la porzione medievale con
                        uso di paramenti in mat-
                        toni.
                                                                                        “Porta Leona” - Verona

                                                                                                                 23
A lezione di terremoti

                         “Ponte Pietra” - Verona

                         Importanti esempi di opere in mattoni sono il ponte di Castelvecchio e la torre
                         dei Lamberti. L’edilizia minore fino all’avvento del calcestruzzo armato utilizzava
                         il pietrame di tufo listato con corsi in mattoni intonacando le superfici esterne.
                         Gli orizzontamenti erano prevalentemente in legno.
                         Nel 1900 dopo la prima guerra mondiale le costruzioni minori erano ancora in
                         muratura ma gli orizzontamenti erano costruiti anche con materiale metallico
                         (putrelle) e laterizio. Rare erano le costruzioni integralmente in calcestruzzo ar-
                         mato.
                         Spesso si avevano tipologie con murature perimetrali in pietrame e strutture in-
                         terne costituite da travi e pilastri in cemento armato.
                         Con la ricostruzione postbellica si è passati rapidamente a costruzioni integral-
                         mente in cemento armato.
                         Poi la muratura portante è stata abbandonata.
                         Pochi edifici residenziali e commerciali nella Verona storica sono stati realizzati
                         con struttura metallica. Un esempio tipico è il fabbricato Coin in via Cappello.

                         In periferia l’edilizia industriale e commerciale che privilegiava sistemi voltati in
                         laterizio si è successivamente evoluta utilizzando la prefabbricazione, sia quella
                         pesante in c.a. sia quella leggera in carpenteria metallica.
                         Il legno lamellare più recentemente è entrato tra le tipologie costruttive in uso,
                         prevalentemente per la costruzione di palestre e di edifici sportivi.

                    24
Tipologie costruttive in Verona

Fabbricato “Coin”, Via cappello - Verona

                                           25
Meccanismi di collasso
Ing. Remigio Lucchini
  Ing. Davide Bertini

                                     per edifici in muratura

                             L’analisi del comportamento sismico degli edifici esistenti è caratterizzata
                             da significativi margini di incertezza che dipendono dal livello di
                             conoscenza delle caratteristiche meccaniche dei materiali e, soprattutto,
                             dall’effettiva organizzazione delle strutture: i danni rilevati dopo gli
                             eventi sismici mostrano che il terremoto tende a selezionare gli elementi
                             strutturali più deboli.
                             Un edificio è composto di molte parti: pareti perimetrali, divisori interni,
                             solai, scale, tetto eccetera. Ognuno di questi elementi ha una funzione
                             specifica, strutturale o non strutturale. Elementi non strutturali sono quelli
                             cui non si affidano compiti “di sostegno” di altri elementi. Gli elementi
                             strutturali invece sono quelli che contribuiscono a trasferire i carichi
                             (ovvero i pesi delle varie parti di un edificio) a partire dalla copertura,
                             scendendo poi in ordine dai piani superiori via via ai piani inferiori,
                             fino alle fondazioni e quindi al terreno. Risulta evidente dunque che il
                             danneggiamento degli elementi non strutturali non comporta alcun
                             rischio per la stabilità dell’intero edificio. Al contrario, il danneggiamento
                             degli elementi strutturali può determinare un serio problema per l’intera
                             struttura.
                             Gli elementi strutturali si distinguono in orizzontali e verticali. In particolare,
                             i verticali (tipicamente pareti e pilastri) “raccolgono” i carichi supportati
                             dagli elementi orizzontali (tipicamente solai e travi) e li trasferiscono
                             dall’alto verso il basso scaricandoli poi alle fondazioni e quindi a terra.
                             Il sistema di elementi strutturali accoppiati tra loro costituisce quindi
                             l’ossatura portante dell’edificio, lo “scheletro” che permette al tutto di
                             rimanere “in piedi”.

                        26
pubblicitaria
         All’avanguardia nell’edilizia, bioedilizia,
        sistemi di isolamento termico ed acustico
Il Gruppo STEA è un gruppo di rivendite di materiali edili che nasce nel 1998
dall’iniziativa di alcuni imprenditori del settore del commercio di materiale per
l’edilizia, operanti già da molti anni nelle province di Verona, Vicenza e Padova.

Spinti dal bisogno di aumentare la qualità e il valore della propria offerta,
uniscono le proprie forze per acquisire una posizione di leadership e
rappresentare un punto di riferimento nel difficile mercato dell’edilizia, sia
per le imprese di costruzione che per i tecnici ed i progettisti.

Per perseguire questi obiettivi, STEA seleziona sul mercato i migliori fornitori
di materiale edile, marchi leader per innovazione tecnologica, capacità di
sviluppo e caratterizzati da un rapporto qualità-prezzo ottimale, facendoli
diventare propri partner.
In tal modo STEA mette a disposizione dei propri clienti i prodotti più
performanti, offrendo anche preziosi servizi di consulenza tecnica in merito alle
diverse problematiche che si affrontano nella realizzazione o ristrutturazione
di un edificio.

                                                                                         informazione
Il Gruppo STEA ha studiato alcuni pacchetti e soluzioni costruttive, come
i Sistemi Tetto STEA, scegliendo e miscelando tra loro i migliori prodotti
presenti sul mercato dell’edilizia, potendo contare sul supporto e l’assistenza
tecnica dei produttori coinvolti.

Il progettista, l’impresa edile, l’utente privato che si rivolgono alle rivendite
del gruppo STEA potranno quindi scegliere il sistema costruttivo migliore in
base alle performance che intendono ottenere.

Da anni il Gruppo STEA, sempre attento all’evolversi delle proposte tecniche
nel mercato edile, ha stretto un importante rapporto di collaborazione con
Fibrenet, fungendo da distributore per le zone di Verona, Vicenza e Padova.
Presso i punti vendita del gruppo sono disponibili prodotti ad alto contenuto
tecnologico, selezionati attentamente, adatti per l’utilizzo delle reti Fibrenet,
come leganti e malte tecniche, sia cementizie che a base calce.
Il punto vendita STEA, qualificato professionalmente grazie ad un costante
impegno ed alla formazione continua, è a disposizione per visite in cantiere,
preventivi, eventuali soluzioni tecniche.
                                    Gruppo STEA
                        Via Zamenhof, 711 - 36100 VICENZA
                                  www.gruppostea.it
                                  info@gruppostea.it
                         tel. 0444/914381 - fax 0444/912341
                                                                                     I
Spesso si associa il terremoto al crollo di edifici e infrastrutture. In realtà i
     danni che il terremoto può provocare possono non interessare la struttura
     dell’edificio ma essere altrettanto importanti.

     Uno dei fenomeni più diffusi durante i terremoti sono i danni dovuti al crollo di
     scaffali o al ribaltamento di oggetti pesanti che non vengono opportunamente
     ancorati ai muri.

     È fondamentale assicurare pensili e mobili alle pareti di casa in maniera
     che durante l’evento sismico non cadano su cose o persone. Per far questo è
     sufficiente predisporre una squadretta sul retro di armadi o scaffali ed ancorarli
     alla parete.

     Lo stesso concetto vale anche per tutti quegli impianti che possono subire
     gravi danni durante l’evento sismico e possono compromettere lo svolgimento
     di azioni di emergenza immediatamente dopo l’evento sismico. Il caso più
     significativo è rappresentato dagli ospedali, strutture che non possono
     permettersi di subire danni a livello impiantistico. Proviamo infatti ad
     immaginare cosa significa avere un ospedale con gli impianti inefficienti:
     si capisce benissimo che rappresenta una sorta di scatola “inutile” che, per
II
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quanto non abbia subito danni a livello strutturale, non riesce a prestare le
cure di primo soccorso che possono essere così importanti soprattutto dopo
il sisma.

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È chiaro che se il sisma è particolarmente violento la priorità rimane quella di
mantenere la sicurezza delle strutture. Per far questo è meglio generalmente
prevenire gli eventuali danni costruendo la struttura secondo le indicazioni
normative o, nel caso di strutture esistenti, prevenendo eventuali crolli con
rinforzi mirati della struttura.
Gli eventi recenti hanno portato alla ribalta la vulnerabilità non solo del nostro
patrimonio storico ma anche di tutti quegli edifici e capannoni prefabbricati
che sono stati costruiti non collegando i vari elementi (travi e pilastri ad
esempio) tra loro in maniera efficace. Anche in questo caso le tecniche di
intervento sono estremamente semplici ma efficaci e sostanzialmente si tratta
di realizzare squadrette e tirantature atte a letteralmente legare i vari elementi
tra loro in maniera tale da costituire una “scatola”.

In tutti quei casi in cui si può o si deve recuperare la struttura esistente
danneggiata dal sisma si può intervenire con una serie di tecniche finalizzate
a consolidare e a migliorare il comportamento della struttura portante. Per far
questo bisogna scegliere il prodotto più idoneo in funzione delle problematiche
riscontrate. I fattori che condizionano maggiormente la scelta del fissaggio
sono il materiale di supporto e il carico da sorreggere.
Fischer dispone di una gamma di prodotti, sia chimici che meccanici, per
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applicazioni strutturali certificati per applicazione in zona sismica.
     Questi prodotti possono essere impiegati anche per riparare i danni strutturali
     a seguito del terremoto ed evitare che nuove scosse possano danneggiare
     ulteriormente le strutture.
     I tre diversi principi di funzionamento sono i seguenti: per forma (sottosquadro),
     per attrito e per adesione.

     Con ancoranti a sottosquadro come gli ancoranti fischer FZA, il carico è trasferito al supporto
     per forma.

     L’attrito è invece il principio di funzionamento degli ancoranti a espansione.
     Quando si installa l’ancorante si crea una forza di espansione che dà luogo
     ad un’azione di attrito. Gli ancoranti vengono fatti espandere applicando una
     coppia di serraggio definita. In questo modo il cono è richiamato all’interno
     della bussola e la spinge contro la parete del foro. L’ancorante è espanso
     correttamente se è applicata la corretta coppia di serraggio.

IV
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Il terzo principio di funzionamento è l’adesione.
In questo caso il carico è trasferito dall’ancorante al supporto tramite un
materiale adesivo come, per esempio, la resina indurita.
Nello specifico esistono tre tipi di ancoraggi chimici: a base poliestere, a base
vinilestere e a base epossidica. Fischer produce tutte e tre le formulazioni
ibride, cioè le resine presentano al loro interno una parte inorganica di cemento
Portland che oltre a conferire maggiori caricabilità, garantisce una migliore

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resistenza al fuoco e agli agenti aggressivi.
Tra gli ancoranti di tipo poliestere si ricorda ad esempio la T-Bond, quelli
vinilestere alte prestazioni la fischer FIS Super Bond e per la formulazione
epossidica la fischer FIS EM.

Si può intervenire predisponendo tiranti di acciaio o fasciando l’edificio con
materiali compositi oppure ingrossando le sezioni di travi e pilastri. Questo
ultimo tipo di intervento viene comunemente definito ripresa di getto e prevede
l’utilizzo di ancoranti chimici.

                                  Fischer Italia srl
                        Corso Stati Uniti, 25 - 35127 Padova
                                www.fischeritalia.it
                                      contatti:
                                    800 844078
                               sercli@fischeritalia.it

                                                                                    V
La tecnologia costruttiva a secco Gyproc Saint-Gobain e le soluzioni con
     caratteristiche antisismiche: i sistemi certificati Habito, Aquaroc e i con-
     trosoffitti Antisfondellamento

     I sistemi a secco Gyproc, che comprendono pareti divisorie interne e di tam-
     ponamento esterno, contropareti e controsoffitti, coniugano tecnica ed estetica
     e trovano applicazione in ambito terziario e residenziale grazie alla loro versa-
     tilità, alle elevate prestazioni che forniscono e alla facilità nella posa in opera.
     Rispetto all’edilizia tradizionale, i sistemi a secco consentono di rispondere
     in modo eccellente ai requisiti legislativi in termini di isolamento termico,
     con riduzione dei consumi energetici per il riscaldamento invernale e il con-
     dizionamento estivo, e acustico, resistenza al fuoco, sicurezza e performance
     antisismiche, versatilità nelle soluzioni estetiche e per le esigenze della domo-
     tica moderna, sicurezza contro le intrusioni. Non a caso, sono stati largamente
     utilizzati nel processo di ricostruzione dopo i recenti eventi sismici distruttivi.
     Tutte le soluzioni a secco sono testate in laboratorio, presso Enti tecnici all’a-
     vanguardia nelle prove di prodotto e nelle certificazioni.

     Gli elementi che costituiscono i sistemi a secco sono:

     • Struttura metallica in acciaio zincato: dotata di un nuovo rivestimento orga-
     nico privo di cromo, che costituisce una barriera al contatto cutaneo e all’ina-
     lazione degli ossidi che si possono formare su un normale acciaio, a migliora-
     mento della qualità della vita di chi applica e di chi vive gli ambienti.
     • Lastre in gesso rivestito – gesso fibrato:
     materiale naturale, ecocompatibile, additivato con speciali componenti e rive-
     stito con materiali particolari, che offre le migliori soluzioni in termini di este-
     tica, funzionalità e comfort. Inoltre attraverso la tecnologia activ’air permet-
     tono di migliorare la qualità dell’aria all’interno degli ambienti abbattendo i
     VOC (composti organici volatili) ed in particolare la formaldeide.
     • Isolanti minerali: rappresentano la soluzione ottimale per l’isolamento termi-
     co e acustico degli edifici.
     Gyproc, ponendo particolare attenzione e sensibilità alla sicurezza delle per-
     sone che occupano gli edifici, ha intrapreso una campagna sperimentale presso
     il Politecnico di Milano in collaborazione con laboratori di prova autorizzati,
     con lo scopo di caratterizzare le soluzioni a secco dedicate al residenziale per
     quanto riguarda le sollecitazioni sismiche.

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                                                                                            informazione
Tecnologia a secco Gyproc: sistema Habito

Le pareti divisorie interne del sistema Habito e le pareti di tamponamento
perimetrale del sistema per esterno Aquaroc sono state sottoposte a severe
condizioni di carico e stress per verificarne la tenuta al sisma.

Parete divisoria Gyproc Habito: prova di    Parete di tamponamento perimetrale Gyproc
flessione perpendicolare al piano           Aquaroc: prova di flessione perpendicolare al
                                            piano

                                                                                      VII
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