Workplace: il lavoro del futuro - Smart Marketing
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Rapporto IDC del 2022 e Digital Workplace: il lavoro del futuro Secondo quanto emerso dalle stime IDC per il 2022, il 65% della forza lavoro sarà composta da mobile worker e in tutta Italia ci saranno oltre 10 milioni di lavoratori mobili. Non a caso si comincia a parlare di Digital Workplace, uno scenario che vede nella tecnologia e nell’esperienza del consumatore i fattori di una rivoluzione nel modo di lavorare. Anche gli spazi fisici e logici dell’azienda si stanno riorganizzando: prendono sempre più piede device e app e le postazioni fisiche stanno lasciando il posto alle piattaforme per il lavoro online, che permettono un accesso continuo indipendentemente dal luogo, dal momento e dal dispositivo utilizzato. Il focus, come afferma Daniele Rao, Senior Director Reserach and Consulting di IDC Italia si posta dal quando entri/quando esci/dove sei al chi sei/cosa fai. Il roadshow di IDC dedicato alla trasformazione dello spazio di lavoro Per sottolineare l’importanza della trasformazione dello spazio di lavoro e del Digital Workplace, IDC in collaborazione con altri partner ha organizzato un roadshow che tra giugno e ottobre ha toccato Roma, Bologna, Firenze, Genova e Napoli dal titolo “Empowering the Digital Workspace”. Il tema dei lavori era il ruolo delle tecnologie digitali per quanto concerne il cambiamento del luogo del lavoro, il potenziamento delle capacità individuali e il miglioramento dei risultati aziendali. All’iniziativa hanno partecipato CIO e IT Manager italiani che volevano capire come semplificare e rendere sicuro l’accesso alle applicazioni aziendali, ma anche facilitare la collaborazione tra i dipendenti in assenza di uno specifico spazio di lavoro. Digital Workplace, come è emerso dal roadshow, significa cambiare radicalmente attività e business aziendale grazie a una connettività always on e al potenziamento delle capacità operative di diversi tipi di lavoratori. Tutti i numeri del mobile working L’importanza del mobile working è testimoniata anche dai numeri: secondo IDC i mobile worker nell’Europa Occidentale cresceranno del 3,6% annuo passando a ben 123 milioni nel 2022. Se rapportati all’intera popolazione europea dei lavoratori, i mobile worker rappresenteranno il 65% dei lavoratori, una cifra che in Italia corrisponderà a 7 milioni di lavoratori su 22 milioni di occupati. La stima, tuttavia, è destinata a crescere e IDC si aspetta che il numero salga a 10 milioni entro il 2022. Cosa cambia a livello tecnologico? Sicuramente l’anno passato ci ha regalato una maggiore spinta alla digitalizzazione del posto di lavoro grazie alle piattaforme UCC (Unified Collaboration e Communication), all’integrazione dei processi di mobilità e collaborazione e alla nascita di smart building. Le aziende stanno aumentando gli spazi per la collaborazione, come meeting room e sale per la videoconferenza, facendo sparire le postazioni individuali. Scopri il nuovo numero: The day after Dopo un 2020 così pesante sotto tutti i punti di vista, il 2021 deve rappresentare, per
tutti noi, l’alba di un nuovo inizio. Oltre a questo si assiste alla diffusione di dispositivi wireless indoor e outdoor per il sistema della comunicazione aziendale. Accanto ai tradizionali device mobili come smartphone, tablet e notebook ultraslim stanno arrivando sul mercato visori e assistenti virtuali per aiutare il lavoratore e capaci anche di prendere decisioni in modo autonomo. Le problematiche connesse al mobile working I Digital Workplace fanno sicuramente emergere problemi nuovi, legati alla complessità degli ambienti da gestire e alla sicurezza dei dati, ma anche alla privacy dei lavoratori e degli attori della business community. Una piattaforma per il mobile working assicura la centralizzazione dello spazio di lavoro e diventa un asset centrale per aumentare la produttività dell’azienda e migliorare l’esperienza lavorativa della persona. Tuttavia, questo è il momento per le aziende di seguire una tendenza iniziata già nel 2020 e accogliere nuove sfide per aumentare produttività, efficienza e agilità contenendo i costi. Il settore del mondo del lavoro è in continuo fermento, staremo a vedere se ancora una volta le stime di IDC si confermeranno esatte e anche in Italia il mobile working diventerà la principale forma di lavoro. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Telegram supera i 500 milioni di utenti attivi nel mondo! Martedì 12 gennaio 2021, alle 18:30 gli utenti di Telegram, come chi scrive, si sono visti recapitare un messaggio direttamente dal canale ufficiale della piattaforma di messaggistica. Il messaggio recitava: “Telegram ha superato i 500 milioni di utenti attivi. Solamente nelle ultime 72 ORE, più di 25 milioni di nuovi utenti da tutto il mondo si sono uniti a Telegram. Grazie! Questi traguardi sono diventati possibili per merito di utenti come te che hanno invitato i loro amici su Telegram.” Che Telegram sia ormai l’app di messaggistica che più di tutte insidia l’egemonia di WhatsApp è cosa nota da un po’ di tempo, ma certo questi dati riportati dal canale ufficiale della piattaforma, che diramava una nota scritta dal suo fondatore, Pavel Durov, sono davvero impressionanti. Più di 25 milioni di utenti in sole 72 ore non possono essere un caso. Ed infatti, molti di questi nuovi iscritti, si è scoperto, sono in fuga da WhatsApp, che nei giorni scorsi ha annunciato che modificherà i suoi termini sulla privacy a partire dall’8 febbraio. La cosa interessante è che questa modifica non riguarderà l’Italia e l’Europa, dove vige – come ben sappiamo – dal 2018 il GDPR, il Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati Personali, che in fatto di tutela dei diritti degli utenti è, probabilmente, il migliore al mondo.
Fin dalla sua creazione Telegram ha fatto della tutela del diritto alla privacy il suo cavallo di battaglia, le sue chat e i suoi gruppi sono i più sicuri al mondo, con un sistema di crittografia avanzatissimo che tutela gli utenti come poche altre app di messaggistica. Come ha ribadito lo stesso Durov: “25 milioni di nuovi utenti si sono iscritti a Telegram solo nelle ultime 72 ore. Le persone non vogliono più scambiare la loro privacy con servizi gratuiti. Telegram è una piattaforma di comunicazione privata e sicura e il nostro team prende molto sul serio questa responsabilità”. Cosa dire? Che questo nuovo anno porti con sé una maggior sensibilità e responsabilità degli utenti riguardo alla propria privacy? Che finalmente gli utenti cominciano a leggersi i contratti di “termini e condizioni” che bisogna “Accettare” per avere quasi tutto ciò che è gratuito su internet? O meglio ancora, vuoi vedere che tutti noi cominciamo a capire che quello che ha davvero valore sul web, la vera moneta di internet, sono i nostri dati, detto in altre parole che il prodotto siamo noi? Vedremo, di certo 25 milioni di utenti che fuggono da un’app di messaggistica sono un “precedente” da tenere d’occhio. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Ricominciamo!?: le 10 proposte di Assomusica per salvare la musica in Italia “Ricominciamo” è un brano del 1979, interpretato da Adriano Pappalardo, che urla il desiderio di rinascita di un rapporto d’amore dopo una grande crisi ed esprime in modo palese la necessità di ricominciare. Ma cosa c’entra un brano musicale di più di quarant’anni fa con la crisi dell’industria musicale al tempo dell’epidemia da Covid-19? Apparentemente nulla, ma mi è venuto in mente perché non conosco amore più grande e duraturo di quello per la musica, non ricordo un giorno della mia vita senza musica, eppure questo idilliaco rapporto è andato in crisi nel momento in cui sono entrati in vigore i divieti per contrastare il contagio e la voglia di riavvolgere il nastro di questo periodo surreale cresce di giorno in giorno, in maniera esponenziale, così come il desiderio di ricominciare da dove ci si è fermati, proprio come quando non si riesce ad accettare che un amore sia finito. https://youtu.be/GBm4GqjQPKU Con il decreto del 4 marzo 2020, come me, tantissimi operatori dell’industria musicale hanno dovuto interrompere le proprie attività, nessun pubblico, nessuna possibilità di organizzare e promuovere concerti dal vivo, manifestazioni, eventi e spettacoli di nessun tipo, con gravi conseguenze soprattutto dal punto di vista occupazionale. Il fermo non riguarda soltanto musicisti e performer, ma investe tutti i campi del variegato e ramificato mondo di lavoratori dello spettacolo, dai titolari ed i dipendenti di esercizi commerciali che vendono prodotti musicali, a quelli che lavorano in tutti i locali in cui si fa musica live, passando per tecnici e fonici delle sale di registrazione, fino ad arrivare agli operai, macchinisti e scenografi degli spettacoli dal vivo. Un esercito tra le 300.000 e le 380.000 persone che, al momento, non stanno lavorando e che per un bel po’ di tempo non lavoreranno, parallelamente alle perdite di fatturato dell’intero comparto. Assomusica, l’associazione degli organizzatori e dei produttori di spettacoli di musica dal vivo, ha stimato che, fino alla fine della stagione estiva, le perdite per questo fermo forzato ammonteranno a circa 350 milioni di euro, solo settore del live mentre, se si considera anche l’indotto, le perdite potrebbero arrivare a circa 600 milioni di euro.
Stime che si avvicinano parecchio alla realtà e che potrebbero peggiorare col protrarsi dell’emergenza sanitaria ed i conseguenti divieti di tutte le manifestazioni che prevedono la presenza di un pubblico, basti pensare che l’intero comparto musicale vale quasi cinque miliardi di euro, ed occupa oltre 169 mila persone (Fonte: Italia Creativa). A questa situazione drammatica, bisogna poi aggiungere i danni connaturati alla mancata riscossione dei diritti d’autore, che SIAE stima intorno ai 200 milioni di euro ed il crollo delle vendite di CD e vinili diminuite, secondo FIMI, del 70% tra marzo ed aprile, così come gli incassi derivanti dal digitale, diminuiti a causa dell’impossibilità di presentare nuovi prodotti sul mercato, che potrebbe valere oltre 100 milioni di mancati ricavi nel 2020. Numeri impressionanti che ben delineano la situazione catastrofica in cui versa il comparto, gravato anche da una grossa crisi di liquidità, che merita maggior attenzione da parte del Governo. La necessità di tutelare lavoratori ed aziende, ha spinto le associazioni dell’intera filiera musicale, AFI, Anem, Assomusica, FEM, FIMI e PMI, a firmare un documento congiunto di proposte complete, per evitare la situazione di crisi profonda in cui versa la musica. https://www.youtube.com/watch?v=SYJCYr1I-Sk Dieci punti per dieci proposte che affrontano da tutti i punti di vista il problema e suggeriscono azioni concrete, un mix di reintegrazioni in denaro per coprire in parte le perdite subite, tramite il “fondo emergenze” istituito dal Decreto Cura Italia e la sospensione dei tributi dovuti tramite un meccanismo di rateizzazione pluriennale, unito al ribasso dell’IVA a 4% ed all’estensione della tax credit per le opere musicali, insieme ad un ristoro economico anche per quei lavoratori con contratti atipici o precari, che non rientrano nel “reddito di emergenza”, ma anche proposte di rilancio del comparto come un bonus cultura per le famiglie, che incentivi la spesa, insieme all’apertura di un tavolo tecnico di confronto che definisca le modalità di ripresa delle attività live, ma soprattutto,
tempi certi di ripresa delle attività, al fine di poter attuare un’adeguata programmazione. È possibile visionare il documento completo sul sito di Assomusica nella sezione “News”. Legittime richieste che andrebbero discusse e prese in considerazione dal Governo, non solo per il fatturato perso, ma anche per la mole di operatori ed attori coinvolti anche alla luce di quanto la musica sia stata importante in questo particolare periodo, come strumento di coesione ed incontro, seppur virtuale, grazie anche ai tanti musicisti che hanno cercato di rendere più leggero e solidale un momento così critico e di isolamento. Scopri il nuovo numero > Reset Dopo aver parlato, a febbraio, dell’interconnessione in “Virale” ed esserci interrogati a marzo sulla situazione attuale in “Tutto andrò bene (?)”, oggi, con “Reset”, vogliamo parlare di soluzioni concrete. L’online ed il digitale saranno quantomai utili per offrire soluzioni e creare nuove opportunità. Le libere iniziative di tutti i musicisti, oltre ad intrattenere e contribuire enormemente alla diffusione del messaggio che è necessario restare a casa, si sono fatti promotori di tantissime iniziative benefiche di raccolta fondi, non solo in Italia ma anche all’estero. Basti pensare all’iniziativa #musicacheunisce che ha raccolto fondi in favore della Protezione Civile italiana o del “One world together at home”, una sorta di “Live Aid” da casa organizzato da Lady Gaga per sostenere l’Organizzazione Mondiale della Sanità e che ha raccolto quasi 129 milioni di dollari, dimostrando ancora una volta, il grande potenziale del mondo della musica che, anche a distanza, riesce a movimentare ingenti capitali. L’imminente avvento della “Fase 2”, dovrebbe far riflettere sul modo di fare ma anche di fruire la musica dal vivo in futuro e le proposte, dalle più fantasiose alle più concrete, non mancano. https://www.youtube.com/watch?v=PHaHHb6eSks Concerti da fruire chiusi in auto come al drive-in, oppure in teatro a posti distanziati, orchestre che non suonano gomito a gomito ma insieme con la dovuta distanza, applicazioni per suonare in simultanea, concerti in streaming, o forse, un mix di queste cose. Una riflessione che, però, necessita di risposte concrete e nel più breve tempo possibile per non aggravare una situazione economica già duramente compromessa e che deve ridisegnare il comparto nella sua totalità, anche pensando al futuro, perché, dopo l’avvento del Covid-19, non è pensabile, né auspicabile, immaginare ad esempio, un concerto dal vivo con gente ammassata ed a stretto contatto. Quel “Ricominciamo” che tutti aspettiamo di dire, prima possibile, deve essere supportato da protocolli concreti di distanziamento e sicurezza, tali da garantire la salute sia del pubblico, che dei lavoratori.
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