OUTBREAK - WBPERSPECTIVES - dobbiamo attenderci rischi di coda? - WB Advisors

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OUTBREAK - WBPERSPECTIVES - dobbiamo attenderci rischi di coda? - WB Advisors
WB PERSPECTIVES
Outlook Strategy                   24 FEBBRAIO 2020

OUTBREAK           dobbiamo attenderci rischi di coda?

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WLADEMIR BIASIA >                                                      CHIEF INVESTMENT ADVISOR

                             OUTBREAK                Dobbiamo attenderci rischi di coda?

Venerdì 21 febbraio. Fissiamo questa data perché potrebbe rappresentare la fine di una fase
di stabilità per i mercati. I dati pubblicati venerdì, a partire da quelli di sentimenti PMI,
riportano per Giappone, Eurozona ed USA valori poco confortanti.

Già in settimana abbiamo avuto la certificazione di una crescita negativa del Giappone con
una regressione del GDP negli ultimi 12 mesi pari al 6,4%. I dati che rilevano il livello di
fiducia delle aziende ha confermato il momentum negativo in zona recessiva. Sempre in
settimana l’indice Zew (Economic Sentiment Index) pubblicato in Germania è crollato da 26,7
di gennaio a 8,7 in febbraio. Non è stata di sollievo la rilevazione del PMI in ripresa rispetto al
dato precedente, ma sempre sotto quota 50.

Ciò che tuttavia ha sorpreso i mercati è stata la lettura del PMI sui servizi (consumi) negli Stati
Uniti. Il dato è sceso sotto quota 50 per la prima volta dal mese di febbraio 2016. Anche
l’indice PMI sul manifatturiero è sceso oltre le attese pur rimanendo sopra quota 50.

Alla striscia delle figure economiche i mercati hanno replicato con due movimenti degni di
attenzione: discesa dei rendimenti sul lato lungo della curva Usa e Germania, rialzo dei prezzi
dell’oro a 1680 usd/oz. Gli indici di borsa hanno sofferto robuste prese di beneficio
alimentando vendite che stanno deteriorando il momentum dei mercati.

Come d’abitudine richiamiamo alla vostra attenzione l’Outlook 2020 che segna il nostro
percorso tendenziale per l’anno. Nell’ambito del comparto dei Bond governativi e dei relativi
tassi d’interesse, abbiamo fissato per il 10 anni Usa e Germania rispettivamente un’area
target a 0,5% e -1%. La violazione di 1,50 e -0,40 ha ratificato ancora una volta il trend atteso
aprendo alcune inevitabili riflessioni su sui segnali inviati dal mercato.

Quanto è concreta l’ipotesi che vi sia a breve un rallentamento del ciclo? La flessione del 10
anni Usa spinge i rendimenti a ridosso della parte inferiore della forchetta dei Fed Funds
fissata dalla Fed nell’ultima riduzione dei tassi decisa lo scorso autunno. Spingere oltre i
rendimenti significa sfidare in primis la Fed ed ammettere che il clima inizia a perdere
momentum.

Non sappiamo quanto si sovrapponga a questa condizione la percezione della diffusione
dell’epidemia virale Covid-19. Sappiamo tuttavia che in Cina l’attività economica rimane
ampiamente sotto gli standard.

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L’immatricolazione di auto è crollata nella prima settimana di febbraio di oltre il 97%, con
poco più di 800 veicoli acquistati. Nelle aziende locali, che seguiamo direttamente con il
nostro servizio di Enterprise Risk Management, l’attività produttiva ha ripreso parzialmente
nell’ultima settimana, con presenze in fabbrica spesso inferiori al 50% della forza lavoro.

Finora le banche centrali hanno prevenuto i potenziali riflessi negativi sui mercati azionari
immettendo forti dosi di liquidità, soprattutto per tranquillizzare gli operatori sulle redemptions
di bond in scadenza. Il loro intervento è risultato finora efficace. Ha saputo sterilizzare i
sintomi del panico a fine gennaio quando le vendite stavano spingendo i valori oltre le soglie
di controllo del rischio. Oggi dobbiamo chiederci quanto sia stimato nei modelli di Risk
Management un movimento di coda.

Dev’essere chiaro che la stabilità dei mercati è illusoria, funziona nella misura in cui gli
interventi dei regolatori risulta efficace. In realtà abbiamo già avuta la riprova che i mercati
moderni rivelano in determinate circostanze una forte illiquidità.

Questo comporta che nel momento in cui scoppia una bolla gli investitori e gli asset
managers, a cui dobbiamo aggiungere gli algoritmi, cercano di liquidare le posizioni. E’ la
fase in cui si prosciugano le proposte d’acquisto nei book di negoziazione. E’ in quell’istante
che si manifesta il movimento di coda.

Secondo molti osservatori, i modelli della Fed non sono ancora riusciti a spiegare con
precisione il "rischio di coda" (altrimenti noto come eventi che presumibilmente accadono
solo raramente). I modelli statistici non riescono a prevenire il "Rischio di coda”. Quando si
manifesta agli investitori rimane soltanto la scelta binaria: tenere o vendere a qualsiasi prezzo.

In base alla nostra esperienza, ancor oggi nell’era dell’Intelligenza Artificiale, degli algoritmi
genetici, per prevenire questi eventi c’è soltanto un modo: stimare il rischio sottostante e
decidere in determinate situazioni di prendere beneficio sulle proprie posizioni. In apparenza
questa strategia ha perso efficacia da quando le banche centrali si sono trasformate in grandi
hedge fund, comprando di tutto. Alla fine rimane comunque l’incognita non ancora definita:
per quanto potranno procedere in questa direzione senza produrre effetti collaterali?
Nelle nostre strategie abbiamo sperimentato con un certo profitto la regola di prendere
beneficio in coincidenza con le verifiche dei target stimati. Questo vale per i mercati azionari
ed obbligazionari, ma anche per i movimenti dei tassi di cambio e le commodity. Il problema
successivo rimane quello, non sempre agevole, di individuare dove ricostituire le posizioni. In
tal modo si riduce la volatilità ma si sacrificano in parte le performance. In ogni caso qualora
la regola sia applicata con disciplina, la strategia consente di evitare i grandi sell_off dei
mercati, quelli che lasciano il segno nei portafogli.

E’ quanto abbiamo fatto nei cicli regressivi del 2000-2003 e nel 2008-2009.
L’analisi ci porta quindi a chiederci se siamo in presenza di un movimento topico che possa
confluire in una veloce distruzione.

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Gli elemento che giocano in questa fase sottobraccio e contribuiscono ad animare la scena
dei mercati sono nell’ordine: presidenziali USA, Coronavirus, effetto liquidità, Earnings ed
infine crescita economica.

Siamo consapevoli che per D. Trump la tenuta dei mercati rappresenta una leva
fondamentale per la vittoria finale. In condizioni normali le banche centrali tenderanno a
ridurre i loro interventi verso la fine della primavera. Il Coronavisus rappresenta invece
l’elemento fuori controllo. Le prossime settimane saranno contrastate perché vedranno la
progressione dei numeri relativi alle statistiche sulla diffusione globale della pandemia e si
elaboreranno velocemente le conseguenze economiche del virus.

Quindi tutto si concentra sugli effetti della pandemia.

L’apertura di questa settimana sconta una presa d’atto più concreta. Tutti gli indici azionari
hanno avviato velocemente una verifica della tenuta dei livelli di trend più significativi: in
Europa l’Eurostoxx 50 fissa un minimo (mentre scriviamo) a quota 3560. Il punto costituisce il
livello di allerta al rischio estremamente significativa. La violazione cancella ogni potenziale
proiezione positiva, revocando la tenuta del ciclo espansivo sinora osservato. Per l’indice Dax
lo stesso valore coincide con quota 13000. Per l’Italia il medesimo valore quota in area
23200.

Al di sotto di questi valori transita un ulteriore livello tecnico che converge con il limite
inferiore del ciclo rialzista avviato agli inizi del 2019 e tuttora integro, salvo subire una netta
revisione qualora i livelli precedentemente segnalati dovessero essere presto violati.

I rispettivi valori quotano tra il 7 ed il 10% in meno rispetto ai trigger indicati. Tale misura
consente quindi di stimare una prima valutazione del rischio contingente, anche se non è da
escludere che una diffusione ulteriore del panico possa contaminare, come anticipato, gli
stessi.

I benchmark sui bond governativi USA 10 Y e Ger 10Y, come scritto in apertura, hanno
ripreso il percorso riflessivo in ossequio al ritorno di un atteggiamento avverso al rischio,
confermando altresì le opportunità di allocazione raccomandate.

L’oro ha testato il nostro target oltrepassando il livello fissato. Al momento potremmo soltanto
certificarne l’eccesso di comprato in una condizione straordinaria.

La scorsa settimana le principali comodity avevano reagito alla debolezza sofferta tra la fine
di gennaio e gli inizi di febbraio, tuttavia la loro tenuta appare precaria. Il movimento appare
limitato da una sequenza reattiva molto debole e per nulla rassicurante. Per il Brent continua
a risultare fortemente significativa, ma pur sempre precaria, la tenuta di area 53 usd/bar.
In assenza di un contenimento delle vendite si aprirebbero spazi regressivi sino a quota che
al momento stimiamo a 40 usd/bar.

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Il rame appare destinato a scendere sotto il recente bottom (5500 usd) e puntare nuovamente
in direzione dei minimi fissati nel 2016: 5100 e 4300/200.

I semiconduttori provengono da una fase estremamente euforica. Dai recenti massimi fissati
a 1950 usd potrebbero subire prese di beneficio e scivolare in direzione di quota 1700/1650 a
brevissimo. Sotto tale livello la tenuta del loro ciclo positivo risulterebbe contaminata ed
esposta ad ulteriori ribassi.

L’evoluzione delle commodity che noi riteniamo di ordine strategico per le valutazioni dello
scenario Intermarket, tende a questo punto a scontare un adeguamento più sensibile alle
condizioni congiunturali. Il loro andamento costituisce una proxy delle aspettative sul ciclo
globale.

   PREZZI INDUSTRIALI COMMODITY                     SURVEY PMI GLOBAL STEEL

                                                        Il grafico riporta l’effetto sui prezzi
                                                        delle vendite
                                                        Scattate questa mattina in apertura
                                                        per l’indice Dax. Gli scambi hanno
                                                        raggiunto velocemente la linea di
                                                        congiunzione di tutti i minimi
                                                        sottostanti all’attuale modello che
                                                        riporta il potenziale picco di mercato.
                                                        Sotto 13000 sono posizionati ulteriori
                                                        ordini di vendita di posizioni lunghe.
                                                        Il breakout del livello proietterebbe
                                                        gli scambi in direzione del livello
                                                        tecnico successivo che al momento
                                                        costituisce la base inferiore del ciclo
                                                        espansivo avviato nel 2019.

    DAX OPEN MARKET 24.02.20

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Il mercato dei cambi sino ha interpretato la congiuntura premiando il dollaro e le monete
rifugio: che e jpg. Su quest’ultima, complice i recenti dati economici, ma soprattutto la regia
delle BoJ, ha ridimensionato il suo status subendo significative vendite che l’hanno spinto
oltre 110 contro dollaro. Si è aperto quindi un range tra 110 e 115.

Ciò ha spinto lo yen a rintracciare i recenti guadagni sull’euro in direzione dell’area 121,50
senza modificare ancora la struttura positiva, in questo caso dello yen sull’euro.

L’euro rimane in effetti debole. Le vendite contro dollaro l’hanno spinto oltre i minimi dello
scorso anno. Riteniamo che per effetto di un carico di ipervenduto vi siano i presupposti per
un rintracciamento in direzione di area 1,09-1,0950.

Le vendite sui mercati azionari potrebbero produrre verosimilmente un effetto placebo
sull’euro, accantonando per il omento il processo riflessivo a cui abbiamo assistito. I livelli per
i quali il nostro modello rivedrebbe la propria impostazione regressiva si collocano oltre quota
1,11 eur usd.

Anche la moneta cinese ha subito qualche ripercussione dalla diffusione del virus: il cny ha
riassorbito in parte i guadagni avviati dopo la conclusione del Deal Fase One con gli stati
Uniti. Al momento assistiamo ad un’azione reattiva. Contro euro i valori si sono fermati a
ridosso dell’area 7,60/70. La tenuta confermerebbe ancora i segnali già indicati nel nostro
Outlook 2020.

Anche nei confronti della sterlina l’euro continua a confermare l’Outlook. Le discussioni
aperte sul Budget triennale all’Ecofin per l’Unione Europea, non depongono a favore della
solidità politica della stessa.

Inoltre, nuocciono in questa fase l’assenza di misure di stimolo economico fiscale in grado di
arginare un eventuale recrudescenza dell’epidemia ed i relativi effetti sulla crescita. Come
scritto nel report della scorsa settimana, le criticità della Supply Chain espongono l’Europa a
seri contraccolpi aggravati dal modello di sviluppo imposto dall’Unione stessa, dove l’export
rimane la leva più significativa per la tenuta della crescita del prodotto interno lordo.

In questo quadro l’Italia risulta ancora più esposta nel breve termine. Oltre a subire le
ripercussioni del comparto manifatturiero a servizio delle esportazioni tedesche (automotive
compreso), non ha a disposizione politiche fiscali d’urto per animare la domanda interna.
I mercati impiegheranno poco tempo a calcolare l’impatto sul debito pubblico degli effetti di
una stagnazione cronica che volge alla recessione. Già oggi, mentre i rendimenti sul tratto
lungo della curva scendevano, quelli italiani crescevano: segno di una diversa percezione
sulla sostenibilità del quadro complessivo. Sarà quindi opportuno vigilare su spread e valori
del BTP, a meno di un intervento più robusto e convinto della BCE sul fronte del QE.

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   USA 10 Y YIELD

  GER 10 Y YIELD

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 EUR USD       EUR GBP

EUR CNY

               EUR JPY

 GOLD USD/OZ   BRENT OIL USD/BAR                8
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STANDARD & POOR 500   MSCI WORLD

MSCI CHINA            EUROSTOXX 50

FTSE MIB              BALTIC DRY INDEX (NOLI MARITTIMI)        9
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