Vareniclina tartrato nella disassuefazione da fumo di tabacco - Profilo farmacologico e clinico
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
©2007 by Sentrix Global Health Communications Piazzale Türr 5 • 20149 Milano Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo senza autorizzazione scritta dell’Editore. Progetto grafico e cura editoriale: Sentrix Global Health Communications Piazzale Türr 5 • 20149 Milano
Vareniclina tartrato nella disassuefazione da fumo di tabacco Profilo farmacologico e clinico
SIGLE USATE NEL TESTO 95% IC Intervallo di confidenza al 95% AUC Area sottesa alla curva delle concentrazioni plasmatiche BMI Body Mass Index (indice di massa corporea) BPCO BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva bid bis in die CHO/HGPRT Chinese hamster ovary cell/hypoxanthine-guanine phosphoribosyl-transferase Cmax Concentrazione plasmatica massima CO Monossido di carbonio COHb Carbossiemoglobina CYP Citocromo p450 EC50 Concentrazione Effettiva mediana ETS Environmental Tobacco Smoke (fumo passivo) ISS Istituto Superiore di Sanità Ki Costante di inibizione LILT Lega Italiana per la Lotta Contro i Tumori MAO MonoAmino Ossidasi mCEQ The modified Cigarette Evaluation Questionnaire MMG Medico di Medicina Generale MNWS Minnesota Nicotine Withdrawal Scale NRT Nicotine Replacement Therapy (terapia sostitutiva con nicotina) OCT2 Organic cation transporter 2 (trasportatore cationico organico 2) OMS Organizzazione Mondiale della Sanità OSSFAD Osservatorio Fumo, Alcol e Droga QSU-brief The Brief Questionnaire of Smoking Urge RCT Randomised Clinical Trial (studio clinico randomizzato) SIDS Sudden Infant Death Syndrome (morte improvvisa del lattante) SR Slow Release (rilascio controllato) T1/2 Emivita plasmatica Tmax Tempo alla massima concentrazione plasmatica uid unum in die Vd Volume apparente di distribuzione VTA Ventral Tegmental Area (area ventrale-tegmentale)
indice 1. DATI EPIDEMIOLOGICI 7 2. I DANNI DA FUMO 9 2.1 Fumo e malattie cardiovascolari 10 2.2 Fumo e neoplasie 10 2.3 Fumo e malattie respiratorie 10 2.4 Fumo e apparato gastro-intestinale 10 2.5 Fumo e gravidanza 10 2.6 Fumo nelle donne: effetti aggiuntivi 10 2.7 Fumo passivo 11 3. LE LINEE GUIDA OSSFAD-ISS 13 3.1 L’intervento clinico minimo 13 3.1.1 Ask: chiedere se fuma 14 3.1.2 Advice: raccomandare di smettere 14 3.1.3 Assess: identificare i fumatori motivati a smettere 15 3.1.4 Assist: aiutare a smettere 15 3.1.5 Arrange: pianificare il follow-up 15 4. DIPENDENZA DAL FUMO DI TABACCO 17 4.1 La gratificazione derivante dal fumo 17 4.2 I recettori neuronali per la nicotina 18 4.3 Stimolazione nicotinica dei recettori α4β2 e dipendenza 18 5. TERAPIA 21 5.1 Terapie non farmacologiche 21 5.2 Terapie farmacologiche 21 5.2.1 Terapia sostitutiva con nicotina 22 5.2.2 Bupropione 23 5.2.3 Altre terapie 23 5.2.4 Problemi aperti nella farmacoterapia della disassuefazione dal fumo 24 6. VARENICLINA. PROFILO FARMACOLOGICO E CLINICO 25 6.1 Chimica 25 6.2 Meccanismo d’azione 26 6.2.1 Affinità e selettività per i recettori nicotinici centrali α4β2 26 6.2.2 Agonismo parziale per i recettori nicotinici α4β2: evidenze sperimentali 26 6.2.3 Effetti sulla dipendenza da nicotina 30 6.3 Parametri farmacocinetici 30 6.3.1 Assorbimento e distribuzione 30 6.3.2 Metabolismo ed eliminazione 30 6.3.3 Farmacocinetica in popolazioni particolari di pazienti 32 6.3.4 Potenziali interazioni farmacologiche 32 6.4 Dati di tossicologia 33 6.5 Studi clinici 33 6.5.1 Studi di dose-finding 33 6.5.2 Studi comparativi 36 6.5.3 Prevenzione delle ricadute dopo terapia d’attacco 42 6.6 Tollerabilità 44 6.7 Modalità di trattamento 47 7. META-ANALISI DEGLI STUDI CLINICI CON VARENICLINA O CON ALTRE OPZIONI FARMACOLOGICHE 49 8. BIBLIOGRAFIA 51
1. DATI EPIDEMIOLOGICI Si stima che nel mondo i fumatori siano oltre 1,25 miliardi1, mentre, in Italia, il loro numero supera abbondantemente i 12 milioni di soggetti (Figura 1)2. I dati provengono da una rilevazione statistica DOXA, condotta per conto dell’Isti- tuto Superiore di Sanità (ISS) in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmaco- logiche Mario Negri e la Lega Italiana per la Lotta Contro i Tumori (LILT), nel pe- riodo marzo-aprile 2006. La ricerca ha interessato complessivamente 147 comuni in tutte le regioni italiane; il campione statistico era rappresentato da 3.039 adulti (età ≥15 anni) di ambo i sessi, rappresentativi della popolazione generale. I dati statistici sono stati quindi proiettati riferendosi alla popolazione generale italiana residente al 1° gennaio 20052. 1 Figura . 35 Fumatori in Italia. Rilevazione statistica DOXA-ISS – 28,9 milioni Ist. Mario Negri-LILT 30 57,6% su un campione di 3.090 adulti, rappresentativi della 25 popolazione Italiana2. 20 17,5 Milioni 15 12,2 milioni 24,3% 9,1 milioni 10 18,1% 5,3 3,3 5 11,4 6,9 5,8 0 Fumatori Ex fumatori Non fumatori Maschi Femmine Analizzando il dato di prevalenza di abitudine al fumo nella popolazione italiana negli ultimi 50 anni, secondo le indagini DOXA condotte tra il 1957 e il 2006 è possibile osservare un trend generale di decremento con differenze sostanziali tra i due sessi. Tra la popolazione maschile, infatti, la prevalenza si riduce pro- gressivamente in modo più marcato rispetto al dato generale. Tra la popolazione femminile, invece, si è registrato, nel tempo, un sensibile incremento con picchi di prevalenza nei primi anni ’90 seguiti da una sostanziale stabilizzazione a valori superiori al 20% (Figura 2)2. Relativamente all’abitudine al fumo in relazione all’età, mentre tra le persone an- ziane (oltre i 65 anni) e tra i giovani adulti (25-44 anni) si registra complessivamen- te un trend in decremento, tra i soggetti più giovani (15-24 anni) vi è una tendenza all’incremento sia tra i maschi (+2,8 punti percentuali nel 2006 rispetto al 2005) sia tra le femmine (+5,2 punti percentuali nel 2006 rispetto al 2005)2. Tra gli adulti in età matura (45-64 anni), invece, il trend è stazionario o in lieve decremento2.
1. DATI EPIDEMIOLOGICI 2 Figura . 70 Fumatori in Italia. Rilevazioni statistiche DOXA 65,0 dal 1957 al 20062. 60 60,0 53,2 50 40 38,3 35,4 34,0 34,8 32,9 % 32,0 30 28,9 25,9 28,6 24,3 20 23,6 20,3 10 16,3 7,7 0 6,2 1956 1958 1960 1962 1964 1966 1968 1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 Anni Maschi Femmine Totale
2. i danni da fumo I danni attribuibili al tabacco (fumato, masticato o annusato) derivano sia dalle molteplici sostanze tossiche in esso contenute o prodottesi con il processo della combustione (monossido di carbonio, benzene e altri idrocarburi aromatici, for- maldeide, acetone, ammoniaca, metalli pesanti), sia dalla nicotina, alcaloide prin- cipalmente responsabile della dipendenza (fisica e psicologica) che si manifesta con entità paragonabile a quella di altre sostanze a forte rischio di abuso (eroina, cocaina)3. L’abitudine al fumo, ma anche l’esposizione passiva allo stesso, si associa a diver- si tipi di neoplasie (principalmente al polmone e alla vescica urinaria), a patologie respiratorie (BPCO, enfisema), cardiovascolari, e a un aumento dei decessi pre- natali, peri-natali e prematuri. Si stima che a livello mondiale, nel 2000, si siano registrati 4,8 milioni di morti premature dovute al fumo di tabacco, di cui la metà nei Paesi industrializzati, dove rappresenta la prima causa di morte prevenibile, e l’altra metà nei Paesi in via di sviluppo; a livello mondiale è il 4° fattore di rischio di malattia1,3. In Italia le morti correlabili al fumo sono 85.000 all’anno di cui il 25% nella fascia d’età 35-64 anni2,4. In media, un individuo che fuma per tutta la vita ha il 50% di probabilità di morire per una patologia tabacco-correlata; il decesso presenta un picco di prevalenza nell’età compresa tra i 45 e i 54 anni. Il danno sanitario imputabile al fumo, inoltre, incide anche sul versante economico; in Italia i soli costi ospedalieri rappresenta- no l’8% della spesa sanitaria totale, lo 0,47% del Prodotto Interno Lordo (PIL), cui sono da aggiungere i costi delle cure domiciliari e quelli derivanti dalle giornate lavorative perse3. Un confronto tra il numero di decessi correlati all’abitudine al fumo e quelli dovuti ad altre cause accidentali o voluttuarie è riportato nella Figura 33. L’abolizione dell’abitudine al fumo è il provvedimento singolo più efficace tra le modificazioni dello stile di vita per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e non cardiovascolari, incluso l’ictus e la malattia coronarica; coloro che smettono di fumare prima della mezza età presentano un’aspettativa di vita che risulta com- parabile a quella di coloro che non hanno mai fumato5. Numero di decessi/anno 500.000 3 Figura . Morti annuali per fumo 450.000 430.000 paragonate a una serie di altre cause negli Stati Uniti3. 400.000 350.000 300.000 250.000 200.000 150.000 100.000 81.000 50.000 41.000 30.000 17.000 19.000 14.000 0 AIDS Alcol Incidenti Omicidi Droga Suicidi Fumo stradali
2. I danni da fumo 2.1 FUMO E MALATTIE CARDIOVASCOLARI Le principali malattie cardiovascolari associate all’abitudine al fumo sono la car- diopatia ischemica, responsabile del 50% circa di tutte le morti cardiovascolari, l’ictus, le vasculopatie e l’aneurisma dell’aorta addominale; anche la morte cardia- ca improvvisa vede nell’abitudine al fumo uno dei principali fattori di rischio. Il fumo, inducendo la formazione di placche aterosclerotiche, è responsabile, per azione progressiva a livello dei vasi degli arti inferiori, di claudicatio intermittens, fino alla gangrena, che può determinare l’amputazione dell’arto3. 2.2 FUMO E NEOPLASIE Oltre a neoplasie a livello delle vie respiratorie (polmone in primis, ma anche cavo orale, faringe e laringe) il fumo sostiene processi tumorali a livello esofageo, pan- creatico, renale, vescicale, della cervice uterina, del colon. Anche alcune forme di leucemia sono provocate dal fumo. Circa un terzo dei decessi correlabili al fumo, in Italia, è determinato da patologia oncologica3. 2.3 FUMO E MALATTIE RESPIRATORIE Il fumo è la causa principale di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e di enfisema polmonare e rende minoritarie le casistiche in cui tali patologie rico- noscono una causa ambientale (inquinamento) o lavorativa. La BPCO, patologia progressiva e altamente invalidante, associandosi all’effetto negativo del fumo sul sistema immunitario, nelle sue periodiche riacutizzazioni, rappresenta anche un elemento maggiore di emergenza infettivologica3. 2.4 FUMO E APPARATO GASTRO-INTESTINALE L’abitudine al fumo correla positivamente con l’insorgenza di ulcera peptica, che risulta di più difficile guarigione nel fumatore. Correlazione diretta con il fumo è stata evidenziata anche per le riacutizzazioni in soggetti affetti da Morbo di Crohn3. 2.5 FUMO E GRAVIDANZA Il fumo incide negativamente sullo sviluppo corporeo del nascituro; indagini ap- profondite hanno appurato che il peso del bambino alla nascita è inversamente proporzionale alla quantità di sigarette fumate dalla madre in corso di gravidanza. Il fumare in gravidanza rappresenta un fattore di rischio per natalità prematura, per trattamento intensivo perinatale e per decesso perinatale. Inoltre, nelle fu- matrici è maggiore il rischio di abortività spontanea e nel neonato quello di morte improvvisa [SIDS (Sudden Infant Death Syndrome)]3. 2.6 FUMO NELLE DONNE: EFFETTI AGGIUNTIVI Oltre al già accennato cancro della cervice uterina associato al fumo, la meno- pausa precoce, con gli aumenti di rischio cardiovascolare associati, e la fertilità ridotta descrivono peculiari effetti esercitati dal fumo di tabacco nella donna. Inol- tre, l’associazione tra fumo e uso di contraccettivi aumenta il rischio di morbilità cardiovascolare3. 10
2.7 FUMO PASSIVO Per fumo passivo o ETS (Environmental Tobacco Smoke) si intende la miscela co- stituita dal fumo esalato dal fumatore e da quello rilasciato dalla sigaretta durante la combustione. Da un punto di vista tossicologico è classificato come cancero- geno di gruppo 1 (sostanze con effetti cancerogeni sull’uomo per le quali esisto- no prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione e lo sviluppo di neoplasia). Oltre all’azione cancerogena del fumo passivo, si è documentata la correlazione con l’aumento di mortalità sia nell’ambiente di lavoro sia in ambito domestico. Il fumo passivo, inoltre, sostiene disturbi di tipo respiratorio (tosse, ipersecrezione bronchiale, dispnea) e aumenta il rischio di malattie cardiache di tipo ischemico3. 11
3. Le Linee Guida OSSFAD-ISS La cessazione dell’abitudine al fumo è un comportamento efficace che incide in maniera molto favorevole sulla riduzione della mortalità fumo-correlata nel medio termine; infatti, con una riduzione del 50% nel numero dei fumatori si potrebbero evitare, nel mondo, dai 20 ai 30 milioni di morti premature in una proiezione a 25 anni e circa 150 milioni a 50 anni6. I Medici di Medicina Generale, gli Specialisti e gli operatori sanitari hanno l’op- portunità di poter incidere positivamente sulla riduzione del tasso di fumatori e su morbilità, mortalità e costi economici associati all’abitudine al fumo. In lettera- tura, infatti, è ampiamente dimostrato che il consiglio del Medico curante incre- menta il numero di fumatori che mettono in atto seri tentativi di smettere, il primo passo di un percorso che conduce alla disassuefazione. L’autorevole consiglio del Medico viene inoltre rafforzato in termini persuasivi da altri fattori socio-culturali radicati nella attuale realtà nazionale: consapevolezza nella popolazione dei danni da fumo; alta percentuale di fumatori che vogliono smettere; supporto specialistico di centri di disassuefazione; disponibilità di trattamenti efficaci6,7. Sulla base di queste premesse l’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga (OSSFAD) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha coordinato il lavoro di un gruppo multidi- sciplinare che, sulla base di una revisione sistematica della letteratura scientifica, ha elaborato un documento nazionale di linee guida cliniche per la cessazione del- l’abitudine al fumo aventi l’obiettivo di promuovere la cessazione dell’abitudine al fumo nella popolazione italiana, obiettivo che vede nell’intervento dei Medici in generale e dei MMG in particolare, la sua attuazione. Lo strumento di intervento si basa su brevi interventi colloquiali (intervento clinico minimo) rivolti agli assistiti nel corso della normale attività ambulatoriale6. 3.1 L’INTERVENTO CLINICO MINIMO L’intervento clinico minimo, di comprovata efficacia e raccomandato anche dalle principali linee guida prodotte da organismi nazionali di diversi Paesi europei ed extraeuropei è conosciuto con la sigla 5A: Ask, Advice, Assess, Assist, Arrange (Figura 4)6,7. Tale intervento è di grande applicabilità pratica in quanto richiede solo pochi mi- nuti nel corso di una qualunque visita ambulatoriale. ASK Chiedere se fuma ADVICE 4 Figura . Diagramma di flusso Raccomandare di smettere dell’intervento clinico minimo 5A da applicare durante una ASSESS qualsiasi visita medica. Identificare i fumatori motivati a smettere Motivato Non motivato ASSIST Fornire consigli Aiutare a smettere per promuovere motivazione Ricaduta ARRANGE Pianificare follow-up 13
3. Le Linee Guida OSSFAD-ISS 3.1.1 Ask: chiedere se fuma Nel primo step è previsto di chiedere a tutti i soggetti che si presentano in am- bulatorio, indipendentemente dall’età e dal motivo della visita, se sono fumatori registrandone la condizione (Sì, No, Ex) tra i dati paziente. In particolare ai fuma- tori e a coloro che hanno smesso da meno di 1 anno la domanda andrebbe posta a ogni visita. Nei fumatori, un approfondimento utile per testare il grado di dipendenza da nicotina (lieve, media, forte, molto forte) prevede la somministrazione del test di Fagerström, intervista strutturata di 6 domande di semplice interpretazione (Figura 5)6. 5 Figura . Domande Risposte Punti Test di Fagerström 1. Dopo quanto tempo dal risveglio Entro 5 minuti 3 per rilevare il grado accende la prima sigaretta? Entro 6-30 minuti 2 di dipendenza dalla nicotina. Entro 31-60 minuti 1 Dopo 60 minuti 0 2. Fa fatica a non fumare in luoghi in cui Sì 1 è proibito (cinema, chiesa, mezzi pubblici, etc.)? No 0 3. A quale sigaretta le costa di più rinunciare? La prima del mattino 1 Tutte le altre 0 4. Quante sigarette fuma al giorno? 10 o meno 0 11-20 1 21-30 2 31 o più 3 5. Fuma più frequentemente durante la prima ora Sì 1 dal risveglio che durante il resto del giorno? No 0 6. Fuma anche quando è cosi malato Sì 1 da passare a letto la maggior parte del giorno? No 0 Un punteggio da 0 a 2 indica lieve dipendenza, 3 o 4 media dipendenza, 5 o 6 forte dipendenza, da 7 a 10 dipendenza molto forte 3.1.2 Advice: raccomandare di smettere La base della comunicazione per questo secondo step è la motivazione. L’ap- proccio, quindi deve mettere in evidenza gli aspetti positivi piuttosto che quelli negativi o colpevolizzanti sottolineando il vantaggio rappresentato dall’uscire da uno stato di dipendenza (la rinuncia al fumo non fa perdere qualcosa ma fa acqui- stare libertà). In questa fase andrà posto maggior impegno in termini temporali in quei sog- getti in cui il fumo ha già compromesso significativamente lo stato di salute (es. cardiopatici, bronchitici cronici) o in cui sono associati altri fattori di rischio (es. ipertensione, diabete, dislipidemia, ecc.)6. L’advice deve seguire tre fasi sequenziali: 1. stabilire un’alleanza con il paziente; 2. discutere gli aspetti di prevenzione delle malattie legate al fumo; 3. illustrare i vantaggi addizionali (estetici, economici, affettivi)6. 14
3.1.3 Assess: identificare i fumatori motivati a smettere Una volta accertato che il soggetto è motivato a smettere, andranno forniti subito i consigli comportamentali utili; andrà anche fissato un appuntamento a breve ter- mine (entro due settimane) specifico per il percorso di disassuefazione (Assist)6. 3.1.4 Assist: aiutare a smettere In questa fase viene concordata una strategia per smettere di fumare in termini temporali (possibilmente entro 2 settimane). Il medico, che può far sottoscrivere l’impegno al paziente per dare maggior forza persuasiva all’atto, dovrà insegnare a riconoscere e a dominare i sintomi da astinenza e il craving (desiderio impellen- te di fumare) e prescrivere il supporto farmacologico facilitante la disassuefazio- ne. Nei casi in cui sia indicato un intervento più intenso (forti fumatori con elevato grado di dipendenza da nicotina) è proponibile anche la terapia cognitivo-compor- tamentale o il counselling professionale individuale6. 3.1.5 Arrange: pianificare il follow-up Stante l’elevato tasso di ricadute che caratterizza il percorso della disassuefazio- ne, il follow-up ha importanza primaria nella definizione del successo clinico. I contatti con il paziente andrebbero presi entro la prima settimana dalla data con- cordata per la cessazione, possibilmente il giorno stesso, quindi entro la scaden- za del primo mese, e, infine, a intervalli regolari fino a un anno dalla cessazione. Durante questi contatti, anche solo telefonici, si dovranno richiedere informa- zioni sulla situazione, e si dovranno fare i complimenti per i risultati ottenuti. Verranno rafforzate le positività associate alla cessazione del fumo (migliorata capacità respiratoria, miglior tolleranza allo sforzo, riduzione della tosse, ecc.) e si valuterà l’adesione del paziente alla terapia farmacologica e/o comportamen- tale prescritta6. Gestione delle ricadute In caso di ricadute, è fondamentale sia il valutare la disponibilità del soggetto a intraprendere un altro tentativo di smettere sia lo stimolare l’adozione di tale comportamento6. L’abitudine al fumo è una malattia cronica, e la sua storia naturale prevede periodi di remissione e possibili recidive. La recidiva, quindi, non va intesa né vissuta come un fallimento (del medico o del paziente) e va invece trattata, come tutte le riacutizzazioni, con una terapia maggiormente intensa. Sul piano psicologico, il medico fornirà sostegno e incoraggiamento, evitando di colpevolizzare il soggetto. Con il paziente cercherà di individuare le cause responsabili del fallimento: stress, aumento di peso, ansia, depressione, riduzione della motivazione, fattori sociali. Per continuare a mantenere elevato il livello di motivazione andranno sottolineati i successi parziali ottenuti e sarà spiegato come ogni tentativo, conferendo nuove esperienze e conoscenze, avvicini al successo. In ogni caso, se il grado di priorità della disassuefazione è elevato, se il soggetto è motivato o se il medico ne ravvisi la necessità, è possibile indirizzare il soggetto verso un centro specializzato6. 15
4. dipendenza dAl fumo di tabacco Anche se molti soggetti dediti al fumo di tabacco desiderano poter smettere di fumare, (oltre il 40% dei fumatori dichiara di aver tentato di smettere una o più volte) solo percentuali molto basse, senza alcun aiuto esterno, raggiungono l’obiettivo, il 3% circa; anche con il ricorso a supporti terapeutici specifici, (farma- cologici e/o comportamentali) si raggiunge il successo, a un follow-up temporale di 6 mesi, solo nel 14-49% dei casi8,9. Alla base dei dati su esposti vi è il meccanismo della dipendenza, fenomeno che vede la nicotina quale maggiore, anche se non unico, responsabile. Infatti, oltre agli effetti neurobiologici esercitati dalla nicotina e alla crisi di astinenza associata alla sua sospensione, vengono invocati fenomeni psicologici (aspettativa di azioni piacevoli a ogni boccata), comportamentali (ruoli sociali, modelli comportamentali) e sociali (gruppo) che condizionano l’abitudine al fumo10. Secondo l’OMS, in accordo con molte altre istituzioni scientifiche internazionali, la dipendenza da nicotina viene definita in base a tre criteri: 1. tentativo fallito di smettere di fumare; 2. difficoltà nel controllare l’uso di tabacco; 3. comparsa di sintomi d’astinenza alla sospensione11. I sintomi d’astinenza comprendono umore depresso, insonnia, irritabilità, ansia, dif- ficoltà di concentrazione, irrequietezza, aumento dell’appetito e craving (desiderio impellente di fumare). 4.1 LA GRATIFICAZIONE DERIVANTE DAL FUMO Il fumo di tabacco determina modifiche dell’umore, dell’attenzione e dell’emo- tività. A una riduzione dell’ansia e della tensione si associa un miglioramento percepito del senso di energia e vigore, dello stato di allerta e di attenzione, della capacità di concentrazione e dell’attività psicomotoria. Si riduce anche il senso di fame. Pertanto l’associazione tra la rimozione di uno stato di malessere e il raf- forzamento di uno stato di benessere divengono il rinforzo comportamentale alla base del comportamento compulsivo dell’atto di fumare10. Alla base di questi effetti vi è la nicotina, alcaloide contenuto nel tabacco (Figura 6) che, per caratteristiche intrinseche unite all’assunzione per via inalatoria, raggiunge le aree cerebrali pochi secondi dopo l’aspirazione, creando contingenza tra l’atto (la boccata di fumo) e l’effetto (piacere), elemento fondamentale per lo stabilirsi di un comportamento compulsivo d’abuso9,10. 6 Figura . Tavola botanica della pianta del tabacco (Nicotiana tabacum) e formula di struttura del principale alcaloide del tabacco, la nicotina o 3-[2-(N-metil- pirrolidinil) piridina]. N CH3 N 17
4. dipendenza dAl fumo di tabacco 4.2 I RECETTORI NEURONALI PER LA NICOTINA La nicotina esercita i propri effetti legandosi a un sottotipo di recettori colinergici, i recettori nicotinici, espressi in numerose regioni del sistema nervoso centrale e periferico. La loro stimolazione a opera del neurotrasmettitore endogeno acetilco- lina o dell’agonista nicotina influenza numerose funzioni psico-fisiologiche9-12. I recettori nicotinici sono costituiti da cinque subunità polipeptidiche che delimitano un canale ionico (per i cationi Na+, K+ e Ca++). A oggi sono stati identificati 17 geni che codificano per altrettante subunità polipeptidiche (α1-α10; β1-β4; γ; δ; ε)1,9. Il recettore nicotinico cerebrale costituito da due subunità α4 e tre subunità β2 (recettore nicotinico α4β2) rappresenta un sito di legame ad alta affinità per i coli- nomimetici (Figura 7). Recettore nicotinico a4b2 7 Figura . Canale ionico Struttura del recettore colinergico nicotinico α4β211. b2 a4 b2 b2 a4 Membrana cellulare L’associazione tra questo tipo di recettore e la dipendenza da nicotina è stata dimostrata sperimentalmente. La deprivazione delle subunità β2 determina la scomparsa della dipendenza da nicotina mentre la stimolazione delle subunità α4 rafforza la dipendenza stessa11. Il recettore α4β2, inoltre, è altamente sensibile alla stimolazione nicotinica in quanto il 50% della sua attivazione massimale (EC50) si ottiene con dosi molto modeste dell’alcaloide (0,1-1,0 μmol)11. Il recettore nicotinico può trovarsi in stato di riposo (canale ionico chiuso); il lega- me con un agonista (acetilcolina o nicotina) ne determina l’attivazione: per qual- che millisecondo il canale si apre e consente l’ingresso nel neurone di ioni so- dio, potassio e calcio che, localmente, producono depolarizzazione. Dopo questo evento il recettore entra nella fase di desensibilizzazione; il canale ionico è chiuso ma il recettore è refrattario all’azione dell’agonista9-11. 4.3 STIMOLAZIONE NICOTINICA DEI RECETTORI α β E DIPENDENZA 4 2 Una concentrazione particolarmente elevata di recettori nicotinici α4β2 è presente a livello dell’area ventrale-tegmentale (VTA) sulla membrana cellulare di neuroni dopaminergici che proiettano al nucleus accumbens (circuito del piacere) e alla 18 corteccia prefrontale.
Quando la nicotina stimola i recettori colinergici α4β2 a livello di VTA, si determi- na liberazione di dopamina a valle con conseguente innesto dei fenomeni neu- ropsicologici di tipo edonistico e di benessere che sostengono la dipendenza (Figura 8). Corteccia Stimolo nicotinico recettori a4b2 8 Figura . prefrontale Diagramma semplificato dell’encefalo con indicazione dei siti anatomici VTA (area ventrale-tegmentale), Rilascio di nucleus accumbens dopamina e corteccia prefrontale ed effetti della stimolazione nicotinica dei recettori α4β211. Nucleus accumbens Area ventrale- tegmentale (VTA) L’aumento locale di dopamina, infatti, è correlato a un effetto euforizzante e a una sensazione di piacere; ciò determina l’instaurarsi del rinforzo comportamentale, quel meccanismo che induce l’uomo e gli animali da esperimento ad autosommi- nistrarsi le sostanze d’abuso9,10. Se quanto fin qui descritto è valido per la somministrazione in acuto di nicotina, con la somministrazione in cronico vi sono altre variabili da considerare. La continua assunzione di nicotina determina dapprima desensibilizzazione re- cettoriale e quindi sviluppo di tolleranza; tuttavia la desensibilizzazione determina un aumento della densità recettoriale a livello di VTA. Allorché nel fumatore che si trova in una condizione di iperespressione recettoriale vengono a ridursi le quantità di nicotina a livello cerebrale, i recettori espressi a livello di membrana escono dallo stato desensibilizzato con conseguente ipereccitabilità dei processi colinergici controllati dai recettori nicotinici. Questa ipereccitabilità potrebbe spie- gare il nervosismo e la tensione che spingono il fumatore a consumare l’ulteriore sigaretta (craving)9,10,13. Studi recenti sulla dipendenza sono in corso per evidenziare la possibilità che altre componenti del fumo di tabacco, diverse dalla nicotina, siano coinvolte nell’abitu- dine al fumo8,14. Questo indica la complessità del fenomeno della dipendenza da nicotina che si dovrebbe più propriamente definire “dipendenza da tabacco”. È ormai noto che il tabacco contiene inibitori reversibili e irreversibili delle MAO, enzimi responsabili della metabolizzazione della dopamina, che contribuiscono così, sinergicamente con la nicotina, ad aumentare le concentrazioni di dopamina cerebrale14. 19
5. terapia Per curare la dipendenza e giungere quindi all’obbiettivo di abolire l’abitudine al fumo, è necessario un intervento medico ben strutturato, al pari di ogni altra patologia. Data la cronicità della dipendenza da fumo di sigaretta e la tendenza alla recidiva, spesso l’intervento medico necessita di essere ripetuto più volte, con intensità crescente. I cardini della terapia per la disassuefazione dal fumo poggiano su interventi non farmacologici e farmacologici. In alcuni casi il fumatore decide di smettere da solo, senza ricorrere all’assistenza del medico. Il tasso di successo in questi casi è molto basso in quanto il percorso è minato da una serie di problemi che potrebbero indurre il fumatore a riprendere a fumare. Innanzitutto, poche ore dopo l’ultima sigaretta iniziano a manifestarsi i sintomi da sospensione che raggiungono la massima intensità nella prima settimana. La maggior parte dei sintomi affettivi tende a regredire e a risolversi entro 3-4 settimane, ma l’aumento dell’appetito con conseguente incremento ponderale persiste per molti mesi. Altro aspetto che persiste per molti mesi e che si manifesta in forme di intensità elevata è il craving. Tale fenomeno decreta spesso il fallimento della disassuefa- zione con recidiva. 5.1 TERAPIE NON FARMACOLOGICHE Il ruolo del Medico è fondamentale nella identificazione del fumatore, nella sua valu- tazione, nel follow-up e nell’eventuale invio a un centro specializzato per la disassue- fazione dal fumo. Studi randomizzati hanno dimostrato che il Medico è in grado, con il semplice consiglio professionale, di avere un impatto positivo sul comportamento del fumatore aumentando in questo modo il tasso di risposta. La meta-analisi di 16 studi controllati ha evidenziato come tale supporto psico-comportamentale sia in gra- do di aumentare del 2,5%, rispetto ai trattamenti standard, il tasso di risposta, Se tale approccio di minima viene rafforzato da un aumento della frequenza del consiglio medico con visite di follow-up il tasso di risposta tende ad aumentare ancora15. Trattamenti non farmacologici più strutturati prevedono il ricorso a terapia cognitivo- comportamentale o a counselling professionale individuale. Gli interventi maggiormente efficaci si sono dimostrati quelli in grado di: 1. fornire indicazioni pratiche di comportamento per risolvere problemi e gestire situazioni di difficoltà; 2. fornire supporto sociale come parte del trattamento; 3. aiutare a ottenere supporto sociale al di fuori del trattamento6,15. Nella terapia di gruppo, alle strategie comportamentali si aggiunge la condivisione dei problemi e delle motivazioni con altri fumatori. Inoltre, la presenza di ex fuma- tori può fornire un rinforzo positivo6. Tali trattamenti condotti da psicologi, da medici o da altri operatori sanitari ap- positamente formati, vengono solitamente realizzati presso centri specializzati (centri anti-fumo)15. 5.2 TERAPIE FARMACOLOGICHE Il supporto farmacologico alla cessazione del fumo sta acquisendo sempre mag- giore importanza. L’obiettivo della terapia è quello di controllare i segni e i sintomi dell’astinenza da nicotina facilitando così il raggiungimento della disassuefazione. La terapia farmacologica si basa sulla terapia sostitutiva con nicotina (NRT), sul- l’uso di bupropione, un farmaco ad attività antidepressiva in grado di controllare anche i sintomi di astinenza e, infine, sull’uso di vareniclina, un principio attivo specifico in grado di agire sui recettori nicotinici α4β215-18. 21
5. terapia 5.2.1 Terapia sostitutiva con nicotina La terapia sostitutiva con nicotina (NRT: Nicotine Replacement Therapy) riduce i sintomi di astinenza fornendo, attraverso una via di somministrazione alternativa, la quantità di nicotina assunta fumando abitualmente le sigarette6,15-18. Inoltre è in grado di “gratificare” il soggetto sostenendo gli stessi effetti piacevoli sull’umore e sull’attenzione ricercati nel fumo di sigaretta, anche se con nessuna delle formulazioni attualmente disponibili si raggiungono i livelli di nicotina che si ottengono fumando18. Durante la fase di NRT il soggetto dovrà mettere in atto strategie per gestire sia gli aspetti comportamentali sia le componenti psicologiche legati al fumo15. I prodotti per attuare la NRT sono concedibili senza obbligo di prescrizione medica; quando consigliati verbalmente e gestiti interamente dal paziente determinano tas- si di successo inferiori rispetto alla gestione medica (prescrizione su ricettario con indicazione di dosi, via e tempi di somministrazione)6. In base alla cinetica di rilascio (Figura 9) le varie formulazioni presentano funzioni d’uso diversificate con somministrazione al bisogno o, in alternativa, continuativa per una terapia di fondo15. 9 Figura . Concentrazioni plasmatiche 25 di nicotina raggiunte con Concentrazioni plasmatiche di nicotina (ng/ml) sigarette o con formulazioni diverse di nicotina15. 20 Sigarette 15 Spray nasale 10 5 Gomme, inalatori, compresse Cerotto 0 0 10 20 30 40 50 60 Tempo (minuti) La condizione ideale per smettere di fumare è di assumere la terapia sostitutiva e non fumare; è possibile, tuttavia, la sospensione graduale che viene effettuata sostituendo nell’arco della giornata una o più sigarette con le formulazioni di nico- tina a rilascio immediato (compresse, gomme, inalatori) fino a giungere, nei tempi pianificati, alla cessazione completa6. Le forme a rilascio prolungato (cerotto transdermico), invece, sono indicate per una terapia sostitutiva di fondo con abolizione completa delle sigarette6,15-18. La durata media del trattamento è di circa 3 mesi. Negli studi clinici, il tasso di cessazione dell’abitudine al fumo con NRT risultava 1,5-3 volte maggiore rispetto al placebo; una meta-analisi di 123 studi di confronto tra NRT e placebo o nessun trattamento ha quantificato in un 7% l’incremento di effetto attribuibile a NRT15. 22 I principali effetti collaterali della NRT sono l’irritazione e il bruciore delle mucose
orali ed esofagee (preparati per os e inhaler) o delle alte vie respiratorie (inhaler). I cerotti transdermici possono dare irritazione cutanea al sito di applicazione; nei forti fumatori l’applicazione del cerotto per 16 ore può non coprire da crisi di asti- nenza al mattino. I cerotti da usare per 24 ore possono dare insonnia16. Tuttavia, è difficile raggiungere i livelli di nicotina adeguati per ogni singolo paziente e talvolta si possono quindi raggiungere livelli di nicotina che determinano uno stato di tossicità acuta (dolori addominali, vertigini, cefalea, vomito, sincopi)18. Inoltre, con la NRT vengono attivati anche i recettori nicotinici periferici che contri- buiscono all’insorgenza di effetti collaterali quali la nausea e la tachicardia19. 5.2.2 Bupropione Il bupropione, farmaco sviluppato ed entrato nell’uso clinico come antidepres- sivo, ha dimostrato in seguito di agire anche sul meccanismo biochimico della dipendenza da nicotina, che si traduce, in pratica, sia in una riduzione dei sintomi dovuti alla sindrome da astinenza sia in una attenuazione del craving6,15. Il bupropione è un inibitore selettivo del reuptake delle catecolamine (noradrenalina e dopamina); l’azione utile per la disassuefazione dal fumo, anche se non ancora provata, sarebbe dovuta alla riduzione del reuptake della dopamina a livello meso- limbico e al ridotto reuptake di noradrenalina a livello del locus coeruleus15,18. Il farmaco, utilizzato per molti anni come antidepressivo, si è dimostrato attivo nella cessazione del fumo in soggetti fumatori non depressi e con differente gra- do di dipendenza dalla nicotina. Il livello di efficacia attribuibile a questo trattamento, rispetto a NRT o placebo, è del 10% e del 13,2% rispettivamente15. Il bupropione, farmaco di prescrizione medica, è controindicato nei soggetti con epilessia o con anamnesi positiva per convulsioni16-17. Altri disturbi psichiatrici che ne controindicano l’uso sono la bulimia, l’anoressia nervosa, così come un pregres- so trauma cranico e la terapia con MAO inibitori17. I principali effetti collaterali sono l’insonnia, la secchezza delle fauci, la cefalea, i tremori, la nausea e l’ansia17. Cautela va utilizzata nei soggetti anziani, epatopatici e nefropatici, nei quali può essere necessario ridurre il dosaggio6. 5.2.3 Altre terapie Nortriptilina La nortriptilina appartiene alla classe degli antidepressivi triciclici; inibisce il reup- take della noradrenalina e della serotonina. Si presume che agisca attraverso il suo meccanismo noradrenergico per ridurre i sintomi di astinenza, inoltre ha un effetto ansiolitico. La nortriptilina ha però molteplici effetti collaterali, soprattut- to a livello cardiovascolare, e deve quindi essere somministrata con cautela nei soggetti con patologie cardiache e inoltre con patologie epatiche, epilessia e psi- cosi. La nortriptilina, pur avendo dati di trial clinici per la cessazione del fumo, è attualmente consigliata come terapia di seconda linea, comunque non è stata approvata dalla FDA per tale indicazione18,20. Clonidina La clonidina è un alfa 2 agonista noradrenergico che riduce il rilascio di dopamina. Generalmente usata nel trattamento dell’ipertensione, ma anche per la dipen- denza da oppioidi e alcol, nel tabagismo migliora i sintomi di astinenza. Anche la clonidina possiede dati per la cessazione del fumo, ma gli eventi avversi quali l’ipotensione ortostatica, la depressione e le vertigini limitano il suo uso18,20. Vaccini nicotinici Determinano la formazione di anticorpi contro la nicotina, prevenendone quindi la 23 penetrazione cerebrale. La nicotina plasmatica, in realtà, risulta diminuita più che
5. terapia completamente eliminata, pertanto i vaccini nicotinici potrebbero essere più utili nel trattamento delle ricadute. Gli studi nell’uomo hanno evidenziato un’ampia variabilità interindividuale: la risposta immunologica risulta infatti molto diversa nei soggetti studiati18. 5.2.4 Problemi aperti nella farmacoterapia della disassuefazione dal fumo Per trattare la dipendenza da tabacco, una patologia medica cronica e ricorrente ad alta prevalenza e associata a livelli elevati di morbilità e mortalità, è necessa- rio uno sforzo aggressivo in quanto l’obiettivo è quello di conservare lo stato di salute15. Allo stato attuale è possibile affermare che il tasso di successo nella disassuefazio- ne dal fumo ottenibile con il solo trattamento non farmacologico è basso e che l’as- sociazione con terapia farmacologica migliora i risultati anche se, nel lungo periodo, restano ancora relativamente esigui i tassi di successo (Figura 10)17. Figura 10 . 100 Tasso di risposta a 6 mesi per le diverse opzioni farmacologiche e non 80 farmacologiche applicabili nella disassuefazione Percentuale pazienti dal fumo17. 60 40 20 0 e o o tto y i he e e on ic ra m on c ut ni ng ro dv sp i m ai az i fo op ce o- sa go a al RT le pr t al lo RT in au te RT N im Bu RT RT N ng di N in N N lli le M se ia er un at Co M Valore minimo o medio Valore massimo È sentita l’esigenza, pertanto, di nuove strategie di intervento, basate anche su farmaci di concezione più moderna e dotati di un più elevato profilo di efficacia15. Ottenere il successo nel far smettere di fumare un soggetto ha un significato in termini sanitari e sociali di grandissimo rilievo in quanto vede il bilancio beneficio/ rischio/costo modificarsi in poco tempo verso la positività. 24
6. VARENICLINA. PROFILO FARMACOLOGICO E CLINICO Lo smettere di fumare determina benefici considerevoli sullo stato di salute in- dipendentemente dall’età e dal sesso. Tuttavia, una volta raggiunto l’obbiettivo, risulta piuttosto comune la ricaduta nell’abitudine al fumo11. La stimolazione dei recettori nicotinici cerebrali, infatti, particolarmente gli α4β2 a livello dell’area ventrale-tegmentale anteriore determina il rilascio di dopamina nel sistema mesolimbico con effetti globali di appagamento e gratificazione cui è difficile rinunciare. La sospensione del fumo, inoltre, provocando sintomatologia d’astinenza e craving, è un forte segnale a favore della ripresa all’uso di nicotina11. A un anno dalla sospensione del fumo ottenuta con l’impiego di svariate opzioni terapeutiche (NRT, bupropione, nortriptilina, clonidina), opzioni che di per sé danno tassi di successo abbastanza contenuti, circa l’80% dei casi riprende a fumare11. Vareniclina, farmaco appositamente sviluppato per la disassuefazione dal fumo di sigaretta, apre un nuovo capitolo nella terapia della dipendenza da nicotina modi- ficando in modo sensibile sia il tasso di successo raggiungibile in corso di terapia, sia il tasso di ricadute successive al trattamento1. 6.1 CHIMICA Vareniclina, nella forma salificata (tartrato) rappresenta il principio attivo della spe- cialità farmaceutica Champix® (Pfizer)21. La sua sintesi è da inserire all’interno di un progetto di ricerca volto ad approfondi- re le caratteristiche del composto naturale (-) citisina, alcaloide contenuto in varie piante della famiglia delle leguminose, dotato di attività agonista parziale a livello dei recettori nicotinici α4β2, ma di rischioso uso clinico dato l’alto livello di tossicità intrinseca (Figura 11)22,23. H H2 N + N Figura 11 . Formula di struttura dell’alcaloide naturale (-) citisina e di vareniclina22. N O N N (-) citisina vareniclina* * in forma di tartrato nella specialità Champix® Vareniclina è definita chimicamente 7,8,9,10-tetraidro-6,10-metano-6H-pirazi- no[2,3-h][3]benzazepina. Si presenta sotto forma di polvere bianco-giallastra for- temente solubile in acqua. Il peso molecolare è di 361,35 Dalton e la formula bruta C13H13N3•C4H6O624. 25
6. VARENICLINA. PROFILO FARMACOLOGICO E CLINICO 6.2 MECCANISMO D’AZIONE Vareniclina è un agonista parziale del recettore nicotinico dell’acetilcolina α4β21,22,23. Si definisce agonista parziale quella sostanza che, in funzione delle concentrazio- ni di neurotrasmettitore endogeno, è in grado di comportarsi sia come agonista (mimando l’azione del neurotrasmettitore naturale) sia come antagonista (annul- lando l’azione del neurotrasmettitore naturale). Inoltre, l’azione agonista di un agonista parziale si caratterizza per un effetto ceiling (limitato) conferendo margi- ni di tollerabilità e sicurezza vantaggiosi in ambito clinico25. 6.2.1 Affinità e selettività per i recettori nicotinici centrali α4β2 Gli studi di legame in vitro su preparati animali hanno dimostrato che varenicli- na possiede la maggiore affinità di legame per i recettori nicotinici α4β2; inferiore (almeno di 3 ordini di grandezza) è risultata essere l’affinità per altri sottotipi re- cettoriali nicotinici. A fronte di valori di affinità (Ki) pari a 0,06 nmol/l, vareniclina possiede Ki di 240, 322 e 3.540 e nmol/l rispettivamente per i sottotipi recettoriali α3β4, α7 e α1βγδ. L’affinità relativa, pertanto, risulta essere da 4.000 a 60.000 volte maggiore per il recettore α4β2 rispetto agli altri sottotipi recettoriali. (Tabella I)1,26. I Tabella . Sottotipo recettoriale Ki Affinità relativa Affinità per sottotipi nicotinico centrale (nmol/l) [Kirif./Kia4b2] recettoriali nicotinici di vareniclina; studi in vitro a4b2 0,06 1 su recettori animali1. a3b4 240 4.000 a7 322 >5.000 a1bgd 3.540 59.000 I dati su materiale di origine animale sono stati confermati con studi successivi in recettori cerebrali e in recettori clonati umani. I valori di Ki per il sottotipo recetto- riale α4β2 umano sono risultati pari a 0,11-0,17 nmol/l26. L’affinità di vareniclina per i recettori α4β2 umani è di circa 20 volte maggiore ri- spetto a quella della nicotina; per quest’ultima, infatti, il valore corrispondente di Ki è di 2,1 nmol/l26. Ciò sta a significare che la contemporanea presenza delle due molecole a livello recettoriale a pari concentrazione vedrà formarsi preferenzial- mente il legame vareniclina-recettore rispetto a quello nicotina-recettore. Vareniclina, inoltre, è selettiva per il recettore nicotinico α4β2: infatti, si lega con affinità molto bassa (Ki>350 nmol/l) ai recettori non nicotinici, ai canali ionici, ai siti modulatori di legame e ai sistemi di trasporto transmembrana26. 6.2.2 Agonismo parziale per i recettori nicotinici α4β2: evidenze sperimentali Con l’utilizzo di test elettrofisiologici con recettori α4β2 umani espressi su ovociti di Xenopus, si è dimostrato sia l’agonismo di vareniclina, sia l’antagonismo verso la risposta indotta da nicotina. L’interazione della nicotina (10 μmol/l) con il recettore α4β2 determina una risposta biologica (depolarizzazione di membrana) di una certa entità, cui viene attribuito arbitrariamente il valore del 100%; vareniclina a dosi equivalenti determina una risposta di ampiezza minore; vareniclina, pertanto, possiede il 68% dell’attività 26 agonista della nicotina (effetto ceiling) (Figura 12)1,26,27.
Farmaco Figura12 . 0,1 µM Attività agonista parziale di vareniclina rispetto 0,3 µM a nicotina26. 1 µM 10 µM D: 68% 10 µM 200 pA Vareniclina Nicotina 1S In presenza di nicotina (10 μmol/l) vareniclina, possedendo una affinità recettoriale maggiore, esercita attività antagonista. Pertanto la risposta biologica attesa sarà quel- la di una riduzione della depolarizzazione indotta dalla nicotina. Tale riduzione è del 34% quando le due molecole sono usate a pari concentrazione (Figura 13)1,26,27. Vareniclina 10 µM nicotina Figura13 . Attività antagonista di vareniclina rispetto a nicotina26. 10 µM 1 µM D: 34% 0,1 µM 0 µM 200 pA Vareniclina 5S Sulla base di queste evidenze sperimentali è possibile ipotizzare che vareniclina, in quanto agonista parziale del recettore α4β2, determini un rilascio di dopamina ridotto rispetto alla nicotina, effetto utilizzabile in clinica per il controllo dei sintomi da sospensione e del craving. 27
6. VARENICLINA. PROFILO FARMACOLOGICO E CLINICO L’ipotesi farmacologica è stata confermata con studi specifici. Con modelli sperimentali ex vivo, in cui venivano utilizzati preparati di neuroni stria- tali dopaminergici, si è valutato il rilascio di dopamina a seguito di stimolazione con nicotina (10 μmol) o con dosi scalari di vareniclina; già concentrazioni pari a 0,03 μmol esercitavano un significativo effetto inibitorio sul rilascio di dopamina (≈20%), con effetto massimale (>50%) alla concentrazione di 1 μmol (Figura 14)26. Figura 14 . 120 Rilascio di dopamina marcata **p
200 Figura 15 . Turnover di dopamina a livello ** del nucleus accumbens *p
6. VARENICLINA. PROFILO FARMACOLOGICO E CLINICO 6.2.3 Effetti sulla dipendenza da nicotina Studi di farmacologia comportamentale hanno dimostrato che vareniclina è in gra- do di modificare i comportamenti che caratterizzano la dipendenza da nicotina. Nel modello di autosomministrazione di nicotina, modello per il quale è stata dimostrata la predittività nei confronti della dipendenza da tabacco, il pretratta- mento con vareniclina ha determinato una riduzione del 50% della nicotina che gli animali si autosomministravano26. Per contro, è stata indagata anche l’ipotesi che vareniclina, in quanto agonista parziale, possa dare dipendenza. Animali addestrati ad autosomministrarsi nicoti- na presentano, nel tempo, un rinforzo del comportamento; se invece l’addestra- mento prevede che l’animale si autosomministri vareniclina, non si registra alcun rinforzo, confermando la regola farmacologica che un agonista parziale determina un potenziale di abuso significativamente inferiore rispetto all’agonista puro26. 6.3 PARAMETRI FARMACOCINETICI All’interno dei dosaggi raccomandati per l’uso clinico, vareniclina presenta una farmacocinetica lineare, sia dopo somministrazione singola sia durante tratta- mento continuativo. Inoltre, la farmacocinetica di vareniclina non presenta differenze correlate al ge- nere o all’appartenenza a gruppi razziali diversi1,21,24. 6.3.1 Assorbimento e distribuzione Dopo somministrazione orale, vareniclina è assorbita in modo pressoché com- pleto; il tempo per raggiungere la concentrazione plasmatica massima del prin- cipio attivo (Tmax) è di circa 3-4 ore21,24. Si raggiungono livelli ematici (Cmax) di 4,8 e di 6,2 ng/ml, rispettivamente, in adulti fumatori e non fumatori, a seguito della somministrazione orale di una singola dose di 1 mg28. Con la somministrazione continuativa del farmaco, si ottengono concentrazioni plasmatiche stabili (steady state) entro il 4° giorno1,21,24. L’area sottesa alla curva delle concentrazioni plasmatiche nel tempo (AUC0∞) ha un valore di 140 ng•h/ml nei fumatori e di 102 ng•h/ml nei non fumatori1,28. La biodisponibilità dopo somministrazione orale è elevata e non viene infuenzata né dal cibo né dall’orario di assunzione della compressa (Figura 17)21,24,28. Vareniclina si distribuisce a tutti i tessuti, cervello compreso, in quanto supera la barriera ematoencefalica. Il volume apparente di distribuzione (Vd), allo steady state, ha un valore medio di 415 l. Il legame con le proteine plasmatiche è basso, inferiore al 20% ed è indipenden- te dall’età e dalla funzionalità renale. Gli studi di distribuzione tessutale condotti nell’animale hanno evidenziato la presenza del farmaco a livello placentare/fetale e nel latte materno21. 6.3.2 Metabolismo ed eliminazione Vareniclina viene eliminata principalmente in forma immodificata attraverso l’emuntorio renale (92%). Una quota minore di principio attivo subisce metabo- lismo ossidativo e di coniugazione con formazione di un idrossi-derivato e di un N-carbamoil glucuronide-derivato, escreti anch’essi principalmente per via urina- ria1,21,24,29. L’eliminazione renale avviene principalmente attraverso filtrazione glomerulare ed escrezione tubulare attiva mediante il trasportatore cationico organico OCT221,24. Solo quote marginali (0,9%) di radioattività si rinvengono nelle feci dopo sommi- nistrazione di vareniclina marcata1,29. 30
15 Figura17 . Concentrazioni plasmatiche Concentrazione plasmatica di vareniclina (ng/ml) 1 mg, non fumatori, a stomaco pieno medie di vareniclina 1 mg, non fumatori, a digiuno nel tempo somministrata 3 mg, fumatori, a stomaco pieno 3 mg, fumatori, a digiuno in condizioni sperimentali 3 mg, fumatori (astensione), a stomaco pieno diverse a 4 fumatori 10 e a 4 non fumatori28. 5 0 0 24 48 72 96 120 Ore dalla somministrazione Vareniclina non ha effetti sulle proprietà metabolizzanti epatiche; infatti non ini- bisce il citocromo p450 (isoenzimi testati: CYP1A2, CYP2A6, CYP2B6, CYP2C8, CYP2C9, CYP2C19, CYP2D6, CYP2E1, CYP3A4/5) né lo induce (CYP3A4, CYP1A2)1,21. A seguito di singola somministrazione orale di 1 mg, vareniclina presenta una emivita di eliminazione terminale di 20,2 ore nei fumatori e di 13,6 ore nei non fumatori1. L’emivita di eliminazione (T1/2) di vareniclina è di circa 24 ore (Tabella II)21. Parametri farmacocinetici Fumatori Non fumatori II Tabella . Principali parametri Assorbimento Completo farmacocinetici di vareniclina somministrata per via orale, Tmax 3-4 ore nell’adulto1,21,24. Cmax (1 mg os) 4,8 ng/ml 6,2 ng/ml T1/2 ≈24 ore Steady state 4 giorni AUC0∞ 140 ng•h/ml 102 ng•h/ml Vd (medio) 415 l Legame sieroproteico 20% Metabolismo Ossidazione-coniugazione: 90% 31
6. VARENICLINA. PROFILO FARMACOLOGICO E CLINICO 6.3.3 Farmacocinetica in popolazioni particolari di pazienti Anziani La farmacocinetica di vareniclina nei soggetti anziani (età compresa tra 65 e 75 anni; media: 69,4 anni) in cui non vi siano compromissioni della funzionalità renale risulta sovrapponibile a quella dei soggetti giovani a seguito della somministrazio- ne di 1 mg di farmaco due volte al giorno per 7 giorni. Pertanto, in questi soggetti, non è necessario modificare il dosaggio1,21,24,30. Adolescenti Anche se sono disponibili dati di farmacocinetica in adolescenti (12-17 anni), l’uso terapeutico di vareniclina è riservato ai soli adulti (età ≥18 anni)21. In questi soggetti, i parametri più rilevanti sono un aumento della concentrazione plasmatica massima (Cmax) del 30% circa e un maggiore tasso di eliminazione (T1/2 di 10,9 ore)21. Epatopatici Vareniclina non presenta un metabolismo epatico significativo, pertanto è presu- mibile che nel paziente con alterata funzionalità epatica non si verifichino modifi- cazioni del profilo farmacocinetico21. Nefropatici La via renale rappresenta l’emuntorio elettivo per l’eliminazione di vareniclina. In caso di lieve alterazione della funzione renale (clearance della creatinina compre- sa tra 50 e 80 ml/min), la farmacocinetica di vareniclina resta inalterata e pertanto non sono necessari adeguamenti posologici. Con alterazione moderata (clearance della creatinina compresa tra 30 e 50 ml/ min) l’esposizione al farmaco (AUC) risulta aumentata di 1,5 volte; in questi casi è possibile ridurre il dosaggio terapeutico a 1 mg/die. Una grave insufficienza renale (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min) determina un aumento di esposizione al farmaco di 2,1 volte con necessità di ridurre la posologia (0,5 mg/die nei primi 3 giorni seguiti da 1 mg/die)21,24. 6.3.4 Potenziali interazioni farmacologiche Bupropione e terapia sostitutiva nicotinica (NRT) In 46 fumatori, vareniclina, somministrata al dosaggio di 1 mg bid, non ha alterato i parametri farmacocinetici di bupropione 150 mg bid (allo steady state)21,24. Non si sono evidenziate alterazioni farmacocinetiche nemmeno con la sommini- strazione combinata di vareniclina (1 mg bid) e nicotina (transdermica: 21 mg/die) anche se, dopo 12 giorni di terapia, la pressione arteriosa sistolica media risultava ridotta in modo significativo rispetto al basale (–2,6 mmHg)1,21,24. Altri farmaci Vareniclina non altera la farmacocinetica dell’anticoagulante orale warfarin, del- l’antidiabetico orale metformina e del glucoside cardioattivo digoxina; inoltre, la metformina non altera la farmacocinetica di vareniclina1,21,24. La cimetidina (300 mg 4 volte al giorno), essendo un inibitore del trasportatore cationico organico OCT2, struttura responsabile dell’eliminazione urinaria di vare- niclina, determina un aumento dell’AUC di vareniclina del 29%1,21,24. 32
Puoi anche leggere