UNIVERSITY REPORT 2021 - Quanto vale il titolo di studio nel mercato del lavoro? in collaborazione con - Amazon AWS

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UNIVERSITY REPORT 2021 - Quanto vale il titolo di studio nel mercato del lavoro? in collaborazione con - Amazon AWS
UNIVERSITY REPORT 2021
Quanto vale il titolo di studio nel mercato del lavoro?

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UNIVERSITY REPORT 2021 - Quanto vale il titolo di studio nel mercato del lavoro? in collaborazione con - Amazon AWS
INDICE

INTRODUZIONE										3

1.   UN PAESE CHE STUDIA POCO						4
2.   ISTRUZIONE E OCCUPAZIONE IN ITALIA					                                          6
3.   QUANTO VALE IL LIVELLO DI ISTRUZIONE?				                                        13
4.   QUANDO LO STUDIO INIZIA A RENDERE?				                                           15
5.   QUAL È L'IMPATTO DEL TITOLO DI STUDIO SULLA CARRIERA?                            19
6    LAUREA E RETRIBUZIONE: QUALE FACOLTÀ SCEGLIERE?
     QUALE ATENEO FREQUENTARE?						22
7.   I MIGLIORI ATENEI PER CARRIERA E GUADAGNO			                                     25
8.   UNIVERSITY PAYBACK INDEX							28

CONCLUSIONE										31

NOTA METODOLOGICA E GLOSSARIO						32

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INTRODUZIONE

Durante il 2020, la pandemia da Covid-19 ha tenuto a casa gli studenti di ogni ordine e grado di
tutto il mondo, per periodi più o meno lunghi, generando una perdita di apprendimento di cui ci si
porterà dietro le conseguenze per tantissimo tempo. La buona notizia per l’Italia è che, contrariamente
a quanto successo a seguito delle passate crisi finanziarie, non sembra esserci stato il temuto crollo
delle immatricolazioni nelle università: secondo le dichiarazioni della Ministra dell’Università Messa,
basate sui dati del MIUR , c’è stato un +7% di iscrizioni universitarie, considerando complessivamente
triennali e magistrali.

Questo risultato è importante, soprattutto in un Paese come l’Italia in cui i numeri della diffusione
dell’istruzione nella forza lavoro sono drammatici: la quota di popolazione in possesso di un titolo di
studio terziario è il 19,6%, contro una media europea del 33,2 % (Istat 2019).

Lo University Report è uno studio di carattere divulgativo sul “valore” dell’istruzione nel mercato del
lavoro italiano, con attenzione particolare alla formazione universitaria. Il report, quest’ anno alla sesta
edizione, è stato sviluppato col supporto di Spring Professional, società di consulenza internazionale
di The Adecco Group, specializzata nella ricerca e selezione di Middle Manager e Professional.
Il Database di riferimento è costituito da oltre 450mila profili retributivi di lavoratori del settore privato
rilevati dall’Osservatorio JobPricing, tra i quali circa 100mila profili di lavoratori laureati.

Obiettivo dello university report è dare un contributo, basato su dati oggettivi, all’importantissimo
e sempre attuale dibattito sul ruolo dell’istruzione terziaria nel percorso professionale dei giovani,
rispondendo a tal fine ad alcune domande fondamentali:

•      Conviene conseguire una laurea? Perché?
•      Quale percorso di studi intraprendere?
•      Meglio il pubblico o il privato?
•      Meglio studiare al nord o al sud?
•      Quali sono gli atenei che offrono le prospettive di carriera migliori?
•      Quanto tempo occorre per rientrare dell’investimento nell’istruzione terziaria?

Ci si augura, pertanto, che tutti coloro che ne hanno un interesse specifico, proprio a partire dai
diplomandi che si apprestano a scegliere se proseguire gli studi o meno, leggendo questo report,
possano trarre informazioni interessanti e spunti di riflessione utili.

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1. UN PAESE CHE STUDIA POCO

Sebbene il livello di istruzione della popolazione sia uno dei fattori di competitività che contribuiscono
alla crescita economica, all’innovazione e alla produttività di un Paese, in Italia si è ancora ben lontani
da raggiungere gli obiettivi che erano stati preposti da Europa 2020 per una crescita intelligente,
sostenibile ed inclusiva.1 I punti chiave delle criticità nazionali sono principalmente tre:

       1. La spesa per istruzione in termini di PIL tra le più basse d’Europa (circa 4% vs 4,6% media
          UE) e la più bassa in termini di percentuale della spesa pubblica (8,2% vs 9,9% UE). La
          categoria più lesa però è l’istruzione terziaria: si spende, infatti, circa 8% sul totale della spesa
          pubblica in istruzione, contro una media Europea del 16,4%;2
       2. Per quanto in lento calo negli ultimi 10 anni, il tasso di abbandono scolastico si attesta al
          13,5% (anno 2019) contro un 10,2% europeo.3 La pandemia ha potenzialmente innescato un
          meccanismo che incentiva l’abbandono scolastico, in quanto la cosiddetta DAD (didattica
          a distanza) ha negativamente impattato sul coinvolgimento dei ragazzi più a rischio di
          abbandono, peggiorando ulteriormente una situazione drammatica;
       3. L’incidenza dei NEET più alta in Europa: nel 2019 era di circa il 24% dei giovani tra i 15 e i
          34 anni, mentre saliva a circa 29% nella fascia d'età tra i 25 e 34.4 Il 2020 ha fatto aumentare
          questa quota di circa 1 punto percentuale in entrambe le fasce d’età.

Il nostro Paese, dunque, non solo era meno competitivo di altri prima della pandemia, ma ora dovrà
affrontare più difficoltà per la ripresa rispetto ad altri paesi comunitari. E non solo in Europa, ma anche
tra i paesi OECD. La Figura 1.1 riporta la quota di popolazione tra i 25 e 34 anni in possesso di un
livello di istruzione terziario nei paesi OECD: solo circa il 28% dei 25-34enni italiani ha un’istruzione
terziaria, contro circa il 45% della media OECD e facendo meglio solo del Messico (circa 24%).

 1
   I quattro obiettivi europei in tema di istruzione e formazione sono definiti dentro il quadro strategico ET 2020. Nello specifico questi
abbracciano i temi dell’apprendimento permanente e dell’integrazione dei migranti nell’istruzione e della formazione; il miglioramento
della qualità ed efficacia della formazione; la promozione di equità, coesione sociale e cittadinanza attiva; lo sviluppo della creatività,
dell’innovazione e la creazione d’impresa. Viene inoltre effettuato un monitoraggio europeo e dei singoli Stati dei seguenti parametri:
- almeno il 95% dei bambini dovrebbe frequentare la scuola materna;
- meno del 15% dei 15enni dovrebbe avere risultati insufficienti in lettura, matematica e scienze;
- meno del 10% dei giovani dai 18 ai 24 anni dovrebbe abbandonare gli studi o la formazione;
- almeno il 40% dei 30-34enni dovrebbe aver completato un percorso di istruzione superiore;
- almeno il 15% degli adulti dovrebbe partecipare all'apprendimento permanente;
- almeno il 20% dei laureati e il 6% dei 18-34enni con una qualifica professionale iniziale dovrebbe aver trascorso una parte degli studi o
della formazione all'estero;
- almeno l'82% dei 20-34enni con almeno un diploma di maturità deve aver trovato un lavoro entro 1-3 anni dalla fine degli studi.

2
    Commissione Europea (2020). Relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione 2020 – Italia.

3
    Istat (2020) Rapporto BES 2020; Dati Istat 2021.

4
  NEET indica il fenomeno che investe i giovani tra i 15 e 34 anni che non studiano, non sono in nessun percorso di formazione e non lavorano.
Dati Istat 2021.

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Figura 1.1. Quota di popolazione tra i 25-34 anni con istruzione terziaria, anno 2019 (percentuale)
Corea del Sud                              69,8
Canada                                     63,0
Giappone                                   61,5
Irlanda                                    55,5
Lituania                                   55,2
Lussemburgo                                55,0
Svizzera                                   52,7
Australia                                  52,5
UK                                         51,8
USA                                        50,4
Paesi Bassi                                49,1
Norvegia                                   48,7
Svezia                                     48,4
Francia                                    48,1
Belgio                                     47,3
Danimarca                                  47,1
Islanda                                    47,1
Israele                                    47,0
Spagna                                     46,5
Media OECD                                 44,9
Slovenia                                   44,1
Lettonia                                   43,8
Nuova Zelanda                              43,8
Polonia                                    43,5
Estonia                                    42,8
Grecia                                     42,4
Finlandia                                  41,8
Austria                                    41,6
Slovacchia                                 39,2
Portogallo                                 37,4
Turchia                                    35,3
Germania                                   33,3
Repubblica Ceca                            32,6
Ungheria                                   30,6
Italia                                     27,7
Messico                                    23,6

Note: Gruppo di paesi selezionato dai dati OECD 2019.

L'INCIDENZA DEI NEET IN ITALIA È LA PIÙ ALTA TRA TUTTI I PAESI
EUROPEI, PARI A CIRCA IL 25% DEI GIOVANI TRA I 15 E I 34 ANNI.

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2. ISTRUZIONE E OCCUPAZIONE
                              IN ITALIA

Ma concretamente, perché è così importante raggiungere un alto livello di istruzione? Quali sono i
rendimenti dell’istruzione per un individuo? In primo luogo, più si è istruiti, più ci si garantisce un più
facile accesso al mercato del lavoro. Investire nella propria formazione permette infatti di avvicinare le
competenze possedute a quelle che sono necessarie per operare nell’economia, sia come lavoratori,
sia come imprenditori.

Se è vero che l’Italia è un Paese con alti livelli di disoccupazione (9,2%), è vero anche che coloro che
hanno titoli maggiori hanno livelli di occupazione più alti, per tutte le fasce di età (Tabelle 2.1
e 2.2).

Tabella 2.1 Tassi di occupazione e disoccupazione totale e per livello di istruzione per tutta la forza lavoro, anno 2020
(percentuale)

                                                                          TASSO DI                           TASSO DI
                  LIVELLO DI ISTRUZIONE
                                                                        OCCUPAZIONE                      DISOCCUPAZIONE
  licenza di scuola elementare, nessun titolo di studio                       29,9                            16,7
                  licenza di scuola media                                     44,8                            12,4
                           diploma                                            63,5                            8,7
                    laurea e post-laurea                                      78,0                            5,3
                           TOTALE                                             58,1                            9,2

Note: Il tasso di occupazione si riferisce ad individui tra i 15 e i 64 anni, il tasso di disoccupazione dai 15 ai 74.
Dati Istat 2021.

Tabella 2.2. Tassi di occupazione, disoccupazione e inattività per la classe d'età tra 25 e 34 anni, anno 2020
(percentuale)

                                                           TASSO DI                TASSO DI                   TASSO DI
           LIVELLO DI ISTRUZIONE
                                                         OCCUPAZIONE           DISOCCUPAZIONE                 INATTIVITÀ
 licenza di scuola elementare, nessun titolo
                                                               34,2                     26,5                    53,4
                  di studio
           licenza di scuola media                             50,8                     19,9                    36,6
                     diploma                                   62,5                     13,2                    28,0
             laurea e post-laurea                              66,6                     11,3                    24,9
                     TOTALE                                    60,7                     14,1                    29,4
Note: I tassi di occupazione e disoccupazione sono da leggersi in percentuale sul totale della forza lavoro tra i 25-34 anni.
Gli inattivi, invece, sono individui che sono usciti dalla forza lavoro, cioè non lavorano e non cercano un lavoro: il tasso di
inattività è dunque da intendersi in percentuale sul totale della popolazione di riferimento, cioè i giovani tra i 25 e 34 anni.
Dati Istat 2021.

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Più alti livelli di istruzione garantiscono, inoltre, una maggiore probabilità di permanenza nel
mercato del lavoro nei momenti di crisi. Se si guarda alle variazioni in punti percentuali dei tassi di
occupazione, disoccupazione e inattività tra il 2019 e il 2020 (Figura 2.1), ci si rende conto di come
l’occupazione dei laureati e di chi possiede dei titoli post-laurea abbia retto meglio che per gli altri
livelli di istruzione. In questa particolare crisi pandemica, dato il blocco dei licenziamenti in vigore
come mezzo a sostegno dell’occupazione, è bene sottolineare che il dato della variazione negativa
della disoccupazione non è indicativo di un miglioramento, in quanto il mercato del lavoro è stato
come “congelato” per quasi un anno. Per evidenziare la "protezione" fornita da un alto titolo di studio,
è invece più importante la variazione registrata per gli inattivi laureati che risulta la più bassa tra tutti
i livelli.

Figura 2.1. Variazione tra il 2020 e il 2019 dei tre indicatori del mercato del lavoro per livelli di istruzione
(punti percentuali)

          Occupazione                                     Disoccupazione                                       Inattività

                                                                                                         9,3

                                                                                                                4,4

                                                                                                                       2,7
                                                                                                                               1,8

                                                     -0,5            -0,4   -0,6
                         -1,2                                 -1,0
                  -2,0
           -2,8                                                                     Licenza di scuola
                                                                                   elementare e nessun                       Diploma
                                                                                      titolo di studio

   -6,6                                                                                 Licenza di                      Laurea e post
                                                                                      scuola media                         laurea

Note: Elaborazioni Osservatorio JobPricing su Dati Istat 2021.

DURANTE LA CRISI PANDEMICA, L’OCCUPAZIONE DEI LAUREATI È
STATA QUELLA CHE MEGLIO HA RETTO AL "CONGELAMENTO" DEL
                 MERCATO DEL LAVORO.

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Osservando i tassi di disoccupazione nella fascia 25-34 anni nel tempo, è evidente che malgrado
l’aumento generalizzato della disoccupazione, in tutti e tre gli anni considerati, l’aumento per la classe
dei più istruiti è stato più contenuto, tanto da essere l’unica classe ad essere rientrata nei livelli del
2009 (Figura 2.2), confermando che un’elevata istruzione aumenta la probabilità di essere occupati.

    Figura 2.2. Tasso di disoccupazione per la classe d’età 25-34, anni 2009, 2015, 2020 (percentuale).

                         27,2 26,5                23,1
                                                          19,9
                  17,3                                                                               16.2
                                                                              15,9 13,2
                                           12,3                                               11,6          11.3
                                                                     9,0

              Licenza di scuola                Licenza                  Diploma                   Laurea e
                 elementare e                 di scuola                                          post laurea
                nessun titolo di                media
                     studio
      Note: Dati Istat 2021
                                                                      2009                      2015                     2020

INVESTIRE IN ISTRUZIONE PERMETTE DI SOPPORTARE MEGLIO LE
CRISI ECONOMICHE: DALLA CRISI DEL 2008 AD OGGI IL TASSO DI
DISOCCUPAZIONE DEI LAUREATI È L’UNICO AD ESSERE RIENTRATO
                    AI LIVELLI PRE CRISI.

Nel contesto della crisi pandemica però, sono stati i giovanissimi laureati a pagare il prezzo
più alto della crisi sanitaria. L’occupazione della fascia di età 15-24, nell’ultimo anno, è diminuita di
3,9 punti percentuali, a fronte di un aumento della disoccupazione giovanile di 6,3 punti percentuali.5
La pandemia da COVID-19, congelando il mercato del lavoro, ha di fatto impedito ai neolaureati di
accedere al mercato del lavoro.

A prescindere dalle peculiarità dell’ultimo anno, la disoccupazione dei giovanissimi (15-24 anni) nel
nostro paese è comunque tra le più alte d’Europa e dei paesi OECD, attestandosi a circa il 29%
contro circa 17% dell’Europa e circa 12% della OECD (Figura 4), inferiore solo al Costa Rica, Spagna
e Grecia.6

5
 Dati Istat 2021.
6
 Essendo il dato medio OECD del 2019, il differenziale con il dato italiano del 2020 (circa 17 punti percentuali) potrebbe essere più
piccolo, in quanto il dato medio OECD 2020 potrebbe aumentare a causa delle conseguenze globali della crisi pandemica.

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Figura 2.3. Tasso di disoccupazione per la fascia di età 15-24, anno 2020 (percentuale)
Costa Rica                                 42,4
Spagna                                     38,3
Grecia                                     35,0
Italia                                     29,2
Colombia                                   27,5
Turchia                                    25,1
Cile                                       24,8
Svezia                                     23,8
Lussemburgo                                22,9
Portogallo                                 22,6
Finlandia                                  21,0
Francia                                    20,1
Canada                                     20,0
Lituania                                   19,6
Slovacchia                                 19,3
Estonia                                    17,9
Eurozona - 19                              17,4
EU - 27                                    16,9
Belgio                                     15,3
Irlanda                                    15,2
USA                                        15,1
Lettonia                                   14,8
Australia                                  14,3
Slovenia                                   14,3
UK                                         13,5
Ungheria                                   12,8
Nuova Zelanda                              12,4
OECD - Media                               11,7
Danimarca                                  11,6
Norvegia                                   11,3
Polonia                                    10,9
Corea del Sud                              10,5
Austria                                    10,5
Islanda                                     9,9
Paesi Bassi                                 9,1
Svizzera                                    8,6
Repubblica Ceca                             8,0
Israele                                     7,9
Giappone                                    4,5

Note: Il dato medio OECD è riferito al 2019 perché non ancora disponibile per il 2020. Dati OECD 2021

Una delle conseguenze più preoccupanti di tassi di disoccupazione così alti e duraturi tra i
15-34enni è il meccanismo di scoraggiamento nella ricerca di lavoro e di formazione, che si
innesca nei disoccupati più giovani e li conduce a fare parte della categoria dei cosiddetti
NEET (dall’inglese “Not in Education, Employment or Training”), cioè giovani che non sono occupati, né
impegnati in nessun percorso di studi o formazione professionale.
In Italia, i NEET sono circa 3 milioni, equivalenti a circa il 25% sul totale dei giovani tra i 15-34 anni. La
pandemia, dal canto suo, ha esacerbato ancora di più la situazione: a fronte di una lenta diminuzione
degli ultimi anni, il tasso di NEET è aumentato di 1 punto percentuale rispetto al 2019.

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L’incidenza del fenomeno però non è omogenea tra i 15-34enni (Figura 2.4). Il tasso di NEET è
 maggiore tra le donne (29% vs. 21%), i non laureati (26% vs. 19%) e i residenti al sud e isole (33% vs.
 17% del nord e 20% del centro).

LA CRISI PANDEMICA HA INDOTTO UNA CRESCITA DEI NEET DI UN
           PUNTO PERCENTUALE RISPETTO AL 2019

 Figura 2.4. Tasso di incidenza dei NEET per diversi sottogruppi, anno 2020 (percentuale)

                                  32,6
                                                                     29,3
                                                                                                     26,8        26,1
                                                            21,0                                                          19,0
                          19,9
                   16,8

                           tro                              ini                                                                a
                 Nor
                    d
                        Cen     e Is
                                     ole
                                                       Uom         Don
                                                                      ne
                                                                                                    med
                                                                                                       ia          oma t laure
                                                                                              ola             Dipl      os
                            Sud                                                           scu                       e p
                                                                                   alla                     Laurea
                                                                            Fino

                  Macroregioni                                   Genere                                      Livello di Istruzione

 Note: Dati Istat 2021

        Un’altra conseguenza di alti livelli di disoccupazione giovanili è la presenza dei sotto-
        occupati.7 In altre parole, una parte degli occupati è costretta a rivedere al ribasso le proprie
        aspettative e ad adattarsi a svolgere un mestiere per cui è richiesto un titolo di studio inferiore a
        quello di cui è in possesso. Secondo il Rapporto Almalaurea 2020 sulla condizione degli occupati,
        questo fenomeno è in crescita: tra il 2008 e il 2018 è cresciuto del 5,7%, attestandosi al 24,6% sul
        totale degli occupati, se si considera tutta la forza lavoro. Se si guarda alla sola fetta di occupati
        in possesso di un titolo di studio terziario, l’incidenza sale al 33,5%. Tra le tante cause che alimentano
        il fenomeno della sovra-istruzione, hanno molto peso l’elevato numero di contratti part-time o a
        tempo determinato offerti ai giovani, o ancora il fatto che moltissime persone sono occupate
        in aziende medio-piccole, che spesso fanno fatica a valorizzare i profili altamente qualificati.

 7
     La sotto-occupazione è definita anche mismatch verticale o sovra-istruzione.

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Anche l’area disciplinare della laurea che si consegue ricopre un ruolo nella diffusione della
 sotto-occupazione. Citando ancora il Rapporto Almalaurea 2020, che stima il peso di diverse variabili
 sulla probabilità che uno studente ha di essere occupato ad un anno dalla laurea, “l’appartenenza a
 determinati gruppi disciplinari esercita un effetto sulle chance occupazionali dei neolaureati: a parità
 di altre condizioni, i laureati dei gruppi ingegneria, scientifico, chimico-farmaceutico e medico (che
 comprende anche le professioni sanitarie) sono più favoriti. Meno favoriti, invece, sono i laureati dei
 gruppi disciplinari psicologico, giuridico e letterario “.8 Ciò vuol dire che chi si laurea nelle discipline
 STEM (Scienza, matematica, Tecnologie, Ingegneria e Scienze matematiche) ha maggiori probabilità
 di trovare lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo. Questo accade perché le competenze
 possedute dai neolaureati tecnici sono altamente richieste e l’offerta di laureati tecnici non è in grado
 di soddisfare interamente la domanda.9 D’altra parte nel mercato del lavoro italiano vi è un eccesso
 di offerta di laureati con competenze meno richieste, e questo contribuisce ad accrescere il fenomeno
 della sotto-occupazione.

 Un’altra questione che caratterizza il mercato del lavoro italiano, molto vicina alla sotto-occupazione,
 e per certi versi complementare, è il cosiddetto mismatch orizzontale, che vede i laureati
 svolgere delle occupazioni non previste dal titolo di studio conseguito, seppure il livello di
 istruzione posseduto risulti adeguato (es. un laureato in discipline linguistiche che svolge un ruolo
 amministrativo).10 Sempre secondo AlmaLaurea, per quanto sia una condizione vissuta con maggiore
 entità nei primi anni di lavoro e che migliora nel tempo, circa il 15% dei laureati triennali e circa il 10%
 dei laureati di secondo livello considerano il titolo di studio conseguito poco o per nulla efficace.

 I laureati italiani sono vittima di un paradosso: sono troppo pochi a livello aggregato, ma
 eccedono nelle discipline meno richieste dal mercato.

IL 33,5% DEGLI OCCUPATI IN POSSESSO DI UN TITOLO DI STUDIO
TERZIARIO SVOLGE UN LAVORO PER IL QUALE BASTEREBBE UN
                TITOLO DI STUDIO INFERIORE.

 8
   Estratto da AlmaLaurea - Condizione occupazionale dei Laureati. Rapporto 2020. La probabilità è stimata con un modello logistico.
 Sono inclusi controlli sulle caratteristiche socio-demografiche, caratteristiche dell’ateneo, del percorso di laurea e aspettative del soggetto
 intervistato su lavoro e apprendimento. Si veda AlmaLaurea - Condizione occupazionale dei Laureati. Rapporto 2020, pp 50-51 per
 approfondimenti.

 9
  Per approfondimenti su domanda e offerta di laureati si consulti, ad esempio, l Rapporto Excelsior-Unioncamere “Previsioni dei fabbisogni
 occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2021-2025)”.

 10
      Anche chiamato Skill mismatch o discrepanza di competenze.

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                                                                                                                                             11
Probabilmente, se gli studenti fossero più consapevoli sull'evoluzione della domanda di lavoro, vi
 sarebbe meno discrepanza in termini di richiesta e offerta di competenze. Inoltre, se le università
 riuscissero maggiormente ad operare di concerto con le imprese, vi sarebbe, probabilmente, un
 miglioramento dal punto di vista dello skill-matching, soprattutto con una integrazione più efficace tra
 le scienze umanistiche e le competenze tech e digitali.
 D’altro canto, però, per quanto alcune lauree siano più ricercate di altre, l’Italia presenta un tessuto
 economico che fatica ad accogliere tutti coloro che sono in possesso di titoli di istruzione terziaria
 e ad alta qualifica, incentivando la cosiddetta “fuga di cervelli”.11 Le piccole imprese, che sono la
 maggioranza delle imprese italiane, hanno ancora tassi troppo bassi di investimento in Ricerca e
 Sviluppo, e più in generale dimostrano spesso una limitata capacità di innovazione con la conseguenza
 di faticare ad assorbire lavoratori altamente qualificati.12

 Una soluzione semplice e immediata a questo problema non esiste, ma a livello individuale essere
 consapevoli delle possibilità lavorative migliora le scelte compiute sulla propria formazione.

CIRCA IL 15% DEI LAUREATI GIUDICA IL TITOLO DI STUDIO POCO
   O PER NULLA EFFICACE A 5 ANNI DAL CONSEGUIMENTO.

 11
    Nel 2019, ad esempio, sono emigrati circa 30mila cittadini italiani sopra i 25 anni in possesso di una laurea, ed è un trend in costante
 crescita (Report migrazioni 2019, Istat 2021). Secondo il Referto sul Sistema Universitario della Corte dei Conti 2021, le migrazioni dei
 laureati italiani sono aumentate del 41% rispetto al 2013.
 12
    La tendenza però è più che positiva: tra il 2017 e il biennio 2018-2020 vi è stato un aumento del 7,4% di investimenti in R&S soprattutto
 per le piccole e medie imprese.

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3. QUANTO VALE IL
                              LIVELLO DI ISTRUZIONE?

Se fino a qui si è sottolineata l’importanza del titolo di studio rispetto ai risultati che si ottengono in
termini occupazione, di seguito si analizza il differenziale salariale che è legato all’istruzione.

La Tabella 3.1 riporta i salari medi scomposti nelle loro componenti per laureati e non laureati:
prevedibilmente i primi guadagnano, in media, più dei secondi. Il differenziale è pari a circa 13mila
euro se si considera la retribuzione globale (circa il 46% a favore dei laureati).

Tabella 3.1. Retribuzione lorda media fissa, variabile e globale (RAL, VAR, RGA) per livello di istruzione, anno 2020 (euro)

                 LIVELLO DI ISTRUZIONE                                           RAL           VAR                  RGA
                         Non laureati                                       27.566             436                  28.002
                           Laureati                                          39.881           1.060                 40.941

La Tabella 3.2 fornisce un livello di dettaglio in più: la retribuzione fissa per i diversi titoli di studio. La
relazione che esiste tra istruzione e salario è chiara: maggiore è il titolo di studio, maggiore è
la retribuzione. Si vede come la crescita salariale non sia regolare, ma vi siano delle soglie. Il primo
grande balzo osservato è tra scuola dell’obbligo e diploma di scuola superiore (+17%). Di seguito vi è
quello tra diploma e laurea magistrale (+40%) o master di primo livello (+38%). Non si osservano invece
significative differenze tra diploma e laurea triennale. Il terzo balzo, seppur di minore entità, si registra
tra laurea magistrale e Master di II livello o Dottorato (+14%).

Questi scalini di crescita retributiva rispecchiano il fatto che il premio salariale legato
all’istruzione non derivi del possesso del titolo in sé, ma dal percorso di carriera che l’istruzione
permette di percorrere: più è alto il titolo, più è probabile che si possano ricoprire ruoli importanti
e remunerativi.

Tabella 3.2. Retribuzione lorda media fissa (RAL) per titolo di studio, anno 2020 (euro)

                             LIVELLO DI ISTRUZIONE                                                       RAL 2020
                                 Scuola dell'obbligo                                                      25.374
                          Diploma di scuola professionale                                                 26.375
                             Diploma di media superiore                                                   29.761
                                  Laurea triennale                                                        29.671
                                  Master di I livello                                                     41.088
                                 Laurea magistrale                                                        41.930
                                  Master di II livello                                                    47.753
                                Dottorato di ricerca                                                      47.607

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Passando alla dinamica dei salari per titolo di studio negli ultimi cinque anni (Figura 3.1), si vede come
 quelli che più crescono sono i salari dei laureati triennali (+3,1%); al contrario sono rimasti costanti
 quelli dei possessori di un master di I livello (+0,1%).

LO STIPENDIO MEDIO DI UN LAUREATO È IL 46% PIÙ ALTO DELLO
             STIPENDIO DI UN NON LAUREATO.

 La differenza di crescita salariale tra laureati magistrali e triennali può essere ricondotta a differenze
 nella composizione della popolazione dei vari tipi di laureati in termini di esperienza lavorativa. La
 laurea triennale, infatti, è una tipologia di laurea che ha immesso nel mercato laureati solo a partire
 dal 2003, in quanto è frutto della riforma dell’università del 1997, che ha adeguato il sistema italiano
 a quello internazionale.13 Le lauree magistrali biennali e a ciclo unico, invece, hanno immesso laureati
 nel mercato dal 2005. Ciò vuol dire che i laureati triennali hanno, in media, più anni di esperienza
 dei colleghi con titoli biennali e a ciclo unico. Nelle statistiche però, tra i laureati magistrali sono
 inclusi anche i lavoratori in possesso delle vecchie lauree quadriennali, che chiaramente hanno "avuto
 tempo" di maturare molti più anni di esperienza, ed è più probabile che si trovino in una fase di
 crescita salariale più “dolce” rispetto ai laureati triennali che verosimilmente si trovano negli anni dei
 primi scatti salariali consistenti.

 Figura 3.1. Tasso di crescita della RAL 2015-2020 per livello di istruzione (percentuale)

                                                                                                                       Trend Nazionale
                                                                   3,1

         2,3                                                                                                               2,2             2,2
                                       1,8

                            0,9                1,0                                                       1,3

                                                                                     0,1

    Scuola              Diploma               Diploma           Laurea           Master di           Laurea            Master di        Dottorato di
  dell'obbligo          di scuola            di media          triennale          I livello         magistrale          II livello        ricerca
                      professionale          superiore

 13
      Per approfondire sulla riforma e il Processo di Bologna si veda, ad esempio: https://ehea.info/, il portale europeo sull’istruzione superiore.

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4.QUANDO LO STUDIO
                               INIZIA A RENDERE?

Come accennato nel paragrafo precedente, un titolo di studio elevato garantisce con maggiore
probabilità un percorso di carriera più remunerativo, che si apprezza nel tempo.
Ogni anno, l’indagine AlmaLaurea sull’occupazione dei laureati analizza le retribuzioni mensili nette a
distanza di uno e cinque anni dal conseguimento del titolo: come è lecito attendersi, già dopo i primi
5 anni di lavoro, le retribuzioni medie per ogni tipo di corso hanno visto una crescita. L'analisi dei dati
riferiti all'anno 2019 mostra che la differenza media tra i salari netti a un anno e a 5 anni è di circa
204 euro (Figure 4.1 e 4.2).
Figura 4.1. Retribuzioni nette medie per tipologia di corso di laurea ad un anno dal conseguimento del titolo

              Laurea di primo livello                                         Laurea di secondo livello
    2019         1.210                                                 2019        1.285
    2018         1.175                                                 2018        1.238
    2017         1.125                                                 2017        1.173
    2016         1.134                                                 2016        1.183
    2015         1.107                                                 2015        1.161
    2014         1.036                                                 2014        1.086
    2013         1.025                                                 2013        1.056
    2012         1.086                                                 2012        1.096
    2011         1.179                                                 2011        1.153
    2010         1.258                                                 2010        1.187
    2009         1.305                                                 2009        1.244
    2008         1.334                                                 2008        1.316

                Magistrali biennali                                            Magistrali a ciclo unico

    2019         1.271                                                 2019        1.331
    2018         1.230                                                 2018        1.264
    2017         1.172                                                 2017        1.177
    2016         1.185                                                 2016        1.172
    2015         1.161                                                 2015        1.143
    2014         1.092                                                 2014        1.050
    2013         1.066                                                 2013         996
    2012         1.101                                                 2012        1.064
    2011         1.156                                                 2011        1.123
    2010         1.184                                                 2010        1.188
    2009         1.245                                                 2009        1.242
    2008         1.324                                                 2008        1.271
Note: Il primo livello considera solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; il secondo livello comprende anche i laureati
del corso pre-riforma. Rapporto AlmaLaurea 2020. Laureati degli anni 2007-2018 occupati a un anno dal conseguimento
del titolo: retribuzione mensile netta per tipo di corso. Anni di indagine 2008-2019 (valori rivalutati in base agli indici Istat
dei prezzi al consumo; valori medi in euro)

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Il confronto temporale permette di evidenziare una ulteriore questione: i laureati ad un anno
dal conseguimento del titolo ancora non hanno recuperato i livelli di salario in ingresso che
si registravano prima della crisi del 2008, ad eccezione dei laureati magistrali a ciclo unico
(Figura 4.1). Per quanto riguarda i laureati a cinque anni dal conseguimento del titolo, invece,
sembra che i laureati triennali, magistrali e biennali abbiano finalmente recuperato i salari netti
pre-crisi (Figura 4.2). Inoltre, confrontando le Figure 4.1 e 4.2 ci si accorge di come nel tempo
il tasso di crescita dei salari a uno e cinque anni dal titolo sia diminuito.

Figura 4.2. Retribuzioni nette medie per tipologia di corso di laurea a cinque anni dal conseguimento del titolo

            Laurea di primo livello                                         Laurea di secondo livello

    2019        1.418                                                2019       1.499

    2018        1.425                                                2018       1.466

    2017        1.381                                                2017       1.437

    2016        1.399                                                2016       1.428

    2015        1.391                                                2015       1.408

    2014        1.374                                                2014       1.370

    2013        1.394                                                2013       1.403

    2012        1.434                                                2012       1.482

               Magistrali biennali                                           Magistrali a ciclo unico

    2019        1.512                                                2019       1.485

    2018        1.475                                                2018       1.463

    2017        1.451                                                2017       1.409

    2016        1.443                                                2016       1.391

    2015        1.424                                                2015       1.363

    2014        1.390                                                2014       1.315

    2013        1.421                                                2013       1.364

    2012        1.497                                                2012       1.542

Note: Il primo livello considera solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; il secondo livello comprende anche i
laureati del corso pre-riforma. Rapporto AlmaLaurea 2020. Laureati degli anni 2007-2014 occupati a cinque anni dal
conseguimento del titolo: retribuzione mensile netta per tipo di corso. Anni di indagine 2012-2019 (valori rivalutati in base
agli indici Istat dei prezzi al consumo; valori medi in euro)

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La dinamica osservata da AlmaLaurea conferma la dinamica osservata nei dati JobPricing (Tabella
 4.1). A fronte di una crescita più contenuta tra la prima e la seconda classe di età, dove anche
 il differenziale con i non laureati è più ridotto, si registrano salari decisamente più alti a partire
 dai 35 anni in su.

 Tabella 4.1. Retribuzione media fissa (RAL) per classe di età, titolo di studio e differenza percentuale, anno 2020 (euro e
 percentuale)

        LIVELLO DI ISTRUZIONE                     15-24 anni             25-34 anni             35-44 anni              45-54 anni
               Non laureati                             23.232               24.732                  26.874               29.052
                   Laureati                         25.558                   29.933                  37.760               47.670
               Differenza %                             10,0                     21,0                40,5                  64,1

DOPO I 35 ANNI IL DIFFERENZIALE SALARIALE TRA LAUREATI E NON
LAUREATI CRESCE ESPONENZIALMENTE, FINO A TOCCARE IL
          64,1% DEI LAUREATI TRA I 45 E 54 ANNI.

 Il basso differenziale tra i laureati e non laureati della prima classe di età è ascrivibile al maggior
 numero di anni di lavoro che i non laureati, entrando più giovani nel mercato del lavoro, hanno accu-
 mulato rispetto ai laureati. Di contro, sulle altre classi di età il differenziale salariale legato alla forma-
 zione universitaria cresce esponenzialmente. Come si è detto, infatti, studiare permette di continuare a
 coltivare le competenze necessarie per “stare al passo con l’innovazione” e di sviluppare una carriera
 con prospettive di guadagno nettamente migliori. In aggiunta, questa differenza è abbastanza sta-
 bile nel tempo (Figura 4.3).
 Figura 4.3. Differenza delle RAL dei laureati e non laureati per classi di età, anni 2015-2020 (percentuale)
                                                                                                              76

                                                                                                                   70
                                                                                                                                  68
                                                                                                                                       63
                                                                                                                        63 63

            2015
            2016
            2017
                                                                                                45
            2018                                                           42 41                     41
            2019                                                                        40 40
            2020

                                        24   22   23 23 24
                                                                  21

              12 12 12
     10 10                    10

         15-24 anni                          25-34 anni                           35-44 anni                       45-54 anni

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La Figura 4.4 riporta invece il confronto tra il differenziale salariale tra i 45-54enni e i 25-34enni per
     gli anni 2015 e 2020, sia per livello di istruzione che medio nazionale.
     Si possono evidenziare alcuni aspetti interessanti. In primo luogo, il confronto temporale mostra che per
     quasi tutti i livelli di istruzione il divario tra le fasce d’età si è ridotto, ad eccezione di chi ha frequen-
     tato solo la scuola dell’obbligo e di chi ha la laurea triennale. Passando al confronto del divario tra
     i titoli di studio si sottolinea che:
     •         senza istruzione, la prospettiva di crescita salariale nel tempo è estremamente ridotta (11%);
     •         senza una laurea si ha una prospettiva di crescita limitata (circa il 30%);
     •         solo con una carriera universitaria avanzata si registra un divario tra i salari dei 25-34enni e
               45-54enni maggiore del 50%;
     •         il differenziale si colloca al di sotto della media nazionale solo quando il titolo di studio è
               assente o è stato conseguito un diploma di scuola professionale.

     Figura 4.4. Tasso di crescita tra la classe di età 25-34 e 45-54 per titolo di studio, anni 2015 e 2020 (percentuale)

                                                                                                                      124

                    2015                          2020                                                                       112

                                                                                      99
                    2015 nazionale               2020 nazionale

                                                                                           70
                                                                                                         67

                                                                                                              52
                                                                     45 45
                                                37
                                                     30
                              24
                                   13
24
20
           11 11

           Scuola           Diploma di       Diploma di              Laurea         Master di           Laurea      Master di II
         dell'obbligo         scuola            media               triennale        I livello         magistrale     livello
                           professionale      superiore

I SALARI DI COLORO CHE TRA I 25 E I 54 ANNI HANNO UN MASTER
DI SECONDO LIVELLO CRESCONO TRE VOLTE TANTO I SALARI DI
           CHI HA “SOLO” UN’ISTRUZIONE SUPERIORE

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5. QUAL È L’IMPATTO DEL TITOLO DI
                                STUDIO SULLA CARRIERA?

 Se un titolo di studio elevato garantisce meno disoccupazione, retribuzioni più alte e crescite salariali
 più elevate nel corso degli anni rispetto a coloro che hanno titoli di studio più bassi, a parità di
 inquadramento contrattuale una laurea non assicura un salario maggiore.

 Come riportato nella Tabella 5.1, la differenza percentuale tra i salari per inquadramento dei laureati
 e non laureati sono nulle per gli operai, dell’1% per i quadri, 3,2% per gli impiegati e 5,7% per i dirigenti.
 Questo risultato però non deve stupire, ma bensì essere letto nel modo corretto. Avere una laurea,
 o titoli post-laurea, non significa avere un salario maggiore nel momento in cui ci si trova
 nella condizione di sovra-istruzione (ed è per questo che lo stipendio di un laureato operaio
 è esattamente lo stesso di un operaio non laureato), né implica un salario sostanzialmente
 maggiore di coloro che sono inquadrati nello stesso livello pur essendo meno istruiti.

 Tabella 5.1. Retribuzione media fissa (RAL) e differenza per titolo di studio e inquadramento, anno 2020 (euro e
 percentuale)

        LIVELLO DI ISTRUZIONE                    DIRIGENTI                  QUADRI           IMPIEGATI        OPERAI
               Non laureati                        99.565                    54.220             30.661         24.618
                 Laureati                          105.220                   54.764             31.632         24.588
               Differenza %                            5,7                       1,0              3,2           -0,1

 Tabella 5.2. Retribuzione media fissa (RAL) per titolo di studio disaggregato e inquadramento, anno 2020 (euro)

            LIVELLO DI ISTRUZIONE                            DIRIGENTI             QUADRI        IMPIEGATI     OPERAI
                Scuola dell'obbligo                           100.487              52.494          30.099       24.734
         Diploma di scuola professionale                      101.727              53.778          31.103       24.567
            Diploma di media superiore                         97.532              54.331          30.727       24.430
                 Laurea triennale                              96.256              53.167          28.795       23.219
                 Master di I livello                          108.576              54.409          31.205       25.401
                Laurea magistrale                             104.786              54.896          32.647       26.347
                 Master di II livello                         112.760              55.289          33.383       25.162
               Dottorato di ricerca                           101.722              53.309          33.115       28.051

ALTI LIVELLI DI ISTRUZIONE PERMETTONO DI RAGGIUNGERE STIPENDI
PIÙ ALTI PERCHÉ APRONO LE PORTE A PERCORSI DI CARRIERA PIÙ
                          PRESTIGIOSI

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Figura 5.1. Distribuzione dei laureati e non laureati per inquadramento, anno 2020 (percentuale)

     Dirigenti                39                                                                 61
                                                                                                                Non laureati
     Quadri                   42                                                                  58
                                                                                                                Laureati
    Impiegati                 74                                                                  26

     Operai                   97                                                                  3

Note: Elaborazione JobPricing su dati ISTAT - Indagine Trimestrale sulle Forze di Lavoro

L’istruzione aumenta la probabilità di accedere a un percorso di carriera che assicura un livello di
retribuzione più alto, in quanto, è più probabile che nel corso della carriera si continui a sviluppare
nuove competenze professionali che possono portare a ricoprire ruoli più remunerativi. Nelle Figure 5.1
e 5.2 sono rappresentate la distribuzione dei laureati tra inquadramenti e gli inquadramenti per titolo
di studio.

Figura 5.2. Distribuzione degli inquadramenti per titolo di studio, anno 2020 (percentuale)

Scuola dell’obbligo

Diploma professionale

Diploma si scuola superiore

Laurea triennale

Master I livello

Laurea magistrale

Master II livello

Dottorato di Ricerca

                                   0                                                                                           100

                                                 Dirigenti                Quadri              Impiegati         Operai

  Note: Elaborazione JobPricing su dati ISTAT - Indagine Trimestrale sulle Forze di Lavoro

I dati presentati fino ad ora supportano l’importanza dell’istruzione terziaria, sia in termini di occupa-
zione, sia in termini di accesso a carriere più remunerative. D’altra parte, allargando l’analisi ad una
comparazione internazionale, emerge che essere laureati in Italia rende meno che in altri paesi.

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In Italia chi possiede un titolo di istruzione terziaria guadagna, in media, il 39% in più rispetto a chi ha
 un titolo di istruzione secondaria, mentre la media europea è del 51,5% in più e quella OECD 56,7% in
 più. Il confronto per la fascia d’età 25-34 pone l’Italia in una situazione ancora più sfavorevole: 10,6%
 contro la media europea di 33% e OCED di 37% (Figure 5.3 e 5.4).

  Figure 5.3 e 5.4. Salari relativi tra chi possiede un’istruzione terziaria e chi possiede solo il diploma per classi di età, anno
  2018 (Diploma=100
                            25-64 anni                                                        25-34 anni

  Ungheria                  180,2                                     Irlanda                   172,7
  Irlanda                   180,0                                     USA                       166,7
  Lituania                  179,3                                     Lituania                  163,2
  USA                       176,1                                     Portogallo                151,3
  Portogallo                169,6                                     Ungheria                  150,1
  Germania                  168,0                                     Turchia                   146,1
  Turchia                   165,8                                     Messico                   145,8
  Messico                   162,8                                     Spagna                    143,3
  Repubblica Ceca           158,1                                     Francia                   141,9
  OECD - Media              156,7                                     UK                        138,3
  Slovacchia                155,8                                     Germania                  137,8
  Francia                   155,8                                     OECD - Media              137,0
  Spagna                    155,5                                     Polonia                   134,0
  Polonia                   153,2                                     Lussemburgo               133,7
  Israele                   152,2                                     UE - 23 membri OECD       132,7
  Svizzera                  151,7                                     Canada                    131,9
  UE - 23 membri OECD       151,5                                     Repubblica Ceca           131,5
  Finlandia                 148,3                                     Svizzera                  131,1
  Austria                   148,1                                     Israele                   130,7
  Lussemburgo               147,3                                     Lettonia                  129,1
  Lettonia                  145,3                                     Finlandia                 125,7
  Canada                    144,5                                     Nuova Zelanda             125,6
  Paesi Bassi               143,5                                     Slovacchia                125,3
  Belgio                    141,5                                     Paesi Bassi               124,2
  Corea del Sud             140,4                                     Austria                   123,2
  UK                        139,8                                     Estonia                   121,7
  Italia                    139,2                                     Corea del Sud             120,9
  Estonia                   133,6                                     Belgio                    119,1
  Nuova Zelanda             130,9                                     Danimarca                 114,8
  Danimarca                 127,5                                     Australia                 112,7
  Norvegia                  125,2                                     Italia                    110,6
  Australia                 125,0                                     Svezia                    105,6
  Svezia                    122,3                                     Norvegia                  105,4

 Note: L’anno di riferimento è “il più recente disponibile”. Per la maggior parte dei paesi è il 2018. Lituania 2014; Repubblica
 Ceca 2016; Estonia, Lettonia, Messico, Svizzera 2017. Dati OECD

IL PREMIO CHE IL MERCATO ASSEGNA AI SALARI DEI LAUREATI È
RELATIVAMENTE PIÙ BASSO IN ITALIA CHE IN ALTRI PAESI EUROPEI
                     O DELLA OECD

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6. LAUREA E RETRIBUZIONE:
                                       QUALE FACOLTÀ SCEGLIERE?
                                       QUALE ATENEO FREQUENTARE?
 Nei capitoli precedenti si è trattato il tema della disoccupazione dei laureati e, tra le diverse cause,
 si è parlato dell’eccesso di laureati in alcune aree disciplinari. Come è logico aspettarsi, la scelta del
 percorso di studi ha un’influenza anche sul livello di salario, non solo sulla probabilità di occupazione.

 La Figura 6.1 evidenzia due cose: la prima è la classifica delle retribuzioni 2020 associate alle aree
 disciplinari per i lavoratori tra i 25 e i 34 anni, la seconda è quanto queste si scostino dalla media
 dei laureati per la stessa classe di età.
 Figura 6.1. Retribuzione media fissa (RAL) per area disciplinare di studio per la classe di età 25-34 anni e scostamento
 percentuale dalla RAL media dei laureati per la stessa classe di età, anno 2020 (euro e percentuale)
  Scienze biologiche                                                  35.782                                        19,5
  Scienze giuridiche                                                  34.656                                        15,8
  Scienze fisiche                                                     34.425                                        15,0
  Scienze mediche                                                     32.746                                        9,4
  Ingegneria Gestionale                                               32.014                                        7,0
  Scienze statistiche                                                 31.576                                        5,5
  Scienze economiche                                                  31.431                                        5,0
  Ingegneria Meccanica, Navale, Aeronautica e Aerospaziale            30.966                                        3,5
  Ingegneria Chimica e dei Materiali                                  30.590                                        2,2
  Ingegneria Informatica, Elettronica e delle Telecomunicazioni       30.234                                        1,0
  Scienze chimiche                                                    29.375         -1,9
  Scienze politiche e sociali                                         28.549         -4,6
  Scienze matematiche e informatiche                                  28.383         -5,2
  Ingegneria civile e Architettura                                    28.319         -5,4
  Scienze storiche e filosofiche                                      25.620         -14,4
  Lingue e letterature straniere moderne                              25.543         -14,7
  Scienze pedagogiche e psicologiche                                  25.507         -14,8

 Ad ogni modo, il salario in ingresso non è per forza un indice affidabile per prevedere quella che sarà
 l’evoluzione nel corso della carriera. Ad esempio, Ingegneria Chimica e Dei Materiali vede un salto di
 quasi il 100% (Figura 6.2), partendo da un salario abbastanza in linea con la media dei laureati. Al
 contrario, Scienze Fisiche vede una retribuzione iniziale del 15% più alta della media ma una crescita
 retributiva durante il percorso di carriera del 18,3%. Bassi salari iniziali associati a discipline che
 invece presentano una grande crescita possono essere associati ad un tempo di formazione on the
 job maggiore. Questo accade sia perché è necessaria più esperienza lavorativa per raggiungere
 alti livelli remunerativi, sia perché il bagaglio di competenze generaliste fornite dal titolo di studio può
 avere bisogno di più esperienza per evolversi fino ad arrivare ad essere una figura specializzata.

GLI STUDI INGEGNERISTICI, CHIMICI ED ECONOMICI SONO
QUELLI CHE, A FRONTE DI UNO STIPENDIO INIZIALE NON AL TOP
DELLA CLASSIFICA, GARANTISCONO UNA CRESCITA SALARIALE
         MAGGIORE NEL CORSO DELLA CARRIERA

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Figura 6.2. Tasso di crescita della RAL tra la classe di età 25-34 e 45-54, anno 2020 (percentuale)

  Ingegneria Chimica e dei Materiali                                              98,4
  Scienze chimiche                                                                85,6
  Scienze economiche                                                              79,4
  Ingegneria Meccanica, Navale, Aeronautica e Aerospaziale                        78,5
  Ingegneria Gestionale                                                           77,9
  Scienze politiche e sociali                                                     75,3
  Ingegneria civile e Architettura                                                64,9
  Scienze statistiche                                                             64,5
  Scienze giuridiche                                                              63,9
  Scienze mediche                                                                 61,4
  Lingue e letterature straniere moderne                                          59,2
  Scienze storiche e filosofiche                                                  53,6
  Scienze biologiche                                                              41,7
  Ingegneria Informatica, Elettronica e delle Telecomunicazioni                   38,1
  Scienze matematiche e informatiche                                              35,0
  Scienze pedagogiche e psicologiche                                              30,7
  Scienze fisiche                                                                 18,3

Le università, poi, non sono tutte uguali. I ranking nazionali ed internazionali sono molteplici, e
considerano un ventaglio di indicatori per misurare la qualità delle università sotto tanti punti di vista.
Indubbiamente, il percorso di carriera che si riesce a garantire ai propri studenti è un buon indice
della qualità dell’università, o per lo meno del valore dell'investimento che uno studente fa nell’iscriversi
in quello specifico ateneo.

La Tabella 6.1 riporta le RAL medie per tipologia di università: laurearsi in una università privata
garantisce un salario più alto del 12% rispetto alle pubbliche e del 2% rispetto ai politecnici.

Tabella 6.1. Retribuzione media fissa (RAL) per tipologia di università, anno 2020 (euro)

                          TIPOLOGIA DI UNIVERSITÀ                                                             RAL
                                   Università private                                                     43.045
                                   Università statali                                                     38.350
                                      Politecnici                                                         42.369

Il rendimento dell’istruzione è legato anche alla “geografia” (Tabella 6.2). Laurearsi al nord fa
guadagnare, in media, il 2% in più che laurearsi al centro e il 10% in più che al sud. Il minor rendimento
dell'istruzione al Sud è in parte legato alla maggior concentrazione delle università private al
nord e al centro, ma soprattutto è dovuto alla minore competitività del tessuto economico che
caratterizza il sud del nostro Paese.

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Tabella 6.2. Retribuzione media fissa (RAL) per area geografica, anno 2020 (euro)

                            SEDE DELL’UNIVERSITÀ                                                            RAL
                                       Nord                                                            40.311
                                      Centro                                                           39.623
                                    Sud e Isole                                                        36.554

 È molto probabile, infatti, che ci si stabilisca e si lavori vicino al luogo dove si è conseguita la laurea,
 soprattutto se questo presenta un buon mercato del lavoro e un tessuto imprenditoriale produttivo.
 Non stupisce, quindi, che il 94% delle persone che si laurea al Nord, ci resti anche a lavorare, mentre i
 laureati al Sud tendono ad emigrare al Nord e al Centro con più facilità (Figura 6.3).

 Figura 6.3. Mobilità lavorativa dei laureati, anno 2020 (percentuale)

                   (A)                                          (B)                                           (C)
   Sede di lavoro per i laureati al Nord       Sede di lavoro per i laureati al Centro     Sede di lavoro per i laureati al Sud e Isole

         94                                             25                                       43

                5                                            73                                       23

                             1                                            3                                        34

 Note: Per arrotondamenti i totali possono differire da 100.

I LAUREATI NELLE UNIVERSITÀ PRIVATE O DEL NORD HANNO STIPENDI
            PIÙ ELEVATI RISPETTO A TUTTI GLI ALTRI.

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7. I MIGLIORI ATENEI PER CARRIERA E
                                        GUADAGNO

Dopo aver chiarito che, da un punto di vista retributivo, privato è meglio di pubblico e Nord è meglio
di Sud, proviamo a fornire indicazioni sugli Atenei che possono garantire uno stipendio futuro elevato
(e quali conseguentemente uno stipendio più contenuto).

A tal fine abbiamo preso in considerazione 40 atenei italiani, verificando per ognuno di essi il livello
retributivo medio dei primi 10 anni di carriera di un laureato.
Figura 7.1. Retribuzione media fissa (RAL) dei laureati per la classe di età 25-34 per ateneo e scostamento dalla media
dei laureati della medesima classe di età, anno 2020 (euro e percentuale)

Università Commerciale Luigi Bocconi                                             34.662          15,8
Politecnico di Milano                                                            32.308          7,9
LUISS Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli           31.870          6,5
Università Cattolica del Sacro Cuore                                             31.735          6,0
Università degli Studi di Siena                                                  31.108          3,9
Politecnico di Torino                                                            31.088          3,9
Università degli Studi di Roma Tor Vergata                                       31.077          3,8
Università degli Studi di Pavia                                                  30.916          3,3
Università degli Studi di Parma                                                  30.736          2,7
Università degli Studi di Udine                                                  30.727          2,7
Università degli Studi di Padova                                                 30.671          2,5
Università degli Studi di Napoli Federico II                                     30.638          2,4
Università degli Studi di Pisa                                                   30.595          2,2
Università degli Studi Roma Tre                                                  30.503          1,9
Università degli Studi di Brescia                                                30.492          1,9
Università degli Studi di Trento                                                 30.489          1,9
Università degli Studi di Genova                                                 30.489          1,9
Politecnico di Bari                                                              30.477          1,8
Università degli Studi di Trieste                                                30.341          1,4
Università degli Studi di Bergamo                                                30.300          1,2
Università Politecnica delle Marche                                              30.287          1,2
Università di Roma La Sapienza                                                   30.274          1,1
Università degli Studi di Palermo                                                30.196          0,9
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia                                 30.191          0,9
Università degli Studi della Calabria                                            30.034          0,3
Alma mater studiorum Università di Bologna                                       30.024          0,3
Università degli Studi di Torino                                                 30.016          0,3
Università degli Studi dell'Aquila                                               29.946          0,0
Università degli Studi di Milano Bicocca                                         29.905          -0,1
Università degli Studi di Milano                                                 29.854          -0,3
Università degli Studi di Verona                                                 29.709          -0,7
Università Ca Foscari di Venezia                                                 29.703          -0,8
Università degli Studi di Firenze                                                29.641          -1,0
Università degli Studi di Catania                                                29.589          -1,1
Università degli Studi di Ferrara                                                29.572          -1,2
Università degli Studi di Napoli Parthenope                                      29.538          -1,3
Università degli Studi di Bari                                                   29.147          -2,6
Università degli Studi di Messina                                                29.087          -2,8
Università degli Studi di Perugia                                                29.013          -3,1
Università degli Studi di Cagliari                                               28.706          -4,1

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I dati scomposti per ateneo riflettono gli andamenti aggregati presentati nel precedente capitolo.
I primi quattro atenei in classifica sono o privati o situati al Nord del paese, o entrambi: l’Università
Commerciale Luigi Bocconi (34.662 euro), il Politecnico di Milano (32.308 euro), la Libera università
internazionale degli studi sociali Guido Carli (31.870 euro) e l’Università Cattolica del Sacro Cuore
(31.735 euro). Gli ultimi nella lista sono gli atenei di Perugia (29.013 euro) e Cagliari (28.706 euro).
Tabella 7.1. Retribuzione media fissa (RAL) dei laureati per classe di età e ateneo e tasso di crescita tra la prima e l’ultima
classe considerata, anno 2020 (migliaia di euro e percentuale)

                                                                             25-34       35-44              45-54   da 25-34
                               ATENEO
                                                                              anni        anni               anni    a 45-54
Università Cattolica del Sacro Cuore                                              31,7     42,0              58,0     82,8
LUISS Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli            31,9     42,2              57,1     79,0
Università Commerciale Luigi Bocconi                                              34,7     44,8              59,3     71,2
Politecnico di Torino                                                             31,1     41,2              52,8     69,7
Università degli Studi di Perugia                                                 29,0     37,4              48,9     68,6
Università degli Studi di Verona                                                  29,7     37,7              49,8     67,6
Politecnico di Milano                                                             32,3     41,7              53,7     66,2
Università degli Studi di Brescia                                                 30,5     39,4              50,7     66,1
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia                                  30,2     40,2              50,1     66,1
Università degli Studi di Bergamo                                                 30,3     38,0              49,7     64,1
Università degli Studi di Milano                                                  29,9     38,2              49,0     64,0
Università di Roma La Sapienza                                                    30,3     38,0              49,3     62,9
Università degli Studi di Parma                                                   30,7     39,1              50,0     62,6
Università degli Studi di Pisa                                                    30,6     38,8              49,7     62,5
Università Politecnica delle Marche                                               30,3     38,0              48,8     61,1
Alma mater studiorum Università di Bologna                                        30,0     38,0              48,2     60,6
Università Ca Foscari di Venezia                                                  29,7     38,7              47,3     59,3
Università degli Studi di Roma Tor Vergata                                        31,1     39,0              49,4     59,1
Università degli Studi di Padova                                                  30,7     39,7              48,7     58,8
Università degli Studi di Siena                                                   31,1     38,0              49,4     58,7
Università degli Studi di Trieste                                                 30,3     37,8              48,1     58,4
Università degli Studi di Udine                                                   30,7     38,4              48,3     57,2
Università degli Studi di Genova                                                  30,5     38,1              47,7     56,4
Università degli Studi di Pavia                                                   30,9     38,5              48,3     56,2
Università degli Studi di Catania                                                 29,6     37,0              46,0     55,5
Università degli Studi di Trento                                                  30,5     39,0              47,3     55,1
Università degli Studi Roma Tre                                                   30,5     38,2              47,3     55,0
Università degli Studi di Torino                                                  30,0     36,8              46,4     54,5
Università degli Studi dell'Aquila                                                29,9     37,5              46,2     54,4
Università degli Studi di Bari                                                    29,1     35,7              44,9     54,2
Università degli Studi di Cagliari                                                28,7     35,4              44,2     54,0
Università degli Studi di Milano Bicocca                                          29,9     38,4              46,0     53,9
Politecnico di Bari                                                               30,5     38,4              46,6     52,8
Università degli Studi di Ferrara                                                 29,6     38,8              44,9     51,8
Università degli Studi di Firenze                                                 29,6     37,4              44,7     50,8
Università degli Studi di Palermo                                                 30,2     36,5              45,1     49,4
Università degli Studi di Napoli Federico II                                      30,6     37,3              44,8     46,4
Università degli Studi di Messina                                                 29,1     35,8              42,5     46,2
Università degli Studi di Napoli Parthenope                                       29,5     36,1              43,1     46,0
Università degli Studi della Calabria                                             30,0     36,0              43,1     43,6

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Se il segnale che viene dato all’entrata del mercato dai laureati dagli atenei del nord e privati
consente un salario iniziale relativamente più alto dei loro pari, anche tutto il loro percorso di
carriera viene influenzato. La crescita retributiva che si osserva tra la prima e l’ultima classe di età
considerate vede comunque sul podio le tre private con 83% per i laureati della Cattolica, il 79%
per chi arriva dalla LUISS e il 71% per chi arriva dalla Bocconi (Tabella 7.1). Non stupiscono, dunque,
i risultati riportati in Tabella 7.2. I laureati della Bocconi, della LUISS e del Politecnico di Milano
ricoprono più spesso il ruolo di dirigente o quadro.
Tabella 7.2. Composizione percentuale dei profili di ogni ateneo per inquadramento
                                 ATENEO                                      Dirigenti            Quadri      Impiegati
Università Commerciale Luigi Bocconi                                              16,1               27,6       56,3
LUISS Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli            10,7               24,3       65,1
Politecnico di Milano                                                             9,8                21,5       68,8
Università degli Studi di Genova                                                  8,7                22,7       68,7
Università di Roma La Sapienza                                                    8,6                25,3       66,1
Università degli Studi di Trieste                                                 7,6                16,8       75,6
Università degli Studi di Pavia                                                   7,5                20,6       72,0
Università degli Studi di Milano                                                  7,5                19,9       72,6
Alma mater studiorum Università di Bologna                                        7,4                16,7       75,9
Politecnico di Torino                                                             7,3                21,7       71,0
Università degli Studi di Firenze                                                 7,1                18,3       74,6
Università Cattolica del Sacro Cuore                                              7,1                18,7       74,2
Università degli Studi di Pisa                                                    6,9                19,5       73,6
Università degli Studi di Napoli Federico II                                      6,7                23,7       69,6
Università degli Studi di Padova                                                  6,6                15,7       77,7
Università degli Studi di Torino                                                  6,2                21,7       72,1
Università degli Studi di Siena                                                   6,2                19,3       74,5
Università degli Studi di Brescia                                                 5,9                12,5       81,6
Università degli Studi di Roma Tor Vergata                                        5,9                21,9       72,2
Università degli Studi di Perugia                                                 5,9                16,9       77,2
Università Ca Foscari di Venezia                                                  5,7                14,9       79,4
Università degli Studi di Parma                                                   5,6                17,1       77,3
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia                                  5,4                12,4       82,2
Università Politecnica delle Marche                                               5,3                15,1       79,5
Università degli Studi Roma Tre                                                   5,2                19,9       74,9
Università degli Studi di Trento                                                  4,8                12,8       82,4
Università degli Studi di Udine                                                   4,7                12,4       82,9
Università degli Studi di Cagliari                                                4,6                16,7       78,7
Università degli Studi dell'Aquila                                                4,5                20,0       75,5
Università degli Studi di Catania                                                 4,1                18,0       77,9
Università degli Studi di Palermo                                                 4,1                21,0       74,9
Università degli Studi di Bari                                                    4,0                18,7       77,3
Università degli Studi di Bergamo                                                 3,9                10,7       85,4
Università degli Studi della Calabria                                             3,7                16,4       79,9
Università degli Studi di Verona                                                  3,6                11,3       85,1
Università degli Studi di Ferrara                                                 3,6                8,1        88,3
Università degli Studi di Messina                                                 3,5                20,9       75,6
Politecnico di Bari                                                               3,4                20,4       76,2
Università degli Studi di Napoli Parthenope                                       3,4                16,3       80,3
Università degli Studi di Milano Bicocca                                          2,3                13,5       84,2

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