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UFFICIO DEI RESOCONTI
                                         BOZZE NON CORRETTE

Senato della Repubblica                 Camera dei deputati

Giunte e Commissioni                    XVIII LEGISLATURA

 RESOCONTO STENOGRAFICO                      n. 55

 COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'INDIRIZZO
 GENERALE E LA VIGILANZA DEI SERVIZI
 RADIOTELEVISIVI

 AUDIZIONE DEL PRESIDENTE E DELL'AMMINISTRATORE
 DELEGATO DELLA RAI

 76a seduta: martedì 23 novembre 2021

 Presidenza del presidente BARACHINI

    AU
Commissione parlamentare per l'indirizzo                        BOZZE NON CORRETTE
generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi

                                           INDICE

   Audizione del Presidente e dell'Amministratore delegato della Rai

PRESIDENTE:                                              SOLDI, Presidente della Rai….
-     BARACHINI                 (FIBP-UDC),              FUORTES, Amministratore delegato
senatore....                                             della Rai…

         Sigle dei Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica: Forza Italia Berlusconi Presidente-
UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo
d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-
PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-Idea-Cambiamo!-Europeisti: Misto-I-C-EU;
Misto-Italexit per l'Italia-Partito Valore Umano: Misto-IpI-PVU; Misto-Italia dei Valori: Misto-IdV;
Misto-Liberi e Uguali-Ecosolidali: Misto-LeU-Eco; Misto-Movimento associativo italiani all'estero:
Misto-MAIE; Misto-+Europa - Azione: Misto-+Eu-Az; Misto-Partito Comunista: Misto-PC; Misto-Potere
al Popolo: Misto-PaP.

          Sigle dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati: Movimento 5 Stelle: M5S; Lega - Salvini
Premier: Lega; Partito Democratico: PD; Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI; Fratelli d'Italia: FDI;
Italia Viva: IV; Coraggio Italia: CI; Liberi e Uguali: LEU; Misto-MAIE-PSI-FacciamoEco: M-MAIE-PSI-
FE; Misto-Noi Con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: M-NCI-USEI-R-AC; Misto: Misto; Misto-
Alternativa: Misto-A; Misto-Centro Democratico: Misto-CD; Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-
Min.Ling.; Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

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      Intervengono il presidente della Rai, dottoressa Marinella Soldi,
accompagnata dall'avvocato Nicola Claudio, direttore dello staff del
presidente, e dalla dottoressa Frediana Biasutti, portavoce del presidente, e
l'amministratore delegato della Rai, dottor Carlo Fuortes, accompagnato
dal dottor Nicola Pasciucco, direttore dello staff dell'amministratore
delegato, e dal dottor Luca Mazzà, direttore dell'ufficio relazioni
istituzionali della Rai.

      I lavori hanno inizio alle ore 13,35.

     (Si approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del

Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta

odierna, per quanto concerne l'audizione all'ordine del giorno, sarà assicurata

mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso, la

trasmissione in diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e, in differita,

sul canale satellitare della Camera dei deputati.

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      Avverto che dell'audizione odierna verrà redatto e pubblicato il

Resoconto stenografico.

      Se non vi sono osservazioni, così resta stabilito.

Audizione del Presidente e dell'Amministratore delegato della Rai

PRESIDENTE. L'ordine del giorno l'audizione del presidente e

dell'amministratore delegato della Rai.

      Saluto e ringrazio la dottoressa Marinella Soldi, presidente della Rai,

e il dottor Carlo Fuortes, amministratore delegato della Rai, per la

disponibilità ad intervenire nella seduta odierna.

      L'audizione all'ordine del giorno potrà essere utile per fornire alla

Commissione ogni elemento informativo utile circa il modello organizzativo

per generi, deliberato dal consiglio di amministrazione della Rai, insieme

alle recenti nomine dei direttori.

      Tale scelta aziendale riveste un'indubbia rilevanza ed impone di

conoscere i dettagli complessivi dell'operazione e della visione di ordine

strategico che l'Azienda intende seguire per l'adozione del preannunciato

piano industriale 2022-2024.

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      Inoltre, il modello organizzativo orizzontale per generi si ripercuote

sul ruolo del servizio pubblico, sulle funzioni delle reti, sulle stesse linee

editoriali che in concreto saranno esercitate, senza dimenticare anche

l'impatto sul personale della stessa riorganizzazione complessiva e l'attenta

verifica dei costi che potrebbero determinarsi.

      Ulteriori, specifici aspetti meritevoli di attenta considerazione

attengono alla oggettiva rilevanza editoriale delle nomine concernenti le

direzioni sport ed approfondimento informativo e, più in generale, al peso ed

alla natura delle stesse nomine dei direttori di genere che incidono anche sul

tema del pluralismo, valore da tutelare attentamente all'interno del nuovo

formato organizzativo.

      Gli argomenti appena richiamati saranno peraltro oggetto di una

specifica iniziativa che la Commissione potrebbe intraprendere per esercitare

il proprio ruolo di vigilanza e di controllo per verificare in via preliminare i

dettagli complessivi dello stesso piano industriale e i termini che riprendono

o superano il precedente piano industriale 2019-2021; come concordato

nell'ultima riunione dell'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti

dei Gruppi, sulla falsariga di quanto già avvenuto in occasione del precedente

piano industriale, potrà quindi essere adottato un atto di indirizzo contenente

precisi inviti ed impegni rivolti all'Azienda.

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      Le tematiche indicate, insieme ad alcuni ragguagli in ordine alle

progettualità che la Rai potrebbe attivare, attingendo alle risorse messe a

disposizione dal Piano nazionale di ripresa e di resilienza, possono quindi in

questa sede essere oggetto di un confronto approfondito, nel rispetto del

reciproco ruolo della Commissione e della società concessionaria e con il

comune intento di valorizzare e migliorare il servizio pubblico.

      La dottoressa Marinella Soldi è accompagnata dall'avvocato Nicola

Claudio, direttore dello staff della presidente, e dalla portavoce dottoressa

Frediana Biasutti. Il dottor Fuortes è accompagnato dal dottor Giuseppe

Pasciucco, direttore dello staff dell'amministratore delegato, e dal dottor

Luca Mazzà, direttore delle relazioni istituzionali della Rai.

      Ricordo che, secondo quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento

del Senato, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica

in corso, per l'audizione odierna è consentita la partecipazione ai lavori con

collegamento in videoconferenza dei componenti della Commissione.

      Cedo quindi la parola alla dottoressa Soldi e al dottor Fuortes per le

esposizioni introduttive, alle quali seguiranno i quesiti da parte dei

commissari.

      Ricordo che alle ore 14,30 è prevista la seduta di Assemblea della

Camera dei deputati; chiedo pertanto ai Gruppi di riunire gli interventi anche

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per contingentarne i tempi. Eventualmente valuteremo di rinviare il seguito

dell'audizione ad un'altra seduta.

SOLDI. Signor Presidente, onorevoli commissari, ben trovati. Vi ringrazio

per questa nuova occasione di confronto.

       Non vi nascondo che sono stati giorni densi e impegnativi. La Rai è

un'azienda che non ha uguali, nel nostro Paese, per ampiezza, rilevanza e per

le particolari norme che la regolano. I passaggi aziendali di peso, come le

nomine, suscitano regolarmente un dibattito acceso. A pesare in questi

momenti di svolta sono gli equilibri complessi dell'attuale governance della

Rai.

       Non bisogna poi dimenticare che la nostra Azienda, è una società per

azioni di interesse nazionale, dunque di diritto privato, che riveste al

contempo natura di organismo di diritto pubblico ai fini dell'applicazione del

codice dei contratti pubblici. Un unicum giuridico che ha un impatto non solo

sulle modalità di gestione aziendale, ma anche sulle possibilità di accesso al

PNRR, di competere sul mercato e sulla capacità di compiere la

trasformazione digitale, argomento questo di cui darò conto durante

l'audizione, come sollecitato.

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      Una breve introduzione prima di lasciare la parola all'Amministratore

delegato, che spiegherà in dettaglio il nuovo modello organizzativo, già

approvato nella precedente consiliatura, il 6 marzo 2019, e che abbiamo

semplicemente aggiornato. Con il vertice e il consiglio di amministrazione il

nostro compito è attuarlo con un modello ancora più digitale, rimettendolo

al passo con i tempi, in un contesto mutato. È quanto hanno fatto i media di

servizio pubblico europei già da diversi anni.

      In questo momento - per pura coincidenza temporale - si intersecano

tre piani di azione diversi che riguardano il futuro dell'azienda e che insieme

possono rendere ancor più efficace e coerente la nostra azione. In primo

luogo, si attua il modello per generi e si delinea il piano industriale 2023-

2027. In secondo luogo, è il momento di definire il nuovo contratto di

servizio 2023-2027. Infine, entra nel vivo l'attuazione del Piano nazionale di

ripresa e resilienza.

      Dunque, il contratto di servizio e il PNNR rappresentano ulteriori

occasioni da cogliere per rafforzare l'impianto strategico ed operativo

dell'azienda. E tutti questi elementi (riforma per generi, piano industriale,

contratto di servizio e PNRR) devono essere considerati in modo sinergico,

così da potersi potenziare a vicenda e creare un impianto progettuale, che

vada oltre la nostra consiliatura. Infatti, come in qualsiasi altra azienda, una

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trasformazione così profonda, urgente e necessaria, richiede normalmente

cinque anni, ma dobbiamo essere consapevoli dell'unicum giuridico che

incide sulle possibilità di successo. Occorre quindi considerare alcuni fattori:

il Parlamento, che è l'editore e richiede una mediazione tra equilibri a volte

in contrapposizione; i competitor, che sono privati e dunque snelli, agili,

veloci e capaci di attrarre talento con progetti, competenze e condizioni di

lavoro ottimali; la natura di organismo di diritto pubblico, che imbriglia il

processo di cambiamento perché deve tener conto di un codice d'appalti

adatto ad un contesto stabile, senza mutamenti e che non tiene conto

necessariamente di imprevisti e rischi.

      Inoltre, servono risorse certe e adeguate, perché come l'amministratore

delegato ha dettagliatamente illustrato nella scorsa audizione, i conti

dell'azienda non ci permettono di investire nel nuovo e al contempo di

mantenere intatto l'esistente. Perciò, si tratta di fare insieme - insieme al

consiglio di amministrazione e insieme a questa Commissione di indirizzo e

controllo - delle scelte e di definire delle priorità, in linea con la missione del

servizio pubblico e con il contesto in cui siamo.

      Per quanto riguarda il contesto - e qui faccio un accenno al modello

dei generi di cui parlerà l'Amministratore delegato - la scorsa settimana

Censis e Auditel hanno presentato il rapporto annuale sulla comunicazione,

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di cui avrete sicuramente sentito, «Italia multiscreen, dalla smart TV allo

schermo in tasca, così il Paese corre verso il digitale», un titolo che già da

solo ci fa capire come la trasformazione in servizio pubblico multimediale

digitale e multipiattaforma non sia rinviabile.

      Questo autunno la TV tradizionale ha perso quasi 2 milioni di

spettatori al giorno, rispetto allo stesso periodo di due anni fa. Un calo che

gli esperti definiscono strutturale e non casuale.

      Televisione e radio restano centrali per gli italiani, ma in modalità di

fruizione tendenzialmente sempre meno lineari: il digitale ibrida, assorbe e

trasforma i media tradizionali, avviandosi a diventare la modalità di fruizione

principale. Basta pensare che 7 milioni e mezzo di italiani guardano la TV

tradizionale su Internet, in aumento del 25 per cento nell'ultimo anno. Il

canone, oggi, non tiene conto necessariamente di queste nuove modalità di

fruizione.

      Il modello dei generi è una risposta al nuovo contesto digitale e

ribadisco che la maggior parte dei media di servizio pubblico europei ha già

da anni avviato un massiccio processo di trasformazione (da ultimi France

Télévisions in Francia, RTVE in Spagna, ORF in Austria).

      La trasformazione poggia su due pilastri: da un lato, nuovi criteri di

allocazione delle risorse tra offerta tradizionale e offerta digitale; dall'altro,

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una riorganizzazione dei modelli produttivi basata sulla centralità dei

contenuti.

      La centralità dei contenuti è infatti strettamente legata all'evoluzione

digitale in una logica multicanale e multipiattaforma. Adeguare la nostra

organizzazione ai tempi e alle modalità di fruizione dell'era digitale significa

rispondere meglio ai bisogni dei cittadini, senza lasciarne fuori nessuno. È

l'essenza del servizio pubblico e del pluralismo.

      Le tecnologie e i modelli digitali vanno pensati proprio in questa

direzione: come un'enorme occasione e opportunità per arricchire il quadro

d'insieme dal punto di vista dei benefici che ne può trarre il cittadino. Il

progetto digitale della Rai porta in sé maggiore diversità e maggiore

pluralismo sociale e culturale.

      Mi soffermo su cosa vuol dire questa profonda trasformazione

digitale. La Rai ha avviato una prima fase di passaggio al digitale, ma questo

è complesso, non solo perché richiede investimenti, spesso ingenti, per la

sostituzione delle infrastrutture tecnologiche, ma anche perché richiede una

modifica radicale dei processi e una conseguente ristrutturazione del lavoro

e delle mansioni. Inoltre, è necessaria una adeguata formazione del

personale, un cambio di cultura.

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      Il processo già è complesso, lungo ed articolato; in più, a rendere

sempre tutto più difficile - e qui ritorna il tema - c'è la forma giuridica della

Rai, l'intreccio di profili privatistici e pubblicistici nelle norme che la

riguardano e che rallentano molti passaggi: pensiamo ai tempi degli appalti

- che sono sottoposti al codice dei lavori pubblici - e alla difficoltà nel

reclutare risorse umane adeguate alle nuove sfide aziendali. In Italia

scarseggia il personale con competenze digitali, tanto che l'85 per cento delle

aziende non riesce a trovarlo. Per attrarre i nuovi talenti digitali c'è bisogno

di risorse adeguate, di cui al momento Rai non dispone.

      Passo ora ad affrontare la congiunzione tra il modello per generi e il

contratto di servizio.

      In questo nuovo sfidante contesto, il servizio pubblico ha un ruolo

cruciale per il Paese. Il nuovo contratto di servizio rappresenta uno strumento

essenziale per aggiornare e rafforzare questo ruolo - anche in futuro -

basandolo su quattro aggettivi ambiziosi: rilevante, inclusivo, sostenibile,

credibile.

      Rilevante perché deve essere riferimento per l'utente, aiutandolo ad

acquisire contenuti e competenze aggiornati, per il sistema Paese, investendo

nello sviluppo delle tecnologie che danno accesso ai contenuti, e per il

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mercato audiovisivo italiano, grazie al suo contributo quantitativo e

qualitativo.

       Inclusivo perché si rivolge, dà voce e tiene conto di tutte le fasce di

utenti: giovani, anziani, soggetti fragili, fasce meno abbienti, persone con

disabilità, minoranze linguistiche. E anche donne penalizzate dal gender gap.

       Sostenibile, perché dà il proprio contributo al benessere dell'individuo

e della società; perché deve avere una sostenibilità economico finanziaria e

contribuire anche alla sostenibilità ambientale, nei contenuti e nella filiera

produttiva.

       Credibile: in primo luogo nel campo dell'informazione, con un'offerta

accurata e pluralista, nel contrasto alle fake news. E con una proposta

audiovisiva di qualità in ogni genere di contenuti.

       Ci aspettiamo che il nuovo contratto di servizio - la cui supervisione

rientra nell'ambito delle specifiche deleghe della presidente - identifichi

obiettivi ambiziosi ma realizzabili, stabilendo parametri oggettivi, che

rendano possibile monitorare i risultati. In una parola numeri, che inchiodino

tutti all'evidenza della realtà.

       Per coordinare le attività legate alla definizione delle proposte Rai per

il testo del contratto di servizio 2023-2027 è stato istituito un gruppo di

lavoro aziendale. A questo gruppo partecipano specifiche direzioni. Il lavoro

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di interlocuzione con i soggetti istituzionali è già stato avviato: il Ministero

per lo sviluppo economico, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e

infine la Commissione di vigilanza.

      La terza congiuntura riguarda il PNRR. Le nuove sfide che Rai dovrà

affrontare con il prossimo contratto di servizio e il nuovo piano industriale,

si ritrovano anche nel PNRR: «Italia Domani», il Piano nazionale di ripresa

e resilienza presentato dall'Italia, rappresenta un'opportunità imperdibile di

sviluppo, investimenti e riforme. Il PNRR contribuirà in modo sostanziale a

ridurre i divari territoriali, quelli generazionali e di genere

      In questo quadro Rai vuole giocare un ruolo importante, rivestendo il

compito di contribuire, direttamente, tramite iniziative pratiche e concrete, e

indirettamente, tramite linguaggi e iniziative dedicate, al raggiungimento

degli obiettivi del Piano. A tale scopo, viene istituito un apposito gruppo di

lavoro incaricato di raccogliere, efficientare e integrare le iniziative inerenti

al PNRR.

      Ricordo che il Piano si sviluppa intorno a tre assi strategici condivisi

a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica,

inclusione sociale, le stesse parole che ritroviamo anche nel contratto di

servizio, articolandosi attraverso sei missioni.

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      Va precisato che Rai, come organismo di diritto pubblico, non può

accedere direttamente agli stanziamenti che il piano prevede per le pubbliche

amministrazioni. Questo è un tema importante: la nostra personalità giuridica

ibrida non ci favorisce e possiamo solo accedere ai bandi dei diversi

Ministeri.

      Nel frattempo, stiamo formulando due progetti specifici con il

Ministero della cultura e il Ministero per l'innovazione tecnologica e la

transizione digitale. Con il Ministero della cultura ci stiamo occupando della

valorizzazione archivi: le teche Rai rappresentano un patrimonio culturale

dell'intero Paese, inserite nel registro della memoria d'Italia da parte

dell'UNESCO. Le immagini e le registrazioni storiche, su pellicola,

straordinarie, sono però state digitalizzate solo in minima parte: il 3 per

cento. Il resto è registrato su supporti a rischio deterioramento, le pellicole

in particolare. Mettere in salvo tutto l'archivio digitalizzandolo e

metadatandolo permetterebbe, oltre alla conservazione e all'archiviazione, il

riutilizzo da parte di enti e istituzioni, grazie a tecniche di intelligenza

artificiale e QR code.

      Con il Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale

stiamo impostando un progetto per l'alfabetizzazione digitale di tutti i

cittadini, di ogni età e specialmente di chi è più fragile e/o anziano. L'Italia è

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al ventesimo posto nell'indice di digitalizzazione dell'economia e della

società (DESI), che misura la digitalizzazione di economia e società tra i

paesi dell'Unione europea, ed è al venticinquesimo, cioè al terzultimo posto,

per quanto riguarda le abilità digitali. Dati questi particolarmente

preoccupanti, su cui bisogna incidere assolutamente, in tutti i modi possibili.

      Infine, tra i capisaldi del contratto di servizio e tra i riferimenti per

l'attuazione del PNRR ci sono due temi trasversali su cui vorrei soffermarmi.

      Il primo è l'inclusione: sul tema, per la prima volta l'Italia ha una

strategia nazionale per la parità di genere. La parità di genere non è un tema

di moda per amanti del politically correct. È invece un volano di sviluppo

economico, un caposaldo del progresso ed è una questione che per la Rai,

come per il Paese, deve essere centrale. Si tratta del 50 per cento dei cittadini.

Non possiamo accettare che l'Italia resti al quattordicesimo posto in Europa

per uguaglianza di genere, con un punteggio al di sotto della media europea.

Ci si affaccia al 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne, e i

dati agghiaccianti del nostro Paese parlano di un femminicidio ogni tre

giorni, oltre 100 dall'inizio di quest'anno. Sono indicatori drammatici che

significano che c'è ancora molta strada da fare.

      Con il nuovo contratto di servizio anche la Rai dovrà incidere di più

sul tema dell'uguaglianza donna-uomo. In azienda abbiamo appena istituito

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un comitato parità di genere interdirezionale e coordinato dallo staff della

presidenza, che agirà attraverso una duplice linea di intervento: la prima, on

the screen, quella editoriale, è relativa ai contenuti che offriamo al pubblico.

La presenza femminile nella nostra programmazione è al 37 per cento, nella

parte bassa dei media di servizio pubblico europei. Le donne sono chiamate

principalmente a rappresentare e raccontare le proprie esperienze personali;

molto più raramente a mostrare le proprie competenze. Solo il 22,3 per cento

degli esperti nei nostri programmi è femmina. Ed è qui allora che dobbiamo

agire, anche aiutandoci con iniziative mirate, condivise con altri media di

servizio pubblico europei. Penso a «No women no panel - Senza donne non

se ne parla», un'iniziativa che ha ricevuto l'adesione del Capo dello Stato,

che Radio 1 Rai ha già fatto sua e che vorremmo che l'azienda tutta adottasse.

Essa consiste in un impegno semplice: nelle discussioni, nei dibattiti vanno

invitati esperti sia uomini sia donne. Per il peso che riveste nella società

italiana, la Rai ha il compito di mostrare al Paese che lavoro e competenza

non sono faccende più importanti per gli uomini che per le donne, come

invece ancora pensa un terzo degli italiani (ce lo dice l'Istat).

      La seconda linea d'intervento è off the screen. Il comitato gender

equality agirà poi sul lato gestionale, per promuovere misure che portino a

pari opportunità di lavoro, carriera, stipendi e poteri all'interno dell'azienda.

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Al riguardo voglio riportare la vostra attenzione sulle recenti nomine,

approvate dal consiglio di amministrazione, di tre direttrici alla guida di tre

fondamentali testate giornalistiche: il TG1 (ed è la prima volta per una

donna), il TG3 e lo Sport Rai. Sono state premiati esperienza e merito; e la

professionalità e l'onestà delle direttrici sarà certamente la chiave di garanzia

per un'informazione rispettosa del pluralismo.

      Oltre all'inclusione, l'altro tema trasversale a contratto di servizio e

PNRR è la credibilità. La lotta alle fake news e la media literacy sono un

altro ambito di particolare importanza ed urgenza su cui lavorerà un comitato

che coinvolge ampi settori dell'azienda. Due le linee di intervento: una

finalità educativa e culturale, che si realizza con la appropriata definizione e

diffusione di principi e tecniche di media literacy e con la capacità di

proposta e gestione, verso la società esterna, di progetti anche complessi; una

finalità etica e sociale, che si concretizza nella creazione e diffusione di beni

informativi comuni sui temi delicati e controversi che più frequentemente

generano il fenomeno delle fake news.

      Siamo convinti che un'informazione pluralista ed equilibrata, attenta

alle diversità di opinioni ed alla massima libertà di espressione di pensiero,

debba sempre e comunque connotarsi come affidabile e credibile, dunque in

grado di contrastare il fenomeno delle fake news. Con notizie e commenti di

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ogni genere abbiamo avuto a che fare anche noi, come azienda e come

vertici, in questi giorni in cui la Rai ha tenuto banco sulle pagine politiche.

Al di là delle posizioni di ognuno, voglio sottolineare che abbiamo lavorato

con impegno e convinzione, nel rispetto dei criteri che la legge ci impone.

      I mesi che abbiamo davanti costituiscono un passaggio cruciale,

un'occasione da non perdere. Mi auguro, ci auguriamo l'amministratore

delegato Carlo Fuortes ed io, che potremo lavorare in sintonia con questa

Commissione e realizzare nel più proficuo dei modi sia la modernizzazione

della Rai, sia il rinnovo del contratto di servizio nell'ottica di un suo

adeguamento al nuovo ecosistema digitale.

      Lascio ora la parola all'amministratore delegato e vi ringrazio per la

vostra attenzione.

FUORTES. Signor Presidente, signori commissari, buon pomeriggio. Vorrei,

in apertura di questa audizione, informare la Commissione in merito alle

recenti nomine dei direttori dei telegiornali e delle altre testate. Ho letto e

ascoltato molte valutazioni su quanto è stato fatto e sento il dovere di esporre

a voi quale è stato il mio operato e quali sono stati i criteri ai quali mi sono

attenuto.

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       Vi devo subito dire che ho letto e sentito molte imprecisioni e scenari

distorti.

       Veniamo al dunque. Lo statuto della Rai, che riprende quanto disposto

dalla legge n. 220 approvata dalle Camere nel 2015, assegna

all'amministratore delegato i poteri di nomina di tutti i dirigenti dell'azienda.

Ribadisco: il potere di nomina dei dirigenti è dell'amministratore delegato e

non del consiglio di amministrazione, il quale invece ovviamente ha molti

altri poteri aziendali previsti dallo statuto. Lo statuto, in applicazione della

legge, specifica questo potere dell'amministratore delegato e, per le nomine

dei diversi dirigenti, lo articola in tre diverse procedure.

       In primo luogo, la nomina dei dirigenti - che non siano direttori di

testata, rete, canale - avviene in autonomia dal parere del consiglio di

amministrazione. Nel rispetto assoluto dello statuto, è quanto è avvenuto nel

caso dei direttori di corporate e di altri dirigenti nominati, per i quali ho

compiuto le scelte nella mia autonomia prevista dall'ordinamento. Sempre

nel rispetto dello statuto, anche in futuro queste nomine saranno compiute in

autonomia.

       Per la nomina dei direttori di rete e di canale, la legge e lo statuto

prevedono il parere obbligatorio da parte del consiglio di amministrazione.

Non si tratta di una delibera di approvazione, ma di un parere che viene

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specificato essere non vincolante. Il regolamento del consiglio stabilisce che

almeno ventiquattr'ore prima della riunione del consiglio di amministrazione

vengano inviati al consiglio stesso i nomi e i curricula dei designati, per

consentire ai consiglieri di effettuare una valutazione adeguata per poi

esprimere il parere. Non trattandosi di approvazione ma di pareri, non è

prevista una fase di discussione preventiva collegiale da parte del consiglio.

      Per i direttori di testata (terza fattispecie), attraverso la legge n. 220

del 2015 il Parlamento ha stabilito che il parere sia invece vincolante se

espresso dai due terzi dei membri del consiglio di amministrazione. Dunque

per l'amministratore delegato avere un accordo nel consiglio di

amministrazione sui nomi che propone è indispensabile. Come voi sapete, la

maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, 4 su 7, è

nominata dai due rami del Parlamento, pertanto sono espressione delle

diverse forze politiche che lo compongono. E dunque sono la legge e lo

statuto a chiedere che l'amministratore delegato, contrariamente rispetto a

quanto prescritto per altre fattispecie, crei le condizioni per un parere

positivo nel consiglio di amministrazione, pena, altrimenti, l'impossibilità

delle nomine dei direttori di testata.

      Quanto ho fin qui riepilogato è scritto nella legge e nello statuto ai

quali io e l'azienda, della quale ho l'onore di essere amministratore delegato,

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siamo tenuti ad attenerci. Non si tratta di una scelta dell'amministratore

delegato, qualunque sia la valutazione e l'opinione che io possa avere su di

essa.

        Ho dunque rispettato le norme esistenti in materia. A voi, e attraverso

di voi al Parlamento, intendo confermare che lo ritengo da parte mia

doveroso      nei   confronti    dell'ordinamento      e    del    ruolo    stesso

dell'amministratore delegato, che non sta a me dilatare oppure restringere

rispetto a come è delineato dalla normativa. Ripeto, da amministratore sono

tenuto a rispettare quanto stabilito dalla legge e dallo statuto. Ed è quanto ho

fatto e quanto farò in seguito, prendendo le decisioni in autonomia, quando

questo è previsto, e ricercando la condivisione del consiglio di

amministrazione, quando questo è richiesto, ovviamente in ogni caso sulla

base della competenza delle designazioni e nell'interesse dell'azienda.

        Sono molto soddisfatto delle nomine fatte per i direttori delle testate.

Rispondono ai criteri previsti dal contratto di servizio: equilibrio, pluralismo,

completezza, obiettività, imparzialità, indipendenza e apertura alle diverse

istanze politiche e sociali. Credo si tratti di scelte in sintonia con le esigenze,

vantaggiose per l'azienda e per l'intera società italiana, di accrescere la

presenza delle donne in ruoli riservati in precedenza per lo più a maschi.

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      Come sapete, le proposte sono state accolte a larga maggioranza. Sono

state approvate con cinque voti a favore e uno contrario (tranne due nomine

con quattro voti a favore, un'astensione e un voto contrario). Vi devo dire

che ho lavorato alla proposta complessiva con l'obiettivo di raggiungere un

voto unanime e mi dispiace non averlo raggiunto.

      Questo è quanto volevo dirvi prima di passare all'approfondimento sul

modello organizzativo per generi, che voi già conoscete, in quanto già

approvato nel 2019 in questa Commissione. Ho quindi ritenuto di limitare

l'esposizione alle principali differenze rispetto al modello approvato nel

2019, per poi entrare più nel dettaglio degli effetti che auspichiamo.

      L'evoluzione verso un modello organizzativo basato sui contenuti e

multipiattaforma è determinata da tre fattori guida di cambiamento. Il primo

fattore è associato al fatto che l'utente nella giornata usa più di una

piattaforma, non solo quella lineare e quindi l'approccio complessivo

dell'offerta deve essere adattato a questo. L'altro principale fattore sta nella

separazione della responsabilità tra canali e contenuti, con una

specializzazione dei ruoli. Il terzo fattore riguarda le efficienze e le sinergie

editoriali e produttive che si ottengono.

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      Nelle slide che vedete e che lascerò alla Commissione sono

visivamente     messi    a   confronto   il   modello   attuale   con   quello

multipiattaforma.

      Il modello per generi approvato nel 2019, pur essendo da noi ritenuto

molto valido (è stato votato da tutto il consiglio di amministrazione

all'unanimità), non è stato applicato e questo ha costituito il problema

principale. Rispetto a questo, l'esperienza di questi due anni ha indotto ad

apportare alcune variazioni: il canale Rai Play, che nel piano industriale era,

appunto, considerato un canale, è invece diventato un editore di contenuti

digitali; il coordinamento generi era un ruolo di indirizzo ed è stato

trasformato in ruolo in cui le responsabilità sono divise tra marketing,

finanza e pianificazione generi; il genere sviluppo nuovi formati aveva una

missione non chiaramente focalizzata sullo sviluppo e sulla ricerca di nuovi

formati e sull'offerta digitale.

      Il modello approvato ha previsto, alla luce delle lezioni

dell'esperienza, degli interventi di messa a punto, con il superamento del

ruolo del coordinatore generi, l'integrazione di Rai Play nel modello per

generi, l'evoluzione del genere sviluppo nuovi formati e l'evoluzione dello

sport come genere.

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      Al fine di evitare possibili sovrapposizioni organizzative e garantire

stabilità al nuovo modello per generi, il ruolo del coordinatore generi è stato

superato prevedendo meccanismi di coordinamento più snelli e flessibili. Per

quanto riguarda l'integrazione di Rai Play nel modello per generi, i contenuti

digitali verranno sviluppati in un'ottica multipiattaforma direttamente dai

generi; Rai Play e Digital si focalizzerà sullo sviluppo dell'ecosistema

digitale Rai e sulla definizione del catalogo dell'offerta della piattaforma Rai

Play all'interno della distribuzione. Il genere sviluppo nuovi formati è stato

trasformato in contenuti digitali per favorire all'origine lo sviluppo di

contenuti adeguati alle piattaforme digitali e alla ricerca e all'ideazione di

formati innovativi. Infine, è stato introdotto il genere sport, facendovi

confluire l'attuale testata Rai Sport e le attività di pianificazione dei diritti

sportivi. La responsabilità del palinsesto dei canali sportivi è stata attribuita

alla distribuzione.

      Credo veramente che il modello organizzativo per generi ora

presentato ci darà la possibilità di innovare la programmazione della Rai e ci

consentirà di realizzare un nuovo servizio pubblico.

      Come ho avuto occasione di far presente in precedenza, quando ho

avuto l'onore di essere audito da voi in Commissione, e come ha ampiamente

ricordato poc'anzi la presidente Soldi, la Rai, e più in generale il nostro Paese,

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si trovano di fronte a cambiamenti tecnologici e di abitudini dei cittadini che,

per molti versi, impongono ripensamenti dei nostri modi di lavorare e di

agire.

         Aggiungo che ciascuno di noi, in relazione al proprio ruolo, sarà

giudicato da chi verrà dopo di noi su quanto e come avrà contribuito, o non

contribuito, a sfruttare le potenzialità fruttuose, positive, di questa

rivoluzione quasi inimmaginabile nel secolo scorso. E sarà giudicato anche

su quanto e come avrà fornito il proprio contributo a indirizzare le

innovazioni, e l'utilizzo di queste, verso un'evoluzione rispettosa di diritti, di

doveri, di categorie svantaggiate o deboli e non verso involuzioni.

         La Rai e l'informazione pubblica hanno, di fatto, tra i propri compiti

quello di illuminare la strada affinché ogni cittadino possa percorrerla con

quanta più consapevolezza è possibile delle sfide del nostro tempo. Perché

sono sfide che riguardano direttamente quella cittadina o quel cittadino,

perché investono la sua vita, il suo lavoro o la sua mancanza di lavoro,

l'ambiente nel quale vive e persino i suoi modi di essere in rapporto con gli

altri.

         Il servizio pubblico deve rappresentare la nostra comunità. Nell'attuale

straordinaria frammentazione di offerta globale e multipiattaforma è forse

più necessario che mai un nuovo servizio pubblico che rappresenti il nostro

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Paese e i valori della nostra collettività, in modo consistente e inclusivo.

Tutt'altra cosa dalle televisioni commerciali o dai grandi player multimediali

internazionali.

      La Rai, a mio avviso, ha oggi tra gli altri questo grande compito:

accompagnare e favorire con il massimo sforzo la ripartenza e lo sviluppo

del nostro Paese dopo la pandemia del Covid-19. Nei momenti più intensi

della crisi sanitaria, le nostre reti televisive e radiofoniche, ogni nostra fonte

di informazione hanno dato un contributo rilevante nel mantenere la coesione

sociale di un Paese messo alla prova dal virus, dalla sua violenza contro vite,

salute e occupazione di numerosi italiani. Le sedi regionali e locali della

nostra azienda - una rete di sedi regionali e locali delle quali soltanto la nostra

azienda in Italia dispone - hanno permesso di far circolare anche lontano dal

punto di origine notizie e descrizioni di fenomeni di interesse collettivo,

altrimenti destinate a circolazioni meno ampie e limitate. È stato utile e

importante. Dobbiamo fare ancora di più.

      Se nelle crisi vanno individuate opportunità - e vanno individuate -

preparare il futuro significa anche non dimenticare da dove noi italiani

veniamo. Ritengo che la Rai abbia interpretato con grande efficacia in

passato, fin dagli anni Cinquanta durante la ricostruzione di un Paese

devastato dalla guerra, il proprio ruolo, e penso che abbia continuato a

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interpretarlo nei decenni successivi. Non lo dico al fine di cullarci in

nostalgie. Rispetto ad allora il quadro tecnologico, economico, politico e

sociale è del tutto diverso e adesso siamo noi, non le generazioni di allora, a

essere chiamati a prove nuove che richiedono allo stesso tempo inventiva,

perseveranza, tenacia, razionalità e metodo.

      La memoria della recente storia passata attraverso la televisione è un

potente fattore di creazione di un immaginario collettivo del Paese.

Quell'immaginario serve all'Italia sia per conoscere, sia per trasformare, dove

necessario e dove possibile, la realtà. Il racconto del Paese quale fattore di

legittimazione sociale delle sue componenti si è avvalso e può avvalersi della

fiction, dell'informazione, dell'approfondimento e dell'intrattenimento.

      È assolutamente indispensabile, è una rilevante questione nazionale,

creare le condizioni che consentano a Rai di svolgere nei prossimi anni una

funzione di fornitrice di conoscenza, informazioni, cultura - e, naturalmente,

anche svago - che sia tale da risultare in armonia con un'Italia proiettata verso

due nuove transizioni, quella digitale e quella ecologica. Faccio un esempio.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, come ha ricordato la presidente

Soldi, si pone l'obiettivo di dare un impulso decisivo al rilancio della

competitività dell'Italia. Possiamo pensare che la Rai non sia chiamata per

quanto le compete a contribuire a questo impulso? Viviamo nel Paese

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dell'Unione europea con il tasso più alto di giovani tra i quindici e i

diciannove anni che non risultano impegnati nello studio o nel lavoro.

Possiamo noi, tutti, non sentire la responsabilità di fare la nostra parte per

superare questa condizione?

      Possiamo credere che sia il caso di non riservare al più presto, anche

da parte di Rai, ogni sforzo per alfabetizzare verso le nuove tecnologie fasce

della nostra popolazione che per motivi di reddito, per posizione geografica,

per età, rischiano di essere fuori dalla rivoluzione tecnologica? Non risponde,

tutto ciò, al principio costituzionale della nostra Carta fondamentale dello

Stato, che ha tra i suoi compiti «rimuovere gli ostacoli di ordine economico

e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini,

impediscono il pieno sviluppo della persona umana»?

      Tutto ciò a cui siamo chiamati attualmente in Italia non può fare a

meno di una innovazione culturale. E per poter essere sempre più

protagonista della cultura e della sua innovazione l'azienda necessita sia delle

risorse, come ho avuto modo di dire qui in ottobre, sia del dinamismo

indispensabili per attraversare questa stagione nuova, munita di rotte e di

strategie all'altezza dei tempi.

      La Rai è l'azienda leader tra le diverse emittenti italiane. È la più

grande azienda culturale del Paese. Ho un grande rispetto per il modello Rai

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di servizio pubblico. Ma porteremmo danno, non beneficio, a questo modello

se si trascurasse che esso per funzionare e per dare risultati efficaci richiede

di essere innovato e aggiornato. Considero questo un interesse della nostra

comunità nazionale e di un Paese fondatore dell'Unione europea che, in un

mondo percorso da cambiamenti economici e geopolitici, vuole mantenere

rilievo internazionale e accrescerlo.

      Il modello di servizio pubblico a cui mi riferisco è riuscito in questi

settant'anni di vita a tenere insieme la cultura alta e quella bassa. In Europa

non sono stati molti gli esempi analoghi. Popolarità e qualità devono e

possono andare di pari passo per il servizio pubblico. Nella cultura, la buona

offerta genera la domanda e in Rai ci sono molti esempi: ancora più di adesso

devono fare scuola.

      Il modello organizzativo per generi che è stato approvato all'unanimità

dal consiglio di amministrazione dà le possibilità per innovare dalla radice

la programmazione della Rai e potrà consentire di realizzare un nuovo

servizio pubblico adeguato alle esigenze di sviluppo culturale, sociale,

economico, artistico del Paese. Dal mio punto di vista deve essere un servizio

pubblico che non insegue lo share come unico parametro di successo, ma

che propone e offre una vera e piena alternativa al modello di televisione

commerciale.

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      Joseph E. Stiglitz, autorevole economista statunitense, che mette su

piani analoghi l'aumento delle disuguaglianze economico-sociali e la crisi

climatica, ha affermato che il valore del prodotto interno lordo non basta più

a dire a quanti hanno responsabilità decisionali quanto devono sapere per

comprendere la realtà. Stiglitz ha sostenuto che «se oggi misuriamo la cosa

sbagliata, domani faremo la cosa sbagliata». Il professore, premio Nobel per

la scienza economica, ha scritto: «Se le nostre misure ci dicono che va tutto

bene quando in realtà non lo è, saremo compiaciuti». Lo share televisivo

secondo me, se non letto allargando lo sguardo, può essere come il PIL viene

considerato da Stiglitz per le nostre economie: può rivelarsi un'indicazione

fuorviante.

      So di pronunciare affermazioni che nel mondo televisivo possono

suscitare qualche riserva. Però lo share non riesce di per sé a misurare la

qualità di un programma, il suo valore culturale o quello artistico. Ne misura

la popolarità, la quale ha una sua importanza e tuttavia è altra cosa.

      Se acquisiamo tra i nostri valori e come obiettivo la coesione

nazionale, per esempio, non possiamo non rilevare che oggi come oggi nel

pubblico televisivo Rai la platea di persone adulte e anziane costituisce la

stragrande maggioranza, la componente prevalente. Sappiamo che i giovani

tendono a non guardare la TV, che usufruiscono attraverso canali

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multimediali dei prodotti ai quali sono interessati, ed è anche per questo che

dobbiamo applicare il nuovo modello esposto poco fa. Perché in linea teorica

noi potremmo aumentare lo share eppure diminuire nel pubblico le classi più

giovani coinvolte. Ciò sarebbe un peggioramento del servizio pubblico, non

un miglioramento. Immaginiamo invece una trasmissione che ottenga la

metà dello share medio della rete sulla quale va in onda, ma che questa quota

sia composta quasi esclusivamente da giovani. Rappresenterebbe un grande

risultato. Seguendo i criteri correnti, quella trasmissione andrebbe chiusa.

      Occorre aggiornare il servizio pubblico in modo che sia a beneficio di

tutte le generazioni. Allargare l'offerta a ogni mezzo tecnologico a

disposizione degli utenti è un aspetto ineludibile. Non vi dico: sarà facile. Lo

dico però sapendo che i cittadini che devono essere soddisfatti sono anche

altri, oltre al pubblico adulto abituato a frequentare la TV lineare, un settore

comunque da non perdere e che non bisogna rinunciare a soddisfare.

      In non pochi casi, in questi anni, le reti hanno prodotto programmi

culturali, di intrattenimento, culturali, di approfondimento con obiettivi che

forse si sono discostati dall'interesse generale, tipico del servizio pubblico. È

mancata una vera strategia editoriale aziendale che definisse obiettivi,

posizionamento, target di pubblico da coinvolgere.

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       Possiamo permetterci di farne a meno? È mia convinzione che a

perderne sarebbero non solo la Rai, ma innanzitutto l'Italia e gli italiani. Nella

mia concezione del servizio pubblico, i cittadini e gli utenti vengono prima

di alcuni dati di rilievo, per i quali non esiste un'unica, indiscutibile,

infallibile chiave di lettura.

       Qualunque ragionevole e proficua innovazione di linguaggio e di

prodotto adatta a innovare e a ringiovanire il pubblico non può trovare spazio

se non si cambiano le regole e non si aggiornano i criteri ai quali assegnare

il meritato valore. Sia chiaro: con questo non è che da domani

l'amministratore delegato si disinteressi dello share e trascuri la qualità

straordinaria dell'essere Rai e servizio pubblico leader di settore. Tutt'altro.

Significa che per portare nella platea del servizio pubblico le nuove

generazioni lo share non va inteso come una tagliola che uccide ogni

innovazione.

       Ho letto che alcuni commentatori sono impazienti sui tempi di

realizzazione dei cambiamenti della nuova amministrazione. Sono chiaro:

richiederanno anni e anche nuove energie dopo le nostre.

       Il palinsesto che durerà fino a maggio 2022 è stato presentato in

giugno, prima che arrivasse la presidente Soldi, prima che arrivasse il nuovo

consiglio di amministrazione e che arrivassi io. Non è possibile, e non

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sarebbe neanche corretto in mancanza di controindicazioni urgenti ed

evidenti, cancellare impegni contrattuali già presi dall'azienda e sottoscritti.

I cambiamenti si cominceranno a vedere nella prossima estate e più

compiutamente dal nuovo palinsesto 2022-2023 che dovrà iniziare a dare

nuova luce al servizio pubblico di Rai.

      Conta adesso la nuova direzione di marcia. Il mio massimo impegno,

credo di poter dire unito a quello della Presidente, del consiglio di

amministrazione e di tutte le lavoratrici e i lavoratori della Rai, sarà

indirizzato verso le nuove mete che ho indicato.

      Signor Presidente, signori commissari, vi ringrazio per l'attenzione e

sono a disposizione per le vostre domande.

PRESIDENTE. Vi ringrazio. Anche per l'importanza delle relazioni, che

chiedo alla presidente e all'amministratore delegato di farci avere, propongo

di aggiornare i nostri lavori ad una successiva seduta in modo da poter

esaminare i documenti e consentire ai componenti della Commissione di

rivolgere quesiti e svolgere considerazioni. Non facendosi osservazioni, così

rimane stabilito.

      Il seguito dell'audizione congiunta è quindi rinviato.

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     I lavori terminano alle ore 14,20.

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