TRA FORMAZIONE E TRASCENDENZA DEI CONFINI - Integrazione europea e stato-nazione
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TRA FORMAZIONE E TRASCENDENZA DEI CONFINI Integrazione europea e stato-nazione di Stefano Bartolini 1. Introduzione Il presente contributo si propone di fornire un quadro storico ed analitico per l’interpretazione del processo di integrazione europea. Si tratta di una sintesi, necessariamente condotta a grandi tratti, di un più ampio progetto di ricerca in corso1. Questo lavoro non discute le variazioni empiricamente ri- scontrabili tra casi nazionali, politiche e istituzioni specifiche, né si concen- tra su singoli aspetti esemplari. Piuttosto, esso cerca di connettere l’integra- zione europea al processo di formazione e consolidamento degli stati nazio- nali. Quest’ultimo ha portato a pieno compimento la differenziazione terri- toriale intra-europea a partire dalla comune eredità medievale basata sull’iden- tità culturale cristiana, il latino come lingua e cultura erudita, il diritto pubbli- co romano, il diritto comune germanico ed il diritto canonico ecclesiastico. Il processo di integrazione è interpretato come una nuova fase di sviluppo carat- terizzata da un processo non lineare di de-differenziazione territoriale. Tale de-differenziazione genera tensioni dovute allo scollamento tra ciò che era storicamente sovrapposto e coincidente nell’esperienza dello stato-nazione: il mercato e le fonti di produzione normativa da un lato, i principi di identi- tà, solidarietà e legittimità delle regole decisionali dall’altro. Nella prima parte l’articolo discute le origini storiche della tensione crescente implicita nel progetto di rimuovere alcuni confini funzionali dello stato-nazione, ridefinendoli in ambito territorialmente più allargato, lascian- do invece al suo interno i fondamentali processi di legittimazione nazionale, sociale e politica. Nella seconda parte, questa tensione è definita in chiave analitica, considerando le sue conseguenze per gli attori e gli scambi politici 1 In questo pezzo riecheggiano temi brevemente accennati nel mio discorso d’aper- tura al Convegno annuale della Società Italiana di Scienza Politica, Genova, settembre 2002, poi pubblicato nella sua forma integrale in Bartolini (2002). RIVISTA ITALIANA DI SCIENZA POLITICA - Anno XXXIV, n. 2, agosto 2004
168 Stefano Bartolini nazionali. Poiché le nuove opportunità di travalicare i confini economici e giuridici dello stato-nazione sono distribuite in modo diseguale per gli attori e le risorse più importanti, ne risulta una capacità declinante dello stato-nazione di imporre ordini negoziali interni. La produzione nazionale di politiche pub- bliche ne è condizionata in modo fondamentale. Nella sua terza sezione l’arti- colo avanza una serie di ipotesi concernenti l’impatto indiretto di questa situa- zione sulle forme tradizionali di strutturazione politica dello stato-nazione con riferimento particolare alla struttura dei rapporti territoriali tra centro e peri- feria, a quella della intermediazione degli interessi ed a quella dei cleavages politici. Vi sostengo che l’integrazione europea ha un effetto indiretto di «ri- strutturazione» delle forme e dei canali principali di rappresentanza politica. Infine, la conclusione dell’articolo analizza diverse prospettive interpretative dello stato attuale del processo integrativo e mostra la loro rilevanza in quanto progetti politici diversi. L’attuale stato dell’Unione sembra imporre scelte che riguardano direttamente la capacità delle élite politiche europee di mantene- re la divisione del lavoro tra le istituzioni (europee) di problem-solving e le basi (nazionali) di mobilitazione del sostegno. 2. L’integrazione in chiave storica: processi di de-differenzia- zione territoriale In un’ampia prospettiva storica, l’integrazione europea rappresenta una se- sta cruciale fase di sviluppo nella storia europea a partire dal sedicesimo secolo2. Si possono, infatti, distinguere cinque principali macro-sviluppi nel- la storia dello sviluppo degli stati nazionali in Europa. Il primo è identificato con la formazione dello stato in senso stretto, con il suo progressivo coincide- re di ordinamenti regolatori nelle sfere amministrativa e militare sotto la su- premazia di un unico insieme di istituzioni territoriali gerarchicamente orga- nizzate. Il secondo processo costitutivo è lo sviluppo del capitalismo, il quale, nonostante la sua iniziale natura potenzialmente senza confini, è storicamen- te incapsulato all’interno dello stato attraverso la formazione di un mercato, di una moneta, di schemi regolativi e di diritti di proprietà nazionali. La terza fase di sviluppo che è utile distinguere è quella della formazione della nazione, con il suo rafforzamento dei confini culturali e la creazione di iden- tità «civili»3, all’interno delle quali si costituiscono aree di eguaglianza e di 2 Il riferimento fondamentale è l’opera di Stein Rokkan. Se ne veda la sintesi in Rokkan (1999). 3 Per la definizione dell’identità nazionale come codice «civile» distinto dai codici identitari localistici e «primordiali» e da quelli universalistici e «culturali» mi rifaccio a Eisenstadt e Giesen (1995).
Tra formazione e trascendenza dei confini 169 solidarietà. La quarta fondamentale fase di sviluppo è definita dalla demo- cratizzazione, con la progressiva articolazione, riconoscimento e legittima- zione dei canali istituzionali e delle organizzazioni politiche per la struttura- zione delle rivendicazioni interne4. La quinta e finale fase di sviluppo degli stati nazionali europei è caratterizzata dall’affermarsi dei sistemi di welfare, con la crescita dei diritti di cittadinanza sociale all’interno di comunità na- zionali culturalmente omogenee, che forniscono un supporto sostantivo allo sviluppo della democrazia politica. La formazione dello stato e della nazione hanno creato l’involucro den- tro il quale il capitalismo si è sviluppato ed è stato nutrito. Il sistema dei partiti ed il welfare costituiscono processi di identificazione e legittimazione politica che stabilizzano società caratterizzate da alti tassi di cambiamento economico-sociale. L’opera di Rokkan ha tracciato gli stretti rapporti e le influenze reciproche tra queste fasi di sviluppo. In sintesi estrema, la sua «teoria» genera ipotesi su come il consolidamento territoriale degli stati, la formazione delle nazioni e la penetrazione del capitalismo producono esiti diversi dei processi di democratizzazione e di sviluppo del welfare5, e più in generale esiti diversi di strutturazione politica. L’integrazione europea6 è qui interpretata come un sesto processo di sviluppo del sistema europeo di stati, economie, nazioni, democrazie e wel- fare. Tale interpretazione deve quindi legarla alle altre fasi di sviluppo dello stato-nazione. Si sostiene sovente che la storia dello stato-nazione non è molto rilevante quando si tratta di integrazione europea. Dato che questo processo è «speciale», è un caso unico, ha caratteri sui generis, non molto può essere appreso dai suoi antecedenti storici. Ritengo invece che la storia dello for- mazione dello stato-nazione offra una serie di utili strumenti analitici per la teoria dell’integrazione regionale. Gli elementi dello stato-nazione che man- cano alla nuova entità europea, non erano certo «dati» come precondizioni degli stati europei, ma furono piuttosto «costruiti» da essi. Inoltre, mi pare indubbio che i problemi ed il destino dello sforzo di unificazione non possa- no essere studiati e compresi senza considerare il legato storico dei suoi in- gredienti principali: gli stati nazionali. La figura 1 rappresenta la relazione tra l’integrazione ed i precedenti cinque processi di sviluppo storico. La spinta verso l’integrazione europea 4 Per brevità, uso qui il termine «democratizzazione» per indicare insieme la libe- ralizzazione dei regimi e l’allargamento dei diritti di partecipazione. Dahl (1971) giusta- mente distingue le due dimensioni. Una dettagliata ricostruzione storica dei due proces- si nei casi europei si trova in Bartolini (2000, capitoli 5, 6 e 7). 5 Lo sviluppo del welfare state non rientra pienamente negli interessi di Rokkan, ma è stato sviluppato in una prospettiva «rokkaniana» da Peter Flora. Cfr. Flora (1986). 6 Cui Rokkan non ha dedicato grande attenzione. I suoi modelli storici fanno sempre riferimento al sistema degli stati. Su questo punto, cfr. Flora (2000).
170 Stefano Bartolini risulta da due tipi di pressioni operanti nel secondo dopoguerra. La prima è data dall’insopportabile costo delle rivalità tra gli stati in un’epoca in cui il potere distruttivo delle tecnologie di guerra è assolutamente sproporzionato rispetto alle rivalità stesse. La seconda è data dalla progressiva perifericità dell’Europa nell’economia mondiale del secondo dopoguerra e la relativa percezione dell’inadeguatezza dello stato e dei suoi confini come base di gestione efficiente dell’economia nel contesto della competizione mondiale. In altre parole, l’integrazione è interpretabile come una risposta all’indeboli- mento del sistema degli stati europei come capsule militari ed alle nuove pressioni dello sviluppo capitalistico mondiale. 16°-18° 19° 20° 16º-18º 19º 20º III IV V I Democratizzazione Sviluppo del Formazione della Formazione dello welfare nazione stato II Sviluppo capitalistico VI Integrazione europea . FIG. 1. Sei fasi di sviluppo della storia politica europea dal sedicesimo secolo. I dibattiti intellettuali e politici che hanno preceduto la sua nascita – come i piani e le proposte di Aristide Briand in Francia, di Brailsford in Gran Bretagna, dei gruppi intorno al Manifesto di Ventotene o delle molte altre iniziative dello stesso tipo tra la fine della Prima guerra mondiale ed il 1951-1957 – non spiegano la storia dell’integrazione europea7. Rimane es- 7 Documentati ampiamente da Lipgens (1982).
Tra formazione e trascendenza dei confini 171 senziale un’analisi attenta degli specifici interessi nazionali quali si compose- ro nei vari processi negoziali fondatori, e si compongono tuttora nella loro continua revisione. Tuttavia, un’eccessiva contrapposizione tra «interessi» ed «idee» nella classe politica europea è altrettanto irrealistica, se non inge- nua. Senza il clima di fallimento storico e di inadeguatezza del sistema degli stati europei – che i sopra citati intellettuali, politici e (marginali) movimenti di opinione vissero e testimoniarono con sensibilità particolare – era difficile superare le profonde differenze di interessi materiali e geopolitici. Il succes- so dei negoziati fondatori deve molto alla nuova costellazione del secondo dopoguerra nella quale l’integrazione militare ed economica dell’Europa occidentale era garantita su scala atlantica ad ovest e su scala sovietica ad est. La «razionalità» degli stati che si impegnavano nella cooperazione integrati- va nei settori del commercio e del mercato non si definisce storicamente senza la diffusa percezione del fallimento del precedente sistema di stati eu- ropei da una parte, e senza la rimozione delle questioni monetarie e di sicu- rezza garantite dall’integrazione atlantica dall’altra8. Quindi, sostenere che l’integrazione è una reazione delle élite politiche europee all’inadeguatezza storica dello stato-nazione come capsula di competizione economica e mili- tare non è in contraddizione con l’idea che gli esiti concreti del progetto derivarono da negoziati condizionati dagli interessi economici di attori in rapporti di potere asimmetrici9. Tuttavia, il processo integrativo, una volta iniziato, deve fare i conti e venire alle prese con gli altri elementi dello sviluppo statale inizialmente esclusi dal progetto: quello nazionale, democratico e di welfare. Questi processi sto- rici hanno contribuito alla chiusura di vari tipi di confini funzionali dello stato. Essi hanno favorito la costituzione di un sistema di lealtà e di identità all’interno del quale si realizzano i diritti di partecipazione, la legittimità del- le decisioni collettive e le politiche di condivisione sociale. All’interno dello stato-nazione, grazie alla sovrapposizione e coincidenza territoriale dei suoi diversi confini funzionali (politico-amministrativi, economici, culturali e militari) i processi di strutturazione politica si svilupparono su tutti i fronti. L’impegno dello stato nella nazionalizzazione delle masse e nella standardiz- zazione ed omogeneizzazione culturale interna generava opposizioni e resi- stenze da parte di gruppi con caratteristiche culturali distintive. Allo stesso 8 Questa tesi permette anche di interpretare l’iniziale partnership riluttante di Francia e Gran Bretagna nei processi integrativi economico-militari del secondo do- poguerra. Si tratta di due potenze «vincitrici», che conservano importanti interessi coloniali e che condividono un record storico di precoce e solido consolidamento sta- tale e nazionale. Per una sintetica ricostruzione delle opposizioni franco-britanniche vedi Gilbert (2002). 9 Milward (1992) e Moravcsik (1998) difendono con forza questa tesi.
172 Stefano Bartolini modo, i conflitti economici del mercato erano politicizzati e ricondotti alle arene decisionali centralizzate. Le resistenze e le opposizioni politico-ammi- nistrative, quando non riguardavano la definizione territoriale dello stato, concernevano spesso la penetrazione e l’ambito delle sue competenze e delle sue capacità estrattive e regolative. Le linee di conflitto culturali, economi- che e politiche si sovrapposero e qualche volta si rafforzarono l’una con l’al- tra, contribuendo in generale alla strutturazione politica del sistema, gene- rando pressioni per l’accomodamento di interessi diversi all’interno dello stato attraverso la loro incorporazione e rappresentanza. La relazione tra l’integrazione e le caratteristiche della nazione, della democrazia e dei sistemi di sicurezza sociale è quindi problematica ed a trat- ti contraddittoria poiché questi processi sono storicamente e strettamente legati allo stato come territorio dai confini ben definiti ed alla sua omogenei- tà culturale interna. I meccanismi della decisione democratica e di ridistri- buzione di risorse materiali riposano su forti identità collettive e vincoli di solidarietà, nonché sull’impossibilità o difficoltà fisica di sottrarre risorse agli obblighi sociali contratti su base territoriale. Essi presuppongono quin- di elevati costi di exit sia culturali sia materiali10. D’altra parte, il superamen- to delle rivalità interstatali e l’ulteriore sviluppo capitalistico impongono di trascendere i confini del vecchio sistema europeo degli stati in vista del rag- giungimento della «scala» sufficiente a superare la loro inadeguatezza. Le democrazie nazionali di welfare richiedono il controllo dello stato sulle ca- pacità ridistributive, sui simboli culturali e sull’autorità politica. Mentre l’in- tegrazione si basa su una costante attività di rimozione di vari tipi di confini funzionali, il mantenimento e l’alimentazione delle democrazie nazionali di welfare riposano sulla possibilità di «chiudere» le risorse economiche e cul- turali all’interno dei processi decisionali dello stato territoriale. Per questi motivi, il processo d’integrazione economica europea costituisce una sfida ai sistemi culturali, ai processi decisionali ed alle politiche ridistributive nazio- nali. La tensione che si crea tra il progetto di un mercato senza stato e le capacità culturali, ridistributive e politiche nazionali non costituisce uno squi- librio di crescita, né può essere vista come una semplice «divisione del lavo- ro». 3. L’integrazione in chiave analitica: la trascendenza dei confini In chiave analitica, l’integrazione europea è un processo di trascendenza dei confini statal-nazionali che risulta nella de-differenziazione delle compagini 10 Il concetto di exit è qui usato nel senso di Hirschman (1970).
Tra formazione e trascendenza dei confini 173 politiche europee dopo cinque secoli di progressiva differenziazione a livello dei sistemi legali ed amministrativi, delle pratiche sociali e dei codici lingui- stico-culturali, delle transazioni economiche e degli ordinamenti di mercato e delle istituzioni sociali e politiche. «Integrazione» indica quindi un proces- so di crescente permeabilità e/o abbassamento dei confini funzionali esterni dei sistemi territoriali. Tale definizione lascia aperto il problema della distinzione tra l’inte- grazione e ciò che è comunemente indicato con il termine di «globalizzazio- ne». Infatti anche quest’ultimo può essere definito in termini di «trascen- denza dei confini», per cui, a livello analitico, non pare esservi tra i due nes- suna differenza, se si esclude l’aspetto della mera connotazione geografica. D’altra parte, la trascendenza dei confini è senza dubbio assai più intensa ed istituzionalmente significativa a livello europeo che non a livello globale. La differenza tra l’integrazione europea e la globalizzazione è più chiara in ter- mini storici, anziché analitici. In tal caso l’argomento si applica chiaramente solo a quelle aree, come l’Europa, dove lo sviluppo della forma specifica dello stato-nazione ha creato una convergenza e sovrapposizione di diversi tipi di confini funzionali: culturali, economici, politico-amministrativi e co- ercitivi. L’integrazione regionale europea perciò può in generale essere di- stinta dalla globalizzazione non solo per l’intensità e la più significativa cifra istituzionale del processo di trascendenza dei confini funzionali, ma anche per le conseguenze di quest’ultima in relazione alla specifica eredità storica del processo europeo di costruzione coincidente di tali confini. La tabella 1 presenta uno schema analitico che riassume il modo in cui i tipi di confini funzionali definiscono l’appartenenza secondo differenti cri- teri. La tabella identifica quattro dimensioni del processo di costruzione dei confini tra unità nelle sfere economica, culturale, politico-amministrativa e di coercizione/estrazione. In questo testo uso il termine di «confine funzio- nale» per tradurre il termine inglese di boundary di difficile resa in italiano. L’aggettivo «funzionale» è aggiunto per sottolineare che in questo caso con «confine» non si vuole indicare una frontiera fisica, ma i punti focali di deli- mitazione di un territorio. Il processo di costruzione del mercato e la forma- zione dei confini funzionali economici hanno il loro punto focale nell’aper- tura delle transazioni in una data area geografica e nei necessari correlati di diritti economici e di proprietà, possibilità di scambio e di mobilità dei fatto- ri produttivi, moneta. I confini funzionali culturali definiscono uno spazio d’appartenenza caratterizzato dai tratti comuni agli abitanti (lingua, religio- ne, razza, etnia, identità nazionale, ecc.)11. I confini funzionali politico-am- 11 In principio, com’è noto, le identità culturali non sono necessariamente concen- trate geograficamente. Tuttavia, qui si è soprattutto interessati a quei casi in cui una
174 Stefano Bartolini ministrativi definiscono il territorio in termini di regimi regolativi, come i diritti politici, i sistemi educativi, i regimi di welfare, i mercati del lavoro, le giurisdizioni delle corti, ecc. Infine, i confini funzionali di coercizione/estra- zione definiscono quello spazio territoriale all’interno del quale una singola autorità centralizzata esercita il suo diritto supremo di coercizione fisica su una certa popolazione. TAB. 1. Tipi di confini funzionali del territorio. Il confine è definito in termini di Forza e Transazioni di Tratti Rivendicazioni coercizione mercato culturali politico- amministrative Il confine è formazione dello formazione del formazione della sviluppo dei consolidato dal stato mercato nazionale nazione regimi regolativi processo di diritti di proprietà, spazi di diritti politici e Il centro focale di opportunità di appartenenza sociali, sistemi agenzie centrali di operazionalizzazione scambio, mobilità caratterizzati dai regolativi repressione ed del territorio è dei fattori tratti degli abitanti dell’istruzione, dei estrazione costituito da produttivi, moneta (lingua, etnia, mercati del lavoro, comune religione, ecc.) del welfare, ecc. Sfortunatamente non disponiamo di nomi specifici per questi tipi di- versi di confini funzionali. Al fine di conservare il termine «confine funzio- nale» per il più astratto concetto di «regole e codici di chiusura» territoriale delle relazioni sociali, siamo costretti a fastidiose ripetizioni di espressioni quali «confine funzionale culturale», «confine funzionale coercitivo», ecc.12. Ma l’insistenza sulla questione terminologica vuole sottolineare il fatto che è necessario tenere questi diversi tipi di confini funzionali distinti a livello con- qualche sorta di concentrazione territoriale della identità culturale degli individui è de- finita e rinforzata attraverso inculcamento e familiarizzazione dalla continua interazione con i simili. 12 La lingua e la cultura latina disponevano di un apparato concettuale per la defi- nizione del concetto di confine assai più ricco della maggior parte delle lingue attuali, il che testimonia della loro «nazionalità». Varrebbe la pena di esplorare la filologia classica per ricostruire il significato dei diversi termini quali confinium, civitas, finis, limes e ter- minus.
Tra formazione e trascendenza dei confini 175 cettuale. La separazione tra il concetto classico e giuridico di «frontiera» (o di «confine») e quello di «confine funzionale» ci permette di chiarire una distinzione fondamentale per l’analisi delle formazioni politiche. Una fron- tiera può delimitare un territorio caratterizzato dalla coincidenza e sovrap- posizione dei confini funzionali economico, culturale, politico-amministra- tivo e coercitivo. Ma, in situazioni diverse, una frontiera può definire un territorio i cui confini funzionali sono sfumati, sovrapposti a quelli di altri territori e disgiunti l’uno dall’altro. Per diverse ragioni, è difficile concepire questi confini funzionali come analiticamente distinti. In primo luogo la nostra esperienza quotidiana e la nostra memoria storica fanno continuamente riferimento ad una situazione di larga, se non totale, sovrapposizione di questi diversi confini funzionali. Il moderno stato-nazione ha integrato con successo questi diversi processi di formazione dei confini. L’idealtipo dello stato-nazione è caratterizzato da frontiere che sono simultaneamente confini funzionali coercitivi e militari, economici, culturali e politico-amministrativi. Attraversando la frontiera tra due stati si passa allo stesso tempo nell’imperium di altre agenzie di coerci- zione/estrazione, in diversi mercati economici, in una diversa comunità cul- turale ed in un diverso insieme di regimi regolativi educativi, di welfare sta- te, del mercato del lavoro e così via. Tale coincidenza territoriale tra diversi tipi di confini funzionali è, a mio giudizio, il tratto distintivo dello stato-nazione, ciò che lo distingue da tipi precedenti o diversi di formazione politica13, nonché il suo specifico prin- cipio di legittimazione. Il moderno stato-nazione è basato su un criterio col- lettivistico d’esclusione, teso a monopolizzare certi vantaggi per i membri della compagine statale, in cui i diritti e gli obblighi dei cittadini sono netta- mente distinti da quelli degli «stranieri» in molteplici e coincidenti aree fun- zionali. La seconda ragione per cui è difficile concepire questi confini funzio- nali come separati è che, mentre si può facilmente immaginare la loro ideal- tipica coincidenza nello stato sovrano, unitario, autarchico e culturalmente omogeneo, è difficile trovare casi puri di combinazioni diverse dei confini funzionali. Le comunità primitive di cacciatori-raccoglitori avevano confini funzionali primari di tipo culturale, nella misura in cui i vincoli comunitari rappresentavano barriere per lo più insormontabili per gli esterni ed estra- nei; allo stesso tempo, tali comunità non possedevano un territorio ben deli- 13 Uso il termine «formazione politica» nel preciso significato che Weber attribuisce al termine politische Verbände. La traduzione inglese ed italiana di questo concetto con «gruppo politico» mi pare inadeguata ed anche fuorviante. Vedi Weber (1922, vol. 1, 29-30).
176 Stefano Bartolini mitato e distinto. Le gerarchie territoriali a carattere imperiale che compren- devano diversi gruppi culturali ed includevano aree di mercato sostanzial- mente chiuse, rappresentano un tipo di confine funzionale quasi esclusiva- mente coercitivo/estrattivo. L’impero romano aveva una chiara percezione di dove si trovava il suo limes, ossia il suo confine militare, e di dove finiva la sua civitas, ossia la cittadinanza romana. Inoltre, tra limes e civitas vi erano diversi confini intermedi, come ad esempio quelli politico-amministrativi delle popolazioni militarmente assoggettate, le quali però erano lasciate libere di gestire i propri affari interni secondo le loro regole e tradizioni. Puri confini funzionali economici esistevano in quelle aree di libero commercio che, come la Lega anseatica, comprendevano una rete di città all’interno della quale era garantito il rispetto di alcuni diritti economici di base, al di là dei confini culturali, militari e politico-amministrativi14. La terza ragione per cui è difficile vedere i diversi confini funzionali come separati e separabili è che non disponiamo di nomi per designare le situazioni territoriali in cui essi non coincidono né si sovrappongono. Ad esempio, ci sono familiari situazioni in cui rivendicazioni territoriali basate sulla forza/coercizione e su regimi politico-amministrativi non coincidono con le identità culturali, determinando così diversi tipi di periferie cultura- li15. È più difficile trovare un termine per quelle altre situazioni territoriali in cui, ad esempio, i confini economici non coincidono con quelli politico-am- ministrativi; oppure i casi in cui le identità culturali e lo spazio d’apparte- nenza alla comunità non coincidono con i diritti economici e le transazioni di mercato16. Per ogni tipo di sfera funzionale, lo sviluppo di nuove regole e codici di chiusura può irrigidire la permeabilità dei confini funzionali. Allo stesso tem- po, nuove tecnologie e/o diritti di trascendenza possono in effetti abbassare o rimuovere completamente i confini funzionali esistenti. La storia offre con- 14 La Lega van der duedeschen hanse, che tra la metà del quattordicesimo e l’inizio del quindicesimo secolo si trovò ad includere circa 200 città, era basata su specifici ac- cordi economici e reciproci vantaggi commerciali tra i membri. Per quanto vi fosse una sorta di supremazia del quarter regionale capeggiato da Lubecca, non vi fu mai una vera e propria costituzione formale. Vi erano tuttavia regole di chiusura, che discriminavano gli esterni attraverso il principio del boicottaggio economico dei loro porti. 15 Tali «periferie culturali» possono essere distinte in «esterne», «interfaccia» ed «enclave», a seconda che i criteri culturali di definizione dell’area o del gruppo trovino supporto al di là del confine politico-amministrativo o meno, e se esse siano circondate o no dalla comunità culturale dominate. Per una discussione dei diversi tipi di periferia culturale, si veda Rokkan e Urwin (1983). 16 Chiaramente il pensiero medioevale era più flessibile in termini di confini fun- zionali sub-sistemici. Per una ricca ricostruzione di esempi di «non coincidenza» in sen- so moderno, si vedano i saggi di Hintze (1962 e 1964) e Gierke (1988).
Tra formazione e trascendenza dei confini 177 tinui esempi di invenzione di meccanismi di consolidamento dei confini e di nuove tecniche di trascendenza degli stessi. In breve, per ciascuna dimensio- ne, culturale, economica, amministrativa o coercitiva, possibilità di trascen- denza e costruzione di confini funzionali interagiscono tra loro. Al fine di chiarire tale interazione, la tabella 2 riassume per ogni sottosistema le unità di trascendenza ed i meccanismi di costruzione dei confini funzionali17. In ogni sfera funzionale si definiscono insiemi di transazioni attraverso il confi- ne funzionale e insiemi di misure di controllo. Le unità (potenziali) di queste transazioni e controlli nei diversi sottosistemi sono beni e servizi, imprese, persone fisiche, messaggi, territori e persino «ruoli». TAB. 2. Trascendenza e costruzione dei confini funzionali. Sfere funzionali Unità di trascendenza Meccanismi di costruzione dei confini coercizione/ - soldati ed eserciti - territorializzazione della difesa estrazione - polizia - territorializzazione della protezione - spie - controlli di frontiera - movimenti clandestini - sistema di estrazione territoriale - crimine organizzato - restrizioni di residenza - tasse - restrizioni della mobilità - secessione territoriale economia - beni - embarghi - servizi - tariffe - turisti - controlli del mercato del lavoro - imprese - controlli su credito e capitale - investimenti - nazionalizzazione dell’economia - consumatori cultura - messaggi e notizie - proibizioni - stili e idee - censure - mode - riti e simboli - intellettuali e scienziati - costruzione delle identità/lealtà - ideologie e ordini religiosi - controllo agenzie di socializzazione - missionari - nazionalizzazione della cultura regimi politico- - elettori, candidati - protezione della cittadinanza amministrativi - rivendicazioni legali - diritti sociali nazionali - casi e giudici - credenziali professionali - governi sub-nazionali - giurisdizioni nazionali - studenti - sistema dei titoli di istruzione - clienti di welfare 17 Questa tabella è ripresa e adattata da Rokkan (1974, 43). Ho aggiunto la riga corrispondente al sottosistema politico-amministrativo, che Rokkan mette insieme con quello «forza-coercizione» ed ho inoltre aggiunto e modificato le unità di trascendenza e i meccanismi di formazione dei confini.
178 Stefano Bartolini Una volta chiarito l’uso che qui è fatto del concetto di costruzione e di trascendenza dei confini funzionali, è possibile fornire una definizione più precisa e operativa del significato analitico dell’integrazione europea. L’inte- grazione è un processo che presenta i seguenti caratteri chiave: 1) L’integrazione espande considerevolmente le capacità di attori isti- tuzionali (governi locali e regionali, giudici), di attori collettivi (gruppi di interesse) e di attori individuali (imprese, individui) di aver accesso a risorse esterne allo stato-nazione e perciò di sottrarsi non solo alla produzione, ma anche in parte al consumo di un certo numero di beni pubblici nazionali18. Le risorse esterne che divengono più accessibili sono di tre tipi: risorse rego- lative, giurisdizionali e materiali. Ciò significa che contro gli ordini regolativi delle gerarchie statali territoriali, i vari attori possono invocare ed appellarsi a regole emanate da gerarchie extra-statuali e trans-nazionali. Contro la giu- risdizione del loro stato territoriale, gli attori possono invocare quella di re- gimi giuridici (e di corti) sovranazionali. Contro il controllo monopolistico dello stato all’accesso alle risorse materiali, certi attori possono avere accesso autonomo ai mercati finanziari ed alle agenzie di rating internazionali, non- ché alla risorse distribuite dal nuovo centro sovranazionale. 2) Di conseguenza, l’integrazione riduce considerevolmente la capaci- tà dello stato e delle gerarchie territoriali di porre e di modulare autonoma- mente il livello di trascendenza dei confini nelle sfere economica, culturale, amministrativa e coercitiva. Come risultato della crescente accessibilità di risorse esterne regolative, giurisdizionali e materiali, le politiche delle gerar- chie territoriali tendono ad essere sempre più spesso basate sul principio delle reazioni anticipate verso le possibilità di attori/risorse potenzialmente mobili. Ciò vale in particolare per il campo della regolazione (definizione delle regole del gioco) e della giurisdizione (garanzie circa il rispetto degli impegni presi da attori sociali ovvero dei servizi e prestazioni promesse e dovute). Vale in parte minore nel campo dell’allocazione diretta di beni, ser- vizi e doveri e dell’arbitrato (controllo e limitazione del conflitto tra attori qualificati). Vale, infine, poco o punto nel campo della protezione (difesa dall’insicurezza sociale e dall’offesa altrui). Il livello di trascendenza dei con- fini ammesso nelle diverse sfere funzionali è sempre meno il risultato di de- cisioni politiche interne relative alla lotta tra i poteri e/o al negoziato all’in- terno del governo territoriale. In principio, quanto maggiore è il controllo delle transazioni attraverso i confine, tanto più estesa ed efficace risulta la 18 Le possibilità di exit qui discusse non sono limitate all’exit totale della secessio- ne e dell’emigrazione di Hirschman. La peculiarità dell’europeizzazione consiste pro- prio nel fatto che essa consente exit parziali che non richiedono necessariamente la mo- bilità fisica o uno spostamento delle infrastrutture. Sulla mia rielaborazione del concetto di exit e per lo sviluppo dell’idea di «exit parziale» rimando a Bartolini (1998).
Tra formazione e trascendenza dei confini 179 capacità di produzione di beni pubblici e tanto più alta è la possibilità per la gerarchia interna di stabilizzare e legittimare la propria posizione dominan- te. Quindi, nei contesti più aperti all’accesso esterno, la capacità, l’ambito e l’efficacia della produzione politica di beni pubblici e della legittimità politi- ca risultano indebolite. 3) Il terzo carattere fondamentale è che il processo di integrazione ter- ritoriale distribuisce in modo disuguale e diversificato le possibilità di acces- so alle risorse extra-territoriali e quindi la possibilità di sottrarsi agli impegni ed agli obblighi territorialmente definiti. Non tutti gli attori (istituzionali, collettivi e individuali) sono dotati delle stesse capacità strutturali o orienta- menti di interesse alla trascendenza dei confini. Per questo, è molto probabi- le che all’interno dello stato si producano considerevoli ridistribuzioni del potere economico, politico e istituzionale. 4) Come risultato dei punti 1, 2, e 3, il processo di integrazione territo- riale su scala europea tende a modificare la configurazione e i termini degli «scambi politici» interni. La disponibilità degli attori a partecipare agli scambi politici centralizzati concernenti le politiche pubbliche – sotto l’egida di un attore governativo formalmente dotato del potere di coercizione (legislativa, in questo caso) – dipende soprattutto dalla mancanza di alternative unilate- rali (nello status quo o attraverso il consumo di beni pubblici alternativi). Se esiste la possibilità di sottrarsi unilateralmente alla cooperazione, questo è un potere negoziale fondamentale e forse la condizione stessa della negozia- bilità. Gli attori con alternative unilaterali povere hanno debole potere ne- goziale e devono fare concessioni ed accettare compromessi. Il processo di costruzione dei confini funzionali definisce la disponibilità delle alternative unilaterali. In un contesto di crescente trascendenza dei confini, gli scambi politici si basano in misura sempre minore sulla chiusura e sul confinamento territoriale di alcuni attori o risorse rilevanti e sono quindi sempre meno il risultato dell’effettiva capacità di produrre conformità comportamentale da parte della gerarchia territoriale. In questo caso, tipi differenti di risorse in- terne (che includono voti, capacità organizzativa e di mobilitazione, investi- menti e controllo dei capitali, autorità istituzionale, credenziali professiona- li, capacità di implementazione) perdono la loro convertibilità centralizzata; la probabilità che siano «scambiati» al centro del sistema territoriale sulla base del raggiungimento di ordini o compromessi negoziati risulta così ridi- mensionata. Alcuni attori/risorse sono in grado di sottrarsi ai costi connessi agli scambi politici a livello nazionale uscendo, trascendendo i confini e ab- bandonando i «giochi» domestici. Altri attori/risorse – più confinati territo- rialmente – vedono la loro possibilità di negoziazione ridotta e svalutata dal- l’effettiva capacità di trascendenza dei confini propria di altri attori/risorse.
180 Stefano Bartolini 4. L’integrazione europea e la strutturazione politica dello sta- to-nazione Nella figura 2 rappresento il processo di formazione e consolidamento dello stato-nazione attraverso tre triangoli fondamentali. Lo schema consente di iden- tificare più chiaramente le potenziali implicazioni del processo d’europeizza- zione sulla strutturazione politica dello stato-nazione. Lo schema non deve essere letto come una sequenza temporale. Differenti stati nazionali, infatti, hanno seguito traiettorie temporali diverse, aspetto che non è oggetto del pre- sente contributo. In questa sede vale sottolineare che ci sono continue intera- zioni tra i tre processi di formazione del centro, costruzione del sistema e struttu- razione politica e all’interno di ognuno di essi. Nella sfera di costruzione del sistema, la produzione e riproduzione dei simboli dell’identità nazionale, lo sviluppo di istituzioni di welfare e l’istituzionalizzazione di diritti alla parteci- pazione politica hanno rafforzato la formazione del centro dal punto di vista culturale quanto amministrativo. Tali fattori hanno altresì legittimato regole decisionali volte ad allargare o restringere la trascendenza dei confini per gli attori/risorse rilevanti. In modo analogo, la costruzione di estese aree di egua- glianza culturale, sociale e politica, ha rafforzato la fedeltà e solidarietà territo- riale. Quest’ultima ha reso possibile la strutturazione politica democratica del- lo stato-nazione attraverso la differenziazione interna della popolazione lungo linee ideologiche, corporative e territoriali, senza che queste divisioni mettes- sero in pericolo la sopravvivenza dello stato-nazione stesso. Complesse interazioni sono evidenti anche all’interno dei processi di forma- zione del centro, di costruzione del sistema e di strutturazione politica. Nel proces- so di formazione del centro la gerarchia interna poteva ampliare il raggio e il cam- po d’azione della sua produzione monopolistica di conformità in ambiti crescenti attraverso continui sforzi volti al controllo dei confini esterni e alla progressiva identificazione dei gruppi di appartenenza con il gruppo territoriale. All’interno del processo di costruzione del sistema si sviluppa un circolo auto-rinforzante tra le identità nazionali che si vanno consolidando e i principi di partecipazione poli- tica al processo decisionale, e tra questi due e le istituzioni di welfare deputate alla ridistribuzione sociale. Nella sfera della strutturazione politica interna, gli esiti con- creti costituiscono equilibri diversi tra le strutture dei cleavages (allineamenti poli- tici, movimenti sociali e sistema dei partiti), il sistema di intermediazione degli interessi e il sistema dei rapporti territoriali tra centro-periferia. All’interno di ogni stato, il processo dà luogo a diverse configurazioni della rappresentanza politica come combinazione di canali corporativi, territoriali e politico-elettorali19. 19 La rappresentanza elettorale è spesso definita «territoriale» poiché è incontestabil- mente basata sul territorio. Nella rappresentanza moderna, tuttavia, la competizione eletto- rale è volta a rappresentare la diversità politica interna di ogni singola unità territoriale.
Tra formazione e trascendenza dei confini 181 FORMAZIONE DEL CENTRO (Confini) Ordine gerarchico interno Costruzione delle Costruzione dei exits confini esterni COSTRUZIONE DEL SISTEMA (Lealtà e solidarietà) Identità nazionale Area di eguaglianza culturale Solidarietà sociale Partecipazione politica STRUTTURAZIONE Area di eguaglianza Area di eguaglianza POLITICA INTERNA sociale politica (Strutture politiche) Sistema dei cleavages Differenziazione dei sistemi ideologici interni Sistema di intermediazione Relazioni centro-periferia degli interessi Differenziazione dei Differenziazione degli territori interni interessi interni FIG. 2. I triangoli della strutturazione politica dello stato-nazione. In generale, i legami localistici sui quali poggiavano le rappresentanze territoriali risultarono progressivamente disfunzionali rispetto all’effettiva strut- turazione delle rivendicazioni. La rappresentanza territoriale era insufficiente a soddisfare la progressiva differenziazione degli interessi che la modernizza- zione socio-economica determinava all’interno di ogni territorio. L’effettiva
182 Stefano Bartolini strutturazione della partecipazione sul territorio nazionale richiedeva collega- menti tra i contesti locali basati su altri tipi di affinità rispetto a quelle di natura puramente territoriale. Tuttavia, all’interno dei sistemi più decentralizzati, le relazioni centro-periferia si erano istituzionalizzate in forme di federalismo che in qualche modo limitavano l’organizzazione centralizzata di strutture di intermediazione degli interessi e le strutture dei cleavages. In certi casi le strut- ture di intermediazione degli interessi acquisivano un ruolo e un’importanza maggiore rispetto a quelli nei quali le strutture dei cleavages e gli schieramenti ideologico-elettorali rappresentavano il modello di strutturazione prevalente. Il processo di democratizzazione del diciannovesimo secolo e lo svi- luppo di opposizioni politiche interne hanno contribuito alla differenziazio- ne interna di formazioni politiche consolidate dal punto di vista territoriale. In altre parole, un certo livello di consolidamento territoriale del centro e di costruzione del sistema risultano prerequisiti essenziali per la strutturazione interna di alternative politiche. L’istituzionalizzazione della partecipazione politica interna, a sua volta, si fonda su decrescenti opportunità di trascen- denza dei confini determinata dal consolidamento dello stato-nazione mo- derno e burocratico. Quest’ultimo, infatti, rivendicava il controllo non solo sui confini coercitivi, ma anche su quelli economici, culturali e politico-am- ministrativi. La centralizzazione dei processi politico-amministrativi, econo- mici e culturali significava che i conflitti potevano essere espressi e risolti solamente seguendo la medesima logica: attraverso la centralizzazione delle domande e delle divisioni politiche. Sia che consideriamo l’integrazione europea dal punto di vista storico, come fase evolutiva – come abbiamo fatto nella prima sezione – o dal punto di vista analitico, come un insieme di conseguenze logiche – discusse nella seconda sezione – è probabile che la tensione intrinseca tra transazioni so- cio-economiche aperte e de-confinate e principi e pratiche proprie della le- gittimazione culturale e politica nazionale, ancora confinate territorialmen- te, domini il futuro di tale processo. Il processo istituzionale di integrazione europea incide più chiaramen- te e direttamente sul primo triangolo, quello della formazione del centro. La creazione di un nuovo centro inter- e sovra-nazionale, con i suoi obiettivi «costituzionalizzati»20 di abbattimento dei confini economici nazionali, toc- 20 Non utilizzo il termine «costituzionalizzati» nel senso soffice per cui ormai ogni trattato è chiamato la «costituzione» dell’Europa. Mi riferisco invece a quelle decisioni della Corte di giustizia europea che hanno trasformato il trattato della Comunità euro- pea da un insieme di norme orizzontali vincolanti gli stati contraenti in un regime giuri- dico integrato verticalmente che conferisce diritti ed obblighi a tutte le personalità giu- ridiche sul territorio della Comunità. Il passaggio dall’iniziale dimensione orizzontale a quella verticale indica la trasformazione di molti aspetti della Comunità europea (non
Tra formazione e trascendenza dei confini 183 ca le autorità politiche nazionali nella direzione indicata dai quattro punti presentati nella seconda sezione di questo lavoro. In larga misura tale risul- tato era previsto e auspicato sin dall’inizio del processo; esso rappresentava il progetto centrale dell’integrazione. Tuttavia, allo stesso tempo, l’integrazione europea ha effetti sulla sfera della costruzione del sistema dello stato-nazione. Questo impatto è più evi- dente nella sfera dell’uguaglianza sociale e delle istituzioni preposte alla ridi- stribuzione sociale. Da una parte vi è l’assoggettamento di alcuni servizi pub- blici e beni collettivi alla logica del mercato (regole della concorrenza, anti- trust, controllo degli aiuti statali, ecc.) attraverso la loro ridefinizione come servizi, merci oppure come barriere alle fondamentali libertà di movimento difese dalla Commissione e dalla Corte21. Ma più in generale, le crescenti opportunità di trascendenza dei confini nella sfera delle transazioni e dei diritti economici riducono considerevolmente la possibilità per le autorità politiche nazionali di trasferire sui consumatori di un dato territorio il costo della regolazione politica del mercato entro quel dato territorio. Lo scarso controllo dei confini e delle risorse racchiuse nel territorio può avere come effetto l’abbassamento del livello di produzione politica di beni comuni nel- l’ambito della cittadinanza sociale. Per quanto concerne la sfera culturale, i fenomeni di deconfinamento sono meno evidenti. I legami culturali, come il sentimento di fedeltà che un individuo prova nei confronti del gruppo al quale appartiene, sono normal- mente elementi che aumentano i costi delle opportunità di trascendenza. Si potrebbe addirittura configurare l’ipotesi che sia proprio l’enorme comples- sità della infrastruttura culturale europea ciò che ha finora limitato i feno- meni di trascendenza dei confini impliciti nelle attuali possibilità22. In ef- fetti, alcuni studiosi lamentano addirittura che le identità nazionali si dimo- strano troppo rigide e sostengono iniziative favorevoli agli sforzi di costru- zione del sistema a livello europeo: la creazione, in pratica, di un certo livello o di una sfera di identità europea. Esiste, tuttavia, un altro aspetto da tenere in considerazione riguardo all’impatto del processo di integrazione nella sfe- ra dell’identità culturale. Talvolta le solidarietà culturali sono più forti a un livello sub-nazionale che a quello nazionale, e possono esistere, o essere esi- stite, attraverso i confini nazionali. Nelle condizioni sopra menzionate di declino dei costi di trascendenza dei confini economici e amministrativi, tali dell’Unione) da un’organizzazione inter-governativa regolata dal diritto internazionale ad un sistema di aggiudicazione fondato sul principio della gerarchia delle fonti. Su questa trasformazione vedi Weiler (1991) e Slaughter et al. (1998). 21 Per la migliore analisi dell’effetto sui welfare nazionali si veda Ferrera (2003). 22 Questa ipotesi meriterebbe ben altro approfondimento di quello effettuabile in questa sede.
184 Stefano Bartolini tradizioni di identificazione sub-nazionale o trans-nazionale possono rivita- lizzarsi, rafforzarsi e ri-mobilitarsi. Infine, il processo di integrazione influisce indirettamente anche sul- la sfera dell’uguaglianza politica e dei diritti di partecipazione politica con- solidatisi a livello nazionale. La «democrazia nazionale» risulta in parte ridimensionata dal rafforzamento degli esecutivi rispetto agli organi rap- presentativi nazionali23; dalla debolissima responsabilità politica delle isti- tuzioni europee; dalla considerevole riduzione di fatto della possibilità di formulare scelte politiche «nazionali» nell’ambito di numerosi e crescenti campi. Tuttavia i processi nazionali di legittimazione democratica sono condizionati dall’integrazione in un senso più importante e pervasivo. Il processo integrativo ridistribuisce le risorse e le possibilità di partecipazio- ne e di influenza politica, producendo nuove forme di disuguaglianza poli- tica attraverso il rafforzamento o l’indebolimento di differenti tipi di atto- ri. Esso, infine, modifica i meccanismi e gli accessi nazionali alla rappre- sentanza politica. Quest’ultimo punto merita qualche approfondimento. In termini ana- litici l’impatto dell’integrazione sulla rappresentanza politica a livello na- zionale può essere considerato da tre differenti prospettive. La prima ri- guarda l’equilibrio tra le tre forme principali di rappresentanza politica: territoriale, degli interessi ed elettorale; la seconda prospettiva fa riferi- mento alla struttura24 di ogni sottosistema di rappresentanza; la terza, infi- ne, concerne i problemi delle organizzazioni individuali prevalenti in ogni sottosistema. Data la potenziale incompatibilità delle forme di rappresentanza terri- toriale, di interessi ed elettorale in assenza di un fattore unificante di armo- nizzazione25, è probabile che le modalità dell’integrazione europea produca- no cambiamenti degli equilibri nazionali che favoriscono uno di questi cana- li avendo, di conseguenza, effetti sugli altri. Le tesi secondo cui l’integrazio- ne europea favorisce i gruppi di interesse a svantaggio dei partiti politici, o quelle che colgono la rilevanza crescente di una nuova politica territoriale all’interno dell’UE, evidenziano tali cambiamenti di equilibrio. 23 Su questo punto si veda Chiti (1993), che conia il termine di «comunitarizzazio- ne» degli esecutivi. 24 Utilizzo il termine struttura non per identificare oggetti o istituzioni fisiche, ma la proprietà delle relazioni tra le parti in un sistema o sottosistema. Si veda Easton (1990, 14). 25 Con il termine incompatibilità intendo che nessun sistema politico può struttu- rarsi solo nei termini territoriali centro-periferia, o solamente in termini di rappresen- tanza corporativa degli interessi, o solo nei termini plebiscitari di maggioranze elettorali. Nella sua forma pura, nessuno di tali principi di rappresentanza è accettabile. Nei casi reali avviene una differente combinazione dei tre principi.
Tra formazione e trascendenza dei confini 185 La struttura di ogni canale della rappresentanza – cioè il modello na- zionale predominante di interazione sistemica tra l’insieme stabile di attori chiave – può essere influenzata dalla incompatibilità e contraddittorietà tra il singolo modello europeo di interazione e la varietà dei modelli nazionali. Le politiche territoriali europee e gli incentivi istituzionali alla rappresentan- za dei territori sub-nazionali favoriscono le spinte al decentramento ed alla distintività territoriale e modificano in parte il modello prevalente delle rela- zioni centro-periferia negli stati nazionali, che varia dalla unitarietà accen- trata alla forte istituzionalizzazione delle autonomie territoriali. Il tipo di intermediazione degli interessi a livello europeo è prevalentemente «plurali- sta» ed ha un impatto differenziato sui diversi modelli nazionali secondo le loro caratteristiche più o meno «neo-corporative», «statiste» o, appunto, «plu- raliste». Infine, le divisioni programmatico-ideologiche e gli allineamenti politici trovano un ostacolo nelle dinamiche dell’Unione Europea, siano esse quelle intergovernative del Consiglio, quelle tecno-burocratiche e sovrana- zionali della Commissione (o della Corte di giustizia), o quelle di ricerca unitaria di aumento delle prerogative tipiche del Parlamento europeo. Tali dinamiche contribuiscono alla riduzione della competizione tra i partiti na- zionali sul disegno costituzionale dell’Unione, sulle sue finalità e sulle politi- che di sua diretta competenza, spingendo, piuttosto, verso forme di «demo- crazia collusiva» (Bartolini 1996). Le istituzioni e le pratiche dell’Unione Europea aprono o chiudono i canali a disposizione degli attori nazionali per influenzare le politiche, spostano l’equilibrio del potere politico interno e ridistribuiscono il controllo sulle iniziative legate alle varie politiche. Avanzo l’ipotesi generale che in tal modo il processo integrativo influenza le intera- zioni sistemiche tra l’insieme stabile di attori chiave nei tre canali della rap- presentanza, rendendo le relazioni centro-periferia (e in generale i rapporti territoriali interni) più competitivi, rendendo le relazioni tra gruppi di inte- resse più pluralistiche e le relazioni tra organizzazioni politiche più collusive. La terza prospettiva chiama in causa i cambiamenti che riguardano gli attori individuali e le specifiche organizzazioni che operano in ogni sottosi- stema. Questo tipo di questioni attengono soprattutto al modo in cui diversi territori o tipi di governo locale sono influenzati dalle nuove strutture di opportunità; al modo come le singole organizzazioni politiche o di interesse affrontano le tensioni legate alla differenziazione degli interessi generate dal- l’integrazione; al modo ed al grado in cui tali organizzazioni riescono a man- tenere la loro coesione ed unità interna.
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