Teorie della verità: I Le concezioni tradizionali - Dottorati di ...
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Teorie della verità: I Le concezioni tradizionali Pietro Salis pietromsalis@gmail.com Corso di Dottorato in Filosofia, Epistemologia, Scienze Umane Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia Università degli Studi di Cagliari • È vietata la copia, la rielaborazione, la riproduzione dei contenuti e immagini presenti nelle lezioni in qualsiasi forma • È inoltre vietata la diffusione, la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti e immagini, incluse le registrazioni delle videolezioni con qualsiasi modalità e mezzo non autorizzati espressamente dall'autore o da Unica
Le concezioni tradizionali • La duplice sfida delle teorie della verità: • Come possiamo definire la verità? (domanda epistemologico-linguistica); • Che genere di proprietà è la verità? (domanda metafisica). • La questione dei portatori di verità: Proposizioni – come la proposizione che , le proposizioni si possono definire come i contenuti dei nostri atteggiamenti proposizionali (credenze e ascrizioni di credenze), o alla maniera di Frege, come il «contenuto» comune di enunciati dallo stesso significato ma espressi in linguaggi differenti: «snow is white», «la neve è bianca»; i due enunciati esprimono la stessa proposizione; Enunciati – come «il macchinario non è entrato in funzione»; gli enunciati secondo alcuni sono meno problematici delle proposizioni perché hanno una struttura fisica (iscrizioni, suoni), e sarebbero dei portatori di verità che appartengono alla nostra esperienza ordinaria.
Le concezioni tradizionali • La teoria della verità come corrispondenza: • “falso è dire che l’essere non è o che il non-essere è. Di conseguenza colui che dice una cosa che è oppure che non è, o dirà il vero o dirà il falso” (Aristotele, Metafisica, libro IV, 1011b26-28). «Vero» è ciò che corrisponde alle cose così come queste stanno (realmente): verità è «corrispondenza».
Le concezioni tradizionali • La teoria della verità come corrispondenza: • La concezione aristotelica presenta una concezione di corrispondenza tra oggetti/proprietà e portatori di verità; Corr: x (un enunciato) è vero = def c’è un oggetto che corrisponde a x. • Che nel dettaglio si analizza come segue: Corr1: x (un enunciato) corrisponde a y (un oggetto) = def y è ciò cui si riferisce il soggetto di x e y ha la proprietà cui si riferisce il predicato di x. Prospettive realiste si accompagnano sistematicamente a concezioni di questo genere.
Le concezioni tradizionali • La teoria della verità come corrispondenza: • Un problema: I. Mario ama Maria; II. Qualche cane è fedele; III. Tutti i gatti fanno le fusa; IV. Se Giovanni andrà allo stadio allora assisterà alla partita; • Nella sequenza (I-IV) sembra difficile leggere tali enunciati in termini di individui/proprietà. Künne ha ribattezzato questa obiezione, che si deve a Tarski, come una sfida ‘procustea’; • Relazioni e generalizzazioni (che la logica aristotelica aveva problemi a trattare) sfuggono a questo tipo di analisi: esistono verità che non sono assimilabili alla forma di enunciato ‘soggetto/predicato’.
Le concezioni tradizionali • Corrispondenza ai fatti: da Aristotele a Moore • Un modo per superare i problemi della concezione aristotelica riguarda la possibilità di concepire la corrispondenza in termini di altre entità: i fatti. • Ad esempio: IV) Se Giovanni andrà allo stadio allora assisterà alla partita; Se vero, (IV) corrisponde al fatto che se Giovanni andrà allo stadio allora assisterà alla partita. • In questo senso, qualsiasi proposizione vera «p» corrisponde al fatto che p.
Le concezioni tradizionali • Corrispondenza ai fatti: Corr2: x (una proposizione) è vera = def c’è un fatto a cui x corrisponde. • Secondo questa concezione, ad ogni proposizione vera corrisponde sistematicamente un fatto. • Alla proposizione , se vera, corrisponde il fatto che c’è vita su Marte, a quella corrisponde il fatto che il Wyoming ha confini geometrici, ecc.
Le concezioni tradizionali • Corrispondenza ai fatti: • Effetti collaterali: • Anche in questa proposta la stessa nozione di corrispondenza non viene chiarita, e ciò rende la concezione esplicativamente povera; • Il ricorso alla nozione di fatto, senza dubbio utile a evitare una serie di problemi, conduce a una conseguenza bizzarra: A. è vera sse il gatto sta sul tappeto; B. è vera sse necessariamente piove; C. è vera sse la pena di morte è ingiusta; • L’applicazione di Corr2 ad A è pacifica e intuitiva, ma i casi B e C indicano un problema, in quanto ci spingono ad accettare fatti problematici come il fatto che necessariamente piove (un fatto modale) e il fatto che la pena di morte è ingiusta (un fatto morale). • La teoria ci spinge cioè a proiettare i fatti anche in contesti non fattuali. Per molti, questa proliferazione è un guaio metafisico per la teoria.
Le concezioni tradizionali • La corrispondenza nel Tractatus: • Ludwig Wittgenstein è colui che ha sviluppato una teoria corrispondentista che si ripropone di chiarire in modo esplicito la relazione di corrispondenza (che storicamente è sempre risultata oscura e problematica); • L’idea di base è che il linguaggio sia una raffigurazione della realtà, e che questo sia possibile in virtù del fatto che linguaggio e realtà mostrano una forma logica comune; • Corrispondenza e raffigurazione: Cosi come i nomi si riferiscono agli oggetti, le combinazioni vero-funzionali di nomi e predicati descrittivi si riferiscono a combinazioni extra-linguistiche di oggetti, proprietà e relazioni; • La corrispondenza si configura cioè come una forma di isomorfismo.
Le concezioni tradizionali • La corrispondenza nel Tractatus: • I portatori di verità sono di nuovo gli enunciati, e questi corrispondono ai fatti in un modo diverso, grazie all’idea di «enunciato semplice» o «elementare»; • Esempi di enunciati semplici sono: • Carlo ama Carla; • Giovanni è alto; • Il libro è sul tavolo; • Si tratta di enunciati che esibiscono la struttura soggetto-predicato e/o di relazione diadica. Il grande vantaggio che quest’idea procura a Wittgenstein e che questi divengono la chiave per capire la verità di enunciati complessi.
Le concezioni tradizionali • La corrispondenza nel Tractatus: • Fatti e stati di cose; • La corrispondenza tra enunciati e fatti è parzialmente semantica: lo è per gli enunciati semplici ma non per quelli complessi (anche se la corrispondenza degli enunciati semplici componenti è il fondamento della loro verità); • «Giovanni è alto» raffigura il fatto che Giovanni è alto, e tale corrispondenza è data dalla forma (logica) comune che questo enunciato e questo fatto esibiscono: «Giovanni» denota Giovanni, «è alto» denota la sua proprietà di essere alto. • Comprendere enunciati, in questo senso, equivale a comprendere le loro condizioni di verità; • In questo contesto, un fatto si definisce come uno stato di cose che sussiste; gli stati di cose, viceversa, di per sé sono dei meri possibilia, delle configurazioni possibili – stati di cose e fatti differiscono tra loro per quanto riguarda il loro status modale.
Le concezioni tradizionali • La corrispondenza nel Tractatus: • Gli enunciati complessi sono funzioni di verità degli enunciati elementari componenti; • Il gatto è sul tappeto e Giovanni è alto; • Se piove, allora le strade saranno bagnate; • L’assassino è fuggito dal retro o è fuggito dal tetto; • L’omeopatia non cura il raffreddore; • Wittgenstein infatti elabora in questo contesto il sistema delle tavole di verità per il calcolo proposizionale che comprende il vocabolario logico come volto a definire le funzioni di verità degli enunciati semplici nelle loro combinazioni; • Le tavole di verità chiariscono in modo formalmente preciso il rapporto tra enunciati semplici ed enunciati complessi in termini di funzioni di verità: la verità di enunciati complessi dipende dalla verità/falsità degli enunciati elementari componenti.
Le concezioni tradizionali • La corrispondenza nel Tractatus: Corr3: x (un enunciato) è vero = def 1) x è semplice e raffigura uno stato di cose che sussiste (corrisponde a un fatto) oppure 2) x è la negazione di un enunciato e l’enunciato negato non è vero oppure 3) x è la congiunzione di due enunciati e i due enunciati congiunti sono veri …
Le concezioni tradizionali • Problemi della concezione tractariana: • Ritornano alcune questioni ‘procustee’: A. Tutti i cani sono fedeli; B. Qualche gatto fa le fusa; • Che non raffigurano stati di cose (e non corrispondono a fatti); • I quantificatori non raffigurano!
Le concezioni tradizionali • Problemi della concezione tractariana: • I problemi della vero-funzionalità – enunciati modali e atteggiamenti proposizionali (contesti non estensionali): A. «È possibile che p» B. «È necessario che p» C. «Giovanni crede che p» D. «Giovanni spera che p» Nei casi (A-D), e in tutti quelli che appartengono in generale alla categorie degli enunciati modali e alle ascrizioni di atteggiamenti proposizionali, la verità dell’enunciato non è determinata semplicemente dal valore di verità degli enunciati semplici di cui si compongono; Caso modale: «È necessario che Trump abbia contratto il virus»; «è necessario che 4+4=8»; Non sempre la caratterizzazione modale preserva la verità – in molti casi le cose avrebbero potuto andare altrimenti; Intensionalità dei contesti di credenza: «Giovanni crede che Trump abbia contratto il virus»; «Giovanni crede che 4+4=8». Una credenza può infatti riguardare un oggetto in quanto descritto in un modo ma non in un altro, «Giovanni crede l’attuale Presidente degli Stati Uniti abbia contratto il virus», «Giovanni crede che IV+IV=VIII». In questi contesti non vale cioè la sostituzione salva veritate.
Le concezioni tradizionali • Problemi generali del corrispondentismo: • Fatti e proposizioni: Frege ha sostenuto che i fatti sono proposizioni vere; se ha ragione, definire la verità come corrispondenza tra fatti e proposizioni sarebbe circolare; • Si è obiettato che i criteri di identità/identificazione di fatti e proposizioni sono distinti: le proposizioni sono i contenuti di credenza, e generano contesti opachi/intensionali: «Giovanni crede che Bud Spencer sia stato un attore», «Giovanni crede che Carlo Pedersoli sia stato un attore»; • Le due proposizioni si riferiscono ad un unico fatto, e tuttavia è possibile che sia vero «Giovanni crede che Bud Spencer sia stato un attore» ma falso «Giovanni crede che Carlo Pedersoli sia stato un attore», poiché magari Giovanni non sa che Carlo Pedersoli e Bud Spencer erano la stessa persona. Quindi otteniamo un medesimo fatto e due proposizioni (intensionalmente distinte) che da esso dipendono.
Le concezioni tradizionali • Problemi generali del corrispondentismo: • L’ambito non fattuale i. «La pena di morte è ingiusta»; ii. «È probabile che piova»; iii. «Necessariamente il Cagliari merita di giocare in Champions League». 1. Esistono verità morali, estetiche, modali, probabilistiche, ecc.? 2. Vi sono fatti, oggetti, situazioni cui tali verità dovrebbero corrispondere?
Le concezioni tradizionali • Problemi generali del corrispondentismo: • L’ambito non fattuale • Negare che ci siano verità non fattuali: A. Una risposta nega che (i-iii) siano enunciati dichiarativi: con essi noi manifestiamo atteggiamenti, valutazioni e sentimenti (espressivismo); B. Una seconda risposta sostiene che (i-iii) sono descrittivi, ma che le nostre risorse utilizzate per rendere conto del loro contenuto sono inadeguate, e quindi risultano falsi (teoria dell’errore); • Difendere i discorsi non fattuali come fattuali: A. Sostenere che vi siano fatti corrispondenti con gli enunciati (i-iii) anche se siamo in disaccordo su quali siano e anche se trascendono la nostra capacità di accordarci in modo non controverso (realismo metafisico su moralità, modalità, ecc.); B. Sostenere l’esistenza di tali fatti come dipendenti dalle nostre risposte alle proprietà naturali oggettive cui corrispondono (realismo disposizionale).
Le concezioni tradizionali • Problemi generali del corrispondentismo: • Il confronto A. «La congettura di Goldbach è vera»; • In questo caso, la (eventuale) verità dell’enunciato (A) trascende la nostra capacità di verificarlo; • Lo iato tra ciò che noi possiamo effettivamente conoscere/provare e una verità che trascende qualsiasi criterio di verifica o riconoscimento conduce allo scetticismo; • Abbiamo bisogno, per non cadere nello scetticismo, di buone ragioni o giustificazioni, a sostegno di una tesi che identifichiamo come una verità – e questo è considerato l’argomento forte a favore delle concezioni epistemiche; • Se invece la verità delle nostre credenze fosse una corrispondenza ad una realtà extramentale non avremmo alcun criterio per operare tale confronto, mentre gli unici confronti che siamo in grado di operare sono quelli tra un giudizio e altri giudizi, o tra una credenza e altre credenze (per dirla con Kant).
Le concezioni tradizionali • Problemi generali del corrispondentismo: • Contro il confronto • Corrispondenza senza realismo metafisico: un modo per arginare l’obiezione del confronto consiste nel negare che corrispondenza e realismo metafisico vadano necessariamente insieme. • Si può sostenere che verità è corrispondenza con fatti e oggetti che sono comunque in qualche modo dipendenti dalla nostra mente, o dalle nostre pratiche; • Tuttavia, questa risposta rischia di eludere le motivazioni di base del corrispondentismo, eliminando l’indipendenza di fatti e oggetti dalla mente e dalla conoscenza.
Le concezioni tradizionali • Problemi generali del corrispondentismo: • Contro il confronto • (M. David) Se pensiamo al corrispondentismo inteso come un’idea per cui la verità di un enunciato consiste metafisicamente nella sua corrispondenza con fatti/oggetti, rischiamo di considerare come criterio qualcosa di astratto e necessariamente trascendente; • Questo si può contestare mediante l’analogia tra ‘verità’ e ‘acqua’: come possiamo avere criteri per il corretto uso di acqua anche senza essere a conoscenza della sua natura profonda, così possiamo avere criteri di verità a misura d’uomo, come ad esempio la proprietà della trasparenza: p è vero sse p.
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Verità e criteri di verità: le teorie epistemiche identificano la verità come definita dal criterio mediante cui abbiamo accesso ad essa; • La verità si riduce al modo (e ve ne sono diversi) della sua accettabilità razionale; • Spesso affini a concezioni alternative al realismo; • Se la verità dipende in tal modo da conoscenza, giustificazioni, ecc. allora segue che il principio di bivalenza decade per quelle proposizioni su cui siamo epistemicamente ‘svantaggiati’, quelle cioè per cui non abbiamo criteri di accesso (prove, giustificazioni, ecc.); • Principio di bivalenza: per ogni proposizione p, p è vera oppure p è falsa.
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Tre casi in cui decade la bivalenza: 1. è vero; 2. è vero; 3. è vero. • In 1, abbiamo una proposizione la cui eventuale verità è al di là del nostro accesso epistemico per ovvi motivi; in 2 abbiamo un predicato vago, per cui, nei casi borderline (un capello in meno e x è calvo, uno in più e x non lo è), è difficile determinare se è applicato correttamente o meno; in 3 abbiamo una proposizione indeterminata dal suo vertere su un evento futuro che non si è ancora verificato (e che potrebbe non verificarsi).
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Criteri della verità e normatività: • Verità come norma della credenza: dovremmo tutti credere solo proposizioni vere. • Se la verità trascendesse la nostra capacità di distinguere tra credenze vere e false, allora non saremmo capaci di raggiungere tale obiettivo; • Di conseguenza, se vogliamo evitare di cadere nello scetticismo, e riteniamo che l’avere credenze vere sia un obiettivo giusto e raggiungibile, dobbiamo aderire ad una qualche concezione epistemica della verità; • Un ragionamento analogo si può fare per un altro principio: • Scopo della ricerca: conoscere la verità è lo scopo della ricerca scientifica.
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Il criterio giustificazionista • Una proposizione è vera quando abbiamo per essa prove o giustificazioni per asserirla; • La semantica dei nostri enunciati, in questo quadro, si conformerebbe a un modello che riguarda le condizioni di asseribilità degli enunciati (di contro al modello standard che guarda alle loro condizioni di verità); • Questo slittamento semantico si avverte bene in esempi come i seguenti: «Hegel fu pizzicato da una zanzara il 18 luglio del 1812» e «ogni numero pari maggiore di due è la somma di due numeri primi». • Questi enunciati infatti trascendono la nostra capacità di provarli e asserirli, e per noi non sarebbero asseribili in base al modello giustificazionista.
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Il coerentismo: • Una proposizione è vera allorquando è coerente con altre proposizioni che sappiamo essere vere. • La coerenza qui diviene il criterio di verità. • La teoria si espone a innumerevoli controesempi. Quali? Il coerentismo è stato riformulato per evitare queste obiezioni, ma il successo di questi tentativi è assai controverso (per chi fosse interessato si veda il capitolo 4 di Caputo 2015).
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Le teorie pragmatiste • James (pragmatismo ‘stereotipico’ – controversie): La verità è ciò che si rivela utile in termini di credenze (le credenze vere sono quelle appropriate per condurre a piani d’azione di successo). • L’opzione si espone a numerosi controesempi – inadeguatezza estensionale (quali?).
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Le teorie pragmatiste • Peirce: una proposizione sarebbe vera qualora fosse accettata da una comunità di scienziati dopo un sufficientemente lungo periodo di libera ricerca razionale (in the long run). • Potenziali controesempi; Minima trivialia (Giovanni ha mangiato un’intera torta per il suo compleanno); Indeterminatezza delle verità inattingibili (indecidibili o passate) rispetto a ciò che gli scienziati mai sapranno.
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Le teorie pragmatiste • Putnam: una proposizione sarebbe vera qualora fosse razionalmente accettabile per un soggetto in condizioni epistemiche ideali. (Condizioni epistemiche ideali sarebbero qui quelle che consentono al soggetto di accedere a tutte le informazioni rilevanti per assentire o meno alla proposizione in oggetto). • Obiezioni: il paradosso di Fitch (se tutte le verità sono conoscibili, allora sono tutte conosciute; se esiste almeno una verità non conosciuta, allora ne esiste almeno una non conoscibile – quindi esistono verità inconoscibili); • Esiste un’obiezione ispirata a tale paradosso e che mostrerebbe l’inadeguatezza estensionale della concezione di Putnam.
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità (il paradosso di Fitch, segue) A); • Questo è inverificabile in linea di principio (qualora fossimo nella posizione per asserire il primo congiunto, sarebbe falso il secondo). B); • Dalla concezione di Putnam segue che A-B non sono vere, e questa non verità riguarda i primi congiunti di A e B. Il secondo congiunto è sempre vero. C); D); C-D mettono in gioco la bivalenza, una tra loro deve essere vera (altrimenti il passato è indeterminato): ma se lo è, la concezione di Putnam è inadeguata. Si tratta di una proposizione non verificabile/conoscibile in linea di principio. Quindi ci può essere almeno una proposizione vera che in base alla teoria non è accettabile razionalmente.
Le concezioni tradizionali • Le concezioni epistemiche della verità • Obiezioni generali alle teorie epistemiche • Circolarità: le condizioni ideali di giustificazione o accettabilità razionale, in maniera implicita, sembrano fare riferimento al concetto di verità (condizione epistemica ideale ‘tende a coincidere’ con condizione sufficiente per dire che qualcosa è vero). • Scetticismo: se le concezioni epistemiche fanno riferimento a condizioni ideali, queste saranno così lontane dalle nostre condizioni epistemiche da ridestare l’ombra dello scetticismo (si noti che evitare lo scetticismo è sempre stata una delle maggiori motivazioni in supporto delle concezioni epistemiche).
Le concezioni tradizionali • Il primitivismo: • L’idea per cui la verità è un concetto primitivo, non definibile, su cui la filosofia non ha molto da dire se non riconoscere la sua indispensabilità per il nostro schema concettuale (Frege, Moore e Russell da giovani, Kant secondo autorevoli ricostruzioni, Davidson). • Indubbiamente, la non definibilità della verità (dimostrata in seguito da Tarski) spiega bene i problemi definitori delle concezioni tradizionali – l’analisi concettuale del concetto di verità si rivela problematica; • Ad ogni modo, il primitivismo non spiega nulla in positivo della verità (è una teoria esplicativamente inadeguata), e questo può spiegare invece lo scarso seguito di cui gode nel panorama filosofico attuale.
Riferimenti bibliografici • Caputo, S. (2015) Verità, Laterza. • Glanzberg, M. (2006) Truth (Stanford Encyclopedia of Philosophy): https://plato.stanford.edu/entries/truth/ • Künne, W. (2003) Conceptions of Truth. Oxford UP. • Volpe, G. (2005) Teorie della verità. Guerini.
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