Studio dei polimorfismi del DNA in Vitis Vinifera per la discriminazione di cloni
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Final Report “Studio dei polimorfismi del DNA in Vitis Vinifera per la discriminazione di cloni” Coordinatore Scientifico: Dott. Donato Antonacci (CRA-UTV Turi) Borsista: Dott. Angelo Anaclerio RIASSUNTO L’Aglianico è un antico vitigno, diffuso soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia e coltivato in modo particolare in Campania, Basilicata ed in misura inferiore in Puglia e Molise (Antonacci D., 2004). E’ caratterizzato da un’elevatissima variabilità intravarietale e la sua importanza è testimoniata dal fatto che rientra per la produzione di vini in alcune IGT, DOC e DOCG. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di verificare, attraverso l’utilizzo della metodica molecolare AFLP, la possibilità di discriminare cloni o accessioni appartenenti alla cultivar Aglianico. Per tale obiettivo abbiamo considerato complessivamente 31 biotipi tra Aglianico n. (cod. 002) e Aglianico del Vulture n.(cod. 266), iscritti nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite (D.P.R. 24 dicembre 1969, n° 1164) come due diverse cultivar, ma che in realtà come dimostrato in letteratura con i marcatori SSR sembrano essere la medesima varietà. Due cloni certificati, uno per l’Aglianico n. e uno per l’Aglianico del Vulture n. sono stati utilizzati come confronto e riferimento e pertanto inseriti nell’analisi. L’utilizzo di 30 descrittori morfologici, 13 marcatori SSR e 10 combinazioni AFLP ha permesso di investigare la diversità esistente all’interno della popolazione di Aglianico raccolta nel Sud Italia. Differenze significative per i descrittori morfologici sono state rilevate esclusivamente a livello della foglia matura, mentre poche o alcuna a livello della bacca, grappolo e germoglio. Una completa uniformità genetica è stata rilevata con i marcatori SSR per tutti i 13 locus. Anche gli AFLP hanno evidenziato un elevato grado di similarità tra le accessioni e tra i due cloni certificati, tuttavia a differenza delle altre metodiche di caratterizzazione hanno permesso di distinguere ogni singolo individuo esaminato. Appare evidente quindi il maggiore potere discriminatorio della metodica AFLP nella discriminazione di individui all’interno di una varietà. Tuttavia questa analisi al momento non può prescindere dalla corretta attribuzione varietale mediante SSR e da una previa analisi fenotipica dei campioni da esaminare. Tuttavia non è da escludere che ulteriori analisi effettuate con una metodica AFLP standardizzata possano portare ad una simultanea identificazione di varietà e discriminazione di cloni nella stessa indagine. INTRODUZIONE L’Aglianico è un vitigno diffuso soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, coltivato in modo particolare in Campania (circa 6700 ha), Basilicata (circa 2600 ha) ed in misura inferiore in Puglia e Molise (ISTAT, 2000). Nel panorama ampelografico, senza alcun dubbio, il vitigno Aglianico è da annoverare tra le varietà più rappresentative e storiche dell’Italia meridionale. Infatti, non è solo uno dei più diffusi vitigni nelle aree a propensione viticola, ma è anche quello più ricco di citazioni e di riferimenti storici. L’origine dell’Aglianico è controversa; numerose sono state le tesi avanzate dagli studiosi di letteratura enoica, alcune di queste sono recentissime. A lungo si è ritenuto che l’Aglianico si identificasse con le antiche uve Helleniche. Tale tesi è stata sostenuta per primo da Columella Onorati (1806) e ripresa da Carlucci (1909), che ha studiato a fondo l’Aglianico e realizzato la prima monografia completa sul vitigno. Carlucci, in particolare, sostiene che l’Aglianico si identifichi con il vitigno che, noto con il nome di Ellenica o Ellanica, veniva utilizzato, in epoca 1
romana, per produrre il Gaurano, vino derivante dall’area del Massico, che oggi coincide con il Monte Barbaro, il Faustiano e con i colli Falciano. Inoltre Carlucci nel suo lavoro fa derivare il termine Aglianico da una corruzione di Hellenico, prima in Hellenica e, successivamente, in epoca aragonese (XV sec.), in Aglianico, mediante la trasformazione della doppia elle nel suono “gl”. Questa tesi è stata suffragata anche nelle opere di Giovan Battista Porta (1581) e di Granata (1883). Nonostante numerose ed autorevoli adesioni a tale tesi avanzata da Carlucci, negli ultimi anni sono state elaborate ipotesi diverse. Murolo (1970) avanza l’ipotesi che Aglianico possa derivare dai termini greci “aglaos” (chiaro) e “aglaio” (splendore): e cioè Aglianico come vino rubino e splendente (Vitagliano, 1989).‟ultimaL congettura è recen tissima ed è stata avanzata da Piancastelli (2003). Le radici del termine Aglianico sarebbero da ricercarsi nella giovanile asprezza e astringenza del vino, per cui deriverebbero da “aglucos”, cioè senza zucchero, cioè amaro. Tale tesi affascina Moio (2003) in quanto è confortata da alcune caratteristiche peculiari dell’uva Aglianico, che presenta una elevata acidità tollerabile, con conseguente maggiore reattività delle forme polifenoliche monomere che si traducono in una più accentuata percezione dell’attributo amaro. Le numerose opinioni, pur essendo diverse, concordano tutte nel riconoscere all’Aglianico una nobile storia e una millenaria presenza soprattutto in Campania e più in generale nell’Italia meridionale, non è un caso quindi, che dalle uve di Aglianico si ottengano i vini campani più affermati e prestigiosi e che rientri in un gran numero di vini IGT e DOC. La stessa storia millenaria dell’Aglianico ha portato nel tempo alla formazione di diversi biotipi che hanno dato origine ad un numero elevatissimo di sinonimi con cui il vitigno è indicato nelle diverse aree viticole ove è presente. Tra i sinonimi ricordiamo: Aglianica, Aglianica vera, Aglianica Cola Giovanni, Glianica, Glianico, Gnanica, Ellanico, Aglianicone, glianica bastarda, Aglianichella di S. Severino, Ellenico, Aglianico zerpoluso, Aglianico mascolino, Cascavoglia, ecc…. Per l’Aglianico così come per tutte la varietà di vite, evidenze e citazioni storiche, integrate da dati morfologici (ampelografia), sono state il primo strumento per caratterizzare le varietà e presumere parentele. Tuttavia il crescente verificarsi di contestazioni nell’attribuzione varietale hanno spostato l’attenzione a livello genetico (Labra et al., 2004). I marcatori molecolari maggiormente utilizzati in ambito viticolo sono attualmente gli SSR (simple sequence repeats), efficacemente utilizzati per l’identificazione di cultivar (Bowers et al. 1999; Crespan 2003; This et al. 2004; Jahnke et al. 2009; Zoghlami et al. 2009) e per la discriminazione clonale (Regner et al. 2000; Riaz et al. 2002; Bertsch et al. 2003; Crespan 2003; Hocquigny et al. 2004; Gonzàles-Techera et al. 2004). Tuttavia numerose sono anche le ricerche in cui viene evidenziata l’impossibilità di distinguere cloni di vite attraverso l’utilizzo degli SSR (Crespan and Milani 2001; Imazio et al. 2002; Vignani et al. 2002; Ibànez et al. 2003). Imazio et al. (2002) consigliano la metodica AFLP (amplified fragments length polymorphism) rispetto agli SSR per discriminare cloni appartenenti alla medesima varietà o per ricercare variabilità tra varietà affini. Risultati positivi con la metodica AFLP sono stati riportati da (Vignani et al. 2002; Labra et al. 2004; Blaich et al. 2007; Stenkamp et al. 2009). MATERIALI E METODI Materiale vegetale Nell’ambito del progetto Vitivin-Valut, inerente anche il recupero e la valorizzazione dei vitigni autoctoni, sono state recuperate 110 accessioni di Aglianico (74 accessioni di Aglianico n. e 36 di Aglianico del Vulture n). Lo scopo inizialmente è stato quello di recuperare il maggior numero di biotipi riscontrabili sui territori esplorati in modo da salvaguardarne la biodiversità. 2
Successivamente queste accessioni, opportunamente innestate, sono state caratterizzate con descrittori morfologici e marcatori molecolari con il fine di verificare se appartenessero alla cultivar Aglianico. Per lo svolgimento del lavoro di borsa, su tutte queste accessioni è stata effettuata una prima analisi fenotipica, visiva, al fine di individuare quei campioni o biotipi che presentavano caratteristiche distintive rispetto agli individui della collezione. Sono stati così scelti 31 biotipi tra Aglianico n. e Aglianico del Vulture. Due cloni certificati Aglianico n. (IRGV Codice 002) e Aglianico del Vulture n. (IRGV Codice 266), presenti nello stesso campo sperimentale sono stati utilizzati come riferimento. Complessivamente 33 sono i genotipi considerati. I campioni esaminati sono localizzati nel campo sperimentale del CRA-UTV di Turi e ognuno di essi è stato replicato 10 volte. La distanza tra i filari è di 2,5 metri, mentre quella tra le piante è di 1 m. Analisi Ampelografiche Tra il 2007, 2008 e 2009 sulle 31 accessioni e sui 2 cloni certificati sono stati misurati 30 caratteri morfologici, seguendo la lista dei descrittori sviluppata dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV, 2ND Edition 2007). Tra i caratteri sono stati inclusi anche quelli minimi per uno studio preliminare su radici, foglie, grappoli e acini (Tab. 1). Le misure su grappoli e acini sono state effettuate considerando rispettivamente la media di 20 grappoli e di 50 acini. Analisi Genotipiche Il DNA genomico totale è stato estratto da foglie giovani (nella fase di fioritura della pianta) utilizzando un kit commerciale e seguendo il protocollo consigliato dalla casa produttrice (Dneasy Plant; Qiagen, Hilden, Germany). La qualità e la quantità del DNA sono state misurate attraverso corsa elettroforetica su gel di agarosio allo 0,8% e analisi spettrofotometrica a 260 nm. Sono stati analizzati 13 loci microsatellite, sei dei quali richiesti dal EU project Genres CT96 N° 81: VVS2, VVMD5, VVMD7, VVMD27, VrZAG62 e VrZAG79 (This et al., 2004); mentre i restanti sette sono stati scelti tra i più polimorfici sulla base dei dati di letteratura: VVMD28, VVMD25 e VVMD32 (Bowers et al., 1999) ISV2, ISV3, ISV4 e VMCNG4b9 (Crespan 2003). La Multiplex PCR (Polimerase Chain Reaction) è stata condotta utilizzando l’Eppendorf Mastercycler® EP thermocycler (Eppendorf, North America, Inc., New York, NY). Per ogni campione è stata allestita una Mix costituita da: Mix Qiagen (contenente Dna polimerasi stabilizzata, dNTP, Mg2+), primer e H2O per raggiungere il volume finale di 20 µl (Qiagen, Hilden, Germany). Due o tre coppie per volta sono state combinate per co-amplificare in una singola reazione. Il primer “forward” è stato marcato con WellRED dyes, D2-PA (black), D3-PA (green) or D4-PA (blue), all’estremità 5’finale. I cicli di amplificazione prevedevano: un iniziale step di attivazione delle polimerasi a 95°C per 5 min, seguivano 35 cicli con denaturazione a 98°C per 5 s, annealing a 55°C per 30 s, estensione a 68°C per 9 s, e una estensione finale a 72 C per 1 min. I prodotti di PCR sono stati analizzati con il sequenziatore CEQ™ 8000 Series Genetic Analysis System, utilizzando uno standard di peso molecolare CEQ DNA Standard Kit Size 400 (Beckman Coulter S.p.A., Milan, Italy). Le dimensioni dei frammenti sono state stimate attraverso analisi automatizzata. L’analisi AFLP è stata condotta seguendo il protocollo riportato da Vos et al. (1995) con alcune modifiche. Il DNA genomico (150 ng) ha subito una doppia digestione per 1 h con 20 unità di EcoRI and 10 unità di MseI. I frammenti di DNA sono stati ligati con 3.5 unità di T4 ligasi a un 3
adattatore EcoRI (5 pmol) e ad un adattatore MseI (50 pmol) in un volume finale di 50 μl a 15°C overnight. Venticinque µl derivanti dalla digestione e ligazione sono stati usati come templato in una reazione di pre-amplificazione con l’aggiunta di 10x PCR buffer Fermentas, 25 mM MgCl2, 250 ng di primer EcoRI (+1N) e 50 ng di primer MseI (+1N), 10 mM di dNTP, 1.5 unità di Taq DNA polymerase, in un volume finale di 45 μl. L’amplificazione ha previsto: 3 min a 94ºC, 21 cicli di 30 s a 94ºC, 1 min a 56ºC, e 1 min a 72ºC, con uno step finale di estensione a 72ºC per 7 min. I prodotti della pre-amplificazione sono stati valutati su gel di agarosio all’1%. Successivamente, i campioni sono stati diluiti 1:10 o 1:20 in base alla loro iniziale concentrazione. Quattro μl dei prodotti di pre-amplificazione sono stati utilizzati come templato per l’amplificazione selettiva. Sono stati aggiunti 10x PCR buffer Fermentas, 25 mM MgCl2, 16 ng primer EcoRI e 96 ng primer MseI, 10 mM dNTP, 0.4 unità Taq DNA polymerase, in un volume finale di 10 μl. I primer EcoRI sono stati legati con fluorocromi FAM o HEX. Le condizioni di PCR utilizzate sono state le seguenti: 94ºC per 3 min, 12 cicli di 30 s a 94ºC, 30 s a 65ºC (la temperature annealing è stata ridotta ad ogni ciclo di 0.7ºC) e 1 min a 72ºC; 23 cicli addizionali completano la fase di amplificazione selettiva: 30 s a 94ºC, 30 s a 56ºC e 1 min at 72ºC. Le sequenze di adattatori, primer per l’amplicazione pre-selettiva e selettiva sono riportati nella Tabella 2. Un totale di 10 combinazioni di primer con 3 nucleotidi selettivi sono state utilizzate. I prodotti di amplificazione sono stati prima denaturati a 94°C per 5 min e successivamente separati mediante elettroforesi capillare utilizzando il sequenziatore ABI PRISM ® 3100 Avant Genetic Analyzer (Applied Biosystems) con GS ROX 500 come standard interno. Gli elettroferogrammi AFLP sono stati acquisiti e analizzati con il Software Genographer 2.1.4 (http://sourceforge.net/projects/genographer), che permette di ricostruire una virtuale corsa elettroforetica su gel, con bande suddivise in base al proprio peso molecolare. Le letture delle diverse combinazioni di primer sono state effettuate indipendentemente da due operatori, e da queste sono state considerate solo quelle bande non ambigue. RISULTATI La comparazione dei dati ampelografici per i descrittori primari tra i cloni certificati Aglianico n. e Aglianico del Vulture n. ha mostrato differenze morfologiche solo relative alle foglie mature, mentre completa uniformità è stata riscontrata per i descrittori dei giovani germogli e dei grappoli (Tab. 1). In particolare a livello della foglia adulta l’Aglianico del Vulture n. differisce dall’Aglianico n. per i seguenti descrittori OIV: cod.067 (carattere forma del lembo): orbicolare vs. pentagonale; cod.068 (carattere numero lobi): tre vs. cinque; cod.076 (carattere forma dei denti): su entrambi i lati convessi vs. su entrambi i lati rettilinei; cod.084-087 (carattere peli eretti): l’Aglianico del Vulture n. mostra una maggiore presenza peli eretti sulle nervature principali della pagina inferiore del lembo rispetto all’Aglianico n.. Le 31 accessioni analizzate per i descrittori primari hanno mostrato maggiore variabilità rispetto ai cloni certificati. In particolare oltre ad evidenziare differenze a livello della foglia adulta è stata rilevata variabilità anche per il descrittore del germoglio (cod. 004) che ha evidenziato, per 4 accessioni, una densità dei peli striscianti inferiore rispetto ai cloni di riferimento e paragonabile a quella della Garnacha tinta N.. 4
Sei descrittori primari hanno mostrato completa uniformità sia tra i cloni certificati che tra le diverse accessioni: completa apertura dell’apice (cod. OIV 001), 2 o nessun viticcio consecutivo (cod. OIV 016), colore verde della pagina superiore del lembo della quarta foglia (cod. OIV 051), presenza di denti del seno peziolare su entrambi i lati delle foglie mature (cod. OIV 81-2), grappoli di forma globosa (cod. OIV 223) e colore della buccia (cod. OIV 225) blu-nera. Poiché maggiormente influenzati dall’ambiente, i descrittori secondari (Tab. 2), hanno mostrato una più ampia variabilità tra i cloni certificati e tra le accessioni esaminate. Questa biodiversità ha riguardato non solo i descrittori della foglia matura ma anche i descrittori del grappolo e del germoglio, mentre i descrittori delle bacche non hanno mostrato variabilità. In Aglianico del Vulture n. i grappoli in media, rispetto all’Aglianico n., hanno evidenziato maggiore lunghezza (cod. OIV 202), larghezza (cod. OIV 203), media densità (cod. OIV 204), con un più lungo peduncolo (cod. OIV 206) e una forma conica vs. forma cilindrica (cod. OIV 208). I grappoli variavano dagli 8.0 cm ai 20.0 cm di lunghezza (OIV 202) con larghezza compresa tra i 4.0 e 16.0 cm (OIV 203). La compattezza variava da media a spargola (OIV 204), mentre la lunghezza del penducolo del grappolo primario varia dai 0.3 cm ai 0.9 cm (OIV 206). Tutti i grappoli avevano forma cilindro-conica (OIV 208). Inoltre l’Aglianico del Vulture n. ha manifestato a livello della foglia, rispetto all’Aglianico n., una maggiore dimensione del lembo (cod. OIV 067), denti più corti (cod. OIV 078), forma della base del seno peziolare a “V” rispetto a quella dell’Aglianico ad “U”. I caratteri presenza di denti del seno peziolare (cod. OIV 081-1) e presenza di denti nei seni laterali superori rappresentano un ulteriore elemento di discriminazione tra le accessioni ma non tra i cloni certificati. La sola accessione afferente al biotipo Sannio ha mostrato una maggiore intensità della pigmentazione antocianica dei peli striscianti dell’apice (cod. OIV 003). Quattro descrittori secondari (cod. OIV 209, 231, 235 e 241) hanno mostrato valori paragonabili tra tutti gli individui esaminati. In particolare i descrittori OIV cod. 231, 235 e 241 sono descrittori dell’acino. I dati ampelografici sono stati utilizzati per ottenere un dendrogramma di similarità (Fig. 1) attraverso il software NTSYS, utilizzando il coefficiente di distribuzione Dist e l’algoritmo UPGMA. Il dendrogramma mostra la formazione di 2 cluster principali che originano 4 sotto- cluster. Nel terzo sotto-cluster si ritrovano le cultivar certificate, mentre il quarto sotto-cluster è costituito dalla sola accessione 7, biotipo Vulture. Appare evidente l’impossibilità di discriminare tutte le accessioni, in quanto le accessioni 9 e 26, 21 e 31 ed infine 6 e 28, nonostante i 30 caratteri fenotipici esaminati mostrano uno stesso fenotipo. Inoltre dall’analisi si evince un mancato raggruppamento tra le accessioni afferenti alle cultivar certificate rafforzando così la tesi secondo la quale l’Aglianico n. e l’Aglianico del Vulture n. sarebbero in realtà la stessa varietà. Nonostante i dati ampelografici siano stati prelevati sempre dagli stessi operatori e sulle stesse piante poste nelle medesime condizioni di allevamento, non si possono escludere errori di rilevazione del carattere e una certa pressione ambientale alla quale le diverse accessioni sono sottoposte. Per ovviare a questo inconveniente e confermare l’origine genetica delle differenze morfologiche riscontrate sono stati esaminati alcuni polimorfismi del DNA che notoriamente non sono influenzabili dall’ambiente. L’analisi SSR ha rivelato una totale uniformità, stesso profilo per ogni singolo locus, tra tutte le accessioni e le cultivar certificate per i 13 loci testati (Tab. 3). Due (VrZAG62, VVMD7) dei sei (VrZAG79, VVS2, VVMD27 e VVMD5) loci richiesti dall’EU project Genres CT96 N° 81 5
“European network for grapevine genetic resources conservation and characterisation”, sono risultati monomorfici (omozigosi), mentre gli altri quattro loci hanno mostrato un profilo eterozigote. Anche gli altri sette marcatori (VVMD28, VVMD25, VVMD32, ISV2, ISV3, ISV4 e VMCNG4b9) scelti poiché tra i più polimorfici facendo riferimento ai dati di letteratura, hanno mostrato un profilo eterozigote. Tramite l’utilizzo dei 13 marcatori SSR è dunque impossibile distinguere l’Aglianico n. e l’Aglianico del Vulture n. ed è pertanto ipotizzabile che le due cultivar siano in realtà la medesima varietà nonostante le differenze fenotipiche delle cultivar certificate. Le 10 combinazioni di primer AFLP (Tab. 4) testate sulle 31 accessioni e sui 2 cloni certificati hanno prodotto complessivamente 377 bande, delle quali 108 sono risultate polimorfiche. Il polimorfismo è stato inteso come presenza o assenza di una determinata banda nella ricostruzione virtuale del gel da parte del Software Genographer 2.1.4. Questo Software ha permesso di standardizzare le letture, attraverso la possibilità di selezionare l’intensità del segnale e di scegliere l’intervallo di lettura del polimorfismo; ed inoltre ha permesso di evitare tutti quegli errori e rischi derivanti dalla lettura dei gel in cui i primer sono marcati con radioattivo. Ulteriore vantaggio fornito dal Software è stato quello di aver poter effettuare le letture nel tempo. Sono state lette solo quelle bande di indubbia lettura e con un peso molecolare non inferiore alle 100 bp. In figura 2 è riportato l’ esempio di una combinazione di primer (E44-M59) ottenuta con il Software Genographer. Il numero di bande ottenute per singola combinazione è stato variabile e comunque compreso tra un minimo di 25 e un massimo di 61; mentre il numero di bande polimorfiche è risultato compreso tra 4 e 19. Dalla lettura è stata originata una matrice di similarità, che attraverso NTSYS, utilizzando il coefficiente di similarità DICE e l’algoritmo UPGMA, ha generato un dendrogramma di similarità per i dati AFLP (Fig. 3). Appare evidente l’elevato livello di similarità tra le accessioni, superiore al 94%, e per i due cloni certificati che hanno un livello di similarità tra loro del 98%. Dall’analisi le accessioni 5 e 7 (rispettivamente biotipo Cilento e Vulture) mostrano un livello di similarità inferiore alle altre. Inoltre ciascun individuo è distinto dal punto di vista molecolare a differenza di quanto visto con l’analisi ampelografica. DISCUSSIONI La storia millenaria della vite e la sua propagazione per via vegetativa hanno prodotto nel corso dei secoli una proliferazione di popolazioni clonali nelle quali si sono accumulate mutazioni somatiche di vario genere. Inoltre, la presenza di un così elevato numero di varietà ha provocato una non corretta identificazione delle stesse, che spesso sono erroneamente definite in base a denominazioni locali, creando casi di sinonimie e omonimie. Questo quadro così confuso risulta ulteriormente complicato dai metodi di caratterizzazione varietale, per molto tempo basati esclusivamente sulla compilazione di schede ampelografiche. Un esempio di quanto appena affermato, con molta probabilità, riguarda la denominazione e registrazione della cultivar Aglianico con due differenti appellativi, Aglianico n. e Aglianico del Vulture n., che in realtà identificano la medesima varietà stando alle metodiche molecolari ad oggi utilizzate per la discriminazione varietale (SSR). Le differenze rilevate a livello morfologico riguardano foglie adulte e grappoli, e con buona probabilità sono determinate da fattori ambientali, tuttavia non è da escludere che essendo questa una varietà di antica origine vi sia anche una variabilità genetica non evidenziabile con le metodiche molecolari utilizzate in questa ricerca. Rimane quindi da stabilire se i cloni 6
appartenenti alla medesima varietà con diversa manifestazione fenotipica ma stesso pattern molecolare (AFLP e SSR) possano essere considerati appartenenti alla medesima varietà o possano costituire una nuova varietà. Pelsy et al. (2010) nel loro lavoro riportano che tradizionalmente i cloni sono attribuiti ad una varietà sulla base di alcuni caratteri comuni ampelografici, tuttavia piccole differenze a livello fenotipico tra cloni o accessioni della stessa varietà sono tollerate e accettate. Appare evidente però che i dati morfologici o ampelografici, seppur meno soggettivi rispetto al passato (UPOV, Bioversity, OIV, 2002), possono avere un ruolo importante se di supporto ad analisi molecolari, in quanto vi è sempre una certa soggettività nell’analisi. Lavori analoghi, condotti su accessioni di “Sangiovese” (Scalabrelli et al., 2001), “Parmak” e “Moscato” (Ergul et al., 2006), hanno riscontrato anch’essi ampia variabilità morfologica tra cloni ascrivibili a queste varietà e poca variabilità a livello molecolare. Risultati simili sono stati ottenuti anche nello studio di cloni e mutanti spontanei della cv. “Italia” nel lavoro di Fanizza et al., 2003. Le analisi molecolari possono essere uno strumento valido per risolvere ogni dubbio di interpretazione, tuttavia bisognerebbe determinare metodiche capaci di individuare in singole analisi un numero elevato di polimorfismi. Gli SSR sono sicuramente uno strumento con alte capacità discriminanti, tuttavia il numero di tali marcatori proposti dal Genres CT96 N° 81potrebbe non essere sufficiente ad evidenziare differenze cloni. Chiaro è il caso del Pinot che attraverso i marcatori SSR mostra un identico profilo molecolare per le varietà a bacca bianca, grigia e nera. Quando non si rilevano differenze tra i campioni esaminati con i marcatori SSR, è necessario esaminare un elevato numero di loci che coprano in maniera più esaustiva differenti punti del genoma. In questo caso i marcatori AFLP risultano utili quando si analizza una variabilità esistente tra presunti cloni della stessa cultivar o tra “cosiddette popolazioni clonali”. Analogamente a quanto praticato da altri autori (Imazio et al. 2002; Vignani et al., 2002; Stenkamp et al. 2009) su importanti vitigni quali Pinot, Sangiovese e Traminer, l’analisi con i marcatori SSR, ampiamente validata nella caratterizzazione varietale (Morgante e Olivieri 1993; Silvestroni et al. 1997; Sefc et al. 1998 e 2000;) è stata affiancata dall’analisi AFLP. Questi marcatori all’interno della cultivar Aglianico hanno evidenziato una variabilità molecolare, seppur minima (in media del 3%), rispetto agli SSR, tuttavia non tale da giustificare l’esistenza di due diverse cultivar afferenti all’Aglianico. A tale proposito Cervera et al. (1998) avevano proposto che genotipi di vite con una similarità genetica superiore al 90% potessero essere attribuiti alla medesima varietà, a condizione che vi sia un sufficiente numero di marcatori molecolari. A tal proposito risulta importante il lavoro di Fanizza et al., 2003 nel quale viene preso in considerazione il coefficiente di variazione e viene dimostrato come questo cambi in funzione del numero di bande analizzate. Un numero di circa 400 bande totali riduce il margine di errore, all’incirca del 5%, consentendo un più accurato studio di similarità. Non è importante solo il numero di bande ma anche il numero di caratteri morfologici esaminati in quanto la similarità genetica misurata dall’analisi con i marcatori AFLP tende a combaciare con i dati morfologici solo se il numero di caratteri considerati è alto, altrimenti la corrispondenza tende ad affievolirsi. Rimane, quindi, la necessità di stabilire e standardizzare nei diversi laboratori di ricerca una metodica AFLP che, attraverso l’utilizzo: degli stessi enzimi di restrizione, stesse combinazioni di primer, adeguato numero di bande totali visualizzate e utilizzo di software con stessi settaggi di lettura; permetta di ottenere dei profili molecolari comparabili, utilizzabili per la definizione di range di similarità per la discriminazione di cloni e varietà. Inoltre la possibilità di utilizzare, come avviene per gli SSR, un protocollo di riferimento o comunque delle linee guida, consentirebbe di 7
creare dei profili molecolari comparabili da poter utilizzare per creare una banca dati AFLP di riferimento. Per dimostrare che la metodica AFLP discussa può essere applicata per la discriminazione di qualsiasi clone all’interno di una varietà o tra le varietà, sarebbe importante caratterizzare come già visto con le accessioni di Aglianico, cloni o accessioni appartenenti ad una varietà di recente costituzione in cui il livello di variabilità molecolare è minore. 8
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Tab. 1: Caratterizzazione ampelografica, mediante l’utilizzo di 14 descrittori primari OIV (2ND Edition 2007), di 2 cloni certificati di Aglianico n. e Aglianico del Vulture e di 31 accessioni ad essi ascrivibili. I biotipi Sannio, Taurasi e Cilento appartengono alla varietà Aglianico n.. I dati riportati riguardano gli anni 2007, 2008 e 2009. In rosso sono riportati i valori delle accessioni che differiscono rispetto ai due cloni certificati. In grassetto sono evidenziate le differenze tra i due cloni utilizzati come riferimento. germogli acini foglie descrittori descrittori descrittori n° Biotipo 001 004 016 051 067 068 070 076 079 081-2 084 087 223 225 acces. 1 Sannio 5 3 1 1 4 2-3 1 3 5 1 5 3 2 6 2 Vulture 5 3 1 1 4 2-3 1 3 5 1 5 3 2 6 3 Vulture 5 3 1 1 4 2-3 1 3 5 1 5 3 2 6 4 Taurasi 5 5 1 1 2 2 2 5 3 1 5 3 2 6 5 Cilento 5 5 1 1 4 2 1 3 7 1 7 5 2 6 6 Cilento 5 5 1 1 4 2 1 3 7 1 7 5 2 6 7 Vulture 5 3 1 1 2 3 1 5 7 1 7 7 2 6 8 Vulture 5 5 1 1 2 2 2 5 3 1 5 3 2 6 9 Taurasi 5 5 1 1 3 3 1 2 5 1 5 3 2 6 10 Vulture 5 5 1 1 3 3 1 2 5-7 1 5 3 2 6 11 Vulture 5 5 1 1 3 3 1 2 5 1 5 5 2 6 12 Vulture 5 5 1 1 3-4 3 1 2 5 1 5 5 2 6 13 Taurasi 5 5 1 1 3-4 3 1 2 5 1 5 5 2 6 14 Vulture 5 5 1 1 3 2 1 2 5 1 5 5 2 6 15 Taurasi 5 5 1 1 3 3 1 2 3 1 5-7 5 2 6 16 Taurasi 5 5 1 1 3 3 1 2 7 1 3 3 2 6 17 Taurasi 5 5 1 1 3 2 1 2 5 1 3 5 2 6 18 Taurasi 5 5 1 1 3 2 1 2 3 1 3 3 2 6 19 Taurasi 5 5 1 1 3 2 1 2 3 1 5 5 2 6 20 Vulture 5 5 1 1 3 2 1 2 5 1 3 3 2 6 21 Taurasi 5 5 1 1 3 3 1 2 5 1 3 3 2 6 22 Taurasi 5 5 1 1 3 2 1 2 3 1 3 3 2 6 23 Taurasi 5 5 1 1 3 3 1 2 3-5 1 3-5 3 2 6 24 Taurasi 5 5 1 1 2 2 1 2 5 1 3 3 2 6 25 Taurasi 5 5 1 1 4 3 1 2 3-5 1 3 3 2 6 26 Taurasi 5 5 1 1 3 3 1 2 5 1 5 3 2 6 27 Taurasi 5 5 1 1 3 2 1 2 5 1 5 3 2 6 28 Taurasi 5 5 1 1 4 2 1 3 7 1 7 5 2 6 29 Taurasi 5 5 1 1 2 2 1 2 5 1 5 3 2 6 30 Taurasi 5 5 1 1 3 2 1 2 3 1 5 3 2 6 31 Cilento 5 5 1 1 3 3 1 2 5 1 3 3 2 6 Aglianico 5 5 1 1 3 3 1 2 5-7 1 3 3 2 6 n. Aglianico 5 5 1 1 4 2 1 3 7 1 7 5 2 6 Vult. 12
Tab. 2: Caratterizzazione ampelografica, mediante l’utilizzo di 16 descrittori secondari OIV (2ND Edition 2007), di 2 cloni certificati di Aglianico n. e Aglianico del Vulture e di 31 accessioni ad essi ascrivibili. I biotipi Sannio, Taurasi e Cilento appartengono alla varietà Aglianico n.. I dati riportati riguardano gli anni 2007, 2008 e 2009. germogli foglie grappoli descrittori acini descrittori descrittore descrittori n° 083- Biotipo 003 065 074 078 080 081-1 202 203 204 206 208 209 231 235 241 acces. 2 1 Sannio 1 5 3 9 9 7 7 5-7 3 2 2 1 1 3 3 5 2 Vulture 1 5 3 9 9 5-7 3-5 5 3-5 2 1-2 1 1 3 1 5 3 Vulture 1 5 3 9 9 3-5 3-5 5 3-5 2 1-2 1 1 3 1 5 4 Taurasi 2 3 1 1 1 5-7 5-7 7 3 2 2 1 1 3 1 5 5 Cilento 1 3 3 1 1 7 5-7 5 3-5 2 2 1 1 3 1 7 6 Cilento 1 3 3 1 1 5-7 3-5 7 3-5 2 2 1 1 3 1 7 7 Vulture 1 5 3 1 1 1-3 3 3 5-7 1 2 1 1 3 1 5 8 Vulture 2 3 1 1 1 5 5 3-5 3 2 2 1 1 3 1 5 9 Taurasi 1 5 1 1 9 5 3 5 3 2 2 1 1 3 1 5 10 Vulture 2 3 1 1 1 1 1-3 5 3 1-2 1 1 1 3 1 5 11 Vulture 1 5 1 1 9 7 5 5 3 2 2 1 1 3 1 5 12 Vulture 1 5 1-2 5 2 1 9 7 7 5 3 2 2 1 1 3 13 Taurasi 1 5 1 1 9 5 3 5 3 2 1 1 1 3 1 5 14 Vulture 1 5 1-2 1 9 7 3-5 5-7 1-3 1 1 1 1 3 1 5 15 Taurasi 1 3 3 1 1 5 1-3 5 3 2 1 1 1 3 1 5 16 Taurasi 1 5-7 1 5 1 9 9 5 3 7 3 2 1 1 1 3 17 Taurasi 1 5 1 1 1 5-7 3-5 3 5 2 2 1 1 3 1 5 18 Taurasi 2 5 2 1 9 7 5 5 7 2 2 1 1 3 1 5 19 Taurasi 1 5 2 1 9 5 3 5 3 2 1 1 1 3 1 5 20 Vulture 1 5 1 1 1 5 3-5 5-7 5 2 2 1 1 3 1 5 21 Taurasi 1 5-7 1 1 1 7 5-7 3 5 2 2 1 1 3 1 5 22 Taurasi 1 5 1 1 1 3-5 3 3-5 5 1 2 1 1 3 1 5 23 Taurasi 1 5 1 1 9 3-5 3-5 5 3 2 2 1 1 3 1 5 24 Taurasi 1 5 1-2 5 1 1 1 7 5 5 5 2 2 1 1 3 25 Taurasi 1 3 1 1 1 5-7 5-7 5-7 5 2 2 1 1 3 1 5 26 Taurasi 1 5 1 1 9 5 3 5 3 2 2 1 1 3 1 5 27 Taurasi 1 5 1 1 1 5-7 5 5 3 2 2 1 1 3 1 5 28 Taurasi 1 3 3 1 1 5-7 3-5 7 3-5 2 2 1 1 3 1 7 29 Taurasi 1 3-5 1 1 9 7 5 3 7 2 2 1 1 3 1 5 30 Taurasi 1 5 1 9 9 5 3 3 5 1 2 1 1 3 1 5 31 Cilento 1 5 1 1 1 7 5-7 3-5 5 2 2 1 1 3 1 5 Aglianico 1 5 1 5 1 1 1 3 3 3 3 1 1 1 1 3 n. Aglianico 1 7 1 3 3 1 1 5 5 5-7 5 2 2 1 1 3 Vult. . 13
Fig. 1: Dendrogramma di similarità costruito attraverso il software NTSYS, utilizzando il coefficiente di distribuzione DIST e l’algoritmo UPGMA. Si formano complessivamente 2 cluster principali e 4 sotto-cluster. Nel terzo sottocluster si raggruppano le due cultivar certificate mentre il quarto sotto-cluster è costituito dalla sola accessione numero 7 biotipo Vulture. Non è possibile da questa analisi distinguere tutte le accessioni dal punto di vista morfologico. In rosso sono riportate le accessioni ascrivibili all’Aglianico del Vulture, in nero le accessioni ascrivibili all’Aglianico n.; mentre in grassetto e sottolineate sono evidenziati i cloni di riferimento 14
Tab. 3:Lettura dei profili molecolari ottenuti con 13 combinazioni di marcatori SSR. Con l’asterisco sono indicati i marcatori proposti dal EU project Genres CT96 N° 81 SSR marker Allele size (bp) ISV3 134 146 ISV4 171 179 VVMD28 229 259 VMCNG4b9 164 168 VrZAG79* 244 246 ISV2 144 166 VrZAG62* 187 187 VVMD7* 238 238 VVS2* 151 155 VVMD27* 182 188 VVMD5* 231 245 VVMD25 249 263 VVMD32 250 256 15
Fig. 2: Profilo AFLP letto mediante utilizzo di un free Software: Genographer. Il software permette di trasformare i picchi degli elettroferogrammi in un’immagine virtuale di un gel. Le frecce in nero sulla sinistra permettono di evidenziare alcuni polimorfismi presenti nella combinazione E44-M59. Solo le bande al di sopra delle 100bp sono state considerate nel lavoro. 16
Tab. 4:Lettura dei profili molecolari ottenuti con 10 combinazioni di marcatori AFLP. La combinazione E43-M48 ha mostrato il maggior numero di bande totali e di bande polimorfiche. La combinazione E44-M61 ha invece mostrato il più alto rapporto, espresso in percentuale, tra bande amplificate e bande polimorfiche. Combinazioni Bande totali Bande polimorfiche Alleli effettivi Gene diversity Polymorphic Average proportion Nucleotide di primer amplificate information content of shared bands diversity n. n. % Ne GD PIC % π (x 1000) E43-M48 61 19 31.1 1.167 0.105 0.043 98.1 0.959 E43-M50 27 4 14.8 1.087 0.053 0.022 99.0 0.604 E43-M51 45 16 35.6 1.189 0.120 0.150 98.0 0.533 E44-M48 34 11 32.4 1.185 0.118 0.079 97.4 0.492 E44-M59 36 12 33.3 1.242 0.142 0.074 96.7 0.995 E44-M61 31 12 38.7 1.219 0.136 0.050 97.7 1.107 E45-M61 30 11 36.7 1.198 0.126 0.105 96.7 1.281 E46-M49 25 7 28.0 1.185 0.110 0.047 97.8 1.673 E46-M59 53 8 15.1 1.087 0.054 0.034 98.8 1.179 E46-M61 35 8 22.9 1.118 0.077 0.022 98.9 1.703 Total 377 108 1.005 Mean 37.7 10.8 28.9 1.168 0.110 0.063 97.9 1.053 SD 11.71 4.39 0.09 0.05 0.04 0.04 0.01 0.43 17
Fig. 3: Dendrogramma di similarità costruito sulla base dei dati molecolari AFLP, utilizzando il Software NTSYS con coefficiente di similarità DICE e algoritmo UPGMA. Le accessioni mostrano complessivamente una similarità maggiore del 94%. L’Aglianico n. e L’Aglianico del Vulture condividono una similarità genetica del 98%. Inoltre tutti gli individui sono distinguibili, mostrando una diversità, seppur minima, a livello molecolare. 18
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