STUDIO D'INCIDENZA - Proposta di modifica del Piano cave della Provincia di Varese relativa all'ATEc2 nei Comuni di Travedona Monate e Ternate ...

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STUDIO D'INCIDENZA - Proposta di modifica del Piano cave della Provincia di Varese relativa all'ATEc2 nei Comuni di Travedona Monate e Ternate ...
Direzione Generale Ambiente e Clima
     Unità Organizzativa Sviluppo Sostenibile e Tutela Risorse dell’Ambiente

   Proposta di modifica del Piano cave della
Provincia di Varese relativa all’ATEc2 nei Comuni
        di Travedona Monate e Ternate -
 Ottemperanza alla sentenza TAR n. 5015/2009
            passata in giudicato
   Legge regionale 08 agosto 1998, n. 14 – Art. 9, comma 2bis

                   STUDIO D’INCIDENZA
STUDIO D'INCIDENZA - Proposta di modifica del Piano cave della Provincia di Varese relativa all'ATEc2 nei Comuni di Travedona Monate e Ternate ...
SOMMARIO
   1.      PREMESSA .............................................................................................................. 4
   2.      INQUADRAMENTO NORMATIVO RELATIVO ALLA PROCEDURA DI VALUTAZIONE DI
           INCIDENZA ............................................................................................................ 6
        2.1. Cenni sulla Rete Natura 2000 ............................................................................ 6
        2.2. Normativa Comunitaria ..................................................................................... 6
        2.3. Normativa nazionale e regionale ..................................................................... 7
   3.      INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELL’ATEC2...................................................... 8
        3.1. Breve descrizione e localizzazione dell’area estrattiva ................................. 8
        3.2. Cenni geomorfologici e pedologici................................................................. 9
        3.3. Idrografia ............................................................................................................ 10
        3.4. Clima................................................................................................................... 11
        3.5. Vegetazione ...................................................................................................... 12
              a. La vegetazione dell’area............................................................................ 12
              b. Caratterizzazione della vegetazione del sito estrattivo.......................... 14
        3.6. Aspetti faunistici ................................................................................................ 18
              a. Fauna terrestre .............................................................................................. 18
              b. Ornitofauna ................................................................................................... 19
              c. Ittiofauna ....................................................................................................... 20
              d. Anfibi e rettili .................................................................................................. 21
              e. Invertebrati .................................................................................................... 22
              f.    Risultati dei monitoraggi della fauna nel sito estrattivo .......................... 23
   4.      INQUADRAMENTO NATURALISTICO DELLE AREE NATURA 2000 INTERESSATE DALLA
           MODIFICA DI PIANO ........................................................................................... 26
        4.1. Elenco aree Natura 2000 nel territorio in esame .......................................... 26
        4.2. Sintesi naturalistica dei siti della Rete Natura 2000 ...................................... 26
              a. ZPS Lago di Varese ....................................................................................... 26
              b. SIC/ZPS Palude Brabbia ............................................................................... 31
              c. SIC Lago di Comabbio ................................................................................ 33
        4.3. Elementi della RER interessati dalla modifica di Piano ................................ 36
   5.      ASPETTI GENERALI DELLA MODIFICA DI PIANO CAVE DELLA PROVINCIA DI
           VARESE CONCERNENTI RETE NATURA 2000 ...................................................... 40
        5.1. La VAS ex-post del Piano cave di Varese ..................................................... 40
        5.2. L’ATEc2 ............................................................................................................... 43
        5.3. La Sentenza TAR n. 5015/2009 ......................................................................... 48
        5.4. La richiesta di ottemperanza e l’avvio del procedimento di VAS ............ 49

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5.5. Il processo di VAS ex-post sul Piano cave del 2008: l’aggiornamento del
          2016 ..................................................................................................................... 49
     5.6. La modifica del Piano in ottemperanza alla Sentenza TAR n. 5015/2009 49
     5.7. Gli scenari di piano ........................................................................................... 50
     5.8. Stato di attuazione e analisi dei fabbisogni .................................................. 52
           a. Stato di attuazione ....................................................................................... 52
           b. Analisi dei fabbisogni ................................................................................... 53
6.      INCIDENZA DELLA MODIFICA DI PIANO CAVE SUI SITI NATURA 2000 .............. 56
     6.1. Descrizione dell’Ambito e degli scenari considerati.................................... 56
     6.2. Analisi delle incidenze ...................................................................................... 59
           a. ZPS Lago di Varese ....................................................................................... 60
           b. SIC/ZPS Palude Brabbia ............................................................................... 61
           c. SIC Lago di Comabbio ................................................................................ 62
           d. Rete Ecologica Regionale .......................................................................... 62
7.      CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ......................................................................... 64

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1. PREMESSA

Il presente studio di incidenza è redatto ai sensi della normativa europea, nazionale e
regionale in materia di conservazione dei siti Natura 2000, e si inserisce nel quadro del
modello metodologico procedurale e organizzativo specifico, predisposto dalla Regione
con le dd.g.r. 5948/2016 e 6205/2017, a seguito della richiesta di ottemperanza presentata
dalla Ditta Holcim sulla sentenza TAR n. 5015/2009, passata in giudicato.
Tale sentenza in sintesi, prevede un aumento dei volumi estrattivi relativo all’ATEc2 del
vigente Piano cave di Varese, ubicato nei comuni di Travedona Monate e Ternate.
Lo studio, finalizzato alla espressione della valutazione di incidenza, individua e descrive i
possibili impatti, dell’attività estrattiva, sullo stato di conservazione dei Siti di Importanza
Comunitaria (SIC) e sulle Zone di Protezione Speciale (ZPS) limitrofi all’ATEc2 oggetto della
sentenza.
Nello specifico si rende necessario analizzare se l’aumento dei volumi e delle are estrattive,
per il raggiungimento dei fabbisogni di materiale del cementificio asservito dall’ATEc2,
possa determinare, anche in funzione dei diversi scenari proposti di seguito, ripercussioni
dirette e/o indirette, sullo stato di conservazione dei siti Natura 2000 potenzialmente
interessati dalla attività dell’ambito estrattivo. Per l’individuazione dei siti Natura 2000 si è
tenuto conto di un buffer di interferenza di 2000 metri di distanza dai confini dell'ATEc2,
come evidenziato nella figura sottostante.

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ATEc2 e Siti Natura 2000 (fonte dati: elaborazione GIS dal Geoportale della Regione Lombardia, 2017)

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2. INQUADRAMENTO NORMATIVO RELATIVO ALLA PROCEDURA DI VALUTAZIONE DI
   INCIDENZA

2.1. Cenni sulla Rete Natura 2000
Rete “Natura 2000” è il principale strumento normativo con cui l'Unione Europea ha
recepito i principi internazionali in merito alla conservazione della biodiversità. Si tratta di
una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Unione, istituita ai sensi della Direttiva
92/43/CEE "Habitat" per garantire il mantenimento (in uno stato di conservazione
soddisfacente) degli habitat naturali e seminaturali e delle specie vegetali e animali
minacciati o rari negli stati membri.
La rete è composta dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), la cui identificazione e successiva
designazione quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC) è compito dagli Stati Membri, e
comprende anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva
2009/147/CE "Uccelli" concernente la conservazione degli uccelli selvatici, delle loro uova,
dei loro nidi, e degli habitat.
Gli allegati I (Tipi di habitat naturali di interesse comunitario) e II (Specie animali e vegetali
di interesse comunitario) della direttiva “Habitat” forniscono, indicazioni circa i tipi di habitat
e di specie la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione.
Alcuni di essi sono definiti come prioritari. L'allegato IV elenca le specie che richiedono
invece una protezione rigorosa.
La Direttiva 92/43/CEE tiene conto anche delle attività umane che si svolgono in alcune
aree che compongono la rete Natura 2000, e delle esigenze economiche, sociali e
culturali, nonché delle particolarità regionali e locali, riconoscendo in particolare il valore
delle attività tradizionali che hanno permesso il mantenimento di un equilibrio tra uomo e
natura. Non a caso l'obiettivo primario europeo è quello di conservare non solo gli habitat
naturali ma anche quelli seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi
utilizzati, i pascoli, ecc.), prevedendo in tale contesto il mantenimento e lo sviluppo di alcuni
elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione per la flora e la fauna
selvatiche con lo scopo di migliorare la coerenza ecologica della rete Natura 2000.
2.2. Normativa Comunitaria
Il concetto di valutazione di incidenza è stato introdotto dall'articolo 6, comma 3, della
Direttiva 92/43/CEE, con lo scopo di salvaguardare l'integrità dei siti attraverso l'esame delle
interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat
e delle specie per cui essi sono stati identificati, ma in grado di condizionarne l'equilibrio
ecologico. Si tratta di una procedura preventiva alla quale è necessario sottoporre qualsiasi
piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito della rete Natura 2000,
singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, e costituisce lo strumento per
garantire un equilibrio tra la conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie e
l'uso sostenibile del territorio. La valutazione d'incidenza si applica sia agli interventi che
ricadono all'interno delle aree Natura 2000 (o in siti proposti per diventarlo, pSIC), sia a quelli
che pur sviluppandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sul loro stato di
conservazione.
La valutazione d'incidenza serve ad analizzare prima della loro realizzazione gli effetti di
interventi che, seppur localizzati, si inseriscono in un contesto ecologico più ampio, in
considerazione delle correlazioni esistenti tra i vari siti e del contributo che portano alla
coerenza complessiva e alla funzionalità della rete Natura 2000, sia a livello nazionale che
comunitario.

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Per l'interpretazione dei termini e dei concetti relativi alla valutazione di incidenza, la
Commissione Europea ha predisposto il documento tecnico "La gestione dei siti della rete
Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'art. 6 della direttiva Habitat".
2.3. Normativa nazionale e regionale
Con DPR n. 357 dell’8 settembre 1997, modificato e integrato dal DPR n. 120 del 12 marzo
2003, lo Stato ha emanato il regolamento di recepimento e attuazione della Direttiva
92/43/CEE, assegnando il compito alle Regioni di definire specifici indirizzi, in materia di Rete
Natura 2000 e della Valutazione di Incidenza per il proprio territorio di competenza.
L'art. 6 del DPR 120/2003, comma 1, introduce un principio di carattere generale, indicando
che la pianificazione e programmazione territoriale debba tener conto della valenza
naturalistico-ambientale dei pSIC, dei SIC e delle ZSC, con l’obiettivo di evitare che siano
approvati strumenti di gestione territoriale in contrasto con le esigenze di conservazione
degli habitat e delle specie di interesse comunitario. Il comma 2 dello stesso art. 6 stabilisce
che vanno sottoposti a valutazione di incidenza tutti i piani territoriali, urbanistici e di settore,
ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti. Sono altresì da sottoporre
a valutazione di incidenza (comma 3), tutti gli interventi non direttamente connessi e
necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli
habitat presenti in un sito Natura 2000, ma che possono avere incidenze significative sul sito
stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi.
Ai fini della valutazione di incidenza, i proponenti di piani e interventi non finalizzati
unicamente alla conservazione di specie e habitat di un sito Natura 2000, presentano uno
studio volto a individuare e valutare i principali effetti che il piano o l'intervento può avere
sul sito interessato. Lo studio per la valutazione di incidenza deve essere redatto secondo
gli indirizzi dell'allegato G al DPR 357/97.
In Lombardia la D.G.R. n. 14106 dell’8 agosto 2003 individua i soggetti gestori, definisce le
modalità procedurali per l’applicazione della valutazione di incidenza (Allegato C) e
fornisce i contenuti minimi dello studio per la valutazione di incidenza di piani, programmi e
progetti sui SIC e pSIC (Allegato D) presenti nel territorio regionale.

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3. INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELL’ATEc2

3.1. Breve descrizione e localizzazione dell’area estrattiva
L’attività estrattiva che si svolge nella cava ‘Faraona’, inserita nell’ATEc2, ricade nel
territorio dei comuni di Travedona Monate, nella sua porzione meridionale, e di Ternate,
nell’area compresa fra i laghi di Comabbio, Monate e Varese.
Nell’area dell’ATEc2 la ditta Holcim svolge l’attività estrattiva di calcare per cemento da
diversi decenni ed è l’unico operatore interessato allo sfruttamento della risorsa mineraria
presente. La cava si estende attualmente su una superficie di circa 23,5 Ha ed è
interamente gestita dalla ditta Holcim.
L’attività è ripresa, dopo un lungo fermo, appena ottenuta l’autorizzazione del nuovo
progetto d’ambito, mentre la vicina miniera di marna S, Marta, di proprietà della medesima
ditta e utile al soddisfacimento del fabbisogno del cementificio di Comabbio, sempre di
proprietà della Holcim, ha esaurito le sue riserve.

Ubicazione dell’ATEc2 (fonte dati: elaborazione da Google Maps, 2017)

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3.2. Cenni geomorfologici e pedologici
La conformazione morfologica del territorio in cui è inserito l’ATEc2 deriva dall’azione di
modellamento operato dal ghiacciaio quaternario alimentato dal bacino del Ticino.
All’azione glaciale, infatti, è riconducibile sia la formazione delle conche lacustri del Lago
Maggiore, del Lago di Varese e di quelle minori dei Laghi di Monate e Comabbio, sia
l’immenso anfiteatro morenico disposto a corona allo sbocco vallivo del Ticino.
L’origine morfologica della zona è stata condizionata dalle vicende del grande ghiacciaio
del Verbano, che ha scavato le conche lacustri degli attuali laghi e paludi. Si era dunque
formato un grande anfiteatro morenico, che costituisce il limite naturale meridionale
dell’area. A nord il limite è dato dal rilievo prealpino del Campo dei Fiori, mentre
lateralmente il Fiume Olona e il Lago Maggiore chiudono la zona, rispettivamente a Est e a
Ovest.
Circa 20.000 anni fa quest’area formava un unico bacino lacustre, comprendente gli attuali
laghi: il livello dell’acqua era più alto dell’attuale di almeno 20 metri e il torrente
Acquanegra, uscendo da questo antico lago, si immetteva direttamente nel Verbano.
Successivamente l’acqua si aprì la strada erodendo la valle del Bardello, scorrendo da sud
verso nord. Tutto il grande ecosistema lacustre si abbassò così di circa 20 metri, lasciando
scoperta una zona paludosa compresa tra il Lago di Varese e il Lago di Comabbio, l’attuale
Palude Brabbia. A ovest dell’area estrattiva è presente il lago di Monate, con una superficie
di circa 2,5 kmq e una profondità massima di 34 m, formatosi anch’esso in epoca glaciale
e circondato da colline moreniche.
Per quanto riguarda gli aspetti pedologici l’area ricade nella regione pedologica della
Pianura padanoveneta, nella provincia pedologica degli Anfiteatri morenici recenti e nel
distretto Colline moreniche orientali del Verbano (fonte: ERSAF, “Atlante dei suoli della
Lombardia”). Il contesto locale rappresentato dal Distretto di appartenenza viene è
descritto: “Colline moreniche e depressioni intermoreniche talvolta occupate da laghi e
torbe a est del basso Lago Maggiore. Materiali morenici dominanti e limitati affioramenti di
conglomerati acidi (Gonfolite) e calcari nummulitici e marnosi (Scaglia). Suoli con spessori
medi inferiori a 1m”.
Per quanto concerne la caratterizzazione pedologica di dettaglio si fa riferimento alle Unità
Cartografiche (UC) identificate nell’ambito della Carta Pedologica – I suoli della pianura e
collina varesina - realizzata dall’ERSAF, a scala 1:10.000 nel 1999. La carta utilizza per la
definizione tipologica dei suoli rilevati le UC: per le Unità individuate sono indicati tipo e
definizione tassonomica, localizzazione, estensione, numero di delineazioni e ambito
geomorfologico. Inoltre riporta la descrizione dell’uso del suolo con riferimento alle
principali culture attuate, alla vegetazione e al grado di antropizzazione del territorio. È
anche fornita la descrizione pedologica, indicando l’eventuale presenza di inclusioni e il
profilo di riferimento.
Le UC nell’area dei siti estrattivi e circostanti ricadono nel sistema “M” corrispondente agli
anfiteatri morenici dell'alta pianura, mentre il sottosistema è “MR” che corrisponde a
depositi morenici recenti (wurmiani) dotati di morfologia aspra e costituiti da sedimenti
glaciali e secondariamente fluvioglaciali e fluviolacustri, generalmente poco alterati, con
diffusa presenza di pietrosità in superficie e di scheletro nei suoli.
Nell’area di interesse la UC corrispondente è MTN1/RNI1, caratterizzata dai suoli Humic
Dystrudepts coarse loamy, mixed, superactive, mesic/Humic Dystrudepts corse loamy over
sandy or sandy-skeletal, mixed, superactive, mesic.
Al fine della caratterizzazione dei suoli si è tenuto conto del parametro “Capacità
produttiva dei suoli”, la cui carta di riferimento è stata elaborata da ERSAF nell’ambito del
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progetto “Land Capability Classification (LCC)”, condotto per analizzare le capacità
produttive dei suoli a uso agro-silvo-pastorale. La capacità d'uso dei suoli valuta le
potenzialità produttive degli stessi finalizzate alle utilizzazioni agro-silvo-pastorali, rilevando i
suoli più adatti all’agricoltura, quindi consentendo in sede di pianificazione territoriale, di
valutare la convenienza a non destinarli ad altri usi. I suoli sono quindi classificati per
metterne in evidenza i rischi di degradazione derivanti da usi inappropriati. Tale
interpretazione è effettuata in base a diversi parametri legati al suolo (profondità, pietrosità,
fertilità, pendenza, rischio di erosione, inondabilità, limitazioni climatiche). Il sistema prevede
la ripartizione dei suoli in 8 classi di capacità con limitazioni d'uso crescenti. Le prime 4 classi
sono compatibili con l'uso agricolo, forestale e zootecnico; le classi dalla quinta alla settima
escludono l'uso agricolo intensivo, mentre nelle aree appartenenti all'ultima classe, l'ottava,
non è possibile alcuna forma di utilizzazione produttiva.
La classe di capacità d’uso dell’area in cui è inserito l’ATEc2 è la 4, che corrisponde a suoli
che presentano limitazioni molto severe, tali da ridurre drasticamente la scelta delle colture
e da richiedere accurate pratiche di coltivazione e, in funzione della sottoclasse, con
limitazioni legate al rischio di erosione.
3.3. Idrografia
Le acque superficiali della zona in esame sono costituite dai seguenti corsi d’acqua:
           torrente Acquanegra, unico emissario del lago di Monate e immissario del Lago
            Maggiore, in comune di Ispra, dopo aver attraversato i comuni di Travedona-
            Monate, Biandronno, Bregano, Malgesso e Brebbia. È lungo circa 14,9 km;
           torrente Lenza, affluente del Ticino, in comune di Sesto Calende, lungo circa 10,8
            km. Nasce nelle zone umide di Cadrezzate e scorre in direzione nord-sud
            attraversando il comune di Cadrezzate;
           canale Brabbia, di lunghezza pari a circa 4,2 km, scorre dal lago di Varese al lago di
            Comabbio e segna il confine tra i comuni di Biandronno e Cazzago Brabbia, Ternate
            e Inarzo, Casale Litta e Varano Borghi.
I principali specchi d’acqua naturali della zona sono i laghi di Varese, di Comabbio e di
Monate.
                          NOME CORPO IDRICO                                       Portata media

 Torrente Acquanegra                                                                 0,73 mc/s

 Torrente Lenza                                                         n.d. (regime torrentizio stagionale)

 Canale Brabbia                                                                      0,3 mc/s

                          NOME CORPO IDRICO                           Quota, superficie, volume (valori medi)

 Lago di Comabbio                                                      243 m s.l.m., 3,59 kmq, 16.620.000 mc

 Lago di Monate                                                        266 m s.l.m., 2,51 kmq, 45.000.000 mc

 Lago di Varese                                                       238 m s.l.m., 14,8 kmq, 160.000.000 mc

Portate dei corsi d’acqua e volume dei laghi nell’area interessata.

 Il Lago di Monate
 Il Lago di Monate è situato in una conca di origine glaciale. Le principali caratteristiche del lago sono:
         superficie lacustre: 2,5 kmq circa;
         quota media dello specchio d’acqua: 266,8 m s.l.m.;

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    profondità: massima: 34 m, media 18 m;
     sviluppo costiero: circa 7,8 km.
 Dai dati di letteratura risulta che il bacino del lago è caratterizzato da apporti di natura esclusivamente
 meteorica che alimentano il lago per precipitazione diretta e la falda freatica per percolazione e infiltrazione
 sotterranea.
 Il rapporto tra l’area del bacino imbrifero, molto modesta, e quella del lago rende difficoltoso e lento il rinnovo
 delle acque lacustri, a causa del limitato volume degli afflussi nel bacino.
 I deflussi del bacino avvengono unicamente attraverso il Torrente Acqua Nera, che confluisce nel Lago
 Maggiore.
 Il Lago di Monate è soggetto a perdite idriche nel sottosuolo, a causa di modeste percolazioni sotterranee
 nella zona sud e lungo il versante situato a nord-ovest dell’abitato di Monate. In quest’ultima area sono ubicate
 alcune sorgenti, di portata complessiva pari a circa 4-5 l/s, situate a quote comprese fra i 230 e 255 m s.l.m. e
 alimentate dalle acque del lago. Non si rilevano perdite lungo il limite orientale del bacino imbrifero o verso
 ovest.
 A livello chimico-fisico e organolettico, le acque lacustri sono caratterizzate da un buono stato chimico.
 Alla fine degli anni 80 è stato effettuato un bilancio idrico del Lago di Monate, tenendo conto di:
     afflussi: precipitazioni meteoriche (P);
     deflussi: evapotraspirazione reale (E); portata dell’emissario (Q); perdite sotterranee del bacino (q).
 I risultati, riferiti ad annate caratterizzate da differenti livelli di piovosità e riassunti di seguito, indicano un bilancio
 complessivo in equilibrio.
                                                                                    Piovosità

                                                            Scarsa                   Media                 Abbondante

          Afflussi                P (mc/a)                 7.067.000                9.864.000                13.928.000

                                  E (mc/a)                 5.304.000                6.101.000                6.035.000

         Deflussi                 Q (mc/a)                 1.448.000                3.448.000                7.578.000

                                  q (mc/a)                  315.000                  315.000                  315.000

3.4. Clima
A livello provinciale la variabilità altimetrica del territorio determina zone climatiche
differenziate: nella fascia collinare e lungo le sponde del Lago Maggiore si risente
dell’imponente funzione mitigatrice svolta dal lago, che provoca temperature estive non
eccessive e inverni miti, senza brusche variazioni o sensibili escursioni termiche; la pianura è
caratterizzata da un clima continentale, con estati calde umide ma poco piovose e inverni
rigidi, con rilevanti escursioni termiche sia diurne che annuali.
L’ATEc2 ricade nella zona climatica della sub area dei laghi (Mesoclima Insubrico), che
presenta un regime termico e pluviometrico che si differenzia sia rispetto all'area alpina, sia
a quella prealpina, dove il periodo invernale è rappresentato da temperature medie più
elevate di 2°C e da un minor numero di giorni di gelo rispetto all'area di fondo Valle Padana.
Tale condizione è favorita dalla protezione orografica fornita dalle Prealpi Lombarde e
dalla più mite temperatura superficiale dei laghi. Al contrario in autunno, primavera ed
estate i bacini lacustri, con temperature superficiali di circa 23°C, influenzano il regime
termico locale abbassando la temperatura di alcuni gradi rispetto all'area padana.
A livello microclimatico le temperature risentono ancor più dell’effetto del complesso dei
laghi di Varese, Monate e Comabbio. In particolare analizzando le temperature dei comuni
dell’area estrattiva e limitrofi a questa, si registrano temperature che variano da una media
annuale di 11 °C in comune di Osmate, agli 11,4 °C di Biandronno, Cazzago Brabbia, Inarzo
e Varano Borghi, con una media pari a 11,3 °C. Il mese più caldo è luglio, con temperature

                                                                                                                           11
medie che vanno dai 20,7 °C di Osmate ai 21,3 °C di Cazzago Brabbia e Varano Borghi
(media sul territorio pari a 21,1 °C). Il mese più freddo è gennaio, quando le temperature
medie sono di 1,5 °C: la temperatura minima più bassa si registra a Osmate (1,3 °C), la più
alta a Biandronno (1,7 °C). La differenza più alta tra temperatura massima e minima si
registra in comune di Varano Borghi (differenza di 19,8 °C tra gennaio e luglio), la più bassa
a Bregano e Osmate (19,4 °C). Mediamente la differenza tra il mese più caldo e il più freddo
è pari a 19,6 °C.
Per quanto riguarda l’andamento delle precipitazioni dell’area in esame le medie sono pari
a 1.184 mm; il comune mediamente più piovoso è Bregano (1.195 mm), il meno piovoso
Comabbio (1.168 mm). Il mese più secco è gennaio, quando le piogge medie si attestano
a 62,4 mm: il livello di piovosità mensile è abbastanza uniforme su tutto il territorio
considerato, andando dai 62 mm di Comabbio, Malgesso, Osmate, Ternate, Travedona
Monate e Varano Borghi, ai 63 mm negli altri comuni. Il mese più piovoso è maggio
(precipitazioni medie pari a 126,8 mm): il comune che registra il livello di precipitazioni più
elevato è Bregano (128 mm), quelli più secchi sono Comabbio, Ternate, Travedona Monate
e Varano Borghi (126 mm).
Dalla centralina di rilevamento meteo di ARPA Lombardia, situata in comune di Varano
Borghi, si rileva una direzione del vento prevalente da sud (dati orari, 2016).
3.5. Vegetazione
Le informazioni sulla vegetazione di seguito riportate sono riferite all’area che comprende i
bacini del lago di Comabbio, Varese e alla palude Brabbia, ricavate da materiale
bibliografico E in particolare dal documento "Ideazione e realizzazione di un modello di
gestione integrata delle acque dei bacini Lago di Varese, Lago di Comabbio e Palude
Brabbia - Indagine vegetazionale - Relazione Preliminare giugno 2006”, a cura della
provincia di Varese e dal BAP elaborato dalla ditta Holcim, che riporta informazioni
derivanti da sopralluoghi e i risultati di rilievi floristici puntuali svolti nell’area oggetto della
modifica dell’ATEc2.
  a. La vegetazione dell’area
La morfologia dell'area, in gran parte pianeggiante, è caratterizzata dislivelli ridotti (la
quota varia tra circa 245 m s.l.m., a cui si trova la superficie del Lago di Comabbio, e i 238
m s.l.m. del Lago di Varese) e acclività poco pronunciata, con depressioni occupate da
alluvioni torbose e specchi lacustri la cui origine è legata, come già accennato, all'attività
del glacialismo quaternario.
Il contesto circostante è caratterizzato principalmente da bassi rilievi collinari di natura
morenica, a cui si deve la formazione dei laghi di Comabbio e Varese, un tempo parti di
un unico bacino e oggi separati dall'ampia zona umida della Palude Brabbia.
A livello fisionomico gli elementi maggiormente presenti nell'area sono bacini lacustri, che
occupano anche la maggior parte della superficie complessiva dell’area considerata, e le
ampie zone paludose e/o ripariali, in cui è possibile riconoscere, anche se in modo
frammentato, la tipica serie vegetazionale perilacuale. Nelle aree meno disturbate,
spostandosi secondo un gradiente igrofilo decrescente la successione principale può
essere descritta con:
      tratti di prateria a dominanza di Molinia coerulea (inclusa la vegetazione torbigena
       a Rhynchospora alba e Sphagnum spp.), tipologia a carattere relittuale circoscritta
       a pochi lembi nella Palude Brabbia;

                                                                                                  12
   boscaglie ripariali a Salix cinerea, una delle tipologie di habitat più caratteristiche e
       con un ruolo chiave nella dinamica vegetazionale, sovente intercalate e intercluse
       a tratti di alneta e di vegetazione erbacea igrofila;
      boschi igrofili a dominanza di Alnus glutinosa e/o di Salix alba, habitat di interesse
       prioritario in ambito comunitario, contraddistinti da un elevato grado di biodiversità
       e di diversificazione strutturale (formano localmente, ad esempio lungo il perimetro
       del Lago di Varese, una cintura relativamente continua e ben strutturata);
      formazioni di latifoglie mesofile e meso-igrofile, improntate da farnia (Carpinus
       betulus) e frassino maggiore (Fraxinus excelsior) su suoli relativamente umidi, altrove
       spesso caratterizzati da dominanza di robinia (Robinia pseudoacacia), indice
       tendenziale di degrado e di interferenza antropica.
Nelle zone marginali, e quelle sottoposte ad una maggiore pressione antropica, la
composizione vegetazione risulta più variabile: tratti di prateria igrofila si alternano a incolti,
prati da sfalcio e a boschetti di varia struttura e composizione, in cui prevalgono, a turno,
l'ontano nero (Alnus glutinosa), il salice bianco (Salix alba) e la robinia (Robinia
pseudoacacia).
Il quadro è completato da tipologie ed elementi di origine antropica come: impianti floro-
vivaistici; parchi e/o aree a verde pubblico; zone residenziali e/o urbanizzate (inclusi i
campeggi).
La vegetazione potenziale dell’area è rappresentata da formazioni forestali di latifoglie
caducifoglie mesofile, nell'insieme corrispondenti alla fascia "Quercus-Tilia-Acer" (di Schmid)
e, localmente, dove il clima tende all’oceanico, alla fascia "Quercus robur-Calluna".
Tali cenosi ricadono principalmente nelle classi fitosociologiche Querco-Fagetea (boschi di
latifoglie caducifoglie non igrofili, da planiziali a montani, su suoli più o meno ricchi di
nutrienti, da moderatamente acidi a neutro-basici) e Quercetea robori-petraeae (boschi
misti acidofili a prevalenza di Quercus robur), con puntiformi compenetrazioni dei Nardo-
Callunetea (vegetazione di brughiera), degli Alnetea glutinosae (boschi igrofili su suoli umidi
e asfittici), dei Molinio-Arrhenatheretea (praterie da sfalcio di origine antropica) e degli
Scheuchzerio-Caricetea fuscae (comunità ad emicriptofite e geofite, su suoli torbosi, da
oligotrofi a mesotrofi, collinari o montane), in corrispondenza delle depressioni umide
talvolta occupate da piccoli specchi d'acqua.
La distribuzione delle diverse tipologie vegetazionali, nei bacini dei laghi di Comabbio e di
Varese e della palude Brabbia, può essere sinteticamente rappresentata sulla base del loro
grado di naturalità/pressione antropica.

                                                                                                13
Distribuzione delle tipologie di vegetazione (fonte dati: "Ideazione e realizzazione di un modello di gestione integrata delle acque dei bacini
Lago di Varese, Lago di Comabbio e Palude Brabbia” Indagine vegetazionale - Relazione Preliminare, 2006)

    b. Caratterizzazione della vegetazione del sito estrattivo
Dal punto di vista fitogeografico l’area in esame si inserisce all’interno della regione
eurosiberiana del Dominio centroeuropeo, inserito nella Provincia alpina del Distretto
                                                                                      14
Padano (Pignatti, 1979). Secondo l’inquadramento fitoclimatico, a vegetazione naturale
potenziale (quella che si formerebbe naturalmente in un certo luogo in assenza di fenomeni
di disturbo puntuali, come risultato diretto delle interazioni climatiche ed edafiche e ha
carattere reale oltre che potenziale, dato che può essere riconosciuta sul terreno), ricade
all’interno del piano basale delle latifoglie eliofile, dominato dalle querce e più
precisamente rientra nella fascia del Querco-carpineto (Blasi, 2010). A livello fitosociologico
essa è da attribuirsi all’alleanza Carpinion-betuli costituita da una formazione forestale con
dominanza di farnia (Quercus robur), cui si aggiunge l’acero campestre (Acer campestre),
il frassino (Fraxinus excelsior), il carpino bianco (Carpinus betulus), il ciliegio (Prunus avium),
il nocciolo (Corylus avellana) e occasionalmente anche il rovere (Quercus petreae).
La vegetazione reale, si discosta da quella naturale potenziale a causa di diverse forme di
disturbo, dovuto principalmente agli interventi antropici, che hanno influito in passato, o
influiscono tuttora su di essa. Si tratta di scelte selvicolturali dettate da motivi economici,
che hanno comportato l’introduzione di specie più produttive, per la produzione di legna
da ardere e legname da opera, a scapito delle specie autoctone, determinando il
passaggio a formazioni, ancora oggi presenti, di querceti degradati frammisti con Pinus
sylvestris, Robinia pseudoacacia e Quercus rubra. Anche l’introduzione della castanicoltura
da frutto ha prodotto l’impoverimento dei boschi, favorendo il diffondersi, nelle chiarie
createsi a seguito del taglio, di specie esotiche fortemente competitive e invasive, quali:
Prunus serotina, Robinia pseudoacacia, Quercus rubra, Ailanthus altissima, Phytolacca
americana.
Per tali motivi il querco-carpineto, tipologia forestale complessa dal un punto di vista degli
equilibri ecologici (si pensi alle problematiche connesse al contenimento del deperimento
della farnia nella pianura padana) e per l’elevato numero di specie al suo interno, risulta
molto minacciato e vulnerabile, ed è stato inserito tra habitat di interesse comunitario da
conservare, dalla Direttiva “Habitat” (codice 9160).
Le informazioni puntuali sullo stato attuale della vegetazione dell’ATE in esame, riportate di
seguito, provengono dai risultati dei rilievi floristici eseguiti con metodo fitosociologico
(Braun Blanquet, 1932), effettuati in otto aree di saggio di dimensione di 100 mq ciascuna
(10mx10m), disposte uniformemente e casualmente tra le aree estrattive di Travedona e di
Ternate, nel corso dell’elaborazione del BAP, come riportato nella figura seguente.
Il numero dei rilevi è stato determinato sulla base della variabilità esistente tra i popolamenti
elementari riscontrati, ossia tratti di vegetazione omogenea da punto a punto, che
esprimono un andamento omogeneo delle caratteristiche ambientali di una data area, a
loro volta corrispondenti ad altrettanti microambienti. Sono proprio i popolamenti
omogenei che costituiscono la base di tutti gli studi sulla vegetazione, essendo essi stessi le
unità minime della fitosociologia e rendendo così possibile una loro classificazione in un
“tipo”, che è appunto, la rappresentazione dell’andamento medio della composizione
floristica della vegetazione. L'insieme di popolamenti elementari di fitocenosi che
presentano una combinazione floristica che si ripete in modo pressoché costante in
ambienti ecologicamente simili rappresenta un'associazione che si distingue da un'altra per
mezzo di specie differenziali o caratteristiche territoriali, la cui presenza esprime un
ambiente diverso.
Lo studio delle associazioni vegetali presenti in una determinata zona geografica procede
a partire da un'analisi sia qualitativa, sia quantitativa del popolamento vegetale: tramite la
prima si ricostruisce la flora del sito preso in esame, cioè si definiscono le specie presenti;
tramite la seconda si procede alla stima quantitativa dei singoli componenti, cioè alla
copertura propria di ogni specie in termini di massa vegetale presente. I rilievi sono poi riuniti
in una tabella che viene trattata con i metodi statistici classici di classificazione e di
                                                                                                15
ordinamento, in modo da produrre risultati statisticamente significativi e definire quindi
l'associazione vegetale specifica.

Distribuzione dei rilevi floristici nell’area in esame (fonte dati: BAP Holcim S.p.A., elaborazione GIS su Geoportale della Regione Lombardia, 2013)

I rilievi fitosociologici svolti nello studio, accompagnati da diversi sopraluoghi, hanno
contribuito a formare un quadro locale dettagliato, finalizzato a individuare le diverse
tipologie boschive per l’area presa in esame.
I risultati delle elaborazioni dei dati dei rilievi indicano che l’area è costituita
prevalentemente da boschi di latifoglie submontani mesofili a dominanza di castagno. In
generale in tutti i rilievi sono stati riscontrati gli elementi tipici del querco-carpineto anche
se non in maniera omogena, a causa di diversi fenomeni di disturbo. Il numero di specie
massimo riscontrato per rilievo è 20, il minimo è 4, il numero complessivo censito attraverso
i rilievi è stato di 35. Tre di queste sono Quercus rubra (quercia rossa), Robinia pseudoacacia
(robinia), Prunus serotina (ciliegio tardivo), indicate dalla l.r. 10/2008 come specie esotiche
invasive. Sono state rilevate anche 2 specie indicate in allegato C2, ovvero specie di flora
spontanea con raccolta regolamentata (d.g.r. 27 gennaio 2010, n. 11102): Ruscus
aculeatus (pungitopo) e Cyclamen purpurascens (ciclamino). Sono stati rinvenuti in tre
rilievi (rilievo 6/7/8) diversi esemplari di Carpinus betulus (carpino), e in altri tre rilievi (rilievi
3/4/6) diversi esemplari di Quercus robur (farnia). Castanea sativa (castagno) è la specie
più frequentemente rilevata. In tutti i rilievi è presente almeno una specie esotica invasiva,
e in alcuni sono presenti tutte e tre le specie (Quercus rubra, Robinia pseudoacacia, Prunus
serotina).

                                                                                                                                                16
Per quanto riguarda numerosità, valenza naturalistica delle specie censite e loro
abbondanza, si può evidenziare che il rilievo n. 5, effettuato nella zona quasi di confine con
la parte più meridionale della cava di Travedona, rappresenta quello a minor biodiversità:
sono state censite 4 specie, di cui Quercus rubra risulta la più abbondante e in grado di
formare popolamenti pressoché monospecifici occupando i tre strati di vegetazione
arboreo, arbustivo ed erbaceo. Le altre specie presenti sono Robinia pseudoacacia, Prunus
avium (ciliegio selvatico) e rovo. In posizione molto più meridionale si trova il rilievo n. 8, che
presenta la più alta biodiversità dell’area indagata, con la presenza 20 specie tra le quali
compaiono, nello strato arboreo, alcune specie di pregio, come Carpinus betulus (carpino
bianco), Fraxinus excelsior (frassino maggiore), Acer pseudoplatanus (acero di monte),
oltre alle tre specie esotiche invasive già ricordate. Nello strato arbustivo compare
principalmente Crataegus monogyna (biancospino), Euonymus europaeus (berretta del
prete), Ulmus minor (olmo) e Ruscus aculeatus (pungitopo), mentre nello strato erbaceo si
ritrovano invece Cyclamen purpurascens (ciclamino), Allium schoenoprasum (erba
cipollina) e rinnovazioni di specie arboree. Questo rilievo presenta una buona struttura e
composizione, segnalata anche dalla positiva presenza del carpino, del rusco e del
ciclamino. Sono state riscontrate specie esotiche invasive solo nello strato arboreo e non
sono state rilevate tracce di rinnovazione di nessuna di esse, a indicare una situazione poco
disturbata, in cui le specie autoctone si trovano favorite e ben adattate.
Dal punto di vista della biodiversità, i risultati esaminati negli altri sei rilevi (1, 2, 3, 4, 6, 7)
denotano situazioni intermedie tra quelle precedentemente descritte. Ad esempio, i rilievi
1 e 3 hanno evidenziato un alto numero di specie (rispettivamente, 18 e 16), i tre strati di
vegetazione sono ben rappresentati e dominati, per quanto riguarda lo strato arboreo, da
Fraxinus excelsior (frassino maggiore), e Castanea sativa (castagno), nello strato arbustivo
compare Eupatorium cannabinum, Crataegus monogyna (il biancospino) e una buona
componente di rinnovazione di frassino. Di particolare interesse nello strato erbaceo la Viola
sp. (Viola) e il Brachypodium sylvaticum (Brachipodio). I rilievi 2, 4, 6 e 7 presentano invece
situazioni più degradate e con basso numero di specie (rispettivamente 11, 10, 10 e 12),
infatti, si riscontra una più marcata presenza di rovo (Rubus sp.) e edera (Hedera helix), in
cui dominano il castagno e il frassino, e si ritrovano sempre specie esotiche.

Rilievo n. 2 e rilievo n. 4 (fonte: BAP Holcim S.p.A., 2013)

Nei rilievi 4 e 6 manca la componente arbustiva e il rapporto tra i tre strati vegetazionali
risulta squilibrato; nei rilievi 2 e 7 le poche specie sono presenti in tutti gli strati vegetazionali,
andando a formare in complesso una vegetazione meglio strutturata.

                                                                                                    17
In generale, la percentuale di suolo nudo riscontrata nei rilievi è mediamente pari al 65/70%
e la copertura erbacea inconsistente, fatto da attribuire al periodo in cui è stato effettuato
il censimento.
In generale, l’area vasta risulta infestata da diverse specie esotiche invasive presenti nella
lista nera regionale (l.r. 10/2008): oltre a Prunus serotina, Quercus rubra e Robinia
pseudacacia, già menzionate in precedenza, si trovano Ailanthus altissima (sommacco
falso), Buddleja davidii (albero delle farfalle) e Reynoutra japonica (poligono giapponese).
Oltre alle specie esotiche invasive compaiono molte specie ornamentali come Prunus
laurocerasus (Lauroceraso), Ginkgo biloba (ginkgo), Musa sp. (banano), Cedrus deodara
(cedro dell‘Himalaya), Chamaerops sp. (palma).
3.6. Aspetti faunistici
Le informazioni che riguardano la fauna dell’area in esame sono state ricavate da relazioni,
indagini e censimenti svolti da diversi enti competenti sul territorio, in particolare dalla
Provincia di Varese.
I principali documenti utilizzati sono: “Relazioni tecniche monitoraggio fauna nei SIC della
Provincia di Varese” (2005) e “Ideazione e realizzazione di un modello di gestione integrata
delle acque dei bacini lago di Varese, lago di Comabbio e palude Brabbia”, indagine
ornitologica (marzo 2006), indagine ittiologica (marzo 2007) e i piani di gestione dei SIC/ZPS.
I dati fanno riferimento ai popolamenti faunistici dei Siti Natura 2000 interessati e dei territori
limitrofi. Si è anche tenuto conto della fauna potenziale riscontrabile nei Siti. Sono inoltre
riportati i risultati dei rilievi faunistici condotti nell’area in esame, all’inizio dell’autunno 2013,
finalizzati alla redazione del BAP della ditta Holcim.
   a. Fauna terrestre
Nella Palude Brabbia la presenza di mammiferi è da riferirsi al solo ordine dei chirotteri,
rappresentati dalle specie Vespertilio di Daubenton, Pipistrello albolimbato, Pipistrello di
Nathusius, per le quali si evidenzia la presenza di specie antropofile, come il pipistrello
albolimbato, e legate agli ambienti acquatici, come il Vespertilio di Daubenton.
Probabilmente queste specie frequentano il SIC prevalentemente per fini trofici e
presumibilmente sono insediate nell’area anche con colonie riproduttive.
Per le altre specie di chirotteri il SIC probabilmente non rappresenta un’area idonea per
l’insediamento di colonie riproduttive o di svernamento, a causa delle tipologie ambientali
rappresentate.
Per quanto riguarda la mammalofauna del Lago di Comabbio, le specie prevalentemente
presenti sono il Vespertilio mustacchino e il Pipistrello albolimbato.
Sebbene non sembrano esserci particolari attività che influenzino negativamente la
presenza di questi mammiferi, occorrerebbe però incentivare il mantenimento di piante
senescenti, poiché la scarsità di questa tipologia di piante spesso costituisce uno dei
principali fattori limitanti per le popolazioni di chirotteri. Anche nelle aree limitrofe al SIC
sarebbe auspicabile la promozione di attività di sensibilizzazione al fine di evitare la
distruzione delle colonie.
Ulteriori ricerche hanno permesso di infittire l’elenco della fauna terrestre tipica di territori
pianeggianti o pre-collinari (di orografia simile a quelli dell’area in esame), con le seguenti
specie:
       Lepre comune: è una specie diffusa entro limiti altimetrici piuttosto ampi, che vanno
        dalla pianura fino ai 1800 metri. Frequenta gli ambienti più diversificati quali boschi,

                                                                                                    18
prati, coltivi, arati, stoppie, incolti, rive dei corsi d'acqua. La sua distribuzione nel
        territorio, a seguito delle modifiche colturali, dell'introduzione di nuove tecniche
        agricole (meccanizzazione e uso di fitofarmaci) e dell'abbandono dei territori
        montani, si è ridotta ed esemplari sono rinvenibili soprattutto in prossimità delle
        coltivazioni di foraggiere, che offrono riparo e risorse alimentari in alcune stagioni,
        ma che determina anche un'elevata mortalità nei leprotti durante le operazioni di
        sfalcio. La lepre comune appartiene alla fauna autoctona della Provincia di Varese
        e, oltre a rivestire un ruolo di grande importanza nell'esercizio venatorio tradizionale,
        la sua presenza è indice di una equilibrata situazione ambientale: la lepre, infatti, è
        una specie piuttosto esigente dal punto di vista ecologico-ambientale.
       Minilepre: specie alloctona di origine nordamericana, introdotta in Provincia di
        Varese dalla fine degli anni ’80 per scopi venatori, ha subito un rilevante incremento
        demografico ed è riscontrabile stabilmente soprattutto nel territorio centro-
        meridionale della provincia.
       Volpe: specie ampiamente adattabile a diversi tipi di ambiente e alle più svariate
        fonti alimentari. La sua presenza sul territorio provinciale risulta, infatti, diffusa sia nei
        settori montano e collinare, sia nelle zone urbanizzate e lungo le principali arterie
        stradali, sebbene queste ultime risultino aree scarsamente idonee alla specie.
        L’importanza di questa specie ai fini gestionali, deriva dall’impatto predatorio che
        essa esercita sulla selvaggina. Da uno studio effettuato sulle preferenze alimentari
        della volpe in Provincia di Varese, è risultata una netta prevalenza nella sua dieta
        dei vegetali, seguiti dagli insetti. In realtà occorre, però, ricordare che il regime
        alimentare della volpe può essere influenzato dai ripopolamenti di selvaggina e
        dalla presenza della stessa in zone con particolare abbondanza di fauna (aree
        protette).
Per quanto riguarda gli invertebrati, è da evidenziare la presenza di Osmoderma eremita,
Coenonympha oedippus, Graphoderus bilineatus, Austropotamobius pallipes. Infine, tra gli
anfibi si segnala la presenza di: rana di Lataste (Rana latastei), tritone crestato meridionale
(Triturus carnifex) e tritone punteggiato (Triturus vulgaris).
  b. Ornitofauna
La comunità ornitica è legata, in un’ottica di medio – lungo periodo, all’evoluzione delle
fitocenosi presenti in un territorio, quindi, più in generale, alle cenosi a esse collegate,
mentre, nel breve periodo, è influenzata periodo dalla regolazione puntuale dei livelli idrici,
con particolare riferimento alla gestione dell’acqua nei periodi di maggior vulnerabilità del
ciclo biologico.
Il complesso mosaico ambientale formato dai bacini dei laghi di Varese e Comabbio e
dalla palude Brabbia, costituisce un’unità territoriale di indubbio interesse naturalistico.
Collocata a cavallo fra le Prealpi e la pianura lombarda, ospita, nell’ambito della fauna
vertebrata, la maggior biodiversità riscontrabile nell’intera provincia di Varese e, pertanto,
può essere considerata una delle aree più significative del territorio lombardo.
La vicinanza al Lago Maggiore e, soprattutto, al Fiume Ticino conferisce al complesso
Comabbio- Brabbia-Varese un’ulteriore significativa importanza quale area sfruttata dalla
componente migratrice dell’avifauna.
Attualmente l’area, e segnatamente la porzione più “palustre”, come tipico delle
dinamiche evolutive delle aree umide di non elevata profondità, si trova in fase di
progressivo interramento. Tale fenomeno è stato verosimilmente velocizzato dall’anomalo
basso livello cui è stato a lungo sottoposto il Lago di Varese e, conseguentemente la palude
Brabbia.
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Nell’area è stata rilevata la presenza di circa 200 specie tra cui: tarabusino (Ixobrychus
minutus), nitticora (Nycticorax nycticorax), airone rosso (Ardea purpurea), airone cenerino
(Ardea cinerea), cicogna bianca (Ciconia ciconia), ritornata spontaneamente a nidificare
in provincia nel 2008, canapiglia (Anas strepera), moretta tabaccata (Aythya nyroca),
falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), nibbio bruno (Milvus migrans), falco di palude (Circus
aeruginosus), succiacapre (Caprimulgus europaeus), martin pescatore (Alcedo atthis),
averla piccola (Lanius collirio), tarabuso (Botaurus stellaris), sgarza ciuffetto (Ardeola
ralloides), airone bianco maggiore (Casmerodius albus), albanella reale (Circus cyaneus),
albanella minore (Circus pygargus), falco pescatore (Pandion haliaetus), smeriglio (Falco
columbarius), pellegrino (Falco peregrinus), schiribilla (Porzana parva), voltolino (Porzana),
cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), sterna comune (Sterna hirundo), mignattino
piombato (Chlidonias hybridus), mignattino (Chlidonias niger), pettazzurro (Luscinia
svecica), balia dal collare (Ficedula albicollis), succiacapre (Caprimulgus europaeus),
strolaga minore (Gavia stellata), strolaga mezzana (Gavia arctica), nitticora (Nycticorax),
garzetta (Egretta garzetta), combattente (Philomachus pugnax), pittina minore (Limosa
lapponica).
  c.   Ittiofauna
Il Lago di Varese ospita una comunità ittica molto squilibrata, principalmente a causa del
perdurare dello stato di eutrofizzazione delle sue acque, che ha portato all'affermazione
delle specie più tolleranti e alla scomparsa o la riduzione di quelle più sensibili agli stress
ambientali. Sono abbondanti le popolazioni di scardola e di carassio, ben presente il pesce
gatto e in espansione il siluro. Nell'ambito dei predatori, oltre al luccio, è in diminuzione
anche il pesce persico e il persico trota, mentre il lucioperca è abbastanza stabile.
L'alborella è quasi scomparsa, tanto che nel 2000 è stato avviato un progetto di
reintroduzione. L'anguilla è in diminuzione e deve essere sostenuta attraverso la semina
periodica di novellame. Sporadica, ma molto interessante, è la presenza della trota
lacustre, che anche negli anni di massimo inquinamento era casualmente catturata in
lago. Pare che gli areali riproduttivi di tale specie siano i tratti finali degli immissari, in
particolare nel Torrente Tinella e la sua presenza nel lago potrebbe essere legata a qualche
piccola zona di acqua di risorgiva, in grado di mantenere temperature e concentrazioni di
ossigeno idonee anche in periodo estivo. Nel 2005 sono stati fatti degli interventi di
reintroduzione del coregone, un salmonide che un tempo popolava con numerosi
esemplari il lago, ma attualmente sembra scomparso.
Anche nel Lago di Comabbio i processi di eutrofizzazione hanno causato squilibri e
semplificazioni nella composizione della comunità ittica, aggravati dall’introduzione di
specie esotiche altamente infestanti, come il siluro. Gli effetti sono visibili attraverso la
massiccia proliferazione della scardola e del carassio, più resistenti agli stress ambientali. Le
specie ittiche predatrici, come il pesce persico e il persico trota, sembrano in salute e le loro
popolazioni in crescita. Mentre la popolazione di luccio pare in leggero calo, così come
l'anguilla.
La Palude Brabbia è popolata da una grande varietà di specie animali e vegetali. Il Canale
Brabbia presenta acque lente, spesso quasi ferme, e fondo dell’alveo costituito in
prevalenza da sabbia e fango, rive trattenute da radici erbose e arbusti e una grande
densità di macrofite acquatiche emergenti e sommerse. La vocazionalità espressa dal
corso d’acqua è a ciprinidi limnofili, così come per il suo affluente, il Colatore di Varano
Borghi. I risultati di un campionamento condotto nel 2004 (Graia, 2005), evidenziano la
presenza di specie come carassio, luccio, pesce gatto, gambusia, scardola, persico sole,
persico trota e cobite. Nel canale Brabbia è stata individuata anche la presenza di tinca,

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anguilla, persico, ghiozzo padano, lucioperca, carpa e siluro (fonte: Carta Ittica della
Provincia di Varese e segnalazioni dirette).
  d. Anfibi e rettili
Nell’area palude Brabbia le specie di anfibi anuri rinvenibili sono la Rana verde (Rana kl.
esculenta), molto comune, che popola i chiari della palude, dove vive e si riproduce, e le
ampie fasce prative attigue. È la rana maggiormente legata all’acqua, attiva tanto di
giorno quanto nelle ore notturne. La si può incontrare da marzo a ottobre: con la stagione
fredda le rane verdi entrano infatti nella “diapausa” invernale, periodo che trascorrono sul
fondo degli stagni immerse nel fango. Le “rane rosse”, anch’esse comuni, conducono una
vita meno acquatica rispetto alle precedenti, prediligendo come habitat boschi e incolti
nella cui fitta lettiera riescono a mimetizzarsi grazie alla colorazione. Tra queste spicca la
presenza della Rana di Lataste (Rana latastei), specie rara e minacciata, inserita
nell’Allegato II della Direttiva “Habitat”. È un endemismo della pianura padano-veneta
legata ai boschi planiziali. Molto più piccola è la Raganella italiana (Hyla intermedia), lunga
al massimo 5 cm circa e dalla colorazione verde brillante. La Raganella conduce una vita
soprattutto arboricola, facilitata dalle piccole ventose presenti al termine delle dita che
migliorano la presa ai rami degli arbusti sui quali si sposta. La sua osservazione risulta non
facile sia per le dimensioni e le doti mimetiche, sia per le abitudini crepuscolari e notturne.
Anche il Rospo comune (Bufo bufo) è una specie riscontrabile nella riserva, soprattutto
durante il periodo riproduttivo (seconda metà di marzo), durante il quale scende dalle
vicine colline per deporre le uova.
Gli anfibi urodeli (muniti di coda) sono presenti con due specie, il Tritone crestato italiano
(Triturus carnifex) e il Tritone punteggiato (Triturus vulgaris). Lunghi, rispettivamente, circa 16
e 16 cm, i tritoni rimangono in acqua fino a maggio-giugno; in seguito trascorrono un
periodo di latenza estiva a terra, andando a rifugiarsi in tronchi cavi, tane di
micromammiferi o formicai abbandonati, ed eventualmente tornare in acqua in
coincidenza delle piogge autunnali. Gli habitat riproduttivi vanno dai grandi stagni
(soprattutto per il Tritone crestato) a piccole pozze d’acqua temporanea, anche di origine
antropica, come fossi o canali.
Per quanto concerne i rettili, la Palude Brabbia ospita alcune specie che trovano nelle zone
umide un ambiente idoneo. Tra queste spicca la presenza della Lucertola vivipara
(Zootoca vivipara), “relitto” del periodo glaciale che qui trova una delle pochissime stazioni
italiane di pianura. È uno dei rettili terrestri con l’areale più vasto al mondo, essendo
presente dalla Spagna, fino al Giappone. Contrariamente a gran parte dei rettili predilige
habitat freschi e umidi. La rigidità climatica dell’ambiente in cui vive ha portato la specie a
sviluppare una modalità riproduttiva ovovivipara, da cui il nome. La popolazione presente
in Palude Brabbia appartiene a una sottospecie, di recente scoperta, che, al contrario,
depone le uova.
Tra i sauri da segnalare la presenza dell’Orbettino (Anguis fragilis), difficile da osservare per
la sua abitudine a nascondersi nella lettiera e nei tronchi marcescenti, del Ramarro
occidentale (Lacerta bilineata), abitante dei boschi, e della comune Lucertola muraiola
(Podarcis muralis).
Tra i serpenti sono invece le natrici, colubri dalle spiccate abitudini acquatiche, le più
assidue frequentatrici della Palude. La Natrice dal collare (Natrix natrix) è la più comune: i
giovani trascorrono gran parte del tempo in pozze e stagni, dove nuotano abilmente
cacciando piccoli anfibi e avannotti, mentre gli adulti tendono progressivamente ad
affrancarsi dall’acqua frequentando anche ambienti boschivi, prati e zone rocciose. Il
nome della specie deriva dalla caratteristica colorazione gialla e nera ben evidente dietro

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