STUDIO D'INCIDENZA - Proposta di modifica del Piano cave della Provincia di Varese relativa all'ATEc2 nei Comuni di Travedona Monate e Ternate ...
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Direzione Generale Ambiente e Clima Unità Organizzativa Sviluppo Sostenibile e Tutela Risorse dell’Ambiente Proposta di modifica del Piano cave della Provincia di Varese relativa all’ATEc2 nei Comuni di Travedona Monate e Ternate - Ottemperanza alla sentenza TAR n. 5015/2009 passata in giudicato Legge regionale 08 agosto 1998, n. 14 – Art. 9, comma 2bis STUDIO D’INCIDENZA
SOMMARIO 1. PREMESSA .............................................................................................................. 4 2. INQUADRAMENTO NORMATIVO RELATIVO ALLA PROCEDURA DI VALUTAZIONE DI INCIDENZA ............................................................................................................ 6 2.1. Cenni sulla Rete Natura 2000 ............................................................................ 6 2.2. Normativa Comunitaria ..................................................................................... 6 2.3. Normativa nazionale e regionale ..................................................................... 7 3. INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELL’ATEC2...................................................... 8 3.1. Breve descrizione e localizzazione dell’area estrattiva ................................. 8 3.2. Cenni geomorfologici e pedologici................................................................. 9 3.3. Idrografia ............................................................................................................ 10 3.4. Clima................................................................................................................... 11 3.5. Vegetazione ...................................................................................................... 12 a. La vegetazione dell’area............................................................................ 12 b. Caratterizzazione della vegetazione del sito estrattivo.......................... 14 3.6. Aspetti faunistici ................................................................................................ 18 a. Fauna terrestre .............................................................................................. 18 b. Ornitofauna ................................................................................................... 19 c. Ittiofauna ....................................................................................................... 20 d. Anfibi e rettili .................................................................................................. 21 e. Invertebrati .................................................................................................... 22 f. Risultati dei monitoraggi della fauna nel sito estrattivo .......................... 23 4. INQUADRAMENTO NATURALISTICO DELLE AREE NATURA 2000 INTERESSATE DALLA MODIFICA DI PIANO ........................................................................................... 26 4.1. Elenco aree Natura 2000 nel territorio in esame .......................................... 26 4.2. Sintesi naturalistica dei siti della Rete Natura 2000 ...................................... 26 a. ZPS Lago di Varese ....................................................................................... 26 b. SIC/ZPS Palude Brabbia ............................................................................... 31 c. SIC Lago di Comabbio ................................................................................ 33 4.3. Elementi della RER interessati dalla modifica di Piano ................................ 36 5. ASPETTI GENERALI DELLA MODIFICA DI PIANO CAVE DELLA PROVINCIA DI VARESE CONCERNENTI RETE NATURA 2000 ...................................................... 40 5.1. La VAS ex-post del Piano cave di Varese ..................................................... 40 5.2. L’ATEc2 ............................................................................................................... 43 5.3. La Sentenza TAR n. 5015/2009 ......................................................................... 48 5.4. La richiesta di ottemperanza e l’avvio del procedimento di VAS ............ 49 2
5.5. Il processo di VAS ex-post sul Piano cave del 2008: l’aggiornamento del 2016 ..................................................................................................................... 49 5.6. La modifica del Piano in ottemperanza alla Sentenza TAR n. 5015/2009 49 5.7. Gli scenari di piano ........................................................................................... 50 5.8. Stato di attuazione e analisi dei fabbisogni .................................................. 52 a. Stato di attuazione ....................................................................................... 52 b. Analisi dei fabbisogni ................................................................................... 53 6. INCIDENZA DELLA MODIFICA DI PIANO CAVE SUI SITI NATURA 2000 .............. 56 6.1. Descrizione dell’Ambito e degli scenari considerati.................................... 56 6.2. Analisi delle incidenze ...................................................................................... 59 a. ZPS Lago di Varese ....................................................................................... 60 b. SIC/ZPS Palude Brabbia ............................................................................... 61 c. SIC Lago di Comabbio ................................................................................ 62 d. Rete Ecologica Regionale .......................................................................... 62 7. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ......................................................................... 64 3
1. PREMESSA Il presente studio di incidenza è redatto ai sensi della normativa europea, nazionale e regionale in materia di conservazione dei siti Natura 2000, e si inserisce nel quadro del modello metodologico procedurale e organizzativo specifico, predisposto dalla Regione con le dd.g.r. 5948/2016 e 6205/2017, a seguito della richiesta di ottemperanza presentata dalla Ditta Holcim sulla sentenza TAR n. 5015/2009, passata in giudicato. Tale sentenza in sintesi, prevede un aumento dei volumi estrattivi relativo all’ATEc2 del vigente Piano cave di Varese, ubicato nei comuni di Travedona Monate e Ternate. Lo studio, finalizzato alla espressione della valutazione di incidenza, individua e descrive i possibili impatti, dell’attività estrattiva, sullo stato di conservazione dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e sulle Zone di Protezione Speciale (ZPS) limitrofi all’ATEc2 oggetto della sentenza. Nello specifico si rende necessario analizzare se l’aumento dei volumi e delle are estrattive, per il raggiungimento dei fabbisogni di materiale del cementificio asservito dall’ATEc2, possa determinare, anche in funzione dei diversi scenari proposti di seguito, ripercussioni dirette e/o indirette, sullo stato di conservazione dei siti Natura 2000 potenzialmente interessati dalla attività dell’ambito estrattivo. Per l’individuazione dei siti Natura 2000 si è tenuto conto di un buffer di interferenza di 2000 metri di distanza dai confini dell'ATEc2, come evidenziato nella figura sottostante. 4
ATEc2 e Siti Natura 2000 (fonte dati: elaborazione GIS dal Geoportale della Regione Lombardia, 2017) 5
2. INQUADRAMENTO NORMATIVO RELATIVO ALLA PROCEDURA DI VALUTAZIONE DI INCIDENZA 2.1. Cenni sulla Rete Natura 2000 Rete “Natura 2000” è il principale strumento normativo con cui l'Unione Europea ha recepito i principi internazionali in merito alla conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" per garantire il mantenimento (in uno stato di conservazione soddisfacente) degli habitat naturali e seminaturali e delle specie vegetali e animali minacciati o rari negli stati membri. La rete è composta dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), la cui identificazione e successiva designazione quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC) è compito dagli Stati Membri, e comprende anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE "Uccelli" concernente la conservazione degli uccelli selvatici, delle loro uova, dei loro nidi, e degli habitat. Gli allegati I (Tipi di habitat naturali di interesse comunitario) e II (Specie animali e vegetali di interesse comunitario) della direttiva “Habitat” forniscono, indicazioni circa i tipi di habitat e di specie la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione. Alcuni di essi sono definiti come prioritari. L'allegato IV elenca le specie che richiedono invece una protezione rigorosa. La Direttiva 92/43/CEE tiene conto anche delle attività umane che si svolgono in alcune aree che compongono la rete Natura 2000, e delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali, riconoscendo in particolare il valore delle attività tradizionali che hanno permesso il mantenimento di un equilibrio tra uomo e natura. Non a caso l'obiettivo primario europeo è quello di conservare non solo gli habitat naturali ma anche quelli seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi utilizzati, i pascoli, ecc.), prevedendo in tale contesto il mantenimento e lo sviluppo di alcuni elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione per la flora e la fauna selvatiche con lo scopo di migliorare la coerenza ecologica della rete Natura 2000. 2.2. Normativa Comunitaria Il concetto di valutazione di incidenza è stato introdotto dall'articolo 6, comma 3, della Direttiva 92/43/CEE, con lo scopo di salvaguardare l'integrità dei siti attraverso l'esame delle interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati identificati, ma in grado di condizionarne l'equilibrio ecologico. Si tratta di una procedura preventiva alla quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, e costituisce lo strumento per garantire un equilibrio tra la conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie e l'uso sostenibile del territorio. La valutazione d'incidenza si applica sia agli interventi che ricadono all'interno delle aree Natura 2000 (o in siti proposti per diventarlo, pSIC), sia a quelli che pur sviluppandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sul loro stato di conservazione. La valutazione d'incidenza serve ad analizzare prima della loro realizzazione gli effetti di interventi che, seppur localizzati, si inseriscono in un contesto ecologico più ampio, in considerazione delle correlazioni esistenti tra i vari siti e del contributo che portano alla coerenza complessiva e alla funzionalità della rete Natura 2000, sia a livello nazionale che comunitario. 6
Per l'interpretazione dei termini e dei concetti relativi alla valutazione di incidenza, la Commissione Europea ha predisposto il documento tecnico "La gestione dei siti della rete Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'art. 6 della direttiva Habitat". 2.3. Normativa nazionale e regionale Con DPR n. 357 dell’8 settembre 1997, modificato e integrato dal DPR n. 120 del 12 marzo 2003, lo Stato ha emanato il regolamento di recepimento e attuazione della Direttiva 92/43/CEE, assegnando il compito alle Regioni di definire specifici indirizzi, in materia di Rete Natura 2000 e della Valutazione di Incidenza per il proprio territorio di competenza. L'art. 6 del DPR 120/2003, comma 1, introduce un principio di carattere generale, indicando che la pianificazione e programmazione territoriale debba tener conto della valenza naturalistico-ambientale dei pSIC, dei SIC e delle ZSC, con l’obiettivo di evitare che siano approvati strumenti di gestione territoriale in contrasto con le esigenze di conservazione degli habitat e delle specie di interesse comunitario. Il comma 2 dello stesso art. 6 stabilisce che vanno sottoposti a valutazione di incidenza tutti i piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti. Sono altresì da sottoporre a valutazione di incidenza (comma 3), tutti gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti in un sito Natura 2000, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi. Ai fini della valutazione di incidenza, i proponenti di piani e interventi non finalizzati unicamente alla conservazione di specie e habitat di un sito Natura 2000, presentano uno studio volto a individuare e valutare i principali effetti che il piano o l'intervento può avere sul sito interessato. Lo studio per la valutazione di incidenza deve essere redatto secondo gli indirizzi dell'allegato G al DPR 357/97. In Lombardia la D.G.R. n. 14106 dell’8 agosto 2003 individua i soggetti gestori, definisce le modalità procedurali per l’applicazione della valutazione di incidenza (Allegato C) e fornisce i contenuti minimi dello studio per la valutazione di incidenza di piani, programmi e progetti sui SIC e pSIC (Allegato D) presenti nel territorio regionale. 7
3. INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELL’ATEc2 3.1. Breve descrizione e localizzazione dell’area estrattiva L’attività estrattiva che si svolge nella cava ‘Faraona’, inserita nell’ATEc2, ricade nel territorio dei comuni di Travedona Monate, nella sua porzione meridionale, e di Ternate, nell’area compresa fra i laghi di Comabbio, Monate e Varese. Nell’area dell’ATEc2 la ditta Holcim svolge l’attività estrattiva di calcare per cemento da diversi decenni ed è l’unico operatore interessato allo sfruttamento della risorsa mineraria presente. La cava si estende attualmente su una superficie di circa 23,5 Ha ed è interamente gestita dalla ditta Holcim. L’attività è ripresa, dopo un lungo fermo, appena ottenuta l’autorizzazione del nuovo progetto d’ambito, mentre la vicina miniera di marna S, Marta, di proprietà della medesima ditta e utile al soddisfacimento del fabbisogno del cementificio di Comabbio, sempre di proprietà della Holcim, ha esaurito le sue riserve. Ubicazione dell’ATEc2 (fonte dati: elaborazione da Google Maps, 2017) 8
3.2. Cenni geomorfologici e pedologici La conformazione morfologica del territorio in cui è inserito l’ATEc2 deriva dall’azione di modellamento operato dal ghiacciaio quaternario alimentato dal bacino del Ticino. All’azione glaciale, infatti, è riconducibile sia la formazione delle conche lacustri del Lago Maggiore, del Lago di Varese e di quelle minori dei Laghi di Monate e Comabbio, sia l’immenso anfiteatro morenico disposto a corona allo sbocco vallivo del Ticino. L’origine morfologica della zona è stata condizionata dalle vicende del grande ghiacciaio del Verbano, che ha scavato le conche lacustri degli attuali laghi e paludi. Si era dunque formato un grande anfiteatro morenico, che costituisce il limite naturale meridionale dell’area. A nord il limite è dato dal rilievo prealpino del Campo dei Fiori, mentre lateralmente il Fiume Olona e il Lago Maggiore chiudono la zona, rispettivamente a Est e a Ovest. Circa 20.000 anni fa quest’area formava un unico bacino lacustre, comprendente gli attuali laghi: il livello dell’acqua era più alto dell’attuale di almeno 20 metri e il torrente Acquanegra, uscendo da questo antico lago, si immetteva direttamente nel Verbano. Successivamente l’acqua si aprì la strada erodendo la valle del Bardello, scorrendo da sud verso nord. Tutto il grande ecosistema lacustre si abbassò così di circa 20 metri, lasciando scoperta una zona paludosa compresa tra il Lago di Varese e il Lago di Comabbio, l’attuale Palude Brabbia. A ovest dell’area estrattiva è presente il lago di Monate, con una superficie di circa 2,5 kmq e una profondità massima di 34 m, formatosi anch’esso in epoca glaciale e circondato da colline moreniche. Per quanto riguarda gli aspetti pedologici l’area ricade nella regione pedologica della Pianura padanoveneta, nella provincia pedologica degli Anfiteatri morenici recenti e nel distretto Colline moreniche orientali del Verbano (fonte: ERSAF, “Atlante dei suoli della Lombardia”). Il contesto locale rappresentato dal Distretto di appartenenza viene è descritto: “Colline moreniche e depressioni intermoreniche talvolta occupate da laghi e torbe a est del basso Lago Maggiore. Materiali morenici dominanti e limitati affioramenti di conglomerati acidi (Gonfolite) e calcari nummulitici e marnosi (Scaglia). Suoli con spessori medi inferiori a 1m”. Per quanto concerne la caratterizzazione pedologica di dettaglio si fa riferimento alle Unità Cartografiche (UC) identificate nell’ambito della Carta Pedologica – I suoli della pianura e collina varesina - realizzata dall’ERSAF, a scala 1:10.000 nel 1999. La carta utilizza per la definizione tipologica dei suoli rilevati le UC: per le Unità individuate sono indicati tipo e definizione tassonomica, localizzazione, estensione, numero di delineazioni e ambito geomorfologico. Inoltre riporta la descrizione dell’uso del suolo con riferimento alle principali culture attuate, alla vegetazione e al grado di antropizzazione del territorio. È anche fornita la descrizione pedologica, indicando l’eventuale presenza di inclusioni e il profilo di riferimento. Le UC nell’area dei siti estrattivi e circostanti ricadono nel sistema “M” corrispondente agli anfiteatri morenici dell'alta pianura, mentre il sottosistema è “MR” che corrisponde a depositi morenici recenti (wurmiani) dotati di morfologia aspra e costituiti da sedimenti glaciali e secondariamente fluvioglaciali e fluviolacustri, generalmente poco alterati, con diffusa presenza di pietrosità in superficie e di scheletro nei suoli. Nell’area di interesse la UC corrispondente è MTN1/RNI1, caratterizzata dai suoli Humic Dystrudepts coarse loamy, mixed, superactive, mesic/Humic Dystrudepts corse loamy over sandy or sandy-skeletal, mixed, superactive, mesic. Al fine della caratterizzazione dei suoli si è tenuto conto del parametro “Capacità produttiva dei suoli”, la cui carta di riferimento è stata elaborata da ERSAF nell’ambito del 9
progetto “Land Capability Classification (LCC)”, condotto per analizzare le capacità produttive dei suoli a uso agro-silvo-pastorale. La capacità d'uso dei suoli valuta le potenzialità produttive degli stessi finalizzate alle utilizzazioni agro-silvo-pastorali, rilevando i suoli più adatti all’agricoltura, quindi consentendo in sede di pianificazione territoriale, di valutare la convenienza a non destinarli ad altri usi. I suoli sono quindi classificati per metterne in evidenza i rischi di degradazione derivanti da usi inappropriati. Tale interpretazione è effettuata in base a diversi parametri legati al suolo (profondità, pietrosità, fertilità, pendenza, rischio di erosione, inondabilità, limitazioni climatiche). Il sistema prevede la ripartizione dei suoli in 8 classi di capacità con limitazioni d'uso crescenti. Le prime 4 classi sono compatibili con l'uso agricolo, forestale e zootecnico; le classi dalla quinta alla settima escludono l'uso agricolo intensivo, mentre nelle aree appartenenti all'ultima classe, l'ottava, non è possibile alcuna forma di utilizzazione produttiva. La classe di capacità d’uso dell’area in cui è inserito l’ATEc2 è la 4, che corrisponde a suoli che presentano limitazioni molto severe, tali da ridurre drasticamente la scelta delle colture e da richiedere accurate pratiche di coltivazione e, in funzione della sottoclasse, con limitazioni legate al rischio di erosione. 3.3. Idrografia Le acque superficiali della zona in esame sono costituite dai seguenti corsi d’acqua: torrente Acquanegra, unico emissario del lago di Monate e immissario del Lago Maggiore, in comune di Ispra, dopo aver attraversato i comuni di Travedona- Monate, Biandronno, Bregano, Malgesso e Brebbia. È lungo circa 14,9 km; torrente Lenza, affluente del Ticino, in comune di Sesto Calende, lungo circa 10,8 km. Nasce nelle zone umide di Cadrezzate e scorre in direzione nord-sud attraversando il comune di Cadrezzate; canale Brabbia, di lunghezza pari a circa 4,2 km, scorre dal lago di Varese al lago di Comabbio e segna il confine tra i comuni di Biandronno e Cazzago Brabbia, Ternate e Inarzo, Casale Litta e Varano Borghi. I principali specchi d’acqua naturali della zona sono i laghi di Varese, di Comabbio e di Monate. NOME CORPO IDRICO Portata media Torrente Acquanegra 0,73 mc/s Torrente Lenza n.d. (regime torrentizio stagionale) Canale Brabbia 0,3 mc/s NOME CORPO IDRICO Quota, superficie, volume (valori medi) Lago di Comabbio 243 m s.l.m., 3,59 kmq, 16.620.000 mc Lago di Monate 266 m s.l.m., 2,51 kmq, 45.000.000 mc Lago di Varese 238 m s.l.m., 14,8 kmq, 160.000.000 mc Portate dei corsi d’acqua e volume dei laghi nell’area interessata. Il Lago di Monate Il Lago di Monate è situato in una conca di origine glaciale. Le principali caratteristiche del lago sono: superficie lacustre: 2,5 kmq circa; quota media dello specchio d’acqua: 266,8 m s.l.m.; 10
profondità: massima: 34 m, media 18 m; sviluppo costiero: circa 7,8 km. Dai dati di letteratura risulta che il bacino del lago è caratterizzato da apporti di natura esclusivamente meteorica che alimentano il lago per precipitazione diretta e la falda freatica per percolazione e infiltrazione sotterranea. Il rapporto tra l’area del bacino imbrifero, molto modesta, e quella del lago rende difficoltoso e lento il rinnovo delle acque lacustri, a causa del limitato volume degli afflussi nel bacino. I deflussi del bacino avvengono unicamente attraverso il Torrente Acqua Nera, che confluisce nel Lago Maggiore. Il Lago di Monate è soggetto a perdite idriche nel sottosuolo, a causa di modeste percolazioni sotterranee nella zona sud e lungo il versante situato a nord-ovest dell’abitato di Monate. In quest’ultima area sono ubicate alcune sorgenti, di portata complessiva pari a circa 4-5 l/s, situate a quote comprese fra i 230 e 255 m s.l.m. e alimentate dalle acque del lago. Non si rilevano perdite lungo il limite orientale del bacino imbrifero o verso ovest. A livello chimico-fisico e organolettico, le acque lacustri sono caratterizzate da un buono stato chimico. Alla fine degli anni 80 è stato effettuato un bilancio idrico del Lago di Monate, tenendo conto di: afflussi: precipitazioni meteoriche (P); deflussi: evapotraspirazione reale (E); portata dell’emissario (Q); perdite sotterranee del bacino (q). I risultati, riferiti ad annate caratterizzate da differenti livelli di piovosità e riassunti di seguito, indicano un bilancio complessivo in equilibrio. Piovosità Scarsa Media Abbondante Afflussi P (mc/a) 7.067.000 9.864.000 13.928.000 E (mc/a) 5.304.000 6.101.000 6.035.000 Deflussi Q (mc/a) 1.448.000 3.448.000 7.578.000 q (mc/a) 315.000 315.000 315.000 3.4. Clima A livello provinciale la variabilità altimetrica del territorio determina zone climatiche differenziate: nella fascia collinare e lungo le sponde del Lago Maggiore si risente dell’imponente funzione mitigatrice svolta dal lago, che provoca temperature estive non eccessive e inverni miti, senza brusche variazioni o sensibili escursioni termiche; la pianura è caratterizzata da un clima continentale, con estati calde umide ma poco piovose e inverni rigidi, con rilevanti escursioni termiche sia diurne che annuali. L’ATEc2 ricade nella zona climatica della sub area dei laghi (Mesoclima Insubrico), che presenta un regime termico e pluviometrico che si differenzia sia rispetto all'area alpina, sia a quella prealpina, dove il periodo invernale è rappresentato da temperature medie più elevate di 2°C e da un minor numero di giorni di gelo rispetto all'area di fondo Valle Padana. Tale condizione è favorita dalla protezione orografica fornita dalle Prealpi Lombarde e dalla più mite temperatura superficiale dei laghi. Al contrario in autunno, primavera ed estate i bacini lacustri, con temperature superficiali di circa 23°C, influenzano il regime termico locale abbassando la temperatura di alcuni gradi rispetto all'area padana. A livello microclimatico le temperature risentono ancor più dell’effetto del complesso dei laghi di Varese, Monate e Comabbio. In particolare analizzando le temperature dei comuni dell’area estrattiva e limitrofi a questa, si registrano temperature che variano da una media annuale di 11 °C in comune di Osmate, agli 11,4 °C di Biandronno, Cazzago Brabbia, Inarzo e Varano Borghi, con una media pari a 11,3 °C. Il mese più caldo è luglio, con temperature 11
medie che vanno dai 20,7 °C di Osmate ai 21,3 °C di Cazzago Brabbia e Varano Borghi (media sul territorio pari a 21,1 °C). Il mese più freddo è gennaio, quando le temperature medie sono di 1,5 °C: la temperatura minima più bassa si registra a Osmate (1,3 °C), la più alta a Biandronno (1,7 °C). La differenza più alta tra temperatura massima e minima si registra in comune di Varano Borghi (differenza di 19,8 °C tra gennaio e luglio), la più bassa a Bregano e Osmate (19,4 °C). Mediamente la differenza tra il mese più caldo e il più freddo è pari a 19,6 °C. Per quanto riguarda l’andamento delle precipitazioni dell’area in esame le medie sono pari a 1.184 mm; il comune mediamente più piovoso è Bregano (1.195 mm), il meno piovoso Comabbio (1.168 mm). Il mese più secco è gennaio, quando le piogge medie si attestano a 62,4 mm: il livello di piovosità mensile è abbastanza uniforme su tutto il territorio considerato, andando dai 62 mm di Comabbio, Malgesso, Osmate, Ternate, Travedona Monate e Varano Borghi, ai 63 mm negli altri comuni. Il mese più piovoso è maggio (precipitazioni medie pari a 126,8 mm): il comune che registra il livello di precipitazioni più elevato è Bregano (128 mm), quelli più secchi sono Comabbio, Ternate, Travedona Monate e Varano Borghi (126 mm). Dalla centralina di rilevamento meteo di ARPA Lombardia, situata in comune di Varano Borghi, si rileva una direzione del vento prevalente da sud (dati orari, 2016). 3.5. Vegetazione Le informazioni sulla vegetazione di seguito riportate sono riferite all’area che comprende i bacini del lago di Comabbio, Varese e alla palude Brabbia, ricavate da materiale bibliografico E in particolare dal documento "Ideazione e realizzazione di un modello di gestione integrata delle acque dei bacini Lago di Varese, Lago di Comabbio e Palude Brabbia - Indagine vegetazionale - Relazione Preliminare giugno 2006”, a cura della provincia di Varese e dal BAP elaborato dalla ditta Holcim, che riporta informazioni derivanti da sopralluoghi e i risultati di rilievi floristici puntuali svolti nell’area oggetto della modifica dell’ATEc2. a. La vegetazione dell’area La morfologia dell'area, in gran parte pianeggiante, è caratterizzata dislivelli ridotti (la quota varia tra circa 245 m s.l.m., a cui si trova la superficie del Lago di Comabbio, e i 238 m s.l.m. del Lago di Varese) e acclività poco pronunciata, con depressioni occupate da alluvioni torbose e specchi lacustri la cui origine è legata, come già accennato, all'attività del glacialismo quaternario. Il contesto circostante è caratterizzato principalmente da bassi rilievi collinari di natura morenica, a cui si deve la formazione dei laghi di Comabbio e Varese, un tempo parti di un unico bacino e oggi separati dall'ampia zona umida della Palude Brabbia. A livello fisionomico gli elementi maggiormente presenti nell'area sono bacini lacustri, che occupano anche la maggior parte della superficie complessiva dell’area considerata, e le ampie zone paludose e/o ripariali, in cui è possibile riconoscere, anche se in modo frammentato, la tipica serie vegetazionale perilacuale. Nelle aree meno disturbate, spostandosi secondo un gradiente igrofilo decrescente la successione principale può essere descritta con: tratti di prateria a dominanza di Molinia coerulea (inclusa la vegetazione torbigena a Rhynchospora alba e Sphagnum spp.), tipologia a carattere relittuale circoscritta a pochi lembi nella Palude Brabbia; 12
boscaglie ripariali a Salix cinerea, una delle tipologie di habitat più caratteristiche e con un ruolo chiave nella dinamica vegetazionale, sovente intercalate e intercluse a tratti di alneta e di vegetazione erbacea igrofila; boschi igrofili a dominanza di Alnus glutinosa e/o di Salix alba, habitat di interesse prioritario in ambito comunitario, contraddistinti da un elevato grado di biodiversità e di diversificazione strutturale (formano localmente, ad esempio lungo il perimetro del Lago di Varese, una cintura relativamente continua e ben strutturata); formazioni di latifoglie mesofile e meso-igrofile, improntate da farnia (Carpinus betulus) e frassino maggiore (Fraxinus excelsior) su suoli relativamente umidi, altrove spesso caratterizzati da dominanza di robinia (Robinia pseudoacacia), indice tendenziale di degrado e di interferenza antropica. Nelle zone marginali, e quelle sottoposte ad una maggiore pressione antropica, la composizione vegetazione risulta più variabile: tratti di prateria igrofila si alternano a incolti, prati da sfalcio e a boschetti di varia struttura e composizione, in cui prevalgono, a turno, l'ontano nero (Alnus glutinosa), il salice bianco (Salix alba) e la robinia (Robinia pseudoacacia). Il quadro è completato da tipologie ed elementi di origine antropica come: impianti floro- vivaistici; parchi e/o aree a verde pubblico; zone residenziali e/o urbanizzate (inclusi i campeggi). La vegetazione potenziale dell’area è rappresentata da formazioni forestali di latifoglie caducifoglie mesofile, nell'insieme corrispondenti alla fascia "Quercus-Tilia-Acer" (di Schmid) e, localmente, dove il clima tende all’oceanico, alla fascia "Quercus robur-Calluna". Tali cenosi ricadono principalmente nelle classi fitosociologiche Querco-Fagetea (boschi di latifoglie caducifoglie non igrofili, da planiziali a montani, su suoli più o meno ricchi di nutrienti, da moderatamente acidi a neutro-basici) e Quercetea robori-petraeae (boschi misti acidofili a prevalenza di Quercus robur), con puntiformi compenetrazioni dei Nardo- Callunetea (vegetazione di brughiera), degli Alnetea glutinosae (boschi igrofili su suoli umidi e asfittici), dei Molinio-Arrhenatheretea (praterie da sfalcio di origine antropica) e degli Scheuchzerio-Caricetea fuscae (comunità ad emicriptofite e geofite, su suoli torbosi, da oligotrofi a mesotrofi, collinari o montane), in corrispondenza delle depressioni umide talvolta occupate da piccoli specchi d'acqua. La distribuzione delle diverse tipologie vegetazionali, nei bacini dei laghi di Comabbio e di Varese e della palude Brabbia, può essere sinteticamente rappresentata sulla base del loro grado di naturalità/pressione antropica. 13
Distribuzione delle tipologie di vegetazione (fonte dati: "Ideazione e realizzazione di un modello di gestione integrata delle acque dei bacini Lago di Varese, Lago di Comabbio e Palude Brabbia” Indagine vegetazionale - Relazione Preliminare, 2006) b. Caratterizzazione della vegetazione del sito estrattivo Dal punto di vista fitogeografico l’area in esame si inserisce all’interno della regione eurosiberiana del Dominio centroeuropeo, inserito nella Provincia alpina del Distretto 14
Padano (Pignatti, 1979). Secondo l’inquadramento fitoclimatico, a vegetazione naturale potenziale (quella che si formerebbe naturalmente in un certo luogo in assenza di fenomeni di disturbo puntuali, come risultato diretto delle interazioni climatiche ed edafiche e ha carattere reale oltre che potenziale, dato che può essere riconosciuta sul terreno), ricade all’interno del piano basale delle latifoglie eliofile, dominato dalle querce e più precisamente rientra nella fascia del Querco-carpineto (Blasi, 2010). A livello fitosociologico essa è da attribuirsi all’alleanza Carpinion-betuli costituita da una formazione forestale con dominanza di farnia (Quercus robur), cui si aggiunge l’acero campestre (Acer campestre), il frassino (Fraxinus excelsior), il carpino bianco (Carpinus betulus), il ciliegio (Prunus avium), il nocciolo (Corylus avellana) e occasionalmente anche il rovere (Quercus petreae). La vegetazione reale, si discosta da quella naturale potenziale a causa di diverse forme di disturbo, dovuto principalmente agli interventi antropici, che hanno influito in passato, o influiscono tuttora su di essa. Si tratta di scelte selvicolturali dettate da motivi economici, che hanno comportato l’introduzione di specie più produttive, per la produzione di legna da ardere e legname da opera, a scapito delle specie autoctone, determinando il passaggio a formazioni, ancora oggi presenti, di querceti degradati frammisti con Pinus sylvestris, Robinia pseudoacacia e Quercus rubra. Anche l’introduzione della castanicoltura da frutto ha prodotto l’impoverimento dei boschi, favorendo il diffondersi, nelle chiarie createsi a seguito del taglio, di specie esotiche fortemente competitive e invasive, quali: Prunus serotina, Robinia pseudoacacia, Quercus rubra, Ailanthus altissima, Phytolacca americana. Per tali motivi il querco-carpineto, tipologia forestale complessa dal un punto di vista degli equilibri ecologici (si pensi alle problematiche connesse al contenimento del deperimento della farnia nella pianura padana) e per l’elevato numero di specie al suo interno, risulta molto minacciato e vulnerabile, ed è stato inserito tra habitat di interesse comunitario da conservare, dalla Direttiva “Habitat” (codice 9160). Le informazioni puntuali sullo stato attuale della vegetazione dell’ATE in esame, riportate di seguito, provengono dai risultati dei rilievi floristici eseguiti con metodo fitosociologico (Braun Blanquet, 1932), effettuati in otto aree di saggio di dimensione di 100 mq ciascuna (10mx10m), disposte uniformemente e casualmente tra le aree estrattive di Travedona e di Ternate, nel corso dell’elaborazione del BAP, come riportato nella figura seguente. Il numero dei rilevi è stato determinato sulla base della variabilità esistente tra i popolamenti elementari riscontrati, ossia tratti di vegetazione omogenea da punto a punto, che esprimono un andamento omogeneo delle caratteristiche ambientali di una data area, a loro volta corrispondenti ad altrettanti microambienti. Sono proprio i popolamenti omogenei che costituiscono la base di tutti gli studi sulla vegetazione, essendo essi stessi le unità minime della fitosociologia e rendendo così possibile una loro classificazione in un “tipo”, che è appunto, la rappresentazione dell’andamento medio della composizione floristica della vegetazione. L'insieme di popolamenti elementari di fitocenosi che presentano una combinazione floristica che si ripete in modo pressoché costante in ambienti ecologicamente simili rappresenta un'associazione che si distingue da un'altra per mezzo di specie differenziali o caratteristiche territoriali, la cui presenza esprime un ambiente diverso. Lo studio delle associazioni vegetali presenti in una determinata zona geografica procede a partire da un'analisi sia qualitativa, sia quantitativa del popolamento vegetale: tramite la prima si ricostruisce la flora del sito preso in esame, cioè si definiscono le specie presenti; tramite la seconda si procede alla stima quantitativa dei singoli componenti, cioè alla copertura propria di ogni specie in termini di massa vegetale presente. I rilievi sono poi riuniti in una tabella che viene trattata con i metodi statistici classici di classificazione e di 15
ordinamento, in modo da produrre risultati statisticamente significativi e definire quindi l'associazione vegetale specifica. Distribuzione dei rilevi floristici nell’area in esame (fonte dati: BAP Holcim S.p.A., elaborazione GIS su Geoportale della Regione Lombardia, 2013) I rilievi fitosociologici svolti nello studio, accompagnati da diversi sopraluoghi, hanno contribuito a formare un quadro locale dettagliato, finalizzato a individuare le diverse tipologie boschive per l’area presa in esame. I risultati delle elaborazioni dei dati dei rilievi indicano che l’area è costituita prevalentemente da boschi di latifoglie submontani mesofili a dominanza di castagno. In generale in tutti i rilievi sono stati riscontrati gli elementi tipici del querco-carpineto anche se non in maniera omogena, a causa di diversi fenomeni di disturbo. Il numero di specie massimo riscontrato per rilievo è 20, il minimo è 4, il numero complessivo censito attraverso i rilievi è stato di 35. Tre di queste sono Quercus rubra (quercia rossa), Robinia pseudoacacia (robinia), Prunus serotina (ciliegio tardivo), indicate dalla l.r. 10/2008 come specie esotiche invasive. Sono state rilevate anche 2 specie indicate in allegato C2, ovvero specie di flora spontanea con raccolta regolamentata (d.g.r. 27 gennaio 2010, n. 11102): Ruscus aculeatus (pungitopo) e Cyclamen purpurascens (ciclamino). Sono stati rinvenuti in tre rilievi (rilievo 6/7/8) diversi esemplari di Carpinus betulus (carpino), e in altri tre rilievi (rilievi 3/4/6) diversi esemplari di Quercus robur (farnia). Castanea sativa (castagno) è la specie più frequentemente rilevata. In tutti i rilievi è presente almeno una specie esotica invasiva, e in alcuni sono presenti tutte e tre le specie (Quercus rubra, Robinia pseudoacacia, Prunus serotina). 16
Per quanto riguarda numerosità, valenza naturalistica delle specie censite e loro abbondanza, si può evidenziare che il rilievo n. 5, effettuato nella zona quasi di confine con la parte più meridionale della cava di Travedona, rappresenta quello a minor biodiversità: sono state censite 4 specie, di cui Quercus rubra risulta la più abbondante e in grado di formare popolamenti pressoché monospecifici occupando i tre strati di vegetazione arboreo, arbustivo ed erbaceo. Le altre specie presenti sono Robinia pseudoacacia, Prunus avium (ciliegio selvatico) e rovo. In posizione molto più meridionale si trova il rilievo n. 8, che presenta la più alta biodiversità dell’area indagata, con la presenza 20 specie tra le quali compaiono, nello strato arboreo, alcune specie di pregio, come Carpinus betulus (carpino bianco), Fraxinus excelsior (frassino maggiore), Acer pseudoplatanus (acero di monte), oltre alle tre specie esotiche invasive già ricordate. Nello strato arbustivo compare principalmente Crataegus monogyna (biancospino), Euonymus europaeus (berretta del prete), Ulmus minor (olmo) e Ruscus aculeatus (pungitopo), mentre nello strato erbaceo si ritrovano invece Cyclamen purpurascens (ciclamino), Allium schoenoprasum (erba cipollina) e rinnovazioni di specie arboree. Questo rilievo presenta una buona struttura e composizione, segnalata anche dalla positiva presenza del carpino, del rusco e del ciclamino. Sono state riscontrate specie esotiche invasive solo nello strato arboreo e non sono state rilevate tracce di rinnovazione di nessuna di esse, a indicare una situazione poco disturbata, in cui le specie autoctone si trovano favorite e ben adattate. Dal punto di vista della biodiversità, i risultati esaminati negli altri sei rilevi (1, 2, 3, 4, 6, 7) denotano situazioni intermedie tra quelle precedentemente descritte. Ad esempio, i rilievi 1 e 3 hanno evidenziato un alto numero di specie (rispettivamente, 18 e 16), i tre strati di vegetazione sono ben rappresentati e dominati, per quanto riguarda lo strato arboreo, da Fraxinus excelsior (frassino maggiore), e Castanea sativa (castagno), nello strato arbustivo compare Eupatorium cannabinum, Crataegus monogyna (il biancospino) e una buona componente di rinnovazione di frassino. Di particolare interesse nello strato erbaceo la Viola sp. (Viola) e il Brachypodium sylvaticum (Brachipodio). I rilievi 2, 4, 6 e 7 presentano invece situazioni più degradate e con basso numero di specie (rispettivamente 11, 10, 10 e 12), infatti, si riscontra una più marcata presenza di rovo (Rubus sp.) e edera (Hedera helix), in cui dominano il castagno e il frassino, e si ritrovano sempre specie esotiche. Rilievo n. 2 e rilievo n. 4 (fonte: BAP Holcim S.p.A., 2013) Nei rilievi 4 e 6 manca la componente arbustiva e il rapporto tra i tre strati vegetazionali risulta squilibrato; nei rilievi 2 e 7 le poche specie sono presenti in tutti gli strati vegetazionali, andando a formare in complesso una vegetazione meglio strutturata. 17
In generale, la percentuale di suolo nudo riscontrata nei rilievi è mediamente pari al 65/70% e la copertura erbacea inconsistente, fatto da attribuire al periodo in cui è stato effettuato il censimento. In generale, l’area vasta risulta infestata da diverse specie esotiche invasive presenti nella lista nera regionale (l.r. 10/2008): oltre a Prunus serotina, Quercus rubra e Robinia pseudacacia, già menzionate in precedenza, si trovano Ailanthus altissima (sommacco falso), Buddleja davidii (albero delle farfalle) e Reynoutra japonica (poligono giapponese). Oltre alle specie esotiche invasive compaiono molte specie ornamentali come Prunus laurocerasus (Lauroceraso), Ginkgo biloba (ginkgo), Musa sp. (banano), Cedrus deodara (cedro dell‘Himalaya), Chamaerops sp. (palma). 3.6. Aspetti faunistici Le informazioni che riguardano la fauna dell’area in esame sono state ricavate da relazioni, indagini e censimenti svolti da diversi enti competenti sul territorio, in particolare dalla Provincia di Varese. I principali documenti utilizzati sono: “Relazioni tecniche monitoraggio fauna nei SIC della Provincia di Varese” (2005) e “Ideazione e realizzazione di un modello di gestione integrata delle acque dei bacini lago di Varese, lago di Comabbio e palude Brabbia”, indagine ornitologica (marzo 2006), indagine ittiologica (marzo 2007) e i piani di gestione dei SIC/ZPS. I dati fanno riferimento ai popolamenti faunistici dei Siti Natura 2000 interessati e dei territori limitrofi. Si è anche tenuto conto della fauna potenziale riscontrabile nei Siti. Sono inoltre riportati i risultati dei rilievi faunistici condotti nell’area in esame, all’inizio dell’autunno 2013, finalizzati alla redazione del BAP della ditta Holcim. a. Fauna terrestre Nella Palude Brabbia la presenza di mammiferi è da riferirsi al solo ordine dei chirotteri, rappresentati dalle specie Vespertilio di Daubenton, Pipistrello albolimbato, Pipistrello di Nathusius, per le quali si evidenzia la presenza di specie antropofile, come il pipistrello albolimbato, e legate agli ambienti acquatici, come il Vespertilio di Daubenton. Probabilmente queste specie frequentano il SIC prevalentemente per fini trofici e presumibilmente sono insediate nell’area anche con colonie riproduttive. Per le altre specie di chirotteri il SIC probabilmente non rappresenta un’area idonea per l’insediamento di colonie riproduttive o di svernamento, a causa delle tipologie ambientali rappresentate. Per quanto riguarda la mammalofauna del Lago di Comabbio, le specie prevalentemente presenti sono il Vespertilio mustacchino e il Pipistrello albolimbato. Sebbene non sembrano esserci particolari attività che influenzino negativamente la presenza di questi mammiferi, occorrerebbe però incentivare il mantenimento di piante senescenti, poiché la scarsità di questa tipologia di piante spesso costituisce uno dei principali fattori limitanti per le popolazioni di chirotteri. Anche nelle aree limitrofe al SIC sarebbe auspicabile la promozione di attività di sensibilizzazione al fine di evitare la distruzione delle colonie. Ulteriori ricerche hanno permesso di infittire l’elenco della fauna terrestre tipica di territori pianeggianti o pre-collinari (di orografia simile a quelli dell’area in esame), con le seguenti specie: Lepre comune: è una specie diffusa entro limiti altimetrici piuttosto ampi, che vanno dalla pianura fino ai 1800 metri. Frequenta gli ambienti più diversificati quali boschi, 18
prati, coltivi, arati, stoppie, incolti, rive dei corsi d'acqua. La sua distribuzione nel territorio, a seguito delle modifiche colturali, dell'introduzione di nuove tecniche agricole (meccanizzazione e uso di fitofarmaci) e dell'abbandono dei territori montani, si è ridotta ed esemplari sono rinvenibili soprattutto in prossimità delle coltivazioni di foraggiere, che offrono riparo e risorse alimentari in alcune stagioni, ma che determina anche un'elevata mortalità nei leprotti durante le operazioni di sfalcio. La lepre comune appartiene alla fauna autoctona della Provincia di Varese e, oltre a rivestire un ruolo di grande importanza nell'esercizio venatorio tradizionale, la sua presenza è indice di una equilibrata situazione ambientale: la lepre, infatti, è una specie piuttosto esigente dal punto di vista ecologico-ambientale. Minilepre: specie alloctona di origine nordamericana, introdotta in Provincia di Varese dalla fine degli anni ’80 per scopi venatori, ha subito un rilevante incremento demografico ed è riscontrabile stabilmente soprattutto nel territorio centro- meridionale della provincia. Volpe: specie ampiamente adattabile a diversi tipi di ambiente e alle più svariate fonti alimentari. La sua presenza sul territorio provinciale risulta, infatti, diffusa sia nei settori montano e collinare, sia nelle zone urbanizzate e lungo le principali arterie stradali, sebbene queste ultime risultino aree scarsamente idonee alla specie. L’importanza di questa specie ai fini gestionali, deriva dall’impatto predatorio che essa esercita sulla selvaggina. Da uno studio effettuato sulle preferenze alimentari della volpe in Provincia di Varese, è risultata una netta prevalenza nella sua dieta dei vegetali, seguiti dagli insetti. In realtà occorre, però, ricordare che il regime alimentare della volpe può essere influenzato dai ripopolamenti di selvaggina e dalla presenza della stessa in zone con particolare abbondanza di fauna (aree protette). Per quanto riguarda gli invertebrati, è da evidenziare la presenza di Osmoderma eremita, Coenonympha oedippus, Graphoderus bilineatus, Austropotamobius pallipes. Infine, tra gli anfibi si segnala la presenza di: rana di Lataste (Rana latastei), tritone crestato meridionale (Triturus carnifex) e tritone punteggiato (Triturus vulgaris). b. Ornitofauna La comunità ornitica è legata, in un’ottica di medio – lungo periodo, all’evoluzione delle fitocenosi presenti in un territorio, quindi, più in generale, alle cenosi a esse collegate, mentre, nel breve periodo, è influenzata periodo dalla regolazione puntuale dei livelli idrici, con particolare riferimento alla gestione dell’acqua nei periodi di maggior vulnerabilità del ciclo biologico. Il complesso mosaico ambientale formato dai bacini dei laghi di Varese e Comabbio e dalla palude Brabbia, costituisce un’unità territoriale di indubbio interesse naturalistico. Collocata a cavallo fra le Prealpi e la pianura lombarda, ospita, nell’ambito della fauna vertebrata, la maggior biodiversità riscontrabile nell’intera provincia di Varese e, pertanto, può essere considerata una delle aree più significative del territorio lombardo. La vicinanza al Lago Maggiore e, soprattutto, al Fiume Ticino conferisce al complesso Comabbio- Brabbia-Varese un’ulteriore significativa importanza quale area sfruttata dalla componente migratrice dell’avifauna. Attualmente l’area, e segnatamente la porzione più “palustre”, come tipico delle dinamiche evolutive delle aree umide di non elevata profondità, si trova in fase di progressivo interramento. Tale fenomeno è stato verosimilmente velocizzato dall’anomalo basso livello cui è stato a lungo sottoposto il Lago di Varese e, conseguentemente la palude Brabbia. 19
Nell’area è stata rilevata la presenza di circa 200 specie tra cui: tarabusino (Ixobrychus minutus), nitticora (Nycticorax nycticorax), airone rosso (Ardea purpurea), airone cenerino (Ardea cinerea), cicogna bianca (Ciconia ciconia), ritornata spontaneamente a nidificare in provincia nel 2008, canapiglia (Anas strepera), moretta tabaccata (Aythya nyroca), falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), nibbio bruno (Milvus migrans), falco di palude (Circus aeruginosus), succiacapre (Caprimulgus europaeus), martin pescatore (Alcedo atthis), averla piccola (Lanius collirio), tarabuso (Botaurus stellaris), sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), airone bianco maggiore (Casmerodius albus), albanella reale (Circus cyaneus), albanella minore (Circus pygargus), falco pescatore (Pandion haliaetus), smeriglio (Falco columbarius), pellegrino (Falco peregrinus), schiribilla (Porzana parva), voltolino (Porzana), cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), sterna comune (Sterna hirundo), mignattino piombato (Chlidonias hybridus), mignattino (Chlidonias niger), pettazzurro (Luscinia svecica), balia dal collare (Ficedula albicollis), succiacapre (Caprimulgus europaeus), strolaga minore (Gavia stellata), strolaga mezzana (Gavia arctica), nitticora (Nycticorax), garzetta (Egretta garzetta), combattente (Philomachus pugnax), pittina minore (Limosa lapponica). c. Ittiofauna Il Lago di Varese ospita una comunità ittica molto squilibrata, principalmente a causa del perdurare dello stato di eutrofizzazione delle sue acque, che ha portato all'affermazione delle specie più tolleranti e alla scomparsa o la riduzione di quelle più sensibili agli stress ambientali. Sono abbondanti le popolazioni di scardola e di carassio, ben presente il pesce gatto e in espansione il siluro. Nell'ambito dei predatori, oltre al luccio, è in diminuzione anche il pesce persico e il persico trota, mentre il lucioperca è abbastanza stabile. L'alborella è quasi scomparsa, tanto che nel 2000 è stato avviato un progetto di reintroduzione. L'anguilla è in diminuzione e deve essere sostenuta attraverso la semina periodica di novellame. Sporadica, ma molto interessante, è la presenza della trota lacustre, che anche negli anni di massimo inquinamento era casualmente catturata in lago. Pare che gli areali riproduttivi di tale specie siano i tratti finali degli immissari, in particolare nel Torrente Tinella e la sua presenza nel lago potrebbe essere legata a qualche piccola zona di acqua di risorgiva, in grado di mantenere temperature e concentrazioni di ossigeno idonee anche in periodo estivo. Nel 2005 sono stati fatti degli interventi di reintroduzione del coregone, un salmonide che un tempo popolava con numerosi esemplari il lago, ma attualmente sembra scomparso. Anche nel Lago di Comabbio i processi di eutrofizzazione hanno causato squilibri e semplificazioni nella composizione della comunità ittica, aggravati dall’introduzione di specie esotiche altamente infestanti, come il siluro. Gli effetti sono visibili attraverso la massiccia proliferazione della scardola e del carassio, più resistenti agli stress ambientali. Le specie ittiche predatrici, come il pesce persico e il persico trota, sembrano in salute e le loro popolazioni in crescita. Mentre la popolazione di luccio pare in leggero calo, così come l'anguilla. La Palude Brabbia è popolata da una grande varietà di specie animali e vegetali. Il Canale Brabbia presenta acque lente, spesso quasi ferme, e fondo dell’alveo costituito in prevalenza da sabbia e fango, rive trattenute da radici erbose e arbusti e una grande densità di macrofite acquatiche emergenti e sommerse. La vocazionalità espressa dal corso d’acqua è a ciprinidi limnofili, così come per il suo affluente, il Colatore di Varano Borghi. I risultati di un campionamento condotto nel 2004 (Graia, 2005), evidenziano la presenza di specie come carassio, luccio, pesce gatto, gambusia, scardola, persico sole, persico trota e cobite. Nel canale Brabbia è stata individuata anche la presenza di tinca, 20
anguilla, persico, ghiozzo padano, lucioperca, carpa e siluro (fonte: Carta Ittica della Provincia di Varese e segnalazioni dirette). d. Anfibi e rettili Nell’area palude Brabbia le specie di anfibi anuri rinvenibili sono la Rana verde (Rana kl. esculenta), molto comune, che popola i chiari della palude, dove vive e si riproduce, e le ampie fasce prative attigue. È la rana maggiormente legata all’acqua, attiva tanto di giorno quanto nelle ore notturne. La si può incontrare da marzo a ottobre: con la stagione fredda le rane verdi entrano infatti nella “diapausa” invernale, periodo che trascorrono sul fondo degli stagni immerse nel fango. Le “rane rosse”, anch’esse comuni, conducono una vita meno acquatica rispetto alle precedenti, prediligendo come habitat boschi e incolti nella cui fitta lettiera riescono a mimetizzarsi grazie alla colorazione. Tra queste spicca la presenza della Rana di Lataste (Rana latastei), specie rara e minacciata, inserita nell’Allegato II della Direttiva “Habitat”. È un endemismo della pianura padano-veneta legata ai boschi planiziali. Molto più piccola è la Raganella italiana (Hyla intermedia), lunga al massimo 5 cm circa e dalla colorazione verde brillante. La Raganella conduce una vita soprattutto arboricola, facilitata dalle piccole ventose presenti al termine delle dita che migliorano la presa ai rami degli arbusti sui quali si sposta. La sua osservazione risulta non facile sia per le dimensioni e le doti mimetiche, sia per le abitudini crepuscolari e notturne. Anche il Rospo comune (Bufo bufo) è una specie riscontrabile nella riserva, soprattutto durante il periodo riproduttivo (seconda metà di marzo), durante il quale scende dalle vicine colline per deporre le uova. Gli anfibi urodeli (muniti di coda) sono presenti con due specie, il Tritone crestato italiano (Triturus carnifex) e il Tritone punteggiato (Triturus vulgaris). Lunghi, rispettivamente, circa 16 e 16 cm, i tritoni rimangono in acqua fino a maggio-giugno; in seguito trascorrono un periodo di latenza estiva a terra, andando a rifugiarsi in tronchi cavi, tane di micromammiferi o formicai abbandonati, ed eventualmente tornare in acqua in coincidenza delle piogge autunnali. Gli habitat riproduttivi vanno dai grandi stagni (soprattutto per il Tritone crestato) a piccole pozze d’acqua temporanea, anche di origine antropica, come fossi o canali. Per quanto concerne i rettili, la Palude Brabbia ospita alcune specie che trovano nelle zone umide un ambiente idoneo. Tra queste spicca la presenza della Lucertola vivipara (Zootoca vivipara), “relitto” del periodo glaciale che qui trova una delle pochissime stazioni italiane di pianura. È uno dei rettili terrestri con l’areale più vasto al mondo, essendo presente dalla Spagna, fino al Giappone. Contrariamente a gran parte dei rettili predilige habitat freschi e umidi. La rigidità climatica dell’ambiente in cui vive ha portato la specie a sviluppare una modalità riproduttiva ovovivipara, da cui il nome. La popolazione presente in Palude Brabbia appartiene a una sottospecie, di recente scoperta, che, al contrario, depone le uova. Tra i sauri da segnalare la presenza dell’Orbettino (Anguis fragilis), difficile da osservare per la sua abitudine a nascondersi nella lettiera e nei tronchi marcescenti, del Ramarro occidentale (Lacerta bilineata), abitante dei boschi, e della comune Lucertola muraiola (Podarcis muralis). Tra i serpenti sono invece le natrici, colubri dalle spiccate abitudini acquatiche, le più assidue frequentatrici della Palude. La Natrice dal collare (Natrix natrix) è la più comune: i giovani trascorrono gran parte del tempo in pozze e stagni, dove nuotano abilmente cacciando piccoli anfibi e avannotti, mentre gli adulti tendono progressivamente ad affrancarsi dall’acqua frequentando anche ambienti boschivi, prati e zone rocciose. Il nome della specie deriva dalla caratteristica colorazione gialla e nera ben evidente dietro 21
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