SPECT e PET nella schizofrenia: applicazioni cliniche e di ricerca
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Torna al sommario SPECT e PET nella schizofrenia: applicazioni cliniche e di ricerca ANTONIO VITA(1), ROSA MARIA MORESCO(2), LUCA DE PERI(1), MASSIMILIANO DIECI(1), ANNASILVIA ROLLA, FERRUCCIO FAZIO(2) MORFOFUNZIONALE DEL CERVELLO (1)Dipartimento di Salute Mentale, A.O. Melegnano (Milano); CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA (2) IBFM-CNR, Università degli Studi Milano Bicocca, Ospedale San Raffaele, Milano E POTENZIALI APPLICAZIONI RIASSUNTO Le tecniche di imaging cerebrale SPECT e PET hanno permesso, nel corso degli ultimi trent’anni, di individuare una serie di alterazioni biologiche in corso di schizofrenia. ESPLORAZIONE Nel capitolo vengono descritti i principi di funzionamento e le modalità di applicazio- 4:2002; 287-301 ne di queste due tecniche. I risultati emergenti indicano che: in condizioni di riposo è dimostrabile un deficit metabolico in sede frontale che, durante test di attivazione cognitiva delle aree prefrontali, si manifesta più chiaramente come ridotta o comunque anomala capacità di attivazione corticale; una diversa capacità di modulazione degli NÓOς antipsicotici atipici rispetto ai neurolettici convenzionali sia sul metabolismo cerebrale sia sui pattern di attivazione corticale; l’esistenza di anomalie multiple a carico di diversi sistemi recettoriali, in particolare quello dopaminergico; la possibilità di spie- gare e prevedere effetti terapeutici e collaterali dei farmaci antipsicotici in realazione alla loro capacità di occupazione recettoriale. Parole chiave: PET, SPECT, schizofrenia, visualizzazione cerebrale. SUMMARY SPECT and PET have allowed, in the course of the last 30 years, to characterize a series of biological alterations in schizophrenia. The paper describes the principles of function- ing and strategies of application of these two techniques. Emerging results indicate: in rest conditions a metabolic deficit in frontal areas; during tests of cognitive activation of pre- frontal areas a reduced or anomalous cortical activation; a different modulation of atypical antipsychotic drugs as compared to conventional neuroleptics on cerebral metabolism or pattern of cortical activation; multiple anomalies of receptor systems especially the dopaminergic system; the possibility to explain and to preview therapeutic and side effects of antipsychotic drugs in relation to characteristics of receptor occupancy. Key words: PET, SPECT, schizophrenia, brain imaging. 287 Indirizzo per la corrispondenza: Antonio Vita, Dipartimento di Salute Mentale - Ospedale S. Maria delle Stelle, Via Maffia - 20066 Melzo (Mi).
NÓOςς INTRODUZIONE Lo sviluppo negli anni Settanta delle tecniche tomografiche computerizzate e la coseguente possibilità di mappare la distribuzione di radioisotopi nel cer- vello, ha permesso di sviluppare la tecnica ora nota come Single Photon Emission Computed Tomography (SPECT o SPET). La SPECT permette di determinare la concentrazione regionale di un deter- A. VITA - R.M. MORESCO - L. DE PERI minato radionuclide in funzione del tempo. Il primo tracciante utilizzato è stato il Tc-99m, isotopo radioattivo che emette fotoni singoli con un valore energetico pari a 140keV ed emivita di circa sei ore. La rilevazione dei fotoni M. DIECI - A. ROLLA - F. FAZIO singoli avviene per mezzo di una gamma camera rotante che consente di APPLICAZIONI CLINICHE E DI RICERCA ottenere un’immagine tridimensionale della distribuzione del radiotracciante. SPECT E PET NELLA SCHIZOFRENIA: I radioisotopi utilizzati nella SPECT hanno una emivita relativamente lunga (da alcune ore ad alcuni giorni), cosa che rende più semplice e meno costosa la loro produzione. Ciò rappresenta il principale vantaggio della SPECT come tecnica di neuroimaging, poiché è significativamente meno dispendio- sa della Tomografia ad Emissione di Positroni (PET). Tuttavia ha una riso- luzione spaziale e temporale limitata e non è priva di problemi legati al rischio biologico connesso alla somministrazione di radioisotopi, in modo particolare in caso di studi seriali. La PET presenta due importanti vantaggi rispetto alla SPECT: una migliore risoluzione spaziale e una maggiore sensibilità. Ciò è dovuto all’impiego di isotopi radioattivi emittenti positroni come l’Ossigeno-15 e il Fluoro-18. I positroni sono particelle con la stessa massa di un elettrone ma con carica positiva, che, dopo aver percorso pochi millimetri di tessuto, si annichilano con un elettrone dando origine a due fotoni gamma ad alta energia (511 keV) che sono emessi con traiettoria di 180° l’uno dall’altro. Una mappa della radioattività tissutale viene ottenuta mediante rilevatori connessi tra loro in modo da consentire la registrazione di un segnale solo quando i due fotoni sono rilevati entro un breve periodo di tempo da due rivelatori opposti. Poi- ché i rivelatori registrano unicamente il sito di annichilazione, la risoluzione di uno scanner PET è limitata dalla distanza percorsa dal positrone attraverso i tessuti prima di incontrare l’elettrone. Ciò restringe la risoluzione massima teorica della PET a 2-3 mm. Gli isotopi radioattivi impiegati nella PET hanno una emivita breve, nell’or- dine di 2-200 minuti. Questo implica che sia necessario produrre gli isotopi in vicinanza dello scanner, impiegando un ciclotrone. Tuttavia, la breve emi- vita significa anche la possibilità di effettuare studi dinamici delle funzioni cerebrali con questa metodica. Il primo studio neurofunzionale condotto con metodica PET risale al 19841. Lo sviluppo delle tecniche di tomografia ad emissione (PET e SPECT) ha di fatto permesso di studiare nell’uomo con metodo non invasivo la neurochi- mica cerebrale. Ciò ha consentito di trasferire agli studi clinici molte delle metodiche originalmente sviluppate per la ricerca preclinica nell’animale da esperimento. Gli studi PET e SPECT di neurochimica cerebrale si basano essenzialmente su due diverse strategie. Il primo approccio riguarda la valutazione di variabili di funzionalità cere- 288
brale quali perfusione e metabolismo regionale. Il secondo approccio preve- de l’impiego di traccianti selettivi per il target molecolare di interesse, come recettori, enzimi, trasportatori di membrana, da utilizzare come specifici marcatori per lo studio dell’integrità neuronale in diverse patologie del siste- ma nervoso centrale, o per l’approfondimento del meccanismo d’azione di farmaci neuroattivi. Lo sviluppo di nuovi traccianti per lo studio in vivo della neurochimica MORFOFUNZIONALE DEL CERVELLO mediante PET o SPECT richiede un’attenta caratterizzazione chimica, cineti- ca e farmacologica. Caratteristiche essenziali sono: alta affinità e selettività CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA per il sito molecolare di interesse, permeabilità attraverso la barriera ema- toencefalica, minima degradazione in sottoprodotti metabolici marcati, basso E POTENZIALI APPLICAZIONI legame aspecifico alle varie componenti cellulari. Inoltre, la distribuzione anatomica e la concentrazione del target molecolare di interesse, deve essere adeguata alla risoluzione spaziale ed alla sensibità dei tomografi. Questo è particolarmente importante nello studio in vivo dei recettori e dei trasportato- ri neuronali, in quanto sono espressi in quantità estremamente basse (tra le 10 e le 500 fmoli per mg di proteine tissutali) che possono variare a seconda ESPLORAZIONE dell’area anatomica considerata. Ad esempio i recettori dopaminergici di tipo D2 sono presenti in concentrazioni elevate a livello dei gangli della base (fino 4:2002; 287-301 a 300-400 fmoli per mg di proteina) ma molto ridotte a livello della corteccia (20-30 fmoli per mg di proteine). Un altro importante fattore riguarda la distribuzione spaziale del target molecolare di interesse. Ad esempio a livello dell’ippocampo, un’area anatomica deputata al controllo di varie funzioni NÓOς cognitive, esistono recettori espressi selettivamente solo in specifiche sottoa- ree (CA1, CA2, CA3 o GD) ed altri, che pur essendo espressi uniformemen- te, risiedono su popolazioni di neuroni che hanno funzioni cerebrali differen- ti o addirittura opposte. Nel primo caso sarà impossibile rilevare il segnale in quanto il volume da campionare è insufficiente, nel secondo caso l’interpre- tazione dei risultati risulterà particolarmente complessa. Spesso a livello cor- ticale, la distribuzione spaziale di diverse classi di recettori è di tipo laminare e può essere continua o meno a seconda che i recettori siano espressi in uno solo o in diversi strati corticali. Questo ovviamente può causare una netta sottostima del segnale. Tutte queste problematiche risultano notevolmente amplificate negli studi SPECT a causa della minore risoluzione spaziale e accuratezza nella quanti- ficazione dei dati. Tra i vari sistemi di neurotrasmissione, il sistema dopaminergico risulta esse- re quello maggiormente studiato sia a livello presinaptico che postsinaptico con le metodiche di neuroimaging funzionale. Questo è dovuto sia al tipo di distribuzione anatomica che alla concentrazione dei terminali dopaminergici striatali che risulta particolarmente favorevole rispetto alla risoluzione spa- ziale ed alla sensibilità delle metodiche PET o SPECT. Inoltre, essendo uno dei sistemi storicamente più studiato, esiste un grosso numero di farmaci che agiscono selettivamente sulle varie componenti regolatorie del sistema. In particolare, sono stati sviluppati ed applicati allo studio di diverse patologie, traccianti per lo studio dei recettori D1 ([11C]SCH23390), e D2 ([11C]raclo- pride o [123I]IBZM), dei siti di ricaptazione della dopamina ([123I]beta-CIT, 289
NÓOςς [123I]FP-CIT; [11C]FE-CIT o [11C]FP-CIT), della sintesi ([18F]L-DOPA) e della degradazione della dopamina ([11C]Deprenil). Attualmente le ricerche radiochimiche sono finalizzate allo sviluppo di trac- cianti selettivi, in grado di differenziare i cinque sottotipi di recettori dopa- minergici (D1,D5,D2,D3,D4); alla ricerca di nuovi traccianti per la misurazio- ne dei recettori dopaminergici extra-striatali ([11C]FLB456; [123I]Iodoepide- pride); alla valutazione ed all’applicazione delle metodiche per gli studi in A. VITA - R.M. MORESCO - L. DE PERI vivo del rilascio di dopamina in seguito a stimoli farmacologici o comporta- mentali mediante l’uso della [11C]raclopride o del [123I]IBZM. Quest’ultima metodica, tutt’ora in corso di sviluppo, si basa sulla sensibilità del legame in M. DIECI - A. ROLLA - F. FAZIO vivo di questi traccianti alle variazioni dei livelli extracellulari di dopamina. APPLICAZIONI CLINICHE E DI RICERCA In particolare un aumento dei livelli extracellulari di dopamina determina SPECT E PET NELLA SCHIZOFRENIA: una riduzione del legame in vivo del tracciante. Al contrario, una riduzione dei livelli di dopamina, provoca un aumento di legame. Anche se non è del tutto chiaro il meccanismo neurochimico coinvolto in tali modificazioni, una delle ipotesi più comuni è che questi traccianti competano con la dopamina endogena per il legame ai recettori dopaminergici e di conseguenza una variazione di concentrazione di dopamina modifichi la frazione di tracciante legata ai recettori. Tuttavia, altri meccanismi neurobiologici, inclusa l’inter- nalizzazione recettoriale sono in corso di valutazione2. Di particolare interesse è poi l’applicazione di questa strategia di indagine allo studio della comunicazione inter-neuronale e degli effetti indotti sull’at- tività del sistema dopaminergico da parte di farmaci attivi sul sistema stesso come l’amfetamina (attivatore) o l’alfa-metil-para-tirosina (inibitore) o su altri sistemi di neurotrasmissione (GABAergico, serotoninergico, glutamater- gico)2-5. Recentemente questa strategia è stata applicata anche allo studio in vivo della modulazione del rilascio di dopamina indotta da stimoli cognitivi o comportamentali6 o alla valutazione dell’attività del sistema dopaminergi- co nei pazienti schizofrenici7. Per lo studio degli altri sistemi di trasmissione, incluso il serotoninergico ed il colinergico, esiste un numero elevato di traccianti PET che permettono di studiare diverse proteine neuronali espresse sia a livello pre- che post-sinap- tico. Solo poche molecole invece sono state caratterizzate e applicate per gli studi SPECT. Il motivo di tale discrepanza è dovuto alla maggior facilità di intro- durre nella struttura della molecola un atomo di C-11 o di F-18 senza alterar- ne la funzionalità biologica, piuttosto che un atomo di I-123 caratterizzato da un elevato ingombro sterico e da un netto aumento della lipofilia della mole- cola in cui viene introdotto. RILIEVI NEUROFUNZIONALI IN CORSO DI SCHIZOFRENIA Risale alla fine degli anni Quaranta la prima applicazione di una metodica di indagine funzionale del Sistema Nervoso Centrale finalizzata alla valutazio- ne del flusso sanguigno e del metabolismo cerebrale nei disturbi psichiatrici. Il lavoro di Kety e Smith8, mediante l’inalazione di protossido di azoto, 290
misurò in termini quantitativi il flusso ematico cerebrale totale in un gruppo di soggetti affetti da schizofrenia. Indipendentemente dal risultato di questo primo studio, che non aveva peraltro evidenziato differenze significative nei soggetti affetti da malattia rispetto ai soggetti di controllo e che presentava il limite intrinseco di non poter indagare il flusso a livello distrettuale ma solo in termini globali, va dato il merito agli Autori di avere stimolato il successi- vo sviluppo di metodiche più raffinate per la misurazione del flusso ematico MORFOFUNZIONALE DEL CERVELLO e del metabolismo cerebrale. I primi lavori SPECT sul flusso ematico cerebrale regionale (rCBF) in corso CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA di schizofrenia tendevano ad esaminare pazienti cronici ed a valutare i pazienti nel cosiddetto “stato di riposo”. Il primo di questi, condotto da Ing- E POTENZIALI APPLICAZIONI var e Franzen a metà degli anni Settanta mediante l’iniezione intracarotidea di Xenon 133, permise di evidenziare nei soggetti schizofrenici una riduzio- ne del rapporto tra flusso ematico frontale e flusso cerebrale totale. Questa anomalia di flusso inoltre risultò essere associata a variabili clinico-sintoma- tologiche quali l’indifferenza affettiva e l’anergia9. Il riscontro di un ridotto rCBF in condizioni di riposo (ipofrontalità) appare a tutt’oggi come il reper- ESPLORAZIONE to funzionale più replicato nei disturbi schizofrenici tra quelli riportati con metodica SPECT10-14, sebbene non manchino risultati contrastanti15,16. 4:2002; 287-301 Il reperto di ipofrontalità sembra essere però evidente soprattutto durante lo svolgimento di test cognitivi specifici per tale area. Il test più utilizzato in questo ambito di ricerca come paradigma di attivazione è il Wisconsin Card NÓOς Sorting Test (WCST), test la cui esecuzione richiede l’attivazione della cor- teccia prefrontale dorsolaterale e notoriamente deficitario nei pazienti schi- zofrenici. Mentre nei soggetti sani l’esecuzione del test determina un aumen- to del flusso in sede frontale, nei pazienti schizofrenici è stato evidenziato come questo non accada se non in misura assai modesta17,18. Figura 1. Esempio di ipofrontalità indagata con SPECT in un paziente con schizofrenia (riga inferiore) rispetto ad un controllo sano (in alto). 291
NÓOςς Questo dato è stato successivamente replicato da diversi gruppi che hanno utilizzato lo stesso paradigma di attivazione analizzando pazienti con schizo- frenia sia acuta che cronica12,13,19,20. Sulla scorta di queste evidenze, altri gruppi di ricerca hanno impiegato test cognitivi diversi dal WCST per valuta- re le anomalie funzionali del lobo frontale in corso di schizofrenia. Studi SPECT condotti durante l’esecuzione della Tower of London (test che attiva la corteccia frontomesiale sinistra)21 e del Test di Fluenza Verbale (test di A. VITA - R.M. MORESCO - L. DE PERI produzione verbale che attiva le aree frontali dell’emisfero di sinistra)22 con- fermarono come i soggetti affetti da schizofrenia si mostrino incapaci di atti- vare normalmente la corteccia frontale. Inoltre, è stato riportato come in un M. DIECI - A. ROLLA - F. FAZIO campione di gemelli monozigoti discordanti per schizofrenia il gemello APPLICAZIONI CLINICHE E DI RICERCA affetto mostrasse costantemente una ridotta attivazione del flusso in sede SPECT E PET NELLA SCHIZOFRENIA: frontale19,20. Il reperto di ipofrontalità osservabile nei soggetti schizofrenici è verosimil- mente una anomalia ad insorgenza precoce, presente sin dalle prime fasi della malattia, come dimostrato dal riscontro delle stesse alterazioni in sog- getti al primo ricovero o affetti da disturbo schizofreniforme valutati sia in condizioni di riposo sia durante l’esecuzione del test (WCST)23. È necessario sottolineare che le alterazioni funzionali a carico della corteccia frontale non sono imputabili alla terapia con neurolettici, come dimostrato dal riscontro di un decremento del rCBF sia in soggetti drug-naïve (soggetti mai precedente- mente trattati con neurolettici) che drug-free (soggetti che hanno interrotto il trattamento prima dell’ingresso nello studio)14,21,23. Non mancano tuttavia risultati contrastanti che mostrano nello stesso tipo di pazienti un aumento dell’uptake dei traccianti di flusso a livello della cortec- cia prefrontale15,24. Figura 2. Evidenza di una carente attivazione della DLPFC (riga inferiore) in un paziente con schizofrenia (colonna destra) rispetto al cogemello monozigote sano (colonna sinistra) (Weinberger et al., 1992). 292
Sul piano sintomatologico il reperto di una riduzione del rCBF in sede fron- tale è stata correlata con la presenza di una sintomatologia prevalentemente negativa9,21,24. Diversamente, i sintomi positivi sono risultati correlati sia ad un aumentato flusso sia ad un quadro di ipoperfusione frontale; la variabilità dei pattern di flusso e metabolismo in relazione al quadro sintomatologico potrebbe contribuire a spiegare la non uniformità dei risultati osservati in soggetti schizofrenici. MORFOFUNZIONALE DEL CERVELLO Oltre alla riduzione del rCBF in sede frontale sono state descritte altre ano- malie quali un aumentato flusso nei gangli della base in pazienti affetti da CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA schizofrenia cronica. Questo dato appare tuttavia secondario alla terapia con farmaci antipsicotici, in quanto non evidenziabile in pazienti drug-naïve14. E POTENZIALI APPLICAZIONI Una riduzione del rCBF in sede temporale è stata invece dimostrata sia in pazienti non trattati14,15, sia in pazienti sottoposti a terapia farmacologica con neurolettici, ed è risultata correlata con la severità dei sintomi positivi25. Gli studi di metabolismo con metodica PET in corso di schizofrenia hanno almeno in parte confermato il rilievo di ipofrontalità in corso di schizofrenia, evidenziando una riduzione dell’uptake del 2-deossiglucosio in condizioni di ESPLORAZIONE riposo26,27. Anche in questi studi non mancano dati negativi indicativi sia di un metabolismo normale28, sia addirittura di un metabolismo aumentato in 4:2002; 287-301 pazienti schizofrenici rispetto a soggetti sani29. Inoltre, uno studio condotto sia su un campione di soggetti schizofrenici drug-naïve sia su uno in tratta- mento farmacologico, non ha mostrato una diminuzione del metabolismo glucidico dei pazienti in area frontale rispetto a controlli sani30. NÓOς Alcuni studi PET sono stati inoltre condotti durante l’esecuzione di test cognitivi: sono stati evidenziati sia tassi metabolici ridotti in soggetti schizo- frenici rispetto a controlli sani nella corteccia prefrontale durante l’esecuzio- ne di test di discriminazione uditiva31 sia una condizione di aumentato meta- bolismo nella corteccia cerebrale dell’emisfero sinistro associato ad una maggiore gravità sintomatologica28. A differenza di quanto osservabile in individui sani, in corso di schizofrenia è stata inoltre evidenziata una riduzio- ne del flusso ematico regionale della corteccia prefrontale e del talamo nel- l’emisfero di destra durante compiti di riconoscimento visivo di oggetti ed un incremento di rCBF nella corteccia prefrontale sinistra durante il riconosci- mento di stimoli visivi precedentemente somministrati32. I dati relativi al metabolismo di altre aree sottocorticali, concordemente a quanto evidenziato dagli studi di rCBF con SPECT, riportano un aumentato metabolismo del talamo e dei nuclei della base nei soggetti schizofrenici sot- toposti a trattamento farmacologico, mentre i valori non si discostano da quelli dei controlli sani in soggetti non trattati con neurolettici33,34. L’associazione tra quadri metabolici e di flusso indagati con metodica PET e variabili cliniche, ha evidenziato anche in questo caso una associazione tra sintomatologia negativa e ipofrontalità in condizioni di riposo, sia in pazienti sottoposti a trattamento farmacologico35 sia in soggetti in wash-out farmaco- logico27,36. Un interessante contributo a questo tipo di indagine è stato fornito dal lavoro di Liddle e coll.37 nel quale gli Autori hanno evidenziato una correlazione tra cluster sintomatologici osservabili in pazienti schizofrenici cronici (psycho- 293
NÓOςς motor poverty, disorganisation e reality distortion) e pattern specifici di rCBF. La psychomotor poverty (una sindrome che include: alogia, appiatti- mento affettivo e riduzione dei movimenti spontanei) è stata associata a una ridotta perfusione della corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra. La disor- ganisation (che contempla i disturbi formali del pensiero ed affettività inap- propriata) è stata ricondotta a un diminuito flusso ematico in corrispondenza della corteccia prefrontale ventrale destra; mentre la reality distortion (deliri A. VITA - R.M. MORESCO - L. DE PERI e allucinazioni) ad un incremento della perfusione nel lobo temporale e nelle sue strutture mesiali dell’emisfero di sinistra. Studi PET hanno inoltre permesso di evidenziare un anomalo funzionamento M. DIECI - A. ROLLA - F. FAZIO delle connessioni fronto-temporali in soggetti affetti da schizofrenia. A diffe- APPLICAZIONI CLINICHE E DI RICERCA renza di quanto osservabile in individui sani, nei soggetti affetti dalla malat- SPECT E PET NELLA SCHIZOFRENIA: tia non è osservabile una soppressione dell’attività della corteccia temporale di sinistra in relazione ad un incremento dell’attività della corteccia prefron- tale durante l’esecuzione di compiti di generazione di parole. Questo pattern funzionale risulterebbe associato ad una analoga condizione di incremento dell’attività corticale in sede temporale38. Un capitolo a parte è quello dagli effetti metabolici indotti dai farmaci anti- psicotici. I farmaci neurolettici tradizionali determinano un aumento del metabolismo nei gangli della base33,39 ed una diminuzione del metabolismo corticale, in particolare frontale33,39-42. Figura 3. Variazioni di flusso in condizioni di riposo nella DLPFC indotte dopo 3 settimane di terapia da aloperidolo (in alto) e risperidone (in basso) (Miller et al., 2001). 294
Gli antipsicotici atipici determinano a loro volta una diminuzione del meta- bolismo frontale43 ma di minore entità rispetto ai tipici44 ed un aumento di minore entità rispetto ai tipici44 o addirittura nessun effetto43 sui gangli della base. Queste differenze tra farmaci tipici ed atipici contribuiscono a chiarire sia il differente profilo di efficacia sia di collateralità di questi farmaci. MORFOFUNZIONALE DEL CERVELLO Benché i dati di letteratura SPECT e PET in corso di schizofrenia non siano univoci è possibile tentare la seguente sintesi: CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA ♦ in condizioni di riposo esiste un deficit metabolico in sede frontale assai E POTENZIALI APPLICAZIONI modesto e probabilmente per questo non evidenziabile in tutti gli studi; ♦ durante test di attivazione cognitiva di aree frontali e particolarmente pre- frontali risulta molto più evidente il rilievo di una ridotta attivazione corti- cale. ♦ ciò che sembra inoltre emergere da un corpo di studi sempre più vasto e specifico è la presenza in corso di schizofrenia di pattern di attivazione corticale anomali in relazione a diversi stimoli; ESPLORAZIONE ♦ è dimostrata la capacità dei farmaci antipsicotici di modificare i pattern 4:2002; 287-301 metabolici cerebrali ed inoltre una diversa modulazione dei farmaci atipi- ci rispetto agli antipsicotici convenzionali sia sul metabolismo cerebrale sia sui pattern di attivazione corticale45. NÓOς RILIEVI NEUROCHIMICI E NEUROFARMACOLOGICI IN CORSO DI SCHIZOFRENIA Neurochimica Come già affermato, mediante la PET o la SPECT è possibile trasferire all’uomo protocolli sperimentali di neurochimica e neurofarmacologia che in precedenza era possibile applicare esclusivamente a modelli animali o a studi in vitro. Questo è di primaria importanza nello studio dell’encefalo ed in par- ticolare nella caratterizzazione del meccanismo d’azione dei farmaci neu- roattivi e nella comprensione delle disfunzioni molecolari presenti nelle patologie psichiatriche. Infatti molte delle ipotesi sulle alterazioni neurochi- miche presenti nelle malattie di origine neuropsichiatrica e sui meccanismi d’azione dei farmaci, derivano da studi su marcatori periferici dell’attività del SNC quali i recettori di piastrine e leucociti, da studi post-mortem su reperti autoptici o da modelli animali di patologia. La PET è stata ampiamente utilizzata per lo studio dell’integrità neuronale in diverse patologie neurologiche quali le demenze, i disturbi extrapiramidali, le epilessie e le malattie cerebrovascolari. In particolare l’uso di questa meto- dica ha permesso di individuare specifiche alterazioni dei neuroni nigro- striatali presenti nei diversi disturbi extrapiramidali. Per quanto riguarda le malattie psichiatriche e in particolare la schizofrenia i dati sinora emersi non sono affatto conclusivi. In particolare, gli studi sul 295
NÓOςς coinvolgimento di specifiche classi recettoriali come i recettori D2 per la dopamina o 5HT2 per la serotonina, non hanno fornito particolari chiarimenti sull’eziopatogenesi del disturbo. Gli studi sui recettori dopaminergici D2, riassunti di recente in due studi retrospettivi, indicano che questa classe di recettori è solo modestamente coinvolta nella patologia nel senso di un loro incremento46,47. Allo stesso modo anche gli studi del recettore serotoninergico 5HT2 non hanno portato a A. VITA - R.M. MORESCO - L. DE PERI risultati definitivi. Infatti, la maggior parte dei dati in vitro indicherebbero una ridotta espressione recettoriale nella corteccia dei pazienti schizofrenici, mentre solo uno studio PET tra quelli eseguiti sinora confermerebbero tale riduzione48. È chiaro che in una patologia in cui la precisa definizione clinica M. DIECI - A. ROLLA - F. FAZIO APPLICAZIONI CLINICHE E DI RICERCA e soprattutto il raggruppamento dei pazienti in specifiche coorti sintomatolo- SPECT E PET NELLA SCHIZOFRENIA: giche è tuttora in discussione ed è ben difficile arrivare ad una chiara valuta- zione neurochimica. Un ulteriore problema nasce dalla disomogeneità dei disegni degli studi in termini di sospensione del trattamento pregresso e dalle variazioni biologiche residue indotte dai precedenti trattamenti. Di maggior rilievo sono i risultati degli studi funzionali sul sistema dopami- nergico utilizzando [11C]raclopride o [123I]IBZM come traccianti. Infatti, uti- lizzando questa strategia di indagine è stato possibile confermare l’ipotesi formulata da Grace secondo la quale nei pazienti schizofrenici sarebbe dimo- strabile una ipersensibilità agli stimoli del sistema dopaminergico. Inoltre l’aumentato rilascio di dopamina indotto da stimolazione con amfetamina è correlato alla presenza di sintomatologia psicotica49. Dall’analisi dei dati risulta che l’iperattività dopaminergica non si evidenzia nei periodi di stabi- lizzazione farmacologica e non è indotta da modifiche secondarie ai tratta- menti farmacologici pregressi. Secondo quanto affermato da Laruelle in una recente revisione critica della problematica, l’iperattività osservata sarebbe la risultante di un processo di sensibilizzazione dei neuroni dopaminergici secondario ad una disregolazione della corteccia prefrontale2. Aspetti farmacologici Come si è detto, lo sviluppo della tomografia ad emissione ha permesso di studiare in vivo i livelli di occupazione recettoriale indotti da un farmaco somministrato in dosi terapeutiche. Gli studi di occupazione dei recettori dopaminergici di tipo D2 condotti sui neurolettici tipici, hanno permesso di identificare una precisa finestra terapeutica basata non sui livelli ematici rag- giunti dallo specifico farmaco somministrato ma bensì sui livelli di occupa- zione dei recettori D2. In particolare, usando la PET e la [11C]raclopride come tracciante, è stata individuata una finestra terapeutica compresa tra il 60 e l’80% di occupazione D2, in grado di distinguere la soglia clinica di atti- vità terapeutica (>60%) da quella di insorgenza degli effetti extrapiramidali (>80%)50. Tuttavia, l’osservazione che la clozapina risulta comunque attiva per livelli di occupazione recettoriale decisamente inferiori (20-30% a dosi clinicamente efficaci) e la sempre maggiore diffusione di farmaci ad attività polirecettoriale definiti come antipsicotici atipici, ha reso necessaria la rifor- 296
mulazione della teoria sviluppata da Farde sull’occupazione dei recettori D2 ed ha giustificato la diffusione di numerosi studi di tomografia ad emissione rivolti alla comprensione biologica del meccanismo d’azione degli antipsico- tici atipici51. Gli studi sulla correlazione in vitro tra i livelli di occupazione dei recettori dopaminergici D2 e dei recettori serotoninergici 5HT2 e l’attività clinica dei neurolettici52-54 portarono a formulare l’ipotesi che quello che caratterizzava MORFOFUNZIONALE DEL CERVELLO la nuova classe di farmaci era la doppia azione sulle due classi recettoriali. In particolare, il simultaneo blocco D2-5HT2 e soprattutto un rapporto D2- CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA 5HT2 a favore di questi ultimi, poteva spiegare sia la minore insorgenza di effetti extrapiramidali che la maggiore attività delle nuove molecole sui sin- E POTENZIALI APPLICAZIONI tomi negativi. La potenza dei neurolettici tipici e atipici, inclusi aloperidolo, risperidone, clozapina e olanzapina, sui recettori D2 e 5HT2 ed il relativo rapporto di occupazione recettoriale a dosi terapeutiche sono stati ampiamente studiati in vitro e in vivo mediante PET o SPET55,56. I risultati di questi studi indica- no che a dosi terapeutiche la frazione di recettori 5HT2 occupata dai neuro- ESPLORAZIONE lettici tipici è omogenea e pari a circa il 70-80%, mentre l’attività sui recet- tori D2 è altamente eterogenea. Studi PET effettuati con raclopride hanno 4:2002; 287-301 dimostrato che la potenza dopaminergica in vivo di risperidone e olanzapina (66% e 80%) è nettamente superiore a quella della clozapina (16%) ed hanno portato ad ipotizzare che l’elevato rapporto 5HT2/D2 osservato nel caso della clozapina potesse spiegarne la bassa incidenza di effetti extrapira- NÓOς midali57,58. Tuttavia il coinvolgimento dei recettori 5HT2 nella protezione dall’insorgenza di effetti extrapiramidali è stato recentemente criticato da diversi autori59-61. Diverse ipotesi che potessero spiegare il particolare mec- canismo d’azione di questa eterogenea classe di composti sono state via via formulate. Oltre che all’attività sui recettori 5HT2a, sono state considerate la selettività regionale sui recettori dopaminergici espressi a livello delle affe- renze dopaminergiche mesocorticali. Tuttavia questa ipotesi è tuttora in discussione: dagli studi disponibili risulta infatti sia una azione selettiva da parte degli atipici sui recettori corticali che una totale mancanza di selettività62-67. Infine Kapur e Seeman hanno proposto di recente che il fattore biologico che caratterizza gli antipsicotici atipici - e potrebbe spiegare sia la ridotta incidenza di effetti extrapiramidali che l’attività clinica sui sintomi negativi - è la loro rapida cinetica di dissociazione recettoriale59. Secondo gli autori, questo fattore consentirebbe di mantenere una attivazione “fisiologica” del recettore senza raggiungere livelli che potrebbero provocare effetti motori. Questa ipotesi deriva oltre che da studi in vitro anche da studi in vivo sulle cinetiche di rilascio della prolattina e da studi PET di cinetica di legame. Infatti, considerando ad esempio la cinetica di occupazione recettoriale della quetiapina si osserva che, mentre all’inizio questo farmaco blocca circa il 67% di recettori D2, a 12 ore dalla somministrazione i livelli di occupazione recettoriale scendono drasticamente al disotto del 20-30% arrivando quindi a quelli osservati per la clozapina. Questa ipotesi escluderebbe tuttavia qual- siasi ruolo dei recettori 5HT2 nell’attività terapeutica degli atipici. 297
NÓOςς In conclusione, il blocco D2 selettivo sarebbe necessario e sufficiente, se associato ad una rapida cinetica di dissociazione, a spiegare la cosiddetta “atipicità” dei neurolettici più recenti. È chiaro che, data l’eterogenea attività biologica di queste molecole, ben difficilmente potranno essere formulate ipotesi conclusive fino a che non verrà indagato il loro effetto molecolare diretto o indiretto esercitato su diversi sistemi di trasmissione o su specifiche sottoclassi recettoriali che man mano vengono identificate come possibili A. VITA - R.M. MORESCO - L. DE PERI target neurochimici67,68. M. DIECI - A. ROLLA - F. FAZIO APPLICAZIONI CLINICHE E DI RICERCA Bibliografia SPECT E PET NELLA SCHIZOFRENIA: 1. Fox PT, Mintun MA, Raichle ME, Herscovitch PA. Noninvasive Approach to Quantitative Functional Brain Mapping with H215O and Positron Emission Tomography. J Cereb Blood Flow Metab 1984; 4: 329-33. 2. Laruelle M. Imaging synaptic neurotransmission with in vivo binding competition techni- ques: a critical review. J Cereb Blood Flow Metab 2000; 20(3): 423-51. 3. Moresco RM, Loc’h C, Ottaviani M, et al. Effects of dopamine on the in vivo binding of dopamine D2 receptor radioligands in rat striatum. Nucl Med Biol 1999; 26(1): 91-8. 4. Dewey SL, Smith GS, Logan J, et al. Effects of central cholinergic blockade on striatal dopamine release measured with positron emission tomography in normal human subjects. Proc Natl Acad Sci USA 1993; 90(24): 11816-20. 5. Dewey SL, Smith GS, Logan J, et al. GABAergic inhibition of endogenous dopamine release measured in vivo with 11C-raclopride and positron emission tomography. J Neurosci 1992; 12(10): 3773-80. 6. Koepp MJ, Gunn RN, Lawrence AD, et al. Evidence for striatal dopamine release during a videogame. Nature 1998; 393(6682): 266-8. 7. Laruelle M. The role of endogenous sensitization in the pathophysiology of schizophrenia: implications from recent brain imaging studies. Brain Res Brain Res Rev 2000; 31(2-3): 371- 84. 8. Kety SS, Woodford RB, Harmell MH, Freyhan FA, Apel KE, Smith CF. Cerebral blood flow and metabolism in schizophrenia: the effects of barbiturate semi-narcosis, insulin coma and electroshock. Am J Psychiatry 1948; 104: 765-770. 9. Ingvar DH, Frenzen G. Abnormalitis of cerebral blood flow distribution in patients with chronic in schizophrenia. Acta Psychiatr Scand 1974; 50: 425-62. 10. Andreasen NC. Evaluation of brain imaging techniques in mental illness. Annu Rev Med 1988; 39: 335-45. 11. Wood FB, Flowers DL. Hypofrontal vs hypo-Sylvian blood flow in schizophrenia. Schi- zophr Bull 1990; 16: 413-24. 12. Paulman RG, Devous MD Sr, Gregory RR, et al. Hypofrontality and cognitive impairment in schizophrenia: dynamic single-photon tomography and neuropsychological assessment of schizophrenic brain function. Biol Psychiatry 1990; 27(4): 377-99. 13. Rubin P, Vorstrup S, Hemmingsen R, et al. Neurological abnormalities in patients with schizophrenia or schizophreniform disorder at first admission to hospital: correlations with computerized tomography and regional cerebral blood flow findings. Acta Psychiatr Scand 1994; 90(5): 385-90. 14. Vita A, Bressi S, Perani D, et al. High-resolution SPECT study of regional cerebral blood flow in drug-free and drug-naïve schizophrenic patients. Am J Psychiatry 1995; 152(6): 876- 82. 15. Catafau AM, Parellada E, Lomena FJ, et al. Prefrontal and temporal blood flow in schi- zophrenia: resting and activation technetium-99m-HMPAO SPECT patterns in young neuro- leptic-naive patients with acute disease. J Nucl Med 1994; 35(6): 935-41. 298
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