SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina

Pagina creata da Aurora Palmieri
 
CONTINUA A LEGGERE
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
in collaborazione con

Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali ETS

                                                            VADEMECUM
                                                            SOS UCRAINA
                                                            Un dispositivo creato da Psicologi e
                                                            Mediatori per l’emergenza Ucraina

                                                                    Bando Traguardi Solidali

                                                                       Maggior sostenitore:
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
PREMESSA

A.M.M.I. nella frontline dell’emergenza Ucraina
In emergenza bisogna salvare! Nell’immediato indispensabilmente la
vita, ma una volta fuori pericolo, bisogna salvare anche ciò che resta
degli assets e i patrimoni, del futuro delle persone.
Si costruiscono nuove identità, si ripristinano percorsi e/o si avviano
nuovi orizzonti generando ulteriori strumenti di supporto. Perché
la guerra non solo uccide; ma mette anche in ginocchio identità e
dignità delle persone che ne sopravvivono, annullando condizioni
sociali e professionali.
La risposta umanitaria ai bisogni primari diventa però debole senza
interventi di accompagnamento e sostegno alla (ri)costruzione
del contesto distrutto, ma soprattutto delle persone nell’ampio
significato del concetto: ripristino dell’identità sociale, educativa e
professionale dell’individuo, vittima dell’emergenza.
In A.M.M.I., da mediatori interculturali che attivano il dispositivo
di mediazione nell’ambito di un team multidisciplinare pluri-
competente, siamo il vettore che mette in connessione, attori, servizi
e risorse sul territorio in una rete finalizzata a costruire, mattone per
mattone, percorsi di inclusione e accesso ai diritti garantiti per legge
in Italia.
Il progetto SOS UCRAINA riflette pienamente questa nostra mission e
si iscrive tra gli interventi frontline di A.M.M.I. a favore dei richiedenti
di protezione di nazionalità ucraina, insieme alla formazione degli
operatori pubblici e della Croce Rossa e alla mediazione interculturale
on call su richiesta del territorio, dalle scuole, agli ospedali, alle
istituzioni locali.
Perché proprio come il concetto del Nexus*, non c’è salvezza fino
in fondo senza un ripristino e uno sviluppo del dopo; con ciò che
rimane o con un reinventarsi della propria identità.
Ana Ciuban, Trainer in Mediazione Interculturale e Vicepresidente A.M.M.I.
Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali

*Nexus: concetto in cooperazione internazionale che presuppone la collaborazione tra gli attori
dell’umanitario (emergenza) e quelli dello sviluppo (post-emergenza).

2
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
INTRODUZIONE

Il progetto SOS UCRAINA è iniziato ufficialmente a giugno 2022
ed è terminato a febbraio 2023, è stato scritto interamente
dall’Associazione A.M.M.I. - Associazione Multietnica dei Mediatori
Interculturali in partenariato con l’Associazione di Volontariato
Psicologi nel Mondo - Torino. La prima attività del progetto è,
in realtà, partita subito dopo l’inizio del conflitto, a marzo 2022,
quando il gruppo di Ester Chicco, Presidentessa di Psicologi nel
Mondo - Torino e Alfredo Mela, hanno contattato l’Associazione
A.M.M.I. in modo da organizzare degli incontri di condivisione e
supervisione rivolti principalmente ai mediatori interculturali. Tale
proposta è nata in quanto avevano sperimentato questa tipologia
di incontri durante la Pandemia, con le insegnanti di alcune
scuole ed avevano riscontrato un’importante partecipazione,
indice dell’importanza di condividere e creare delle connessioni in
tempi di emergenza e crisi. Dopo qualche settimana gli operatori
di A.M.M.I. hanno riscontrato un grande bisogno di mediazione
interculturale considerato il gran numero di arrivi che si è registrato
nei mesi successivi al conflitto (circa 10.000 Fonte IL PIEMONTE PER
L’UCRAINA - Il PiemonteInforma). Pertanto, inerentemente al Bando
“Traiettorie Solidali” pubblicato dalla Fondazione Compagnia di San
Paolo, si è presentato un progetto che potesse offrire un maggior
numero di servizi. Le azioni presentate sono state definite proprio a
partire dagli incontri rivolti ai mediatori ed agli operatori impegnati
nell’emergenza, poiché la loro testimonianza e il loro racconto è
stato fondamentale nell’individuazione dei bisogni di contesto.
Le azioni erogate sono state:
1) creazione di gruppi di supervisione e supporto con mediatori
interculturali e altri operatori direttamente impegnati a supporto di
rifugiati provenienti dall’Ucraina; 2) attività di formazione AD HOC,
compresa di elementi di mediazione interculturale e informazione
generica sulla psicologia dell’emergenza; 3) supporto psicologico
individuale e di gruppo; 4) mediazione interculturale; 5) sostegno ai
mediatori interculturali di lingua ucraina che decideranno di avviare
tale attività professionale, aprendo la partita IVA; 6) attivazione
di laboratori di conversazione in italiano e segretariato sociale.
Quest’ultima azione è stata poi convertita in servizi offerti durante la
formazione e maggiori risorse disponibili per la scuola di lingua italiana.
                                                                          3
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
Oltre ad attività rivolte ad Enti e Servizi ci si è proposti di scrivere
    questo Vademecum per poter in primis raccontare le azioni messe
    in campo in modo da lasciare traccia di come si può far fronte alle
    situazioni di emergenza, di una possibile metodologia e delle criticità
    che si possono incontrare, ma soprattutto, per dar voce ai mediatori
    interculturali, i quali più che mai in questo momento, sono coinvolti
    personalmente nell’ascolto e nel gestire il ruolo di ponte.
    Nel primo capitolo si parlerà dell’importanza di prendersi cura
    di chi cura e di ciò che è emerso dagli incontri con i mediatori/
    operatori; nel secondo capitolo una nostra mediatrice interculturale
    ci racconterà della sua esperienza in questi mesi di lavoro; nel terzo
    capitolo l’antropologa Simona Meriano, esperta in violenza di genere
    e traffico di esseri umani, descriverà l’importanza del lavoro su di sé
    nei contesti in cui operiamo, in riferimento alla formazione ad hoc
    rivolta agli interpreti; il quarto capitolo ci descriverà i laboratori di
    inclusione svolti presso l’Istituto Comprensivo “Via Sidoli” che rientra
    nell’azione 3 “sostegno psicologico di gruppo”; nel quinto capitolo
    si parlerà delle caratteristiche generali dei percorsi di sostegno
    psicologico erogati e verrà illustrato anche un caso; nel sesto
    capitolo, il gruppo di insegnanti e volontari parlerà dell’esperienza
    dei laboratori di lingua italiana e infine vi sono le conclusioni.
    Speriamo che la lettura di questo breve scritto possa rendere la
    complessità del progetto svolto e testimoniare la passione che ogni
    collaboratore ha messo nel proprio lavoro.
    Simona Torrente, Psicologa e Psicoterapeuta, project manager di SOS UCRAINA
    e collaboratrice di A.M.M.I. - Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali

4
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
prendersi cura di chi cura
                          Le caratteristiche di questa emergenza
Il progetto ha previsto come prima azione degli incontri di
supervisione/condivisione, rivolti principalmente ai mediatori
interculturali, ma estesi anche a tutti gli operatori coinvolti
nell’accoglienza di nuclei provenienti dall’Ucraina. Gli incontri si
sono svolti circa ogni due settimane nel corso di 10 mesi in modalità
prevalentemente online, poiché gli operatori operano su un territorio
molto vasto ed è stato difficile trovare un luogo che potesse essere
raggiungibile per tutti. Ogni incontro è durato due ore ciascuno e
sono stati condotti sempre da una professionista di A.M.M.I. e una di
Psicologi nel Mondo. Il gruppo è stato eterogeneo in quanto hanno
partecipato sia operatori provenienti da vari servizi sia Pubblici sia
Privati e, ovviamente, molti mediatori/interpreti.
Tali incontri sono stati fondamentali per diverse ragioni. Oltre,
infatti, al sostegno emotivo e alla possibilità di significazione e
contestualizzazione di ciò che ogni operatore, in particolare il
mediatore, stava vivendo, ci ha permesso in primis di comprendere le
caratteristiche di questa emergenza ed i bisogni delle persone accolte
nel Territorio. Ogni flusso migratorio, infatti, ha le sue specificità
e peculiarità che variano a seconda del paese di provenienza, del
tipo di migrazione, volontaria o forzata, dal paese ospitante e dalle
sue risorse umane ed economiche e dalle leggi che dispongono le
pratiche burocratiche per il rilascio dei Permessi di Soggiorno.
Le informazioni raccolte durante gli incontri sono state fondamentali
alla direzione delle azioni disposte dal progetto e al trattamento
specifico dei disagi emersi nelle prese in carico psicologiche e
negli interventi nelle varie Istituzioni. Nello specifico, quindi, i temi
principali emersi durante gli incontri sono: la mancanza di un progetto
migratorio delle famiglie attualmente accolte, la difficoltà dei bambini
e soprattutto degli adolescenti di frequentare la scuola, la dispersione
delle informazioni e, infine, il coinvolgimento emotivo dei mediatori.
Il primo tema, ovvero la mancanza di un progetto migratorio è stato
sicuramente il più ricorrente durante tutti gli incontri.
Chi scappa da Paesi africani o asiatici, come si registra nelle
Accoglienze Straordinarie gestite dalla Prefettura, è disposta a
non tornare più a casa pur di restare in Europa. Ciò comporta una
grande motivazione a radicarsi sul Territorio che favorisce l’adesione
a percorsi scolastici e di inserimento nel tessuto sociale italiano.
                                                                        5
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
Le famiglie ucraine, invece, hanno un progetto totalmente differente:
    per loro l’Italia, e L’Europa in generale, sono una casa transitoria, in
    cui attendere al sicuro la possibilità di tornare in Paese, dalle proprie
    famiglie e spesso dai propri mariti, una volta cessato il conflitto.
    L’attesa e l’indecisione tra il rimanere e il ritornare sono, quindi, temi
    quotidiani per gli operatori e le mediatrici che lavorano nei contesti
    di accoglienza e che rendono estremamente difficile la costruzione
    di un progetto di integrazione. Questa oscillazione è presente altresì
    sull’umore delle persone ucraine accolte. Rimanere in Europa è
    sicuramente un’opzione favorevole sotto molti punti di vista, ed in
    alcuni casi l’unica opzione, ma lo stare bene e il radicarsi qua, per
    molti, porta con sé un senso di colpa e di tradimento nei confronti di
    chi è rimasto a casa a combattere e resistere.
    L’oscillazione quindi, non è solo dovuta a fattori esterni, come
    l’andamento del conflitto, ma bensì anche da fattori interni come
    quanto pesa la separazione con la Terra e la famiglia d’origine e la
    condizione dei propri famigliari (Sayad, 2016). Tale tema è la causa della
    difficoltà dei bambini e soprattutto degli adolescenti a frequentare
    la scuola, problema riscontrato soprattutto a partire da settembre
    2022. Molti di loro, infatti, rifiutano di andare a scuola o di imparare
    la lingua italiana, in primis proprio perché vivono l’oscillazione delle
    mamme tra il desiderio di ricostruire una vita qui e il bisogno di
    ritornare dai cari in Ucraina. Inoltre, chi ha esperienza nel lavoro con
    i migranti sa bene quanto può essere difficile imparare una lingua
    nuova. Questa è, infatti, intrinsecamente legata alla definizione di chi
    siamo e di come ci rapportiamo con il mondo. L’apprendimento che
    di per sé è legato ad una perdita di una conoscenza vecchia in favore
    di una nuova, richiede dunque una disponibilità a lasciar andare una
    parte di sé al fine di mettere in gioco nuove parti (Boszormenyi-nagy
    e Spark, 1988). Tale meccanismo, proprio per il suo forte legame con
    la nostra identità, può essere estremamente complesso per chi vive
    o ha vissuto una migrazione forzata. È importante precisare che
    molte delle famiglie accolte hanno uno o più minori a carico con
    disabilità, questo perché, come spesso accade nei Paesi in guerra,
    i primi che scappano solo coloro che presentano delle fragilità
    sanitarie. Pertanto i bambini e gli adolescenti ucraini sono chiamati
    all’arduo compito di inserirsi in un contesto pieno di diversità,
6
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
fisica, intellettiva e culturale unita alla precarietà del progetto
migratorio dei genitori (Bini, 2017). Da ciò ne deriva una grande
fatica da parte degli operatori a interagire con giovani adolescenti
arrabbiati o ritirati in sé stessi, a creare un ponte tra la famiglia
e la scuola ed a costruire il senso dell’andare a scuola in Italia.
Per ciò che riguarda la dispersione delle informazioni la criticità
più grande si è registrata nei nuclei con problemi sanitari gravi,
dovuto alle lunghe liste d’attesa, la difficoltà a tradurre il materiale
precedente in Italiano ed il complesso sistema burocratico.
Infine, un elemento di cui si è parlato molto è il coinvolgimento
del mediatore stesso. Tale elemento va riportato come parte
integrante delle caratteristiche dell’emergenza poiché a differenza
di altri flussi a cui abbiamo assistito negli anni precedenti, come ad
esempio l’emergenza afgana verificatasi circa un anno prima, tutti
mediatori sono stati coinvolti in prima persona dal conflitto: tutte
(per la maggior parte sono donne) hanno parenti in Ucraina e tutte
hanno dovuto affrontare situazioni familiari complesse, ospitare
partenti in fuga e affrontare perdite e lutti. Perciò come ha detto
una mediatrice che da tempo collabora con diverse organizzazioni
nel territorio torinese, ad un convegno organizzato da A.M.M.I.,
tenutosi lo scorso 2 dicembre dal titolo “Il corpo e la Terra”, che
aveva come fulcro proprio il tema della guerra in Ucraina e della
violenza di genere, “Ogni qualvolta che si richiede un intervento
di mediazione, oltre alla complessità del caso, bisogna aggiungere
anche il peso della nostra sofferenza e la fatica che stiamo facendo
ad assistere i nostri cari” citando Hanna Horina, mediatrice di A.M.M.I.
Simona Torrente, A.M.M.I. - Associazione Multietnica dei Mediatori
Interculturali

Bibliografia
Bini, E. (2017). Famiglie migranti con minori disabili. Prospettive inclusive
nel sistema socio-sanitario e scolastico italiano.
Boszormenyi Nagy, I., Spark, G. (1988). Lealtà invisibili.
La reciprocità nella terapia familiare intergenerazionale, Astrolabio.
Sayad, A. (2016). La double absence. Des illusions de l’émigré aux souffrances
de l’immigré. Média Diffusion.

                                                                                 7

      EMERGENZA
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
prendersi cura di chi cura
    Sostenere chi sostiene
    In ogni situazione di emergenza, come evidenzia l’esperienza
    accumulata dagli psicologi in molte situazioni di disastri, vi sono
    diverse categorie di vittime, esposte a molteplici rischi per la propria
    salute mentale. Tra queste, ovviamente si collocano in primo luogo
    le vittime dirette, vale a dire la popolazione colpita da una calamità
    naturale o, peggio, da un evento causato dall’azione umana. Subito
    dopo occorre considerare le persone che hanno legami emotivi
    profondi con le vittime dirette, in primo luogo i loro familiari ed
    amici. Ad un terzo livello, tuttavia, vanno posti anche i soccorritori,
    ovvero le persone che a vario titolo si prendono cura delle prime due
    categorie di vittime. In alcune situazioni esse stesse sono esposte a
    rischi anche mortali: si pensi a chi opera in zone di guerra o interviene
    ad estrarre le vittime di un terremoto da edifici pericolanti. Tuttavia,
    anche quando questi rischi per la salute fisica (o per la vita stessa)
    sono assenti, chi si prende cura di persone che sono state esposte
    ad eventi traumatici corre a sua volta il rischio di subire conseguenze
    psicologiche anche gravi, di essere colpito da depressione o da altri
    sintomi post-traumatici non dissimili da quelli delle altre vittime.
    Per questo è necessario che chi si prende cura degli altri ponga
    attenzione a prendersi cura anche di sé stesso. Chi si occupa dei
    profughi dell’Ucraina si trova esattamente in queste condizioni: deve
    aiutare persone fuggite da una guerra, che hanno subito spesso dei
    lutti e che hanno lasciato in patria persone care e sono in ansia per la
    loro sorte; ascoltano racconti di fatti terribili e di violenze inaudite;

8
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
oltre a ciò debbono spesso anche occuparsi di questioni pratiche e
di aspetti burocratici, in una situazione complessa che aumenta il
livello di stress.

D’altra parte, tra coloro che si prendono cura ci sono delle distinzioni
di cui tener conto (Sbattella, Tettamanzi, 2013). Alcuni sono dei
professionisti, che hanno una preparazione specifica non solo di
natura tecnica, ma anche emozionale: hanno competenze utili
ed un’esperienza ad operare nell’emergenza. Medici, psicologi,
infermieri, personale della protezione civile, ed anche mediatori
culturali, assistenti sociali ed altri ancora sono tra questi. Altri, invece,
sono volontari: nel caso dell’emergenza Ucraina vanno considerati
tra questi anche gli interpreti volontari che hanno affiancato i
mediatori culturali nell’opera di traduzione, senza avere ricevuto
analoga formazione. In questo caso, poi, c’è un’altra variabile da tener
presente: quella che dipende dall’essere o meno di origine ucraina.
A differenza degli italiani, i mediatori culturali e gli interpreti ucraini
non sono solo dei “soccorritori”: quasi sempre hanno un ulteriore
coinvolgimento emotivo, ancor più pressante, per il fatto di avere
parenti ed amici rimasti in patria e per condividere l’angoscia e la
rabbia per vedere il proprio paese coinvolto in una guerra, per di
più da parte di un altro paese con cui esistono elementi in comune.
Essi hanno un percorso migratorio che li ha condotti in Italia molto
diverso da quello di chi fugge dalla guerra e questo crea una distanza
che si sovrappone in modo complesso con la condivisione di una
lingua e di una tradizione culturale.

Per loro, dunque, è particolarmente importante poter parlare,
comunicare il proprio vissuto e le proprie emozioni, condividere
con altri le difficoltà incontrate nella propria attività professionale,
le strategie messe in atto per difendere la propria integrità psichica
ed anche i momenti di gioia e di soddisfazione per i risultati del
proprio lavoro. Questo richiede, tuttavia, un dispositivo adeguato
e quello più adatto alla situazione ci è sembrato un dispositivo di
gruppo, condotto da psicologi, con la presenza di una pluralità di
voci e di competenze. Un gruppo di parola, vincolato dall’obbligo
di riservatezza, con finalità non terapeutiche ma di prevenzione del
                                                                            9
SOS UCRAINA Bando Traguardi Solidali - Un dispositivo creato da Psicologi e Mediatori per l'emergenza Ucraina
disagio e di sostegno ai compiti professionali o di quelli liberamente
 assunti dai volontari. Del resto, la psicologia di comunità e le
 esperienze maturate in questo ambito hanno messo in luce
 l’importanza di un lavoro su sé stessi fatto in gruppo. Il gruppo
 permette di far avvertire a ciascuno un sostegno rappresentato da
 una piccola collettività, permette di comprendere che le proprie
 difficoltà sono condivise anche da altri, mette ciascuno a contatto
 con le strategie adottate dagli altri per far fronte ai problemi, ha in
 alcuni momenti anche una valenza formativa, grazie a spiegazioni
 proposte da chi conduce o da altri partecipanti.
 In sostanza, dunque, è uno strumento di rafforzamento della
 resilienza tanto a livello personale quanto anche a livello di gruppo
 e serve a consolidare una rete di sostegno sulla quale si sa di poter
 contare (Procentese, Novara, Esposito, 2022).
 Alfredo Mela, sociologo , Psicologi nel Mondo - Torino

 Bibliografia
 Procentese F., Novara C., Esposito F. 2022 Emergenze collettive, in C.
 Arcidiacono, N. De Piccoli, T. Mannarini, E. Marta (eds.) Psicologia di comunità,
 vol. 2, Metodologia, ricerca e intervento, pp. 120-135.
 Sbattella F., Tettamanzi, M. (2013), Fondamenti di psicologia dell’emergenza,
 Angeli, Milano.

10
la posizione del mediatore
Scegliere il mestiere della vita non è facile.
Il mediatore interculturale è una persona che svolge il suo lavoro
tra uno straniero ed un interlocutore italiano, cercando di aiutare il
primo a capire cosa vuole l’operatore per ottenere, ad esempio, un
documento o un servizio, per poi tradurre all’utente ciò che viene
rimandato. Spesso si pensa che per svolgere questa attività servano
pochi strumenti, giusto un po’ di conoscenze su come funzionano le
pratiche. Però per capire meglio la teoria dobbiamo fare la pratica
altrimenti tutto sembra così semplice e lineare. Solo nel momento
in cui si lavora, e si cerca di farlo nel miglior modo possibile, si inizia
a capire che cosa significa svolgere il vero ruolo del mediatore
interculturale, con tutte le sue sfide e difficoltà.

Quando mi confronto con i miei colleghi, e ci lamentiamo delle
difficoltà incontrate con le persone, ci dobbiamo ricordare che, se
uno straniero non avesse problemi relativi all’integrazione e alle
pratiche, il nostro mestiere sarebbe inutile. Quindi, dobbiamo essere
pronti a diverse difficoltà non solo burocratiche, ma anche personali
come pregiudizi, autostima e razzismo. Tener conto del peso dei
traumi psicologici che portano a depressione, dipendenze, dubbi,
incertezze ecc. che rendono il comportamento delle persone che ci
cercano instabile e ambivalente e che rischia di essere interpretato
come poco rispettoso. In tutto questo è fondamentale non perdere
di vista noi stessi e salvaguardare la nostra posizione e il nostro
mandato.

Perciò un mediatore non può, e non deve, essere da solo durante
interventi, infatti, di solito con lui lavorano diverse figure
come: operatori sociali, antropologi, assistenti sociali, Psicologi,
insegnanti, educatori, infermieri, educatori professionali, impiegati
amministrativi ed Avvocati.
Per riprendere ciò che la dott.ssa Meriano ci ha insegnato in questi
mesi di collaborazione insieme è importante capire chi siamo,
rimanere saldi con la nostra presenza e professionalità ed unire la
preparazione all’esperienza, perché per un determinato caso una
prassi può funzionare molto bene come non funzionare per nulla,
perciò si deve essere pronti a mettersi sempre in gioco.
                                                                          11
Io sono diventata mediatrice interculturale a ridosso dell’inizio
 della guerra in Ucraina. L’inizio del conflitto ci ha catapultati in una
 situazione di grande confusione: solo nei primi mesi sono arrivate più
 di 10.000 persone, ma in Piemonte eravamo solo 1000 residenti di cui
 pochissimi mediatori. Perciò la quantità di lavoro è stata moltissima
 e ci sono arrivate richieste di ogni tipo: dalla mamma con il figlio/a
 disabile che aveva bisogno di medicine a persone che cercavano
 di ricongiungersi con i familiari sparsi sul Territorio. Perciò abbiamo
 dovuto fin da subito, imparare a distinguere le richieste più urgenti e
 al contempo risolvibili, come succede in ogni emergenza.
 Conseguentemente, è stato importante mettere dei confini
 personali: mi sono spesso dovuta chiedere dove finisce la mediatrice
 interculturale e dove inizia la persona Iryna con i suoi bisogni. Perchè
 non potevo, e non posso tuttora, permettere che i sentimenti
 prendano il sopravvento.

 Questa emergenza ci ha quindi messo di fronte ad una grande
 difficoltà soprattutto per quanto riguarda la gestione delle emozioni.
 In particolare il vissuto più difficile è stato il senso di colpa e di
 tradimento: per essere qua e non vicina ai miei connazionali rimasti
 in Patria a combattere e per avere una posizione più agiata rispetto
 alle persone che stavano scappando. Tale aspetto è stato tra quelli
 che più di tutti ci ha messo in difficoltà nella gestione dei confini.
 Sotto questo aspetto è stato fondamentale l’aiuto offerto dagli
 incontri condotti da A.M.M.I. e Psicologi nel Mondo e una formazione
 specifica che ho svolto poco dopo l’inizio della guerra. In questa
 sede, riprendendo i concetti della Teoria Psicologica dell’Analisi
 Transazionale, mi è stato illustrato come nelle relazioni d’aiuto ci
 possiamo assumere nei confronti dell’altro tre diverse posizioni: il
 bambino, che è quello più istintivo e meno mediato, che si attiva
 con capricci e proteste per ottenere attenzione; l’adulto che è
 la nostra posizione più mediata e quella centrata sia sui bisogni
 dell’altro sia sui propri; e il genitore che è quello visto come buono
 e onnipotente, che si attiva in modo protettivo per difendere l’altro
 come se fosse “il suo piccolo bambino”. Questo passaggio è stato
 per me importantissimo, poiché ho capito che talvolta gli utenti
 assumono la posizione del bambino, perché sono indifesi e non sono
12

     MEDIAZIONE
in grado di effettuare richieste pensate, a causa della situazione di
emergenza in cui si trovano.
Quello che è fondamentale evitare, per noi mediatori, è di posizionarsi
nel ruolo genitoriale, poiché attivare il sistema di cure in modo così
forte per tutti è estenuante, e inoltre, il livello di protezione di un
genitore non può essere garantito e questo porta disillusione da
parte degli utenti e un grande senso di impotenza per noi. È quindi
importante stare nella posizione dell’adulto in modo da trattare
anche i beneficiari come adulti e favorire l’emersione delle loro
risorse. In ultimo, una delle più grandi sfide è quella di conquistare
la fiducia delle mamme e delle donne sfollate, poiché le persone che
scappano dalla guerra e che già si sentono tradite sotto molti punti
di vista, hanno difficoltà ad affidarsi a qualcuno di estraneo. Perciò è
stato importante, innanzitutto non rimanere sola e avere una rete di
professionisti disponibili ad intervenire, poiché il mediatore non può
fare tutto, e infine riuscire, attraverso un attento lavoro si di me a
trasmettere tranquillità e serenità.
Concludo dicendo che i professionisti non si nasce, ma si diventa
grazie all’esperienza e alle sconfitte che il mondo lavorativo mette
davanti a ognuno di noi.
Iryna Kupchyk, Mediatrice Interculturale, collaboratrice di A.M.M.I.
Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali

                                                                       13
‘
 Il lavoro su di sE

     Relazione di aiuto e lavoro su di sé
     Chiedersi “chi sono e cosa sto facendo” è il primo passo nella direzione
     del lavoro su di sé, dove presenza, attenzione e auto-osservazione
     rappresentano le parole chiave su cui si fonda una relazione di aiuto
     sana ed equilibrata.
     Nella misura in cui l’altro ci fa da specchio, nell’incontro dobbiamo
     necessariamente trovare il nostro centro, consapevoli che non
     possiamo impedire alle emozioni di attraversarci, né ai pensieri
     di prendere forma nella nostra mente, cosa che avviene spesso
     in modo automatico ed incontrollato. Che lo vogliamo o no, la
     relazione con l’altra persona fa vibrare il nostro corpo emotivo e
     le vibrazioni raggiungono lo spazio mentale, attivando pregiudizi
     e preoccupazioni. I pensieri sono legati alla dimensione temporale,
     evocano immagini, ricordi, sensazioni, e può risultare difficile
     distinguere ciò che ci appartiene da ciò che appartiene all’altro.
     La relazione di aiuto, soprattutto in situazioni estreme, per essere
     efficace ha bisogno di competenze e di preparazione, perché ci
     porta ad identificarci con le parti frantumate di chi ha subito traumi
     e violenze, per questa ragione è di fondamentale importanza
     mantenere la centratura su di sé. L’identificazione con la sofferenza
     dell’altro può causare malessere fisico, bloccare il plesso solare,
     provocare stati di ansia, reazioni del tutto normali, ma che vanno
     riconosciute e possibilmente condivise in gruppo o in supervisione.
     La sensazione negativa che sopraggiunge non va rifiutata, ma
     osservata in stato di presenza, con un approccio di tipo olistico, in
     cui la mediazione interculturale sia parte di un intervento articolato
     che coinvolga le diverse figure professionali della rete.
     Lavorare su di sé significa prima di tutto far luce sulla propria
     motivazione ad aiutare, diventare consapevoli che per mettersi
     in gioco in situazioni di disagio e sofferenza non basta la buona
     volontà, ma servono attenzione e capacità di centrarsi nel ruolo.
     Soltanto la presenza consente di sperimentare relazioni autentiche,
     non meccaniche e al contempo non confusive. Il senso del confine è
     un altro concetto fondamentale che richiede la massima attenzione:
     il contesto in cui avviene la relazione è un contesto specifico, che ha
     dei confini ben precisi nello spazio-tempo e che va delimitato anche
     nella propria sfera emotiva e affettiva nel momento in cui si accoglie
14

               RELAZIONE
l’altro, soprattutto se è della stessa cultura e provenienza. Nessuna
improvvisazione quindi, ma consapevolezza empatica e lavoro
permanente su di sé, aspetti sui quali il gruppo ha potuto riflettere,
sperimentandosi attraverso la condivisione e il gioco di ruolo.

In sintesi, i temi trattati durante l’incontro sono stati:
Presenza: partire sempre dal lavoro su di sé, centrarsi nel ruolo,
ricerca di consapevolezza, attenzione, auto-osservazione, crescita
personale/professionale.
Preparazione: importanza della formazione permanente, di studiare,
informarsi, acquisire competenze specifiche e metodologie.
Pratica: valorizzazione delle esperienze personali, importanza di
sperimentarsi sul campo in relazioni autentiche e pensate.
Supervisione: avere uno spazio in cui poter portare difficoltà, criticità,
stati d’animo.
Rete: contribuire a creare una rete di soggetti con i quali lavorare in
sinergia, nel riconoscimento dei diversi ruoli e professionalità.
Senso e direzione: mettere in atto azioni dotate di senso e definire
con gli attori coinvolti strategie e obiettivi degli interventi.
Simona Meriano, antropologa ed esperta antitratta, collaboratrice A.M.M.I.
Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali

                                                                         15

                DI AIUTO
IL LAVORO NELLE SCUOLE

 L’intervento in Via Sidoli
 Nell’ambito dell’azione di sostegno psicologico di gruppo, è stato
 effettuato un intervento in due classi dell’istituto Comprensivo “Via
 Sidoli”, alla quale sono iscritti, dallo scorso settembre, alcuni allievi
 ucraini scappati dal conflitto che faticano ad aderire al progetto
 scolastico: assenze frequenti, difficoltà nell’apprendimento della
 lingua e nell’interazione con i coetanei.
 Tale lavoro è stato richiesto proprio dall’insegnante responsabile
 dell’inclusione, in quanto l’Istituto presenta già una grande
 eterogeneità di provenienza di allievi. Pertanto, al posto dell’azione di
 sostegno psicologico di gruppo, si è deciso di svolgere dei laboratori
 in due classi della scuola secondaria dove sono state riscontrate le
 criticità maggiori di inserimento.

 L’intervento, tenendo conto dei tempi emergenziali, è stato
 strutturato nel seguente modo:
 Incontro di 2 ore con gli insegnanti delle classi;
 3 incontri di 2 ore in ciascuna nelle due classi della secondaria;
 Incontro di 2 ore di restituzione e riflessione con gli insegnanti sulle
 attività svolte con i ragazzi.

 L’obiettivo dell’intervento è stato quello di creare un contesto che
 innanzitutto consentisse ai ragazzi, tutti e non solo gli allievi ucraini,
 di star bene a scuola e lavorare, attraverso il gioco, allo svelamento
 ed al superamento di stereotipi e pregiudizi. A nostro parere non si
 può prescindere dal consentire ai ragazzi di sperimentare il piacere
 di giocare insieme ed il piacere del confronto. Inoltre, per lavorare
 sull’inclusione non si può concentrarsi su una sola provenienza, come
 quella ucraina in questo caso, poiché essa è da intendere come un
 processo che si estende a tutti gli attori presenti nel sistema scuola
 a partire dagli insegnanti. Nell’incontro con i professori abbiamo
 raccolto le informazioni sui singoli ragazzi e sulle dinamiche di
 gruppo, ed abbiamo sperimentato insieme un assaggio del potere
 socializzante del gioco.
 Gli interventi delle classi sono stati svolti da almeno 2 psicologi, un
 osservatore e una mediatrice di lingua ucraina, alla presenza degli
 insegnanti.
16
Oltre agli allievi ucraini c’erano altri ragazzi con difficoltà linguistica
che sono stati aiutati nelle attività dalla preziosa traduzione di
compagni che padroneggiano maggiormente l’italiano.
Con le classi abbiamo lavorato con l’utilizzo dei linguaggi universali
(il linguaggio corporeo, l’immagine, la musica, ecc..) partendo dal
rinforzo dell’identità dei ragazzi per facilitare l’apertura verso l’altro.
Gli strumenti utilizzati sono stati giochi per attivare le dinamiche
di gruppo, giochi espressivi e simbolici che potessero consentire ai
ragazzi di lavorare sui propri bisogni e desideri, sulla propria identità
e sull’importanza del riconoscimento e dell’incontro con l’altro.
Il disegno è stato utilizzato come possibilità di esprimere emozioni,
pensieri, e desideri.

Abbiamo utilizzato anche gruppi di confronto per sperimentare il
piacere di raccontarsi ed essere ascoltati e accolti dal gruppo.
La risposta dei ragazzi alle proposte è stata molto favorevole:
hanno spontaneamente attivato strategie di sostegno reciproco
e manifestato curiosità rispetto alle differenze culturali e sociali,
riuscendo in modo sorprendente ad andare oltre alcuni tra i più
comuni stereotipi. È emersa altresì una significativa attenzione
al mondo degli adulti, dimostrandosi ricettivi alle proposte che
hanno valorizzato gli aspetti relazionali. Inoltre, gli allievi di origine
ucraina sono stati entusiasti di poter usufruire della presenza della
mediatrice la quale ha permesso loro di condividere degli aspetti di
sé con la classe.

Ovviamente vi sono state alcune criticità. La più rilevante riguarda,
come spesso accade, il tempo: sole due ore di incontro con gli
insegnanti non sono sufficienti a creare un gruppo di lavoro
(insegnanti, psicologi e mediatori) sufficientemente allineato sulle
modalità dell’intervento. In una situazione non emergenziale il lavoro
può durare anche tutto un semestre e anche tutto l’anno scolastico.
Maria Dolcemascolo, Psicologa e Psicoterapeuta, collaboratrice Psicologi
nel Mondo - Torino

                                                                           17
Il sostegno psicologico

 La guerra è un evento estremamente pervasivo e in grado di
 marchiare irreversibilmente la vita delle persone e delle comunità,
 sia fisicamente sia psicologicamente. Irascibilità, umore depresso,
 incubi notturni, ricordi intrusivi e insonnia sono tra i sintomi che
 definiscono il Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS) che,
 proprio a partire dall’osservazione e dal trattamento della sofferenza
 mostrata dai veterani di chi aveva vissuto la seconda guerra mondiale
 e del Vietnam, è stato concettualizzato e definito nella sua attuale
 dicitura (Van Der Kolk, 2020).

 I nuclei ucraini accolti nel territorio sono composti quasi unicamente
 da donne single o con figli, in quanto agli uomini non è permesso
 uscire dall’Ucraina. Pertanto la solitudine di molte madri con
 figli piccoli o in età scolare, sradicate dalla loro rete familiare, è
 certamente motivo di disagio e sofferenza. Per loro, la perdita o la
 distanza dai familiari, i cambiamenti legati alla scuola dei figli e la
 precarietà in cui vivono, legata all’incertezza rispetto all’andamento
 del conflitto e al progetto migratorio, costituiscono un rischio psico
 evolutivo per i minori e altresì per gli adulti che li accompagnano.
 Il progetto si è proposto di offrire un dispositivo di cura relativo alla
 salute psicofisica, idoneo a sostenere chi fugge da questa guerra, che
 potesse, accogliere la moltitudine di emozioni inespresse e confuse,
 prevenire ove possibile, l’insorgere di sintomi riferibili al DPTS, alleviare
 la condizione di sofferenza nelle situazioni in cui il disturbo si è già
 insediato e nello specifico guidare le persone nella ricerca di senso di
 ciò che è accaduto e della loro permanenza in Italia.
 Sono stati messi a disposizione di tutte le organizzazioni che si
 sono occupate dell’emergenza Ucraina cinque percorsi di sostegno
 psicologico da 10 incontri ciascuno con setting etnoclinico, in modo
 da offrire uno spazio di cura che tenga in conto delle differenze
 culturali presenti tra il paziente e il curante e che, perciò, prevede
 l’utilizzo della mediazione interculturale (per approfondimenti si
 legga Coppo, 2003; Taliani 2006; Beneduce 2007).
 I beneficiari che hanno richiesto i sostegni psicologici provengono
 da istituzioni e organizzazioni differenti. Hanno aderito ai percorsi
 donne single, madri con minori a carico, adolescenti ed una donna
 adulta disabile.
18
Parlare di risultati in ambito psicologico è sempre complesso, poiché
è difficile individuare degli indicatori di buona riuscita, considerato
che non è poco comune la situazione in cui gli effetti del percorso si
manifestano a distanza di molto tempo. Perciò mi limiterò a descrivere
alcune delle caratteristiche relative alle richieste di intervento, alle
risorse disponibili ed, infine, vi presenteremo il riassunto di un caso.
Premetto che tutte le mediatrici hanno insistito molto sulla
difficoltà dei beneficiari a comprendere il dispositivo psicologico in
quanto, come spesso accade, la debolezza è, spesso, fortemente
stigmatizzata tra le persone ucraine. In particolare in Ucraina, come
in tutti i Paesi dell’Unione Sovietica, la fragilità psicofisica era, in
un passato non troppo lontano, fonte di emarginazione. Ciò ha
certamente lasciato un segno importante che si rende visibile nel
pregiudizio nei confronti della condizione di vulnerabilità. Pertanto
le mediatrici hanno avuto il difficile compito di rassicurare le persone
ed accompagnarle a verbalizzare la loro richiesta di aiuto, in modo
che questa fosse accettabile innanzitutto per loro stesse.
Uno dei temi ricorrenti dell’emergenza ucraina è l’introversione
e l’opposizione di alcuni adolescenti verso la scuola ed è stato
pertanto affrontato anche in alcuni dei percorsi psicologici, sia
a livello familiare sia individualmente. Tale fase della vita è già
di per sé critica, poiché inizia il percorso di separazione dalle
proprie famiglie d’origine e la ricerca della propria identità. Tutto
ciò diventa ancora più complesso se si scappa da un conflitto e
si è catapultati in un nuovo Paese molto lontano dal proprio. La
letteratura in ambito etnoclinico ha moltissimi riferimenti rispetto
ai rischi psico evolutivi dei ragazz* migranti (si veda Sironi 2007;
Moro 2014; Ranieri e Bruschi 2018). In tal senso, al di là dei temi
affrontati nello specifico, di cui si potrebbe parlare per moltissime
pagine, in questo contesto è stato importante innanzitutto
ridefinire i sintomi dei ragazz* che spesso sono visti come “testardi”
“pigri” o “poco collaborativi”, per poter invece dar spazio alla paura
legata alle incertezze che sono tra le cause principali delle chiusure
e opposizioni. Inoltre, è stato fondamentale focalizzarsi sulla rete
da costruire intorno al ragazzo/a (scuola, struttura, famiglia) in
modo da contrastare il senso di solitudine che spesso accompagna
i migranti forzati.
                                                                       19
IL CASO O
 Infine, come accennato nei precedenti capitoli, in molti dei nuclei
 presenti vi sono persone con disabilità più o meno gravi. Pertanto,
 il percorso migratorio ha certamente influenzato la percezione
 delle proprie risorse fisiche e mentali a disposizione. A tal proposito
 il caso presentato illustra il percorso di Olga, inviato da un Centro
 specializzato in servizi rivolti a persone disabili (di cui non faremo il
 nome per proteggere la Privacy) e preso in carico da Simona Guida,
 Psicoterapeuta e collaboratrice di Psicologi nel Mondo - Torino,
 insieme alla mediatrice interculturale Hanna Horina.

 Il caso di O.
 O., una giovane donna ucraina di 33 anni, è fuggita da Karkhiv grazie ad
 un corridoio umanitario ed è giunta a Torino nel marzo 2022. L’istituto in
 Ucraina dove lei viveva, sia per via della sua disabilità motoria sia perchè
 da sempre abbandonata dai genitori, ha subito alcuni danni strutturali a
 seguito dei bombardamenti.
 All’inizio dei colloqui (settembre 2022), cominciati dopo che O. era qui in
 Italia da sei mesi, abbiamo affrontato insieme il grande tema pervasivo
 inerente alla questione se stare in Italia oppure ritornare in Ucraina.
 Infatti O. si descriveva così: “ho un piede in Italia e l’altro in Ucraina”.
 Abbiamo approfittato della sua contingente immersione in una nuova
 cultura (non solo la cultura italiana ma anche una nuova cultura qui
 in Italia della disabilità come evento possibile lungo il ciclo di vita
 di una persona) per nutrire progressivamente una positiva identità
 di persona disabile. Attraverso l’analisi di nuovi abiti ed accessori
 “all’italiana” (soprattutto nei primi mesi O. disponeva di pochi capi e
 necessitava di abiti, calzature e vestiti per la stagione invernale e per
 il freddo) lei ha individuato il suo stile personale preferito, aspetto
 dell’identità quasi inesistente nella persona istituzionalizzata. A ciò
 abbiamo aggiunto scambi e contaminazioni interculturali, su modi
 di dire idiomatici, abitudini quotidiane degli italiani, celebrazioni,
 arte e naturalmente reciproche degustazioni culinarie tra pasticceria
 ucraina (O. ha confezionato per l’organizzazione inviante e per me
 una torta al miele multistrato deliziosa, tipica ucraina) e delizie
 torinesi come i gianduiotti, i basin ëd Turin e vari dolci natalizi.
 Anche il fatto di poter lavorare per alcune ore al giorno in un bar
 gestito dalla stessa organizzazione ospitante ha contribuito a
20
stimolare in lei la costruzione di un’identità personale nuova,
dal momento che in Ucraina le persone con disabilità certificata
generalmente non lavorano con stipendio. Un certo senso di disagio
per essere qui in salvo -al contrario di amici o altri ospiti della struttura
a Karkhiv rimasti in Ucraina- ha spesso all’inizio fatto sorgere in lei il
pensiero e la volontà di spedire da qui generi alimentari e di conforto
(persino destinati alla sua famiglia, che lei descrive come da sempre
dedita all’alcool, alla violenza intrafamiliare e cronicamente in stato
di emergenza sociale). Ha avuto, ed ha tuttora, parecchie difficoltà
nell’imparare bene l’italiano.
O. riferisce di continui incubi notturni sulla guerra, su cui lei è peraltro
costantemente informata anche grazie ai quotidiani e numerosissimi
contatti video, audio e via WhatsApp con amici e conoscenti ucraini
nonchè tramite l’utilizzo di alcune app di aggiornamento. Nel tempo
ha perso progressivamente il controllo su quanto ha lasciato di
personale nella sua stanza a Kharkiv, oggetti di vario tipo, abiti, cibo
e la sua stessa pensione di invalidità.
È pervasivo il desiderio di lavorare per non pensare alla guerra, cioè di
fare per non pensare. Abbiamo infatti avuto modo di riflettere insieme
su come lo stress traumatico, situazione che naturalmente anche
lei vive benché qui in Italia, preveda una costante iperattivazione
generale (diurna e notturna) ed una sostanziale incapacità di valutare
le diverse rilevanze degli stimoli (O. soprassalta ad ogni rumore
improvviso che sente in città o attorno a sé).
Per Natale O. decide di fare un’esperienza che non ha mai fatto
prima: scegliere in piena libertà decisionale di compiere un viaggio
(Flixbus + aereo) da sola fino a Tallinn, Estonia, per andare a trovare
un’amica ucraina (con disabilità motoria) lì evacuata. Al suo ritorno
mi parla dell’esperienza in termini positivi per la sua netta percezione
di autoefficacia e per l’aumentata conseguente autostima, ma in
termini negativi a causa della situazione di insicurezza sociale che ha
avvertito anche lì, per via delle molte persone divenute filo putiniane.
Conclude che, ora come ora, desidera fortemente restare in Italia,
stabilirsi meglio con la residenza qui, una casa ed un lavoro.
Simona Guida, Psicologa e Psicoterapeuta Psicologi nel Mondo - Torino
Simona Torrente, A.M.M.I. - Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali

                                                                                21
Bibliografia
 Beneduce, R. (2007). Etnopsichiatria. Sofferenza mentale e alterità fra Storia,
 dominio e cultura (pp. 1-399). Carocci.
 Coppo, P. (2003). Tra psiche e culture. Elementi di etnopsichiatria. Torino:
 Bollati Boringhieri.
 Moro, M. R. (2014). Rischio e creatività in adolescenza in una società
 multiculturale. Rischio e creatività in adolescenza in una società
 multiculturale, 21-31.
 Rainieri, C., & Bruschi, G. Famiglia, adolescenza e migrazione: il percorso
 dell’identità nelle generazioni. CAMBIA-MENTI.
 Sironi, F. (2007). Psychopathologie des violences collectives. Odile Jacob.
 Taliani, S. (2006). Altri corpi. Antropologia ed etnopsicologia della migrazione
 (Vol. 1, pp. 11-296). Unicopli.
 Van der Kolk, B. (2020). Corpo accusa il colpo: Mente, corpo e cervello
 nell’elaborazione delle memorie traumatiche. Raffaello Cortina Editore.

22
La scuola di lingua italiana

La durata del corso, gli obiettivi
La scuola di italiano nell’ambito del progetto SOS UCRAINA si è posta
l’obiettivo di rispondere al forte bisogno linguistico e comunicativo
delle persone immigrate in Italia dall’Ucraina a causa del conflitto. Si
rendeva, quindi, necessario fornire strumenti di base per avvicinarsi
alla lingua italiana, conoscere il nuovo contesto culturale e avere
opportunità di contatto con persone italofone in un contesto di
accoglienza e scambio reciproco, anche per favorire occasioni per
una presa di distanza da esperienze traumatiche.
Per ampliare l’offerta formativa e in funzione delle richieste
pervenute, sono stati attivati due corsi:
uno in orario mattutino, dal 29 settembre al 15 dicembre 2022, il
lunedì e giovedì mattina, per un totale di 48 ore;
uno in orario pomeridiano, dal 3 novembre al 13 dicembre 2022, il
lunedì e giovedì pomeriggio, per un totale di 12 ore.
Il corso di 48 ore ha visto impegnato un gruppo di 5 volontari
della scuola Penny Wirton Torino e un’insegnante di italiano L2,
componente dello staff di A.M.M.I.
Il corso pomeridiano è stato animato da un gruppo di tre volontarie
della scuola Penny Wirton Torino.
I due corsi sono stati frequentati da ventuno studenti in totale.

La ricognizione dei bisogni
I bisogni formativi sono stati esaminati nel corso di colloqui
iniziali, che hanno permesso non solo di stabilire le competenze, le
aspettative, le aree di interesse degli studenti, ma anche di creare
un clima disteso e delle condizioni favorevoli all’interazione e ad un
apprendimento efficace.
Gli studenti sono stati raggruppati per gruppi di livello, A0, A1, A2, in
modo da adattare il percorso alle esigenze di ciascuno.
I volontari e la docente di italiano L2 hanno condiviso la
programmazione, le strategie e le informazioni sull’andamento del
corso e sui suoi contenuti.

La logistica
Le lezioni si sono svolte presso gli spazi dell’Associazione Psicologi nel
mondo, presso il servizio Passepartout della Città di Torino, in corso
                                                                         23
Unione Sovietica 220 d, uno spazio accogliente e ben organizzato.
 Grazie al buon numero di volontari coinvolti è stato possibile seguire
 quasi individualmente gli studenti e soddisfare così le diverse
 esigenze, personalizzando i percorsi di insegnamento.

 Le metodologie e gli strumenti didattici
 Si è lavorato sull’acquisizione e lo sviluppo contestuale delle quattro
 aree di competenza linguistica, personalizzando l’approccio e gli
 strumenti:
 1) la comprensione orale
 2) la produzione orale
 3) la comprensione scritta
 4) la produzione scritta
 In ciascun incontro si è affrontato un tema specifico connesso
 all’esperienza e alle necessità del quotidiano (la presentazione di
 sé, la famiglia, la casa, i vestiti e il cibo, i negozi, la città e i mezzi
 di trasporto, il tempo libero, il lavoro, la scuola, etc.), creando
 occasioni di apprendimento e consolidamento di lessico, strutture
 grammaticali e funzioni comunicative.
 Il lavoro in piccoli gruppi, se di livello omogeneo, ha favorito
 l’interazione, il supporto reciproco e il rinforzo della comprensione e
 della produzione orale.
 Il buon livello di scolarità di gran parte di studenti e studentesse ha
 reso più agevole la comprensione scritta e gli esercizi di scrittura.

 Gli strumenti di controllo del lavoro
 In classe è stato utilizzato un registro delle presenze e dopo ogni
 lezione veniva steso un breve report per condividere il lavoro svolto
 fra la docente di italiano L2 e i volontari. Questo ha permesso un
 lavoro sinergico tra le due realtà.

 La frequenza e la partecipazione
 Si è riscontrata una buona partecipazione e un’alta motivazione
 da parte degli studenti. La maggior parte di loro ha frequentato
 assiduamente e con entusiasmo quasi tutti gli appuntamenti.
 Il totale di partecipanti nel gruppo A0 è stato 3, si è dovuta affrontare
 una difficoltà iniziale anche nella semplice spiegazione di esercizi.
24
Non è stato possibile utilizzare alcuna lingua veicolare. Si è notato
un lento, ma significativo miglioramento nell’acquisizione di nozioni
base come il saluto, l’espressione del proprio stato d’animo, la
propria presentazione, la conoscenza di base dei numeri. È stato
necessario ad ogni lezione riprendere sempre tutto dall’inizio, sia
per ripassare sia per constatare il livello di acquisizione. L’interazione
è stata buona, nonostante le difficoltà di comunicazione.
All’interno del gruppo di livello A1/A2 si è creato un buon clima di
collaborazione e il livello di motivazione delle studentesse è stato
costante. Si è lavorato sugli aspetti grammaticali, ma soprattutto
sulla conversazione e anche sulla produzione orale. L’interesse e la
motivazione durante le lezioni sono stati alti.
Le lezioni individuali e/o per piccoli gruppi condotte dai volontari
hanno contribuito a rinforzare gli aspetti presi in esame con la
docente di italiano L2 e, grazie alla personalizzazione dei percorsi
per ciascuno, è stato possibile mantenere una buona frequenza e
un accompagnamento mirato per tutti, compresa la studentessa
con competenza B1, che è riuscita a continuare il suo percorso
individualmente.

I risultati didattici ottenuti
Il fatto che i partecipanti siano stati raggruppati per livello ha
facilitato molto il lavoro: la coesione fra gli studenti e la presenza
di un buon clima hanno permesso sia di lavorare con ritmi piuttosto
costanti durante le ore di ciascun incontro, sia di mantenere un buon
livello di attenzione.
Ci si è focalizzati molto sulla condivisione di esperienze personali,
sulla narrazione e sulla conoscenza reciproca. Alcuni studenti
avevano già frequentato dei corsi di lingua italiana e pertanto
avevano già familiarità con l’ambiente “scolastico”.
Il loro coinvolgimento, la costanza e l’entusiasmo con cui hanno
affrontato questa esperienza hanno permesso di ottenere buoni
risultati a fine corso.
Il successo del corso è dimostrato dalla richiesta di molti dei
partecipanti di proseguire le lezioni di italiano, per cui sono stati
inseriti, a partire da gennaio 2023, negli orari della Scuola Penny
Wirton Torino, con un ampliamento dei suoi orari di apertura.
                                                                         25
Criticità
 Alla ristrettezza del numero di ore di lezione si è cercato di sopperire
 offrendo a tutte e tutti la possibilità di proseguire lo studio all’interno
 dell’orario dei corsi di italiano nelle due sedi, Corso Unione Sovietica
 e Via Biella. Alle difficoltà comunicative e allo spaesamento spesso si
 accompagna la difficoltà a immaginare un nuovo progetto legato alla
 propria permanenza in Italia; questo porta ad una minore disponibilità
 ad apprendere e utilizzare la lingua italiana, in particolare tra gli
 adulti di età matura e tra gli adolescenti e all’incertezza legata alla
 mancanza di concrete prospettive per un proprio futuro prossimo in
 Ucraina o nel nostro paese. Un’altra criticità deriva dalla condizione
 di isolamento della maggior parte delle persone, che hanno pochi
 contatti con il contesto in cui si trovano e sono spesso limitate
 all’interno di strutture non sempre attente alle loro esigenze di vita e
 consuetudini. Emerge, infine, con particolare evidenza, l’indefinitezza
 della condizione vissuta, che si ripercuote anche sulla quotidianità.

 Punti di forza
 L’insegnamento dell’italiano è stato estremamente interessante e
 coinvolgente, perché indirizzato a persone desiderose di apprendere
 con rapidità, ma in modo preciso e corretto, al fine di un migliore
 inserimento nel nuovo contesto e talvolta per la ricerca del lavoro. Il
 senso di responsabilità è stato alto.
 Il metodo di insegnamento, basato su testi specifici e ben strutturati,
 ha permesso loro di progredire in modo generalmente rapido.

 Fra gli altri elementi i docenti evidenziano:
 - la frequenza costante
 il grande impegno, che ha portato, nella maggior parte dei casi, ad
 un miglioramento
 - l’interesse e la motivazione, che sono sfociati nella prosecuzione
 della partecipazione ai corsi, al di fuori del progetto
 - l’efficacia del lavoro in gruppo, che si è dimostrato positivo
 specialmente per gli studenti di livello più alto, che hanno avuto
 maggiori possibilità di fare conversazione e di confrontarsi
 - i buoni rapporti tra gli studenti e la condivisione di un’esperienza
 dolorosa comune
26
- gli ottimi rapporti con gli insegnanti e il riconoscimento da parte
degli studenti dell’accoglienza nei loro confronti.

Opportunità e sfide
In alcuni casi l’apparente difficoltà iniziale dovuta alla presenza
di un gruppo di studentesse anche con livelli diversi, si è rivelata
nei fatti un vantaggio per l’apprendimento, perché ha facilitato
l’apprendimento fra pari e il supporto dei più deboli da parte di
coloro che possedevano maggiori competenze.
Inoltre, la condivisione di esperienze, situazioni, paure, insicurezze
spesso ha rappresentato un fattore importante per queste persone,
evitando la percezione di essere “l’Altro”, “la minoranza”, o perlomeno
affievolendola a favore di un senso di appartenenza e partecipazione
in condizione di parità. Persone, mamme, figlie, amiche, sorelle,
maestre di danza, copywriter, parrucchiere sono solo alcuni dei
diversi ruoli con cui si sono presentate queste donne che hanno
deciso di mettersi in gioco e ricominciare da capo, trovando in
questo corso uno spazio per farlo.

                                                                        27
Un’occasione, seppur minima rispetto a tutto ciò che è stato lasciato
 indietro, per sentirsi parte di qualcosa, di un piccolo gruppo sociale
 caratterizzato da un’eterogeneità capace di arricchire e colmare,
 temporaneamente, un immenso vuoto.
 Il documento raccoglie i contributi di:
 Beatrice Bordignon, Federica Carlino, Gabriella De Vito, Claudia Golzio,
 Maria Teresa Ingicco, Andrea Mela – volontari della scuola Penny Wirton Torino
 Katerina Pyroutkovà, docente di L2 presso l’A.M.M.I. - Associazione
 Multietnica dei Mediatori Interculturali

28
Puoi anche leggere