SHAKESPEARE IN FRANCIA - Letteratura teatrale europea e americana 2019 2020 Cristina Consiglio - UniBa
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Shakespeare in Francia Il Settecento Nel Settecento la cultura e la società inglese fanno il loro primo significativo ingresso in Francia. Fino ad allora poco si sapeva di quel popolo apparentemente lontano. Le poche notizie giungevano da marinai o navigatori ed erano dunque relative al paesaggio, ai racconti di altri marinai, esploratori e coloni. Sappiamo che con Carlo II d’Inghilterra la corte inglese aveva ospitato diplomatici, artisti, musicisti e letterati francesi, ma raramente essi avevano varcato i confini della capitale inglese. Il primo a raccontare, seppur in forma letteraria, una conoscenza approfondita della storia e della lingua oltre che degli usi e costumi degli inglesi, fu Antoine François Prévost (1697-1763) , più noto con il nome di Abbé Prévost, scrittore, storico e traduttore francese. Nel suo periodico Le Pour et le Contre, edito tra il 1733 e il 1740 in più occasioni riportò notizie e attualità su Shakespeare in Inghilterra, con toni entusiasti per tutte le opere del Bardo, in particolare sull’Amleto, che a suo parere aveva un forte potere tragico e un afflato emozionale importante, oltre ad una tecnicità drammatica senza pari, superiore persino alle tragedie latine, greche e francesi. A Prévost va riconosciuto il merito di aver introdotto Shakespeare in Francia e Abbé Prévost, engraving soprattutto di aver proposto un nuovo modello drammatico, un gusto letterario by G.F. Schmidt (1745) all’inizio forse disorientante per i costumi culturali dell’epoca, ma che egli seppe rendere interessante e accattivante ai loro occhi.
Shakespeare in Francia Il Settecento Una delle voci più preziose per l’approdo di Shakespeare in Francia è quella di Voltaire (pseudonimo di François-Marie Arouet , 1694-1778), filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, poeta, saggista francese. Le sue opere mordaci gli causarono periodi di esilio fuori Parigi, tra cui si ricordano i tre anni trascorsi a Londra tra il 1726 e il 1729, dove egli fu affascinato e attratto dalla monarchia costituzionale inglese, in contrasto con la monarchia assoluta francese, e dalla maggiore libertà di parola e di religione che si respirava in Inghilterra. Voltaire entrò quasi immediatamente in contatto con uomini di cultura liberale, scrittori e filosofi come Walpole, Swift, Pope e Berkeley, studiò e apprezzò le opere di Locke, maturando idee illuministe sempre più libertarie. Imparò ben preso a scrivere e Voltaire leggere in inglese. Sviluppò dunque un forte interesse per la letteratura inglese e in particolare per le opere di Shakespeare.
Shakespeare in Francia Il Settecento Appassionato di teatro, Voltaire assistette a numerosi spettacoli shakespeariani e fu negativamente colpito dal continuo susseguirsi di assassini, incesti, follie, canti grotteschi e personaggi bizzarri. Eppure, ritracciò in questi passaggi ogni volta un’energia prorompente e una bellezza che lo colpirono, tanto che egli stesso provò a riportare in francese alcuni passi delle opere del Bardo. Voltaire fu infatti il primo a citare Shakespeare in Francia intorno al 1730, evidenziandone il genio e l’energia ed esprimendo quel sentimento che avrebbe tradotto il comune sentire dei francesi nei confronti del Bardo, una mescolanza di curiosità e scetticismo. Di sua mano ricordiamo - un adattamento del Julius Caesar nel 1731 - la traduzione del soliloquio To be or not to be nel 1734
Le traduzioni francesi del teatro shakespeariano La prima traduzione di testi scelti di Shakespeare apparve tra il 1746 e il 1749, il Bardo viene inserito in un’antologia sul teatro inglese e presentato come una ‘curiosità’ nel panorama generale. Si tratta dei primi quattro tomi del Théatre Anglois di Pierre Antoine Laplace (1707-1793). Shakespeare compare nel primo volume con una decina di piéce e i riassunti di quasi tutte le altre opere (la trama di Romeo e Giulietta, per esempio, occupa solo sette righi!). Subito dopo Laplace, si ricordano le traduzioni di Jean François Ducis (1733- 1816), poeta e drammaturgo francese. Ducis tradusse - Hamlet nel 1769 - Roméo et Juliette nel 1772 e ancora Re Lear (1783), Re Giovanni (1791) e Otello (1792). La traduzione di Ducis dell’Amleto è la prima e unica traduzione per il teatro in alessandrini, portata in scena alla Comedie Française dal 1769 al 1852 ma scompaiono lo spettro e i becchini e buona parte delle morti violente. I personaggi sono divisi tra l’amore e il senso del dovere, come in Corneille. Amleto piange molto e minaccia di togliersi la vita ma non muore alla fine Pierre Antoine Laplace dell’opera (riduzioni simili si raccontano anche per Macbeth e Romeo e Giulietta).
Le traduzioni francesi del teatro shakespeariano Il drammaturgo utilizzò per il suo rifacimento la traduzione di Laplace degli anni Quaranta perché non era in grado di leggere il testo in lingua originale, come ammette nella prefazione alla sua opera: «Non capisco affatto l’inglese e ho avuto il coraggio di presentare Amleto sulle scene francesi. Tutti conoscono il valore del Théatre Anglois di M. De La Place. È proprio in seguito a quest’opera preziosa che ho voluto realizzare una delle più singolari tragedie shakespeariane». Ducis conferì a tutti i personaggi una nuova sensibilità che rispecchiasse la tendenza romantica dell’epoca in Francia. Il risultato fu una riscrittura per la scena a partire dalla pessima traduzione di Letourneur e De Laplace, con drastica semplificazione delle trame e della psicologia dei personaggi. Jean-François Ducis Nonostante le violente critiche di Voltaire, le sue opere riscossero ugualmente un grande successo, a partire dalla prima dell’Amleto alla Comedie Française di Parigi nel 1769, opere poi rappresentate anche in altri paesi del continente europeo, compresa l’Italia.
Le traduzioni francesi del teatro shakespeariano La prima traduzione integrale in francese dell’opera completa di Shakespeare sarà curata e pubblicata da Pierre Le Tourneur (1737-1788) Shakespeare traduit de l’anglois, dédié au roi (1776-1782) Le Tourneur pone la sua impresa come sola via d’accesso in Francia al teatro di Shakespeare e Shakespeare come solo esempio da seguire nel tentativo di riformare l’asfittica drammaturgia classica. La pubblicazione del primo tomo suscita l’ira dell’ottuagenario Voltaire che scrive la celebre lettera indirizzata all’Academie Française in cui antepone e oppone alla moda passeggera di Shakespeare la perfezione della tragedia raciniana. Il 25 agosto 1776 la lettera di Voltaire viene letta pubblicamente e il re Pierre Le Tourneur Luigi XVI (a cui la traduzione era dedicata) apparve infastidito. Sottoscrittori della traduzione erano tanto i sovrani francesi quanto i regnanti inglesi.
Shakespeare traduit de l’anglois, dédié au roi (1776-1782) Erano tre i firmatari della lettera al re per chiedere che la traduzione fosse autorizzata: - Il Conte di Catuelan, nobile bretone che aveva visto recitare Garrick a Londra - Pierre Le Tourneur, avvocato, studioso di retorica, traduttore - Jean Fontaine-Malherbe, versificatore e autore di tragedie, commedie e drammi. La traduzione diviene un lavoro di gruppo e le singole opere non sono firmate, tranne Roméo et Juliette, ad opera di Catuelan. Siamo dinanzi a uno dei primi esempi di ‘teatro da poltrona’, pensato per la lettura più che per la rappresentazione, un’idea che in Francia si configura come rivoluzionaria. Quando si traduceva per il teatro, come aveva fatto Ducis, bisognava attenersi e rispettare i protocolli della Comedie Française, il che però snaturava l’originale drammaturgia shakespeariana. La fonte inglese a cui Le Torneur si rivolse è l’edizione del teatro shakespeariano di Samuel Johnson (1765). Si tratta di una traduzione che sacrifica il verso, che offre una versione ‘non letterale’ ma ‘esatta e veramente fedele’, con una certa attenzione per la prosodia, i silenzi, le pause all’interno delle battute, riprendendo quanto proposto dall’edizione di Johnson, come per quanto riguarda la scansione in atti e scene, sempre presente in Johnson.
Shakespeare traduit de l’anglois, dédié au roi (1776-1782) Il contesto editoriale in cui appare la traduzione di Le Tourneur prevedeva traduzione di opere italiane, spagnole e tedesche (si ricordano in particolare Alfieri, Calderon e Schiller), parallelamente a edizioni di autori francesi classici. Shakespeare traduit de l’anglois diventa il punto di partenza per la ricezione di Shakespeare nella Francia del Romanticismo e per lo sviluppo di tale corrente culturale. Sarà l’edizione che leggerà il giovane Stendhal o quella a cui farà riferimento Hugo e resterà una guida per tutte le edizioni successive. Nel 1820 Guizot ne propone una riedizione ‘riaccomodata’ eliminando la prefazione che era stata un manifesto per un’intera generazione di drammaturghi. È importante infatti ricordare la prefazione di Le Tourneur alla sua edizione, meglio nota come Discorso delle differenti prefazioni. Si tratta del primo documento in lingua francese che analizzi il teatro e la figura di Shakespeare proponendo a un pubblico ampio una sintesi delle principali posizioni della critica inglese. L’idea di Le Tourneur è quella di ridimensionare quello che in Francia si pensava fosse il primato del teatro francese rispetto alle altre tradizioni letterarie europee. Le Tourneur rielabora passaggi di Johnson, Rowe e Pope.
Shakespeare traduit de l’anglois, dédié au roi (1776-1782) Nella prefazione leggiamo un elogio incondizionato di Shakespeare che ha saputo eccellere in tutti i generi e persino crearne di nuovi, al pari degli antichi (come con la tragicommedia The Merchant of Venice). «Se questo grande uomo fosse nato ad Atene, è così certo che Aristotele non avrebbe voluto adottare altri principi?» Quello che più viene discusso è sempre la mescolanza tra i generi, i toni, la presenza di giochi metateatrali. Si parlerà quindi di ‘dramma’ come di opera drammatica, non necessariamente tragedia o commedia. Shakespeare viene considerato un paradigma illustre, opposto alle fredde conversazioni della tragedia e della grande commedia francesi. Ragionare sul teatro shakespeariano diventa il pretesto per denunciare l’inutilità delle unità aristoteliche, a eccezione dell’unità di azione, perché «causano più problemi al poeta che piacere allo spettatore». «Se il nostro cuore prende parte all’interesse che in noi suscitano i personaggi della tragedia, non è perché questi sono eroi o re ma perché sono uomini e infelici» (Beaumarchais) «Shakespeare ha visto l’umanità e non si è rifiutato di dipingerne anche le cose volgari. Ha saputo afferrare la natura ovunque la trovasse e ha saputo svolgere tutte le pieghe del cuore umano senza mai allontanarsi dalle scene ordinarie della vita» (Le Tourneur)
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi Shakespeare era un incanto per il pubblico francese dei primi dell’Ottocento e l’evento cardine furono le rappresentazioni portate in scena a Parigi da una compagnia di attori inglesi. Tra le presenze in scena si ricordano Charles Kemble ed Edmund Kean, entrambi però non nel pieno delle energie (e neppure del successo), William Macready come unico attore degno di nota nei panni di Otello e Harriet Smithson, attrice poco nota ma molto brava sia come Ofelia che come Giulietta. William Macready Si trattava di rappresentazioni in inglese, agli spettatori veniva fornito un libretto col testo a fronte tradotto, si trattava di qualcosa di completamente nuovo per il pubblico francese e tuttavia anche lo stile iperclassico delle scene francesi stava cambiando. Non si trattava più, però, di interpretazioni fisicamente statiche e secondo una declamazione solenne, gli attori iniziano a muoversi sul palco, a modulare la voce… ma mai quanto avrebbero fatto gli attori inglesi che apparivano naturali, che dialogavano come se fossero al chiuso di un interno domestico. Harriet Smithson
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi Tra gli spettatori illustri di queste rappresentazioni in lingua inglese si ricordano Alexandre Dumas, Victor Hugo, Alfred De Musset, Theophile Gautier e Hector Berlioz. «Da quando avevo iniziato ad avere un’idea di teatro, era la prima volta che osservavo le vere passioni a teatro e uomini e donne in carne e ossa sul palco… le interpretazioni degli attori inglesi mi hanno lasciato senza fiato, provo emozioni che non riesco a descrivere e la mia mente è percorsa da nuovi bagliori di luce» (Dumas) Stando alle reazioni registrate dalla stampa della stagione del 1827-1828, si può presupporre che la scuola inglese avesse dettato legge abbastanza in fretta per quanto riguarda le messe in scena e che avesse colto la qualità delle performance degli artisti inglesi tanto quanto tutto ciò che fu giudicato come stravaganze e difetti. Hector Berlioz
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi Interessante il dibattito sulle rappresentazioni di Amleto. È settembre del 1827 quando dalle pagine del periodico Globe si acclama alla comparsa di Amleto sulle scene francesi «in tutta la sua verità», nonostante i limiti dell’imperfetta comprensione della lingua inglese, «ha qualcosa che è impossibile trovare altrove». Inevitabile che si sottolinei come difetto «la duplicità di interesse e di azione» nel far procedere parallelamente la trama di vendetta e la follia e la morte di Ofelia, difficilmente conciliabili. Il pubblico è sconvolto e al tempo stesso attratto da quelli che vengono definiti «gli orrori di Amleto», «le tracce di una natura selvaggia che il genio incolto di Shakespeare ha impresso all’opera». Pochi giorni dopo, sempre nel settembre 1827, il periodico Le Corsaire riconoscerà l’inferiorità dell’Amleto di Ducis, accusato di non aver saputo seguire in modo adeguato il suo modello originale e di non averne colto le potenzialità. Il dramma proposto da Ducis risulta infatti «monotono, freddo» mentre quello portato in scena dalla compagnia inglese è capace di coinvolgere il pubblico nonostante «le buffonerie e dei dettagli che offendono la nostra ragione».
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi Furono tanti gli intellettuali che negli anni Venti dell’Ottocento diventarono assidui frequentatori dell’Odeon, della Salle Favart e dei teatri parigini che via via si aggiungevano all’elenco dei luoghi che aprivano le porte alle compagnie di attori inglesi. Tra questi vi era Charles Nodier (1780-1844), scrittore ed entomologo francese, un precursore nell’apprezzare Shakespeare, che già nel 1801 aveva pubblicato un saggio con estratti delle opere del bardo, intitolato Pensées de Shakespeare, extraites de ses ouvrages, con molte osservazioni sull’autore e sulla sua produzione. Era dunque un grande ammiratore di Shakespeare, ma non aveva ancora assistito ad una messa in scena. L’occasione si presentò con la prima dell’Amleto nel 1827, un evento che lo riempì di ardore ed entusiasmo. Si ricordano in particolare le sue parole da un articolo apparso sul periodico culturale Mercure du XIX siècle: «L'istituzione del teatro inglese a Parigi è uno di quegli eventi i cui risultati da soli possono far apprezzare tutta l'importanza ... Tutto era nuovo per noi in questo spettacolo inglese... Non avevamo idea, bisogna dirlo, delle proporzioni di questa immensa tragedia che abbraccia un paese, un'era, una storia e che porta davanti ai nostri occhi tutti gli stati, tutti i secoli, tutti gli incidenti di questa storia, di questi tempi, di questo paese con una lingua che si intona continuamente alle persone e alle cose ... Shakespeare è diventata per noi una conquista, una conquista più pacifica e duratura di quelle che ci arricchiscono, al prezzo di saccheggi e di sangue, della guerra e della vittoria»
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi Altre figure di spicco della scuola romantica francese, come Dumas, De Musset, il compositore Hector Berlioz e lo stesso Victor Hugo vissero queste serate a teatro come un’iniziazione. Essi, così come altri drammaturghi che seguirono la stagione teatrale del 1827 non furono solo colpiti dal modo di recitare e dai dettagli interpretativi della compagnia inglese, ma anche dalla struttura drammatica delle opere shakespeariane, così diversa e spesso dissonante rispetto a quella fino ad allora conosciuta e adottata. Quel modo nuovo di fare teatro veniva percepito come un potenziamento, una sorta di espansione delle possibilità della messa in scena. Shakespeare diventa quasi un modello estetico, sicuramente un esempio a cui fare riferimento, come nel caso delle opere scritte da Victor Hugo (1802-1885). Come Voltaire, anche Hugo visse dei periodi di esilio in Inghilterra in seguito al regime dispotico e antiliberale imposto da Napoleone III a partire dal 1851. Al contrario del suo illustre predecessore, tuttavia, Hugo non imparò mai davvero l’inglese e non ebbe molti contatti con gli intellettuali inglesi. Sulla scia delle novità introdotte dalle performance del 1827, Hugo introdusse dei cambiamenti nelle proprie opere teatrali. Sebbene lo si ricordi in particolare come scrittore, Hugo compose due opere che segnarono una nuova via per il teatro francese ottocentesco.
Shakespeare sulle scene francesi - Victor Hugo Hugo scrisse per il teatro il dramma storico Cromwell (1827) e il dramma Hernani (1830). Egli fu tra i primi in Francia a polemizzare sulle norme del teatro classico e a sovvertirle, partendo dal rifiuto delle unità aristoteliche e superando l’obbligo di bienséance, cioè del divieto di usare parole ritenute volgari o troppo colloquiali per il linguaggio teatrale, esaltando il grottesco, «una delle supreme bellezze del dramma, che non è soltanto un’opportunità, ma spesso una necessità». Del Cromwell si ricorda in particolare la prefazione. Tra le sue pagine Hugo rivolge a Shakespeare parole di elogio, ne esalta ogni aspetto fino a paragonarlo ad una divinità, «ce dieu du theatre» e al tempo stesso sintesi di una trinità composta dal genio di Corneille, Beaumarchais e Molière, le cui opere erano state una delle tre principali conquiste della musa della poesia. «Ecco cosa ha saputo fare tra tutti, in un modo che è suo e che sarebbe tanto inutile quanto impossibile imitare, Shakespeare, questo dio del teatro, nel quale sembrano riuniti, come in una trinità, i tre grandi geni caratteristici della nostra scena: Corneille, Molière e Beaumarchais» Così come l’età primitiva era culminata nella Bibbia e l’antichità nell’epica omerica, così l’età moderna aveva prodotto Shakespeare, che aveva creato il dramma portando il mondo a parlare della vita, dell’umanità e della realtà.
Shakespeare sulle scene francesi - Victor Hugo Nella prefazione al Cromwell, Hugo usa toni iperbolici e vortici descrittivi per raccontare l’età di Shakespeare e accosta il Bardo rinascimentale a Milto e a Dante come precursore della poesia moderna, ineguagliabile motore umano e intellettuale del suo tempo: «È venuto il momento in cui l’equilibrio tra i due principi sta per stabilirsi. Un uomo, un poeta re, poeta sovrano, come dice Dante di Omero, sta per fissare ogni cosa. I due geni rivali uniscono la loro doppia fiamma e da questa fiamma nasce Shakespeare. Eccoci giunti alla sommità dei tempi moderni. Shakespeare è il Dramma; e il dramma, che fonde in uno stesso alito il grottesco e il sublime, il terribile e il buffo, la tragedia e la commedia, il dramma è il carattere proprio della terza epoca della poesia, la letteratura attuale» E ancora: «È dunque nel dramma che tutto viene a finire nella poesia moderna. Il Paradiso perduto è un dramma prima di essere un’epopea […]. Quanto a Dante Alighieri, egli ha terminato il suo temibile inferno e ne ha richiuso le porte, non gli resta più che dare un nome alla sua opera; l’istinto del suo genio gli fa vedere che questo poema multiforme è un’emanazione del dramma, non dell’epopea; e sul frontespizio del gigantesco monumento, scrive con la sua penna di bronzo: Divina Commedia. Si veda dunque che i due soli poeti dei tempi moderni che siano della statura di Shakespeare aderiscono alla sua unità […]. Dante e Milton sono in qualche modo i due archi rampanti dell’edificio di cui lui è il pilastro centrale, i contrafforti della volta di cui lui è la chiave».
Shakespeare sulle scene francesi - Victor Hugo e Alexandre Dumas Nel 1865 Victor Hugo scrive un saggio intitolato Shakespeare, testo celebrativo delle traduzioni complete fatte da suo figlio François-Victor Hugo (si tratta di una traduzione molto coraggiosa che non sacrifica le arguzie, le metafore e le oscenità. È inoltre la prima traduzione che includa anche i Sonetti. Se una delle prime immagini a cui Hugo aveva paragonato Shakespeare era stata una quercia, vediamo che nel saggio del 1865 Shakespeare diventa l’oceano, la terra, l’esistenza, toute la nature, la cima di una montagna, torrenti di lava, vegetazione, luci e fiamme. Nonostante l’entusiasmo di Hugo, l’opinione pubblica francese non accolse di buon grado questo secondo tentativo di introdurre Shakespeare in Francia. Con Hugo, Alexandre Dumas padre (1802-1870) fu tra i maggiori rappresentanti del romanzo storico e del teatro romantico francese. Egli reagì quasi con esaltazione alla visione dell’Amleto all’Odèon. Per lui questo incontro con le opere di Shakespeare e il teatro inglese fu un’autentica rivelazione. «Erano uomini di teatro che avevano dimenticato di essere su un palco; era una vita costruita trasformata in vita vera dal potere dell’arte; era la realtà della parola e del gesto che trasformava gli attori in creature viventi in carne e ossa, dotate di ogni virtù, passione, debolezza, piuttosto che in eroi impassibili e ampollosi. O Shakespeare, merci! O Kemble et Smithson, merci! Merci à mon Dieu, merci à mes anges de poèsies!»
Shakespeare sulle scene francesi - Alexandre Dumas Una volta dispiegatogli innanzi il repertorio shakespeariano, Dumas lo studiò, capì, sezionò, ritrovando una summa delle qualità drammatiche di Corneille, la passione di Schiller, la vena comica di Molière e la filosofia di Goethe. Grazie anche alla libertà espressiva degli attori inglesi sul palco e ai contenuti portati in scena, Dumas, ispirato ma, soprattutto, incoraggiato, riuscì a trasformare le sue idee, troppo imbrigliate nelle norme tradizionali imposte dal teatro classico, in opere sceniche vincenti. Un primo frutto della sue letture e del suo interessamento a Shakespeare fu un dramma storico in versi, Christine, composto per il teatro nel 1828 e portato in scena nel 1839 all’Odèon in una versione rivisitata. Fu allora che fece il suo secondo tentativo rifacendosi alle opere del bardo con il dramma storico in prosa “Henri III et sa Court”, proposto a teatro nel 1829, dove si assiste agli intrighi di corte durante il regno del re Enrico III di Francia. Rappresentato per la prima volta alla Comèdie Francaise nel febbraio del 1829, con Mademoiselle Mars and Joanny, due attori allora molto famosi, nei due ruoli principali e alla presenza anche del duca D’Orléans e di molti ospiti illustri, lo spettacolo fu un successo strepitoso e portò alla ribalta un quasi sconosciuto Dumas. La performance fu riproposta con successo per oltre trentotto serate, un’enormità per i tempi.
Shakespeare sulle scene francesi - Alexandre Dumas Il fatto che un’opera del genere, cosi nuova per i francesi e composta da un francese, avesse avuto tutto questo successo e fosse stata portata in scena in uno dei teatri più importanti di Francia denota un cambio di attitudini e di richieste teatrali notevoli e significative, come poi confermerà l’Hernani di Hugo dell’anno successivo. Sull’onda del successo, nel 1831, andò in scena Antony, ritenuto il primo dramma romantico ma non storico, il cui protagonista era un personaggio byroniano contemporaneo. A questo fanno seguito La Torre di Nesle, melodramma storico e in particolare Kean, nel 1836. Per Dumas Shakespeare, ma soprattutto la compagnia inglese che lo portò alla ribalta in Francia, fu significativo anche per la creazione della sua opera più originale: Kean, où desordre et gènie (1836), un’opera liberamente tratta dalla vita dell’attore britannico Edmund Kean e quasi un indiretto omaggio agli attori inglesi, al loro modo di recitare e alla via dell’innovazione che avevano aperto in Francia nel modo di fare teatro, sulla quale Dumas rifiutò sempre alcuna rivisitazione circa l’accuratezza storica e alla quale anche Sartre fece riferimento nel 1953 per una sua opera. Se Dumas è colpito e riporta nei suoi lavori soprattutto le caratteristiche e le peculiarità più immediate e visibili sulla scena delle opere di Shakespeare, Hugo ne fa uno studio più profondo e accurato. Le performance della compagnia in inglese furono per lui quasi una conferma del cambiamento culturale che aveva già percepito.
Shakespeare sulle scene francesi - Hector Berlioz Ma di tutti gli intellettuali romantici che assistettero all’Odeon di Parigi alla storica prima dell’Amleto, probabilmente colui che ne rimase maggiormente impressionato fu Hector Berlioz (1803-1869), compositore e intellettuale dal temperamento romantico che già aveva avuto modo di conoscere e ammirare Shakespeare attraverso la lettura delle opere di Letourner, ma che, vedendo dal vivo uno spettacolo in lingua originale con attori inglesi, definì lo spettacolo come “un’epifania”. Nelle sue mèmoires egli stesso scriverà: «An English company came over to Paris to give a season of Shakespeare at the Odèon, with a repertory of plays then quite unknown in France, I was at the first night of Hamlet. In the role of Ophelia I saw Henriette Smithson, who five years later became my wife. The impression made on my heart and mind by her extraordinary talent, nay her dramatic genius, was equalled only by the havoc wrought in me by the poet she so nobly interpreted. That is all I can say. Shakespeare, coming upon me unawares, struck me like a thunderbolt. The lightning flash of that discovery revealed to me at a stroke the whole heaven of art, illuminating it to its remote corners. I recognized the meaning of grandeur, beauty, dramatic truth, and I could measure the utter absurdity of the French view of Shakespeare, which derives from Voltaire […] I saw, I understood, I felt….That I was alive and that I must arise and walk.» Il compositore fu in grado di tradurre il linguaggio poetico shakespeariano forse meglio di chiunque altro suo contemporaneo proprio per la sua capacità di tramutare le parole in musica.
Shakespeare sulle scene francesi - Hector Berlioz Berlioz compose ispirandosi a sei opere teatrali di Shakespeare; la prima fu La Tempete, in forma di Fantasie, inizialmente portata in scena nel 1830 all’Académie Royale de Musique e successivamente riadattata per diventare la parte conclusiva del Lèlio, où retour à la vie, melologo la cui composizione terminò nel 1832. Nel 1831 scrisse l’overture del Roi Lear, mentre la composizione di musica sinfonica Romèo et Juliette fu eseguita in scena nel 1839. All’ Amleto sono legate due composizioni di musica per voci: La mort d’Ophelie e la Marche Funebre per l’ultimo atto. Infine ci sono due lavori di repertorio operistico con riferimento alle opere di Shakespeare nella loro struttura: il setting dell’atto IV de LesTroyens del 1858, ispirato al Mercante di Venezia, e l’esuberante variazione di Much Ado About Nothing della sua opera Bèatrice e Bènèdict, un’opéra comique in due atti eseguita per la prima volta in Germania nel 1862, il cui libretto fu scritto dallo stesso Berlioz. Ogni opera, pubblicazione, testo del compositore fu ispirato dall’amore e dalla storia, a tutti gli effetti romantica per quanto fu tormentata, che egli ebbe con l’attrice Henriette Smithson. Berlioz fu colpito e letteralmente ossessionato dalla sua bellezza e dalla sua presenza scenica fin dalla prima dell’Amleto, in cui la giovane irlandese fece a lungo parlare di sé per la sua magistrale interpretazione di Ofelia, e probabilmente proiettò su di lei tutta la sua personale ricerca di un teatro e di un’arte iperbolica e struggente, profondamente lirica, che l’attrice sapeva perfettamente incarnare e che simboleggiava un po’ tutta la produzione shakespeariana.
Shakespeare sulle scene francesi Nonostante l’elogio di Hugo e l’esibire con quasi letteraria ostentazione la sua convinzione che Shakespeare fosse un caposaldo della letteratura fino ad allora esistita, l’ardore emotivo che Berlioz aveva saputo trasporre nelle sue opere, i continui riferimenti che ne aveva fatto Dumas e l’accoglienza benevola che opere e attori inglesi avevano avuto tra gli intellettuali francesi del tempo, l’ingresso in Francia di Shakespeare, specie con l’avanzare del secolo, si fece sempre più controverso. La curiosità e il successo delle opere del bardo, anche grazie alla diffusione che queste avevano avuto nei teatri parigini, sia con compagnie inglesi che con attori francesi che ne avevano seguito le orme, non riuscirono tuttavia a buttar giù muri di diffidenza e di perplessità della società francese. Shakespeare era ormai all’apogeo dell’attenzione e dell’emulazione in Europa e la Francia aveva grandemente contribuito alla diffusione delle sue opere, soprattutto attraverso le numerose messe in scena, ma, una volta avvenuto ciò, sembrò quasi che i francesi ne prendessero le distanze, che avessero in un certo senso superato questa fase, cercando altrove o tornando a riconsiderare le proprie radici. Gli scritti di Hugo su Shakespeare miravano nel contempo sia a risvegliare nei suoi connazionali l’ardore rivoluzionario che a liberare la letteratura e il teatro da quei paletti prodotti dal privilegio e dalle imposizioni classiche e accademiche.
Shakespeare sulle scene francesi Shakespeare, evocando la bruttezza, la deformità, il sangue e le atroci nefandezze di cui è capace l’uomo, era riuscito ad andare oltre l’artificioso, ad abbattere le imposizioni dimostrando le possibilità artistiche di sondare altre sfere taciute del mondo, attraverso una produzione letteraria che andava oltre i confini e abbracciava le infinite possibilità esistenti attorno e all’interno dell’essere umano, proponendo un’infinita serie di variazioni, rinnovi o fallimenti. In Postscriptum de ma vie (1901), Hugo, nel capitolo dedicato ai “Grands Hommes”, tra cui Shakespeare, con il suo stile apologetico e metaforico si scaglia contro Voltaire e le critiche che egli aveva mosso: «Shakespeare, c’est le sauvage ivre? Oui, sauvage ! C’est l’habitant de la forêt vierge ; oui, c’est ivre, c’est le buveur d’Idéal. C’est le géant sous les branchages immenses ; c’est celui qui tient le grand coup d’or et qui a dans les yeux la flamme de toute cette lumière qu’il boit. Shakespeare, comme Eschyle, comme Job, comme Isaïe, est un de ces omnipotents de la pensée et de la poésie, qui, adéquats, pour ainsi dire, au tout mystérieux, ont la profondeur même de la création, et qui, comme la création, traduisent et trahissent cette profondeur par une profusion de formes et d’images, jetant au dehors les ténèbres en fleurs, en feuillages, en sources vives» Pur tuttavia, le idee di Voltaire a proposito del bardo e riguardo le sue opere, sempre al confine tra la perfezione e l’abominio, continuarono ad aleggiare nel sentire comune dei francesi anche tempo dopo la sua morte e anni dopo i suoi scritti sulla questione.
Bibliografia The Memoirs of Hector Berlioz, Member of The French Institute. Tr. And ed.By David Cairns, London Victor Gollanz LTD, ed.1969 Shakespeare goes to Paris. How the Bard conquered France, by John Pemble, Hambledon and London, 20051 Il teatro di Shakespeare in Francia. La stagione parigina del 1827-1828. Tesi di laurea in Letteratura inglese, di Angela Petruzzelli , 2019
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