SHAKESPEARE IN FRANCIA - Letteratura teatrale europea e americana 2019 2020 Cristina Consiglio - UniBa

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SHAKESPEARE IN FRANCIA - Letteratura teatrale europea e americana 2019 2020 Cristina Consiglio - UniBa
SHAKESPEARE
IN FRANCIA

          Letteratura teatrale europea e americana
                                          2019 2020
                                   Cristina Consiglio
SHAKESPEARE IN FRANCIA - Letteratura teatrale europea e americana 2019 2020 Cristina Consiglio - UniBa
Shakespeare in Francia
                                                                                                 Il Settecento
Nel Settecento la cultura e la società inglese fanno il loro primo significativo ingresso
in Francia. Fino ad allora poco si sapeva di quel popolo apparentemente lontano. Le
poche notizie giungevano da marinai o navigatori ed erano dunque relative al
paesaggio, ai racconti di altri marinai, esploratori e coloni. Sappiamo che con Carlo II
d’Inghilterra la corte inglese aveva ospitato diplomatici, artisti, musicisti e letterati
francesi, ma raramente essi avevano varcato i confini della capitale inglese.

Il primo a raccontare, seppur in forma letteraria, una conoscenza approfondita della
storia e della lingua oltre che degli usi e costumi degli inglesi, fu Antoine François
Prévost (1697-1763) , più noto con il nome di Abbé Prévost, scrittore, storico e
traduttore francese.

Nel suo periodico Le Pour et le Contre, edito tra il 1733 e il 1740 in più occasioni riportò
notizie e attualità su Shakespeare in Inghilterra, con toni entusiasti per tutte le opere
del Bardo, in particolare sull’Amleto, che a suo parere aveva un forte potere tragico e
un afflato emozionale importante, oltre ad una tecnicità drammatica senza pari,
superiore persino alle tragedie latine, greche e francesi.

A Prévost va riconosciuto il merito di aver introdotto Shakespeare in Francia e                      Abbé Prévost, engraving
soprattutto di aver proposto un nuovo modello drammatico, un gusto letterario                         by G.F. Schmidt (1745)
all’inizio forse disorientante per i costumi culturali dell’epoca, ma che egli seppe
rendere interessante e accattivante ai loro occhi.
SHAKESPEARE IN FRANCIA - Letteratura teatrale europea e americana 2019 2020 Cristina Consiglio - UniBa
Shakespeare in Francia
                                                             Il Settecento

           Una delle voci più preziose per l’approdo di Shakespeare in
           Francia è quella di Voltaire (pseudonimo di François-Marie
           Arouet , 1694-1778), filosofo, drammaturgo, storico, scrittore,
           poeta, saggista francese.
           Le sue opere mordaci gli causarono periodi di esilio fuori Parigi,
           tra cui si ricordano i tre anni trascorsi a Londra tra il 1726 e il 1729,
           dove egli fu affascinato e attratto dalla monarchia costituzionale
           inglese, in contrasto con la monarchia assoluta francese, e dalla
           maggiore libertà di parola e di religione che si respirava in
           Inghilterra.

           Voltaire entrò quasi immediatamente in contatto con uomini di
           cultura liberale, scrittori e filosofi come Walpole, Swift, Pope e
           Berkeley, studiò e apprezzò le opere di Locke, maturando idee
           illuministe sempre più libertarie. Imparò ben preso a scrivere e
Voltaire   leggere in inglese. Sviluppò dunque un forte interesse per la
           letteratura inglese e in particolare per le opere di Shakespeare.
SHAKESPEARE IN FRANCIA - Letteratura teatrale europea e americana 2019 2020 Cristina Consiglio - UniBa
Shakespeare in Francia
                                                                             Il Settecento

Appassionato di teatro, Voltaire assistette a numerosi spettacoli shakespeariani e fu
negativamente colpito dal continuo susseguirsi di assassini, incesti, follie, canti grotteschi
e personaggi bizzarri. Eppure, ritracciò in questi passaggi ogni volta un’energia
prorompente e una bellezza che lo colpirono, tanto che egli stesso provò a riportare in
francese alcuni passi delle opere del Bardo.

Voltaire fu infatti il primo a citare Shakespeare in Francia intorno al 1730, evidenziandone
il genio e l’energia ed esprimendo quel sentimento che avrebbe tradotto il comune sentire
dei francesi nei confronti del Bardo, una mescolanza di curiosità e scetticismo.
Di sua mano ricordiamo
          - un adattamento del Julius Caesar nel 1731
          - la traduzione del soliloquio To be or not to be nel 1734
SHAKESPEARE IN FRANCIA - Letteratura teatrale europea e americana 2019 2020 Cristina Consiglio - UniBa
Le traduzioni francesi del teatro shakespeariano
La prima traduzione di testi scelti di Shakespeare apparve tra il 1746 e il 1749, il
Bardo viene inserito in un’antologia sul teatro inglese e presentato come una
‘curiosità’ nel panorama generale. Si tratta dei primi quattro tomi del Théatre
Anglois di Pierre Antoine Laplace (1707-1793). Shakespeare compare nel primo
volume con una decina di piéce e i riassunti di quasi tutte le altre opere (la trama
di Romeo e Giulietta, per esempio, occupa solo sette righi!).

Subito dopo Laplace, si ricordano le traduzioni di Jean François Ducis (1733-
1816), poeta e drammaturgo francese. Ducis tradusse
         - Hamlet nel 1769
         - Roméo et Juliette nel 1772
e ancora Re Lear (1783), Re Giovanni (1791) e Otello (1792).

La traduzione di Ducis dell’Amleto è la prima e unica traduzione per il teatro in
alessandrini, portata in scena alla Comedie Française dal 1769 al 1852 ma
scompaiono lo spettro e i becchini e buona parte delle morti violente. I
personaggi sono divisi tra l’amore e il senso del dovere, come in Corneille.
Amleto piange molto e minaccia di togliersi la vita ma non muore alla fine             Pierre Antoine Laplace
dell’opera (riduzioni simili si raccontano anche per Macbeth e Romeo e Giulietta).
Le traduzioni francesi del teatro shakespeariano
                         Il drammaturgo utilizzò per il suo rifacimento la traduzione di
                         Laplace degli anni Quaranta perché non era in grado di leggere il
                         testo in lingua originale, come ammette nella prefazione alla sua
                         opera:
                                    «Non capisco affatto l’inglese e ho avuto il coraggio di
                                    presentare Amleto sulle scene francesi. Tutti conoscono il
                                    valore del Théatre Anglois di M. De La Place. È proprio in
                                    seguito a quest’opera preziosa che ho voluto realizzare una
                                    delle più singolari tragedie shakespeariane».

                         Ducis conferì a tutti i personaggi una nuova sensibilità che
                         rispecchiasse la tendenza romantica dell’epoca in Francia. Il risultato
                         fu una riscrittura per la scena a partire dalla pessima traduzione di
                         Letourneur e De Laplace, con drastica semplificazione delle trame e
                         della psicologia dei personaggi.
   Jean-François Ducis
                         Nonostante le violente critiche di Voltaire, le sue opere riscossero
                         ugualmente un grande successo, a partire dalla prima dell’Amleto
                         alla Comedie Française di Parigi nel 1769, opere poi rappresentate
                         anche in altri paesi del continente europeo, compresa l’Italia.
Le traduzioni francesi del teatro shakespeariano
La prima traduzione integrale in francese dell’opera completa di
Shakespeare sarà curata e pubblicata da Pierre Le Tourneur (1737-1788)

    Shakespeare traduit de l’anglois, dédié au roi (1776-1782)
Le Tourneur pone la sua impresa come sola via d’accesso in Francia al
teatro di Shakespeare e Shakespeare come solo esempio da seguire nel
tentativo di riformare l’asfittica drammaturgia classica. La pubblicazione
del primo tomo suscita l’ira dell’ottuagenario Voltaire che scrive la
celebre lettera indirizzata all’Academie Française in cui antepone e
oppone alla moda passeggera di Shakespeare la perfezione della
tragedia raciniana.

Il 25 agosto 1776 la lettera di Voltaire viene letta pubblicamente e il re   Pierre Le Tourneur
Luigi XVI (a cui la traduzione era dedicata) apparve infastidito.

Sottoscrittori della traduzione erano tanto i sovrani francesi quanto i
regnanti inglesi.
Shakespeare traduit de l’anglois, dédié au roi (1776-1782)
Erano tre i firmatari della lettera al re per chiedere che la traduzione fosse autorizzata:

- Il Conte di Catuelan, nobile bretone che aveva visto recitare Garrick a Londra
- Pierre Le Tourneur, avvocato, studioso di retorica, traduttore
- Jean Fontaine-Malherbe, versificatore e autore di tragedie, commedie e drammi.

La traduzione diviene un lavoro di gruppo e le singole opere non sono firmate, tranne Roméo et
Juliette, ad opera di Catuelan.
Siamo dinanzi a uno dei primi esempi di ‘teatro da poltrona’, pensato per la lettura più che per la
rappresentazione, un’idea che in Francia si configura come rivoluzionaria. Quando si traduceva per il
teatro, come aveva fatto Ducis, bisognava attenersi e rispettare i protocolli della Comedie Française,
il che però snaturava l’originale drammaturgia shakespeariana.

La fonte inglese a cui Le Torneur si rivolse è l’edizione del teatro shakespeariano di Samuel Johnson
(1765). Si tratta di una traduzione che sacrifica il verso, che offre una versione ‘non letterale’ ma
‘esatta e veramente fedele’, con una certa attenzione per la prosodia, i silenzi, le pause all’interno
delle battute, riprendendo quanto proposto dall’edizione di Johnson, come per quanto riguarda la
scansione in atti e scene, sempre presente in Johnson.
Shakespeare traduit de l’anglois, dédié au roi (1776-1782)
Il contesto editoriale in cui appare la traduzione di Le Tourneur prevedeva traduzione di opere
italiane, spagnole e tedesche (si ricordano in particolare Alfieri, Calderon e Schiller), parallelamente a
edizioni di autori francesi classici.

Shakespeare traduit de l’anglois diventa il punto di partenza per la ricezione di Shakespeare nella
Francia del Romanticismo e per lo sviluppo di tale corrente culturale. Sarà l’edizione che leggerà il
giovane Stendhal o quella a cui farà riferimento Hugo e resterà una guida per tutte le edizioni
successive.

Nel 1820 Guizot ne propone una riedizione ‘riaccomodata’ eliminando la prefazione che era stata un
manifesto per un’intera generazione di drammaturghi. È importante infatti ricordare la prefazione di
Le Tourneur alla sua edizione, meglio nota come Discorso delle differenti prefazioni.

Si tratta del primo documento in lingua francese che analizzi il teatro e la figura di Shakespeare
proponendo a un pubblico ampio una sintesi delle principali posizioni della critica inglese. L’idea di Le
Tourneur è quella di ridimensionare quello che in Francia si pensava fosse il primato del teatro
francese rispetto alle altre tradizioni letterarie europee. Le Tourneur rielabora passaggi di Johnson,
Rowe e Pope.
Shakespeare traduit de l’anglois, dédié au roi (1776-1782)
  Nella prefazione leggiamo un elogio incondizionato di Shakespeare che ha saputo eccellere in tutti i
  generi e persino crearne di nuovi, al pari degli antichi (come con la tragicommedia The Merchant of
  Venice).

            «Se questo grande uomo fosse nato ad Atene, è così certo che Aristotele non avrebbe
            voluto adottare altri principi?»

  Quello che più viene discusso è sempre la mescolanza tra i generi, i toni, la presenza di giochi
  metateatrali. Si parlerà quindi di ‘dramma’ come di opera drammatica, non necessariamente tragedia o
  commedia. Shakespeare viene considerato un paradigma illustre, opposto alle fredde conversazioni
  della tragedia e della grande commedia francesi.
  Ragionare sul teatro shakespeariano diventa il pretesto per denunciare l’inutilità delle unità
  aristoteliche, a eccezione dell’unità di azione, perché «causano più problemi al poeta che piacere allo
  spettatore».

            «Se il nostro cuore prende parte all’interesse che in noi suscitano i personaggi della tragedia,
            non è perché questi sono eroi o re ma perché sono uomini e infelici» (Beaumarchais)

            «Shakespeare ha visto l’umanità e non si è rifiutato di dipingerne anche le cose volgari. Ha
            saputo afferrare la natura ovunque la trovasse e ha saputo svolgere tutte le pieghe del cuore
            umano senza mai allontanarsi dalle scene ordinarie della vita» (Le Tourneur)
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi
Shakespeare era un incanto per il pubblico francese dei primi
dell’Ottocento e l’evento cardine furono le rappresentazioni portate
in scena a Parigi da una compagnia di attori inglesi.

Tra le presenze in scena si ricordano Charles Kemble ed Edmund
Kean, entrambi però non nel pieno delle energie (e neppure del
successo), William Macready come unico attore degno di nota nei
panni di Otello e Harriet Smithson, attrice poco nota ma molto
brava sia come Ofelia che come Giulietta.                                  William Macready

Si trattava di rappresentazioni in inglese, agli spettatori veniva
fornito un libretto col testo a fronte tradotto, si trattava di qualcosa
di completamente nuovo per il pubblico francese e tuttavia anche lo
stile iperclassico delle scene francesi stava cambiando.

Non si trattava più, però, di interpretazioni fisicamente statiche e
secondo una declamazione solenne, gli attori iniziano a muoversi
sul palco, a modulare la voce… ma mai quanto avrebbero fatto gli
attori inglesi che apparivano naturali, che dialogavano come se
fossero al chiuso di un interno domestico.
                                                                                              Harriet Smithson
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi

                         Tra gli spettatori illustri di queste rappresentazioni in lingua inglese si
                         ricordano Alexandre Dumas, Victor Hugo, Alfred De Musset, Theophile
                         Gautier e Hector Berlioz.

                                   «Da quando avevo iniziato ad avere un’idea di teatro, era la prima
                                   volta che osservavo le vere passioni a teatro e uomini e donne in
                                   carne e ossa sul palco… le interpretazioni degli attori inglesi mi
                                   hanno lasciato senza fiato, provo emozioni che non riesco a
                                   descrivere e la mia mente è percorsa da nuovi bagliori di luce»
                                                                                      (Dumas)

                         Stando alle reazioni registrate dalla stampa della stagione del 1827-1828, si
                         può presupporre che la scuola inglese avesse dettato legge abbastanza in
                         fretta per quanto riguarda le messe in scena e che avesse colto la qualità
                         delle performance degli artisti inglesi tanto quanto tutto ciò che fu giudicato
                         come stravaganze e difetti.
     Hector Berlioz
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi
 Interessante il dibattito sulle rappresentazioni di Amleto.

 È settembre del 1827 quando dalle pagine del periodico Globe si acclama alla comparsa di Amleto sulle scene
 francesi «in tutta la sua verità», nonostante i limiti dell’imperfetta comprensione della lingua inglese, «ha
 qualcosa che è impossibile trovare altrove».
 Inevitabile che si sottolinei come difetto «la duplicità di interesse e di azione» nel far procedere parallelamente
 la trama di vendetta e la follia e la morte di Ofelia, difficilmente conciliabili.

 Il pubblico è sconvolto e al tempo stesso attratto da quelli che vengono definiti «gli orrori di Amleto», «le
 tracce di una natura selvaggia che il genio incolto di Shakespeare ha impresso all’opera».

 Pochi giorni dopo, sempre nel settembre 1827, il periodico Le Corsaire riconoscerà l’inferiorità dell’Amleto di
 Ducis, accusato di non aver saputo seguire in modo adeguato il suo modello originale e di non averne colto le
 potenzialità. Il dramma proposto da Ducis risulta infatti «monotono, freddo» mentre quello portato in scena
 dalla compagnia inglese è capace di coinvolgere il pubblico nonostante «le buffonerie e dei dettagli che
 offendono la nostra ragione».
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi
 Furono tanti gli intellettuali che negli anni Venti dell’Ottocento diventarono assidui frequentatori dell’Odeon,
 della Salle Favart e dei teatri parigini che via via si aggiungevano all’elenco dei luoghi che aprivano le porte alle
 compagnie di attori inglesi.

 Tra questi vi era Charles Nodier (1780-1844), scrittore ed entomologo francese, un precursore nell’apprezzare
 Shakespeare, che già nel 1801 aveva pubblicato un saggio con estratti delle opere del bardo, intitolato Pensées
 de Shakespeare, extraites de ses ouvrages, con molte osservazioni sull’autore e sulla sua produzione.
 Era dunque un grande ammiratore di Shakespeare, ma non aveva ancora assistito ad una messa in scena.
 L’occasione si presentò con la prima dell’Amleto nel 1827, un evento che lo riempì di ardore ed entusiasmo.
 Si ricordano in particolare le sue parole da un articolo apparso sul periodico culturale Mercure du XIX siècle:

           «L'istituzione del teatro inglese a Parigi è uno di quegli eventi i cui risultati da soli possono far
           apprezzare tutta l'importanza ... Tutto era nuovo per noi in questo spettacolo inglese... Non avevamo
           idea, bisogna dirlo, delle proporzioni di questa immensa tragedia che abbraccia un paese, un'era, una
           storia e che porta davanti ai nostri occhi tutti gli stati, tutti i secoli, tutti gli incidenti di questa storia,
           di questi tempi, di questo paese con una lingua che si intona continuamente alle persone e alle cose
           ... Shakespeare è diventata per noi una conquista, una conquista più pacifica e duratura di quelle che
           ci arricchiscono, al prezzo di saccheggi e di sangue, della guerra e della vittoria»
L’Ottocento - Shakespeare sulle scene francesi
 Altre figure di spicco della scuola romantica francese, come Dumas, De Musset, il compositore Hector Berlioz e
 lo stesso Victor Hugo vissero queste serate a teatro come un’iniziazione.

 Essi, così come altri drammaturghi che seguirono la stagione teatrale del 1827 non furono solo colpiti dal modo
 di recitare e dai dettagli interpretativi della compagnia inglese, ma anche dalla struttura drammatica delle
 opere shakespeariane, così diversa e spesso dissonante rispetto a quella fino ad allora conosciuta e adottata.
 Quel modo nuovo di fare teatro veniva percepito come un potenziamento, una sorta di espansione delle
 possibilità della messa in scena. Shakespeare diventa quasi un modello estetico, sicuramente un esempio a cui
 fare riferimento, come nel caso delle opere scritte da Victor Hugo (1802-1885).

 Come Voltaire, anche Hugo visse dei periodi di esilio in Inghilterra in seguito al regime dispotico e antiliberale
 imposto da Napoleone III a partire dal 1851. Al contrario del suo illustre predecessore, tuttavia, Hugo non
 imparò mai davvero l’inglese e non ebbe molti contatti con gli intellettuali inglesi.

 Sulla scia delle novità introdotte dalle performance del 1827,
 Hugo introdusse dei cambiamenti nelle proprie opere teatrali.
 Sebbene lo si ricordi in particolare come scrittore, Hugo compose
 due opere che segnarono una nuova via per il teatro francese ottocentesco.
Shakespeare sulle scene francesi - Victor Hugo

 Hugo scrisse per il teatro il dramma storico Cromwell (1827) e il dramma Hernani (1830).
 Egli fu tra i primi in Francia a polemizzare sulle norme del teatro classico e a sovvertirle, partendo dal rifiuto
 delle unità aristoteliche e superando l’obbligo di bienséance, cioè del divieto di usare parole ritenute volgari o
 troppo colloquiali per il linguaggio teatrale, esaltando il grottesco, «una delle supreme bellezze del dramma,
 che non è soltanto un’opportunità, ma spesso una necessità».

 Del Cromwell si ricorda in particolare la prefazione. Tra le sue pagine Hugo rivolge a Shakespeare parole di
 elogio, ne esalta ogni aspetto fino a paragonarlo ad una divinità, «ce dieu du theatre» e al tempo stesso sintesi
 di una trinità composta dal genio di Corneille, Beaumarchais e Molière, le cui opere erano state una delle tre
 principali conquiste della musa della poesia.

           «Ecco cosa ha saputo fare tra tutti, in un modo che è suo e che sarebbe tanto inutile quanto
           impossibile imitare, Shakespeare, questo dio del teatro, nel quale sembrano riuniti, come in una
           trinità, i tre grandi geni caratteristici della nostra scena: Corneille, Molière e Beaumarchais»

 Così come l’età primitiva era culminata nella Bibbia e l’antichità nell’epica omerica, così l’età moderna aveva
 prodotto Shakespeare, che aveva creato il dramma portando il mondo a parlare della vita, dell’umanità e della
 realtà.
Shakespeare sulle scene francesi - Victor Hugo

 Nella prefazione al Cromwell, Hugo usa toni iperbolici e vortici descrittivi per raccontare l’età di Shakespeare e
 accosta il Bardo rinascimentale a Milto e a Dante come precursore della poesia moderna, ineguagliabile
 motore umano e intellettuale del suo tempo:

 «È venuto il momento in cui l’equilibrio tra i due principi sta per stabilirsi. Un uomo, un poeta re, poeta sovrano,
 come dice Dante di Omero, sta per fissare ogni cosa. I due geni rivali uniscono la loro doppia fiamma e da
 questa fiamma nasce Shakespeare. Eccoci giunti alla sommità dei tempi moderni. Shakespeare è il Dramma; e
 il dramma, che fonde in uno stesso alito il grottesco e il sublime, il terribile e il buffo, la tragedia e la commedia,
 il dramma è il carattere proprio della terza epoca della poesia, la letteratura attuale»

 E ancora:

 «È dunque nel dramma che tutto viene a finire nella poesia moderna. Il Paradiso perduto è un dramma prima
 di essere un’epopea […]. Quanto a Dante Alighieri, egli ha terminato il suo temibile inferno e ne ha richiuso le
 porte, non gli resta più che dare un nome alla sua opera; l’istinto del suo genio gli fa vedere che questo poema
 multiforme è un’emanazione del dramma, non dell’epopea; e sul frontespizio del gigantesco monumento,
 scrive con la sua penna di bronzo: Divina Commedia. Si veda dunque che i due soli poeti dei tempi moderni che
 siano della statura di Shakespeare aderiscono alla sua unità […]. Dante e Milton sono in qualche modo i due
 archi rampanti dell’edificio di cui lui è il pilastro centrale, i contrafforti della volta di cui lui è la chiave».
Shakespeare sulle scene francesi - Victor Hugo e Alexandre Dumas

 Nel 1865 Victor Hugo scrive un saggio intitolato Shakespeare, testo celebrativo delle traduzioni complete fatte
 da suo figlio François-Victor Hugo (si tratta di una traduzione molto coraggiosa che non sacrifica le arguzie, le
 metafore e le oscenità. È inoltre la prima traduzione che includa anche i Sonetti.

 Se una delle prime immagini a cui Hugo aveva paragonato Shakespeare era stata una quercia, vediamo che nel
 saggio del 1865 Shakespeare diventa l’oceano, la terra, l’esistenza, toute la nature, la cima di una montagna,
 torrenti di lava, vegetazione, luci e fiamme. Nonostante l’entusiasmo di Hugo, l’opinione pubblica francese non
 accolse di buon grado questo secondo tentativo di introdurre Shakespeare in Francia.

 Con Hugo, Alexandre Dumas padre (1802-1870) fu tra i maggiori rappresentanti del romanzo storico e del
 teatro romantico francese. Egli reagì quasi con esaltazione alla visione dell’Amleto all’Odèon. Per lui questo
 incontro con le opere di Shakespeare e il teatro inglese fu un’autentica rivelazione.

           «Erano uomini di teatro che avevano dimenticato di essere su un palco; era una vita costruita
           trasformata in vita vera dal potere dell’arte; era la realtà della parola e del gesto che trasformava gli
           attori in creature viventi in carne e ossa, dotate di ogni virtù, passione, debolezza, piuttosto che in
           eroi impassibili e ampollosi. O Shakespeare, merci! O Kemble et Smithson, merci! Merci à mon Dieu,
           merci à mes anges de poèsies!»
Shakespeare sulle scene francesi - Alexandre Dumas

                               Una volta dispiegatogli innanzi il repertorio shakespeariano, Dumas lo studiò,
                               capì, sezionò, ritrovando una summa delle qualità drammatiche di Corneille, la
                               passione di Schiller, la vena comica di Molière e la filosofia di Goethe. Grazie
                               anche alla libertà espressiva degli attori inglesi sul palco e ai contenuti portati in
                               scena, Dumas, ispirato ma, soprattutto, incoraggiato, riuscì a trasformare le sue
                               idee, troppo imbrigliate nelle norme tradizionali imposte dal teatro classico, in
                               opere sceniche vincenti.

Un primo frutto della sue letture e del suo interessamento a Shakespeare fu un dramma storico in versi,
Christine, composto per il teatro nel 1828 e portato in scena nel 1839 all’Odèon in una versione rivisitata.
Fu allora che fece il suo secondo tentativo rifacendosi alle opere del bardo con il dramma storico in prosa
“Henri III et sa Court”, proposto a teatro nel 1829, dove si assiste agli intrighi di corte durante il regno del re
Enrico III di Francia.

Rappresentato per la prima volta alla Comèdie Francaise nel febbraio del 1829, con Mademoiselle Mars and
Joanny, due attori allora molto famosi, nei due ruoli principali e alla presenza anche del duca D’Orléans e di
molti ospiti illustri, lo spettacolo fu un successo strepitoso e portò alla ribalta un quasi sconosciuto Dumas. La
performance fu riproposta con successo per oltre trentotto serate, un’enormità per i tempi.
Shakespeare sulle scene francesi - Alexandre Dumas
 Il fatto che un’opera del genere, cosi nuova per i francesi e composta da un francese, avesse avuto tutto questo
 successo e fosse stata portata in scena in uno dei teatri più importanti di Francia denota un cambio di attitudini
 e di richieste teatrali notevoli e significative, come poi confermerà l’Hernani di Hugo dell’anno successivo.
 Sull’onda del successo, nel 1831, andò in scena Antony, ritenuto il primo dramma romantico ma non storico, il
 cui protagonista era un personaggio byroniano contemporaneo. A questo fanno seguito La Torre di Nesle,
 melodramma storico e in particolare Kean, nel 1836.

 Per Dumas Shakespeare, ma soprattutto la compagnia inglese che lo portò alla ribalta in Francia, fu
 significativo anche per la creazione della sua opera più originale: Kean, où desordre et gènie (1836), un’opera
 liberamente tratta dalla vita dell’attore britannico Edmund Kean e quasi un indiretto omaggio agli attori
 inglesi, al loro modo di recitare e alla via dell’innovazione che avevano aperto in Francia nel modo di fare
 teatro, sulla quale Dumas rifiutò sempre alcuna rivisitazione circa l’accuratezza storica e alla quale anche
 Sartre fece riferimento nel 1953 per una sua opera.

 Se Dumas è colpito e riporta nei suoi lavori soprattutto le caratteristiche e le peculiarità più immediate e visibili
 sulla scena delle opere di Shakespeare, Hugo ne fa uno studio più profondo e accurato. Le performance della
 compagnia in inglese furono per lui quasi una conferma del cambiamento culturale che aveva già percepito.
Shakespeare sulle scene francesi - Hector Berlioz
 Ma di tutti gli intellettuali romantici che assistettero all’Odeon di Parigi alla storica prima dell’Amleto,
 probabilmente colui che ne rimase maggiormente impressionato fu Hector Berlioz (1803-1869), compositore
 e intellettuale dal temperamento romantico che già aveva avuto modo di conoscere e ammirare Shakespeare
 attraverso la lettura delle opere di Letourner, ma che, vedendo dal vivo uno spettacolo in lingua originale con
 attori inglesi, definì lo spettacolo come “un’epifania”. Nelle sue mèmoires egli stesso scriverà:

                    «An English company came over to Paris to give a season of Shakespeare at the Odèon,
                    with a repertory of plays then quite unknown in France, I was at the first night of Hamlet. In
                    the role of Ophelia I saw Henriette Smithson, who five years later became my wife. The
                    impression made on my heart and mind by her extraordinary talent, nay her
                    dramatic genius, was equalled only by the havoc wrought in me by the poet she
                    so nobly interpreted. That is all I can say.
                    Shakespeare, coming upon me unawares, struck me like a thunderbolt. The lightning
                    flash of that discovery revealed to me at a stroke the whole heaven of art,
                    illuminating it to its remote corners. I recognized the meaning of grandeur, beauty,
                    dramatic truth, and I could measure the utter absurdity of the French view of
                    Shakespeare, which derives from Voltaire […] I saw, I understood, I felt….That I
                    was alive and that I must arise and walk.»

 Il compositore fu in grado di tradurre il linguaggio poetico shakespeariano forse meglio di chiunque altro suo
 contemporaneo proprio per la sua capacità di tramutare le parole in musica.
Shakespeare sulle scene francesi - Hector Berlioz
 Berlioz compose ispirandosi a sei opere teatrali di Shakespeare; la prima fu La Tempete, in forma di Fantasie,
 inizialmente portata in scena nel 1830 all’Académie Royale de Musique e successivamente riadattata per
 diventare la parte conclusiva del Lèlio, où retour à la vie, melologo la cui composizione terminò nel 1832.
 Nel 1831 scrisse l’overture del Roi Lear, mentre la composizione di musica sinfonica Romèo et Juliette fu
 eseguita in scena nel 1839.
 All’ Amleto sono legate due composizioni di musica per voci: La mort d’Ophelie e la Marche Funebre per
 l’ultimo atto.

 Infine ci sono due lavori di repertorio operistico con riferimento alle opere di Shakespeare nella loro struttura: il
 setting dell’atto IV de LesTroyens del 1858, ispirato al Mercante di Venezia, e l’esuberante variazione di Much
 Ado About Nothing della sua opera Bèatrice e Bènèdict, un’opéra comique in due atti eseguita per la prima
 volta in Germania nel 1862, il cui libretto fu scritto dallo stesso Berlioz.

 Ogni opera, pubblicazione, testo del compositore fu ispirato dall’amore e dalla storia, a tutti gli effetti
 romantica per quanto fu tormentata, che egli ebbe con l’attrice Henriette Smithson. Berlioz fu colpito e
 letteralmente ossessionato dalla sua bellezza e dalla sua presenza scenica fin dalla prima dell’Amleto, in cui la
 giovane irlandese fece a lungo parlare di sé per la sua magistrale interpretazione di Ofelia, e probabilmente
 proiettò su di lei tutta la sua personale ricerca di un teatro e di un’arte iperbolica e struggente, profondamente
 lirica, che l’attrice sapeva perfettamente incarnare e che simboleggiava un po’ tutta la produzione
 shakespeariana.
Shakespeare sulle scene francesi
 Nonostante l’elogio di Hugo e l’esibire con quasi letteraria ostentazione la sua convinzione che Shakespeare
 fosse un caposaldo della letteratura fino ad allora esistita, l’ardore emotivo che Berlioz aveva saputo trasporre
 nelle sue opere, i continui riferimenti che ne aveva fatto Dumas e l’accoglienza benevola che opere e attori
 inglesi avevano avuto tra gli intellettuali francesi del tempo, l’ingresso in Francia di Shakespeare, specie con
 l’avanzare del secolo, si fece sempre più controverso.

 La curiosità e il successo delle opere del bardo, anche grazie alla diffusione che queste avevano avuto nei teatri
 parigini, sia con compagnie inglesi che con attori francesi che ne avevano seguito le orme, non riuscirono
 tuttavia a buttar giù muri di diffidenza e di perplessità della società francese.

 Shakespeare era ormai all’apogeo dell’attenzione e dell’emulazione in Europa e la Francia aveva grandemente
 contribuito alla diffusione delle sue opere, soprattutto attraverso le numerose messe in scena, ma, una volta
 avvenuto ciò, sembrò quasi che i francesi ne prendessero le distanze, che avessero in un certo senso superato
 questa fase, cercando altrove o tornando a riconsiderare le proprie radici.

 Gli scritti di Hugo su Shakespeare miravano nel contempo sia a risvegliare nei suoi connazionali l’ardore
 rivoluzionario che a liberare la letteratura e il teatro da quei paletti prodotti dal privilegio e dalle imposizioni
 classiche e accademiche.
Shakespeare sulle scene francesi
 Shakespeare, evocando la bruttezza, la deformità, il sangue e le atroci nefandezze di cui è capace l’uomo, era
 riuscito ad andare oltre l’artificioso, ad abbattere le imposizioni dimostrando le possibilità artistiche di sondare
 altre sfere taciute del mondo, attraverso una produzione letteraria che andava oltre i confini e abbracciava le
 infinite possibilità esistenti attorno e all’interno dell’essere umano, proponendo un’infinita serie di variazioni,
 rinnovi o fallimenti.

 In Postscriptum de ma vie (1901), Hugo, nel capitolo dedicato ai “Grands Hommes”, tra cui Shakespeare, con il
 suo stile apologetico e metaforico si scaglia contro Voltaire e le critiche che egli aveva mosso:

           «Shakespeare, c’est le sauvage ivre? Oui, sauvage ! C’est l’habitant de la forêt vierge ; oui, c’est ivre,
           c’est le buveur d’Idéal. C’est le géant sous les branchages immenses ; c’est celui qui tient le grand
           coup d’or et qui a dans les yeux la flamme de toute cette lumière qu’il boit. Shakespeare, comme
           Eschyle, comme Job, comme Isaïe, est un de ces omnipotents de la pensée et de la poésie, qui,
           adéquats, pour ainsi dire, au tout mystérieux, ont la profondeur même de la création, et qui, comme
           la création, traduisent et trahissent cette profondeur par une profusion de formes et d’images, jetant
           au dehors les ténèbres en fleurs, en feuillages, en sources vives»

 Pur tuttavia, le idee di Voltaire a proposito del bardo e riguardo le sue opere, sempre al confine tra la
 perfezione e l’abominio, continuarono ad aleggiare nel sentire comune dei francesi anche tempo dopo la sua
 morte e anni dopo i suoi scritti sulla questione.
Bibliografia
 The Memoirs of Hector Berlioz, Member of The French Institute. Tr. And ed.By David Cairns, London Victor
 Gollanz LTD, ed.1969

 Shakespeare goes to Paris. How the Bard conquered France, by John Pemble, Hambledon and London, 20051

 Il teatro di Shakespeare in Francia. La stagione parigina del 1827-1828. Tesi di laurea in Letteratura inglese, di
 Angela Petruzzelli , 2019
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