Servirebbero tre pianeti! - la nostra Impronta Ecologica aggiornamento 2004
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servirebbero tre pianeti! la nostra Impronta Ecologica aggiornamento 2004 Provincia di Bologna Assessorato Ambiente
“servirebbero tre pianeti!” MATHIS WACKERNAGEL NOTA Il calcolo e l’aggiornamento dell’impronta ecologica sono stati realizzati per l’Assessorato Ambiente da Cras s.r.l. Centro ricerche applicate per lo sviluppo sostenibile Sul sito web www.provincia.bologna.it/ambiente/impronta_ecologica è scaricabile tutto il materiale relativo al primo calcolo dell’impronta ecologica della provincia, condotto in base al Living Report 2000. Questa pubblicazione riporta l’aggiornamento effettuato nel 2004 in base al Living Report 2002. In termini operativi è stato condotto utilizzando tali dati sul foglio di calcolo adeguato ai nuovi parametri. Calcolo dell’impronta ecologica della Provincia – ottobre 2004 AGGIORNAMENTO SULLA BASE DEL LIVING PLANET REPORT 2002 Gruppo di lavoro Coordinamento Arch. Guglielmo Bilanzone Arch. Maria Pietrobelli Elaborazioni e supporto tecnico Ing. Michele Munafò Dott. Roberto de Luca Dott. Alessandro Asprella Ing. Giuliano Cecchi
INDICE Breve intervista a Thomas Wackernagel 1. introduzione 2. il concetto dell’impronta ecologica 3. l’impronta ecologica del mondo e dell’Italia premessa all’aggiornamento 2004 4. parametri di aggiornamento del calcolo 5. risultati 6. bibliografia
Breve intervento di Thomas Wackernagel alla prima presentazione dell’impronta ecologica della Provincia di Bologna Bologna - 5 luglio 2002 Mathis Wackernagel e William Rees per primi hanno messo a punto questo metodo di rappresentazione del'impatto dell'uomo sulla Terra. Autori di Our Ecological Footprint (L'impronta ecologica; Edizioni Ambiente, 1996. A cura di Gianfranco Bologna) in cui si spiega la teoria dell'impronta ecologica anche ai non addetti ai lavori. Il calcolo dell’Impronta della Provincia di Bologna, dei singoli comuni ed il calcolatore per valutare la propria impronta personale, sul sito Internet: www.provincia.bologna.it/ambiente/impronta_ecologica/ M. Wackernagel: grazie per essere venuti a vedere l'impronta dei rifiuti più bella del mondo… Nella mia vita personale cerco di ridurre la mia impronta ecologica, ma l'esperimento questa volta non ha funzionato molto bene; dobbiamo trovare soluzioni migliori. Cosa sta succedendo ora al mondo? Ci sono due storie in contrasto su come funziona questo mondo. C'è chi dice che ogni giorno è sempre meglio: più cioccolata, più gelato, più case. C'è invece chi dice che ogni giorno è sempre peggio: meno specie, più rifiuti e un mondo peggiore. Chi ha ragione? Entrambe le visioni sono giuste; stanno succedendo entrambe le cose. Mentre stiamo consumando la capacità ecologica reale stiamo anche e peggiorando l'ambiente. E per mostrare tutto ciò con dei numeri abbiamo lavorato con il WWF redigendo il Rapporto sul Pianeta Vivente [Living Planet Report 2002] per mostrare questo andamento. Da una parte mostra che negli ultimi trent'anni la densità di specie selvagge è diminuita del 30%, mentre allo stesso tempo la pressione dell'uomo è aumentata drammaticamente. Come facciamo a misurare questo? Usiamo l'impronta ecologica, che ha due parti: da una parte quanta natura abbiamo a disposizione, e dall'altra quanta ne utilizziamo. Abbiamo solo un pianeta. Di questo pianeta più o meno il 25% è ecologicamente produttivo, cioè produce massa vegetale. A scuola impariamo che la circonferenza del pianeta è di 40mila chilometri e siamo in circa 6 miliardi, quindi ogni studente riesce a calcolare che abbiamo a disposizione 1,8 ettari a testa. Questo è il budget su cui possiamo contare, quindi se qualcuno vi chiede che cosa significa “sostenibilità”, è molto semplice: come possiamo avere la migliore vita all'interno di questo budget limitato che abbiamo. Come abbiamo detto, un ettaro è circa un campo da calcio, quindi questi 1,8 ettari sono la media pro capite. “Pro capite” significa che noi siamo una specie, ma ce ne sono altre diecimila, quindi non possiamo usare tutti gli ettari a disposizione. Quanta ne usiamo? Questo è quello che misuriamo con l'impronta ecologica, ma è una sottostima di quello che in realtà consumiamo per non esagerare. Questa impronta ecologica viene misurata tenendo conto dell'area necessaria per produrre l'energia, le risorse che utilizziamo, per esempio per produrre gli alimenti, per costruire case, per consumare, per smaltire l'inquinamento che provochiamo, per esempio con l'anidride carbonica. Vi faccio ora vedere i risultati segreti, perché ancora non li abbiamo ufficializzati - lo faremo il 17 luglio. Come vi ho mostrato, sono disponibili 1,8 ettari del mondo, mentre l’impronta ecologica media mondiale è di 2,3. Con la nuova metodologia il numero calcolato per il consumo italiano grazie anche ai metodi della FAO ha reso questa impronta più piccola di quella che è in realtà. Il
motivo per cui varia questa cifra è dovuto alle differenti metodologie che si usano per calcolarla. Comunque possiamo vedere già così che comparando il dato italiano con quello mondiale ci vorrebbero più di due pianeti per mantenere il consumo italiano. Se tutti al mondo vivessero come gli italiani stanno vivendo in questo momento, ci vorrebbero più di due pianeti. La capacità, la biocapacità italiana è ancora inferiore a questo dato: è 1,3, quindi ci vorrebbero 3 Italie per sostenere lo stile di vita italiano. Il mondo ama l’Italia e siamo molto tristi che invece ce ne sia soltanto una… Come è possibile che l’impronta ecologica sia più ampia della sua capacità? Questo grafico mostra quanti pianeti abbiamo e quanti pianeti stiamo usando, e mostra anche come negli ultimi anni questo consumo sia salito. Adesso ci vorrebbero 1,3 anni per rigenerare quello che noi consumiamo in un anno. Come è possibile che riusciamo a consumare più velocemente di quanto riusciamo a rigenerare le risorse? Possiamo immettere nell'aria più anidride carbonica di quella che riusciamo a smaltire, possiamo usare più acqua di quella che è disponibile. Un consumo sarebbe sostenibile se riuscissimo a usare solamente quello che la natura riesce a produrre. Al giorno d'oggi usiamo la tecnologia per accedere al capitale e il flusso è molto ricco, è molto rapido. Noi siamo contenti ma il capitale sta diminuendo. Un altro modo per spiegarlo, è che usiamo, per riscaldare la nostra casa, i nostri stessi mobili. È una buona strategia se si hanno troppi mobili ma non è una buona strategia per condurre un'economia. (già messo prima il link alla pagine della provincia)Riassumerò che cosa possiamo fare perché questa impronta è utile per noi. Ci aiuta ad essere molto precisi rispetto al nostro fine. Non è l'unico scopo ma è quello necessario rispetto alla sostenibilità. Di certo avere un'impronta ecologica piccola non ci renderà più felici ma usare più di quello che è il nostro budget ci renderà più poveri. Ecco perché anche le banche hanno cominciato a guardare questi dati per valutare la sostenibilità dei paesi a lungo termine, e questo ci aiuta a pianificare quali strategie possano essere migliori. Ci aiuta anche a vedere il contesto, lo chiamiamo “l'effetto della cattiva coperta”: se è troppo piccola ci copriamo la testa e abbiamo i piedi scoperti, e se invece pensiamo che questa coperta diventi sempre più grande non riusciamo a risolvere i nostri problemi; risolviamo i problemi da una parte lasciandoli irrisolti da quell’altra. Dobbiamo guardare al budget intero. Finirò con una storia molto triste sulla Florida. In Florida c'è un villaggio che si chiama Key West. Duecento anni fa si guadagnavano da vivere costruendo fari in posti sbagliati, così le navi arrivavano fino a terra, fino alla sabbia, e queste persone dai fari li aiutavano a scaricare i beni che portavano sulle navi. Era un'economia molto buona. Purtroppo è esattamente quello che sta succedendo adesso nel mondo. Noi costruiamo degli indicatori che in realtà ostacolano l'economia invece di farla crescere. Key West è comunque un villaggio molto ricco perché hanno i soldi per le strutture, ci sono un sacco di turisti che vengono e portano ricchezza. Però questa per la terra non è una buona strategia perché non possiamo aspettare turismo dagli altri pianeti, quindi è bene avere buoni fari. Vorrei concludere con questa domanda: come riusciremo ad avere il gioco migliore in 1,8 ettari di campo di calcio? …credo che il bello dell'impronta ecologica sia che non dà delle soluzioni; semplicemente ci mette al corrente che c'è un budget limitato e ci indirizza a utilizzarlo nella maniera migliore e quindi invita alla creatività e all'immaginazione per trovare delle soluzioni per vivere all'interno della capacità che abbiamo e riuscire a negoziare in maniera giusta, equa.
1. INTRODUZIONE Questo libretto descrive gli esiti delle attività svolte per eseguire una stima dell’impronta ecologica della Provincia di Bologna intesa come comunità di cittadini che risiedono nel territorio provinciale. Rimandando all’ampia bibliografa per i necessari approfondimenti ricordiamo che la “teoria” dell’impronta ecologica è stata messa a punto e sperimentata a partire dalla fine degli anni ’80 da un gruppo di ricercatori dell’Università canadese della British Columbia, Dipartimento di Pianificazione Regionale, guidati da Mathis Wackernagel e Wiliam Rees. L’impronta ecologica è un indicatore aggregato e sintetico relativo allo stato di pressione umana sui sistemi naturali concettualmente abbastanza semplice e ad elevato contenuto comunicativo. L’impronta ecologica misura, infatti, il consumo alimentare, materiale ed energetico della popolazione umana sulla superficie terrestre o marina necessaria per produrre le risorse naturali o, nel caso dell’energia, sulla superficie terrestre necessaria ad assorbire le emissioni di anidride carbonica. L’impronta ecologica di una persona è data dalla somma di 6 differenti componenti: - la superficie di terra coltivata necessaria per produrre gli alimenti - l’area di pascolo necessaria per produrre i prodotti animali - la superficie di foresta necessaria per produrre legname e carta - la superficie marina necessaria per produrre pesci e frutti di mare - la superficie di terra necessaria per ospitare infrastrutture edilizie - la superficie forestale necessaria per assorbire le emissioni di anidride carbonica risultanti dal consumo energetico dell’individuo considerato e viene misurata in “unità di superficie”, equivalente ad un ettaro della produttività media del pianeta. Utilizzando opportuni indicatori è stato dimostrato che se tutti gli abitanti della terra consumassero energia, beni di consumo, alimenti, ecc.. allo stesso modo degli abitanti dei paesi più “avanzati” tutta le terra produttiva presente sul pianeta non sarebbe sufficiente. Calcoli di questo tipo, per quanto più agevoli se riferiti al mondo intero o a nazioni, è possibile eseguirli anche per entità più modeste. In particolare, negli ultimi anni, sempre più spesso vengono effettuate stime per determinare l’impronta ecologica di città ed insiemi di città quali comuni o province. Si dimostra che nella grande maggioranza dei casi le città “consumano” molto più suolo di quello che avrebbero a disposizione se non esistessero fenomeni di “trasferimento” del capitale naturale. Ad esempio, se è vero che le città sono fonte di emissione di CO2 (a causa del traffico, del riscaldamento, ecc.), nella maggior parte dei casi è anche vero che non hanno a disposizione il quantitativo di boschi e foreste necessario per assorbire la quantità di inquinanti da loro prodotta. Il discorso è valido anche per i consumi alimentari e per gli altri tipi di consumo in quanto è possibile determinare quanta superficie per abitante sarebbe necessaria per “sostenere” (senza degradare, quindi, in maniera irreversibile le risorse) la vita di quell’abitante. Ovviamente se lo stile di vita dei cittadini e le scelte di gestione del territorio che condizionano tale stile di vita sono più congruenti con la logica dello
sviluppo sostenibile, minore sarà l’impronta ecologica del singolo cittadino e, quindi, della città. Tenendo conto di queste brevi considerazioni appare evidente perché sempre più spesso il calcolo di questo particolare indicatore è suggerito per azioni di reporting ambientale e per verificare l’efficacia dell’adozione di politiche e provvedimenti ambientale a livello nazionale e locale. Purtroppo a questa crescita di popolarità dell’impronta ecologica non sempre corrisponde un adeguato bagaglio di conoscenze e di dati tali da poter eseguire stime assolutamente certe, soprattutto quando l’oggetto della stima è la pressione esercitata da comunità sub-nazionali (regioni, comuni, province). Infatti, il dato di input principale è costituito dalla stima dei consumi dei cittadini in tutte le diverse forme (alimentari, energetiche, materiali ed immateriali). Si tratta di un dato che, a livello di comunità nazionali, è relativamente agevole ricavare dal saldo fra produzione, importazione ed esportazione, dal bilancio energetico nazionale e da altre statistiche generalmente ampiamente disponibili. A livello locale tali bilanci non sono generalmente disponibili per cui spesso bisogna ricorrere a deduzioni indirette. Fra l’altro anche sul piano metodologico l’impronta ecologia subisce continui aggiornamenti che rendono non del tutto agevole la confrontabilità dei dati. Tenendo conto di questo quadro, nell’analisi e nell’uso dei risultati si raccomanda una ragionevole cautela soprattutto nel confronto con esperienze simili. Infatti la confrontabilità è operabile solo a parità di tecnica di stima dei consumi ed a parità di fattori di base. Tale cautela non sminuisce comunque il ruolo del calcolo dell’impronta ecologica che comunque fornisce ordini di grandezza e linee tendenziali che generalmente sono rappresentative di una situazione ottimistica per via delle semplificazioni intrinseche nella traduzione operativa del concetto di impronta ecologica. Infatti bisogna ricordare che l’impronta ecologica non prende in considerazione tutta la gamma degli inquinamenti e dello stoccaggio di scorie, non considera gli impatti sui beni culturali e sul paesaggio ed altri elementi che degradano le risorse naturali e la qualità della vita.
2. IL CONCETTO DI IMPRONTA ECOLOGICA Fra i diversi problemi che accompagnano l’applicazione dei principi dello sviluppo sostenibile quello della sua misurazione rappresenta un nodo cruciale. In realtà - anche prescindendo dal relativamente recente concetto sociale, politico ed economico dello sviluppo sostenibile - da quando si è preso atto dell’importanza di controllare l’impatto delle azioni umane sulla natura, molti sforzi sono stati rivolti alla costruzione di procedure e modelli in grado di fornire dati quantitativi sul livello di degradazione indotto dalla trasformazione del territorio e dal consumo di risorse. In occasione della conferenza di Rio venne autorevolmente affermata la necessità di “sviluppare indicatori di sviluppo sostenibile per fornire solide basi ai processi decisionali a tutti i livelli per contribuire a promuovere capacità di autoregolazione in senso sostenibile dei sistemi economici e ambientali”1 Da allora sul tema degli indicatori della sostenibilità si è sviluppato un ampio dibattito ed un’ampia sperimentazione che sino ad oggi non ha prodotto standard di riferimento, definizioni e modalità di impiego comuni. Una distinzione certa fra i diversi sistemi di misurazione della sostenibilità è quella basata sul livello di “concentrazione” dell’informazione ovvero sulla natura aggregata o meno dell’indicatore. Alcuni fra gli indicatori di sostenibilità di tipo aggregato: TMR, Total Material Requirements, riassuntivo dei flussi di materia e di energia nell’economia. LPI, Living Planet Index (media di indici inerenti la biodiversità). HDI, Human Development Index (media fra longevità, aspetti culturali e reddito); GPI, Genuine Progress Index come PIL integrato da fattori che tengono conto della qualità della vita, dell’inquinamento e del consumo di risorse non rinnovabili. Infine rientra a pieno titolo fra gli indicatori aggregati l’Ecological Footprint che misura in forma quantitativa univoca ed omnicomprensiva l’impatto dell’uomo sulla terra. Da un punto di vista teorico-concettuale non vi è nessuna difficoltà a definire l’impatto dell’uomo sulla natura. Una formulazione classica è data dalla seguente equazione2: I=PxAxT ove: I = impatto della specie umana sulla biosfera; P = popolazione presente sul pianeta; A = uso delle merci (intese in senso lato); T = tecnologia, cioè una misura della qualità tecnica delle merci prodotte (esprimibile, ad esempio, in quantità di agenti inquinanti correlati alla produzione e al consumo di una certa quantità di beni materiali). 1 Agenda 21, Rio de Janeiro, 1992 2 Cfr. M. Wackernagel e William E . Rees, «L’impronta ecologica», Edizioni Ambiente, Milano, 1996, pp. IV-V (introduzione del curatore).
Ovviamente il passaggio dalla formulazione teorica all’applicazione concreta implica difficoltà notevolissime che la teoria dell’impronta ecologica tende a risolvere. Un esempio tipico per spiegare la teoria dell’Impronta è quello di una città - o di una regione metropolitana - racchiusa in una cupola di vetro, che lasci entrare la luce ma che impedisca alle cose materiali di qualunque genere di entrare od uscire. La salute e l’integrità dell’intero sistema umano contenuto all’interno di questa cupola dipende interamente da ciò che vi è rimasto intrappolato all’inizio dell’esperimento. In queste condizioni, la popolazione e la vita economica contenute nella cupola, tagliate fuori dalle risorse vitali e dagli essenziali sistemi di assorbimento dei rifiuti, potrebbero solo morire di fame e soffocare. Il passo successivo prevede una nuova ipotesi: supponiamo che la città sperimentale sia circondata da un paesaggio diversificato, nel quale tutti i tipi di territorio ecologicamente produttivi (terre coltivate, pascoli, foreste e bacini idrici) siano rappresentati in proporzione alla loro attuale presenza sulla terra, e che la città abbia a disposizione una quantità di energia da combustibili fossili adeguata a sostenere gli attuali livelli di consumo e le sue tecnologie prevalenti. Supponiamo inoltre che la copertura di vetro sia elasticamente espandibile. A questo punto, la domanda è: quanto deve diventare grande la cupola perché la città possa sostenersi indefinitamente soltanto grazie agli ecosistemi terrestri e acquatici e alle risorse energetiche contenute all’interno della cupola stessa? In altre parole: qual è la superficie totale di ecosistemi terrestri necessaria per sostenere continuativamente tutte le attività sociali ed economiche della popolazione di quella città? Si deve tenere presente che va considerata anche la superficie di territorio necessaria per produrre risorse, ma anche per assimilare i rifiuti e per garantire varie funzioni non visibili, ma essenziali per la sopravvivenza. Per definizione: la superficie totale di ecosistema indispensabile all’esistenza continuativa della città costituisce, di fatto, la sua Impronta Ecologica sulla Terra. L’Impronta Ecologica di una città sarà proporzionale sia alla sua popolazione che ai consumi materiali pro capite. Per le moderne città industriali la superficie coinvolta è enormemente più vasta dell’area fisicamente occupata dalla città e spesso del territorio amministrativo che le compete. L’Impronta Ecologica comprende tutta la superficie di territorio necessaria per una certa popolazione, indipendentemente dal luogo del pianeta in cui quel territorio si trova: le città moderne sopravvivono grazie a beni e servizi ecologici ottenuti da tutto il resto del mondo, attraverso flussi naturali o tramite scambi commerciali. L’intuizione più importante dei ricercatori che hanno messo a punto il concetto di impronta ecologica risiede proprio nell’aver tradotto i complessi flussi di energia e di materia che caratterizzano la presenza e le attività umane sotto forma di domanda di superficie pro-capite di terra ecologicamente produttiva. Considerando che l’equazione precedente può essere trasformata in:
Impatto ambientale = Popolazione x Consumo pro capite x Impatto per unità di consumo possiamo rappresentare l’impatto per unità di consumo sotto forma di superficie di terra necessaria per produrre tale unità di consumo considerando tutti gli scambi di energia e di materia incorporati in tale produzione. Ciò significa associare ad ogni bene consumato (sia esso materiale che immateriale) quote di superfici di diverso tipo: Superficie di terra coltivata necessaria per produrre gli alimenti (superficie agricola) Area di pascolo necessaria a produrre i prodotti animali (superficie per pascolo) Superficie di foreste necessaria per produrre legname e carta (superficie forestale) Superficie di terra necessaria ad ospitare infrastrutture edilizie (superficie degradata, costruita o comunque non ecologicamente produttiva) Superficie di mare necessaria per produrre pesci e frutti di mare (superficie marina) Superficie forestale necessaria per assorbire la produzione di anidride carbonica risultante dal consumo energetico (superfici per produzione di energia) Ovviamente, a seconda del tipo di bene consumato, alcune tipologie di superfici non sono interessate. Ad esempio, se vogliamo valutare l’impronta dovuta al consumo di carne entra in gioco principalmente la voce “superficie per pascoli” e, per alcuni tipi di carni, anche la voce “superficie agricola” per via della necessità di produrre mangimi o foraggio. Nel caso del “consumo” di abitazioni entra in gioco principalmente la voce “superfici degradate” ma anche quella relativa alle “superfici forestali” per via del consumo di legname da costruzione. Una voce presente per tutti i tipi di consumi è quella relativa alla “superficie per produzione di energia”. Si tratta di uno degli aspetti più interessanti dell’impronta ecologica in quanto, sebbene sia evidente che ogni consumo incorpori una quantità notevole di energia legata al ciclo di vita del prodotto - energia per la produzione, energia per il trasporto del bene, ecc. - la traduzione di questo dato energetico in un dato di superficie rappresenta una sostanziale novità negli approcci di stima dell’impatto ambientale. Almeno 3 sono le giustificazioni logiche per convertire l’uso dell’energia fossile commerciale in una superficie di territorio equivalente. La prima e più ovvia si basa sull’assunto che un’economia sostenibile non dovrebbe sfruttare il capitale fossile, ma produrre continuamente l’energia che consuma in forme rinnovabili (ad esempio mediante la produzione di vegetali da cui estrarre etanolo) La seconda è che il terreno necessario per produrre energia in forme sostenibili corrisponde circa alla stessa superficie necessaria per assorbire l’eccesso di CO2 liberata dalla combustione di energia fossile
Il terzo, operativamente coincidente con il primo, è un argomento portato avanti dall’economista El Serafy, della Banca Mondiale. Egli propone essenzialmente che una società sostenibile possa usare le risorse non rinnovabili se rifornisce, allo stesso ritmo, un patrimonio di risorsa rinnovabile equivalente. Questa potrebbe essere considerata un’equità inter-generazionale, una precondizione per la sostenibilità. Perciò, questa stessa area potrebbe essere usata per far crescere foreste che, una volta mature, potrebbero rifornire carburante da biomassa. Questa conversione del consumo dell’energia commerciale fossile in terreno equivalente è concettualmente legata al territorio “fantasma” di Catton (1988), identificato come la terra presa in prestito dal passato, ed utilizzata oggi attraverso il consumo di carburanti fossili. A partire da questi assunti è stato dimostrato che ad un ettaro di superficie si può far corrispondere un consumo variabile fra gli 80 e 100 Gj (giga joule che corrisponde a circa 278 kWh). Tenendo conto di quanto detto, il calcolo dell’impronta ecologica dovuto ai consumi di una determinata comunità3 comporta prima di tutto la stima della capacità di carico appropriata da associare ad ogni tipo di consumo, tenendo conto che per ogni tipo di consumo di materiale o energia è richiesta una certa quota di suolo in varie categorie ecosistemiche, per fornire i flussi di risorse legati al consumo e l’assorbimento dei rifiuti. Per determinare la superficie totale di terreno necessaria a sostenere una particolare caratteristica di consumo, dobbiamo capire le implicazioni di uso del suolo di ogni categoria significativa del consumo. Dato che non è possibile valutare le richieste di terreno per procurare, mantenere, e mettere a disposizione ogni singolo bene di consumo, si possono limitare i calcoli alle categorie principali: Cibo Abitazioni Trasporti Beni di consumo Risorse incorporate nei servizi ricevuti “Risorse incorporate nei servizi ricevuti” indica la quantità di risorse necessaria per distribuire ed avere accesso ai servizi. Per esempio, generare un rendiconto bancario non richiede solo legno ed energia per produrre la carta per l’estratto conto, ma anche l’elettricità per azionare i computer, per mantenere e riscaldare l’edificio della banca, produrre documenti d’archivio interni, ecc. Si tratta di calcoli di una certa complessità che dovrebbero prevedere una attenta analisi del ciclo di vita del singolo prodotto o servizio in modo tale da identificare i diversi input di materia e di energia. Fortunatamente vengono in aiuto ricerche e studi eseguiti in diverse sedi che ci permettono di associare direttamente alle unità di consumo il dato relativo dell’impronta ecologica nelle sue diverse articolazioni. 3 In realtà il calcolo può essere effettuato anche per fattori causali diversi, ad esempio si può calcolare l’impronta ecologica di un manufatto (un ponte, un edificio, ecc.).
Resta il problema di valutare la quantità di consumi pro-capite dei diversi beni. In questo caso la difficoltà è inversamente proporzionale alla dimensione della comunità che si sta analizzando. Infatti se lo scopo ultimo è quello di analizzare l’impronta di una nazione, è possibile stimare la maggior parte dei consumi applicando la seguente relazione: Produzione + Importazione – Consumo pro-capite Esportazione = Abitanti Ovviamente se l’entità è sub-nazionale non si hanno più a disposizione dati di questo tipo per cui bisogna ricorrere a statistiche più dirette sui consumi delle famiglie che spesso sono espresse in forme non direttamente utilizzabili (sotto forma di spesa economica).
3. L’IMPRONTA ECOLOGICA DEL MONDO E DELL’ITALIA (LIVING PLANET 2000) Le elaborazioni sull’impronta ecologica delle nazioni sono contenute nel “Living Planet Report” dall’edizione del 2000 in poi, un rapporto sullo stato dell’ambiente che viene pubblicato da alcuni anni dal WWF internazionale. Il rapporto descrive lo stato del pianeta utilizzando il Living Planet Index (LPI) che è un indice a sua volta derivato da tre indici: quello degli ecosistemi forestali, quello delle popolazioni delle specie di acqua dolce, quello delle popolazioni delle specie marine. Con l’edizione del 2000 oltre all’LPI è stata calcolata l’impronta ecologica di tutte le nazioni della terra. In tale documento risulta che l’impronta ecologica globale è aumentata dal 1960 al 1996 di circa il 50%, con un incremento del circa 1,5% annuo. Fig. 1 - L’Impronta Ecologica del mondo dal 1961 al 1997 (Living Planet Report, 2000) La crescita dell’impronta ecologica globale della specie umana sui sistemi naturali nel periodo considerato indica che, intorno alla metà degli anni Settanta, l’umanità ha sorpassato il punto in cui viveva entro i limiti della capacità rigenerativa globale degli ambienti del pianeta. Nel 1996 vi erano 12,6 miliardi di ettari di terra biologicamente produttiva che coprivano appena un quarto della superficie terrestre. Questi erano formati da 1,3 miliardi di terra coltivata, 4,6 miliardi di ettari di pascolo, 3,3 miliardi di ettari di foreste, 3,2 miliardi di ettari di superficie marina disponibile per le attività di pesca e 0,2 miliardi di ettari di terreno edificato. Questa disponibilità equivale a 2,2 ettari per ognuna delle 5,7 miliardi di persone che popolavano la terra nel 1996 (nel 1999 abbiamo superato i 6 miliardi di abitanti). Tuttavia, considerando che almeno il 10% dello spazio biologicamente produttivo totale dovrebbe essere lasciato indisturbato per il resto delle specie presenti sul pianeta, lo spazio procapite disponibile si riduce a 2,0 unità di superficie disponibili a persona.
L’impronta ecologica media mondiale nel 1996 era di 2,85 unità di superficie a persona. Questo dato supera di circa il 30% l’attuale capacità ecologica disponibile per ogni individuo o anche di più, se parte dello spazio viene riservato alle altre specie. In altre parole, nel 1996, l’impronta ecologica dell’umanità era di circa il 30% superiore rispetto all’area disponibile. Questa eccedenza porta inevitabilmente ad un graduale esaurimento delle risorse naturali della terra. Nella Fig. 2 viene riportato il valore dell’Impronta Ecologica nelle diverse aree del mondo. La larghezza delle colonne dell’istogramma è direttamente proporzionale alla popolazione, l’altezza rappresenta l’Impronta Ecologica procapite, mentre l’area è proporzionale all’Impronta totale. L’Italia presenta un’impronta ecologica pari a 5,51 unità di superficie a persona, con una popolazione al 1996, pari a 57.366.000 abitanti, a fronte di una sua capacità ecologica di 1,92 unità di superficie a persona. Questo significa che la capacità ecologica dell’Italia non è sufficiente a soddisfare l’attuale consumo di risorse dei suoi abitanti. Fig.2 L’Impronta Ecologica nelle diverse aree del mondo nel 1996 (Living Planet Report, 2000) Si registra, pertanto, in Italia, un deficit ecologico di 3,594 unità di superficie a persona, fornito dalla differenza tra la superficie biologicamente produttiva e l’impronta ecologica della popolazione. In pratica, per sostenere gli attuali livelli di consumo degli italiani, sarebbero necessarie altre due Italie. 4 Il deficit ecologico aumenta a 4,34 unità di superficie se consideriamo la responsabilità per la preservazione della diversità biologica calcolando il deficit secondo la seguente formula: Deficit ecologico = Capacità ecologica – (Impronta ecologica / 88% ) (Wackernagel et al., 2000).
Dati simili si riscontrano per numerosi paesi industrializzati (gli Stati Uniti, ad esempio, hanno un’impronta ecologica di 12,22 unità di superficie a persona rispetto ad una capacità biologica di 5,57 unità di superficie procapite) mentre i paesi poveri, in particolare quelli dell’Africa subsahariana, presentano impronte ecologiche molto basse (ad esempio, l’Etiopia ha un’impronta ecologica di 0,85 unità di superficie procapite).
4. AGGIORNAMENTO 2004 (LIVING PLANET 2002) Il calcolo dell'impronta ecologica è stato eseguito per la Provincia di Bologna nel 2001 avendo a riferimento dati di input relativi o comunque riportati al 1999 e parametri di calcolo riferibili alle elaborazioni eseguite nell'ambito del Living Planet Report (LPR) 2000. L'esigenza di aggiornare il calcolo deriva dalle profonde modifiche metodologiche intervenute nel LPR 2002 che hanno portato ad una revisione abbastanza consistente dei valori di impronta ecologica delle nazioni. Per comprendere la portata delle variazioni si tenga presente che l’Impronta Ecologica dell’Italia è passata da 5,51 unità di superficie/procapite calcolate nel LPR 2000 a 3,84 ha globali/procapite calcolate nel LPR 2002. Per una più approfondita spiegazione delle modifiche apportate e dei motivi alla base di tali modifiche si rimanda al contributo di M. Wackhernagel, Chad Monfreda e Elie Murarie "Improvements to national footprint accounts since the living planet report 2000" del 23 maggio 2002 pubblicato sul sito di Redifining Progress. In tale documento si spiega il contenuto specifico delle modifiche che hanno riguardato i dati di base ed i criteri di calcolo dei valori unitari di impronta ecologica dei coltivi, dello sfruttamento forestale, delle risorse marine, del consumo di combustibili fossili ed i fattori di equivalenza. Lo stesso cambiamento di unità di misura mostra l'evoluzione avvenuta sul piano metodologico. Infatti nel Living Planet Report 2000 era stato introdotta l'unità di superficie procapite equivalente ad un ettaro di superficie con produttività pari a quella media del pianeta. Al fine di meglio tener conto della diversità di produttività dei vari tipi di suolo con il Living Planet Report 2002 è stato introdotto l'ettaro globale procapite (hag oppure gha) equivalente ad un ettaro di spazio bioproduttivo in rapporto alla produttività media globale. In altri termini un ettaro di terra altamente produttivo rappresenta più "ettari globali" rispetto alla stessa superficie di terreno meno produttivo. Il passaggio da ettari di superficie con produttività media ad ettari globali avviene mediante "fattori di equivalenza" che sono cambiati significativamente fra le due successive emissioni del Living Planet Report. La metodologia di calcolo e tutti i dati utilizzati sono scaricabili all’indirizzo web: www.provincia.bologna.it/ambiente/impronta_ecologica/downloads.htm L'impronta ecologica Il ricalcolo dell'impronta ecologica con la metodologia ed i parametri di riferimento proposti nel Living Planet Report 2002 porta ad un significativo ridimensionamento dell'impronta ecologica della provincia di Bologna. Infatti l'impronta ecologica risulta pari a 4,53 hag/procapite da confrontare con i 3,84 hag/procapite del dato nazionale. Si tratta di un dato leggermente più alto di quelli delle regioni settentrionali il cui dato di impronta ecologica è stato stimato in un
recente lavoro condotto dal WWF Italia su mandato del Ministero dell'Ambiente5 ed in altri lavori6. Tab. 2 - Impronta ecologica della Provincia di Bologna Terra Terra Terra per agricol Pascoli Foreste Mare Totale Degr. energia a Consumi alimentari 0,26 0,84 0,15 0,00 0,00 0,22 1,48 Abitazioni, energia e 0,80 0,00 0,00 0,08 0,00 0,00 0,89 consumo di suolo Trasporti 0,55 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,55 Altri beni 0,45 0,09 0,02 0,13 0,00 0,00 0,70 Servizi e rifiuti 0,56 0,00 0,00 0,28 0,08 0,00 0,92 Totale 2,63 0,94 0,17 0,49 0,09 0,22 4,53 Fonte: nostra elaborazione Tale valore dell’impronta ecologica è da imputare per il 57,9% al consumo di “terra energetica” ovvero di quella quantità di superficie che serve per assorbire la CO2 emessa a seguito della produzione di energia indirettamente (energia incorporata nei beni) o direttamente (energia elettrica per usi domestici, gas, benzina, gasolio,ecc) consumata. Il 20,6% è, invece, imputabile al terreno agricolo, il 10,8% alle superfici forestali ed il restante 10,6% è ripartito fra pascoli, terreno degradato e mare. Per quanto riguarda le “responsabilità” dei diversi consumi in linea con tutte le elaborazioni eseguite, i consumi alimentari costituiscono la causa principale dell'impronta. Nel caso specifico incidono per il 32,6% seguiti, con livelli intorno al 20%, da abitazioni e servizi e quindi da altri beni (15,5%) e trasporti (12,1 %). Fig. 3 - Impronta ecologica della Provincia di Bologna in relazione al dato nazionale e delle Regioni 5 Cfr. Ministero dell'Ambiente - WWF Italia (op. cit.). Da segnalare che il calcolo è stato eseguito in maniera approfondita per le regioni dell'Obiettivo 1 del QCS 2000-2006 ed in maniera speditiva per le altre regioni. 6 Cfr. la valutazione fatta per la Regione Toscana in Bilanzone G., "Tecniche e metodi di calcolo dell'impronta ecologica: il caso della Toscana", atti del Convegno "Gli indicatori della Sostenibilità", Rete Agende 21L della Toscana - Comune di Firenze, Firenze 10 giugno 2002.
5 4,5 4 hag/procapite 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 Abruzzo Lazio Marche Molise Calabria Friuli Venezia Giulia Liguria Puglia Sicilia Toscana Veneto Prov. Di Bologna Italia Basilicata Sardegna Trentino – Alto Adige Umbria Valle d’Aosta Campania Lombardia Piemonte Emilia – Romagna Fonte: Living Planet Report 2002 (Italia); Ministero dell'Ambiente - WWF Italia "L'impronta ecologica delle regioni dell'obiettivo 1 del QCS 2000/2006", Edicoprint, Roma, aprile 2004 (Regioni); ns. elaborazione (Prov. di Bologna) Tab. 3 - Distribuzione dei diversi contributi all’impronta ecologica (%) CONSUMI ALIMENTARI 32,6% Tipologia di ABITAZIONI 19,5% consumi TRASPORTI 12,1% ALTRI BENI 15,5% SERVIZI 20,2% Totale 100,0% TERRA PER ENERGIA 57,9% TERRA ARABILE 20,6% Tipologia di impronta PASCOLI 3,8% FORESTE 10,8% TERRENO DEGRADATO 1,9% MARE 4,9% Totale 100,0% Fonte: nostra elaborazione
Fig. 4 - Ripartizione per tipo di impronta e tipo di consumo 4,90% 1,90% 20,20% 10,80% 32,60% 3,80% 57,90% 15,50% 20,60% 12,10% 19,50% TERRA PER ENERGIA CONSUMI ALIMENTARI TERRA ARABILE ABITAZIONI PASCOLI TRASPORTI FORESTE TERRENO DEGRADATO ALTRI BENI MARE SERVIZI Fonte: nostra elaborazione Per quanto riguarda i Comuni, la tabella 4 riassume gli esiti delle stime eseguite tenendo conto, con la metodologia utilizzata nel precedente calcolo, di alcuni consumi specifici rilevabili a livello comunale e di proporzionamenti di altri, rispetto alle medie provinciali, in funzione di dati sul reddito delle famiglie. Il Comune con la maggiore impronta ecologica procapite è Bologna con 4,90 hag/procapite mentre quello con il valore più basso è Grizzana Morandi con 3,66 hag/procapite. Il 15% dei comuni ha una impronta superiore a 4,5 hag/procapite. Si tratta di Bologna, di alcuni comuni che gravitano sul Capoluogo e di altri fra i più importanti della Provincia. Il 20% ha una impronta compresa fra 3,5 e 4 hag/procapite mentre la maggior parte, pari al 65% si pone su posizioni intermedie comprese fra 4 e 4,5 hag/procapite. Solo nell'8% dei comuni l'impronta ecologica è inferiore a quella media nazionale. Si tratta, oltre al già citato Grizzana Morandi, di Castiglione dei Pepoli, Granaglione, Castel di Casio e San Benedetto Val di Sambro. Fig. 5 - Distribuzione dei comuni in funzione dei valori dell'impronta ecologica Meno di 4 gha/procapite Fra 4,5 e 4 gha/procapite Oltre 4,5 gha/procapite - 5 10 15 20 25 30 35 40 Numero comuni Fonte: nostra elaborazione Tab. 4 - Graduatoria dei comuni in funzione dell'impronta ecologica Impronta Impronta n. Comune n. Comune hag/proc. hag/proc 1 Bologna (comune) 4,90 31 Baricella 4,14 2 San Lazzaro di Savena 4,76 32 Camugnano 4,13
3 Granarolo dell'Emilia 4,65 33 Lizzano in Belvedere 4,12 4 Calderara di Reno 4,56 34 Castel d'Aiano 4,11 5 Bentivoglio 4,55 35 Porretta Terme 4,10 6 Pianoro 4,55 36 Molinella 4,08 7 Sasso Marconi 4,54 37 Marzabotto 4,08 8 Casalecchio di Reno 4,54 38 Monghidoro 4,08 9 Argelato 4,51 39 Castello d'Argile 4,08 10 Ozzano dell'Emilia 4,48 40 Savigno 4,07 11 Anzola dell'Emilia 4,45 41 Imola 4,07 12 Castenaso 4,44 42 Loiano 4,06 13 Monteveglio 4,40 43 Medicina 4,05 14 Zola Predona 4,40 44 Dozza 4,04 15 San Giorgio di Piano 4,39 45 Castello di Serravalle 4,04 16 Crespellano 4,36 46 Monterenzio 4,04 17 San Giovanni in Persiceto 4,36 47 Fontanelice 4,01 18 Budrio 4,35 48 Monzuno 4,01 19 Bazzano 4,35 49 Galliera 3,95 20 Pieve di Cento 4,34 50 Castel del Rio 3,93 21 Castel Maggiore 4,32 51 Gaggio Montano 3,92 22 Monte San Pietro 4,32 52 Casalfiumanese 3,91 23 Minerbio 4,31 53 Castel Guelfo di Bologna 3,90 24 Castel San Pietro Terme 4,30 54 Mordano 3,88 25 Sala Bolognese 4,27 55 Borgo Tossignano 3,85 26 Sant'Agata Bolognese 4,27 56 San Benedetto Val di S. 3,77 27 Crevalcore 4,24 57 Castel di Casio 3,72 28 San Pietro in Casale 4,24 58 Granaglione 3,71 29 Vergato 4,21 59 Castiglione dei Pepoli 3,67 30 Malalbergo 4,17 60 Grizzana Morandi 3,66 Fonte: nostra elaborazione
Fig. 6 - Impronta ecologica dei comuni della provincia di Bologna gha/procapite Zola Predosa Vergato Savigno Sasso M arconi Sant'Agata Bolognese San Piet ro in Casale San Lazzaro di Savena San Giovanni in Persiceto San Giorgio di Piano San Benedett o Val di Sambro Sala Bolognese Porret t a Terme Pieve di Cento Pianoro Ozzano dell'Emilia M ordano M onzuno M ont eveglio M ont e San Piet ro M ont erenzio M onghidoro M olinella M inerbio M edicina M arzabot to M alalbergo Loiano Lizzano in Belvedere Imola Grizzana M orandi Granarolo dell'Emilia Granaglione Galliera Gaggio M ontano Font anelice Dozza Crevalcore Crespellano Cast iglione dei Pepoli Castenaso Castel San Piet ro Terme Cast el M aggiore Cast ello di Serravalle Cast ello d'Argile Cast el Guelf o di Bologna Cast el di Casio Cast el del Rio Cast el d'Aiano Casalf iumanese Casalecchio di Reno Camugnano Calderara di Reno Budrio Borgo Tossignano Bologna (comune) Bentivoglio Bazzano Baricella Argelato Anzola dell'Emilia Bologna (Provincia) ITALIA* 0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 Fonte: nostra elaborazione e Living Planet Report 2002 (Italia)
Fig. 7 - Distribuzione geografica dei valori dell'impronta ecologica dei Comuni della provincia di Bologna Fonte: nostra elaborazione
Deficit/surplus ecologico Anche per la valutazione del deficit o surplus ecologico è stato rinnovato il calcolo sulla base degli aggiornamenti metodologici intervenuti. Ricordiamo che il deficit o surplus ecologico è dato dalla differenza fra capacità biologica disponibile nel territorio ed impronta ecologica della comunità che abita tale territorio. La capacità biologica è calcolata nel modo seguente (Wackernagel et al., 2000): Capacità biologica = Area ⋅ Fattore di rendimento ⋅ Fattore di equivalenza Dove il fattore di rendimento è un fattore correttivo che rappresenta la maggiore o minore produttività del paese (nel nostro caso l’Italia) rispetto alla media mondiale, per ognuna delle sei categorie, mentre il fattore di equivalenza rappresenta la capacità di produrre biomassa di una singola categoria ecologica di un terreno rispetto alla media mondiale e serve per rendere confrontabile il valore della capacità biologica con quello dell’impronta e riportare entrambe le grandezze in ettari globali. Per la stima della capacità biologica del territorio provinciale e comunale, come per il precedente calcolo, si sono utilizzati i dati di uso del suolo ricavati dal CORINE Land Cover7 in formato vettoriale e si è proceduto alla sovrapposizione, mediante strumenti GIS, degli stessi con i limiti amministrativi. In tal modo si sono ricavate informazioni sulla superficie impiegata per ogni tipo di utilizzo e per le singole regioni. La conferma della scelta del CORINE Land Cover è stata dettata dal fatto che, avendo una copertura uniforme, sia come scala sia come classi, su tutto il territorio europeo, gli esiti dell'applicazione possono essere facilmente confrontata con altri ambiti di studio nel contesto nazionale ed europeo. Come già ricordato sono invece cambiati i valori dei fattori di rendimento e di equivalenza. Quelli che sono utilizzati nell'aggiornamento del calcolo sono rappresentati nella tabella 5. Gli esiti della valutazione a livello provinciale sono rappresentati nella tabella 6 e nelle Fig. 8 e 9. Dalla loro lettura si evince che a livello provinciale si verifica un deficit ecologico pari a 2,56 hag/procapite. A livello comunale il 75 % dei comune si trova in una situazione di deficit ed il restante 25% in una situazione di surplus. 7 Il database del CORINE Land Cover (CLC) fa parte di un progetto iniziato nel 1985 dalla Commissione Europea, mirante a fornire informazioni qualitative e quantitative sull’uso del suolo.
Tab. 5 - Categorie di aree ecologicamente produttive, fattori di rendimento e di equivalenza Fattore di Fattore di Categoria di area rendimento equivalenza Superficie di terra coltivata necessaria per produrre gli 1,89 2,11 alimenti (superficie agricola) Area di pascolo necessaria a produrre i prodotti animali 10,47 0,47 (superficie per pascolo) Superficie forestale necessaria per assorbire la produzione di anidride carbonica risultante dal consumo 1,40 1,35 energetico (superficie per energia) Superficie di terra necessaria ad ospitare infrastrutture edilizie (superficie degradata, costruita o comunque non 1,89 2,11 ecologicamente produttiva) Superficie di foreste (superficie forestale) 1,40 1,35 Aree marine (mare) 1,00 0,35 Fonte: (Wackernagel et al., 2000; WWF International, 2002) Fig. 8 - Capacità ecologica dei comuni Fonte: nostra elaborazione
Tab. 6 - Capacità e deficit/surplus ecologico Impronta Capacità Deficit/Surpl Ecologica Ecologica us hag/procapit hag hag e /procapite /procapite Bologna (Provincia) 4,53 1,98 -2,56 ANZOLA DELL'EMILIA 4,45 1,44 -3,01 ARGELATO 4,51 1,72 -2,80 BARICELLA 4,14 3,34 -0,80 BAZZANO 4,35 0,95 -3,40 BENTIVOGLIO 4,55 4,56 0,01 BOLOGNA 4,90 0,14 -4,76 BORGO TOSSIGNANO 3,85 3,50 -0,34 BUDRIO 4,35 3,12 -1,23 CALDERARA DI RENO 4,56 1,38 -3,18 CAMUGNANO 4,13 11,82 7,69 CASALECCHIO DI RENO 4,54 0,20 -4,34 CASALFIUMANESE 3,91 9,33 5,41 CASTEL D'AIANO 4,11 7,05 2,93 CASTEL DEL RIO 3,93 12,14 8,21 CASTEL DI CASIO 3,72 4,21 0,49 CASTEL GUELFO DI BOLOGNA 3,90 3,50 -0,40 CASTEL MAGGIORE 4,08 0,78 -3,30 CASTEL SAN PIETRO TERME 4,04 1,22 -2,82 CASTELLO D'ARGILE 4,32 2,59 -1,73 CASTELLO DI SERRAVALLE 4,30 3,71 -0,59 CASTENASO 4,44 1,06 -3,37 CASTIGLIONE DEI PEPOLI 3,67 2,93 -0,74 CRESPELLANO 4,36 1,94 -2,42 CREVALCORE 4,24 3,50 -0,75 DOZZA 4,04 1,74 -2,30 FONTANELICE 4,01 5,21 1,20 GAGGIO MONTANO 3,92 3,80 -0,12 GALLIERA 3,95 2,92 -1,03 GRANAGLIONE 3,71 3,84 0,14 GRANAROLO DELL'EMILIA 4,65 1,63 -3,03 GRIZZANA MORANDI 3,66 5,90 2,24 IMOLA 4,07 1,27 -2,80 LIZZANO IN BELVEDERE 4,12 9,18 5,06 LOIANO 4,06 4,29 0,23 MALALBERGO 4,17 2,96 -1,21
Cont. Tab. 6 Impronta Capacità Deficit/Surplu Ecologica Ecologica s hag/procapite hag/procapite hag/procapite MARZABOTTO 4,08 3,35 -0,73 MEDICINA 4,05 4,79 0,74 MINERBIO 4,31 2,27 -2,04 MOLINELLA 4,08 3,87 -0,21 MONGHIDORO 4,08 4,12 0,04 MONTE SAN PIETRO 4,04 2,51 -1,53 MONTERENZIO 4,32 5,65 1,34 MONTEVEGLIO 4,40 2,81 -1,59 MONZUNO 4,01 3,20 -0,80 MORDANO 3,88 2,10 -1,78 OZZANO DELL'EMILIA 4,48 1,08 -3,40 PIANORO 4,55 2,14 -2,41 PIEVE DI CENTO 4,34 0,93 -3,41 PORRETTA TERME 4,10 1,97 -2,13 SALA BOLOGNESE 4,27 3,11 -1,16 SAN BENEDETTO VAL DI SAMBRO 3,77 3,32 -0,45 SAN GIORGIO DI PIANO 4,39 2,07 -2,32 SAN GIOVANNI IN PERSICETO 4,36 1,92 -2,43 SAN LAZZARO DI SAVENA 4,76 0,58 -4,18 SAN PIETRO IN CASALE 4,24 2,75 -1,49 SANT'AGATA BOLOGNESE 4,27 2,43 -1,84 SASSO MARCONI 4,54 2,21 -2,33 SAVIGNO 4,07 7,01 2,94 VERGATO 4,21 2,58 -1,63 ZOLA PREDOSA 4,40 0,91 -3,49
Fig. 9 - Deficit/surplus ecologico Fonte: nostra elaborazione
6. BIBLIOGRAFIA Riferimenti bibliografici utilizzati per l'aggiornamento del calcolo 2004 • Bilanzone G. (Cras s.r.l. - Centro Ricerche Applicate per lo Sviluppo Sostenibile) “Tecniche e metodi di calcolo dell'impronta ecologica: il caso della Toscana”, atti del Convegno “Gli indicatori della Sostenibilità”, Rete Agende 21L della Toscana - Comune di Firenze, Firenze 10 giugno 2002 • Ministero dell'Ambiente - WWF Italia “L'impronta ecologica delle regioni dell'obiettivo 1 del QCS 2000/2006”, Edicoprint, Roma, aprile 2004. • WWF, WCMC-UNEP, Redefining Progress, Centre for Sustainability Studies, Living Planet Report 2000, WWF International, 2002. • Chambers N., Simmons C., Wackernagel M., “Manuale delle impronte ecologiche”, Edizioni Ambiente, 2002, Milano. • Wackhernagel M., Monfreda C., Murarie E., “Improvements to national footprint accounts since the living planet report 2000”, 23 maggio 2002 pubblicato sul sito di Redifining Progress. Bibliografia già citata nella relazione di presentazione del calcolo 2001 • Ambiente Italia, Impronta ecologica della città di Torino, 2001. • Bilanzone G., Pietrobelli M., “L’impronta ecologica delle città: un’applicazione sperimentale in tre piccole città del nord, del centro e del sud”, 2° Congresso IAED, Isernia, 3-5 dicembre 1998. • Bilanzone G., Paolella A., Pietrobelli M., “Progressi nella valutazione dell’impronta ecologica dei comuni: il caso di Siena”, Attenzione, rivista WWF per l’ambiente e il territorio, n° 10, settembre 2000. • Bologna G., “Verso l’Eco-Economia. La nostra Impronta ecologica”, Attenzione, rivista WWF per l’ambiente e il territorio, n° 11, gennaio 2001. • Borgrström Hansson, Carina and M. Wackernagel, "Mapping place and accounting space: How to re-embed the human economy" Ecological Economics (in press) 1998 • Chambers N., Simmons C., Wackernagel M., “Sharing Nature Interest”, Earthscan Publication Ltd, London, 2000. • Holmberg John, Ulrika Lundqvist, Karl-Henrik Robèrt and M. Wackernagel, "The Ecological Footprint from a Systems Perspective of Sustainability", Chalmers University, The Natural Step and Anáhuac University of Xalapa (accepted: Journal for Sustainable Development), 1998. • Onisto Larry and M. Wackernagel, “A New Approach for Assessing National Membership Dues for International Organizations: Making Fees Reflect Nations' Ecological Impact on the Planet” Special report to Maurice Strong, United Nations, New York. November 1998.
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