Rassegna stampa - Fondazione AquaLAB

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19-07-2021                                                   Aqualab WebMonitoring

Microplastiche ................................................................................................................................... 1
      Stampa ........................................................................................................................................ 2
            1. 16-07-2021 - Il Venerdì di Repubblica - Le microisole di plastica nei nostri mari ............... 2
      Web .............................................................................................................................................. 3
            1. 13-07-2021 - rinnovabili.it - Microplastiche negli oceani, ecco il satellite che le può
                   individuare ...................................................................................................................... 3
            2. 12-07-2021 - greenreport.it - Sos fiumi italiani: abbondano microplastiche e rifiuti .......... 5
            3. 12-07-2021 - lanuovaecologia.it - Fiumi italiani “osservati speciali” tra microplastiche e
                   rifiuti ............................................................................................................................... 8
Scenario Idrico ................................................................................................................................ 10
      Stampa ...................................................................................................................................... 11
            1. 16-07-2021 - La Repubblica - Catastrofe climatica il maltempo fa strage in Germania e
                   Belgio ............................................................................................................................ 11
            2. 16-07-2021 - La Stampa - Dal clima allarmi sempre più potenti il tempo per salvarci è già
                   scaduto ......................................................................................................................... 13
      Web ............................................................................................................................................ 15
            1. 16-07-2021 - ansa.it - Germania: Anbi, sono gli effetti del clima, basta cemento ............ 15
            2. 16-07-2021 - ansa.it - WWF: in Germania disastro climatico, accelerare taglio CO2 ....... 16
            3. 16-07-2021 - greenme.it - Nel silenzio generale, l’Italia sta affrontando una delle peggiori
                   siccità mai viste: le risorse idriche si stanno esaurendo ............................................... 18
            4. 15-07-2021 - rinnovabili.it - PoliMi-gruppo CAP insieme per accelerare l’innovazione nel
                   sistema idrico integrato ................................................................................................ 20

Aqualab WebMonitoring
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                        Microplastiche

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Il Venerdì di Repubblica - ALEX SARAGOSA                                                     16-07-2021

Le microisole di plastica nei nostri mari

Id: 50832
Data di inserimento: 2021-07-16
AVE: € 969,85
Readership: 892500
Contenuto:

ltro che Pacifico: anche l' Italia ha la sua "isola di
plastica", solo che non si vede, perché composta
di miliardi di microparticelle nelle acque fra
Corsica e Toscana. Lo rivelano i risultati della
campagna di Greenpeace "Difendiamo il mare
2020", che in barca a vela ha portato un gruppo
di ricercatori del Cnr e dell' Università delle
Marche a raccogliere campioni di acqua e di
organismi viventi nell' alto Tirreno,
analizzandone il contenuto in microplastiche,
pezzetti sotto i 5 millimetri derivanti dalla
disgregazione di oggetti più grandi. «I campioni
di acqua superficiale hanno rivelato un
contenuto in microplastiche dagli 0,2-0,6 pezzi
per metro cubo in Liguria e nell' Arcipelago
toscano ai 4 fra Corsica e Toscana, dove le
correnti concentrano i rifiuti galleggianti» spiega
Francesca Garaventa, ecotossicologa del Cnr.
Possono sembrare cifre basse, ma 4
microplastiche per metro cubo vuol dire che ci
sono circa 2,5 milioni di pezzetti per chilometro
quadrato di mare, contro i 350 mila stimati
nell'"isola" del Pacifico. E in profondità va molto
peggio: «Analizzando, per la prima volta in Italia, il contenuto di microplastiche 10 metri sotto la
superficie, abbiamo scoperto che nel canale di Corsica ce n' erano 30 pezzi per metro cubo, all' isola
del Giglio 117 e alla foce dell' Arno 253» prosegue Garaventa. Come mai così tanti? «I pezzetti si
coprono pian piano di batteri e alghe, diventando più pesanti e affondando. Il risultato è che ben il 40
per cento dei pesci e mitili prelevati contenevano microplastiche, con una media di 7,6 pezzi ad
esemplare. Da altre analisi di laboratorio risulta che non sono tanto le plastiche in sé a essere
dannose, ma i coloranti o gli altri additivi aggiunti ai prodotti commerciali e rilasciati con l' erosione
della plastica. Non è escluso che provochino danni alla salute anche a chi si ciba degli animali marini
contaminati». Che fare ? «Limitare all' indispensabile l' uso della plastica, riciclandola e smaltendola al
meglio possibile. Per evitare l' afflusso di microfibre, provenienti dal lavaggio dei tessuti, dovremmo
dotare di filtri appositi lavatrici e depuratori fognari». Intanto la campagna "Difendiamo il mare 2021"
di Greenpeace continua nelle acque dell' Adriatico. a in superficie e in profondità, il tirreno è infestato
da miliardi di minuscole particelle. che rischiano di contaminare anche il pesce. lo svela l' ultima
campagna di greenpeace.

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rinnovabili.it                                                                            13-07-2021

Microplastiche negli oceani, ecco il satellite che le può individuare

Id: 50561
Data di inserimento: 2021-07-13
AVE: € 649,78
Link originale:
https://www.rinnovabili.it/ambiente/inquinamento/microplastiche-oceani-satellite/
Contenuto:

(Rinnovabili.it) – Un satellite nato per spiare le
increspature degli oceani create dal vento aiuta
a contrastare l’inquinamento da microplastiche.
La tecnica l’ha messa a punto l’università del
Michigan sfruttando una rete di satelliti
statunitensi, il CYGNSS (Cyclone Global
Navigation Satellite System) della Nasa.Finora
l’inquinamento da microplastiche negli oceani e
la sua concentrazione reale erano rilevati solo
grazie alle navi commerciali e di ricerca. Il
calcolo partiva dall’analisi delle microplastiche
raccolte dalle reti da pesca usate per raccogliere
il plankton e altri microorganismi marini. Ma
questo metodo ha due limiti importanti: può
campionare solo porzioni ristrette degli oceani e
potrebbe sottovalutare le concentrazioni in aree
poco battute e lontane dalle regioni
settentrionali dell’Atlantico e del Pacifico, dove le
correnti tendono ad accumulare i rifiuti
marini.Leggi anche Uno “scotch” di batteri per
catturare le microplastiche: soluzioni bioIl nuovo
metodo parte invece dalle rilevazioni dei satelliti
che fanno parte della rete CYGNSS e ricava le
informazioni sulla concentrazione di
microplastiche proprio da come la superficie
marina viene increspata dai venti. “Sapevamo
che quando c’è molto materiale che galleggia
nell’acqua, i venti non la rendono più increspata.
Quindi abbiamo provato a calcolare quanto le
misurazioni indicassero che la superficie era più
liscia di quanto avrebbe dovuto essere se i venti
della stessa velocità soffiassero sull’acqua non
inquinata”, spiegano i ricercatori.“Questa anomalia – la “rugosità mancante” – risulta essere
altamente correlata con la concentrazione di microplastiche vicino alla superficie dell’oceano. In altre
parole, le aree in cui le acque superficiali sembrano insolitamente lisce contengono spesso elevate
concentrazioni di microplastiche”, continuano.Leggi anche Contro l’inquinamento da microfibre, 2
idee da mettere in lavatriceIl vantaggio di questa nuova tecnica è di avere portata globale. Ma non
solo: fornisce anche un’immagine dinamica del fenomeno, fornendo dati sull’evoluzione nel tempo
dell’inquinamento da microplastiche. Tutte informazioni utili per calibrare gli interventi di bonifica là
dove servono davvero. Un aspetto non secondario è la possibile applicazione per monitorare le

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performance ambientali di uno Stato. Ad esempio, controllando la concentrazione di microplastiche
nei pressi della foce di fiumi di grandi dimensioni, su cui insistono zone industriali e densamente
abitate.

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greenreport.it                                                                               12-07-2021

Sos fiumi italiani: abbondano microplastiche e rifiuti

Id: 50402
Data di inserimento: 2021-07-12
AVE: € 959,53
Link originale:
https://greenreport.it/news/rifiuti-e-bonifiche/sos-fiumi-italiani-abbondano-microplastiche-e-rifiuti/
Contenuto:

In occasione del Big Jump 2021, organizzato
ogni anno da Legambiente in Italia per
sensibilizzare l’opinione pubblica sulla qualità
delle acque, per il recupero della balneabilità nei
grandi corsi d’acqua e per tutelare la salubrità
dei fiumi, il Cigno Verde            ha presentato,
nell’ambito del progetto Zero plastica in
mare realizzato in collaborazione con BNL
Gruppo BNP Paribas, i risultati del primo
monitoraggio nazionale delle microplastiche nei
fiumi e dei rifiuti lungo le sponde (prima
edizione) realizzato in collaborazione con ENEA.
Il progetto Zero plastica in mare ha l’obiettivo
quello di liberare mare e fiumi da almeno 15
tonnellate di plastica, l’equivalente di oltre
340mila bottiglie e contenitori. Il progetto
prevede anche attività di citizen science, di
pulizia, volontariato ambientale lungo 4 fiumi
monitorati e attività di Fishing for Litter in 4 porti
di Lazio, Campania, Marche e Emilia-Romagna.
A questo si aggiunge anche un’azione specifica
di raccolta e riciclo legati alla dispersione di
retine utilizzate negli allevamenti di mitili in
mare, uno dei rifiuti più comuni nell’alto
Adriatico. Il direttore generale di Legambiente,
Giorgio Zampetti, ha evidenziato che «I dati che
emergono dai nostri monitoraggi ci dimostrano
ancora una volta l’importanza e l’urgenza di
tenere alta l’attenzione anche sui fiumi e sui
corsi d’acqua, su cui pesa sempre di più anche il
problema dell’inquinamento da microplastiche e
dei rifiuti abbandonati lungo le sponde. Per
questo l’ 11 luglio, siamo tornati in diversi fiumi italiani con l’iniziativa Big Jump per chiedere una seria
e concreta politica di tutela dei corsi d’acqua. Quest’anno abbiamo dedicato l’appuntamento al
problema dell’inquinamento da microplastiche e rifiuti nei fiumi, molto diffuso e tema importante ma
ancora non monitorato perché le norme sui controlli nelle acque interne non lo prevedono. I nostri dati
sono i primi ad essere raccolti e pubblicati, con un’azione di citizen science straordinaria, che vuole
fare da apripista per chiedere di considerare questo tipo di inquinamento nei monitoraggi istituzionali,
come avviene per il mare e le coste, a livello europeo e nazionale. Sui fiumi inoltre continuiamo anche
con il tuffo del 2021 a chiedere piani strategici che puntino ad eliminare gli scarichi inquinanti e a

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ridurre i prelievi, una misura necessaria per far fronte ai cambiamenti climatici, implementare la rete
dei controlli ambientali e ricorrere a misure come la riqualificazione dei corsi d’acqua e il
miglioramento del servizio di depurazione». Dal monitoraggio realizzato si 11 fiumi emerge che
«Microplastiche e rifiuti abbandonati non risparmiano neanche i fiumi italiani». Osservati speciali per
la presenza di microplastiche sono stati il Volturno, in Campania, il Tevere nel tratto laziale, il
Lambro in Lombardia e l’Isonzo in Friuli-Venezia Giulia. Ne è risultato che «Il Tevere è quello che
presenta una densità di microparticelle maggiore, pari a 1,14 microparticelle/m3; Lambro e Volturno
registrano rispettivamente una densità pari a 0,51 e 0,56 microparticelle/m3, mentre l’Isonzo (SO)
risulta quello meno concentrato, 0,02 microparticelle/m3. I numeri delle concentrazioni medie
possono sembrare esigui, ma se consideriamo la portata media dei fiumi oggetto della campagna
possiamo immaginare la quantità di microplastiche che vengono trasportate fino a mare, laghi o altri
fiumi: nel Tevere ogni secondo passano in media 230 m3, per l’Isonzo la portata è di 172 m3/s, per il
Volturno arriviamo a 82 m3/s mentre per il Lambro la portata media ammonta a 5,8 m3/s». Il
campionamento delle microplastiche nei quattro fiumi monitorati è avvenuto da stazioni fisse (ponti)
e utilizzando la rete “manta”, ossia una rete costituita da un corpo metallico, costruito appositamente
per rimanere sulla superficie dell’acqua, da cui si diparte il cono di rete a maglia ultrafine da 300
micrometri e un bicchiere raccoglitore finale. Questa rete permette di filtrare grandi volumi d’acqua
(misurati attraverso un flussimetro), trattenendo il materiale solido, che si accumula nel bicchiere
finale dal quale viene poi recuperato. Tornando ai dati del monitoraggio, in generale, per ogni fiume si
osserva un incremento nel numero delle particelle raddoppiato, triplicato fino a quadruplicato, tra i
primi campioni prelevati a monte e gli ultimi a valle. Se però si guarda il dettaglio e l’andamento dei
dati all’interno dello stesso corso d’acqua sono evidenti differenze tra i diversi campioni, con un
incremento nelle stazioni poste a valle di zone densamente popolate o con presenza di importanti
impianti di depurazione (come nel caso del Lambro e del Tevere) o di attività agricole (come nel caso
del Volturno). Per quanto riguarda la composizione, la forma maggiormente presente in ciascun fiume
è il frammento: rappresenta infatti l’82% delle microplastiche rinvenute nel Tevere, il 70% di quelle
nel Volturno, il 66% nel Lambro e il 38% nell’Isonzo. Maggiori differenze si osservano invece nella
distribuzione delle altre forme, ad esempio i pellet risultano particolarmente presenti nel Lambro,
dove rappresentano il 19% delle particelle presenti, probabilmente legati alla forte vocazione
industriale dell’area. Per quanto riguarda i polimeri che compongono le microparticelle di plastica, si
conferma una presenza predominante dei due polimeri maggiormente prodotti a livello industriale:
polipropilene (PP) e polietilene (PE). Nel Lambro troviamo il 44% delle microplastiche in polipropilene
e il 43% in polietilene; nel Tevere il 45% in polietilene e il 37% in polipropilene, nel Volturno il 50% in
polietilene, il 22% in polipropilene, con l’aggiunta del 15% di particelle in polistirene (PS), e nell’Isonzo
il 33% di polietilene e l’11% di polipropilene. Oltre alle microplastiche, preoccupa anche lo stato di
salute di altri 7 fiumi monitorati: Picentino (Campania), Po e del Panaro (Emilia Romagna), Noncello e
Tagliamento (Friuli Venezia Giulia), Tevere (sponda laziale e umbra) ed Esino (Marche). Gli
ambientalisti spiegano che «Qui su un’area campionata totale di circa 27600 mq sono stati
trovati 5.892 rifiuti, con una media di 589 rifiuti ogni 100 metri lineari e ancora una volta la plastica
(76%) si conferma il materiale più trovato seguita, a lunga distanza, da vetro/ceramica (6%), metallo
(6%), carta/cartone (5,8%), tessili (3,8%), gomma (1,1%). Il restante 1,1% è costituito da legno
trattato, materiale Covid, oggetti in materiali misti, prodotti chimici/sintetici, bioplastiche, rifiuti da
cibo. Nella top five dei rifiuti più trovati: le salviettine umidificate in TNT (17%), i frammenti di plastica
(14%), seguiti da quelli in polistirolo (10%), da mozziconi di sigarette (9%) e per finire bottiglie e
contenitori per bevande in plastica (6%). Salviette umidificate, mozziconi e bottiglie e contenitori per
bevande sono tra i rifiuti che rientrano nella Direttiva SUP e dunque saranno presto sottoposti alle
misure individuate dalla nuova norma». Il protocollo utilizzato per il censimento de rifiuti nei 7 fiumi
segue quello del monitoraggio dei rifiuti sulle spiagge (beach litter) e utilizza le stesse
categorizzazioni dei rifiuti (lista standardizzata proposta dal Gruppo tecnico sui rifiuti marini della
Commissione Europea per l’implementazione della Direttiva Marine Strategy): vengono considerati
100 metri lineari sulla sponda di un fiume e categorizzati e contati tutti i rifiuti (più grandi di 2,5 cm)

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presenti all’interno dell’area, dal fiume fino al confine della sponda che può essere costituito da
vegetazione fitta, strada, costruzioni. Vengono considerati anche i rifiuti che si trovano sulla
vegetazione o sugli alberi a causa di piene. Tornando ai dati del monitoraggio, altro dato interessante
riguarda la fonte dei rifiuti trovati. Il 22% sono imballaggi in vari materiali (plastica, carta, metallo,
vetro); il 19% sono legati a igiene e cura personale, ossia salviette umidificate, assorbenti, bastoncini
cotonati, pannolini, guanti usa e getta e mascherine; il 10% sono rifiuti derivanti da abitudini dei
fumatori (principalmente mozziconi di sigaretta, ma anche accendini, pacchetti di sigarette e loro
imballaggi). Alice De Marco, direttrice di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, conclude: «Come
testimoniano i dati di Arpa Piemonte, della Regione e quelli di Goletta dei Laghi che abbiamo appena
pubblicato, il raggiungimento dell’obiettivo di buono stato ecologico nella totalità delle acque dei corsi
d’acqua del Piemonte è ancora lontano il 37% delle acque superficiali piemontesi sia in classe
Sufficiente, mentre il 16% nelle classi Scarso e Cattivo. E’ necessaria un’accelerazione decisa, è
necessario adottare piani per ridurre i prelievi e i carichi inquinanti, rispettando il deflusso minimo
vitale delle acque e ricorrendo anche a misure come la riqualificazione e la rinaturalizzazione delle
sponde rendendo i fiumi sempre più veri corridoi ecologici naturali».L'articolo Sos fiumi italiani:
abbondano microplastiche e rifiuti sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e
sviluppo sostenibile.

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Fiumi italiani “osservati speciali” tra microplastiche e rifiuti

Id: 50390
Data di inserimento: 2021-07-12
AVE: € 760,73
Link originale:
https://www.lanuovaecologia.it/fiumi-italiani-osservati-speciali-tra-microplastiche-e-rifiuti/
Contenuto:

A denunciare lo stato di salute è Legambiente
che ha presentato i risultati di due ricerche su un
totale di 11 corsi d’acqua Fiumi italiani osservati
speciali. Sono infatti diventati la “culla” di
microplastiche     e    rifiuti    abbandonati.    A
denunciare è Legambiente che ha presentato i
risultati del primo monitoraggio a livello
nazionale delle microplastiche nei fiumi, in
collaborazione con ENEA, nell’ambito del
progetto Zero plastica in mare r, e dei rifiuti
lungo le sponde (prima edizione) – effettuati
rispettivamente su quattro e sette fiumi, per un
totale di 11 corsi d’acqua monitorati. In prima
battuta la lente di ingrandimento sul Volturno, in
Campania, il Tevere nel tratto laziale, il
Lambro in Lombardia e l’Isonzo in Friuli-Venezia
Giulia. Il Tevere è quello che presenta una
densità di microparticelle maggiore, pari a 1,14
microparticelle/m3; Lambro e Volturno registrano
rispettivamente una densità pari a 0,51 e 0,56
microparticelle/m3, mentre l’Isonzo (SO) risulta
quello       meno       concentrato,          0,02
microparticelle/m3. “I dati che emergono dai
nostri monitoraggi – spiega Giorgio Zampetti,
direttore generale di Legambiente – ci
dimostrano ancora una volta l’importanza e
l’urgenza di tenere alta l’attenzione anche sui
fiumi e sui corsi d’acqua, su cui pesa sempre di
più anche il problema dell’inquinamento da
microplastiche e dei rifiuti abbandonati lungo le
sponde. Per ogni fiume si osserva un incremento
nel numero delle particelle raddoppiato,
triplicato fino a quadruplicato, tra i primi campioni prelevati a monte e gli ultimi a valle Oltre alla
questione microplastiche, preoccupa anche lo stato di salute di altri sette fiumi monitorati sempre da
Legambiente: del Picentino (in Campania), del Po e del Panaro (in Emilia Romagna), del Noncello e del
Tagliamento (in Friuli Venezia Giulia), del Tevere (sponda laziale e umbra) e dell’Esino (nella Marche).
Qui su un’area campionata totale di circa 27600 mq sono stati trovati 5892 rifiuti, con una media di
589 rifiuti ogni 100 metri lineari e ancora una volta la plastica (76%) si conferma il materiale più
trovato seguita, a lunga distanza, da vetro/ceramica (6%), metallo (6%), carta/cartone (5,8%), tessili
(3,8%), gomma (1,1%). Il restante 1,1% è costituito da legno trattato, materiale COVID, oggetti in

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materiali misti, prodotti chimici/sintetici, bioplastiche, rifiuti da cibo. Nella top five dei rifiuti più
trovati: le salviettine umidificate in TNT (17%), i frammenti di plastica (14%), seguiti da quelli in
polistirolo (10%), da mozziconi di sigarette (9%) e per finire bottiglie e contenitori per bevande in
plastica (6%). S Monitoraggio Microlitter Il monitoraggio microlitter è stato realizzato nell’ambito della
campagna Zero plastica in mare lanciata in collaborazione con BNL Gruppo BNP Paribas e
Legambiente, che si pone come obiettivo quello di liberare mare e fiumi da almeno 15 tonnellate di
plastica, l’equivalente di oltre 340mila bottiglie e contenitori. Il progetto prevede anche attività
di citizen science, di pulizia, volontariato ambientale lungo 4 fiumi monitorati e attività di Fishing for
Litter in 4 porti di Lazio, Campania, Marche e Emilia-Romagna. A ciò si aggiunge anche un’azione
specifica di raccolta e riciclo legati alla dispersione di retine utilizzate negli allevamenti di mitili in
mare, uno dei rifiuti più comuni nell’alto Adriatico. Il campionamento delle microplastiche nei quattro
fiumi monitorati è avvenuto da stazioni fisse (ponti) e utilizzando la rete “manta”, ossia una rete
costituita da un corpo metallico, costruito appositamente per rimanere sulla superficie dell’acqua, da
cui si diparte il cono di rete a maglia ultrafine da 300 micrometri e un bicchiere raccoglitore finale.
Questa rete permette di filtrare grandi volumi d’acqua (misurati attraverso un flussimetro),
trattenendo il materiale solido, che si accumula nel bicchiere finale dal quale viene poi recuperato.
Tornando ai dati del monitoraggio, in generale, per ogni fiume si osserva un incremento nel numero
delle particelle raddoppiato, triplicato fino a quadruplicato, tra i primi campioni prelevati a monte e gli
ultimi a valle. Se però si guarda il dettaglio e l’andamento dei dati all’interno dello stesso corso
d’acqua sono evidenti differenze tra i diversi campioni, con un incremento nelle stazioni poste a valle
di zone densamente popolate o con presenza di importanti impianti di depurazione (come nel caso del
Lambro e del Tevere) o di attività agricole (come nel caso del Volturno). Per quanto riguarda la
composizione, la forma maggiormente presente in ciascun fiume è il frammento: rappresenta infatti
l’82% delle microplastiche rinvenute nel Tevere, il 70% di quelle nel Volturno, il 66% nel Lambro e il
38% nell’Isonzo. Maggiori differenze si osservano invece nella distribuzione delle altre forme, ad
esempio i pellet risultano particolarmente presenti nel Lambro, dove rappresentano il 19% delle
particelle presenti, probabilmente legati alla forte vocazione industriale dell’area. Per quanto riguarda
i polimeri che compongono le microparticelle di plastica, si conferma una presenza predominante dei
due polimeri maggiormente prodotti a livello industriale: polipropilene (PP) e polietilene (PE). Nel
Lambro troviamo il 44% delle microplastiche in polipropilene e il 43% in polietilene; nel Tevere il 45%
in polietilene e il 37% in polipropilene, nel Volturno il 50% in polietilene, il 22% in polipropilene, con
l’aggiunta del 15% di particelle in polistirene (PS), e nell’Isonzo il 33% di polietilene e l’11% di
polipropilene. Monitoraggio River Litter Il protocollo utilizzato segue quello del monitoraggio dei
rifiuti sulle spiagge (beach litter) e utilizza le stesse categorizzazioni dei rifiuti (lista standardizzata
proposta dal Gruppo tecnico sui rifiuti marini della Commissione Europea per l’implementazione della
Direttiva Marine Strategy): vengono considerati 100 metri lineari sulla sponda di un fiume e
categorizzati e contati tutti i rifiuti (più grandi di 2,5 cm) presenti all’interno dell’area, dal fiume fino al
confine della sponda che può essere costituito da vegetazione fitta, strada, costruzioni. Vengono
considerati anche i rifiuti che si trovano sulla vegetazione o sugli alberi a causa di piene. Tornando ai
dati del monitoraggio, altro dato interessante riguarda la fonte dei rifiuti trovati. Il 22% sono
imballaggi in vari materiali (plastica, carta, metallo, vetro); il 19% sono legati a igiene e cura
personale, ossia salviette umidificate, assorbenti, bastoncini cotonati, pannolini, guanti usa e getta e
mascherine; il 10% sono rifiuti derivanti da abitudini dei fumatori (principalmente mozziconi di
sigaretta, ma anche accendini, pacchetti di sigarette e loro imballaggi). ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
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                        Scenario Idrico

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La Repubblica - DAL NOSTRO INVIATO GIAMPAOLO CADALANU                                        16-07-2021

Catastrofe climatica il maltempo fa strage in Germania e Belgio

Id: 50862
Data di inserimento: 2021-07-16
AVE: € 46.152,30
Readership: 22109640
Contenuto:

Due giorni di precipitazioni provocano alluvioni
senza precedenti: almeno 67 morti, decine i
dispersi A rischio una diga nel NordReno
Westfalia. A Liegi il sindaco invita la popolazione
a evacuare BERLINO - Una berlina blu con il
frontale schiacciato, coperta di erba fradicia, è in
bilico su un monticello di fango. Pochi metri più
indietro, una Bmw metallizzata sembra emergere
dai detriti, a un passo dall' asfalto. Di fianco,
prima degli abeti giganteschi, scorre una massa
color marrone. È quello che pochi giorni fa era
solo il fiume Ahr, "Acqua" in lingua celtica,
compagno abituale e innocuo dei cittadini di
Schuld, nel distretto di Ahrweiler. I resti di tetti
squarciati e pareti spazzate via testimoniano che
il corso d' acqua ha già sfogato la sua rabbia sul
quartiere più vicino, ma resta minaccioso. Dalle
immagini che arrivano dall' Ovest della
Germania, Renania-Palatinato e NordReno
Westfalia, trapela quasi un senso di tradimento:
«Spaventoso. Semplicemente spaventoso»
dicono in tv gli abitanti di una casa travolta dalla
piena. Hanno avuto appena il tempo di afferrare
quello che avevano a portata di mano, metterlo
in una borsa, poi si sono rifugiati dai vicini. Sono
stati fortunati, non hanno dovuto salire sul tetto e aspettare l' elicottero dei soccorsi, come altre
famiglie del quartiere colpito dall' alluvione: proprio a Schuld, un paesino di 660 persone, si
lamentano diverse vittime, e mancano notizie su molti abitanti della zona inondata. Il bilancio
complessivo dell' ondata di maltempo per tutta la Repubblica federale è spaventoso: almeno 59
persone sono morte, centinaia sono i dispersi, duecentomila sono rimasti senza elettricità. Alluvioni
hanno colpito anche il Belgio e l' Olanda: in Belgio i morti sono almeno otto. La città di Liegi è stata
duramente colpita e il sindaco a invitato i residenti a fuggire o a rifugiarsi in alto. Ma è la Germania il
cuore della crisi: dagli Stati Uniti dove si trova in visita Angela Merkel si è detta «sconvolta». «Stiamo
facendo il possibile per aiutare: ma le vittime saranno molte», ha detto. Nella zona di Euskirchen il
sistema di dighe sul fiume Steinbach rischia di cedere, indebolito dalla quantità d' acqua arrivata nelle
ultime ore. E questo significa evacuazioni d' urgenza, per 4500 persone dei piccoli centri: Swistall-
Odendorf, Essig, Ludendorf, Miel, Schweinheim, Flamersheim e Palmersheim sono già stati
abbandonati, la vicina autostrada 61 è sbarrata. Il sistema di sbarramenti è «instabile», dicono le
autorità locali. Anche il fiume Ruhr è arrivato ai livelli di guardia, esondando in diverse località e
danneggiando anche gli impianti di filtraggio dell' acqua potabile nella regione. Il clima impazzito ha
costretto i tedeschi a ripensare l' idea stessa di estate, che si era riaffacciata sulla stampa popolare

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con un senso di liberazione dopo le chiusure della pandemia. In un Paese con la sensibilità ecologica
della Germania, sarebbe persino offensivo dire che la natura ha colpito senza preavviso, per ricordare
ancora una volta che l' umanità è solo ospite, e non sovrano del pianeta. Così anche Armin Laschet,
possibile successore di Merkel alla Cancelleria e oggi costernato padrone di casa in stivaloni di
gomma, come ministro-presidente della regione NordReno-Westfalia, non ha usato giri di parole: l'
alternarsi insolito di piogge torrenziali e ondate di caldo è «collegato al cambiamento climatico», e
questo rende evidente «la necessità di misure per la protezione del clima a livello europeo, nazionale,
mondiale». Lo stesso sottolineano i Verdi, i cui consensi negli ultimi mesi sono cresciuti in tutto il
Paese, attraverso la capogruppo al Bundestag Katrin Göring-Eckardt, che definisce la catastrofe «una
chiamata al realismo ». La co-presidente Verde Annalena Baerbock, fra i favoriti alle elezioni di
settembre che apriranno l' era del dopo-Merkel, ha invitato a lasciar lavorare i soccorsi, quasi a
ribadire che per adesso non è il momento di ribadire: «Noi l' avevamo detto». Mentre partiva la
macchina della solidarietà, con aiuti già decisi dalla Ue e dai governi europei, la Germania ha
schierato subito le strutture di protezione civile e le Forze armate. Nel frattempo però c' era anche chi
ha lasciato spazio all' egoismo, con qualche sporadico episodio di sciacallaggio a Stolberg, nel
NordReno Westfalia. . ©RIPRODUZIONE RISERVATA La televisione trasmette immagini di villaggi interi
dove la gente è fuggita sui tetti in attesa dell' arrivo degli elicotteri EPA Distruzione Detriti di case in
strada tra le automobili dopo l' alluvione che ha colpito Schuld, nel Land Renania Palatinato, nell'
Ovest della Germania EPA In strada Sopra, una donna pulisce l' entrata di un negozio a Bad
Münstereifel, in NordReno Westfalia, in Germania. A destra, strade allagate a Hagen, nella stessa
regione tedesca.

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La Stampa - MARIO TOZZI                                                                 16-07-2021

Dal clima allarmi sempre più potenti il tempo per salvarci è già scaduto

Id: 50871
Data di inserimento: 2021-07-16
AVE: € 26.292,20
Readership: 12549705
Contenuto:

A guardare quanto sta accadendo in Germania
sembra di essere in Italia: alluvioni come mai
viste da tre secoli, decine di vittime, case e
infrastrutture distrutte, ponti crollati e villaggi
sommersi. In poche ore sono caduti fino a 250
litri di pioggia per metro quadro, in un quadro
tipico di flash flood, alluvioni istantanee che
ormai flagellano non solo il nostro martoriato
territorio. E che si accoppiano con le
temperature estreme registrate in Canada, con
la fusione dei ghiacciai polari e con l'
innalzamento del livello dei mari. Tutto questo
ha un nome e un cognome e si chiama
cambiamento climatico, che è anomalo e
accelerato rispetto al passato e che,
diversamente dai secoli scorsi, dipende
esclusivamente dalle attività produttive dei
sapiens che vomitano in atmosfera milioni di
tonnellate di gas clima alteranti derivati dalla
combustione e dall' uso improprio del territorio.
Se vogliamo essere esaustivi ci sono altri fattori
al contorno: in Renania come in Calabria,
Campania, Liguria o Veneto è lo sconsiderato
consumo di suolo, la sovrabbondanza di
costruzioni e l' imprigionamento dei fiumi in
argini e briglie inutili e dannosi che permette il
disastro, quando le piogge sono eccessive. La cementificazione del suolo rende il terreno
impermeabile così che le acque di pioggia non riescono più a infiltrarsi nel sottosuolo, come farebbero
naturalmente, ma vanno a ingolfare corsi d' acqua piccoli e grandi che non riescono ad evacuare
quelle quantità incommensurabili rispetto alla loro natura. Specialmente quando a fare da argine ai
fiumi sono le case e le strade. E questo vale da noi come nel resto del continente e del mondo. Sarà
forse questa l' occasione per cui il Nord Europa inizia a prendere in considerazione una tematica che
ha finora colpevolmente ritenuto riservata al Mediterraneo. Ma ormai anche il più ideologico degli
scettici avrà finalmente compreso come tutti questi fenomeni sono legati dal minimo comune
denominatore dell' estremizzazione del clima, il fenomeno ambientale più grave non tanto per il
pianeta quanto per il benessere e, in casi sempre più frequenti, per la vita dei sapiens. Non volendo
tornare sulle cause ormai arcinote, e sapendo benissimo che l' unica cosa da fare nell' immediato è
azzerare le emissioni clima alteranti, esattamente come prevede l' Unione Europea nelle sue ultime
proposizioni, possiamo domandarci come evolverà la situazione climatica nei prossimi tempi. Che
scenario possiamo immaginare? Il clima è un sistema non lineare, ciò vuole dire che cambiamenti
impercettibili nelle condizioni iniziali possono avere conseguenze imprevedibili; ma i modelli

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meteorologici finora affinati hanno anticipato molto bene la realtà: le perturbazioni a carattere
violento saranno più frequenti, più potenti, fuori stagione e anche fuori dalle regioni normalmente
coinvolte. Tutto questo se l' incremento di temperatura dell' atmosfera si limiterà al massimo a due
gradi, perché se sarà maggiore le conseguenze saranno catastrofiche e irrimediabili. Sono reversibili
queste tendenze? La risposta è no, non lo sono in tempi brevi, anzi peggioreranno senz' altro perché l'
atmosfera ha un' inerzia spaventosa, è come un Tir lanciato in discesa a grande velocità: pur frenando
ci vuole un lungo tratto per arrestarlo. Immaginiamo che, se in questo preciso momento, arrestassimo
per incanto ogni combustione e ogni processo che altera il clima, dalle centrali a combustibili ai
motori a scoppio agli allevamenti intensivi, perché la temperatura dell' atmosfera ritorni al livello
odierno ci vorrebbe mezzo secolo. Come a dire che, se azzeriamo di colpo tutte le emissioni, prima di
vedere scendere la curva delle temperature dovremmo aspettare un tempo che non possiamo
permetterci. Un altro segnale che non c' è davvero un giorno da perdere. Infine possiamo ancora fare
qualcosa? Sì, possiamo rendere più lento il surriscaldamento dell' atmosfera e limitarlo dentro i due
gradi, agendo prima di tutto sulle cause, cioè levando ogni forma di sovvenzione ai petrocarbonieri,
evitando di cercare e trivellare nuovi giacimenti e ricorrendo alle fonti rinnovabili. Ci vogliono accordi
internazionali obbligatori, con organismi terzi che controllano, aiuti ai popoli che dello «sviluppo»
hanno visto solo i riflessi negativi, redistribuzione di ricchezze, riconversione ecologica di corporation
e aziende, iniziative personali e buoni esempi. Una serie di cambiamenti e comportamenti che
dimostrino che i sapiens hanno capito che si tratta degli ultimi avvisi di disastro. - © RIPRODUZIONE
RISERVATA mario tozzi BRUNO FAHY/afp Una donna nuota nell' acqua tra i detriti, mentre la sua auto
è sommersa, a Liegi, in Belgio Se fermiamo ogni combustione, temperature più basse in più di 50
anni.

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Germania: Anbi, sono gli effetti del clima, basta cemento

Id: 50967
Data di inserimento: 2021-07-16
AVE: € 8.222,10
Link originale:
http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2021/07/16/germania-anbi-sono-gli-effetti-del-clima-
basta-cemento_34a3cbf6-52cb-42cf-a3b9-5a439f8699e2.html
Contenuto:

"In Italia serve una legge sul consumo del suolo"
(ANSA) - ROMA, 16 LUG - "Tra il 2019 ed il 2020
in Italia si sono cementificati 767 ettari
all'interno di aree a pericolosità idraulica media e
285 in quelle a pericolosità da frana,
incrementando notevolmente il pericolo
idrogeologico in un Paese, dove già il 16,6% del
territorio è mappato nelle classi a maggiore
rischio, coinvolgendo la vita di circa 3 milioni di
nuclei familiari. Di fronte a questi dati ed alle
conseguenze dei cambiamenti climatici,
ribadiamo la necessità di approvare
urgentemente la legge contro il consumo
indiscriminato di suolo, che giace nei meandri
parlamentari dal 2013, al tempo del Governo
Monti". A sottolinearlo è Francesco Vincenzi,
Presidente dell'Associazione Nazionale dei
Consorzi di bacino (ANBI), commentando le
alluvioni in Germania. "Attraverso il nostro
Osservatorio sulle Risorse Idriche stiamo
documentando settimanalmente l'inaridimento di
ampie zone del territorio italiano, vale a dire
l'altra faccia di uno stesso fenomeno:
l'estremizzazione degli eventi atmosferici -
aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale
di ANBI - E' pertanto indispensabile avviare un
piano straordinario di manutenzione del
territorio, adeguando la rete idraulica alla mutata
fenomenologia meteorologica, per evitare di
vivere sei mesi con il rischio alluvioni ed
altrettanti con il rischio siccità. Con questo
obbiettivo ANBI ha proposto l'inserimento di 858
progetti cantierabili nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L'investimento richiesto è di circa 4
miliardi e 339 milioni, capaci di attivare oltre 21.000 posti di lavoro". (ANSA).

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WWF: in Germania disastro climatico, accelerare taglio CO2

Id: 50969
Data di inserimento: 2021-07-16
AVE: € 9.270,96
Link originale:
http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2021/07/16/wwf-in-germania-disastro-climatico-acce
lerare-taglio-co2_ed4c7872-fe18-44fa-bd39-a770416350d2.html
Contenuto:

Il 20 presenterà un ddl sul clima con altre ong
"Quello accaduto in Germania e in Belgio è un
vero disastro climatico, dove in pochi giorni è
caduta la pioggia che un tempo scendeva in due
mesi e dove il bilancio provvisorio è arrivato già
a oltre 80 morti e 1300 dispersi. Nemmeno la
Germania, che da anni ha avviato politiche per
ridare spazio ai fiumi, è al sicuro dalle
conseguenze peggiori del cambiamento
climatico. Non c'è più tempo e l'azione climatica
va accelerata a ritmi esponenziali se vogliamo
evitare le conseguenze più pericolose e
ingestibili. L'azzeramento delle emissioni
(mitigazione) va attuato nel più breve tempo
possibile, ben prima del 2050, e nel contempo
vanno messe in campo DAVVERO le politiche di
adattamento". Lo scrive il WWF Italia in una nota.
"In Italia, per esempio, il Piano di adattamento è
ancora fermo e non è mai passato alla fase
attuativa - aggiunge il WWF -. Pensando a
quanto successo in Germania, dobbiamo
immediatamente rendere operativa una politica
basata sul ripristino degli ecosistemi fluviali e sul
recupero degli spazi che abbiamo rubato ai
fiumi. Dal dopoguerra ad oggi, nel nostro Paese,
abbiamo tolto ai fiumi circa 2000 kmq,
un'enormità di spazio e le conseguenze di questo
sono e saranno sempre più devastanti". Per
armonizzare le politiche nazionali sul clima, il
WWF, insieme alle altre associazioni
ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Kyoto
Club e Transport&Environment, presenterà una
proposta di legge sul clima, che verrà illustrata martedì 20 luglio. "Tra il 2019 ed il 2020 in Italia si
sono cementificati 767 ettari all'interno di aree a pericolosità idraulica media e 285 in quelle a
pericolosità da frana, incrementando notevolmente il pericolo idrogeologico in un Paese, dove già il
16,6% del territorio è mappato nelle classi a maggiore rischio, coinvolgendo la vita di circa 3 milioni di
nuclei familiari. Di fronte a questi dati ed alle conseguenze dei cambiamenti climatici, ribadiamo la
necessità di approvare urgentemente la legge contro il consumo indiscriminato di suolo, che giace nei
meandri parlamentari dal 2013, al tempo del Governo Monti". A sottolinearlo è Francesco Vincenzi,

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Presidente dell'Associazione Nazionale dei Consorzi di bacino (ANBI), commentando le alluvioni in
Germania. "Attraverso il nostro Osservatorio sulle Risorse Idriche stiamo documentando
settimanalmente l'inaridimento di ampie zone del territorio italiano, vale a dire l'altra faccia di uno
stesso fenomeno: l'estremizzazione degli eventi atmosferici - aggiunge Massimo Gargano, Direttore
Generale di ANBI - E' pertanto indispensabile avviare un piano straordinario di manutenzione del
territorio, adeguando la rete idraulica alla mutata fenomenologia meteorologica, per evitare di vivere
sei mesi con il rischio alluvioni ed altrettanti con il rischio siccità. Con questo obbiettivo ANBI ha
proposto l'inserimento di 858 progetti cantierabili nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
L'investimento richiesto è di circa 4 miliardi e 339 milioni, capaci di attivare oltre 21.000 posti di
lavoro".

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Nel silenzio generale, l’Italia sta affrontando una delle peggiori siccità mai viste: le risorse
idriche si stanno esaurendo

Id: 50947
Data di inserimento: 2021-07-16
AVE: € 2.372,07
Link originale:
https://www.greenme.it/consumare/acqua/siccita-italia/
Contenuto:

L’acqua, risorsa troppo preziosa perché possa
essere sprecata, potrebbe diventare presto un lusso
nel nostro paese. Riscaldamento climatico,
scarsezza di piogge e uso scriteriato stanno
letteralmente prosciugando le nostre fonti, come
emerge nel rapporto stilato da Ambi. È di qualche
giorno fa il report Ispra che assegna all’Italia la
maglia nera come paese in cui si registrano le
temperature più calde del mondo. Ora anche i dati
raccolti dall’osservatorio Ambi sulle risorse idriche
sono un campanello d’allarme degli effetti
devastanti del cambiamento climatico sul nostro
paese e in particolare sulla situazione dell’acqua.
L’osservatorio lancia l’allarme: è necessario
comprendere che i cambiamenti climatici stanno
creando le premesse per situazioni di deficit idrico
permanente nel nostro paese. Qual è la crisi
climatica è la scarsa tutela delle risorse idriche da
parte dell’uomo stanno prosciugando le riserve di
acqua. Non solo l’Italia, tuttavia, è interessata
direttamente dalla crisi idrica: Anche altri paesi che
si affacciano sul mar Adriatico come Slovenia
Croazia Bosnia e Montenegro stanno registrando
condizioni di siccità estrema e aridità, secondo i dati
riportati dall’European Drought Observatory (ben
espressi in questo grafico). @European Drought
Observatory È necessario prendere atto che i
cambiamenti climatici stanno creando le premesse
per permanenti situazioni di deficit idrico, cui si può
rispondere solo con il trasferimento della risorsa
acqua da un territorio all’altro e la sua distribuzione
alle campagne attraverso un’efficiente rete
d’irrigazione – commenta Francesco Vincenzi,
presidente ANBI. – Tale situazione è aggravata
dall’aumentata pressione antropica sulle coste e
rischia di pregiudicare non solo l’economia agricola,
ma anche quella turistica. Per questo, il nostro Piano
per l’efficientamento della rete idraulica prevede
729 progetti cantierabili e plurifunzionali, capaci di

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attivare quasi 12.000 posti di lavoro, grazie ad un
investimento di circa 2 miliardi e 365 milioni di euro.
In Italia le regioni maggiormente colpite dalla
scarsezza di risorse idriche sono Marche, Abruzzo e
Molise. La situazione delle Marche è drammatica: il
fiume Esino e praticamente secco (profondità
dell’acqua registrata di soli 2 cm!) e se continuerà a
non piovere molti agricoltori della zona perderanno i
loro raccolti. In Abruzzo, invece, a maggio era
caduto l’80% di pioggia in meno rispetto agli altri
anni, mentre il mese di giugno non ha visto
precipitazioni. In Molise, infine, il livello del lago del
Liscione è di un metro più basso rispetto alla media
del periodo e negli ultimi tre mesi si è registrato il
73% di pioggia in meno. Neanche le precipitazioni
intense che hanno caratterizzato le scorse
settimane sono bastate a risolvere la situazione:
mentre alcuni territori del nostro paese, quelli più a
nord, hanno potuto prendere una boccata di respiro
grazie alla quantità di acqua piovuta dal cielo, le
regioni del Centro Sud sono rimaste completamente
all’asciutto. L’analisi della situazione nell’Italia
meridionale conferma l’indispensabile funzione degli
invasi, autentiche casseforti anche pluriennali per
risorse preziose come quelle idriche. Aumentare la
capacità di trattenere le acque di pioggia è ormai un
indispensabile direttrice per lo sviluppo del Paese,
minacciato da una crescente aridità delle campagne
in territori finora insospettati come la dorsale
adriatica – sottolinea Massimo Gargano, Direttore
Generale di ANBI. – Oltre ai mille laghetti medio-
piccoli proposti con Coldiretti, il nostro Piano per
l’Efficientamento della Rete Idraulica prevede la
realizzazione di 23 nuovi bacini da affiancare ai 16
da completare ed ai 90 bisognosi di manutenzione
straordinaria per evitarne l’interrimento. È sempre
più urgente la necessità del suo inserimento nel
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Fonte: ANBI
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PoliMi-gruppo CAP insieme per accelerare l’innovazione nel sistema idrico integrato

Id: 50817
Data di inserimento: 2021-07-15
AVE: € 734,12
Link originale:
https://www.rinnovabili.it/le-aziende-informano/polimi-gruppo-cap-innovazione-sistema-idrico-integrat
o/
Contenuto:

Gruppo CAP e il Politecnico di Milano di nuovo
insieme per accelerare l’innovazione e la ricerca
del sistema idrico integrato e formare alte
professionalità in grado di rispondere con le
maggiori competenze alle importanti sfide in
tema di transizione energetica. Dalla ricerca sui
processi innovativi per il trattamento dei
microinquinanti o a quello termico dei fanghi,
dall’applicazione dell’intelligenza artificiale sui
sistemi operativi di customer service fino allo
studio dei processi di Energy Management nel
servizio idrico integrato, passando per
l’applicazione delle tecnologie più avanzate per
la disinfezione fino ai processi di digitalizzazione
e informatizzazione indispensabili per la nascita
delle smart city: sono solo alcuni dei tanti ambiti
di applicazione e studio oggetto dell’accordo in
vigore fino ad aprile 2024, tra il gestore del
servizio idrico integrato della Città metropolitana
di Milano e l’Ateneo milanese, riferimento
internazionale negli studi di ingegneria,
architettura e design.Leggi anche Riscaldamento
globale: sempre più persone in pericolo per
stress idrico“Le utilities sono chiamate a grandi
sfide cui dobbiamo rispondere con lungimiranza
e assoluta preparazione, commenta Alessandro
Russo, presidente e amministratore delegato
della water utility. Per i prossimi 10 anni in CAP
abbiamo previsto 1.330 milioni di euro di
investimenti per realizzare il Green New Deal,
master plan per lo sviluppo sostenibile del
territorio della Città metropolitana di Milano. Il
PNRR ha destinato al settore 3,5 miliardi di euro del budget di spesa che dovremo saper investire al
meglio. Progetti ambiziosi che richiedono know how di alto profilo e gestione industriale avanzata dei
servizi che avranno sempre più connessione tra loro come l’acqua e il recupero di materie prime dai
rifiuti. La partnership con il Politecnico avrà un impatto significativo non solo da un punto di vista
tecnico-scientifico, ma sarà importante per consolidare il nostro ruolo di solution provider”. “La
gestione e l’innovazione del sistema idrico rappresenta da anni una sfida complessa e articolata su
molti fronti, da quello tecnico a quello economico e sociale. A questi risponde il Politecnico di Milano

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mettendo a disposizione competenze che vanno dalla formazione alla ricerca di alto livello, commenta
Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano. Competenze che stanno al centro di un accordo che
intende cogliere le opportunità messe in campo dal PNRR in termini di sviluppo sostenibile. È questo
uno dei maggiori ambiti di crescita e di investimento per le economie locali e per il Paese.”L’accordo
nasce dal desiderio comune di sviluppare iniziative congiunte di formazione, ricerca e innovazione e
rappresenta lo strumento per cogliere opportunità reciproche in un clima di open innovation e sharing
knowledge di prim’ordine per il ruolo che i due partner hanno nel loro settore di riferimento. La
sinergia prevede innanzitutto lo sviluppo di programmi di ricerca, innovazione e sperimentazione in 6
ambiti di riferimento, tra cui progetti di economia circolare, inclusa la trasformazione dei fanghi in
nutrienti e chemicals (ad es. fosforo e azoto); la trasformazione digitale applicata alle infrastrutture di
rete; lo sviluppo di tecnologie innovative in ambito “operations ed energy management”; lo sviluppo
di metodologie di “building information modeling” (BIM) ovvero la modellizzazione tridimensionale
delle infrastrutture, le tecnologie innovative per la gestione dell’acquedotto e la depurazione, la
ricerca applicata per il trattamento degli inquinanti emergenti.Leggi anche Dal Polimi, l’acquedotto
intelligente che recupera l’energiaParallelamente, anche la formazione occuperà un posto di primo
piano: verranno valutate di volta in volta iniziative di formazione per i profili che lavorano in CAP con i
docenti dell’Ateneo e attività di formazione per gli studenti del Politecnico presso le sedi, gli impianti e
le strutture dell’azienda, compresi i tirocini curriculari e lo sviluppo di tesi di laurea.L’accordo si spinge
oltre: la collaborazione instaurata con il Politecnico di Milano potrà estendersi alla partecipazione
congiunta a bandi nazionali e internazionali di finanziamento per la realizzazione di progetti di ricerca
di interesse comune. L’accordo sottoscritto nasce da un passato di simbiosi e collaborazioni di
successo tra la water utility e l’Ateneo milanese che ha in PerFORM WATER 2030 un precedente
importante. Si tratta della prima piattaforma italiana di ricerca e sperimentazione, il cui capofila è
stato proprio CAP, nato per affrontare le sfide del servizio idrico integrato. Caratterizzato da un
network di 8 realtà industriali e 3 fra università e centri di ricerca tra cui Il Politecnico di Milano, per
30 mesi e con un approccio multidisciplinare, le 8 realtà hanno lavorato fianco a fianco su quelli che
sono oggi i settori strategici del sistema idrico integrato: la qualità dell’acqua, il recupero di energia e
risorse in ottica di economia circolare, l’analisi dei costi e della tariffazione.

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