Rassegna Stampa del 13 marzo 2020 Testata

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Coronavirus e sistema emergenza-urgenza in Toscana, il sindacato SMI alla Regione: "Si rischia il collasso"
11 marzo 2020 15:55SanitàToscana Facebook4TwitterWhatsAppE-mail "Il Sindacato Medici Italiani
segnala il grave rischio di un collasso del sistema di emergenza urgenza toscano, nel pieno dell'epidemia
di coronavirus in quanto circa un terzo dei medici che inizieranno, ai primi di aprile, il corso di formazione
specifica di medicina generale, lavorano nel sistema di emergenza sanitaria territoriale 118 nonché nei
Pronti Soccorso della regione secondo le modalità previste dal DL 35/2019 art.12 comma3, conosciuto
come Decreto Calabria" così Nicola Marini, Segretario Regionale del Sindacato Medici Italiani della
Toscana in una lettera aperta al Presidente della Regione Toscana e all'Assessore alla Salute. "La legge
infatti consente a questi medici di accedere al corso tramite graduatorie riservate, senza borsa di studio,
continuando però a svolgere l'attività professionale convenzionata con il SSN ,con il limite obbligatorio di
24 ore settimanali invece delle attuali 38 ore, come previsto dall'Accordo Collettivo Nazionale". "Lo stato
attuale di grave emergenza dovuto al Covid19 richiede l'impegno totale di tutto il personale sanitario e
soprattutto dei medici del 118, in prima linea sul fronte della guerra a questo virus aggressivo ed altamente
pericoloso". "Lo SMI chiede pertanto di consentire a questi medici, per tutta la durata dell'emergenza
Covid19, di lavorare a tempo pieno e di frequentare, nel contempo, secondo modalità da stabilire, il corso
di formazione che, oltre a costituire per loro una scelta di vita, realizza, nel prossimo futuro, il progetto da
tutti condiviso, di copertura delle carenze dei medici di famiglia che si verificheranno pesantemente per i
numerosi pensionamenti per raggiunti limiti di età. Questo problema, tra l’atro, è stato all'origine della
scelta legislativa del DL 35/2019". "In tutta Italia i medici 118 iscritti al corso di formazione in MG sono i
due terzi dei 688 che hanno acquisito il diritto di frequenza e che sarebbe opportuno, fino al termine di
questa emergenza, impiegare al massimo delle ore previste dall'ACN". "Per tale motivo lo SMI chiede alla
Regione Toscana di farsi parte attiva presso la Conferenza Stato-Regioni segnalando questo problema. Il
Sindacato Medici Italiani auspica che questa richiesta venga accolta ricordando che, in questo conflitto
contro questa pericolosa malattia, non si può agire a legislazione vigente, ma nella logica delle circostanze
eccezionali".
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CORONAVIRUS, LA REGIONE VARA UN MAXI PIANO DI ASSUNZIONI: ECCO 2000 INFERMIERI E 670
MEDICI

Nei nostri ospedali duemila assunzioni a tempo indeterminato di infermieri e operatori socio sanitari entro
una decina di giorni. E pronte anche le graduatorie per l'assunzione di medici specialisti
11 Marzo, 2020
FIRENZE. Duemila assunzioni a tempo indeterminato di infermieri e Oss (operatori socio sanitari) entro una
decina di giorni. E pronte anche le graduatorie per l'assunzione a tempo determinato di 670 medici
specialisti. "Anche per essere preparati a un futuro incremento dei bisogni sanitari correlati all’attuale
emergenza Coronavirus". La Regione Toscana, con delle trecento graduatorie messe a disposizione da
Estar (Ente di supporto tecnico amministrativo regionale), e in particolare delle due graduatorie di
infermieri e Oss che contano al loro interno alcune migliaia di professionisti, ha avviato un ingente piano
di assunzioni di personale sanitario, puntando soprattutto su contratti a tempo indeterminato (2.000 quelli
previsti complessivamente), in modo da creare nel contempo una solida base di professionalità per il
futuro.
Da ieri le aziende sanitarie e ospedaliero-universitarie - spiegano ancora dalla Regione - hanno iniziato a
contattare infermieri e Oss presenti nelle due graduatorie, per arrivare nel giro di una decina di giorni a
mettere 2.000 nuovi professionisti al fianco di quelli che stanno affrontando con sacrificio, ma con
eccellenti risultati, la sfida al Coronavirus. Nello stesso tempo, a fronte della ormai nota carenza di medici
specialisti, Estar ha attivato una serie di selezioni in parallelo per le discipline di cui si teme di aver più
bisogno nell’immediato futuro.
Le graduatorie sono già pronte e 200 anestesisti, 300 medici internisti, 150 medici dell’emergenza, 20
infettivologi sono ora disponibili per il previsto rafforzamento di alcune centinaia di unità degli organici
medici, e si continuerà nei prossimi giorni ad attivare nuove azioni di reclutamento per tutte le discipline
mediche, a partire da pneumologi e microbiologi.

IL SINDACATO DEI MEDICI: "PRONTO SOCCORSO A RISCHIO COLLASSO"
"Grave rischio di collasso del sistema dell'emergenza toscano nel pieno dell'epidemia di coronavirus",
dovuto alla previsione di una diminuzione di personale di 118 e pronto soccorso, dove adesso lavora circa
un terzo dei giovani medici che ad aprile inizieranno il corso di formazione di medicina generale, passando
a un impegno lavorativo di sole 24 ore settimanali rispetto alle 38 attuali. A lanciare l'allarme, in una lettera
aperta indirizzata al presidente della Regione Toscana e all'assessore alla salute, è Nicola Marini, segretario
regionale del Sindacato dei medici italiani (Smi). "Lo Smi - afferma Marini - chiede alla Regione Toscana di
farsi parte attiva presso la Conferenza Stato-Regioni segnalando questo problema". "Lo stato attuale di
grave emergenza dovuto al Covid-19 richiede l'impegno totale di tutto il personale sanitario e soprattutto
dei medici del 118" continua Marini. Per questo, prosegue, "lo Smi chiede di consentire a questi medici,
per tutta la durata dell'emergenza, di lavorare a tempo pieno e di frequentare, nel contempo, secondo
modalità da stabilire, il corso di formazione".
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CORONAVIRUS – SINDACATO MEDICI ITALIANI (DE MATTEIS E ONOTRI) PREOCCUPATI

«In Italia, siamo arrivati, purtroppo, a contare i casi da contagio da coronavirus, anche con i primi decessi
in Veneto, per queste ragioni dobbiamo alzare le misure di sicurezza e di prevenzione sanitaria per i
cittadini e il personale medico- sanitario e adottare, là dove è necessario, una quarantena più severa, alla
stregua dei trattamenti sanitari obbligatori previsti dalla legge e sanzioni per coloro che violano le
prescrizioni del ministero della salute. È l’unico sistema per evitare l’epidemia» così Pina Onotri, Segretario
Generale dello SMI, e il presidente emerito del sindacato, Cosmo De Matteis, commentando l’attuale
propagarsi dell’epidemia del virus 2019 nCoV, nel Paese e annunciando una lettera aperta al Ministro della
Salute.
«Chiediamo l’adozione di un protocollo nazionale per la messa in sicurezza degli operatori sanitari e per
poter assistere la popolazione e perché gli stessi operatori sanitari potrebbero essere, a loro volta, il
tramite più frequente per la trasmissione del virus».
«Siamo per l’uso del triage telefonico per i pazienti a rischio coronavirus come sistema alternativo
all’accesso agli studi di medicina generale e con l’uso pianificato del numero verde 1500».
«Per quanto riguarda per le persone sottoposte a quarantena e che si devono assentare dal lavoro
proponiamo una comunicazione dedicata da parte delle autorità sanitarie che venga inoltrata
direttamente all’Inps”. “Proponiamo, inoltre, l’ autocertificazione in caso di malattia e ridurre
drasticamente in generale, in questa fase dell’epidemia, le visite ambulatoriali o domiciliari da parte dei
medici».
«Si adottino misure per limitare gli accessi agli studi medici e ai servizi di continuità assistenziale per
incombenze puramente burocratiche, tipo le certificazioni di malattia e il rilascio del promemoria per le
ricette elettroniche. I medici sono a disposizione del Paese in questa fase emergenziale ma vogliono poter
lavorare in sicurezza. Ci attendiamo da tutti i cittadini, dalle istituzioni, un grande senso di responsabilità
e di collaborazione» concludono Onotri e De Matteis.
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CORONAVIRUS, IL SINDACATO DEI MEDICI: “GLI SPECIALIZZANDI LAVORANO NEI REPARTI SENZA
MASCHERINE”

Lo SMI (sindacato dei medici italiani): “C’è estrema necessità di DPI, di cui i medici in formazione sono
sprovvisti. In un contesto come quello che stiamo vivendo, infatti, la presenza dei DPI deve essere garantita
a tutti i medici che si trovano a contatto con pazienti potenzialmente infetti, sia per preservare l’incolumità
dei medici stessi che per evitare di diventare vettori del virus”.I medici in formazione, impiegati anche negli
ospedali per fronteggiare l'emergenza coronavirus, sono spesso sprovvisti di dispositivi di protezione
individuali come le mascherine. A denunciarlo è lo SMI, il sindacato dei medici italiani, che in una nota
ricorda come a seguito del decreto del Presidente del Consiglio di domenica 9 marzo le attività didattiche
di scuole e università siano state sospese, ma non i corsi post universitari connessi con l’esercizio di
professioni sanitarie, "ivi inclusi quelli per i medici in formazione specialistica, i corsi di formazione specifica
in medicina generale, le attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie”.Per far fronte all'epidemia sono
necessarie forze fresche e motivate. Ragazzi e ragazze che hanno studiato medicina e potrebbero essere
"buttati nella mischia" in tempi rapidi dando un contributo fondamentale ai loro colleghi da settimane in
prima linea ed ormai esausti: “Come Area Formazione del Sindacato Medici Italiani, pur essendo
consapevoli dell’importanza attribuita come professionisti dal Governo ai medici specializzandi e corsisti e
pur riconoscendo l’imperativa necessità in questo momento storico di collaborare al mantenimento del
SSN e al contenimento dell’emergenza, riteniamo fondamentale rammentare l’estrema necessità di DPI di
cui anche i medici in formazione sono sprovvisti. In un contesto come quello che stiamo vivendo, infatti,
la presenza dei DPI deve essere garantita a tutti i medici che si trovano a contatto con pazienti
potenzialmente infetti, sia per preservare l’incolumità dei medici stessi che per evitare di diventare vettori
del virus. È chiaro che questo discorso vale per tutti i medici, a prescindere dal loro contratto professionale
o formativo".Il sindacato dei medici italiani chiede per gli specializzandi "la fornitura dei DPI per poter
continuare a svolgere la loro professione all’interno dei presidi ospedalieri, professione che è di carattere
assistenziale come previsto dagli Artt. 37-38 del D. Lgs 368/99 e s.m.i. Per i corsisti, invece, riteniamo utile,
qualora dovesse persistere l’assenza di fornitura di DPI, la sospensione delle attività pratiche, in virtù del
fatto che il loro tirocinio si configura come attività clinica guidata. I corsisti, quindi, qualora continuassero
a frequentare i presidi ospedalieri senza DPI avrebbero maggior rischio di contagio, a fronte di un minor
vantaggio formativo e generando solo un minimo supporto assistenziale, sia per i limiti imposti dal loro
differente inquadramento legislativo rispetto a quello degli specializzandi, sia per l’impossibilità di
ottenere una esperienza specialistica nei reparti in cui svolgono il tirocinio stesso; infatti tale competenza
richiederebbe una curva di apprendimento di anni, e non certo di alcuni mesi. A ciò si va ad aggiungere la
riorganizzazione di alcuni presidi ospedalieri a seguito dell’emergenza, che ha comportato la sospensione
delle attività ambulatoriali programmate e, quindi, l’impossibilità di usufruire di un’opportunità formativa
importante per il corsista”.
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CORONAVIRUS. SMI CHIEDE PROVVEDIMENTI ALLA REGIONE DOPO SENTENZA CONSULTA SUL 118

 Maurizio Borgese, Responsabile Nazionale 118 del Sindacato Medici Italiani, commenta la recente
sentenza della Corte Costituzionale che esclude dalla stabilizzazione i medici senza diploma di formazione
in medicina generale. “Una ottantina di medici che oggi, in piena emergenza Coronavirus, si trovano in
prima linea nella battaglia contro questa crisi che affligge tutta la sanità piemontese, ma che
paradossalmente, sono ‘tecnicamente’ senza lavoro”, osserva il sindacalista. 12 MAR - “Una sentenza della
Corte Costituzionale “spazza via” la stabilizzazione dei medici precari del 118 Piemonte i quali – dopo una
battaglia di 5 anni appoggiata in maniera unanime sia dalle sigle sindacali sia da tutta la politica regionale
– nel dicembre 2018 si erano visti riconoscere a tempo indeterminato lo stato di servizio, la preparazione
e l’abnegazione dimostrata e maturata nell’ultimo decennio”. Così Maurizio Borgese, Responsabile
Nazionale 118 del Sindacato Medici Italiani commenta la recente sentenza della Corte Costituzionale che
esclude la stabilizzazione di medici precari del 118 Piemonte senza senza diploma di formazione in
medicina generale. “Una ottantina di medici che oggi, in piena emergenza Coronavirus, si trovano in prima
linea nella battaglia contro questa crisi che affligge tutta la sanità piemontese, ma che paradossalmente,
sono “tecnicamente” senza lavoro”, osserva Borgese. “La sentenza - argomenta il sindacalista - rischia di
azzerare i loro contratti a tempo indeterminato, impedendo pure una riassunzione automatica in quanto
tali professionisti, in questo momento, non sono più presenti nelle graduatorie di assunzione dei precari
da cui solitamente la regione assume in regime di carenza. Un problema concreto e paradossale, che
riguarda la generazione di medici sulla quale la regione ha investito milioni di euro in formazione negli
ultimi 10 anni, medici che costituiscono circa il 32% della forza lavoro attuale del sistema 118 e circa il 50%
dei gettonisti che “coprono” le carenze dei PS regionali. Quale sarà la loro sorte ora? Nessuno lo sa”. Si
attende una presa di posizione da parte della Regione Piemonte, che alcuni giorni fa, attraverso l’assessore
alla salute Luigi Icardi, parlava della necessità immediata di assumere altri 100 medici per fronteggiare
l’emergenza Coronavirus, attingendo al terzo anno delle scuole di specializzazione e al bacino dei
neolaureati senza esperienza. Soluzione che, per Borgese, "appare necessaria per fronteggiare
l’emergenza ma – nel caso “mascherasse” il problema di questa sentenza – sarebbe sconveniente oltre
che offensiva nei confronti dei professionisti che in questo momento stanno già affrontando l’emergenza
Coronavirus in prima linea”. “Questi medici precari - conclude Borgese - non sono altro che medici
chirurghi, dalla spiccata e peculiare capacità lavorativa che la Regione Piemonte ha fidelizzato negli anni
attraverso percorsi formativi iper-specifici per il contesto extra-ospedaliero, investendo su di loro milioni
di euro in formazione professionalizzante. La scelta di carriera di questi medici, basata anche sulle
necessità peculiari delle strutture di emergenza territoriale regionale, ha sempre messo da parte i percorsi
di formazione specialistica nazionali, forti anche della reiterata promessa di stabilizzazione dei governi
regionali che si sono susseguiti negli anni”. Tale scelta, “dopo innumerevoli battaglie”, è culminata nella
legge regionale di fine 2018 con la quale si riconosceva loro quelli che Borgese definisce “il merito di aver
creduto e di essere cresciuti insieme al sistema che tutt’ora rappresentano tenendone altissimo il nome”.
La richiesta dello Smi è per “una rapida risoluzione della situazione da parte del governo regionale, a favore
non solo dei medici interessati e delle loro famiglie, ma anche e soprattutto di un servizio alla popolazione
che è essenziale oggi più che mai, con i suoi interpreti classici e non con soluzioni di ripiego al ribasso”.
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IN PRIMA LINEA CONTRO IL VIRUS, MA IN 80 RISCHIANO IL POSTO

Una sentenza della Corte Costituzionale cancella la stabilizzazione dei dottori precari del 118 Piemonte,
tutti impegnati a fronteggiare l'emergenza. La denuncia del sindacato dei camici bianchi Smi: "La Regione
intervenga sul Governo". Un drammatico paradosso: mentre il personale sanitario è allo stremo e si
provvede a rinforzi in regime d’urgenza, la Corte Costituzionale con una sentenza, in seguito al ricorso del
presidente del Consiglio dei ministri contro una legge della Regione Piemonte, rischia di annullare le
assunzioni di circa ottanta medici in prima linea nel servizio del 118 in Piemonte. L’allarme arriva dallo Smi,
il Sindacato medici italiani, che avverte come in virtù della decisione della Consulta “decine di medici che
oggi, in piena emergenza coronavirus, si trovano nella battaglia contro questa crisi che affligge tutta la
sanità piemontese, paradossalmente, sono tecnicamente senza lavoro”. Non solo: “La sentenza rischia di
azzerare i loro contratti a tempo indeterminato, impedendo pure una riassunzione automatica in quanto
tali professionisti, in questo momento, non sono più presenti nelle graduatorie di assunzione dei precari
da cui solitamente la regione assume in regime di carenza”. Il sindacato di fronte a una situazione che ha
dell’incredibile chiede “una presa di posizione forte da parte della Regione Piemonte, che alcuni giorni fa,
attraverso l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, parlava della necessità immediata di assumere altri 100
medici per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, attingendo al terzo anno delle scuole di specializzazione
e al bacino dei neolaureati senza esperienza. Soluzione che appare necessaria per fronteggiare
l’emergenza ma, nel caso “mascherasse” il problema di questa sentenza, sarebbe sconveniente oltre che
offensiva nei confronti dei professionisti che in questo momento stanno già affrontando l’emergenza
Coronavirus in prima linea”. Insomma il risultato del ricorso per questione di legittimità costituzionale
promosso dal governo nel febbraio 2019, quindi in essere il Governo Lega-Cinquestelle, potrebbe creare
nuovi e pesantissimi problemi al Piemonte in questa situazione di estrema emergenza. “Dopo
innumerevoli battaglie, si era arrivati alla regionale di fine 2018 con la quale si riconosceva ai medici precari
il loro il merito di aver creduto e di essere cresciuti insieme al sistema che tutt’ora rappresentano
tenendone altissimo il nome. Sono innumerevoli e continui gli attestati di stima per un servizio che il
Piemonte può vantare come eccellenza nazionale anche grazie a questa generazione di professionisti
appassionati oltre che preparati” osserva Maurizio Borgese, responsabile nazionale 118 dello Smi, che
nella nota rileva anche che “come ogni legge regionale, anche quella riguardante questa stabilizzazione,
nel gennaio 2019 è passata al vaglio della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ravvisati elementi di
incostituzionalità, nonostante la strenua e argomentata difesa dell’avvocatura della Regione Piemonte la
quale ha sempre creduto nella bontà dell’atto ha proceduto ad annullare il procedimento”. Cosa succederà
ora? “Innanzitutto è necessario capire in che posizione si trovino oggi questi medici. Sono legalmente
decaduti? Fanno ancora parte del sistema che sorreggono per almeno il 35% della sua forza lavoro?".
L’aspettativa per il sindacato, ma non solo per esso è che "gli elementi di incostituzionalità decretati dalla
Corte vengano superati attraverso nuovi strumenti politici ed amministrativi consoni all’equo
riconoscimento professionale di coloro i quali, oggi più che mai, sono il pilastro fondante e la prima linea
sul territorio della difesa del cittadino dalle criticità sanitarie improvvise sia di tutti i giorni, sia straordinarie
come quella in corso in questo sciagurato periodo”. Di certo serve una decisione immediata e chiara per
non rischiare di perdere, in maniera assurda, una componente indispensabile della sanità, tanto più
nell’attuale situazione. Per questo l'appello forte alla Regione che a sua volta dovrà intervenire sul
Governo.
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