Psicologia Sociale Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche Corso di Laurea in Scienze Strategiche e della Sicurezza Insegnamento di
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Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche Corso di Laurea in Scienze Strategiche e della Sicurezza Insegnamento di Psicologia Sociale Prof.ssa Irene Petruccelli e Dott.ssa Angela Miccichè irene.petruccelli@unikore.it A.A. 2017-2018
CHE COS'È IL FEMMINICIDIO? È una categoria di analisi socio-criminologica delle discriminazioni e violenze nei confronti delle donne per la loro appartenenza al genere femminile (Spinelli, 2008). È un neologismo con il quale si nomina ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna “in quanto donna”. È la violenza di genere in ogni sua forma.
Il fenomeno della violenza deve essere analizzato lungo un continuum che va da aspetti culturali ad aspetti psicologici, passando per quelli transegenerazionali.
La letteratura scientifica sull’argomento prende in considerazione anche il dispiegarsi storico e sociale del comportamento violento, nello specifico quello della violenza di genere e del ruolo marginale della donna giocato negli eventi storici dell’umanità.
Violenza domestica La violenza domestica è la forma più comune di abuso commesso contro le donne (UNICEF, 2006). Classifica delle violenze domestiche: Asia sudorientale, Paesi arabi del Mediterraneo e Africa, tutti con percentuali intorno al 37%. In Europa oltre 25 donne su cento vengono abusate fisicamente o sessualmente dai partner (WHO, 2013).
DALLA RACCOMANDAZIONE N. 1582 DEL 27 SETTEMBRE 2002 ASSEMBLEA PARLAMENTARE DEL CONSIGLIO D’EUROPA -STRASBURGO La violenza perpetrata in ambito domestico sarebbe per le donne di età tra i 16 e i 44 anni la principale causa di decesso e di invalidità, prima del cancro, degli incidenti stradali e della guerra.
Italia (Istat, 2007): più di 6 milioni le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale (il 32% della classe di età considerata). Milioni di donne hanno subito violenze sessuali (24%), quasi 4 milioni violenze fisiche (19%); circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (5%). Il 14% delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner, mentre il 25% delle donne ha subito violenze da un altro uomo.
RAPPORTO SAVE THE CHILDREN SULLA VIOLENZA ASSISTITA (2011) ¢ 6 milioni e 743 mila donne fra i 16 e i 70 anni (ovvero il 31,9% delle donne in questa fascia d’età) hanno subito nella propria vita una violenza: di tipo fisico (il 18,8%), sessuale (23,7%), psicologico (il 33,7%) o di stalking (il 18,8%). Il 14,3% dichiara di averla subita dal proprio partner. ¢ Tra le donne che hanno subito violenze ripetute da partner sono 690 mila quelle che avevano figli al momento della violenza. La maggioranza di esse (62,4%) ha dichiarato che i figli sono stati testimoni di uno o più episodi di violenza. ¢ Si può dunque stimare dunque in almeno 400.000 il numero di bambini costretti ad assistere alle violenze sulla propria madre. Nel 19,6% dei casi i figli vi hanno assistito raramente, nel 20,2% a volte, nel 22,6% spesso. Nel 15,7% dei casi le donne valutano che esista il rischio di un coinvolgimento diretto dei figli nella violenza fisica subita dalle madri, secondo la seguente suddivisione: raramente (5,6%), a volte (4,9%), spesso (5,2%).
FEMMINICIDIO ¢ Solo nel 2012, secondo l'indagine svolta dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna i femminicidi in Italia sono stati 124, i tentati omicidi di donne 47. Il 70% circa delle donne sono state uccise da uomini con cui avevano o hanno avuto una relazione sentimentale (mariti, compagni, ex mariti, ex compagni etc.); la maggior parte degli omicidi vengono compiuti nella casa della coppia, della vittima o dell'autore, circa 80% delle donne sono italiane, come anche gli autori sono italiani; la maggior parte di loro vive nelle Regioni del Nord.
DATI 2012 SUL FEMMINICIDIO IN ITALIA 124 donne uccise (129 nel 2011) 69% delle vittime sono donne italiane 60% accaduti in una relazione sentimentale 15% commessi dai figli 52% avvenuti nel Nord Italia Statistiche 2013 della Casa delle Donne di Bologna
Le forme della violenza •Violenza fisica Aggressioni che comportano l’uso della forza: spintonare, tirare per i capelli, schiaffeggiare, dare pugni, calci, colpire con oggetti, strangolare, ustionare, ferire con l’uso di armi, causare mutilazioni genitali. La gravità delle lesioni fisiche può variare da ematomi, escoriazioni, ossa e denti rotti a lesioni permanenti fino alla morte.
• Molestie sessuali Comportamenti a sfondo sessuale di varia natura, che generalmente si verificano in luoghi pubblici e/o di lavoro, vissuti dalle donne come umilianti, degradanti, sgraditi: battute e prese in giro a sfondo sessuale, esibizionismo, telefonate oscene, proposte insistenti o ricattatorie di rapporti sessuali non voluti, palpeggiamenti e toccamenti a sfondo sessuale.
•Violenza sessuale Qualsiasi atto sessuale imposto, che avviene contro la volontà della donna: aggressioni sessuali, stupro, incesto, costrizione a comportamenti sessuali umilianti e/o dolorosi, obbligo a prendere parte alla costruzione di materiale pornografico.
• Violenza psicologica Comportamenti che danneggiano l’identità e l’autostima della donna, la sua possibilità di benessere, soprattutto se persistenti: battute e prese in giro dirette a umiliare, minacce e in particolare minaccia di violenza, controllo delle relazioni ed isolamento, insulti e denigrazioni.
• Violenza economica Comportamenti che tendono a produrre dipendenza economica o ad imporre impegni economici non voluti: controllo dello stipendio della donna o delle entrate familiari impedendole qualsiasi decisione in merito; obbligo a lasciare il lavoro o a non trovarsene uno; costrizione a firmare documenti o a intraprendere iniziative economiche, a volte truffaldine, contro la propria volontà.
• Violenza spirituale Distruzione dei valori e della fede religiosa attraverso la ridicolizzazione; costringere la donna con la violenza a comportamenti che sono contrari alle sue credenze o a non rispettare pratiche religiose prescritte.
Oltre a queste forme tradizionalmente conosciute, se ne va aggiungendo un’altra, che per frequenza e dannosità, ha richiesto una definizione specifica; si tratta dello stalking.
Violenza domestica Le dinamiche dell’intimate partner violence, sono riconducibili ad un ciclo di tre fasi, le quali provocano nella vittima un disorientamento che impedisce di valutare lucidamente la situazione di violenza:
1. Il salire della tensione, in cui la donna percepisce di “camminare sulle uova”, ossia ha l’impressione che da un momento all’altro qualcosa si possa rompere e che possa avvenire lo scoppio di rabbia. In questa fase la vittima apprende tutta una serie di strategie che permettono di “tamponare” tale tensione. Quasi sempre, tuttavia, tali sforzi sono senza frutto, poiché utili soltanto a posticipare l’episodio acuto di violenza, che comunque avverrà.
2. L’espressione della violenza. A questo punto, gli insulti e le violenze lievi si evolvono in un episodio acuto, un’esplosione che non è più possibile evitare. Il rilascio della tensione costruita durante la prima fase caratterizza il passaggio al maltrattamento attivo, che di solito ha una durata relativamente breve (da due a ventiquattro ore). In questa fase la violenza è imprevedibile ed inevitabile, e le statistiche indicano che il rischio che l’aggressore uccida la sua vittima è al suo apice
3. La luna di miele. Durante questa fase, si sviluppa nell’aggressore la paura di perdere la partner; così egli entra in una fase di calma, in cui apparentemente si ravvede, perché sente il bisogno di ristabilire la relazione perversa che ha instaurato. Nella maggior parte dei casi si scusa solo per aver “ecceduto” nella rabbia, che era comunque (a suo dire) legittima e giustificabile, e non si prende la responsabilità dell’accaduto. La cosa maggiormente destabilizzante per la vittima è che il maltrattante assume in questa fase un comportamento che assomiglia in tutto e per tutto alla fase dell’innamoramento; egli arriva a soccorrere la vittima per il disagio emotivo e fisico che egli stesso le ha creato, e questo provoca un aumento della dipendenza emotiva. Viene così conservata un’immagine positiva del partner, il quale inevitabilmente, dopo poco tempo inizierà di nuovo con la fase di crescita della tensione: e il ciclo inizia daccapo.
Alcuni dei luoghi comuni maggiormente diffusi nell’opinione pubblica sull’argomento di nostro interesse (Panitteri, 2006; Gracia, Herrero, 2007):
•“La violenza domestica è presente in contesti familiari culturalmente ed economicamente poveri” (FALSO!) La violenza domestica è un fenomeno trasversale, non riconducibile a particolari fattori sociali, né religiosi, né economici, né razziali.
•“La violenza domestica è causata da occasionali e sporadiche perdite di controllo”. (FALSO!) •La violenza domestica risponde alla volontà di esercitare potere e controllo sulle donne; per questa ragione l’episodio violento non è quasi mai leggibile come un atto irrazionale, ma è quasi sempre un atto premeditato. Non si tratta pertanto di semplici scoppi di rabbia dettati da gelosia; gli stessi aggressori spesso affermano che picchiare è una strategia finalizzata a modificare i comportamenti delle proprie compagne.
La violenza domestica è causata •“ dall’assunzione di alcool e/o droghe”. (FALSO!) •Nella maggior parte delle società, il legame tra alcool e comportamenti violenti è labile o ininfluente. Esistono alcoolisti e tossicodipendenti non violenti, così come esistono uomini violenti, tossicodipendenti e alcolisti, che agiscono condotte violente in assenza di assunzione di alcool e/o droghe; la grande maggioranza degli uomini violenti non è né alcolista né tossicodipendente.
• “Ipartner violenti sono portatori di psicopatologie”. (FALSO!) Solo il 10% degli aggressori presenta problemi psichiatrici. L’attribuzione della violenza a soggetti psicotici è solo un “escamotage” per tenere separato l’ambito della violenza da quello della normalità, è una forma di esorcizzazione. E’ noto, infatti, come attribuire il fenomeno ad un contesto di patologia, sia un modo per negare ogni possibilità che la violenza possa accadere in qualunque famiglia, e quindi sentirsi in qualche modo “salvi”.
•“I partner violenti hanno subito violenza da bambini”. (FALSO!) Non esiste necessariamente un rapporto di causa-effetto tra violenza subita nell’infanzia e violenza agita da adulti. Ci sono aggressori che non hanno nemmeno assistito ad episodi violenti durante la loro infanzia, e invece adulti con un passato di abusi subiti che non manifestano comportamenti violenti.
•“Alle donne che subiscono violenza piace essere picchiate”. (FALSO!) Le donne scelgono la relazione, non la violenza. Tanti sono i fattori e i vincoli che trattengono le donne e impediscono loro di prendere in tempi brevi la decisione di interrompere una relazione violenta: la paura di perdere i figli, le difficoltà economiche, l’isolamento, la disapprovazione da parte della famiglia, la riprovazione e la stigmatizzazione da parte della società.
Ovviamente esiste una percentuale rilevante di uomini perseguiti penalmente per violenze nei riguardi della compagna che abbia sofferto di maltrattamenti durante l’infanzia. Nei primi anni ‘90 parecchi studi hanno messo in evidenza che in alcuni casi esiste una correlazione fra i traumi psichici subiti nel corso dell’infanzia e certe turbe della personalità. In particolare, in grande maggioranza, sembrano avere una personalità Psicopatica, Borderline, Antisociale e Narcisista.
Alla nascita, il cervello non è già formato una volta per tutte. Esperienze traumatiche precoci possono alterare l’equilibrio cerebrale. È per questo che i maltrattamenti e gli abusi subiti nell’infanzia possono modificare l’equilibrio del sistema nervoso.
Possiamo quindi affermare che i traumi infantili, possono rendere più fragile l’individuo e modificarne la personalità, provocano una maggiore permeabilità alla pressione sociale. Non per questo bisogna concludere che gli uomini sono violenti soltanto per reazione a una violenza subita nell’infanzia.
Cenni storici… La storia dell’umanità è stata dominata dal sistema patriarcale. Le differenze di genere e l’autorità del maschio contribuivano a mantenere il ruolo dominante maschile, limitando la funzione femminile alla crescita dei figli e alle occupazioni domestiche. Donne considerate come meri “oggetti sessuali” Probabilmente, le stesse avevano una vaga consapevolezza della loro vulnerabilità, derivante dalla concezione maschile in quanto “essere superiore”, in una società nella quale la donna era ritenuta intellettualmente, moralmente e spiritualmente inferiore, trovandosi di fatto in balìa di un atteggiamento maschile ambivalente costituito nel suo insieme da aggressività e amore protettivo.
Sembra che durante il regno babilonese di Hammurabi (Palermo, 2003), per esempio, le donne avessero acquisito qualche piccolo diritto. Il codice di Hammurabi, risalente almeno a quattromila anni fa, consentiva alle donne di gestire un’attività commerciale ed acquistare delle proprietà, e se un uomo divorziava da una donna, quest’ultima aveva diritto alla restituzione della propria dote e l’uomo era obbligato a versare il mantenimento dei figli. Ciononostante, gli antichi scritti ebraici testimoniano chiaramente il fatto che le donne di rado venivano considerate alla stregua degli uomini. Nell’Antico Testamento, si legge per esempio: “Che Tu sia benedetto, O Mio Signore, per non avermi fatto nascere donna” (Davis, 1998).
La Cristianità, ai suoi albori, fece i primi tentativi per portare la donna allo stesso livello degli uomini, almeno agli occhi di Dio, come si evince dalla lettera di San Paolo ai Galati, 3, 27: “Non c’è più uomo, né donna, poiché tutti voi siete uno in Gesù Cristo”. L’ambivalenza della stessa Chiesa nei confronti delle donne appare evidente nella prima lettera di San Paolo a Timoteo, 2, 11-12: “La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo” (ricordiamo che queste parole furono la base della condanna a morte di Ipazia di Alessandria circa nel 400 d.C.). È quindi assai interessante, comunque, ciò che si legge nei Proverbi, 12, 4: “La donna perfetta è la corona del marito”.
Ciononostante, molte donne sono riuscite a dominare la scena politica, reggendo per decenni imperi e lottando per la conquista del potere. Possiamo citarne alcune, cercando di spaziare in tutti i campi del sapere e in tutte le epoche, senza alcuna ambizione di esaustività.
Ipazia d’Alessandria Scienziata e filosofa greca, ancora oggi - a 1600 anni dalla sua uccisione per mano di fanatici religiosi- è simbolo della libertà di pensiero. Nata fra il 355 e il 370 (c’è incertezza sulla data esatta) presso Alessandria d’Egitto, fu un’importantissima matematica, filosofa ed astronoma.
Giovanna D’Arco (1412 - 1431) Eroina nazionale francese, condannata al rogo e arsa viva come una strega dopo un processo per eresia.
Maria Montessori (1870 - 1952) Educatrice, pedagogista e medico, sviluppò un metodo educativo che lasciasse ai bambini e alle bambine la libertà di operare le proprie scelte in piena autonomia. Idee così moderne per il primo '900, che sono ancora applicate in almeno 20mila scuole in tutto il mondo.
Madre Teresa di Calcutta (1910 - 1997) Una vita intera spesa a prendersi cura dei "più poveri dei poveri e di tutte quelle persone che si sentono non volute, non amate, non curate dalla società, tutte quelle persone che sono diventate un peso per la società e che sono fuggite da tutti".
Lady D (1961 - 1997) Ricordata soprattutto per il suo interesse in cause prima ignorate dalla famiglia reale: dalla lotta all'Aids e alla lebbra, al problema delle mine antiuomo.
Rita Levi Montalcini (1909 - 2012) La scienziata italiana più famosa nel mondo. Neurobiologa, Nobel per la medicina, come donna si battè per tutta la vita in nome delle donne.
Margherita Hack (1922 - 2013) Volto femminile dell'astronomia italiana nel mondo. Grande divulgatrice scientifica, fonte di ispirazione per molte giovani donne.
Passano secoli e per avere diritti, molte donne hanno dovuto pagare un prezzo alto, fatto di rivendicazioni ed anche di morte.
Percorso legislativo per attuare l’uguaglianza stabilita dalla Costituzione. Le principali date sono: •1946 Le donne ottengono il diritto di voto (D.Lgs. n. 23). •1950 Legge sul congedo di maternità. •1963 Abolizione della possibilità del licenziamento per matrimonio (legge n. 7). •1963 Le donne vengono ammesse alla carriera di magistrato.
•1968 Abolizione dell’art. 559 del Codice Penale che puniva la moglie adultera (era prevista la reclusione da tre mesi a due anni mentre il marito era punibile solo in caso di concubinato). •1975 Legge sul diritto di famiglia che abolisce lo Jus maritalis. •1977 Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro (legge n. 903): viene vietata ogni discriminazione di genere per l’accesso al lavoro e viene prevista parità di retribuzione per prestazioni di uguale valore.
•1981 Abolizione del delitto d’onore che prevedeva uno sconto di pena (fino ad un terzo) per chiunque uccidesse moglie, figlia o sorella per difendere il suo onore o quello della famiglia. •1996 Legge sulla violenza sessuale: lo stupro diventa delitto contro la persona e non più delitto contro la morale (legge n. 66).
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