PROF. LOREDANA LUCARELLI STP CDS TRIENNALE IN PSICOLOGIA PSICOLOGIA DINAMICA ANNO ACCADEMICO 2019-2020
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Prof. Loredana Lucarelli STP CdS Triennale in Psicologia Psicologia Dinamica Anno Accademico 2019-2020 «E’ vietata la copia e la riproduzione dei contenuti e immagini in qualsiasi forma. E' inoltre vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti e immagini non autorizzata espressamente dall'autore»
VALUTAZIONE DELLA PERSONALITÀ TEST PROIETTIVI Prof. Loredana Lucarelli TECNICHE TEST SVILUPPO VALUTAZIONE E CONSULENZA CLINICA
Uso Clinico dei Test Proiettivi Ø Le tecniche proiettive sono strumenti utili a fare emergere modalità individuali di risposta che danno indicazioni sul funzionamento mentale, sulla struttura di personalità e sull’esperienza soggettiva del bambino Ø Il metodo proiettivo si basa sulla presentazione di materiale poco strutturato/ambiguo che il soggetto deve ‘interpretare’ e le risposte danno indicazioni sui suoi conflitti, bisogni emotivi, stati interni etc.
Ø Obiettivo clinico generale dei Test Proiettivi è di descrivere il funzionamento psichico del bambino in una prospettiva dinamica; Ø tuttavia il riferimento ‘all’inconscio’, a cui si fa ricorso per interpretare le risposte, rende problematica l’oggettività delle descrizioni psicologiche che scaturiscono dai test proiettivi
ØÈ necessaria una preparazione psicodinamica del clinico e una teoria evolutiva di riferimento che orientano i significati soggettivi del materiale rilevato Ø Infatti,elemento di criticità dei test proiettivi è che spesso non forniscono un vero e proprio sistema di codifica con punteggi, lasciando un grande libertà interpretativa al clinico
ØI metodi proiettivi utilizzano come materiale di indagine la produzione spontanea del soggetto: Disegni, Racconto di storie, Risposte a situazioni stimolo ambigue Ø le forme di espressione libera sono utilizzate in maniera sistematica a partire da una situazione standardizzata, uguale per tutti i soggetti, conferendo al metodo un carattere di obiettività scientifica
Ø Tali metodi si chiamano proiettivi perché si basano sul meccanismo psicologico della Proiezione: § il termine Proiezione è stato introdotto da Sigmund Freud (1896), per il quale la proiezione consiste nell’attribuire ad altri, o al mondo esterno, sentimenti e qualità proprie mediante un processo difensivo inconscio; si riscontra anche al di fuori della patologia: ad es., il bambino cammina con il padre in una strada buia e dice: “Dammi la mano perché tu hai paura” oppure una bambina va a dormire con la bambola dicendo: “La bambola ha paura di dormire da sola; ha bisogno di compagnia”. Nel momento in cui la persona si proietta, cioè esteriorizza i suoi sentimenti, è inconsapevole che questi siano propri.
ü Lo psicologo Frank (1939), che è stato il primo a coniare il termine di METODI PROIETTIVI per lo studio della personalità, in termini più generali definisce la Proiezione: “il processo col quale un soggetto organizza e struttura una esperienza proiettando in questa la sua esperienza interiore, la struttura stessa della sua personalità”.
Ø Condizione essenziale perché un test possa chiamarsi proiettivo è che la situazione-stimolo proposta al soggetto sia non strutturata, ambigua, senza un significato preciso: è nel processo di strutturazione del materiale non strutturato che il soggetto rivela i principi della propria struttura psichica
“Stimoli ambigui e Proiezione” Ø La situazione proiettiva sembra idonea a far emergere il rapporto tra rappresentazione e stimoli esterni proprio perché questi ultimi sono ambigui. Proprio questa caratteristica del materiale dei Test Proiettivi sollecita e attiva risposte legate ad esperienze personali che si traducono nella formulazione verbale con cui i soggetti costruiscono “le loro narrazioni”.
Suddivisione dei Test proiettivi Ø Lis (1998) propone la seguente suddivisione: • test grafici (basati sul disegno); • test tematico-costruttivi (basati sul racconto e/o costruzione); • test strutturali (basati su macchie); • test di completamento di parole (completare parole, frasi, racconti). Ø Secondo un criterio utile nella pratica clinica, vi è anche la tendenza a classificare le tecniche proiettive in due macrocategorie: § Test Strutturali (nel cui ambito il test più rappresentativo è il test di Rorschach), che hanno la finalità di indagare la struttura di personalità e la sua organizzazione psichica § Test Tematici (tra cui il Thematic Apperception Test) che si propongono, invece, di rilevare i contenuti più pregnanti del dinamismo psichico del soggetto sottoposto al test (Chabert, 1983; Passi Tognazzo, 1975).
TEST PROIETTIVI GRAFICI Ø Il Disegno come strumento di conoscenza psicologica: § Il Disegno, fin dai primi sviluppi della psicologia, è stato considerato come uno strumento utile alla comprensione sia della maturazione intellettuale, sia della personalità dell’individuo. § E’ indicativo che uno dei temi per primo utilizzato – il Disegno della Figura Umana – sia stato considerato strumento valutativo di entrambe le aree di indagine: 1) sviluppo cognitivo, attraverso il metodo di F. Goodenough (1926), 2) studio della personalità, attraverso il metodo di Karen Machover (1953).
Lo sviluppo dell’attività grafica Ø La conoscenza delle tappe dello sviluppo grafico- simbolico del bambino è un prerequisito necessario per interpretare il disegno del bambino nell’assessment psicodiagnostico. Ø Gli scarabocchi dei bambini nei primi anni di vita, le forme realizzate dal bambino più grande e la loro collocazione nello spazio cambiano in relazione allo sviluppo cognitivo del bambino e allo sviluppo globale della sua personalità.
Ø Luquet ha individuato, attraverso l’osservazione sistematica del disegno infantile, alcune fasi evolutive, ancora oggi riconosciute: ü Realismo fortuito (fino ai 3 anni) in cui il b. inizia a guardare le proprie produzioni grafiche cercando un’analogia, anche vaga o soggettiva, tra esse e una cosa reale; ü Realismo mancato (da 3 a 5 anni) in cui il b. decide prima dell’esecuzione quale oggetto rappresentare, ma spesso ne risultano disegni incomprensibili anche a lui (il b. ha difficoltà nel tracciare contorni accurati, trascura particolari importanti o li colloca in posti sbagliati, non rispetta le proporzioni);
ü Realismo intellettuale (dai 5 ai 7/8 anni) in cui il b. riesce ad eseguire disegni somiglianti alla realtà, ma il disegno deve contenere tutti gli elementi reali dell’oggetto, non c’è considerazione della prospettiva visiva per cui se si guarda da una certa parte certi elementi non sono visibili; ü Realismo visivo (verso gli 8/9 anni) il b: si rende conto a poco a poco delle contraddizioni tra i suoi disegni e la realtà e cerca di adottare un’unica prospettiva rappresentando ciò che visibile a lui. In linea con lo studio di Luquet, Piaget e coll. (1948) hanno descritto lo sviluppo cognitivo delle relazioni spaziali che gradualmente consente lo sviluppo della rappresentazione mentale delle relazioni spaziali, anche nella visione prospettica.
Test cognitivo: Disegno della Figura Umana di F. Goodenough Ø L’Autrice ha esaminato circa 3.600 bambini americani dai 4 agli 11 anni di età § Consegna al bambino (al quale vengono forniti esclusivamente un foglio di carta bianca e una matita): “Su questo foglio devi disegnare un ometto. Fallo meglio che puoi, con molta cura e attenzione”. § Nel ritirare il disegno l’esaminatore avrà cura di segnare sul foglio,oltre al nome del bambino e alla data, anche la sua età in anni e mesi.
Disegno della Figura Umana di F. Goodenough § La valutazione viene eseguita assegnando un punto ad ognuno dei 51 dettagli elencati nello spoglio e che sia presente nel disegno: presenza della testa, delle gambe, delle braccia –numero esatto – presenza del tronco, del collo, degli occhi, del naso, della bocca, labbra, capelli, vestiti, presenza delle dita, dettagli delle dita corretti, articolazione delle braccia, articolazione delle gambe, mente e fronte rappresentati etc. § Sarà possibile calcolare anche il Quoziente intellettivo secondo la formula di Stern: QI= Età mentale/Età Cronologica; il test presenta una correlazione soddisfacente con altre prove di intelligenza (> 0.70), tuttavia sono presenti limiti nella valutazione clinica perché il punteggio al test può abbassarsi per l’influenza di variabili affettive (ad es., disturbi d’ansia).
Il Disegno come proiezione del mondo interiore del bambino Ø Karen Machover ha utilizzato il test del disegno di una persona come test proiettivo; • In quanto test proiettivo, e non test di intelligenza, il disegno della figura umana di Machover può essere applicato anche a soggetti adulti. • Si presenta al soggetto un foglio di carta, una matita da disegno di media durezza e una gomma si dice: “La prego di disegnare una persona”; • nel caso di bambini che non possono non comprendere il termine persona, si può dire “Disegna Qualcuno”. E’ importante che il sesso e l’età non siano determinati dalla consegna.
Draw a Person – DAP Karen Machover • Quando il disegno del soggetto è terminato, se non appare chiaro il sesso, e/o l’età della figura disegnata: chiedere se si tratta di un maschio o di una femmina e quale età vi si attribuisce. • Si presenta poi un altro foglio uguale al primo (foglio bianco A4) e si chiede di disegnare una persona di sesso opposto: “Ora disegni un maschio” oppure “Ora disegni una femmina”.
Ø INTERPRETAZIONE: § l’assunto, alla base dell’interpretazione, è che il Disegno di una Figura Umana non è altro che l’immagine della proiezione del proprio corpo, o meglio dell’immagine soggettiva del proprio Io; non sempre tuttavia la figura disegnata è la proiezione dell’immagine del proprio Io attualmente vissuto; a volte, infatti, può essere la proiezione dell’ideale dell’Io, o di una persona da cui il soggetto fortemente dipendente o anche può esprimere il vissuto soggettivo verso persone del proprio ambiente.
Ø Nell’analisi del disegno si tiene conto dei seguenti elementi: • 1) FORMALI: grandezza, posizione, espressione o atteggiamento • 2) GRAFOLOGICI: tratto, pressione, movimento, ombreggiatura (la pressione del tratto corrisponde al grado di energia impiegata da chi disegna:ad es. un tratto forte è indice di sicurezza, ma può anche essere indice di impulsività, a volte aggressività; il movimento è spesso legato ad introversione, anche a creatività e ricchezza di vita interiore); l’ombreggiatura denota in genere ansietà • 3) CONTENUTO: diverse parti del corpo e loro dettagli.
Test Disegno della Famiglia Ø MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE E CONSEGNA: ü La somministrazione del test del Disegno della Famiglia deve essere individuale, non prevede limiti di tempo; il materiale necessario è costituito da matita, gomma da cancellare, fogli formato A4. Diverse formulazioni della consegna sono state ideate per l’applicazione di questo test: § - disegna la tua famiglia (Porot, 1965); § - disegna una famiglia, oppure immagina una famiglia di tua invenzione e disegnala (Corman, 1967). Ø La consegna “disegna la tua famiglia” porta il bambino a collegarsi maggiormente al piano di realtà, anche se, come sottolinea Corman, la proiezione è sempre attiva per deformare la realtà secondo le tendenze affettive del soggetto (Corman, 1967, p. 23). Ø Tuttavia, nel modificare la consegna, Corman ha pensato che la proiezione dei sentimenti del bambino verrebbe ad essere facilitata proponendogli un compito più vago, in modo che il bambino sia più libero di esprimersi, arginando il processo secondario e favorendo il processo primario.
BREVE INTERVISTA DOPO L’ESECUZIONE DEL TEST (Corman, 1976): Ø Nominami tutte le persone cominciando dal primo disegnato: ruolo, sesso ed età (un numero apposto dallo psicologo indicherà il personaggio disegnato per primo, per secondo e così via); 2) Chi è il più simpatico in questa famiglia? Chi è il meno simpatico? 3) Chi è il più felice? Chi è il meno felice? 4) E tu di questa famiglia chi preferisci? Per ogni risposta si domanda il perché. § Al Disegno della Famiglia (Immagina una Famiglia di tua invenzione e disegnala), si applica il metodo delle Preferenze/Identificazioni (Corman, 1976) si termina dicendo al bambino: “Supponi di far parte di questa famiglia, chi vorresti essere?” Se il bambino esita si può aggiungere: “Giochiamo, facciamo finta di essere uno di questa famiglia, quello che vuoi tu”.
§ Nei casi in cui, nonostante la più ampia formulazione del compito da eseguire, il fanciullo ha disegnato la propria famiglia, includendo anche se stesso, potrebbe sembrare superfluo domandargli di identificarsi, in quanto lo ha già fatto; in realtà si dimostra ugualmente utile domandargli: “Quale altro personaggio desidereresti essere?” § Paragone con la famiglia vera: è indispensabile annotare la composizione della famiglia vera rilevata attraverso l’anamnesi condotta con i genitori del bambino; ogni omissione o deformazione dei personaggi è significativa.
Ø Dall’analisi della letteratura scientifica emerge che alcune variabili sono state ritenute maggiormente indicative nell’interpretazione del DdF (Corman, 1967; Di Leo, 1973; Freeman, 1980; Hammer, 1997; Tambelli, Zavattini, Mossi, 1999): § Grandezza dei personaggi: si considera la dimensione dei personaggi nel disegno; la grandezza è un criterio di valorizzazione o svalorizzazione di una figura disegnata rispetto ad un’altra; è importante valutare non solo la grandezza dell’intera figura, ma anche quella di alcune singole parti del corpo. ü Il personaggio valorizzato è anche quello che viene disegnato per primo, oppure disegnato proporzionalmente più grande di tutti gli altri, mentre spesso il personaggio con cui vi sono conflitti è disegnato più piccolo, messo per ultimo, o da un lato del foglio.
§ collocazione delle figure nel disegno: come il bambino usa lo spazio per collocare se stesso e le altre figure nel foglio. Secondo Corman (1967), essere al centro del disegno è indice di valorizzazione. La posizione delle figure nel disegno, ovvero la vicinanza/lontananza, è in rapporto al vissuto sul tipo di legame che il bambino sente di avere in famiglia, ma esprime anche i suoi bisogni affettivi. § aggiunta di personaggi/omissione di personaggi: secondo Corman (1967), il fenomeno della ‘aggiunte’ e ‘mancanze’ evidenzia meccanismi di spostamento e negazione che possono caratterizzare le dinamiche intrapsichiche del soggetto. Il fenomeno può evidenziare la tendenza del bambino a svalorizzare, escludendolo, un familiare ed indica il livello di conflittualità con il personaggio tralasciato; diviene segno di grave angoscia relazionale se vengono omessi i genitori.
§ omissione di se stessi: l’omissione di se stessi è considerata espressione di marcati vissuti di inadeguatezza e di autosvalorizzazione. § omissioni di parti del corpo/deformazioni del corpo: possono costituire indicatori di deprivazione affettiva, o comunque di grave conflitto familiare. § assenza di particolari/dettagli: è un possibile indicatore di inibizione emotiva e di inibizione nella comunicazione affettiva. § identificazioni: può esprimere la scelta da parte del bambino di un personaggio che rappresenta le sue aspirazioni; in questo caso, come indica Corman (1967), si tratta di una identificazione di desiderio. Tuttavia il bambino può esprimere anche una identificazione di difesa, ad esempio quando un bambino aggressivo si identifica con il padre autoritario e “forte” che punisce.
Il Test del Disegno dell’Albero di Karl Koch Ø CONSEGNA: “La prego di disegnare un albero da frutta come meglio può. Potrà usare l’intero foglio.” Ai bambini piccoli che possono non comprendere l’espressione albero da frutta, si può semplicemente chiedere di disegnare un “albero”. Si tratta di un test carta e matita. Ø La prova dell’Albero appartiene alla categoria dei test proiettivi § è considerato basilare il simbolismo spaziale dell’Albero: la linea di sviluppo dell’albero dal basso verso l’alto suggerisce diversi significati: passaggio dall’Inconscio al Conscio, dal germe allo sviluppo, vi è rappresentata cioè la storia della persona; le tracce vecchie e primitive della vita si concretano verso il basso, quelle recenti e attuali invece piuttosto verso l’alto. § Inoltre, considerato l’albero simbolo dell’uomo per l’analogia alla posizione eretta, l’albero disegnato viene a simbolizzare la persona che lo disegna.
Ø Koch fornisce nel Manuale vari indici per l’interpretazione psicologica del Test sulla base dei vari elementi del disegno (Radici, basi del fusto, protuberanze del fusto, chioma, rami, andamento a destra, andamento a sinistra, foglie, frutti etc.). Ø Il test dell’albero presenta due limiti: § 1) facilità con cui si presta ad interpretazioni brillanti, ma inferenziali, 2) la sua validazione incompleta. Ciò non significa che il Test non abbia alcuna validità, ma richiede grande esperienza, capacità di intuizione e un’estrema prudenza per arrivare all’interpretazione; il significato psicologico da prendere in considerazione sarà quello che non è in contraddizione con gli altri elementi del reattivo e soprattutto con i dati emersi da tutte le fasi dell’esame psicodiagnostico. § In conclusione, come afferma del resto lo stesso Autore, il reattivo dell’albero va considerato solo come uno strumento coadiuvante.
Ø Sebbene l’uso clinico dei test grafici consenta, talvolta, di distinguere fra individui con patologia e soggetti normali, la valutazione proiettiva in base ai disegni non ha ancora trovato ampio accordo tra i ricercatori. Ø Inoltre il modello evolutivo obbliga a riflettere sul ruolo che hanno le capacità espressive grafiche nel disegno: scarse abilità grafiche possono spesso risultare in classificazioni di falsi positivi o di psicopatologie; questo aspetto implica una particolare attenzione soprattutto in età evolutiva.
Ø Nel corso della valutazione diagnostica in età evolutiva il disegno, pur con i limiti indicati, offre al clinico un modo non invasivo ed empatico per poter entrare in contatto con il mondo interno di tutti quei bambini che spesso non trovano le parole per esprimere il proprio dolore e malessere. Ø Attualmente i test grafici sono utilizzati da circa l’81% degli psicologi infantili (Veltman, Brown, 2002). Mediante il disegno il bambino è messo in una condizione facilitante per rivolgere una richiesta di aiuto; il disegno è fatto per essere visto, non solo per mostrare le rappresentazioni emotive, ma anche per comunicare vissuti che non possono essere rappresentati tramite la parola perché troppo dolorosi o rimossi (Sacco, 1996).
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