Produzione del mare: pesci, spugne, molluschi - MUGGIA, 5 GIUGNO 2019 - Comune di ...

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Produzione del mare: pesci, spugne, molluschi - MUGGIA, 5 GIUGNO 2019 - Comune di ...
Produzione del mare:
pesci, spugne, molluschi
MUGGIA, 5 GIUGNO 2019
Produzione del mare: pesci, spugne, molluschi - MUGGIA, 5 GIUGNO 2019 - Comune di ...
- Agricoltura e territorio
- Il comune di Muggia è circondato dal mare
- La provincia di Trieste si affaccia sul mare per un
lato intero
- l’economia di Muggia è stata legata per molto
tempo anche al mare oltre che all’agricoltura
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Sorge spontanea una domanda: quale rapporto
esiste fra prodotti dell’agricoltura e prodotti del
mare?
I due mondi sono poi così distanti fra di loro?
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Art. 2135 codice civile
"E' imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attivita':
coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attivita'
connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si
intendono le attivita' dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o
di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che
utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o
marine.
Si intendono comunque connesse le attivita', esercitate dal medesimo
imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad
oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o
del bosco o dall'allevamento di animali, nonche' le attivita' dirette alla
fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature
o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attivita' agricola
esercitata, ivi comprese le attivita' di valorizzazione del territorio e del
patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalita' come
definite dalla legge".
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Attività agricola
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L.R. 25/96 Disciplina dell’agriturismo
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Terra e mare
- Terra e mare sono strettamente connessi
- chi lavora e utilizza del risorse presenti nella terra e nel
mare appartiene alla stessa categoria economica: lavora in
un ambiente a forte stagionalità climatiche e delle
produzioni, è sottoposto alle variazioni matereologiche e le
produzioni sono spesso determinate da cicli naturali
indipendenti dalla volontà dell’imprenditore
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Quali produzioni
- pesca (tradizionale)
- allevamento di:
◦ Molluschi
◦ Pesci (acqua salata o salmastra)
◦ Acqua dolce (trota)
- Spugne
Fasi di allevamento
- avanotteria dalla schiusura delle uova fino al primo anno di
vita: vasche basse, alta densità di pesci
- le uova vengono ottenute dai pesci maturi e integrate con
acquisti in Scozia
- vasche di allevamento con dimensioni del pesce uguali
- vasche di vendita (dal 3°-4° anno)
Parametri da tenere sotto controllo: qualità dell’acqua,
ossigeno, Sali disciolti, presenza di fonti inquinanti di origine
microbiologica
Acqua proveniente dalla sorgente del Monte Carso
Valli da pesca
Gli antichi romani le chiamavano piscinae piscariae, mentre
il termine “valle” compare per la prima volta in un
documento del XV secolo, dal latino “vallum”, che significa
argine o protezione.
Le valli da pesca, tipiche delle lagune dell’alto Adriatico,
sono ancora oggi delle porzioni arginate di laguna, dotate di
chiuse regolabili che mettono in comunicazione lo specchio
d’acqua vallivo con le acque lagunari circostanti.
La vallicoltura tradizionale è un metodo di allevamento di
tipo estensivo, a bassa densità, fondato sulla montata
naturale e/o sulla semina del pesce novello, l’accrescimento
nei bacini vallivi e la raccolta al raggiungimento della taglia
ottimale, due o tre anni dopo la semina.
 I rigori invernali sono mitigati in valle convogliando i pesci
nei piccoli e profondi bacini di sverno, situati in zone
riparate dai freddi venti di bora
Le specie di maggior interesse commerciale che vengono
allevate nelle nostre valli sono il Branzino (Dicentrarchus
labrax), l’Orata (Sparus aurata) e alcune specie di Cefali
(famiglia Mugilidae).
Qualche valle si dedica ancora all’allevamento dell’Anguilla
(Anguilla anguilla).
Nella nostra laguna il sistema di valli da pesca copre una
superficie di circa 1.700 ettari.
In laguna di Marano le valli, 300 ettari in totale, hanno una
superficie media di 20 ettari e sono localizzate lungo l’argine
di conterminazione lagunare. Sono gestite come
allevamenti intensivi o semi-intensivi; prevedono quindi
densità di stoccaggio elevate e regolare somministrazione di
mangime ai pesci.
Differentemente, in laguna di Grado le valli, 1.400 ettari
circa in totale, sono di dimensioni maggiori ed esercitano
prevalentemente l’allevamento estensivo, il che si traduce in
una gestione più naturale degli ambienti presenti.
Valli da pesca
Pesca del Tonno
Parte dell’economia di Santa Croce fin dal 1808, quando un
decreto del Provveditore generale francese di Dalmazia
Dandolo dichiarò la pesca diritto esclusivo dei residenti nel
relativo comune costiero, purchè entro un miglio dalla
costa.
Ultima pescata 24 agosto 1954
La presenza dei tonni nel golfo di Trieste era dovuta alla loro
annuale migrazione lungo le coste adriatiche durante
l'estate, fra agosto e ottobre.
I branchi di tonni, in prevalenza della specie Euthynnus
Alletteratus (detto tonina), raggiungevano anche i mille
esemplari: si trattava di carne più chiara e tenera rispetto al
pescato nel Mediterraneo.
Circa 30 chili massimi di peso e il metro e mezzo di
lunghezza.
I pesci venivano avvistati da tre vedette posizionate sul
ciglione carsico, a circa 150 metri di altitudine e distanti 600
metri l'una dall'altra. Quindi le grosse prede erano catturate
sulla base delle indicazioni effettuate con grida
convenzionali, con grandi reti a circuizione chiamate "tratte"
e manovrate dagli abili pescatori di Barcola, Contovello,
Santa Croce e Aurisina.
La rete per catturare i tonni - prosegue Cossutta - veniva
posizionata da una barca speciale chiamata “tonera”, con
fondo piatto e con prora e poppa simmetriche, molto agile
visto che il tempo massimo per chiudere il cerchio era di
dieci minuti. Era equipaggiata per la propulsione manuale,
con quattro remi lunghi sei metri, poggianti su quattro
forcole
Vi erano nove pescatori: sei imbarcati sulla “tonera” - di cui
quattro addetti a vogare e due alla posa delle reti - e tre
sulle vedette di avvistamento. La morte dei pesci avveniva
per soffocamento, dal momento che venivano tirati sulla
spiaggia ancora vivi.
Pesca del Tonno (1954)
Mitilicoltura
In Friuli Venezia Giulia gli allevamenti della molluschicoltura
riguardano 2 specie di molluschi eduli lamellibranchi, i mitili
(Mytilus galloprovincialis) e le vongole veraci (Tapes
philippinarum).
I mitili sono allevati nei comuni di Trieste, Duino-Aurisina e
Muggia e le vongole veraci negli ambienti lagunari dei
comuni di Marano Lagunare e Lignano Sabbiadoro.
Nei banchi naturali di molluschi delle acque marine dei
comuni di Monfalcone, Grado e Lignano Sabbiadoro
vengono raccolti a scopo commerciale le vongole (Chamalea
gallina), le capalunghe (Ensis spp.) e i fasolari (Callista
chione); l’attività di pesca avviene con turbosoffianti.
La produzione regionale dei molluschi di allevamento si
aggira nell’ordine di 3 mila tonnellate per i mitili e di mille
tonnellate per le vongole veraci in laguna (ECOSEA 2013).
La molluschicoltura nel Golfo di Trieste è un’attività ben
radicata nel contesto storico economico della città. Le prime
documentazioni disponibili relative a questa attività
risalgono alla metà dell’ottocento, epoca in cui la
molluschicoltura veniva operata nella parte sud-orientale
del Golfo (Zaule) ad opera di pochi operatori locali.
L’attività di allevamento, operata su pali fissi, vide un
incremento nel periodo austroungarico quando l’attività
venne organizzata in forma aziendale grazie alla Società
Austriaca di Pesca e Pescicoltura Marina. Con il crescere
dell’economia cittadina e il mutare degli interessi, ben
presto questa attività entrò in conflitto con la realtà
industriale della zona (raffinerie di petrolio, fabbriche di
concimi artificiali)
Negli anni settanta gli episodi di colera verificatisi in varie
località italiane segnarono un drastico declino del settore. In
questo periodo si assistette al passaggio dalla coltivazione
su pali fissi sotto costa a quella in mare aperto.
Tale mutamento fu determinato principalmente dal
peggioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie delle
acque dovuta ad un incremento dell’inquinamento dovuto a
fonti di scarico industriale e domestico e dalla necessità di
intensificare la produzione riducendo i costi.
La disponibilità di tecnologie appropriate favorì questo
passaggio che unisce l’esigenza di ottenere un prodotto
igienicamente conforme con un’elevata resa
produttivo/economica.
La metodologia long line è quella adottata ancora oggi nel
Golfo di Trieste e ha permesso di espandere l’attività lungo
una lunga fascia della costiera triestina anche se le
produzioni odierne risultano inferiori a quelle della prima
metà del ‘900 .
Gli impianti longline vengono situati lungo una fascia costiera di tre
miglia con una batimetria variabile fra i 10 e i 30 m, in presenza di
correnti moderate.
La dimensione dell’impianto può variare da poche decine a più di cento
ettari; tale area viene delimitata da boe dotate di segnali luminosi.
La struttura dell’impianto è costituita da una serie di moduli paralleli fra
loro. Ogni modulo è costituito da una corda generalmente di
polipropilene, denominata ventia il cui spessore può variare fra i 40 e i
50 mm. La lunghezza della ventia varia in relazione alla tipologia di
allevamento adottata. Normalmente il sistema triestino a pluri ventia
prevede moduli della lunghezza di 100 m circa.
Le ventie vengono ancorate al fondo tramite corpi morti in cemento
posti alle due estremità e legati alla ventia tramite cavi anch’essi in
polyetilene o polypropylene, la cui lunghezza varia relativamente alla
batimetria del sito.
Le ventie vengono mantenute in superficie grazie ad una serie di
galleggianti (boe in polyetilene) posti a circa 10 m di distanza l’uno
dall’altro che dividono la ventia in “campate”. La ventia ha la funzione di
sostenere le reste, calze tubulari in cui vengono innestati i mitili e che
fungono da supporto alla crescita. Le reste, generalmente in
polipropilene, hanno una lunghezza che va da 2 a 4 metri e vengono
situate ad una distanza di circa 60 cm l’una dall’altra e hanno maglie la
cui dimensione è funzione della taglia dei mitili. La distanza fra le ventie
è compresa fra gli 8 e i 20 m.
Captazione e preparazione del seme

Il ciclo produttivo ha inizio con il reperimento degli individui
giovanili (seme) di lunghezza di circa 2 cm. Questi individui
vengono prelevati dalle ventie presenti nello stesso
impianto o da altri substrati solidi che hanno avuto funzione
di captatori. La captazione del seme avviene generalmente
fra aprile e luglio. La raccolta del seme viene effettuata per
mezzo di appositi raschiatori, nel periodo compreso fra
luglio e ottobre. Vengono inoltre utilizzati come seme gli
individui appartenenti al precedente ciclo produttivo ma
che non hanno raggiunto la taglia commerciale.
Incalzo
Nella seconda fase del processo, il seme viene inserito in
apposite reti tubulari (calze) con un diametro delle maglie
variabile in funzione della taglia dei mitili innestati. Il seme
viene inserito manualmente all’interno delle calze, con
l’aiuto di tubi in materiale plastico o tramogge (riempitrici
meccaniche), ottenendo così le “reste”. Questa fase si svolge
nel periodo tardo primaverile/estivo.
Immersione.
Le reste così confezionate vengono quindi collocate sulle
ventie e immerse per l’ingrasso del seme. La posa avviene
per agganciamento manuale delle reste alla ventia che
viene man mano sollevata dall’acqua tramite apposite
attrezzature montate sulla barca.
Recupero-Reinnesto
L’accrescimento progressivo dei mitili e l’aumento di peso
delle reste rende indispensabile l’operazione di reinnesto.
Dopo circa due o tre mesi dalla messa in posa, le reste
vengono salpate e i mitili in esse contenuti vengono
suddivisi meccanicamente e redistribuiti in differenti quote
in nuove calze con diametro di maglia maggiore del
precedente.
Le nuove reste vengono quindi riposizionate sulla trave. I
reinnesti possono essere da 1 a 3 per ciclo. In base alla
quantità di sedimenti presente sulle reste si possono
rendere necessarie operazioni di pulizia delle stesse.
Raccolta e selezione del prodotto
Le reste mature vengono issate sulla barca. Il prodotto viene
quindi selezionato e lavorato a bordo. La separazione dei mitili
avviene tramite utilizzo di un’apposita macchina sgranatrice, cui
segue una selezione delle taglie tramite vibrovaglio.
Il prodotto selezionato viene lavato e, se proveniente da acque di
tipo A confezionato in sacchi di peso variabile fra i 3 e i 20 kg, se
provenienti da acque di tipo B, separato e preparato per l’invio a
centri di depurazione.
Il prodotto, a lavorazione terminata, viene trasferito al centro di
spedizione (CSM) selezionato e quindi confezionato in reti di
plastica del peso di 1 o 2 kg, riuniti a loro volta in confezioni
maggiori del peso di 15-20 kg.
Grazie per
l’attenzione
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