Primo piano - Afghanistan, l'analisi di Giancarlo Elia Valori: "Fallimenti e calcoli bellico-industriali americani"

Pagina creata da Samuele Capuano
 
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Primo piano - Afghanistan, l'analisi di Giancarlo Elia Valori: "Fallimenti e calcoli bellico-industriali americani"
Primo piano - Afghanistan, l’analisi di
                                             Giancarlo Elia Valori: “Fallimenti e calcoli
                                             bellico-industriali americani”
                                             Roma - 19 ago 2021 (Prima Pagina News) “Auspicare la violenza
                                             indiscriminata per cancellare un’altra violenza, bensì mirata –
                                             commenta in questa sua analisi il professore Giancarlo Elia
Valori - è un fare immorale e criminale”.

Gli analisti hanno sottolineato che la guerra di ventennale in Afghanistan ha dimostrato che gli Usa hanno
fallito nell’usare la forza per risolvere il problema. Mi ricordano un esponente politico del nostro Paese che,
una volta iniziate le operazioni per l’invasione statunitense dell’Afghanistan nel 2001, disse in tv che la Casa
Bianca faceva bene a bombardare quel Paese per togliere il burqa’ alle donne. Auspicare la violenza
indiscriminata per cancellare un’altra violenza, bensì mirata, è un fare immorale e criminale. Gli Usa sono
andati incontro a quattro fallimenti ed ad un successo in dollari che esamineremo man mano. La situazione in
Afghanistan è ancora in evoluzione. Per l’Afghanistan resta da vedere la direzione del futuro, ma per gli Usa è
una certezza che ha incontrato un completo fallimento.Tuttavia, dal fallimento militare evidenziato dalla
squallida ritirata, dal crollo della diplomazia americana alla screditata reputazione internazionale, vedremo tutti
i grandi fallimenti che hanno vissuto gli Usa. Fino a quando gli Usa non muteranno la loro strategia egemonica,
incontreranno sempre più fallimenti in futuro. Mentre gli statunitensi fuggivano frettolosamente da Kabul, il
modello occidentale guidato da questi è stato ancora una volta colpito duramente. Il che ha pure evidenziato
che ogni volta che gli Stati dell’Unione Europea si piegano agli ordini di Casa Bianca e Pentagono, poi non
hanno altro modo che scusarsi con stucchevoli piagnistei vari, relativi ai diritti umani e sull’accoglienza verso
quelli più fortunati che hanno disponibilità economica per scappare.Chi non ricorda i boat people? Ossia i
facoltosi sudvietnamiti che abbandonavano Saigon, mentre gli staracarichi elicotteri statunitensi lasciavano di
corsa il Paese e i predetti boat people erano presi a carico in specie dalla Francia. Il 17 agosto, l’Ufficio Usa
dell’Ispettore Generale Speciale per la Ricostruzione dell’Afghanistan ha pubblicato un rapporto affermando
che, nonostante gli enormi investimenti e le pesanti perdite degli ultimi vent’anni, a causa della mancanza di
comprensione della politica e della cultura afghane, e ignorando deliberatamente la volontà degli afghani, gli
Usa in Afghanistan, hanno perseguito un’illusione "destinata a fallire sin dall’inizio". Secondo alcuni
osservatori, questo rapporto di 140 pagine è stato scritto molto prima che gli Usa si ritirassero frettolosamente
dall’Afghanistan e rivela in dettaglio perché Washington ha investito così tanto in Afghanistan negli ultimi
vent’anni ma alla fine ha fallito. Il rapporto ha sottolineato che le politiche dei successivi governi degli Usa
hanno ignorato la situazione attuale in Afghanistan e la volontà del popolo afghano, e hanno cercato di forzare
un modello di sviluppo che era seriamente fuori dalla realtà in Afghanistan. Questa politica era destinata a
fallire fin dall’inizio.Secondo il rapporto, molti funzionari statunitensi hanno affermato che gli Usa hanno
sempre "mancato la comprensione più basilare" dell’Afghanistan. Usa che non "sapevano cosa far lì", ma
nonostante l’avvertimento degli esperti statunitensi coscienziosi, essi non sono riusciti a influenzare le
precedenti amministrazioni che enfatizzavano e vantavano i presunti successi ottenuti colà. L’ispettore
speciale degli Usa per la ricostruzione dell’Afghanistan, John F. Sopko, ha sottolineato nel rapporto che i
politici statunitensi sono "molto ignoranti" sull’Afghanistan al più alto livello strategico e spesso cercavano di
«rimuovere l’Afghanistan vero» applicando la visione di un loro "Afghanistan immaginario" statunitensizzato, e
applicando comportamenti che creavano motivi di conflitto con la popolazione locale. Inoltre, Sopko afferma
che ci sono stati gravi problemi di corruzione e sprechi nel sistema su cui gli Usa hanno fatto affidamento per
operare nel Paese: molti progetti di ricostruzione in Afghanistan sono costati molti soldi ma alla fine
inevitabilmente sono restati incompiuti. Il rapporto ha anche sottolineato che negli ultimi vent’anni gli Usa non
sono stati in grado di stabilire con successo un modello operativo sostenibile in quel Paese, mentre allo stesso
tempo con il ritiro precipitoso pure i pochi fragili frutti maturati sono destinati a marcire. Alcuni commentatori
ritengono che il fallimento del cosiddetto “modello afghano” degli Usa abbia trafitto la falsa illusione di forza e
prosperità che Washington ha mantenuto attraverso il loro grandioso soft power. La retorica è sempre la
stessa. Dobbiamo trattare i Paesi cattivi come abbiamo fatto durante la II Guerra mondiale con la nazista
Germania, la fascista Italia e il militarista Giappone. Dobbiamo bombardarli e massacrarli e così dopo in quei
Paesi nascerà la democrazia che li farà diventare buoni. L’errore di mettere sullo stesso piano Germania-Italia-
Giappone con i Paesi musulmani di Vicino, Medio Oriente e Asia Anteriore: i primi avevano già tradizioni
rapprensentative democratico-borgheso-liberali. Lo stesso Giappone, con la Restaurazione Meiji (1866-1869),
pur mirando all’emancipazione del Paese dalle potenze occidentali, si fece promotore di un processo di
riforma ispirato proprio ai sistemi statuali occidentali che, soprattutto grazie all’apporto di It? Hirobumi
(1841-1909), culminò con l’adozione della Costituzione Meiji, la prima costituzione intesa in senso moderno in
Asia! Mentre il mio amico e grande ministro degli Esteri, Gianni De Michelis – che non andava al mare durante
i periodi di crisi – affermava sempre che ogni problema di uno Stato, va risolto secondo la volontà del proprio
popolo e con la venuta di guerrafondai violenti e bestiali. In definitiva gli Usa hanno lanciato la guerra in
Afghanistan in nome dell’antiterrorismo, ma cosa hanno ottenuto? Negli ultimi vent’anni, le organizzazioni
terroristiche in Afghanistan si sono moltiplicate. Negli ultimi due decenni, migliaia e migliaia di afgani sono stati
uccisi o feriti sotto il fuoco “amico” statunitense e dei suoi alleati, e più di dieci milioni sono stati gli sfollati. La
guerra in Afghanistan ha causato una perdita media di 300 milioni di dollari statunitensi al giorno per
vent’anni, pari a un costo di oltre 2.260 miliardi di dollari. Oltre agli innumerevoli morti. All’aprile 2021, la
popolazione afghana ha registrato 47.245 vittime civili; 66.000 fra militari e polizia afghani; 51.191 decessi da
parte dei talebani e altri oppositori, i quali, leggendo la stampa occidentale sembrano invece immortali in
quanto questi ultimi sono i cattivi.L’esercito statunitense ha subìto 2.448 caduti; i mercenari Usa deceduti
sono stati 3.846; vittime di altri Stati membri della Nato: 1.144; operatori umanitari: 444; giornalisti: 72. E tutto
questo ha gravemente ridotto lo sviluppo economico e sociale del Paese.I fatti hanno dimostrato ancora una
volta che l’intervento militare e la politica di potere statunitense dagli anni Cinquanta del sec. XX sono
impopolari e alla fine falliscono. Un modello straniero non può essere applicato rigidamente a un Paese con
storia, cultura e condizioni nazionali completamente diversi, come se fossero polli d’allevamento che col
tempo si trasformano in leoni. Risolvere i problemi con il potere e i mezzi militari non fa che aumentare i
problemi non agli Usa – che hanno visto rifiorire la propria industria bellica in questi quattro lustri – bensì ai
membri dell’Unione Europea, specie con l’imminente problema di rifugiati+Covid 19. Che si tratti della Corea,
del Vietnam, degli Stati dell’America latina (Nicaragua, Grenada, Panamà, ecc. ecc. ecc.), dell’Iraq, della
Siria, della Libia o dell’Afghanistan, abbiamo visto che ovunque vadano le forze armate statunitensi,
rimangono disordini e divisioni, famiglie distrutte e devastazioni. Forse se n’è accorto pure il presidente Biden
che ha affermato in un suo recente discorso che non commetterà l’errore di investire troppa energia nelle
guerre civili di altri Paesi e rimodellare altri Paesi attraverso un intervento militare senza fine. Si spera che gli
Usa possano riflettere seriamente sulla loro politica di intervento e violenza militare in ogni momento, e
fermare l’interferenza sfrenata negli affari interni di altri Paesi con il pretesto della democrazia e dei diritti
umani e minare la pace e la stabilità di altri Paesi e regioni. E tutto ciò per favorire la propria industria bellica,
l’unica uscita con successo dal lago di sangue afgano.Per sostenere la propria produzione di armi, gli Usa
hanno colto quattro fallimenti: politico nazionale (propri cittadini morti per nulla), militare (sconfitta), politico
internazionale (amarezza e delusione degli alleati) e crollo della reputazione internazionale (cittadini stranieri
ammazzati per volontà imperialistica e menefreghismo nei riguardi degli alleati; altro che il propagandistico I
care di odore dommilaniano). Le élite wasp statunitensi spesso danno per scontato che la democrazia
statunitense sia la via per la prosperità e per risolvere tutti i mali della società. Dopo il rovesciamento del
regime talebano nel 2001, gli Usa avevano l’ambizione di render l’Afghanistan un “Paese democratico
modello”, con la nascita di partiti, movimenti, accoglienza dei disvalori occidentali e abbattimento delle
manifestazioni di Dio. Invece non solo non è riuscita a unire tutti i gruppi etnici, ma ha intensificato le
contraddizioni all’interno delle élite afghane, che gli Usa stessi avevano finanziato e addestrato (talebani
compresi) quando si trattava di respingere i sovietici dal 1979 al 1991. Guardando indietro ai vent’anni della
guerra in Afghanistan, al caos lasciato in Iraq, Libia, Siria e altri Paesi, sempre più persone si stanno rendendo
conto che gli Usa sono lungi dall’essere un “grande Paese” come predicavano. Spesso sono una forza
distruttiva: la “pace” che auspicano prima di tutto viene tolta ai popoli. Il “modello democratico” che il proprio
soft power vende, è ridotto ad una maschera alla Munk per l’intervento militare e la politica di potere. Sotto il
“faro dei diritti umani” è sepolta la storia oscura di persone di altri Paesi, abusate e uccise dall’industria
bellica, così come la dolorosa vita quotidiana di decine di migliaia di civili innocenti torturati dalle fiamme della
guerra che oggi chiedono rifugio in Europa, poiché negli Usa si innalzano i muri per allontare già il vicino
Messico.Secondo alcuni rapporti, sette reggimenti delle forze governative afgane hanno perso completamente
la loro efficacia di combattimento, e tutte le truppe hanno si sono rivolte ai talebani con armi ed
equipaggiamenti.I talebani hanno pubblicato sui social network foto e video dei ricchi trofei sequestrati in più
ex basi militari statunitensi. I talebani sono una forza che rappresenta il Paese, per cui l’imbarazzo di molti
soldati afgani nel combattere dei compatrioti al soldo degli stranieri ad un certo punto è diventato
insopportabile. Il ritiro degli Usa dall’Afghanistan come la fuga da Saigon: gli elicotteri si libravano incerti e
stracarichi nell’aria, i fuzionari d’ambasciata ammainavano la bandiera, bruciavano documenti riservati e
Washington continuava inviava più soldati per aiutare l’evacuazione: un film già visto. E la frettolosa fuga ha
suscitato enormi critiche da ogni parte.Non importa come il governo degli Usa nasconda e giustifichi la politica
catastrofica di ritiro delle truppe. Non solo ha sollevato critiche negli Usa medesimi, ma ha anche causato un
declino senza precedenti nell’immagine internazionale di Washington. È stata organizzata una protesta fuori
dalla Casa Bianca il 15 agosto. I manifestanti erano afghani di cittadinanza statunitense e hanno mostrato la
loro rabbia per protestare contro l’inganno del governo. Questa rabbia permeava anche ex soldati statunitensi
che avevano partecipato alla guerra in Afghanistan e solidarizzavano con i concittadini di origine afgana. Il
mondo vede molto chiaramente come gli Usa trattano i loro alleati in Afghanistan. Maria Vladimirovna
Zakharova, direttrice del Dipartimento Informazione e Stampa del ministero degli Affari Esteri della
Federazione Russa ha dichiarato in un’intervista: "Per vent’anni, la Nato e gli Usa hanno addestrato le forze
politiche in Afghanistan. Ora spostano la responsabilità sulla leadership politica afgana che loro stessi hanno
coltivato ed educato". Hussein Haqqani, ex ambasciatore pakistano negli Usa, ha detto: "L’abbandono del
governo afgano da parte della Casa Bianca farà sì che molti alleati di Washington riconsiderino gli impegni
verso gli Usa". Un chiaro monito da parte di uno dei più importanti alleati di Washington nella regione, già
pronto a riconoscere il nuovo esecutivo talebano. Questo tipo di fallimento diplomatico non colpirà solo la già
debole e incerta amministrazione di Joseph Robinette Biden, ma danneggerà anche gravemente la credibilità
degli Stati Uniti nel mondo. Oltre ai politici statunitensi, l’umiliante ritiro delle truppe ha suscitato anche le
critiche dei media di questo Paese.La Cnn ha ironicamente affermato che il ritiro e il fallimento delle truppe
dell’amministrazione Biden non solo ha mostrato la sua cattiva gestione, ma ha anche rivelato che "la visione
degli Stati Uniti di costruire un Paese funzionante è illusoria". Gli stessi politici locali definiscono gli Stati Uniti
in Afghanistan il più grande fallimento della politica estera degli ultimi decenni.Qual è la causa del fallimento
degli Stati Uniti in Afghanistan? Il 17 agosto, il presidente dell’alleata-Nato, Repubblica Ceca, Miloš Zeman ha
dichiarato in un’intervista esclusiva: "Ho già criticato il ritiro al vertice della Nato a Londra un anno fa e ora al
vertice della Nato a Bruxelles. Guardavo Trump e Biden negli occhi, dicendo loro che era vigliaccheria. Penso
che lasciando l’Afghanistan, gli statunitensi abbiano perso il prestigio di un leader globale e la stessa Nato
abbia sollevato dubbi sulla legittimità della sua esistenza". Un tipo da spiaggia italiano sarebbe in grado di
affermare queste cose? La codardia non ha effetti positivi. Al contrario, questo offre ai talebani opportunità
senza precedenti. La mancanza di credibilità internazionale, fa prendere coscienza agli alleati di non negoziare
e non accettare i diktat degli Usa ma prendersi cura solo di se stessi e della propria politica estera. Dopo che
l’amministrazione Biden era salita al potere, aveva annunciato che "gli Usa sono tornati sulla scena
internazionale", dichiarando al mondo che il multilateralismo avrebbe riacquistato spazi. Però sulla questione
del ritiro delle truppe dall’Afghanistan, l’amministrazione Biden non ha negoziato con i suoi alleati (Gran
Bretagna, Francia, Germania, Italia, Cechia, ecc.), ma ha creato il fait accompli e ha costretto gli altri a seguire
il proprio ritiro. E molti afghani che hanno lavorato per gli Usa sono stati abbandonati. "Il New York Times" ha
                                   riferito che questo significa "la fine dell’èra statunitense" ed "è un altro colpo all’immagine degli Usa
                                   all’estero". Prima della caduta di Saigon (30 aprile 1975), il presidente del Vietnam del Sud Nguyen Van Thieu
                                   aveva denunciato gli Usa per il tradimento del suo Paese, quali "disumani, inaffidabili e irresponsabili". La
                                   stessa scena ora si sta girando in Afghanistan. Gli Usa vogliono solo ritirare le proprie truppe dall’Afghanistan
                                   il prima possibile. Come ha commentato l’analista della difesa francese François Heisbourg: "L’idea che gli
                                   statunitensi siano inaffidabili diventerà più radicata a causa dell’Afghanistan". Riteniamo che se non
                                   impareranno anche dall’Afghanistan, gli Usa subiranno sempre più fallimenti. Secondo il rapporto de The
                                   Chicago Council on Global Affairs pubblicato il 9 agosto 2021 alla domanda se sostengono o si oppongono
                                   alla decisione di ritirare le forze statunitensi dall’Afghanistan entro l’11 settembre 2021, il Chicago Council
                                   Survey rileva che il 70% degli statunitensi lo sostiene e il 29% si oppone. "The Stars and Stripes", quotidiano
                                   del Dipartimento della Difesa, uscito il 16 agosto, ha posto un titolone in prima pagina: It’s Over:
                                   "l’esperimento ventennale dell’Occidente nella trasformazione dell’Afghanistan è finito". La fine di questo flirt
                                   è scioccante. L’Afghanistan è stato buttato via come iniquità dagli Usa, e la sua direzione futura resta da
                                   vedere. Ma qualunque sia la strada da percorrere per l’Afghanistan, gli Stati Uniti non potranno mai cancellare
                                   questa loro storia estremamente vergognosa. Per concludere diamo una rapida occhiata alle relazioni
                                   internazionali dell’ex Emirato Islamico dell’Afghanistan (1996-2001), retto dai talebani. Era riconosciuto
                                   pienamente da tre alleati degli Usa: Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti; più il riconoscimento della
                                   Repubblica Cecena dell’I?keria (1994-2000) e dell’incerto Turkmenistan. Oggi chi pensate riconoscerà il
                                   risorto Emirato Islamico dell’Afghanistan? Secondo il mio parere i più fedeli amici statunitensi in Vicino e
                                   Medio Oriente e molti altri, in quanto i talebani – perlomeno in questi quarantadue anni che ci separano
                                   dall’invasione sovietica – si sono dimostrati i più solidi. E nelle relazioni internazionali contano i fatti e non i
                                   discorsetti per diventare deputato o senatore sul voto di ingenui creduloni da bar.

                                   di Giancarlo Elia Valori Giovedì 19 Agosto 2021

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