Primo Maggio Festa del lavoro - STORIAE Fare memoria
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Prentazione I vademecum di “STORIA E” sono dedicati alle ricorrenze laiche. Dopo i primi sei fascicoli (La Shoah, Il giorno del ricordo, L’otto marzo delle donne, La liberazione, Le leggi razziali in Italia e Vi- vere con la stella), la rivista “STORIA E” propone un vademecum sul Primo maggio, la festa del lavoro. Attraverso documenti, testimonianze e immagini d’epoca il testo fornisce gli elementi essenziali per ricostruire l’origine e la storia del Primo maggio, la sua diffusione negli Stati Uniti e in Europa, le specifiche caratteri- stiche della storia della 1 “giornata di lotta e di festa” in Tirolo insieme ad alcuni cenni sulle origini del movimento dei lavoratori a livello locale. Ovviamente il tema non si può esauri- re in poche pagine, ma il testo intende offrire un breve percorso di orientamento: è un contributo per “imparare a fare memoria e fare storia a scuola”. Un particolare ringraziamento va alle colla- boratrici e ai collaboratori: l’Associazione “Alma Karlin” Verein, con la sua presidente Cecilia Albertani, Grazia Andrich, Marilena Buscarini, Caterina Cossetto, Elena Farruggia e Pietro Fogale. Il vademecum, con alcuni approfondimenti, sarà disponibile al più presto on line nel sito: www.emscuola.org/labdocstoria. Milena Cossetto Direttrice di “STORIA E” 2
Democrazia 2 e lavoro di Nilde Iotti Nilde Iotti, parlamen- tare dal 1946 e Presi- dente della Camera dei Deputati tra il 1979 e il 1992, nella premessa al libro curato da Renato Zangheri, pubblicato nel 1990 e dedicato alla storia del Primo Maggio, propone una serie di riflessioni sul lavoro, il suo valore e il suo significato nella storia degli ultimi due secoli. Ne proponia- mo un breve stralcio, nella convinzione che i temi trattati siano ancora di grande attualità. «Uno dei grandi temi della storia moderna a partire dalla fine del secolo scorso è certamente quello che è stato definito “la questione sociale”. L’uomo e il suo lavoro divengono infatti, per lo sviluppo delle forze produttive, della scienza e della tecnica, elementi centrali e problematici dello stesso processo economico. Gli economisti classici insegnavano che il lavoro costituiva un fattore della produzione: ma dietro al lavoro c’era l’uomo, la sua intelligenza, la sua storia, le sue passioni. Lo Stato e l’ideologia liberale tentarono di ricercare un equilibrio ed una unità intorno al concetto base del cittadino pro- 3
3 prietario e quindi imprenditore che agiva in un regime di libera concorrenza. Da questa conce- zione discendevano conseguenze tra loro collegate riguardanti anzitutto i fini assegnati allo Sta- to, consistenti nella tutela della libertà e proprietà dei privati; inoltre nel riconoscimento dei di- ritti politici e del voto a chi era in possesso di particolari requisiti di censo o di cultura capace dunque di sottrarsi a “interessi particola- ristici” (i “ben pensanti” a fronte dei lavoratori, privi nella quasi totalità del diritto di voto); ed infine nel divieto di ogni forma di intermediazione, di organizzazione comunitaria tra i singoli e lo Stato, considerata di ostacolo al rapporto di immediatezza che deve collegarli. È ben noto come questo tipo di equilibrio contenesse in sé il germe della propria dissoluzione. Lo sviluppo del sistema produttivo si evolveva in una direzione che contraddiceva il principio concor- renziale e dava vita a concentrazioni di carattere monopolistico che agivano anche come potenti forze di pressione sullo Stato. Per effetto stesso delle concentrazioni industriali si sviluppò una larga fascia di lavoratori sottoposti ad un regime di lavoro e di salario inumano, regime che fu la causa del formarsi di una coscienza di classe che ricercava nell’associazionismo, dalle prime leghe ai sindacati, e nella lotta, dalla manifestazione allo sciopero, le armi per il superamento di una condizione di inferiorità e di ingiustizia. Si determina così una radicale modificazione dell’intero sistema dei rapporti costitu- tivi dell’ordine politico e sociale, tale da provocare la rottura della 4
preesistente unità e l’instaurarsi al suo posto del conflitto sociale. Alla base di questo rivolgimento storico sta una diversa concezione dell’individuo, all’astratta figura del cittadino indifferenziato si sostituisce quella dell’essere reale, visto nella concretezza dei suoi bisogni che ricercano nuovi strumenti per distribuzione tra ceti e classi dei beni essenziali per la vita. Queste modificazioni sono anche il frutto di grandi rivolgimenti ideali che aprono alla storia una prospettiva nuova, con i temi della democrazia e del socialismo. Si affacciano nella vita del paese nuove organizzazioni: i partiti politici di massa che cambiano qualità e regole della politica. Si mette in movimento anche una grande forza spirituale: la Chiesa cattolica. Essa inizia una riflessione sul rapporto tra i valori religiosi e le con- crete condizioni umane sostenendo i diritti essenziali, per il rispetto e la dignità della persona. Anche sul 4 terreno delle lotte sociali si sviluppa- no culture e tradizioni che diver- ranno proprie del movimento dei lavoratori. Valori, simboli, parole, comportamenti, acquistano carat- tere emblematico di un messaggio politico che trascende il contingente e si pone su un piano generale di lotta per l’emancipazione e l’egua- glianza. Fra questi fatti simbolici va ascritta l’adozione della data annuale del Primo Maggio fissata come festa del lavoro dal congresso costitutivo della Seconda Internazionale tenutosi a Parigi nel luglio 1889. Il Primo Maggio sarà da allora in poi per le masse lavoratrici un’occasione di manifestazione e di lotta per far sentire la propria voce, mentre per le forze politiche moderate del nostro paese, il giorno 5
5 della grande paura a causa del suo significato di protesta. [...] perché il Primo Maggio sia inserito tra le ricorrenze festive riconosciute dallo Stato bisognerà attendere il decreto legge luogotenenziale n. 185 del 22 aprile 1946. Il tremendo travaglio della seconda guerra mondiale rappresentò la fonte di un generale rinnova- mento costituzionale che alle tradizionali garanzie di libertà andò progressivamente accomu- nando - sia pure nei vari Paesi in maniera diversamente intensa - le garanzie sociali che avevano cominciato ad apparire per la prima volta nella Costituzione di Weimar. È così che in tutte le Costituzioni del dopoguerra si ravvisano questi elementi nuovi, costanti e caratteristici: il cittadino è considerato anche nella sua qualità di membro di comunità politiche, economi- che e sociali o in quanto svolge un’attività socialmente rilevante; ed in tali sue specifiche qualità, nuovi diritti gli vengono riconosciuti e nuove garanzie gli vengono attribuite. Ma soprattutto quello che più conta è il fatto che si riconosce che non può esserci una vera democrazia se non è assicurata a tutte le componenti della società [...] la effettiva partecipazione alla formazione del generale indirizzo politico sostanziale. E poiché l’avvento di una vera democrazia for- male e sostanziale non può aversi se non vengono rimossi gli ostacoli che impediscono a larghe aliquote di cittadini ed in particolare di lavoratori il pieno godimento dei diritti e delle libertà a tutti in astratto garantite, è caratteristica delle nuove Carte Costituzionali 6
anche la previsione dell’impegno dello Stato e del legislatore per le riforme sociali, per la redistribuzione dei mezzi di produzione o delle fonti di reddito, per più eque imposizioni fiscali. In questo contesto va considerata la solenne affermazione dell’art. 4 della nostra Costituzione sul diritto al lavoro, con un obbligo di grande portata allo Stato legislatore. Il tema della lotta alla disoccupazione come dovere dei pubblici poteri entra nell’ordinamento costituzionale e diventa una delle pagine più travagliate della storia dell’Italia contemporanea. […] » Per saperne di più Nilde Iotti, nata a Reggio 6 Emilia nel 1920 e morta a Poli (Roma) nel dicem- bre 1999. Antifascista, eletta in Parlamento nel 1946 viene rieletta fino al 1999, quando per motivi di salute lascia tutti gli incarichi. E’ stata la pri- ma donna a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei Deputati, funzione istituzionale che svolse dal 1979 al 1992, ininterrottamente per 13 anni. Nessuno nella storia d’Italia ha ancora raggiunto il suo primato. Nel corso della sua vita venne nominata presidente della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali costituita il 9 settembre 1992 (dal marzo 1993, subentrando al dimissionario Ciriaco De Mita, sino al 7 aprile 1994); presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (1996 - 1999), di cui fu anche vicepresidente nello stesso periodo. Fondamentale fu il suo impegno per l’emancipazione femminile e le pari opportunità. Nel 2006 nel discorso alle Camere riunite durante il giuramento quale Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano disse: «E ancora, abbiamo da contare - mi si lasci ricordare la splendida figura di Nilde Iotti - sulle formidabili risorse delle energie femminili non mobilitate e non valorizzate né nel lavoro né nella vita pubblica: pregiudizi e chiusure, con l’enorme spreco che ne consegue, ormai non più tollerabili.» ZANGHERI R., Storia del Primo Maggio, AIEP, Repubblica di San Marino, 1990, pp. 1-4. 7
La storia del Primo Maio Le origini La storia del Primo Maggio affonda le radici nelle vicende storiche segnate dalle lotte dei lavoratori per migliorare le condizioni di vita e di lavoro. Una delle principali rivendicazioni, oltre a quelle salariali, fu la durata della giornata lavorativa: solo in alcuni settori dell’industria in Inghilterra e negli Stati Uniti, a partire dalla seconda metà del 1800 venne sancito per legge un massi- mo di dieci ore al giorno di lavoro. Donne, uomini e bambini lavoravano anche 14 -16 ore al giorno e negli anni successivi le otto ore di lavoro divennero l’obiettivo di tutte le lotte dei lavoratori soprattutto nelle maggiori città industriali statunitensi. Nel 1886 anche in Europa i rappresentanti dei lavoratori riuniti nella Prima Internazionale a Ginevra affermarono: la limitazione 7 della giornata lavorativa è una condizione preliminare, senza la quale non possono non fallire tutti gli altri sforzi di emancipazione[…] Proponiamo otto ore di la- voro come limite legale della giornata lavorativa. In tal modo la giornata poteva essere suddivisa in 3 parti eguali: 8 ore da destinare al lavoro, 8 ore allo svago e all’istruzione, 8 ore al sonno. Negli Stati Uniti nel 8
8 1868 una legge federale istituì la giornata di otto ore in tutti gli enti pubblici e per tutti i lavori eseguiti o commissionati dallo Stato. La norma, però, non venne applicata. Nel corso del IV congresso dell’American Federation of Labor, tenutosi a Chicago nel novembre 1884 fu approvata una nuova risoluzione: Otto ore sostituiranno la durata legale della giornata di lavoro a partire dal Primo Maggio 1886, e noi raccomandiamo alle organizzazioni sindacali di questo paese di fare promulgare delle leggi conformi a questa risoluzione, a iniziare dalla data convenuta. La scelta del Primo Maggio era legata, secondo lo storico Dommanget, alla consuetudine di dare inizio proprio dal 1° maggio (Moving Day) alle locazioni, ai fitti e ai contratti di lavoro. Ma celava anche le radici più antiche di una concezione ciclica della natura, in cui gli esseri umani con i riti primaverili tentavano di propiziarsi un futuro di rinascita e di prosperità. Nel 1884, fondendo le istanze sociali con quelle della tradizione più antica e profonda, legate alla protesta contro la mancata applicazione della legge 9
9 sulla giornata di otto ore di lavoro, venne indetta una giornata di sciopero generale e contemporaneo nelle città degli Stati Uniti per il 1° maggio 1886. Circa 340.000 operai scesero in sciopero in tutte le città industriali degli Stati Uniti. A Chicago si formarono imponenti cortei con gli stessi obiettivi: A partire da oggi nessun operaio dovrà lavorare per più di otto ore al giorno! Otto ore di lavoro! Otto ore di riposo! Otto ore di educazione! A Chicago presero parte alle dimostrazioni più di 80.000 persone. Lo stato di agitazione proseguì anche nei giorni successivi. Circa 40.000 lavoratori era- no ancora in sciopero il 2 maggio e in alcune industrie gli operai che avevano partecipato alle manifestazioni erano stati licenziati. I licenziati furono sostituiti da operai provenienti da altre città. Ma le manifestazioni proseguirono ugualmente. Il 3 maggio la polizia attaccò i lavoratori e sparò ad altezza d’uomo uccidendo sei persone e ferendone circa 50. Venne indetta una manifesta- zione di protesta per la sera del giorno successivo. Il 4 maggio nella centrale Haymarket Square di Chicago 15.000 dimostranti 10
accorsero per ascoltare i comizi dei loro leader sindacali. Tutto si svolse pacificamente, ma al termine della manifestazione scoppiò una bomba nel luogo dove si trovavano i reparti di polizia. Otto agenti perirono a causa dello scoppio e delle ferite riportate. La polizia quindi cominciò a sparare sulla folla uccidendo decine di persone. La città venne posta in stato d’assedio, molti lavoratori e leader politici furono arrestati, processati e condannati a morte con un processo sommario, la cui sentenza venne annullata sei anni più tardi dal nuovo governatore che riesaminò la docu- mentazione. Questo episodio consacrò il Primo Maggio come giornata di ricordo, di lutto e di lotta per ottenere la giornata lavorativa di otto ore, in memoria dei “Martiri di Chicago”. Ben presto questa istanza si diffuse anche in Europa: in Francia, in Inghilterra, in Germania e in Italia. Il “Calendimaggio” In Italia la tradizione vede la prima decade di maggio come un “luogo-tempo” simbolico. Fin 10 dall’antichità, infatti, maggio è stato un “magnete” di culti, riti, feste legati al riaprirsi del ciclo naturale, con il rifiorire della vita dopo il “lungo sonno invernale”. E’ un “comune cammino di fe- sta”, segnato dalla tradizione dei romani, dei celti, dei germani, dai cavalieri franchi, dai “giovani fiorentini che scortavano il carro del Sire d’amore”, dai “maggianti” guidati dal “capo maggio”, dai “devoti di Maria” e dei “fioretti di 11
11 maggio”. La tradizione antica, contadina e pagana si intreccia con quella cristiana e laica, su cui si innestano le istanze libertarie e di emancipazione sociale e politica. Infatti – si scrive nel 1901- nella festa del Primo Maggio, la presenza attiva e vivace dei lavoratori sulla scena sociale è «fatto nuovo […] nella storia della civiltà […] qual mai il mondo vide sinora», ma «risalendo all’antichità, sempre fuvvi una specie di culto pel Maggio». Le feste in tutta la penisola dedicate al “Calendimaggio” o al “Cantamaggio” sono ancora una parte viva della tradizione. Nel corso di due secoli la cultura laica non ha soffocato quella religiosa, anzi ha ereditato molti aspetti della “ritualità” del maggio, sedimentando storie e culture, lingue e simboli diversi. Così la giornata di lotta del Primo Maggio è diventata festa del lavoro e per il lavoro. In Europa In Europa il Primo Maggio nasce come festa del lavoro a Parigi il 20 luglio 1889. A lanciare l’idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese: «Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabili- 12
ta, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi.» Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1° maggio. È una scelta simbolica per ricordare la grande mani- festazione operaia di Chicago del 1886 che era stata repressa nel sangue. Le organizzazioni dei lavoratori intensificarono ovunque l’opera di sensibilizzazione sul significato di quell’ap- puntamento. «Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l’Internazionale!.» Cresce intanto 12 un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere. Da parte loro i governi allertano gli apparati repressivi. In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi 13
manifestazione pubblica sia per la giornata del Primo Maggio che per la domenica successiva, 4 maggio. In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero possibile di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva. Del resto si tratta di una scommessa dall’esito quanto mai incerto: manca un unico centro coordinatore a livello nazionale. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno dispo- sti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale. Proprio per questo la riuscita del Primo Maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori, che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un’iniziativa di carattere internazionale. In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, 13 ci vanno vestiti a festa. «La manife- stazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innan- zi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scrit- to, era alquanto pessimista». Anche negli altri paesi il Primo Maggio ha un’ottima riuscita: «Il proletariato d’Europa e d’America - afferma com- 14
14 piaciuto Friedrich Engels, con il linguaggio tipico dell’epoca - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti». Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l’anno successivo. Il 1° maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell’appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la “festa dei lavoratori di tutti i paesi”. Primo Maggio di festa e di lotta Inizia quindi la tradizione del Primo Maggio, un appuntamen- to al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L’obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. 15
La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento. Il Primo Maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei “moti per il pane”, che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano, quando il generale Bava Beccaris fa sparare cannonate sulla folla che protestava contro l’aumento del prezzo del pane. Nei primi anni del Novecento il Primo Maggio si carat- terizza anche per la rivendicazione del suffragio universale e poi per la protesta contro l’impresa libica e contro la partecipazione dell’Italia alla guerra mondiale. Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta? L’idea di un Primo Maggio di festa e di lotta accompagna la celebrazione dividendo i sostenitori dell’uno e dell’altro significato. Nei fatti prevale più lotta o più festa a seconda della situazione storica. Il Primo Maggio proibito All’indomani della fine della Prima Guerra Mondiale, il Primo Maggio 1919 gli operai metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell’obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore. Nel volgere di due anni però la situa- zione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del Primo Maggio. «Il 21 aprile giorno commemorativo della fondazione di Roma, è destinato alla celebrazione del lavoro ed è considerato festivo eccetto che per gli Ufficiali Giudiziari. È soppressa la festa di fatto del Primo Maggio e tutte le pattuizioni intervenute tra industriali ed operai per la giornata di vacanza di tal giorno dovranno essere applicate pel 21 aprile e non pel 1° maggio». Questo decreto legge predisposto da Benito Mussolini viene approvato dal suo Governo il 19 aprile 1923. Inizia così l’attacco del fascismo alla 16
Il Primo Maggio 15 delle donne In occasione del Primo Mag- gio 1911 il Gruppo Femminile della sezione socialista mi- lanese diffuse un manifesto ponendo l’accento sulla richiesta di estensione del suffragio universale alle donne. Se il Primo Maggio è simbolo di reden- zione ed emancipazione esso si rivolge in primo luogo alle donne; le donne, da parte loro debbono rivendicare il diritto di voto come arma politica per lottare contro la “servitù economica e domestica”. «La manifestazione del Primo Maggio chiama anche voi, chiama soprattutto voi, o donne lavoratrici, voi, doppiamente sacrifica- te, ad affermare i diritti sociali e politici, che vi spettano come produttrici di ricchezza, come madri di famiglia, come donne. Reclamate, nei Comizi del Primo Maggio, il suffragio veramente 16 universale, cioè esteso anche a tutte le donne; reclamatelo in nome della giustizia e della necessità della vostra difesa di classe. Reclamate il diritto di partecipare alla vita collettiva non come semplici strumenti da lavoro [...] ma come cittadine, per i vostri interessi specifici di produttrici, di consumatrici, di contribuenti. [...]». “Critica sociale”, 1° maggio 1911. 17
17 più grande e tradizionale ma- nifestazione internazionale di lotta e di festa, che in Italia si era svolta per 33 anni. La festa, così snaturata, non dice più niente ai lavoratori, mentre la ricorrenza del Primo Maggio assume una connotazione quanto mai “sovversiva”, dive- nendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all’occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l’opposizione al regime. Così il Decreto non ottiene il risultato auspicato dal fascismo: il 1° maggio 1923, a 12 giorni dalla sua soppressione e nonostante tutte le misure repressive messe in atto a Milano il 70% degli operai ha disertato il lavoro e nei maggiori centri italiani le astensioni sono state notevoli, superiori ad ogni aspettativa. Negli anni successivi festeggiare il Primo Maggio diventa sempre più difficile, oltre che per gli impedimenti della vigilia (ritorsioni materiali minacciate dai datori di lavoro e dai fascisti verso chi si astiene dal lavoro e partecipa alla festa “ever- siva” e antifascista. Racconta Sandro Pertini (che 52 anni dopo il fatto verrà eletto Presidente della Repubblica Italiana): «Ricordo il 1° maggio 1925 nella mia Savona. Quel giorno, per i segnali regolamentari, i ferrovieri addetti al movimento della stazione e del tronco ferroviario che collega questa con il porto, agitavano le bandierine rosse non più arrotolate ma accuratamente spiegate. La sera prima le bandierine erano state ben ripulite, perché il loro rosso fosse fiammante». 18
Un testimone dell’epoca racconta di ciò che avveniva in Puglia in quegli anni: «Dopo il 1926, dopo le leggi eccezionali, la situazione era ancora peggiorata e di conseguenza le manifestazioni del Primo Maggio si facevano in altro modo, in un modo molto più ristretto. E ogni anno si scriveva sui muri, si scriveva per terra, si andava a mettere bandiere nella villa comunale, sugli alberi o lungo le vie dove passava molta gente». La resistenza antifascista e antinazista utilizza il simbolo del Primo Maggio come emblema per la guerra di liberazione nazionale. Il 25 aprile 1945 il nord Italia venne liberato. Nel nord est però il 1° maggio 1945 si completava l’insurrezione scoppiata il 25 aprile e per molte località la festa del lavoro venne così a coincidere con la fine del fascismo e dell’invasione nazista. Il Primo Maggio e il nazismo in Germania Il 30 gennaio 1933 Hitler ottiene l’incarico di Cancelliere della Germania. Due giorni dopo scioglie il Parlamento e indice nuove elezioni. Il 27 febbraio la sede del Reichstag (Parlamen- to) viene incendiata dai nazisti. Dieci anni prima il fascismo aveva soppresso la festa del Primo 18 Maggio, il nazismo stravolge il suo significato proclamandola dema- gogicamente una festa del regime: il Primo Maggio diventa “giorno del lavoro nazionale”. Le celebra- zioni vengono indette unitamente dalle organizzazioni sindacali e dal partito nazista. Però il tradizionale garofano rosso viene sostituito dall’Edelweiss (stella alpina), il fiore preferito di Hitler. 19
La nuova festa del Primo Maggio 19 All’indomani della Liberazione, il 1° maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d’Italia in un clima di entusiasmo. Appena due anni dopo il Primo Maggio è segnato dal- la strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio. Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profon- da spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa. Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del Primo Maggio. Oggi una grande manifestazione unitaria esprime le istanze politiche, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfet- tamente allo spirito del Primo Maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti: «Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l’interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de’sensi; e un’accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell’av- venire, naturalmente è portata a quell’esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa». 20
Il Primo Maio in Tirolo tra XIX e XX solo Nel corso della seconda 20 metà dell’Ottocento il Kronland Tirol era parte dell’Impero d’Austria (dal 1867 “Impero au- stro-ungarico”); l’impe- ro aveva un’estensione di 610.000 chilometri quadrati, nel 1910 la po- polazione contava 52,7 milioni di abitanti ed era, dopo la Russia, il secondo stato euro- peo per estensione e numero degli abitanti. Sempre nel 1910 il Land Tirol (che comprendeva le attuali province di Bolzano e di Trento, il Tirolo del nord e il Vorarlberg) aveva una superficie di 29.600 chilometri quadrati e 1.130.000 abitanti di cui 62% di lingua tedesca, 38% di lingua italiana e ladina.1 I lavoratori nel censimento del 1910 dichiararono di essere occupati per il 57% nell’agricoltura, il 19% nell’industria e nell’artigianato, il 14% nel commercio e nel terziario e il 10% nella pubblica ammini- strazione2. Si trattava quindi di una regione tra le più sviluppate dell’impero, in cui prevaleva il ceto contadino che però viveva in condizioni economiche non floride, dovute prevalentemente ad un modello di produzione incapace di competere nella vendita dei prodotti agricoli dopo l’allargamento del mercato grazie alla costruzione della ferrovia e ai nuovi collegamenti con le pianure austriache e ungheresi dell’impero. L’indebitamento dei contadini fu alla fine del XIX secolo uno degli elementi di crisi dell’econo- 21
mia locale, la cui conseguenza fu l’emigrazione. La solidità del ceto contadino era garantita, però dalla funzione della Chiesa e del clero, che proveniva proprio dal mondo contadino locale e quindi era ben integrato nel tessuto sociale locale. La borghesia era prevalentemente legata al commercio e aveva un ruolo im- portante nelle città, nelle Camere di Commercio (Innsbruck, Bolzano, Trento e Rovereto) e nelle amministrazioni comunali. Il “proletariato” era composto da braccianti, servi agricoli e da lavoratori delle scarse industrie locali e dell’artigianato cittadino. Furono i ferrovieri ad inaugurare la stagione delle rivendicazioni economiche e sociali. Provenendo, però, da altri territori del- l’Impero (Vienna, Boemia ecc.) venivano considerati “agitatori estranei”, non radicati nel mondo 21 tirolese fedele ai valori tradizionali, tramandati da secoli di fedeltà, ri- spetto per l’autorità, per la Chiesa e per i ruoli sociali prestabiliti. A partire dal 1861 vengono elette le Diete (Landtage), organismi di governo locale, con criteri ancora lontani dal suffragio universale e dalla democrazia. Per la Dieta tiro- lese, ad esempio, erano previsti 68 membri eletti in modo indiretto da chi aveva il diritto di voto, legato al censo o alla proprietà terriera. Di diritto erano membri della Dieta il vescovo di Bressanone, Trento e Salisburgo e il rettore dell’Università di Innsbruck. Di conseguenza dalla Dieta erano esclusi i braccianti, i servi agri- coli, gli operai. Solo in seguito alle ultime elezioni precedenti alla Prima Guerra Mondiale vennero nominati nella Dieta due rappresentanti dei lavoratori: i rappresentanti del Partito So- 22
cialdemocratico Simon Abram 22 (Innsbruck) e Cesare Battisti (Trento). Il partito dominante in Tirolo era quello Conservatore (contrario a ogni istanza inno- vatrice proveniente da Vienna). I liberali erano una minoranza politica, che si ispirava ai prin- cipi democratici e costituzionali della “rivoluzione del 1848”. L’opposizione era rappresentata dai Cristiano Sociali, un partito cattolico e attento alle proble- matiche sociali, ma su posizioni spesso nazionaliste e antisemite. Non vi è lo spazio per affrontare qui la complessa questione del rapporto tra socialismo, social- democrazia e questione nazionale in Austria e in Tirolo (tema a cui verrà dedicato un successivo dossier di “STORIA E”), ma va ricordato che Victor Adler, esponente di spicco del partito social- democratico austriaco, nel congresso del 1888-1889 ad Hainfeld sostenne e fece approvare il programma in cui sosteneva l’unità dei movimenti socialisti delle diverse nazionalità dell’impero asburgico. Al congresso di Hainfeld parteciparono anche due delegati del movimento operaio tirolese, Joseph Holzhammer e Ignaz Saska, accesi sostenitori dell’unità tra i lavoratori di tutte le “nazionalità”, le lingue, le “patrie”. Holzhammer fece un inter- vento sulla legislazione di tutela delle condizioni di lavoro e riuscì ad inserire anche i braccianti. Inoltre si pronunciò a favore della diffusione dell’istruzione, del potenziamento dell’educazione laica, scientifica, gratuita nelle scuole elementari e nelle scuole professionali, ma anche nelle scuole superiori: “E’ la scienza che 23
unisce gli uomini, perché è essa ad affermare che tutti gli esseri umani dovrebbero essere fratelli sulla terra. La scienza è la stessa a sud e a nord, ad oriente come ad occidente, identica in tutto il mondo; e siccome è la stessa, questo è un segno che la scienza è la verità, e la verità è moralità, la moralità è giustizia”. Era il 1889, cent’anni dopo la Rivoluzione Francese. Cominciò in Tirolo lo sviluppo di iniziative del partito socialdemocratico e dei lavoratori per la raccolta di fondi di solidarietà per i lavoratori in sciopero e si diffuse con grande rapidità l’idea maturata nel congresso di Parigi tra il 14 e il 20 luglio 1889 di organizzare delle dimostrazioni contemporanee in tutti i paesi per il primo maggio 1890. Nell’aprile 1890 vennero organizzate azioni di pro- paganda in molte assemblee di manovali e tra le diverse categorie di lavoratori e lavoratrici, soprattutto a Innsbruck, Wilten, Hall, Bolzano e Merano sia sulle manifestazioni del primo maggio, sia per la giornata lavorativa di otto ore. “Siccome a Bolzano il primo maggio 23 (un giovedì) coincideva con il grande mercato, Alois Schmutzer, manovale dei bottai e membro dell’associzio- ne educativa dei lavoratori, aveva convocato già domenica 27 aprile un’assemblea dei lavoratori nelle sale di rappresentanza comunali. Si riuni- rono circa 1200 lavoratori di lingua tedesca e italiana per approvare, dopo l’elezione del tipografo A. Frick a pre- sidente dell’assemblea, all’unanimità una mozione introdotta da interventi dei dirigenti operai Eduard Protiva di Innsbruck e Coufal di Merano. 24
24 I loro interventi fatti in lingua tedesca vennero tradotti da un la- voratore di lingua italiana per i compagni italiani. La risoluzione di Bolzano si rifaceva esplicitamente alla delibera del congresso socialista parigino del luglio 1889 e rivendicò l’introduzione della giornata lavorativa di otto ore e il diritto al suffragio universale, uguale e diretto. Oltre a ciò la risoluzione si impegnò con fermezza per l’emancipazione della donna e condannò il lavoro infantile.”3 Il 1 maggio 1890 a Merano all’assemblea libera dei lavoratori parteciparono 250 apprendisti artigiani, mentre i manovali (prevalentemente di lingua italiana) occupati fuori città non riuscirono a prendere parte all’assemblea. Anche qui venne appro- vata la risoluzione di Bolzano e Innsbruck. Si tennero assemblee spontanee anche a Imst, Schwaz, Jenbach e Lavis. “Per il movimento operaio tirolese la riuscita della prima dimostra- zione di maggio significava una prima vittoria ed una condizione politica essenziale che permise nello stesso anno la fondazione di una propria, disciplinata organizzazione regionale del partito operaio socialista austriaco”. Tra il 1870 e il 1918 gli scioperi in Tirolo furono 209, distribuiti in 56 località e 46 categorie di lavoratori, soprattutto nelle zone di Innsbruck e nella valle dell’Inn, nel circondario di Bolzano e Merano e nel Trentino. Il Primo Maggio fu fino al 1914 una 25
importante giornata di festa e di lotta per migliori condizioni di lavoro, per la conquista di diritti e per una più ampia giustizia sociale anche in Tirolo. La prima guerra mondiale, l’annessione al Regno d’Italia del Tirolo a sud del Brennero, il fascismo, il nazismo e le opzioni, la seconda guerra mondiale, la lotta di liberazione dal nazifascismo e la lunga strada verso l’autonomia spostarono l’orizzonte dei conflitti sociali. NOTE 1 La Provincia di Bolzano ha una superficie dei 7.400 chilometri quadrati; nel 1981 aveva 430.000 abitanti, diventati 476.281 nel 2004. Nel censimento del 2001 la consistenza dei gruppi linguistici nella Provincia di Bolzano era la seguente: 69,15 % di lingua tedesca, 26,47 di lingua italiana e 4,37 ladini (Fonte Astat). 2 Nel 2001 in Provincia di Bolzano gli occupati nell’agricoltura erano l’11,6%, nel- l’industria il 25% e nei servizi il 63,4% 3 OBERKOFLER G., Il primo passo: la fondazione del Partito Operaio Socialdemocratico Sudtirolese, in COMITATO DI CONTATTO PER L’ALTRO TIROLO, Movimento Operaio e Socialismo in Tirolo/Arbeiterbewegung und Sozialismus in Tirol,VON HARTUNGEN C., PALLAVER G. (a cura di), Bolzano-Innsbruck 1986, p. 38. Per saperne di più BALDINI E., Il movimento operaio nel Sudtirolo (1762-1925), “Quaderno del Matteotti” n. 8, 1991. COMITATO DI CONTATTO PER L’ALTRO TIROLO, Movimento Operaio e Socialismo in Tirolo/Arbeiterbewegung und Sozialismus in Tirol,VON HARTUNGEN C., PALLAVER G. (a cura di), Bolzano-Innsbruck 1986. DONNO G.C. (a cura di), Storie e immagini del 1° Maggio. Problemi della storiografia italiana ed internazionale, Manduria-Bari-Roma 1990. OBERKOFLER G., Die erste internationale Arbeiterkundgebung zum 1. Mai 1890 in Tirol, Bozen 1978. OBERKOFLER G., Die Tiroler Arbeiterbewegung, Wien 1979. OBERKOFLER G., Il primo passo: la fondazione del Partito Operaio Socialdemocratico Sudtirolese, in COMITATO DI CONTATTO PER L’ALTRO TIROLO, Movimento Operaio e Socialismo in Tirolo/Arbeiterbewegung und Sozialismus in Tirol,VON HARTUNGEN C., PALLAVER G. (a cura di), Bolzano-Innsbruck 1986 RENDA F., Storia del Primo Maggio dalle origini ai giorni nostri, Roma 2009. STUFFER S., Die Entwicclung der Arbeiterbewegung und Sozialdemokratie in Südtirol, Bozen 1977. ZANGHERI R., Storia del Primo Maggio, AIEP, Repubblica di San Marino 1990. 26
Il mondo di ieri - Vienna 1890 di Stefan Zweig «Nella vecchia Austria addormentata andava preparandosi uno strano spostamento. Le masse, che per decenni avevano docilmente e in silenzio lasciato il potere alla borghesia liberale, divennero d’un tratto inquiete, si organizzarono esigendo i loro diritti. Proprio sul finire del secolo la politica penetrò con im- provvise ventate impetuose nella bonaccia della vita comoda. Il nuovo secolo voleva un nuovo ordine, un clima nuovo. Il primo di questi movimenti di massa fu, in Austria, il socialismo. Sino ad allora il diritto di voto, erroneamente detto “generale”, era conferito soltanto agli abbienti che potevano dimostrare 25 27
un certo gravame fiscale. Gli avvocati o gli agricoltori eletti da tale classe ritenevano però lealmente di essere in Parlamento i rappresentanti del “popolo”. Erano molto orgogliosi di essere persone colte, possibilmente con titolo accademico, badavano alla dignità, alla distinzione e alla buona pronuncia; le sedute del Parlamento assomigliavano quindi alle serate di discussione di un club elegante. Questi democratici borghesi, per la loro fede liberale nell’immancabile progredire del mondo grazie alla tolleranza e alla ragione, speravano lealmente di favorire nel modo migliore il bene di tutti i sudditi con piccole concessioni e con graduali miglioramenti. Avevano però totalmente dimenticato di non rappresentare in fondo altro che i cinquanta o i centomila sudditi agiati delle grandi città, non i milioni di abitanti del paese intero. Nel frattempo la macchina aveva compiuto l’opera sua, raccogliendo intorno all’industria la classe operaia prima dispersa; sotto la direzione di un uomo eminente, il dottor Victor Adler, si costituì in Austria un partito socialista per imporre le aspirazioni del proletariato, il quale esigeva anzitutto un suffragio veramente universale. Ma appena questo fu ottenuto, o meglio strappato, ci si accorse qual sottile strato sociale, se pure di alto valore, avesse rappresentato il liberalismo. Così sparì dalla vita pubblica ogni spirito conciliativo e cominciò la lotta. Appartiene ai ricordi della mia prima infanzia la giornata che portò la svolta decisiva nell’ascesa del partito socialista in Au- stria; gli operai, per dimostrare la prima volta in forma visibile la loro massa e il loro potere, avevano dato la parola d’ordine di dichiarare festa dei lavoratori il Primo Maggio e avevano deciso di recarsi in corteo al Prater, e precisamente nel vialone centrale, dove di solito, tra i bei filari di castagni, si snodava il corso degli equipaggi appartenenti all’aristocrazia e alla ricca borghesia. I buoni liberali rimasero allibiti a quell’annunzio. Socialisti! Nella 28
26 Germania e nell’Austria d’allora la parola aveva il sapore cruento e terroristico proprio in passato dei giacobini e in un prossimo avvenire dei bolscevichi; non si voleva credere di primo acchito che questa orda rossa avrebbe attuato la sua marcia dalla periferia senza incendiare case, saccheggiare negozi e commettere ogni violenza immaginabile. Si diffuse una specie di panico. La polizia dell’intera città e dei dintorni venne scaglionata lungo la via del Prater, la guarnigione consegnata in caserma come riserva. Non una carrozza signorile né una di piazza si avventurò in quella zona. Gli esercenti abbassarono le saracinesche e ricordo che i nostri genitori severamente vietarono a noi bimbi di scendere in istrada in quella tremenda giornata che avrebbe potuto vedere Vienna in fiamme. Nulla invece accadde: gli operai con le loro donne e i loro bambini sfilarono con perfetta disciplina, in file serrate di quattro, sino al Prater, portando tutti all’occhiello un garofano rosso, emblema del partito. Marciando cantavano l’“Internazionale”, ma i bimbi poi, trovandosi per la prima volta 29
fra il bel verde della “allea dei nobili”, tornarono ai loro sereni canti di scuola. Nessuno fu assalito, nessuno battuto, non si strin- sero i pugni; poliziotti e soldati sorridevano da buoni camerati agli operai. Dato quel loro impeccabile contegno i borghesi non poterono troppo a lungo insistere nel condannare gli operai come “masnada rivoluzionaria”; si venne - come sempre nella vecchia e saggia Austria - a concessioni reciproche. Non era ancora stato inventato il sistema odierno dell’annientamento violento; l’ideale umanitario, benché già impallidisse, viveva ancora nei capipartito. Era appena apparso il garofano rosso quale simbolo del partito, che già le giacche si ornarono di un altro fiore, il garofano bianco, simbolo di appartenenza al partito cristiano- sociale. (Non è commovente che si scegliessero allora dei fiori come insegna di un partito, invece che stivaloni, manganelli, pugnali e teste da morto?) Il partito cristiano-sociale caratteri- sticamente piccolo-borghese era in realtà la reazione organica a quello proletario, e al pari di esso un prodotto della vittoria della macchina sul lavoro manuale. Nello stesso tempo infatti che la macchina, accentrando grandi masse nelle fabbriche, conferiva ai lavoratori potere e ascesa sociale, minacciava l’artigianato. I grandi magazzini, la produzione di massa, divennero la rovina del medio stato e delle piccole aziende artigiane. Di questo malcon- tento e di questa paura si impadronì un capo abile e popolare, il dottor Karl Lueger, il quale col motto “bisogna aiutare i piccoli” trascinò con sé tutti quei borghesucci e la classe media tanto amareggiata, la cui invidia verso i ricchi era molto meno grave che non il timore di precipitare dallo stato borghese in quello proletario. Era la stessa classe intimidita che più tardi Adolf Hitler ha raccolto come larga massa intorno a sé». ZWEIG S., Il mondo di ieri, Milano 1946, pp. 54-56. Autobiografia dell’autore scritta in esilio in Brasile nel 1941. 30
Didascalie Copertina: Il 1° maggio nella copertina di lavoro” guidata da Marx e Engels trascina il “Cuore”, rivista illustrata rivolta all’infanzia. treno formato dai principali paesi dell’epoca 1. Pelizza da Volpedo, Gli emigranti, olio su contro il toro, simbolo del capitalismo; sullo tela, 1903-1907. 2. Pelizza da Volpedo, Il sfondo le rovine del feudalesimo; l’immagine Quarto Stato, 1901, olio su tela, particolare. fu ripetutamente ripresa in diversi paesi. 15. 3. Primo Maggio a Trieste, 1902. 4. Gli inutili “Alle donne”. Imola, 1° maggio 1900. Sup- sforzi. Su un fondo di ciminiere fumanti si plemento al periodico “La lotta”. 16. Allegoria erge un operaio gigantesco che inutilmente del Primo Maggio, “Neuen Postillon”, Zurigo le forze del passato cercano di imbrigliare. 5. 1904. 17. Il lavoro. Cartoline di propaganda Cartolina celebrativa per la festa del Primo del Fascismo, anni Trenta, coll. privata. 18. Maggio, stampata a Vienna nel 1890. In La giornata del lavoro nazionale, “Illustrierte Austria,Germania, ma anche in Italia e in Zeitung”, 1 maggio 1933. 19. Manifesto altri paesi, tra le varie forme di propaganda, che celebra al vittoria del referendum del vennero prodotte grandi quantità di cartoline 2 giugno 1946 a favore della repubblica. Il da spedire per la festa del lavoro. 6. RINALDI tricolore sventola senza lo stemma sabaudo. G. (a cura di), Primo Maggio, protagonisti 20. Cartolina pubblicitaria della fabbrica e simboli della festa del lavoro a Cerignola e di conserve Tschurtschenthaler di Bolzano, in Puglia,Cerignola (Foggia), 1982, IV di 1900 circa. 21. Die erste internazionale Ar- copertina. 7. La Festa del lavoro a New York beiterkundgebung zum 1. Mai 1890 in Tirol, (1885). 8. Robert Koehler, Lo sciopero, olio Bozen 1978, copertina. 22. Gruss von der su tela, 1886. 9. L’esplosione della bomba nella Maifeier!, cartolina commemorativa, 1905. Piazza di Haymarket, 4 maggio 1886, secon- 23. La giornata di otto ore è una pietra miliare do la ricostruzione dell’ “Harpers Weekly”. sulla strada del socialismo, Lipsia, 1 maggio 10. Emilio Longoni, L’oratore dello sciopero, 1911. 24. Il cotonificio di Bolzano, primi olio su tela, 1890. 11. Corteo allegorico per il del Novecento. 25. La Manifestazione del Primo Maggio, Lipsia, 1905. 12. Cartolina 1° maggio 1890 a Vienna. 26. Comizio per postale per il 1° maggio 1897. 13. La lettura, il Primo Maggio, cartolina commemorativa, “The Brithish Workman”, Londra 1880. 14. Norimberga, 1900 circa. IV di copertina: Avanti a tutto vapore!, “Der Wahre Jakob” n. Renato Guttuso, L’occupazione delle terre, 150, 1892. La locomotiva delle “otto ore di olio su tela,1950. AUTONOME PROVINZ BOZEN - SÜDTIROL PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO - ALTO ADIGE Landeshauptmannstellvertreter Vicepresidente della Provincia Landesrat für italienische Kultur und Schule, Assessore alla cultura e scuola in lingua italiana, Wohnungsbau edilizia abitativa una rivista laboratorio Italienisches Intendenza Scolastica Editore: Sovrintendente Scolastico storiae Schulamt Italiana Amt für Ufficio Direttore responsabile: Bildungsentwicklung Processi Educativi Dir. Scol. prof.ssa Milena Cossetto Primo Maggio. Festa del lavoro Il vademecum è distribuito STORIAE Fare memoria. Supplemento al n. 1-2008. gratuitamente: le richieste vanno indirizzate a: Lab*doc storia/Geschichte, Di Milena Cossetto. Hanno collaborato Ass. “Alma Karlin” STORIA E, Via del Ronco 2 – 39100 Verein, Cecilia Albertani, Grazia Andrich, Marilena Buscarini, Bolzano - Tel. 0471 411328 Caterina Cossetto, Elena Farruggia, Pietro Fogale. is.form-ins@scuola.alto-adige.it Ideazione grafica, prestampa e stampa Life - Trento. Aprile 2010 www.emscuola.org/labdocstoria Il testo ha finalità didattiche. Per eventuali e comunque non volute omissioni e per gli aventi diritto tutelati dalla legge l’editore dichiara la propria disponibilità.
Renato Guttuso, L’occupazione delle terre, 1950. Vieni, o Maggio! ti attendon le genti, ti salutano i liberi cuori. Dolce Pasqua dei lavoratori... Pietro Gori, 1890 32
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