Primo Maggio Festa del lavoro - STORIAE Fare memoria

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Primo Maggio Festa del lavoro - STORIAE Fare memoria
Festa del lavoro

Primo Maggio

                         Aprile 1922

 STORIAE1 Fare memoria
Primo Maggio Festa del lavoro - STORIAE Fare memoria
Prentazione
    I vademecum di “STORIA E” sono dedicati alle ricorrenze laiche.
    Dopo i primi sei fascicoli (La Shoah, Il giorno del ricordo, L’otto
    marzo delle donne, La liberazione, Le leggi razziali in Italia e Vi-
    vere con la stella), la rivista “STORIA E” propone un vademecum
    sul Primo maggio, la festa del lavoro. Attraverso documenti,
    testimonianze e immagini d’epoca il testo fornisce gli elementi
    essenziali per ricostruire l’origine e la storia del Primo maggio, la
    sua diffusione negli Stati Uniti e in Europa, le specifiche caratteri-
                                                  stiche della storia della
1
                                                  “giornata di lotta e di
                                                  festa” in Tirolo insieme
                                                  ad alcuni cenni sulle
                                                  origini del movimento
                                                  dei lavoratori a livello
                                                  locale. Ovviamente il
                                                  tema non si può esauri-
                                                  re in poche pagine, ma
                                                  il testo intende offrire
                                                  un breve percorso di
    orientamento: è un contributo per “imparare a fare memoria e
    fare storia a scuola”. Un particolare ringraziamento va alle colla-
    boratrici e ai collaboratori: l’Associazione “Alma Karlin” Verein,
    con la sua presidente Cecilia Albertani, Grazia Andrich, Marilena
    Buscarini, Caterina Cossetto, Elena Farruggia e Pietro Fogale. Il
    vademecum, con alcuni approfondimenti, sarà disponibile al più
    presto on line nel sito: www.emscuola.org/labdocstoria.
                                                         Milena Cossetto
                                                   Direttrice di “STORIA E”

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Democrazia                                                                 2

e lavoro
di Nilde Iotti

Nilde Iotti, parlamen-
tare dal 1946 e Presi-
dente della Camera dei
Deputati tra il 1979 e il
1992, nella premessa al
libro curato da Renato
Zangheri, pubblicato
nel 1990 e dedicato
alla storia del Primo
Maggio, propone una
serie di riflessioni sul
lavoro, il suo valore e il
suo significato nella storia degli ultimi due secoli. Ne proponia-
mo un breve stralcio, nella convinzione che i temi trattati siano
ancora di grande attualità.

«Uno dei grandi temi della storia moderna a partire dalla fine del
secolo scorso è certamente quello che è stato definito “la questione
sociale”. L’uomo e il suo lavoro divengono infatti, per lo sviluppo
delle forze produttive, della scienza e della tecnica, elementi centrali
e problematici dello stesso processo economico. Gli economisti classici
insegnavano che il lavoro costituiva un fattore della produzione: ma
dietro al lavoro c’era l’uomo, la sua intelligenza, la sua storia, le
sue passioni. Lo Stato e l’ideologia liberale tentarono di ricercare un
equilibrio ed una unità intorno al concetto base del cittadino pro-

                                   3
3                                         prietario e quindi imprenditore
                                          che agiva in un regime di libera
                                          concorrenza. Da questa conce-
                                          zione discendevano conseguenze
                                          tra loro collegate riguardanti
                                          anzitutto i fini assegnati allo Sta-
                                          to, consistenti nella tutela della
                                          libertà e proprietà dei privati;
                                          inoltre nel riconoscimento dei di-
                                          ritti politici e del voto a chi era in
                                          possesso di particolari requisiti di
                                          censo o di cultura capace dunque
                                          di sottrarsi a “interessi particola-
                                          ristici” (i “ben pensanti” a fronte
                                          dei lavoratori, privi nella quasi
    totalità del diritto di voto); ed infine nel divieto di ogni forma di
    intermediazione, di organizzazione comunitaria tra i singoli e lo
    Stato, considerata di ostacolo al rapporto di immediatezza che deve
    collegarli. È ben noto come questo tipo di equilibrio contenesse in sé il
    germe della propria dissoluzione. Lo sviluppo del sistema produttivo
    si evolveva in una direzione che contraddiceva il principio concor-
    renziale e dava vita a concentrazioni di carattere monopolistico che
    agivano anche come potenti forze di pressione sullo Stato. Per effetto
    stesso delle concentrazioni industriali si sviluppò una larga fascia di
    lavoratori sottoposti ad un regime di lavoro e di salario inumano,
    regime che fu la causa del formarsi di una coscienza di classe che
    ricercava nell’associazionismo, dalle prime leghe ai sindacati, e nella
    lotta, dalla manifestazione allo sciopero, le armi per il superamento
    di una condizione di inferiorità e di ingiustizia. Si determina così
    una radicale modificazione dell’intero sistema dei rapporti costitu-
    tivi dell’ordine politico e sociale, tale da provocare la rottura della

                                         4
preesistente unità e l’instaurarsi al suo posto del conflitto sociale.
Alla base di questo rivolgimento storico sta una diversa concezione
dell’individuo, all’astratta figura del cittadino indifferenziato si
sostituisce quella dell’essere reale, visto nella concretezza dei suoi
bisogni che ricercano nuovi strumenti per distribuzione tra ceti e
classi dei beni essenziali per la vita. Queste modificazioni sono anche
il frutto di grandi rivolgimenti ideali che aprono alla storia una
prospettiva nuova, con i temi della democrazia e del socialismo. Si
affacciano nella vita del paese nuove organizzazioni: i partiti politici
di massa che cambiano qualità e regole della politica. Si mette in
movimento anche una grande forza spirituale: la Chiesa cattolica.
Essa inizia una riflessione sul rapporto tra i valori religiosi e le con-
crete condizioni umane sostenendo i diritti essenziali, per il rispetto e
la dignità della persona. Anche sul                                         4
terreno delle lotte sociali si sviluppa-
no culture e tradizioni che diver-
ranno proprie del movimento dei
lavoratori. Valori, simboli, parole,
comportamenti, acquistano carat-
tere emblematico di un messaggio
politico che trascende il contingente
e si pone su un piano generale di
lotta per l’emancipazione e l’egua-
glianza. Fra questi fatti simbolici
va ascritta l’adozione della data
annuale del Primo Maggio fissata
come festa del lavoro dal congresso
costitutivo della Seconda Internazionale tenutosi a Parigi nel luglio
1889. Il Primo Maggio sarà da allora in poi per le masse lavoratrici
un’occasione di manifestazione e di lotta per far sentire la propria
voce, mentre per le forze politiche moderate del nostro paese, il giorno

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5                                         della grande paura a causa del suo
                                          significato di protesta. [...] perché
                                          il Primo Maggio sia inserito tra
                                          le ricorrenze festive riconosciute
                                          dallo Stato bisognerà attendere
                                          il decreto legge luogotenenziale
                                          n. 185 del 22 aprile 1946. Il
                                          tremendo travaglio della seconda
                                          guerra mondiale rappresentò la
                                          fonte di un generale rinnova-
                                          mento costituzionale che alle
                                          tradizionali garanzie di libertà
                                          andò progressivamente accomu-
                                          nando - sia pure nei vari Paesi in
                                          maniera diversamente intensa - le
    garanzie sociali che avevano cominciato ad apparire per la prima
    volta nella Costituzione di Weimar.
    È così che in tutte le Costituzioni del dopoguerra si ravvisano questi
    elementi nuovi, costanti e caratteristici: il cittadino è considerato
    anche nella sua qualità di membro di comunità politiche, economi-
    che e sociali o in quanto svolge un’attività socialmente rilevante; ed
    in tali sue specifiche qualità, nuovi diritti gli vengono riconosciuti
    e nuove garanzie gli vengono attribuite. Ma soprattutto quello che
    più conta è il fatto che si riconosce che non può esserci una vera
    democrazia se non è assicurata a tutte le componenti della società
    [...] la effettiva partecipazione alla formazione del generale indirizzo
    politico sostanziale. E poiché l’avvento di una vera democrazia for-
    male e sostanziale non può aversi se non vengono rimossi gli ostacoli
    che impediscono a larghe aliquote di cittadini ed in particolare di
    lavoratori il pieno godimento dei diritti e delle libertà a tutti in
    astratto garantite, è caratteristica delle nuove Carte Costituzionali

                                        6
anche la previsione dell’impegno dello Stato e del legislatore per le
riforme sociali, per la redistribuzione dei mezzi di produzione o
delle fonti di reddito, per più eque imposizioni fiscali. In questo
contesto va considerata la solenne affermazione dell’art. 4 della
nostra Costituzione sul diritto al lavoro, con un obbligo di grande
portata allo Stato legislatore. Il tema della lotta alla disoccupazione
come dovere dei pubblici poteri entra nell’ordinamento costituzionale
e diventa una delle pagine più travagliate della storia dell’Italia
contemporanea. […] »

Per saperne di più
Nilde Iotti, nata a Reggio                                                                6
Emilia nel 1920 e morta
a Poli (Roma) nel dicem-
bre 1999. Antifascista,
eletta in Parlamento nel
1946 viene rieletta fino al
1999, quando per motivi
di salute lascia tutti gli
incarichi. E’ stata la pri-
ma donna a ricoprire la
carica di Presidente della
Camera dei Deputati,
funzione istituzionale che
svolse dal 1979 al 1992,
ininterrottamente per 13
anni. Nessuno nella storia d’Italia ha ancora raggiunto il suo primato. Nel corso
della sua vita venne nominata presidente della Commissione bicamerale per le
riforme istituzionali costituita il 9 settembre 1992 (dal marzo 1993, subentrando al
dimissionario Ciriaco De Mita, sino al 7 aprile 1994); presidente della delegazione
italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (1996 - 1999), di
cui fu anche vicepresidente nello stesso periodo. Fondamentale fu il suo impegno per
l’emancipazione femminile e le pari opportunità. Nel 2006 nel discorso alle Camere
riunite durante il giuramento quale Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio
Napolitano disse: «E ancora, abbiamo da contare - mi si lasci ricordare la splendida
figura di Nilde Iotti - sulle formidabili risorse delle energie femminili non mobilitate e
non valorizzate né nel lavoro né nella vita pubblica: pregiudizi e chiusure, con l’enorme
spreco che ne consegue, ormai non più tollerabili.»
ZANGHERI R., Storia del Primo Maggio, AIEP, Repubblica di San Marino, 1990,
pp. 1-4.

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La storia del Primo Maio
    Le origini
    La storia del Primo Maggio affonda le radici nelle vicende storiche
    segnate dalle lotte dei lavoratori per migliorare le condizioni di
    vita e di lavoro. Una delle principali rivendicazioni, oltre a quelle
    salariali, fu la durata della giornata lavorativa: solo in alcuni
    settori dell’industria in Inghilterra e negli Stati Uniti, a partire
    dalla seconda metà del 1800 venne sancito per legge un massi-
    mo di dieci ore al giorno di lavoro. Donne, uomini e bambini
    lavoravano anche 14 -16 ore al giorno e negli anni successivi
    le otto ore di lavoro divennero l’obiettivo di tutte le lotte dei
    lavoratori soprattutto nelle maggiori città industriali statunitensi.
    Nel 1886 anche in Europa i rappresentanti dei lavoratori riuniti
    nella Prima Internazionale a Ginevra affermarono: la limitazione
7                                          della giornata lavorativa è
                                           una condizione preliminare,
                                           senza la quale non possono
                                           non fallire tutti gli altri
                                           sforzi di emancipazione[…]
                                           Proponiamo otto ore di la-
                                           voro come limite legale della
                                           giornata lavorativa. In tal
                                           modo la giornata poteva
                                           essere suddivisa in 3 parti
                                           eguali: 8 ore da destinare
                                           al lavoro, 8 ore allo svago
                                           e all’istruzione, 8 ore al
                                           sonno. Negli Stati Uniti nel

                                     8
8

1868 una legge federale istituì la giornata di otto ore in tutti gli
enti pubblici e per tutti i lavori eseguiti o commissionati dallo
Stato. La norma, però, non venne applicata. Nel corso del IV
congresso dell’American Federation of Labor, tenutosi a Chicago
nel novembre 1884 fu approvata una nuova risoluzione: Otto
ore sostituiranno la durata legale della giornata di lavoro a partire
dal Primo Maggio 1886, e noi raccomandiamo alle organizzazioni
sindacali di questo paese di fare promulgare delle leggi conformi a
questa risoluzione, a iniziare dalla data convenuta. La scelta del
Primo Maggio era legata, secondo lo storico Dommanget, alla
consuetudine di dare inizio proprio dal 1° maggio (Moving Day)
alle locazioni, ai fitti e ai contratti di lavoro. Ma celava anche le
radici più antiche di una concezione ciclica della natura, in cui
gli esseri umani con i riti primaverili tentavano di propiziarsi
un futuro di rinascita e di prosperità. Nel 1884, fondendo le
istanze sociali con quelle della tradizione più antica e profonda,
legate alla protesta contro la mancata applicazione della legge

                                 9
9

    sulla giornata di otto ore di lavoro, venne indetta una giornata di
    sciopero generale e contemporaneo nelle città degli Stati Uniti per
    il 1° maggio 1886. Circa 340.000 operai scesero in sciopero in
    tutte le città industriali degli Stati Uniti. A Chicago si formarono
    imponenti cortei con gli stessi obiettivi: A partire da oggi nessun
    operaio dovrà lavorare per più di otto ore al giorno! Otto ore di lavoro!
    Otto ore di riposo! Otto ore di educazione! A Chicago presero parte
    alle dimostrazioni più di 80.000 persone. Lo stato di agitazione
    proseguì anche nei giorni successivi. Circa 40.000 lavoratori era-
    no ancora in sciopero il 2 maggio e in alcune industrie gli operai
    che avevano partecipato alle manifestazioni erano stati licenziati.
    I licenziati furono sostituiti da operai provenienti da altre città.
    Ma le manifestazioni proseguirono ugualmente. Il 3 maggio la
    polizia attaccò i lavoratori e sparò ad altezza d’uomo uccidendo
    sei persone e ferendone circa 50. Venne indetta una manifesta-
    zione di protesta per la sera del giorno successivo. Il 4 maggio
    nella centrale Haymarket Square di Chicago 15.000 dimostranti

                                       10
accorsero per ascoltare i comizi dei loro leader sindacali. Tutto si
svolse pacificamente, ma al termine della manifestazione scoppiò
una bomba nel luogo dove si trovavano i reparti di polizia. Otto
agenti perirono a causa dello scoppio e delle ferite riportate. La
polizia quindi cominciò a sparare sulla folla uccidendo decine di
persone. La città venne posta in stato d’assedio, molti lavoratori
e leader politici furono arrestati, processati e condannati a morte
con un processo sommario, la cui sentenza venne annullata sei
anni più tardi dal nuovo governatore che riesaminò la docu-
mentazione. Questo episodio consacrò il Primo Maggio come
giornata di ricordo, di lutto e di lotta per ottenere la giornata
lavorativa di otto ore, in memoria dei “Martiri di Chicago”. Ben
presto questa istanza si diffuse anche in Europa: in Francia, in
Inghilterra, in Germania e in Italia.

Il “Calendimaggio”
In Italia la tradizione vede la prima decade di maggio come un
“luogo-tempo” simbolico. Fin                                           10
dall’antichità, infatti, maggio è
stato un “magnete” di culti, riti,
feste legati al riaprirsi del ciclo
naturale, con il rifiorire della vita
dopo il “lungo sonno invernale”.
E’ un “comune cammino di fe-
sta”, segnato dalla tradizione dei
romani, dei celti, dei germani,
dai cavalieri franchi, dai “giovani
fiorentini che scortavano il carro
del Sire d’amore”, dai “maggianti”
guidati dal “capo maggio”, dai
“devoti di Maria” e dei “fioretti di

                                11
11

     maggio”. La tradizione antica, contadina e pagana si intreccia con
     quella cristiana e laica, su cui si innestano le istanze libertarie e di
     emancipazione sociale e politica. Infatti – si scrive nel 1901- nella
     festa del Primo Maggio, la presenza attiva e vivace dei lavoratori
     sulla scena sociale è «fatto nuovo […] nella storia della civiltà
     […] qual mai il mondo vide sinora», ma «risalendo all’antichità,
     sempre fuvvi una specie di culto pel Maggio». Le feste in tutta la
     penisola dedicate al “Calendimaggio” o al “Cantamaggio” sono
     ancora una parte viva della tradizione. Nel corso di due secoli la
     cultura laica non ha soffocato quella religiosa, anzi ha ereditato
     molti aspetti della “ritualità” del maggio, sedimentando storie
     e culture, lingue e simboli diversi. Così la giornata di lotta del
     Primo Maggio è diventata festa del lavoro e per il lavoro.

     In Europa
     In Europa il Primo Maggio nasce come festa del lavoro a Parigi
     il 20 luglio 1889. A lanciare l’idea è il congresso della Seconda
     Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese:
     «Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabili-
                                       12
ta, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città,
nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità
di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare
ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi.»
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1°
maggio. È una scelta simbolica per ricordare la grande mani-
festazione operaia di Chicago del 1886 che era stata repressa
nel sangue. Le organizzazioni dei lavoratori intensificarono
ovunque l’opera di sensibilizzazione sul significato di quell’ap-
puntamento.
«Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile
1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai
di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per
provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di
nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi
nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi
il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva
l’Internazionale!.» Cresce intanto
                                                                            12
un clima di tensione, alimentato
da voci allarmistiche: la stampa
conservatrice interpreta le paure
della borghesia, consiglia a tutti
di starsene tappati in casa, di fare
provviste, perché non si sa quali
gravi sconvolgimenti potranno
accadere. Da parte loro i governi
allertano gli apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco
Crispi usa la mano pesante,
attuando drastiche misure di
prevenzione e vietando qualsiasi

                                   13
manifestazione pubblica sia per la giornata del Primo Maggio che
     per la domenica successiva, 4 maggio. In diverse località, per
     incoraggiare la partecipazione del maggior numero possibile di
     lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla
     giornata festiva. Del resto si tratta di una scommessa dall’esito
     quanto mai incerto: manca un unico centro coordinatore a livello
     nazionale. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno dispo-
     sti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle
     otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del
     movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente
     una solidarietà internazionale. Proprio per questo la riuscita del
     Primo Maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di
     qualità del movimento dei lavoratori, che per la prima volta dà
     vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata
     ad un’iniziativa di carattere internazionale.
     In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni,
     che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di
     lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli
                                   operai, costretti a recarsi al lavoro,
13
                                   ci vanno vestiti a festa. «La manife-
                                   stazione del 1 maggio - commenta a
                                   caldo Antonio Labriola - ha in ogni
                                   caso superato di molto tutte le speranze
                                   riposte in essa da socialisti e da operai
                                   progrediti. Ancora pochi giorni innan-
                                   zi, la opinione di molti socialisti, che
                                   operano con la parola e con lo scrit-
                                   to, era alquanto pessimista». Anche
                                   negli altri paesi il Primo Maggio ha
                                   un’ottima riuscita: «Il proletariato
                                   d’Europa e d’America - afferma com-

                                       14
14

piaciuto Friedrich Engels, con il linguaggio tipico dell’epoca
- passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un
solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai
capitalisti». Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere
una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l’anno
successivo. Il 1° maggio 1891 conferma la straordinaria presa di
quell’appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere
permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la “festa dei
lavoratori di tutti i paesi”.

Primo Maggio di festa e di lotta
Inizia quindi la tradizione del Primo Maggio, un appuntamen-
to al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre
minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L’obiettivo
originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad
altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti.

                                 15
La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici
anima le manifestazioni di fine Ottocento.
Il Primo Maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei “moti
per il pane”, che investono tutta Italia e hanno il loro tragico
epilogo a Milano, quando il generale Bava Beccaris fa sparare
cannonate sulla folla che protestava contro l’aumento del prezzo
del pane. Nei primi anni del Novecento il Primo Maggio si carat-
terizza anche per la rivendicazione del suffragio universale e poi
per la protesta contro l’impresa libica e contro la partecipazione
dell’Italia alla guerra mondiale. Si discute intanto sul significato
di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento
oppure di mobilitazione e di lotta? L’idea di un Primo Maggio di
festa e di lotta accompagna la celebrazione dividendo i sostenitori
dell’uno e dell’altro significato. Nei fatti prevale più lotta o più
festa a seconda della situazione storica.

Il Primo Maggio proibito
All’indomani della fine della Prima Guerra Mondiale, il Primo
Maggio 1919 gli operai metallurgici e altre categorie di lavoratori
possono festeggiare il conseguimento dell’obiettivo originario
della ricorrenza: le otto ore. Nel volgere di due anni però la situa-
zione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce
la celebrazione del Primo Maggio.
«Il 21 aprile giorno commemorativo della fondazione di Roma,
è destinato alla celebrazione del lavoro ed è considerato festivo
eccetto che per gli Ufficiali Giudiziari. È soppressa la festa di fatto
del Primo Maggio e tutte le pattuizioni intervenute tra industriali
ed operai per la giornata di vacanza di tal giorno dovranno essere
applicate pel 21 aprile e non pel 1° maggio». Questo decreto
legge predisposto da Benito Mussolini viene approvato dal suo
Governo il 19 aprile 1923. Inizia così l’attacco del fascismo alla

                                 16
Il Primo Maggio                                                            15
     delle donne
     In occasione del Primo Mag-
     gio 1911 il Gruppo Femminile
     della sezione socialista mi-
     lanese diffuse un manifesto
     ponendo l’accento sulla richiesta di estensione del suffragio
     universale alle donne. Se il Primo Maggio è simbolo di reden-
     zione ed emancipazione esso si rivolge in primo luogo alle
     donne; le donne, da parte loro debbono rivendicare il diritto
     di voto come arma politica per lottare contro la “servitù
     economica e domestica”.
     «La manifestazione del Primo Maggio chiama anche voi, chiama
     soprattutto voi, o donne lavoratrici, voi, doppiamente sacrifica-
     te, ad affermare i diritti sociali e politici, che vi spettano come
     produttrici di ricchezza, come madri di famiglia, come donne.
     Reclamate, nei Comizi del Primo Maggio, il suffragio veramente
16                                    universale, cioè esteso anche a
                                      tutte le donne; reclamatelo in
                                      nome della giustizia e della
                                      necessità della vostra difesa di
                                      classe. Reclamate il diritto di
                                      partecipare alla vita collettiva
                                      non come semplici strumenti da
                                      lavoro [...] ma come cittadine,
                                      per i vostri interessi specifici di
                                      produttrici, di consumatrici, di
                                      contribuenti. [...]».
                                           “Critica sociale”, 1° maggio 1911.

                                     17
17                                         più grande e tradizionale ma-
                                           nifestazione internazionale di
                                           lotta e di festa, che in Italia si
                                           era svolta per 33 anni. La festa,
                                           così snaturata, non dice più
                                           niente ai lavoratori, mentre la
                                           ricorrenza del Primo Maggio
                                           assume una connotazione
                                           quanto mai “sovversiva”, dive-
                                           nendo occasione per esprimere
                                           in forme diverse - dal garofano
                                           rosso all’occhiello alle scritte
                                           sui muri, dalla diffusione di
                                           volantini alle bevute in osteria
     - l’opposizione al regime. Così il Decreto non ottiene il risultato
     auspicato dal fascismo: il 1° maggio 1923, a 12 giorni dalla sua
     soppressione e nonostante tutte le misure repressive messe in atto
     a Milano il 70% degli operai ha disertato il lavoro e nei maggiori
     centri italiani le astensioni sono state notevoli, superiori ad ogni
     aspettativa. Negli anni successivi festeggiare il Primo Maggio
     diventa sempre più difficile, oltre che per gli impedimenti della
     vigilia (ritorsioni materiali minacciate dai datori di lavoro e dai
     fascisti verso chi si astiene dal lavoro e partecipa alla festa “ever-
     siva” e antifascista. Racconta Sandro Pertini (che 52 anni dopo il
     fatto verrà eletto Presidente della Repubblica Italiana): «Ricordo
     il 1° maggio 1925 nella mia Savona. Quel giorno, per i segnali
     regolamentari, i ferrovieri addetti al movimento della stazione e
     del tronco ferroviario che collega questa con il porto, agitavano le
     bandierine rosse non più arrotolate ma accuratamente spiegate. La
     sera prima le bandierine erano state ben ripulite, perché il loro rosso
     fosse fiammante».

                                       18
Un testimone dell’epoca racconta di ciò che avveniva in Puglia in
quegli anni: «Dopo il 1926, dopo le leggi eccezionali, la situazione
era ancora peggiorata e di conseguenza le manifestazioni del Primo
Maggio si facevano in altro modo, in un modo molto più ristretto.
E ogni anno si scriveva sui muri, si scriveva per terra, si andava a
mettere bandiere nella villa comunale, sugli alberi o lungo le vie
dove passava molta gente».
La resistenza antifascista e antinazista utilizza il simbolo del Primo
Maggio come emblema per la guerra di liberazione nazionale. Il
25 aprile 1945 il nord Italia venne liberato. Nel nord est però il
1° maggio 1945 si completava l’insurrezione scoppiata il 25 aprile
e per molte località la festa del lavoro venne così a coincidere
con la fine del fascismo e dell’invasione nazista.

Il Primo Maggio e il nazismo in Germania
Il 30 gennaio 1933 Hitler ottiene l’incarico di Cancelliere della
Germania. Due giorni dopo scioglie il Parlamento e indice
nuove elezioni. Il 27 febbraio la sede del Reichstag (Parlamen-
to) viene incendiata dai nazisti. Dieci anni prima il fascismo
aveva soppresso la festa del Primo                                       18
Maggio, il nazismo stravolge il suo
significato proclamandola dema-
gogicamente una festa del regime:
il Primo Maggio diventa “giorno
del lavoro nazionale”. Le celebra-
zioni vengono indette unitamente
dalle organizzazioni sindacali e dal
partito nazista. Però il tradizionale
garofano rosso viene sostituito
dall’Edelweiss (stella alpina), il fiore
preferito di Hitler.

                                 19
La nuova festa del Primo Maggio                                         19
All’indomani della Liberazione, il 1°
maggio 1945, partigiani e lavoratori,
anziani militanti e giovani che non
hanno memoria della festa del lavoro,
si ritrovano insieme nelle piazze d’Italia
in un clima di entusiasmo. Appena due
anni dopo il Primo Maggio è segnato dal-
la strage di Portella della Ginestra, dove
gli uomini del bandito Giuliano fanno
fuoco contro i lavoratori che assistono al
comizio. Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profon-
da spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale.
Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di
ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche
il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni
per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo
abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del Primo
Maggio. Oggi una grande manifestazione unitaria esprime le
istanze politiche, mentre il concerto rock che da qualche anno
Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfet-
tamente allo spirito del Primo Maggio, come lo aveva colto nel
lontano 1903 Ettore Ciccotti:
«Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa,
l’interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza
in una festa de’sensi; e un’accolta di gente, chiamata ad acquistare
la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell’av-
venire, naturalmente è portata a quell’esuberanza di sentimento
e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso
di una festa».
                                 20
Il Primo Maio in Tirolo
tra XIX e XX solo
Nel corso della seconda                                               20
metà dell’Ottocento il
Kronland Tirol era parte
dell’Impero d’Austria
(dal 1867 “Impero au-
stro-ungarico”); l’impe-
ro aveva un’estensione
di 610.000 chilometri
quadrati, nel 1910 la po-
polazione contava 52,7
milioni di abitanti ed era, dopo la Russia, il secondo stato euro-
peo per estensione e numero degli abitanti. Sempre nel 1910 il
Land Tirol (che comprendeva le attuali province di Bolzano e di
Trento, il Tirolo del nord e il Vorarlberg) aveva una superficie di
29.600 chilometri quadrati e 1.130.000 abitanti di cui 62% di
lingua tedesca, 38% di lingua italiana e ladina.1 I lavoratori nel
censimento del 1910 dichiararono di essere occupati per il 57%
nell’agricoltura, il 19% nell’industria e nell’artigianato, il 14%
nel commercio e nel terziario e il 10% nella pubblica ammini-
strazione2. Si trattava quindi di una regione tra le più sviluppate
dell’impero, in cui prevaleva il ceto contadino che però viveva in
condizioni economiche non floride, dovute prevalentemente ad
un modello di produzione incapace di competere nella vendita
dei prodotti agricoli dopo l’allargamento del mercato grazie alla
costruzione della ferrovia e ai nuovi collegamenti con le pianure
austriache e ungheresi dell’impero. L’indebitamento dei contadini
fu alla fine del XIX secolo uno degli elementi di crisi dell’econo-
                                21
mia locale, la cui conseguenza fu l’emigrazione. La solidità del
     ceto contadino era garantita, però dalla funzione della Chiesa e
     del clero, che proveniva proprio dal mondo contadino locale e
     quindi era ben integrato nel tessuto sociale locale. La borghesia
     era prevalentemente legata al commercio e aveva un ruolo im-
     portante nelle città, nelle Camere di Commercio (Innsbruck,
     Bolzano, Trento e Rovereto) e nelle amministrazioni comunali.
     Il “proletariato” era composto da braccianti, servi agricoli e da
     lavoratori delle scarse industrie locali e dell’artigianato cittadino.
     Furono i ferrovieri ad inaugurare la stagione delle rivendicazioni
     economiche e sociali. Provenendo, però, da altri territori del-
     l’Impero (Vienna, Boemia ecc.) venivano considerati “agitatori
                                      estranei”, non radicati nel mondo
21                                    tirolese fedele ai valori tradizionali,
                                      tramandati da secoli di fedeltà, ri-
                                      spetto per l’autorità, per la Chiesa
                                      e per i ruoli sociali prestabiliti. A
                                      partire dal 1861 vengono elette
                                      le Diete (Landtage), organismi di
                                      governo locale, con criteri ancora
                                      lontani dal suffragio universale e
                                      dalla democrazia. Per la Dieta tiro-
                                      lese, ad esempio, erano previsti 68
                                      membri eletti in modo indiretto da
     chi aveva il diritto di voto, legato al censo o alla proprietà terriera.
     Di diritto erano membri della Dieta il vescovo di Bressanone,
     Trento e Salisburgo e il rettore dell’Università di Innsbruck. Di
     conseguenza dalla Dieta erano esclusi i braccianti, i servi agri-
     coli, gli operai. Solo in seguito alle ultime elezioni precedenti
     alla Prima Guerra Mondiale vennero nominati nella Dieta due
     rappresentanti dei lavoratori: i rappresentanti del Partito So-

                                       22
cialdemocratico Simon Abram                                              22
(Innsbruck) e Cesare Battisti
(Trento). Il partito dominante in
Tirolo era quello Conservatore
(contrario a ogni istanza inno-
vatrice proveniente da Vienna).
I liberali erano una minoranza
politica, che si ispirava ai prin-
cipi democratici e costituzionali
della “rivoluzione del 1848”.
L’opposizione era rappresentata
dai Cristiano Sociali, un partito
cattolico e attento alle proble-
matiche sociali, ma su posizioni
spesso nazionaliste e antisemite. Non vi è lo spazio per affrontare
qui la complessa questione del rapporto tra socialismo, social-
democrazia e questione nazionale in Austria e in Tirolo (tema a
cui verrà dedicato un successivo dossier di “STORIA E”), ma va
ricordato che Victor Adler, esponente di spicco del partito social-
democratico austriaco, nel congresso del 1888-1889 ad Hainfeld
sostenne e fece approvare il programma in cui sosteneva l’unità
dei movimenti socialisti delle diverse nazionalità dell’impero
asburgico. Al congresso di Hainfeld parteciparono anche due
delegati del movimento operaio tirolese, Joseph Holzhammer e
Ignaz Saska, accesi sostenitori dell’unità tra i lavoratori di tutte
le “nazionalità”, le lingue, le “patrie”. Holzhammer fece un inter-
vento sulla legislazione di tutela delle condizioni di lavoro e riuscì
ad inserire anche i braccianti. Inoltre si pronunciò a favore della
diffusione dell’istruzione, del potenziamento dell’educazione
laica, scientifica, gratuita nelle scuole elementari e nelle scuole
professionali, ma anche nelle scuole superiori: “E’ la scienza che

                                 23
unisce gli uomini, perché è essa ad affermare che tutti gli esseri
     umani dovrebbero essere fratelli sulla terra. La scienza è la stessa
     a sud e a nord, ad oriente come ad occidente, identica in tutto
     il mondo; e siccome è la stessa, questo è un segno che la scienza
     è la verità, e la verità è moralità, la moralità è giustizia”. Era il
     1889, cent’anni dopo la Rivoluzione Francese. Cominciò in
     Tirolo lo sviluppo di iniziative del partito socialdemocratico e
     dei lavoratori per la raccolta di fondi di solidarietà per i lavoratori
     in sciopero e si diffuse con grande rapidità l’idea maturata nel
     congresso di Parigi tra il 14 e il 20 luglio 1889 di organizzare
     delle dimostrazioni contemporanee in tutti i paesi per il primo
     maggio 1890. Nell’aprile 1890 vennero organizzate azioni di pro-
     paganda in molte assemblee di manovali e tra le diverse categorie
     di lavoratori e lavoratrici, soprattutto a Innsbruck, Wilten, Hall,
     Bolzano e Merano sia sulle manifestazioni del primo maggio, sia
     per la giornata lavorativa di otto ore.
                                    “Siccome a Bolzano il primo maggio
23
                                    (un giovedì) coincideva con il grande
                                    mercato, Alois Schmutzer, manovale
                                    dei bottai e membro dell’associzio-
                                    ne educativa dei lavoratori, aveva
                                    convocato già domenica 27 aprile
                                    un’assemblea dei lavoratori nelle sale
                                    di rappresentanza comunali. Si riuni-
                                    rono circa 1200 lavoratori di lingua
                                    tedesca e italiana per approvare, dopo
                                    l’elezione del tipografo A. Frick a pre-
                                    sidente dell’assemblea, all’unanimità
                                    una mozione introdotta da interventi
                                    dei dirigenti operai Eduard Protiva
                                    di Innsbruck e Coufal di Merano.

                                       24
24

I loro interventi fatti in lingua tedesca vennero tradotti da un la-
voratore di lingua italiana per i compagni italiani. La risoluzione
di Bolzano si rifaceva esplicitamente alla delibera del congresso
socialista parigino del luglio 1889 e rivendicò l’introduzione della
giornata lavorativa di otto ore e il diritto al suffragio universale,
uguale e diretto. Oltre a ciò la risoluzione si impegnò con fermezza
per l’emancipazione della donna e condannò il lavoro infantile.”3
Il 1 maggio 1890 a Merano all’assemblea libera dei lavoratori
parteciparono 250 apprendisti artigiani, mentre i manovali
(prevalentemente di lingua italiana) occupati fuori città non
riuscirono a prendere parte all’assemblea. Anche qui venne appro-
vata la risoluzione di Bolzano e Innsbruck. Si tennero assemblee
spontanee anche a Imst, Schwaz, Jenbach e Lavis.
“Per il movimento operaio tirolese la riuscita della prima dimostra-
zione di maggio significava una prima vittoria ed una condizione
politica essenziale che permise nello stesso anno la fondazione di una
propria, disciplinata organizzazione regionale del partito operaio
socialista austriaco”.
Tra il 1870 e il 1918 gli scioperi in Tirolo furono 209, distribuiti
in 56 località e 46 categorie di lavoratori, soprattutto nelle zone
di Innsbruck e nella valle dell’Inn, nel circondario di Bolzano
e Merano e nel Trentino. Il Primo Maggio fu fino al 1914 una

                                 25
importante giornata di festa e di lotta per migliori condizioni di
lavoro, per la conquista di diritti e per una più ampia giustizia
sociale anche in Tirolo. La prima guerra mondiale, l’annessione
al Regno d’Italia del Tirolo a sud del Brennero, il fascismo, il
nazismo e le opzioni, la seconda guerra mondiale, la lotta di
liberazione dal nazifascismo e la lunga strada verso l’autonomia
spostarono l’orizzonte dei conflitti sociali.
NOTE
1
 La Provincia di Bolzano ha una superficie dei 7.400 chilometri quadrati; nel 1981
aveva 430.000 abitanti, diventati 476.281 nel 2004. Nel censimento del 2001 la
consistenza dei gruppi linguistici nella Provincia di Bolzano era la seguente: 69,15 %
di lingua tedesca, 26,47 di lingua italiana e 4,37 ladini (Fonte Astat).
2
  Nel 2001 in Provincia di Bolzano gli occupati nell’agricoltura erano l’11,6%, nel-
l’industria il 25% e nei servizi il 63,4%
3
  OBERKOFLER G., Il primo passo: la fondazione del Partito Operaio Socialdemocratico
Sudtirolese, in COMITATO DI CONTATTO PER L’ALTRO TIROLO, Movimento Operaio e
Socialismo in Tirolo/Arbeiterbewegung und Sozialismus in Tirol,VON HARTUNGEN C.,
PALLAVER G. (a cura di), Bolzano-Innsbruck 1986, p. 38.

  Per saperne di più
  BALDINI E., Il movimento operaio nel Sudtirolo (1762-1925), “Quaderno del
  Matteotti” n. 8, 1991.
  COMITATO DI CONTATTO PER L’ALTRO TIROLO, Movimento Operaio e Socialismo in
  Tirolo/Arbeiterbewegung und Sozialismus in Tirol,VON HARTUNGEN C., PALLAVER
  G. (a cura di), Bolzano-Innsbruck 1986.
  DONNO G.C. (a cura di), Storie e immagini del 1° Maggio. Problemi della storiografia
  italiana ed internazionale, Manduria-Bari-Roma 1990.
  OBERKOFLER G., Die erste internationale Arbeiterkundgebung zum 1. Mai 1890
  in Tirol, Bozen 1978.
  OBERKOFLER G., Die Tiroler Arbeiterbewegung, Wien 1979.
  OBERKOFLER G., Il primo passo: la fondazione del Partito Operaio Socialdemocratico
  Sudtirolese, in COMITATO DI CONTATTO PER L’ALTRO TIROLO, Movimento Operaio
  e Socialismo in Tirolo/Arbeiterbewegung und Sozialismus in Tirol,VON HARTUNGEN
  C., PALLAVER G. (a cura di), Bolzano-Innsbruck 1986
  RENDA F., Storia del Primo Maggio dalle origini ai giorni nostri, Roma 2009.
  STUFFER S., Die Entwicclung der Arbeiterbewegung und Sozialdemokratie in
  Südtirol, Bozen 1977.
  ZANGHERI R., Storia del Primo Maggio, AIEP, Repubblica di San Marino 1990.

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Il mondo di ieri - Vienna 1890
di Stefan Zweig

«Nella vecchia Austria addormentata andava preparandosi
uno strano spostamento. Le masse, che per decenni avevano
docilmente e in silenzio lasciato il potere alla borghesia liberale,
divennero d’un tratto inquiete, si organizzarono esigendo i loro
diritti. Proprio sul finire del secolo la politica penetrò con im-
provvise ventate impetuose nella bonaccia della vita comoda. Il
nuovo secolo voleva un nuovo ordine, un clima nuovo.
Il primo di questi movimenti di massa fu, in Austria, il socialismo.
Sino ad allora il diritto di voto, erroneamente detto “generale”,
era conferito soltanto agli abbienti che potevano dimostrare

                                                                       25

                                27
un certo gravame fiscale. Gli avvocati o gli agricoltori eletti da
tale classe ritenevano però lealmente di essere in Parlamento i
rappresentanti del “popolo”. Erano molto orgogliosi di essere
persone colte, possibilmente con titolo accademico, badavano
alla dignità, alla distinzione e alla buona pronuncia; le sedute
del Parlamento assomigliavano quindi alle serate di discussione
di un club elegante. Questi democratici borghesi, per la loro
fede liberale nell’immancabile progredire del mondo grazie alla
tolleranza e alla ragione, speravano lealmente di favorire nel modo
migliore il bene di tutti i sudditi con piccole concessioni e con
graduali miglioramenti. Avevano però totalmente dimenticato di
non rappresentare in fondo altro che i cinquanta o i centomila
sudditi agiati delle grandi città, non i milioni di abitanti del paese
intero. Nel frattempo la macchina aveva compiuto l’opera sua,
raccogliendo intorno all’industria la classe operaia prima dispersa;
sotto la direzione di un uomo eminente, il dottor Victor Adler, si
costituì in Austria un partito socialista per imporre le aspirazioni
del proletariato, il quale esigeva anzitutto un suffragio veramente
universale. Ma appena questo fu ottenuto, o meglio strappato, ci
si accorse qual sottile strato sociale, se pure di alto valore, avesse
rappresentato il liberalismo. Così sparì dalla vita pubblica ogni
spirito conciliativo e cominciò la lotta.
Appartiene ai ricordi della mia prima infanzia la giornata che
portò la svolta decisiva nell’ascesa del partito socialista in Au-
stria; gli operai, per dimostrare la prima volta in forma visibile
la loro massa e il loro potere, avevano dato la parola d’ordine di
dichiarare festa dei lavoratori il Primo Maggio e avevano deciso
di recarsi in corteo al Prater, e precisamente nel vialone centrale,
dove di solito, tra i bei filari di castagni, si snodava il corso degli
equipaggi appartenenti all’aristocrazia e alla ricca borghesia. I
buoni liberali rimasero allibiti a quell’annunzio. Socialisti! Nella

                                 28
26

Germania e nell’Austria d’allora la parola aveva il sapore cruento
e terroristico proprio in passato dei giacobini e in un prossimo
avvenire dei bolscevichi; non si voleva credere di primo acchito
che questa orda rossa avrebbe attuato la sua marcia dalla periferia
senza incendiare case, saccheggiare negozi e commettere ogni
violenza immaginabile. Si diffuse una specie di panico. La polizia
dell’intera città e dei dintorni venne scaglionata lungo la via del
Prater, la guarnigione consegnata in caserma come riserva. Non
una carrozza signorile né una di piazza si avventurò in quella
zona. Gli esercenti abbassarono le saracinesche e ricordo che i
nostri genitori severamente vietarono a noi bimbi di scendere in
istrada in quella tremenda giornata che avrebbe potuto vedere
Vienna in fiamme. Nulla invece accadde: gli operai con le loro
donne e i loro bambini sfilarono con perfetta disciplina, in file
serrate di quattro, sino al Prater, portando tutti all’occhiello
un garofano rosso, emblema del partito. Marciando cantavano
l’“Internazionale”, ma i bimbi poi, trovandosi per la prima volta

                                29
fra il bel verde della “allea dei nobili”, tornarono ai loro sereni
canti di scuola. Nessuno fu assalito, nessuno battuto, non si strin-
sero i pugni; poliziotti e soldati sorridevano da buoni camerati
agli operai. Dato quel loro impeccabile contegno i borghesi non
poterono troppo a lungo insistere nel condannare gli operai come
“masnada rivoluzionaria”; si venne - come sempre nella vecchia
e saggia Austria - a concessioni reciproche. Non era ancora
stato inventato il sistema odierno dell’annientamento violento;
l’ideale umanitario, benché già impallidisse, viveva ancora nei
capipartito. Era appena apparso il garofano rosso quale simbolo
del partito, che già le giacche si ornarono di un altro fiore, il
garofano bianco, simbolo di appartenenza al partito cristiano-
sociale. (Non è commovente che si scegliessero allora dei fiori
come insegna di un partito, invece che stivaloni, manganelli,
pugnali e teste da morto?) Il partito cristiano-sociale caratteri-
sticamente piccolo-borghese era in realtà la reazione organica a
quello proletario, e al pari di esso un prodotto della vittoria della
macchina sul lavoro manuale. Nello stesso tempo infatti che la
macchina, accentrando grandi masse nelle fabbriche, conferiva
ai lavoratori potere e ascesa sociale, minacciava l’artigianato. I
grandi magazzini, la produzione di massa, divennero la rovina del
medio stato e delle piccole aziende artigiane. Di questo malcon-
tento e di questa paura si impadronì un capo abile e popolare, il
dottor Karl Lueger, il quale col motto “bisogna aiutare i piccoli”
trascinò con sé tutti quei borghesucci e la classe media tanto
amareggiata, la cui invidia verso i ricchi era molto meno grave
che non il timore di precipitare dallo stato borghese in quello
proletario. Era la stessa classe intimidita che più tardi Adolf Hitler
ha raccolto come larga massa intorno a sé».
ZWEIG S., Il mondo di ieri, Milano 1946, pp. 54-56. Autobiografia dell’autore scritta
in esilio in Brasile nel 1941.

                                        30
Didascalie
Copertina: Il 1° maggio nella copertina di                                  lavoro” guidata da Marx e Engels trascina il
“Cuore”, rivista illustrata rivolta all’infanzia.                           treno formato dai principali paesi dell’epoca
1. Pelizza da Volpedo, Gli emigranti, olio su                               contro il toro, simbolo del capitalismo; sullo
tela, 1903-1907. 2. Pelizza da Volpedo, Il                                  sfondo le rovine del feudalesimo; l’immagine
Quarto Stato, 1901, olio su tela, particolare.                              fu ripetutamente ripresa in diversi paesi. 15.
3. Primo Maggio a Trieste, 1902. 4. Gli inutili                             “Alle donne”. Imola, 1° maggio 1900. Sup-
sforzi. Su un fondo di ciminiere fumanti si                                 plemento al periodico “La lotta”. 16. Allegoria
erge un operaio gigantesco che inutilmente                                  del Primo Maggio, “Neuen Postillon”, Zurigo
le forze del passato cercano di imbrigliare. 5.                             1904. 17. Il lavoro. Cartoline di propaganda
Cartolina celebrativa per la festa del Primo                                del Fascismo, anni Trenta, coll. privata. 18.
Maggio, stampata a Vienna nel 1890. In                                      La giornata del lavoro nazionale, “Illustrierte
Austria,Germania, ma anche in Italia e in                                   Zeitung”, 1 maggio 1933. 19. Manifesto
altri paesi, tra le varie forme di propaganda,                              che celebra al vittoria del referendum del
vennero prodotte grandi quantità di cartoline                               2 giugno 1946 a favore della repubblica. Il
da spedire per la festa del lavoro. 6. RINALDI                              tricolore sventola senza lo stemma sabaudo.
G. (a cura di), Primo Maggio, protagonisti                                  20. Cartolina pubblicitaria della fabbrica
e simboli della festa del lavoro a Cerignola e                              di conserve Tschurtschenthaler di Bolzano,
in Puglia,Cerignola (Foggia), 1982, IV di                                   1900 circa. 21. Die erste internazionale Ar-
copertina. 7. La Festa del lavoro a New York                                beiterkundgebung zum 1. Mai 1890 in Tirol,
(1885). 8. Robert Koehler, Lo sciopero, olio                                Bozen 1978, copertina. 22. Gruss von der
su tela, 1886. 9. L’esplosione della bomba nella                            Maifeier!, cartolina commemorativa, 1905.
Piazza di Haymarket, 4 maggio 1886, secon-                                  23. La giornata di otto ore è una pietra miliare
do la ricostruzione dell’ “Harpers Weekly”.                                 sulla strada del socialismo, Lipsia, 1 maggio
10. Emilio Longoni, L’oratore dello sciopero,                               1911. 24. Il cotonificio di Bolzano, primi
olio su tela, 1890. 11. Corteo allegorico per il                            del Novecento. 25. La Manifestazione del
Primo Maggio, Lipsia, 1905. 12. Cartolina                                   1° maggio 1890 a Vienna. 26. Comizio per
postale per il 1° maggio 1897. 13. La lettura,                              il Primo Maggio, cartolina commemorativa,
“The Brithish Workman”, Londra 1880. 14.                                    Norimberga, 1900 circa. IV di copertina:
Avanti a tutto vapore!, “Der Wahre Jakob” n.                                Renato Guttuso, L’occupazione delle terre,
150, 1892. La locomotiva delle “otto ore di                                 olio su tela,1950.

                      AUTONOME PROVINZ BOZEN - SÜDTIROL                              PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO - ALTO ADIGE
                                         Landeshauptmannstellvertreter               Vicepresidente della Provincia
                            Landesrat für italienische Kultur und Schule,            Assessore alla cultura e scuola in lingua italiana,
                                                           Wohnungsbau               edilizia abitativa

                                                                                                        una rivista laboratorio
     Italienisches         Intendenza Scolastica
                                                                                                        Editore: Sovrintendente Scolastico
                                                                   storiae
        Schulamt           Italiana
            Amt für        Ufficio                                                                       Direttore responsabile:
Bildungsentwicklung        Processi Educativi                                                           Dir. Scol. prof.ssa Milena Cossetto

Primo Maggio. Festa del lavoro                                                                    Il vademecum è distribuito
STORIAE Fare memoria. Supplemento al n. 1-2008.                                                   gratuitamente: le richieste vanno
                                                                                                  indirizzate a: Lab*doc storia/Geschichte,
Di Milena Cossetto. Hanno collaborato Ass. “Alma Karlin”                                          STORIA E, Via del Ronco 2 – 39100
Verein, Cecilia Albertani, Grazia Andrich, Marilena Buscarini,                                    Bolzano - Tel. 0471 411328
Caterina Cossetto, Elena Farruggia, Pietro Fogale.                                                is.form-ins@scuola.alto-adige.it
Ideazione grafica, prestampa e stampa Life - Trento. Aprile 2010                                   www.emscuola.org/labdocstoria
Il testo ha finalità didattiche. Per eventuali e comunque non volute omissioni e per gli aventi diritto tutelati
dalla legge l’editore dichiara la propria disponibilità.
Renato Guttuso, L’occupazione delle terre, 1950.

Vieni, o Maggio! ti attendon le genti,
ti salutano i liberi cuori.
Dolce Pasqua dei lavoratori...
                           Pietro Gori, 1890

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