Piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale nel Parco della Murgia Materana, 2018 2022 - Studio per la ...

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2020

 Piano per la programmazione degli
interventi di controllo numerico del
  cinghiale nel Parco della Murgia
Materana, 2018 – 2022 - Studio per la
Valutazione di Incidenza Ambientale
    ai sensi del D.lgs. 120/2003

                          Il Direttore
                          Dott. Enrico De Capua
                          Il collaboratore
                          Dott. Vito Santarcangelo

                          Ente Parco della Murgia Materana
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Sommario

1.      La valutazione di incidenza nella normativa italiana e regionale .............................................................. 3

2.      Il Piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale nel Parco della
Murgia Materana, 2018 – 2022 ......................................................................................................................... 5

2.1.        Premessa ............................................................................................................................................... 5

2.2.        Valutazione dell’opportunità dell’intervento ........................................................................................ 5

2.3.        Raccordo con le zone esterne all’area protetta .................................................................................... 8

2.4.        Obiettivi del Piano ................................................................................................................................. 8

2.5.        Durata del Piano .................................................................................................................................... 9

2.6.        Strumenti d’intervento .......................................................................................................................... 9

2.7.        Personale coinvolto ............................................................................................................................... 9

2.8.        Programma degli interventi................................................................................................................. 10

2.9.        Destinazione degli animali prelevati ................................................................................................... 11

2.10.          Tempi e modalità di valutazione dei risultati del Piano .................................................................. 11

2.11.          Tempi e modalità del monitoraggio degli effetti del Piano ............................................................. 11

3.      Descrizione del sito ZSC “Gravine di Matera” con particolare riferimento agli habitat ed alle specie. .. 12

     3.1.      Descrizione del Territorio ................................................................................................................ 14

     3.2.      Il clima.............................................................................................................................................. 15

     3.3.      Inquadramento geologico ............................................................................................................... 16

     3.4.      Idrologia ........................................................................................................................................... 18

     3.5.      Caratterizzazione biotica ................................................................................................................. 20

     3.5.1.        Fauna ........................................................................................................................................... 21

     3.5.2.        Flora ............................................................................................................................................. 25

     3.5.3.        Habitat ......................................................................................................................................... 25

     3.5.3.1.          Habitat 5210: Matorral arborescenti di Juniperus .................................................................. 29

     3.5.3.2.          Habitat 62A0: Formazioni erbose secche della regione submediterranea orientale
     (Scorzoneretalia villosae)............................................................................................................................. 30

 Piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale nel Parco della Murgia Materana, 2018 – 2022 -
Studio per la Valutazione di Incidenza Ambientale ai sensi del D.lgs. 120/2003                                                                                              1
3.5.3.3.        Habitat 6220: Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea
                     32

     3.5.3.4.        Habitat 8210: Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica ..................................... 33

     3.5.3.5.        Habitat 8310: Grotte non ancora sfruttate a livello turistico .................................................. 34

     3.5.3.6.        Habitat 9250: Querceti a Quercus trojana .............................................................................. 35

     3.5.3.7.        Habitat 92A0: Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba.................................................. 37

     3.5.3.8.        Habitat 9340: Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia ................................................. 38

4.     Descrizione delle interferenze del progetto con il sistema ambientale .................................................. 40

     4.1.     Localizzazione geografica ................................................................................................................ 42

     4.2.     Rapporti con altri piani e progetti ................................................................................................... 43

     4.3.     Uso di risorse naturali...................................................................................................................... 44

     4.4.     Produzione di rifiuti ......................................................................................................................... 44

     4.5.     Inquinamento e disturbo ambientale.............................................................................................. 44

5.     Analisi dell’incidenza ambientale del Progetto, in rapporto alle componenti biotiche, abiotiche e le
connessioni ecologiche.................................................................................................................................... 45

6.     Indicazione di eventuali misure di mitigazione dell’incidenza sulle specie e sugli habitat ..................... 46

7.     Cartografia tematica allegata .................................................................................................................. 47

 Piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale nel Parco della Murgia Materana, 2018 – 2022 -
Studio per la Valutazione di Incidenza Ambientale ai sensi del D.lgs. 120/2003                                                                                     2
1. La valutazione di incidenza nella normativa italiana e regionale

In ambito nazionale, la valutazione d'incidenza viene disciplinata dall'art. 6 del DPR 12 marzo 2003, n. 120
(G.U. n. 124 del 30 maggio 2003), che ha sostituito l'art.5 del DPR 8 settembre 1997, n. 357, che trasferiva
nella normativa italiana i paragrafi 3 e 4 della direttiva "Habitat". Il DPR 357/97 è stato, infatti, oggetto di
una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea che ha portato alla sua modifica ed
integrazione da parte del DPR 120/2003.

In base all'art. 6 del nuovo DPR 120/2003, comma 1, nella pianificazione e programmazione territoriale si
deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti
di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione. Si tratta di un principio di carattere
generale tendente ad evitare che vengano approvati strumenti di gestione territoriale in conflitto con le
esigenze di conservazione degli habitat e delle specie di interesse comunitario.

Il comma 2 dello stesso art. 6 stabilisce che, vanno sottoposti a valutazione di incidenza tutti
i piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti.

Sono altresì da sottoporre a valutazione di incidenza (comma 3), tutti gli interventi non direttamente
connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli
habitat presenti in un sito Natura 2000, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso,
singolarmente o congiuntamente ad altri interventi.

L'articolo 5 del DPR 357/97, limitava l'applicazione della procedura di valutazione di incidenza a determinati
progetti tassativamente elencati, non recependo quanto prescritto dall'art.6, paragrafo 3 della direttiva
"Habitat".

Ai fini della valutazione di incidenza, i proponenti di piani e interventi non finalizzati unicamente alla
conservazione di specie e habitat di un sito Natura 2000, presentano uno "studio" (ex relazione) volto ad
individuare e valutare i principali effetti che il piano o l'intervento può avere sul sito interessato.

Lo studio per la valutazione di incidenza deve essere redatto secondo gli indirizzi dell'allegato G al DPR
357/97. Tale allegato, che non è stato modificato dal nuovo decreto, prevede che lo studio per la
valutazione di incidenza debba contenere:

    •    una descrizione dettagliata del piano o del progetto che faccia riferimento, in particolare, alla
         tipologia delle azioni e/o delle opere, alla dimensione, alla complementarietà con altri piani e/o
         progetti, all'uso delle risorse naturali, alla produzione di rifiuti, all'inquinamento e al disturbo
         ambientale, al rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate;

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Studio per la Valutazione di Incidenza Ambientale ai sensi del D.lgs. 120/2003                                                     3
•    un'analisi delle interferenze del piano o progetto col sistema ambientale di riferimento, che tenga
         in considerazione le componenti biotiche, abiotiche e le connessioni ecologiche.

Nell'analisi delle interferenze, occorre prendere in considerazione la qualità, la capacità di rigenerazione
delle risorse naturali e la capacità di carico dell'ambiente. Il dettaglio minimo di riferimento è quello del
progetto CORINE Land Cover, che presenta una copertura del suolo in scala 1:100.000, fermo restando che
la scala da adottare dovrà essere connessa con la dimensione del Sito, la tipologia di habitat e la eventuale
popolazione da conservare.

Per i progetti già assoggettati alla procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA), la valutazione
d'incidenza viene ricompresa nella procedura di VIA (DPR 120/2003, art. 6, comma 4). Di conseguenza, lo
studio di impatto ambientale predisposto dal proponente dovrà contenere anche gli elementi sulla
compatibilità fra progetto e finalità conservative del sito in base agli indirizzi dell'allegato G.

Qualora, a seguito della valutazione di incidenza, un piano o un progetto risulti avere conseguenze negative
sull'integrità di un sito (valutazione di incidenza negativa), si deve procedere a valutare le possibili
alternative. In mancanza di soluzioni alternative, il piano o l'intervento può essere realizzato solo per motivi
di rilevante interesse pubblico e con l'adozione di opportune misure compensative dandone comunicazione
al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (DPR 120/2003, art. 6, comma 9).

Se nel sito interessato ricadono habitat naturali e specie prioritari, l'intervento può essere realizzato solo
per esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza
per l'ambiente, oppure, previo parere della Commissione Europea, per altri motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico (DPR 120/2003, art. 6, comma 10). In tutti gli altri casi (motivi interesse privato o
pubblico non rilevante), si esclude l'approvazione.

Per quanto riguarda la ZSC “Gravine di Matera”, in seguito alla Delibera di Giunta Regionale n. 927 del
15/02/2005, si applicano gli indirizzi per la gestione del territorio urbano della Città di Matera previsti dalla
suddetta Delibera, innescando la procedura di verifica dell’Incidenza ad una fascia di 5 km. esterna al
perimetro della ZSC.

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2. Il Piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico
    del cinghiale nel Parco della Murgia Materana, 2018 – 2022

    2.1.Premessa
Il presente Studio per la Valutazione d’Incidenza Ambientale è stato redatto ai sensi del DPR 357/97
modificato con DPR 120/2003, in riferimento al Piano per la programmazione degli interventi di controllo
numerico del cinghiale nel Parco della Murgia Materana 2018 – 2022.

Il Piano interessa l’intera Area Parco, quasi completamente coincidente con la Zona Speciale di
Conservazione (ZSC) “Gravine di Matera”, identificata con il codice: IT9220135, facente parte della rete
europea di aree naturali protette denominata “Rete Natura 2000”.

Si precisa che Il “Piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale nel Parco
della Murgia Materana, 2018 – 2022”, aggiornato con delibera di C.D. n 3 del 17/02/2020 a cui la presente
Verifica di Assoggettabilità a VAS è riferita, prevede unicamente attività di cattura mediante gabbie
autoscattanti, così come descritte in seguito.

    2.2.Valutazione dell’opportunità dell’intervento
Premessa indispensabile per poter definire e attuare un'efficace strategia di gestione del Cinghiale è
l'acquisizione di un'adeguata conoscenza della distribuzione, consistenza, struttura, dinamica e stato
sanitario della popolazione.

In modo particolare, la stima della consistenza e dell'incremento annuo della specie oggetto di studio
risulta un elemento fondamentale per poter definire gli orientamenti futuri da attuare.

La stima di popolazione rappresenta lo strumento tradizionalmente utile per acquisire conoscenze sulle
popolazioni, ma l'applicazione di essi per conoscere il numero reale di cinghiali che vivono in una
determinata zona in un preciso momento, risulta un obiettivo difficile da raggiungere se deve essere
realizzato su un territorio vasto qual è l'area oggetto di studio ed in periodi di tempo non sufficientemente
ampi.

Peraltro come ben evidenziato nelle note dell’ISPRA pervenute all’Ente Parco in merito al Piano di controllo
della specie Cinghiale, i censimenti per questa specie risultano di difficile applicazione, anche in funzione
delle caratteristiche ambientali del territorio da indagare.

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Il Parco difatti, presenta una particolare geomorfologia caratterizzata da conformazioni aspre del territorio
con profonde forre (gravine) ed aree adibite a pascolo, intervallate da limitate formazioni boschive e coltivi
cerealicoli, oltre ad oliveti e vigneti. Inoltre, come dimostrato in numerose realtà sia italiane che europee,
dove la gestione del patrimonio faunistico e gli studi sulle popolazioni di cinghiali vengono affrontati ormai
da decenni con piani organici e sistematici di censimento, risulta molto complesso e difficoltoso ottenere
stime affidabili sulle consistenze della specie sia relative che assolute.

Ciò necessita di un'attività di studio organica, che interessi un arco temporale sufficientemente ampio e che
si basi su un progetto che preveda il raggiungimento dell'obiettivo finale attraverso fasi e risultati
intermedi, tutti comunque nel loro insieme importanti per ottenere un quadro reale dell'andamento e
dell'evoluzione, non solo della numerosità della popolazione nel Parco ma anche della sua composizione.

Da ripetuti sopralluoghi condotti dal personale dell’Ente Parco, sia in fase di applicazione sperimentale del
primo e del secondo piano di gestione della specie, sia durante le normali attività condotte sul territorio, si
evince che il Cinghiale in quest'area è presente in densità altamente elevate correlando tale dato alla
rilevazione e quantificazione dei danni alle attività agricole e, conseguentemente alle componenti naturali,
non quantificabili direttamente ed immediatamente in senso monetario.

Visto il pregio e l’elevata vulnerabilità delle formazioni vegetali presenti in area Parco, e vista la quantità di
superfici coltivate presenti in area Parco, che riducono notevolmente lo sviluppo delle superfici utili per il
mantenimento della popolazione di Cinghiale, considerato altresì che le formazioni boschive presenti
nell’area, presentano un carattere residuale e superfici molto limitate, si ritiene necessario mantenere in
tale area, il minor numero possibile di individui della specie, e quindi di portare perlomeno la densità della
specie a circa due capi per cento ettari.

La presenza degli animali in tali densità si scontra spesso con le attività antropiche presenti nelle aree non
destinate a pascolo o bosco che comunque rientrano nell'area del Parco, oltre ad una presenza stabile nelle
aree della gravina che per la sua orografia specifica si configura come habitat vocato per il riparo di detta
fauna.

Come premesso, il dato di fondamentale importanza ai fini della definizione dell’opportunità
dell’intervento, risulta l'esame delle richieste di risarcimento danni provocati dal Cinghiale e pervenute
all’Ente Parco negli ultimi anni. In questo caso i dati in possesso dell’Ente Parco, risultano esaustivi a
delineare il trend della popolazione di Cinghiale residente in area Parco. Tale andamento rivela un
progressivo aumento negli ultimi anni, interrotto solo in coincidenza delle annualità in cui si è attivata la
cattura tramite chiusini e l’abbattimento selettivo della specie, dove si è registrata una sostanziale
diminuzione delle richieste di indennizzo.

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Si deve tener conto inoltre, che le ricerche effettuate hanno evidenziato che la distribuzione dei Cinghiali
nel Parco risulta abbastanza omogenea nelle aree vocate, raggiungendo una maggiore concentrazione nelle
zone a prevalente copertura boschiva ed arbustiva oltre alla presenza ancora più consistente negli ambiti
ripariali della gravina limitrofi ad aree di pianura con vegetazione bassa di prato - pascolo o destinate ad
attività agricola.

Ciò significa che il numero di animali presenti nelle aree scarsamente vocate non è comunque basso; al
contrario, si deve ritenere che questi territori non siano in grado di supportare la presenza di una tale
densità di capi, sia pure scarsa in termini assoluti.

Le richieste di danni sono passate da 87.720 Euro nell'anno 2008, a 26.799 Euro nel 2010 in coincidenza con
l’attuazione delle catture, fino a 58.037 Euro nel 2011, 35.747 Euro nel 2012 in concomitanza con gli
abbattimenti selettivi e poi saliti man mano fino a              74.749 Euro nel 2017.

Si può ipotizzare, pertanto, proprio partendo dal progressivo aumento delle denunce di danneggiamenti
alle colture agricole all'Amministrazione del Parco e considerando i risultati delle ricerche effettuate per lo
studio in corso, che negli ultimi anni si sia verificato un indubbio incremento numerico della specie, che ha
avuto comunque un impatto esponenzialmente maggiore soprattutto sui territori a vocazione scarsa.

Non è escluso, inoltre, che i dati che è possibile estrapolare dalle denunce siano sottostimati. Difatti, i
frequenti contatti con i proprietari dei terreni agricoli ricadenti nell'area del Parco, nei mesi durante i quali
è stato svolto il presente studio, hanno evidenziato che non sempre i danni subiti vengono ufficialmente
segnalati, a volte anche a causa della scarsa rilevanza degli stessi.

Il dato è comunque importante ai fini del riconoscimento di una condizione di pressione eccessiva
esercitata dagli animali sul territorio.

A fronte quindi della continua crescita demografica, che la specie sembra dimostrare sulla base dei dati
attualmente in possesso e in considerazione dell'alto potenziale riproduttivo, caratterizzato da precoce
maturità sessuale e altissimi incrementi annui, si può certamente asserire che la popolazione attualmente
presente all’interno del Parco non sia sostenibile sia per i danni alle colture, sia a maggior ragione per quelli
arrecati alle biocenosi presenti.

Pertanto, risulta di fondamentale importanza ricorrere ad idonee strategie di gestione del Cinghiale in
grado di ridurre significativamente gli impatti negativi che la specie può produrre sul territorio.

È da considerare, infatti, l'alto impatto che la specie esercita sulle biocenosi del Parco, risultando per tutto
questo fondamentale ed improrogabile la pianificazione di una adeguata gestione della popolazione di
cinghiali nell'area protetta.

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L'auspicio è che si voglia proseguire nella lodevole opera di studio dei cinghiali del Parco della Murgia
Materana, al fine di giungere ad un livello di conoscenza tale da consentire un efficace controllo della
numerosità dei cinghiali in un piano di piena salvaguardia delle esigenze degli animali e di coloro che
abitano il Parco e che da esso traggono le proprie risorse economiche.

    2.3.Raccordo con le zone esterne all’area protetta
L’area protetta confina con aree appartenenti al più ampio altopiano murgico pugliese caratterizzate da
vegetazione xerica e con ambiti della Fossa Bradanica caratterizzati da meno deficit idrico ed una
vegetazione più rigogliosa.

Tutte le aree limitrofe risultano idonee alla presenza del Cinghiale ed in diretta connessione con il territorio
del Parco, per cui nella valutazione della dinamica della popolazione di Cinghiale presente nel Parco,
bisogna tener presente le continue immigrazioni ed emigrazioni da e verso le aree limitrofe. In base a tale
considerazione si può affermare che risulta alquanto improbabile se non impossibile l’eradicazione della
specie Cinghiale da tale territorio, per cui si rendono indispensabili attività di controllo permanente della
specie nel territorio protetto.

Non va sottaciuto, infine, che l'esclusione dell'attività venatoria all'interno dell'area protetta, che può
essere considerata priva di barriere sia naturali che artificiali, determina movimenti di animali da aree
contigue, dove viene praticata la caccia, verso il Parco, venendosi a creare una sorta di 'effetto spugna" per
cui i cinghiali a causa della pressione venatoria esterna tendono a rifugiarsi nell'area protetta.

    2.4.Obiettivi del Piano
L’obiettivo prioritario che l’Ente Parco si prefigge, della gestione del Cinghiale, non può che essere il
contenimento entro i limiti di tollerabilità dell’impatto che esso esercita sulle attività agricole, sulle altre
specie faunistiche e sulla vegetazione.

Obiettivo secondario risulta la definizione di fasce e comprensori con caratteristiche omogenee dal punto di
vista vegetazionale ed alla definizione del limite oltre il quale la densità del Cinghiale è da considerare
incompatibile con le esigenze di tutela delle biocenosi naturali e delle colture agricole.

Al fine di perseguire una riduzione tangibile dei danni all’agricoltura o agli ecosistemi attraverso i piani di
controllo numerico si dovrebbe, almeno in linea teorica, conseguire la rimozione di un numero di animali
pari o superiore all’incremento utile annuo della popolazione interessata. Tale obiettivo risulta di non facile
quantificazione nei casi in cui non si riesca a stimare in modo sufficientemente accurato almeno l’entità
dell’accrescimento annuo della popolazione.

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2.5.Durata del Piano
Il presente Piano ha una durata quinquennale (2018-2022), le attività di controllo numerico saranno gestite
in riferimento all’andamento delle popolazioni in area Parco, verificate annualmente attraverso il
monitoraggio, ed in base all’andamento delle catture effettuate durante l’attuazione del piano.

    2.6. Strumenti d’intervento
Durante tutto l’anno, ma soprattutto durante la stagione venatoria inoltrata, nelle aree inibite alla caccia si
verificano concentrazioni elevate di cinghiali: anche ai sensi della Legge nazionale 157/92, e della L.R. n.
2/1995 è necessario individuare i cosiddetti metodi ecologici per limitarne forti ed innaturali presenze.

L’Ente Parco, in considerazione di quanto anzi citato e al fine di contenere la popolazione del Cinghiale ad
una consistenza accettabile durante l’arco temporale del quinquennio 2018-2022, intende intervenire sulla
popolazione del suide con i seguenti sistemi di contenimento della specie:

- cattura con trappole autoscattanti (recinti o chiusini di cattura);

Il metodo che fornisce maggiori possibilità di successo è rappresentato dall’uso dei recinti di cattura, la cui
chiusura viene azionata dagli stessi Cinghiali che sono attirati all’interno da ripetute offerte alimentari. I
chiusini permettono la cattura di interi gruppi familiari e lo spostamento dei cinghiali catturati senza alcun
contatto diretto con gli operatori, azzerando la potenziale pericolosità dei cinghiali. Tutte le catture
dovranno essere validate dal personale del Parco prima che gli animali catturati vengano rimossi dalla loro
giacitura.

Le pareti dei recinti dovranno essere rivestite, a cura del gestore, con pannelli in legno, telo protettivo e/o
residui vegetali, con altezza pari all’altezza del recinto, al fine di schermare visivamente lo stesso e ridurre
l’agitazione degli animali alla vista degli operatori e al fine di evitare lesioni agli animali stessi.

    2.7. Personale coinvolto
I cinghiali potranno essere catturati con trappole selettive autoscattanti innescate, denominate “chiusini”,
posizionate dai proprietari/conduttori in aree private, sotto lo stretto controllo degli organi di Vigilanza del
Parco

I suddetti chiusini saranno gestiti dai proprietari/conduttori di fondi agricoli, previa autorizzazione all’Ente
Parco e sotto la vigilanza di tutti gli organi di controllo preposti, facendo presente che l’organico del Parco

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non dispone di personale da adibire ad attività di vigilanza fatta eccezione di una unità. I gestori delle
attività di cattura, dovranno ottemperare a tutte le norme vigenti ed applicabili alle attività in questione.

L’assegnazione dei recinti di cattura esistenti e la realizzazione di ulteriori, avverrà mediante formale
richiesta da parte di soggetti privati (proprietari di fondi agricoli). Il proprietario/conduttore del fondo
dovrà sottoscrivere apposito “protocollo d’utilizzo per la gestione del chiusino”, come da modulo allegato al
presente Regolamento.

Il proprietario/conduttore del fondo si assume ogni responsabilità sull’utilizzo del “chiusino” sollevando il
Parco da qualsiasi responsabilità in ordine all’utilizzo dello stesso ed in merito alla legislazione vigente in
materia.

Gli animali oggetto di cattura sono destinati al prelievo e trasporto, da parte di soggetti privati che
soddisfino tutti i requisiti previsti dalla legislazione vigente in materia.

La movimentazione degli animali catturati avviene alla presenza di un delegato dell’Ente Parco che dovrà
certificare, ai soli fini dell’applicazione del presente piano, il numero e la tipologia degli animali trasferiti.

Gli animali oggetto di cattura vengono trattati conformemente a quanto previsto dall’ASL territorialmente
competente, nel rispetto di tutte le norme vigenti in materia e di quanto indicato nelle linee guida fornite
dall’ISPRA.

Il Parco è sgravato da qualsiasi responsabilità, in merito a danni a cose o infortuni a carico di terzi.

Il sito di ubicazione dei recinti di cattura ed il periodo di cattura è indicato dall’Ente Parco.

In fase di autorizzazione alla gestione delle catture, potrà essere richiesto da parte dell’Ente Parco un
compenso forfettario per ogni singolo capo catturato e distinto per piccolo, rosso ed adulto.

In caso di particolari necessità, le attività di cattura potranno essere gestite direttamente dall’Ente Parco
con personale proprio o appositamente incaricato.

    2.8.Programma degli interventi
Nella scelta dei tempi e dell’area di intervento vanno considerati i molteplici usi che caratterizzano il
territorio del Parco, mirando a limitare eventuali disturbi o rischi alle attività produttive, alle specie
faunistiche ed alla fruizione turistica e naturalistica dell’area.

La scelta della tempistica da adottare, calibrata in rapporto alle specifiche condizioni locali, sarà mirata a
concentrare gli interventi nei periodi di massima efficacia delle tecniche utilizzate (es. i periodi di crisi

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trofica, nel caso delle catture) in modo da ottimizzare i risultati con il minimo sforzo e pertanto il minimo
disturbo.

Unitamente al criterio di efficacia, i tempi di intervento saranno individuati anche sulla base di
considerazioni in merito alla necessità di contenere la popolazione in periodi particolarmente critici (es. in
prossimità della maturazione delle colture) ed in zone specifiche dove si concentrano i danni a carico delle
colture agricole.

Il controllo sarà svolto soprattutto contemporaneamente con l’attività di caccia che si realizza all’esterno
dei confini del Parco, in modo da realizzare un’attiva azione di disturbo in tutte quelle porzioni di territorio
che fungono da “rifugio” durante lo svolgimento dell’attività venatoria e da “serbatoio” per l’irradiamento
all’esterno una volta terminata la stagione di caccia.

    2.9. Destinazione degli animali prelevati
I capi possono essere destinati alla eventuale vendita, si dovrà ottemperare a tutte le norme vigenti sotto il
profilo sanitario. Tali adempimenti saranno a esclusivo carico dei gestori dei recinti di cattura e dei soggetti
incaricati del prelievo e trasporto, coinvolti nelle operazioni previste dal presente Piano.

    2.10.           Tempi e modalità di valutazione dei risultati del Piano
I risultati del Piano di controllo della specie Cinghiale in area Parco saranno valutati continuamente
attraverso l’analisi dei dati forniti dai gestori dei recinti.

A seguito di tale valutazione la Direzione dell’Ente Parco si riserva la possibilità di interrompere le attività di
prelievo della specie, o d’altro canto di aumentare l’efficacia e/o l’intensità delle azioni stesse.

    2.11.         Tempi e modalità del monitoraggio degli effetti del Piano
Il monitoraggio avverrà attraverso l’analisi dei dati di prelievo ed il rilievo in campo di dati relativi alla
presenza della specie, tali dati saranno confrontati di anno in anno al fine di convalidare le stime di
popolazione effettuate e formulare la programmazione degli anni successivi.

Di fondamentale importanza risulta la definizione della dinamica della popolazione e dell’incremento
annuo, più che una stima numerica degli individui presenti. A tal fine la raccolta di un numero consistente
di osservazioni di campo, permette tra gli altri, di stimare il rapporto “n. medio di piccoli/femmina”, tra tutti
il parametro strutturale che forse più efficacemente descrive la dinamica della popolazione e risulta, quindi
utile a prevedere gli impatti e le modalità di intervento.

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3. Descrizione del sito ZSC “Gravine di Matera” con particolare riferimento
    agli habitat ed alle specie.

Natura 2000 è una rete di aree destinate alla conservazione della biodiversità sul territorio dell’Unione
Europea istituita dall’art.3 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 12 maggio 1992, relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

La Direttiva 92/43 si pone in continuità con un precedente intervento comunitario in tema di conservazione
delle risorse naturali: la direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, aggiornata con la direttiva
2009/147/CE, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici .

Le Direttive sono atti vincolanti dell’Unione Europea quanto allo scopo da realizzare e quindi,
presuppongono un’azione degli Stati Membri per il loro recepimento.

Il governo italiano ha approvato, in attuazione specifica della direttiva Habitat, il D.P.R. 8 settembre 1997,
n. 357, “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”, successivamente modificato ed
integrato dal DPR 12 marzo 2003 n. 120.

La Regione Basilicata, in seguito ad un intenso e proficuo lavoro di aggiornamento dei dati inerenti gli
habitat e le specie incluse nelle Direttive su menzionate ed all’elaborazione di specifiche misure di tutela e
conservazione, ha portato a compimento l’iter procedurale di designazione delle ZSC (Zone Speciali di
Conservazione), in accordo con quanto previsto dalla Direttiva 92/43 “Habitat” e dall’Art. 3 comma 2 del
DPR 357/97.

Tale designazione viene ufficializzata con Decreto del 16 settembre 2013 e Decreto dell’11 gennaio 2017
del MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, ai sensi dell’articolo 3,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357.

Tra le prime 20 ZSC lucane, è incluso il Sito IT9220135 “Gravine di Matera”, per gran parte incluso nel
territorio del Parco della Murgia Materana.

L’Ente Parco della Murgia Materana, è stato individuato come soggetto gestore della ZSC IT9220135
“Gravine di Matera”. Il territorio della ZSC è quasi completamente incluso nel perimetro del Parco,
rimangono escluse alcune aree localizzate ad est ed ad ovest del territorio. Rimane all’Ufficio Compatibilità
della Regione Basilicata l’onere dell’istruttoria delle Valutazioni d’Incidenza in tutto il territorio regionale.

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La gestione della ZSC prevede l’attuazione delle misure di conservazione individuate con DGR n. 951/2012 e
n. 30/2013, inoltre gli Enti gestori delle ZSC sono tenuti a garantire la sorveglianza dello stato di
conservazione delle specie e degli habitat, tenendo particolarmente conto dei tipi di habitat naturali e delle
specie prioritari, come dettato dall’articolo 11 della Direttiva 92/43.

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3.1. Descrizione del Territorio

Il sito è caratterizzato dall’essere compreso nel più vasto complesso della Murgia Materana, costituito da
un sistema di altopiani caratterizzato da una rilevante ossatura calcarea di origine organogena con una
geomorfologia tipicamente carsica con solchi di erosione e forre, particolarmente sviluppate sul versante
meridionale del sistema murgiano, che ha una altezza media di 500 m. s.l.m.. Al suo interno spicca la
struttura urbana di Matera che si caratterizza sia per la sua dimensione sia per il suo posizionamento vicino
alla confluenza tra la gravina di Matera e di Jesce, con interessanti manifestazioni carsiche (coni, valli
sospese, strapiombi, terrazze). Gli habitat in migliore stato di conservazione sono localizzati nelle
inaccessibili pareti delle forre e delle gravine e sulla parte sommitale dell’altopiano.

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3.2.Il clima

L’area della Murgia materana ricade in una fascia climatica di tipo mediterraneo semiarido, caratterizzata
da una certa incostanza delle precipitazioni idrometeoriche e delle temperature. Considerando i dati relativi
alla stazione di Matera (1921-1980), è stato possibile valutare una media annua di precipitazioni pari a 574
mm, con una punta massima annua di 1031 mm (1972) ed una minima di 405 mm (1961). Le piogge non
sono uniformemente ripartite nell’arco dell’anno, risultando concentrate prevalentemente nel periodo
ottobre-gennaio, mentre nei mesi di luglio ed agosto tendono a ridursi notevolmente (con lunghi periodi
caratterizzati da assenza totale di pioggia). Dal punto di vista bioclimatico possiamo far rientrare il territorio
di Matera allinterno di un Mesomediterraneo umido-subumido (con carattere semicontinentale di
transizione), caratterizzato da un’escursione termica di 18,6 °C, temperature elevate che si possono
registrare nel mese di agosto (30,7 °C), con temperature minime che raggiungono un picco minimo a
gennaio (3,05 °C)

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3.3. Inquadramento geologico

Il territorio esaminato si configura come un altopiano calcareo interposto tra i territori della Puglia e della
Basilicata.    I substrati geologici più antichi, che costituiscono l’ossatura dell'area, appartengono alla
Formazione del Calcare di Altamura (Cretaceo superiore), che affiora, più o meno estesamente, sia nelle
aree più elevate della Murgia materana, quanto sui bordi di quest'ultima anche a quote basse, nella
Gravina di Matera e in corrispondenza delle incisioni che solcano la zona. Essa è composta soprattutto da
calcari micritici laminati e da calcari con abbondanti resti di Rudiste, deposti in un ambiente marino poco
profondo, corrispondente al dominio paleogeografico della Piattaforma carbonatica apula, che è stata
interessata da dislocazioni tettoniche che ne hanno determinato l'emersione e successivamente lo
smembramento in grandi blocchi. L'emersione ha prodotto diffusi fenomeni carsici superficiali e profondi e,
nellambito dei singoli blocchi fratturati e sollevati, si è avuta la formazione di grandi ripiani e di scarpate più
o meno modellate degli agenti atmosferici. I blocchi calcarei cretacei che si sono ribassati nel lato ovest
dell’area, hanno costituito il substrato di un grande bacino marino noto come Fossa Bradanica, che ha
occupato l’area racchiusa tra le Murge e la catena appenninica, in destra del corso fluviale del Basento. Uno
dei blocchi del Calcare di Altamura forma la Murgia di Matera-Laterza, ove ricade la ZSC che, rappresenta
un Horst delimitato a N e a SW da elevate pareti, che si immergono quasi improvvisamente sotto i depositi
argilloso sabbioso conglomeratici della Fossa Bradanica e del Graben di Viglione, elemento quest’ultimo
che lo separa dalle Murge pugliesi. Lungo le pareti sono, infatti, ben visibili numerose faglie dirette con
rigetti piuttosto modesti, dell’ordine di qualche metro, mentre una fitta rete di fratture è presente ovunque
il calcare affiora, assumendo un orientamento parallelo ai principali lineamenti tettonici. I bordi dellHorst
sono a diretto contato con le aree ove affiorano i terreni plio-pleistoceni della Fossa bradanica, più esposti
e soggetti a processi erosivi. Essi sono costituiti da vari terreni che, a partire dal basso verso lalto, sono la
Calcarenite di Gravina, cui seguono le Argille subappennine e successivamente le Sabbie di Monte Marano
ed in chiusura il Conglomerato di Irsina. La Calcarenite di Gravina (Pliocene superiore - Pleistocene
inferiore), nota localmente come tufo calcareo è costituita da depositi sabbiosi e calcarenitici caratteristici
di un ambiente marino litorale. In prossimità del contatto con il substrato cretaceo si possono anche
rinvenire livelli di conglomerati e microconglomerati calcarei. Nell'area della ZSC, la Calcarenite di Gravina
affiora estesamente sui bordi della Murgia materana, con spessori anche superiori a 50 metri e caratterizza
i rioni Sassi di Matera. È riconoscibile anche lungo numerose incisioni, al di sopra della Formazione del
Calcare di Altamura e nelle numerose cave coltivate per l'estrazione di conci di tufo utilizzati per la
costruzione dell’antica città ed ubicate soprattutto lungo la S.S. n° 7 in direzione di Laterza. Alla fine del
Pliocene si sono depositati nellarea sedimenti prevalentemente argillosi di ambiente più profondo
denominati Argille subappennine rilevate soprattutto nell'area della Fossa Bradanica e del Graben di
Viglione, mentre piccoli lembi affiorano anche sulla Murgia materana a quote non molto elevate. A
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chiusura del ciclo si rinvengono le Sabbie di Monte Marano ed il Conglomerato di Irsina del Pleistocene
medio, che sono presenti in piccoli lembi nell'area urbana di Matera, dal Castello alla Colonia elioterapica e
nella parte più elevata di Serra Venerdì. Questi depositi sono caratterizzati da sedimenti sabbioso-ciottolosi
esposti in numerosi affioramenti. Dal punto di vista geomorfologico, l’area può essere ripartita in due
settori: il primo, che occupa la parte centrale della zona, assume un aspetto tipico dei rilievi rocciosi, con
fianchi scoscesi ed una sommità pressoché sub orizzontale; il secondo è caratterizzato da forme
generalmente più dolci perché ricadenti su aree argilloso-sabbiose spesso esposte all’erosione diffusa.
Nellambito del massiccio calcareo sono osservabili scarpate erosive create da superfici di antiche faglie,
mentre nella sommità sono evidenti forme di tipo carsico, quali ripiani, depressioni, solchi erosivi e doline
di piccole dimensioni. Altro elemento morfologico è rappresentato da solchi erosivi localmente indicati col
termine di lame, depressioni con fianchi poco acclivi e fondo piatto generalmente occupato da terra rossa.
Queste si differenziano quindi dalle vere e proprie gravine che hanno pareti verticali e profili a V stretta,
come la Gravina di Matera dove si manifestano fenomeni di frana per crollo di elementi calcarei fratturati. Il
secondo settore, ubicato nel margine sud-occidentale dell’area, sino nei pressi dell’abitato di
Montescaglioso, è occupato da terreni argilloso-sabbioso-conglomeratici facilmente erodibili, assume un
aspetto tipicamente collinare, con fenomeni di modellamento dei versanti, sia superficiali che profondi, che
si manifestano mediante colamenti, colate e scorrimenti roto-traslazionali.

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3.4. Idrologia

I corsi d’acqua superficiale, che scorrono all’interno del territorio della ZSC “Gravine di Matera”, sono a
carattere torrentizio, con scarse portate anche a causa della natura stessa del substrato: la roccia calcarea
fessurata e permeabile dà luogo a modesti ruscellamenti lungo le gravine che intersecano l’intero altopiano
e si trasformano in torrenti solo nel caso di violente precipitazioni. Le alluvioni, anche se di breve durata,
percorrendo le depressioni delle “lame”, trascinano via forti quantità di limo impoverendo il suolo.

Il carattere torrentizio dei corsi d’acqua presenti nella ZSC, è inficiato dai continui e talvolta anche notevoli,
apporti idrici di diversi depuratori di acque reflue urbane ed industriali che si immettono lungo tutto il loro
percorso. Questi scarichi rappresentano, in alcuni periodi dell’anno, l’unica quota affluente negli alvei, che
altrimenti rimarrebbero asciutti per effetto della stagione secca, talvolta prolungata in questo contesto
geografico.

Il Torrente Gravina di Matera, costeggia il lato orientale della città, ed è lungo complessivamente circa 32
Km, la sua quota massima è posta a 430 m s.l.m., quella minima a circa 90 m s.l.m. alla confluenza con il
Bradano.

Il suo bacino, alla confluenza con il Torrente Jesce, sottende un’area di circa 489,56 Km2, caratterizzata da
un uso del suolo prevalentemente agricolo, dedicato alla coltivazione di estese piantagioni cerealicole in
aree non irrigue, destinate sia alla produzione alimentare umana, cha alla produzione di foraggio per gli
allevamenti zootecnici presenti in zona.

Il Torrente Gravina nasce nel territorio comunale di Altamura, e precisamente a Nord-Ovest del centro
abitato, attraversa per alcuni chilometri la parte settentrionale dell’agro materano come Canale del
Pantano, raccogliendo le acque di scolo confluenti da altri fossi e canali, assume, dopo il Ponte della
Palomba, l’aspetto vero e proprio della gravina con calcareniti e calcari incisi prima in maniera lieve e man
mano sempre più profondi (profondità massima di 200 m a Sud di Matera nella valle S.Campo). Dopo circa
1 Km lambisce il Rione Sassi di Matera che occupa la parte alta del versante destro del Torrente e riceve i
tributi del Torrente Jesce e di due solchi di erosione fluviale, localmente definiti “grabiglioni”, oggi non più
visibili perché canalizzati dalla rete fognaria del Rione Sassi.

Successivamente, procedendo in direzione Sud-Est, raccoglie gli scarsi apporti idrici di altri canali o solchi di
incisione torrentizia minori collocati in sinistra orografica, provenienti dall’altopiano calcareo prospicente;
procedendo nel territorio di Montescaglioso riceve dapprima i tributi di altri canali per poi perdere le
caratteristiche di un corso incassato in canyon, dove prende il nome di Torrente Fiumicello, che confluisce
dopo 15 Km nel fiume Bradano.

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Il Torrente Gravina presenta generalmente lungo tutto il suo sviluppo una debole pendenza; l’alveo che,
per alcuni tratti della parte alta, si presenta canalizzato, nella parte bassa è interessato da turbolenze
formando laghetti, vasche, marmitte, intervallati da piccoli salti e cascatelle.

Il Torrente Jesce percorre l’omonima Gravina, il bacino imbrifero origina anch’esso in territorio comunale di
Altamura, e precisamente a Nord-Est dell’abitato, il suo percorso si sviluppa totalmente nella depressione
tettonica posta a Nord della città di Matera, incuneandosi per circa un chilometro nell’altipiano calcareo,
dove alimenta, nel suo tratto terminale, un ampio bacino incavato nella roccia chiamato nel gergo locale
“Jurio” (gorgo), per poi confluire nel Torrente Gravina di Matera, rappresentandone così un affluente di
sinistra.

 Bacino            Lunghezza asta Area             di Altitudine             Altitudine min. Altitudine                Pendenza
                   principale (Km.)      bacino         max. (m.)            (m.)                 media (m.)           media       di
                                         (Km2)                                                                         bacino (gradi)

 Torrente
 Gavina       di 31.55                   486.56         628                  284                  417.5                2.4
 Matera

 Torrente
                   30.45                 210            550                  284                  380                  2.4
 Jesce

Caratteristiche principali dei bacini dei due Torrenti

I dati esposti in tabella 8.1 sono stati estrapolati, tramite il software Arc-gis ver.9.1, ed in particolare
attraverso il calcolo automatico del bacino idrografico, partendo dal modello tridimensionale del terreno
(DEM) del territorio in esame.

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3.5. Caratterizzazione biotica

Il SIC Gravine di Matera costituisce un territorio di straordinario interesse naturalistico e paesaggistico, in
quanto fortemente caratterizzato dal un punto di vista ambientale dati i tratti litologici e morfologici che
hanno determinato la caratteristica conformazione di gola (gravina), alternando un sistema pseudo-
pianeggiante a uno fortemente inciso. L’area della ZSC risulta caratterizzata prevalentemente da rupi,
estese formazioni prative (prevalentemente secondarie) e da frammenti forestali (querceti semicaducifogli
a dominanza di fragno). Presenta una variazione altimetrica limitata (quota massima 516 m s.l.m.) e ospita
8 habitat (di cui 1 prioritario), su una superficie pari a circa 6968,49 ha. Di particolare interesse la
vegetazione rupicola con le preziose stazioni di Centaurea centaurium (endemica), Carum multiflorum,
Campanula versicolor e Portenschlagiella ramosissima (tutte di notevole interesse fitogeografico e protette
a scala regionale); segue per importanza la vegetazione prativa, prevalentemente caratterizzata da praterie
steppiche estremamente ricche dal punto di vista floristico, molto spesso configurate in forme di mosaico
in cui convivono popolamenti terofitici, camefitici ed emicriptofitici. I pascoli di ampie superfici della ZSC,
risultano caratterizzati da Stipa austroitalica (elencata tra le specie dellAllegato II della Direttiva
43/92/CEE), che caratterizza una forma di vegetazione seminaturale ampiamente diffusa nellarea, legata a
forme di coesistenza tra il disturbo arrecato dal pascolamento del bestiame ed il naturale dinamismo delle
cenosi prative. Tali contesti vegetazionali sono interpretabili allinterno dellhabitat 62A0 (Formazioni erbose
secche della regione sub mediterranea orientale (Scorzoneretalia villosae)) che contraddistingue praterie
xeriche submediterranee ad impronta balcanica, in cui sono presenti diverse specie di elevato interesse tra
cui diverse entità dei generi Ophrys ed Orchis. Tra le altre specie floristiche di notevole interesse
conservazionistico presenti entro il SIC si segnalano Juniperus phoenicea ssp. turbinata, considerata rara e
vulnerabile in Basilicata, Quercus macrolepis, Q.trojana e Q.virgiliana, da considerarsi estremamente
localizzate e vulnerabili a scala regionale . Per quanto riguarda le diverse altre entità floristiche segnalate
(Anthemis hydruntina, Linum tommasinii, Paeonia mascula, Polygonum tenoreanum, Nerium oleander,
Dictamus albus, Salvia argentea, ed altre), trattasi di specie interessanti in quanto uniche stazioni regionali
e/o taxa di interesse fitogeografico per l’Italia meridionale. La presenza di habitat naturali e la loro
sostanziale inaccessibilità (si pensi in particolare a quelli rupicoli), conferiscono al sito grande importanza
anche dal punto di vista faunistico. Sono soprattutto gli ambienti rupicoli ad essere i più significativi a fini
faunistici, con particolare riguardo all’avifauna che risulta ben conosciuta.

In questi ambienti trovano siti adatti per la nidificazione specie prioritarie quali: il Lanario (Falco biarmicus),
il Falco pellegrino (Falco peregrinus), il Capovaccaio (Neophron percnopterus), la Cicogna nera (Ciconia
nigra) e il Gufo reale (Bubo bubo). Non vanno dimenticati anche gli ambienti boschivi e prativi per la loro
importanza come siti riproduttivi e trofici per specie di rilevante importanza conservazionistica come il

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Falco grillaio (Falco naumanni) presente nel periodo primaverile con una cospicua popolazione, il Nibbio
reale (Milvus milvus), il Nibbio bruno (Milvus migrans), il Biancone (Circaetus gallicus), lOcchione (Burhinus
oedicnemus), la Calandra (Melanocorypha calandra), e la Calandrella (Calandrella brachydactyla).

         3.5.1. Fauna
Di seguito si riportano le specie riportate nel Formulario standard di Natura 2000, per il Sito ZSC “Gravine di
Matera”:

Specie di cui all'articolo 4 della direttiva 2009/147/CE ed elencati nell'allegato II della direttiva 92/43/CEE

         Nome scientifico                                      Nome comune

         Accipiter nisus                                       Sparviere
         Alauda arvensis                                       Allodola
         Alcedo atthis                                         Martin pescatore
         Anas platyrhynchos                                    Germano reale
         Anthus campestris                                     Calandro
         Apus apus                                             Rondone
         Apus pallidus                                         Rondone pallido
         Barbastella barbastellus                              Barbastello
         Bombina pachipus                                      Ululone appenninico
         Bubo bubo                                             Gufo reale
         Burhinus oedicnemus                                   Occhione
         Buteo buteo                                           Poiana
         Calandrella brachydactyla                             Calandrella
         Caprimulgus europaeus                                 Succiacapre
         Cerambyx cerdo                                        Cerambicide della quercia
         Ciconia nigra                                         Cicogna nera
         Circaetus gallicus                                    Biancone
         Circus macrourus                                      Albanella pallida
         Columba livia                                         Piccione selvatico
         Columba palumbus                                      Colombaccio
         Coracias garrulus                                     Ghiandaia marina
         Corvus corax                                          Corvo imperiale
         Cuculus canorus                                       Cuculo
         Dendrocopos major                                     Picchio rosso maggiore
         Elaphe quatuorlineata                                 Cervone
         Emberiza melanocephala                                Zigolo capinero
         Emys orbicularis                                      Testuggine palustre
         Eurotestudo hermanni                                  Testuggine di Hermann
         Falco biarmicus                                       Lanario
         Falco naumanni                                        Grillaio
         Falco peregrinus                                      Pellegrino
         Falco tinnunculus                                     Gheppio
         Gallinula chloropus                                   Gallinella d'acqua
         Hirundo rustica                                       Rondine
 Piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale nel Parco della Murgia Materana, 2018 – 2022 -
Studio per la Valutazione di Incidenza Ambientale ai sensi del D.lgs. 120/2003                                                     21
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