PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO PER LA GESTIONE DELLA

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PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO PER LA GESTIONE DELLA
PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO PER LA GESTIONE DELLA
BPCO – a cura della Sezione Regionale AIPO Veneto

Stefano Calabro1, Loris Ceron2, Alessandra Concas3, Manuel G. Cosio4,5, Riccardo Drigo6, Enzo
Faccini7, Massimo Guerriero8, Giuseppe Idotta9, Claudio Micheletto10, Rodolfo Muzzolon11,
Rolando Negrin12, Manuele Nizzetto13, Kim Lokar Oliani4, Carlo Pomari14, Andrea Rossi15, Marina
Saetta4, Andrea Vianello3, Franco Maria Zambotto16
1
  Pneumologia, Ospedale San Bassiano – Bassano del Grappa (VI)
2
  U.O. Pneumologia, Azienda ULSS12 Veneziana, Ospedale dell’Angelo – Mestre (VE)
3
  U.O. Fisiopatologia Respiratoria, Azienda Universitaria di Padova – Padova
4
  Clinica Pneumologica, Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari, Università
degli Studi di Padova - Padova
5
  Meakins-Christie Laboratories, Respiratory Division, McGill University – Montreal (Canada)
6
  U.O. Pneumologia, Ospedale San Valentino - Montebelluna (TV)
7
  U.O.C. Pneumologia, Ospedale di Dolo, ULSS 13 – Dolo (VE)
8
  Dipartimento di Informatica, Università degli Studi di Verona - Verona
9
  U.O.C. Pneumologia, ULSS 15 Alta Padovana, Ospedale di Cittadella – Cittadella (PD)
10
   U.O.C. Pneumologia, Azienda ULSS 21, Ospedale Mater Salutis – Legnago (VR)
11
   U.O. Pneumologia, P.O. San Martino, ULSS 1 Belluno – Belluno
12
   U.O. Pneumologia, Ospedale San Bortolo, ULSS 6 – Vicenza
13
   U.O. Pneumologia, Ospedale Santa Maria di Cà Foncello – Treviso
14
   Servizio di Endoscopia Toracica, Sacrocuore Don Calabria – Negrar (VR)
15
   UOC Pneumologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Malattie dell’Apparato
Respiratorio, Università di Verona – Verona
16
   S.C. Pneumotisiologia, Ospedale Santa Maria del Prato, ULSS 2 – Feltre (BL)
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DEFINIZIONE

La BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) è una malattia del polmone caratterizzata da
una persistente e progressiva riduzione del flusso aereo associata ad una anormale risposta
infiammatoria cronica all’inalazione del fumo di sigaretta e/o di altri agenti nocivi.
       Le riacutizzazioni della BPCO, la presenza di comorbilità e la bronchite cronica
contribuiscono alla gravità complessiva della malattia nel singolo paziente.

PATOGENESI E FISIOPATOLOGIA DELLA BPCO

Meccanismi patogenetici
Nella BPCO i meccanismi patogenetici che possono contribuire ad innescare e perpetuare il danno
polmonare sono diversi. Infatti, oltre all’ipotesi tradizionale del disequilibrio tra proteasi e
antiproteasi, un ruolo importante è riconosciuto al sistema di ossidanti e antiossidanti polmonari,
a una ridotta clearance delle cellule apoptotiche, e a meccanismi su base immunitaria. L’ipotesi più
accreditata identifica il fumo di sigaretta come fattore decisivo per il reclutamento e l’attivazione
nel polmone di macrofagi e neutrofili (cellule dell’immunità innata) che, producendo un’ampia
gamma di enzimi proteolitici e di agenti ossidanti, sono in grado di danneggiare le cellule
strutturali del polmone e degradare l’interstizio, liberando peptidi che funzionano da potenziali
autoantigeni. Questo processo infiammatorio, innescato dal fumo di sigaretta, rappresenta una
risposta innata non specifica a uno stimolo dannoso, e questo avviene in tutti i fumatori.
         Se i meccanismi che regolano la risposta innata sono efficaci, questa non progredisce verso
una risposta di tipo acquisito e il processo infiammatorio, parallelamente al danno polmonare, si
arresta a questo punto, come succede nella maggioranza dei fumatori. In caso contrario gli antigeni
liberati potrebbero innescare una risposta immune acquisita, attivando cellule dendritiche e
inducendo la proliferazione di linfociti B, CD4+ e CD8+. Queste cellule non sono solo aumentate
di numero ma sono anche correlate direttamente con la distruzione del polmone e con il grado di
ostruzione delle vie aeree. A questo stadio ci sono diversi meccanismi capaci di controllare la
risposta immune acquisita verso questi potenziali autoantigeni, e conseguentemente limitare il
danno polmonare e il grado di gravità della malattia. Soltanto in una minoranza di soggetti fumatori,
quelli senza tolleranza immunologica, tutti questi meccanismi di controllo vengono elusi. Questo
permette lo sviluppo di una grave reazione immunitaria acquisita che utilizza come effettrici le
cellule dell’immunità innata (macrofagi e neutrofili), e perpetua il danno polmonare (Figura 1)
consentendo lo sviluppo di una malattia grave.
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Figura 1: Meccanismi patogenetici

Fisiopatologia
I meccanismi patogenetici appena descritti possono determinare un importante rimaneggiamento
della normale struttura del polmone, portando alle alterazioni anatomopatologiche responsabili
della riduzione persistente del flusso aereo che caratterizza la malattia. Queste alterazioni
interessano sia le piccole vie aeree (bronchiolite) che il parenchima polmonare (enfisema).
       Studi pionieristici negli anni’60 hanno dimostrato che il sito responsabile dell’aumento
delle resistenze nei fumatori è localizzato soprattutto nelle vie aeree periferiche (bronchioli di
diametro inferiore ai 2 mm), dove alterazioni patologiche quali infiammazione cronica, fibrosi
della parete, ipertrofia del muscolo liscio e iperplasia delle cellule caliciformi nel loro insieme
contribuiscono al restringimento del bronchiolo (Figura 2).
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Figura 2: Malattia delle piccole vie aeree con perdita di attacchi alveolari

       Il calibro delle vie aeree non dipende unicamente dalle condizioni anatomiche e funzionali
delle pareti bronchiolari, ma anche dalla loro relazione con il parenchima circostante
(interdipendenza).
       L’enfisema polmonare contribuisce alla riduzione di flusso aereo non soltanto riducendo la
forza di retrazione elastica del polmone, ma anche attraverso la rottura degli attacchi alveolari,
cioè di quelle pareti alveolari che ancorandosi alle vie aeree contribuiscono a mantenerle pervie
(Figure 2-3).

Figura 3: Enfisema

       La malattia delle piccole via aeree e la perdita di elasticità polmonare comportano non solo
la limitazione del flusso aereo ma anche l’intrappolamento di aria a livello alveolare, con
conseguente aumento del V olume Residuo (VR), iperinflazione polmonare, cioè l’aumento della
Capacità Funzionale Residua (CFR) e successivamente della Capacità Polmonare Totale (CPT), e
riduzione della Capacità Vitale (CV), che porta con sé la riduzione del Volume Espiratorio
Massimo nel primo Secondo (FEV1). La compromissione del FEV1 è maggiore della riduzione
della CV, così che il rapporto FEV1/CV, altrimenti noto come “indice di Tiffenau”, ne risulta
diminuito. La riduzione di questo rapporto definisce la presenza di “ostruzione”, mentre
l’aumento della CFR definisce la presenza di “iperinsufflazione”. Quest’ultima ha una
componente statica ed una dinamica. La prima è determinata dalla perdita della forza di
detrazione elastica del polmone. La seconda è conseguenza della discrepanza tra il tempo
necessario per una espirazione completa ed il tempo effettivamente disponibile tra due sforzi
inspiratori. Questa discrepanza può essere dovuta sia all’aumentata resistenza al flusso
5

espiratorio sia all’aumento della frequenza respiratoria sia ad entrambi come accade di fatto in
corso di riacutizzazione e/o di esercizio fisico. Nel caso dell’iperinsufflazione dinamica, la CFR
si stabilisce ad un volume più elevato del punto di equilibrio elastico e la pressione alveolare di
fine espirazione rimane positiva, cioè superiore alla pressione atmosferica.
          L’iperinsufflazione, soprattutto nella sua componente dinamica, determina un aumento
del lavoro respiratorio ed una riduzione della capacità di generare pressione dei muscoli
inspiratori. Questa negativa associazione è all’origine della ridotta tolleranza all’esercizio fisico
e della dispnea, anche in pazienti con BPCO definita lieve.
          L’alterazione della struttura delle piccole vie aeree e l’enfisema polmonare comportano non
solo una riduzione del flusso aereo, ma anche una compromissione della distribuzione del
rapporto ventilazione/perfusione (V’A/Q’) con conseguenti anomalie degli scambi gassosi che
peggiorano con la progressione della malattia. L’ipossiemia e l’ipercapnia che ne conseguono sono
ulteriormente aggravate dall’alterazione del drive ventilatorio, conseguenza del deterioramento
della forza muscolare.
          Infine, la riduzione del letto vascolare causato dall’enfisema polmonare, la vasocostrizione
da ipossiemia cronica e l’effetto diretto del fumo di sigaretta sul rimodellamento delle arterie
polmonari possono portare all’ipertensione polmonare e eventualmente allo scompenso cardiaco
destro.

Figura                    4:                 Patogenesi                  della                 BPCO
6

 Bronchite cronica
 La bronchite cronica è definita in base alla presenza di tosse ed espettorato per almeno 3 mesi
 all’anno per 2 anni consecutivi. Tali sintomi sono conseguenza delle alterazioni che si sviluppano
 nelle vie aeree centrali, soprattutto infiammazione ed ipertrofia delle ghiandole bronchiali con
 conseguente iperproduzione di muco.
         È importante sottolineare che la diagnosi clinica di bronchite cronica è indipendente da
 quella di BPCO, che è puramente funzionale. Infatti è ben noto fin dal classico studio di Fletcher e
 collaboratori (1976) che la bronchite cronica può non essere associata ad ostruzione al flusso aereo.
 Tuttavia va segnalato che studi epidemiologici hanno dimostrato come la presenza dei sintomi di
 bronchite cronica si accompagni alla gravità della broncostruzione. Infatti la prevalenza di
 bronchite cronica, che è del 2.2% tra i fumatori senza BPCO, aumenta progressivamente nei vari
 stadi di gravità della classificazione GOLD (10.3% in Stadio 1, 22.9% in Stadio 2 e 39.4% in
 Stadio 3-4) (Tabella 1). Inoltre studi longitudinali hanno dimostrato come la presenza di bronchite
 cronica sia associata ad un accelerato declino della funzionalità respiratoria e ad un aumentato
 rischio di ricovero ospedaliero tra i pazienti con BPCO conclamata. Rimane da chiarire se la
 presenza di tali sintomi sia in grado di predire il successivo sviluppo di broncostruzione in
 soggetti con funzionalità respiratoria ancora nella norma. In ogni caso, la bronchite cronica ha un
 ruolo importante su un altro outcome primario nei pazienti con BPCO, le riacutizzazioni: infatti i
 pazienti con broncostruzione associata a tosse ed espettorato cronici tendono ad avere
 riacutizzazioni più frequenti e più gravi di quelli senza bronchite cronica.

 La bronchite cronica, come la BPCO, è una conseguenza del fumo ma non è
 necessariamente una componente della malattia.
 La bronchite cronica è indipendente dalla bronchiolite (malattia delle piccole vie aeree)
 Tuttavia la presenza di bronchite è importante nella BPCO perché:
- è associata al declino della funzionalità respiratoria
- è associata alle ospedalizzazioni
 Prevalenza di BC (%): GOLD 1          2      3      (no BPCO)
                                10.3 22.9 39.4 (2.2)
 La bronchite cronica dovrebbe essere riconosciuta come un fenotipo indipendente, perché
 può influenzare la prognosi e le risposte terapeutiche
                                                                                                         Tabella 1 -
7

    Bibliografia di riferimento
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    concept. Monaldi Arch Chest Dis 2000; 55: 445-9.
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8

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Care Med 2002; 166: 105-10.
9

DIAGNOSI

La diagnosi di BPCO richiede
   1. La presenza di riduzione del flusso aereo (comunemente detta ostruzione bronchiale)
       persistente dopo broncodilatatore, dimostrata con la spirometria in condizioni di stabilità
       clinica
   2. La presenza cronica di sintomi (dispnea da sforzo, tosse, catarro, episodi di riacutizzazione)
   3. La presenza di fattori di rischio
   4. L’esclusione di altre patologie in grado di sostenere il quadro clinico
       L’ostruzione spirometrica viene valutata sulla base della riduzione del rapporto FEV1/VC o
del rapporto FEV1/FVC. La presenza di ostruzione è definita da un rapporto < 5° percentile.
       Nel caso di un rapporto solo lievemente alterato la diagnosi di BPCO potrebbe essere
discutibile. Diventa più probabile quando
   1. L’alterazione si dimostra stabile in esami ripetuti al di fuori di acuzie respiratorie o
       cardiache
   2. Sono presenti fattori di rischio, tra i quali il principale è il fumo di sigaretta
   3. Sono presenti sintomi
       La gravità dell’ostruzione si valuta in base al FEV1 post broncodilatatore. I teorici
attualmente più impiegati (ERS 93) sottostimano la gravità dell’ostruzione in alcune categorie di
persone, soprattutto anziani, e in particolare nelle donne ultrasessantenni di bassa statura.
       Nella raccolta dei sintomi è importante l’utilizzo di questionari strutturati. I più impiegati
sono l’MRC per la valutazione della dispnea da sforzo e il CAT per la valutazione dell’impatto dei
disturbi respiratori sulla vita quotidiana. Il grading raccomandato dell’MRC va da 0 a 4.
Alcuni ulteriori esami sono necessari per completare la diagnosi:
   1. Radiografia del torace
   2. Spirometria globale
   3. Capacità di diffusione del CO (DLCO)
   4. Saturimetria in aria ambiente
   5. Emogasanalisi se FEV1 < 1000 cc
       La radiografia del torace standard nelle due proiezioni è utile nella diagnosi differenziale
perché permette di valutare la presenza di altre patologie in grado di sostenere il quadro clinico
funzionale.
10

         La spirometria globale consente di interpretare correttamente la gravità dell’ostruzione nel
caso coesista una patologia restrittiva, ed evidenzia la presenza di intrappolamento aereo e di
iperinflazione polmonare.
         La riduzione della DLCO è associata alla presenza di enfisema, patologia vascolare
polmonare e desaturazione ossiemoglobinica indotta dall’esercizio.
         Per un valore di saturimetria ≤ 92% si raccomanda l’esecuzione di emogasanalisi arteriosa
(EGA); tuttavia le condizioni cliniche della persona possono consigliare l’esecuzione di EGA anche
per valori di saturimetria > 92%,
         Le diagnosi differenziali più frequenti sono rappresentate dall’asma bronchiale con
ostruzione non completamente reversibile e dallo scompenso cardiaco cronico.
Alcuni elementi di rilievo a favore della diagnosi di asma bronchiale sono
   1. Una riposta al broncodilatatore > 12% e > 400 cc (marcata reversibilità)
   2. Una anamnesi indicativa di asma bronchiale o di allergia ad inalanti
   3. Una marcata variabilità spontanea o indotta dalla terapia dei valori spirometrici al di fuori
         delle riacutizzazioni
   4. Valori di NO esalato > 50 ppb al di fuori di riacutizzazioni
         In alcuni casi la diagnosi differenziale tra asma con ostruzione fissa e BPCO è
particolarmente difficile. Rimane controversa la possibile coesistenza delle due malattie.
         L’approccio diagnostico suggerito dal percorso Regionale Veneto prevede che il sospetto
diagnostico di BPCO venga posto dal medico di Medicina Generale in base al dato clinico e/o al
riscontro spirometrico di ostruzione bronchiale (rapporto FEV1/FVC < 70%), valutata anche con
spirometri ambulatoriali, e che la diagnosi venga poi confermata dallo specialista Pneumologo.

Bibliografia di riferimento
     -    Global strategy for the diagnosis, management, and prevention of chronic obstructive
          pulmonary disease (GOLD). Updated 2014
     -    Global strategy for asthma management and prevention (GINA). Revised 2014
     -    La gestione clinica integrata della BPCO ed. 2013

EPIDEMIOLOGIA

A livello mondiale la BPCO colpisce all’incirca 329 milioni di persone, pari a circa il 5% della
popolazione generale (1); è leggermente più frequente negli uomini rispetto alle donne (2) e nelle
11

persone anziane (3). Infatti, a seconda della popolazione esaminata, dai 34 ai 200 individui su 1000
di età superiore ai 65 anni sono affetti da BPCO (3,4),
      Alcuni paesi sviluppati hanno visto un aumento dei casi, altri sono invece rimasti stabili,
mentre altri ancora hanno sperimentato una diminuzione della prevalenza della condizione (5).
Tuttavia, a livello globale, si prevede che il numero complessivo dei casi dovrebbe aumentare se la
popolazione continuerà ad essere esposta ai fattori di rischio e proseguirà il processo di
invecchiamento progressivo della stessa (6).
      Nelle zone socio-economicamente più svantaggiate del paese, una persona su 32 viene
indicata come sofferente di BPCO, rispetto a una su 98 nelle zone più ricche (7). Negli Stati Uniti,
la stima di prevalenza di BPCO nella popolazione generale è pari al 6.3% (circa 15 milioni di
persone) (8) In Europa è compresa tra il 4% e il 6% (9,10) mentre in Italia ammonta a circa il 5%
(10). Però, se riferita a particolari e circoscritte aree geografiche essa varia dallo 0,2% in Giappone
al 37% negli Stati Uniti a causa di: oggettive differenze esistenti tra i paesi e le popolazioni, diverse
fonti di dati, metodiche diagnostiche impiegate e fasce di età analizzate (11).
      Nel Veneto la situazione non è diversa. La prevalenza di BPCO, rilevata tramite la cartella dei
MMG nella popolazione di almeno 45 anni, risulta essere pari al 4.9% (5.1% per i maschi e 3.8%
per le femmine), ma è più bassa rispetto ad una stima ricavata da uno studio epidemiologico su
campione casuale eseguito in una città del Veneto. In detto studio, denominato “Scopri il Respiro di
Verona” la prevalenza è stata infatti stimata tra l’8.8% e l’11.7% a seconda della metodologia
utilizzata (Low Limit of Normal e linee guida GOLD) (10,12).
      La BPCO è la quarta causa di morte in Europa e negli USA (almeno 65.000 morti all'anno
(13). Studi recenti hanno evidenziato un aumento della mortalità per BPCO tale da prevedere che
diverrà la terza causa di morte entro il 2020 (14,15). Tra il 1990 e il 2010, il numero di morti per
BPCO è leggermente diminuito, da 3.1 a 2.9 milioni (16). In alcuni paesi, la mortalità è diminuita
negli uomini ma è aumentata nelle donne (11). Ciò probabilmente si spiega con i tassi di tabagismo
che sono diventati simili nei due sessi (17).
      Globalmente, a partire dal 2010, si stima che la BPCO comporti costi economici per 2.100
miliardi di dollari, metà dei quali a carico dei paesi in via di sviluppo (18). Tra questi, una cifra
stimata di 1.900 miliardi di dollari sono costi diretti quali l'assistenza sanitaria, mentre 200 miliardi
di dollari sono costi indiretti, come quelli relativi alla perdita del lavoro (19). Queste cifre
dovrebbero più che raddoppiare nei prossimi 20 anni (18). In Europa, la BPCO rappresenta il 3%
della spesa sanitaria complessiva (4). Negli Stati Uniti, i costi della malattia sono stimati in 50
miliardi di dollari, la maggior parte dei quali dovuti alle riacutizzazioni (3). Nel 2011, la BPCO è
12

risultata essere tra le condizioni più costose affrontate negli ospedali degli Stati Uniti, con un costo
complessivo di circa 5,7 miliardi di dollari (20).
      Non esistono attualmente studi italiani o veneti relativi all’impatto economico della BPCO e
quindi in previsione del crescente onere che graverà sui sistemi sanitari è necessario identificare
precocemente i pazienti con BPCO attraverso interventi preventivi e di indagine epidemiologica
inseriti in una prospettiva di ricerca, che preveda l'integrazione professionale tra cure primarie e
medicina specialistica.

Bibliografia
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TERAPIA DELLA FASE STABILE: Fumo e stili di vita

1. FUMO

A) Lotta al tabagismo e counselling

Gli interventi per la sospensione del fumo, dal punto di vista della Sanità Pubblica, hanno
un’assoluta rilevanza e tutte le Linee Guida riconoscono loro un ruolo cruciale nel trattamento dei
pazienti con BPCO e fumatori. Nonostante ciò, però, nella pratica: 1) la somministrazione dei
14

sostituti della nicotina e/o degli altri farmaci contro il tabagismo occupano un posto ancora piuttosto
marginale nella pratica clinica quotidiana dello Specialista, e 2) il counselling e gli interventi di
supporto al tabagista che intende smettere di fumare o che è in fase di sospensione non è
sufficientemente diffuso, incentivato e finanziato.

Anche se è molto frequente riscontrare delle ricadute (nei primi 12 mesi circa 50%), esistono
ragioni molto valide per incoraggiare i pazienti a riprovare a smettere di fumare utilizzando tutti gli
strumenti di cui si dispone [1]. Infatti, nel Lung Health Study (LHS) [2, 3, 4], pazienti con età media di
48 anni e esposizione al fumo di 40 pack/years venivano trattati con un preparato nicotinico
(gomma da masticare) + counselling per un numero di 12 sessioni distribuite in un arco di tempo di
3 mesi. Nei 5 anni successivi venivano contattati ogni 4 mesi ed i pazienti ricaduti venivano
ritrattati. Questo tipo d’intervento ha prodotto: 1) tasso di sospensione dal fumo del 35% a 1 anno e
del 22% a 5 anni contro rispettivamente 10% e 5% nel gruppo controllo; 2) declino totale del FEV1
di 72 ml in 5 anni nel gruppo trattato contro 301 ml nel gruppo di controllo; 3) tasso di sospensione
a 11 anni nei trattati ancora del 22% contro il 6% nel gruppo di controllo; 4) mortalità per tumore
del polmone, cause cardiovascolari e malattie respiratorie nel gruppo trattato a 14.5 anni pari a 8.83
per 1000 persone trattate/anno rispetto a 10.38 nel gruppo non trattato. Pertanto, tutti gli operatori
della sanità, e in particolare quelli impegnati nella cura delle malattie respiratorie, dovrebbero
essere in grado di fornire ad un tabagista almeno il counselling di base.

Già la semplice consegna di materiale informativo sui danni del fumo e i vantaggi di smettere può
indurre un significativo, ancorché piccolo, effetto e di conseguenza determinare un tasso di
cessazione dal fumo stimabile intorno all’1% circa. Il counselling breve di durata inferiore a 3
minuti, fornito da un MMG o da un’altra figura sanitaria adeguatamente formata, a sua volta è in
grado determinare un tasso di sospensione di circa il 2,5% [5] [6].

                                                                 [7]
Anche il counselling telefonico si è dimostrato efficace               e può essere sfruttato, sia come
supplemento sia come sostituto d’incontri frontali. Il tabagismo è peraltro a tutti gli effetti una
dipendenza complessa e, per ottenere buone quote di sospensione, sono necessarie competenze di
tipo psicologico-motivazionale-comportamentale, e non solo di ordine farmacologico, che
difficilmente sono patrimonio di un unico professionista. Di conseguenza, i risultati migliori nella
lotta al tabagismo si ottengono con équipe multiprofessionali, in cui, combinando un adeguato
supporto psicologico con un’appropriata terapia farmacologica, è possibile ottenere tassi di
sospensione a 3 mesi fino al 50 - 60% [5, 6]. Dall’interazione e cooperazione di più sanitari (medico,
infermiere, psicologo, ecc) deriva un effetto virtuoso. In ambienti ambulatoriali si potrebbe pensare
15

   a un intervento del medico che dà il primo impulso, seguito poi da quello dell’infermiere o di altra
   figura sanitaria con competenze di counselling.

   Nel counselling c’è in ogni caso un effetto dose-risposta che dipende dal numero delle sedute e
   dalla durata di ciascuna di esse. Sembra particolarmente efficace un programma di 4 o più sessioni e
   lo scenario ottimale potrebbe essere rappresentato quindi da 4 sessioni di 10-15 minuti da tenersi
   durante i primi 3 mesi dalla data della sospensione con questa cadenza: 1° incontro dopo 1-2
   settimane; 2° incontro dopo 3-4 settimane; 3° incontro a 6 settimane; 4° incontro dopo 10-12
   settimane [5].

   La terapia di gruppo strutturata in corsi per smettere di fumare e in gruppi di auto-aiuto sembra
   efficace come il counselling individuale.

   B) Interventi farmacologici contro il fumo

   I farmaci per smettere di fumare normalmente vengono usati per un arco di tempo limitato che si
   conclude dopo 2 - 3 mesi dal momento della sospensione del fumo. Essi servono infatti per ridurre
   l’impatto dei sintomi legati alla sospensione della nicotina e il loro dosaggio è a scalare con il
                                                                                              [1,5,8]
   tempo. Hanno una solida base scientifica e una ben documentata efficacia clinica                 . Sono
   rappresentati da:

  I.   Preparati a base di nicotina

 II.   Vareniclina

III.   Bupropione

   I. - Preparati a base di Nicotina

   Si trovano sotto forma di gomme da masticare, compresse sublinguali, cerotti, inalatori nasali e
   orali. Vengono usati dal fumatore astinente per 6 – 12 settimane, riducendo il loro dosaggio mano a
   mano che si riducono i sintomi dell’astinenza. Poiché soprattutto gomma da masticare e cerotti
   assicurano livelli plasmatici senza picchi, i preparati a base di nicotina rispondono poco agli aspetti
   impulsivi della dipendenza da nicotina. Hanno però il grande pregio di essere praticamente privi di
   effetti indesiderati severi.

   Il tasso medio di successo a 1 anno è intorno al 27% (circa 50-70% in più rispetto al placebo) [8].

   II. – Vareniclina
16

Tra i farmaci per la cessazione del fumo, la Vareniclina è il più efficace [1], ma è gravato da effetti
indesiderati non trascurabili e da un profilo di sicurezza non ottimale [9].

Con maggior frequenza vengono riportati nausea, incubi, infezioni del tratto respiratorio superiore e
insonnia [9]. All’analisi di un ampio database di soggetti sottoposti a trattamento per la cessazione
dal fumo (80.660 pazienti, di cui 63.265 trattati con derivati della nicotina, 10.973 con vareniclina e
6.422 con bupropione) raccolto da medici inglesi [10], pur essendo risultati simili gli eventi avversi di
tipo psichiatrico e senza raggiungere la significatività statistica, nel gruppo dei trattati con
vareniclina è stato comunque osservato un maggior numero di eventi di auto-danneggiamento
(anche grave). Il rischio di autolesionismo serio indotto dalla Vareniclina rispetto ai preparati
contenenti nicotina è risultato pari a 1.12 (quello del Bupropione pari a 1.17), per cui la Vareniclina
è controindicata nelle sindromi depressive.

Nonostante gli eventi avversi sopra ricordati, nell’opinione degli esperti e nelle raccomandazioni
contenute nelle linee guida per smettere di fumare [1,5,9] la Vareniclina rimane comunque, in virtù
della sua elevata efficacia, il farmaco di prima scelta nei programmi per la cessazione del fumo, con
tasso medio di successo a 1 anno intorno al 33% (circa 127% in più rispetto al placebo) [9,11,12]. In
combinazione con il counselling, i tassi di sospensione raggiunti con la Vareniclina sono da 2 a 3
volte superiori al solo counselling + placebo.

III. - Bupropione

È un vecchio antidepressivo con un effetto sulla cessazione dal fumo indipendente dalla sua azione
antidepressiva. Offre i risultati migliori in combinazione con i preparati a base di Nicotina. Il tasso
medio di successo a 1 anno è intorno al 24% (circa 69% in più rispetto al placebo) [13]. Può dare più
spesso insonnia e bocca secca, ma gli effetti avversi sono numerosi e non rarissimi (da 0.1 a 2%).
Ha varie controindicazioni per cui occupa un posto di secondo piano rispetto alla Vareniclina ed il
suo uso va riservato a mani esperte.

C. L’Ambulatorio per smettere di fumare

Già da molti anni la Regione Veneto appoggia e finanzia numerose iniziative per la Lotta al
Tabagismo, impegnando la maggior parte delle risorse nella prevenzione e rivolgendosi in
particolare ai giovani e alle gravide. Fin dagli anni ‘90, la Regione Veneto aveva iniziato a
finanziare anche progetti di cura del Tabagismo, nel 2005 ha promosso/deciso l’istituzione in ogni
                                                                                            [14]
Azienda U.L.S.S. di un Ambulatorio di Secondo Livello per smettere di fumare                   . In esso
confluiscono competenze di ordine specialistico variabile a seconda della storia di ciascuna
17

U.L.S.S., ma quasi sempre rappresentato da combinazioni di interventi di tipo pneumologico,
cardiologico o psichiatrico (il Tabagismo è a tutti gli effetti una dipendenza), e di sostegno
psicologico. È pensato per farvi afferire pazienti selezionati in base a criteri di particolare gravità o
difficoltà d’approccio, ed è in grado di trattare, con le risorse attuali, relativamente pochi e
selezionati pazienti.

Trattandosi di struttura non standardizzata in modo uniforme nella Regione, in molte realtà soffre
ancora di scarsa circolazione d’informazione in merito alle sue pratiche ed ai suoi meccanismi
d’accesso, quasi sempre diversi da U.L.S.S. ad U.L.S.S. L’Ambulatorio di Secondo Livello
rappresenta invece una risorsa importante nell’ambito della lotta al Tabagismo e ad esso
potrebbero/dovrebbero accedere, o per lo meno essere avviati, molti più pazienti BPCO e tabagisti
complessi.

D. La sigaretta elettronica (e-cig)

La sigaretta elettronica (electronic cigarette, e-cig) è un prodotto commerciale inventato in Cina nel
2003 che imita il sistema di inalazione della nicotina proprio della sigaretta tradizionale. Esistono
attualmente non solo molti tipi di sigarette elettroniche con cartucce per il funzionamento
contenenti miscele di sostanze che vengono vaporizzate e che possono contenere nicotina e/o aromi
vari, ma anche sigari e pipe elettroniche (in questo caso si parla di Electronic Nicotine Delivery
Systems o ENDS). Poco si sa della composizione chimica dei liquidi usati, dei vapori prodotti e
delle particelle sottili (PM) emessi nell’ambiente dalle e-cig, anche se non sembrerebbe emergere la
presenza in quantità rilevanti di sostanze cancerogene note. In particolare sono assenti i prodotti
della combustione (CO e catrame). La nicotina e l’aerosol di particelle emesse nell’ambiente
possono però essere inalate passivamente dai vicini e quindi dare origine ad effetti simili a quelli del
fumo passivo.

Le e-cig sono diventate molto popolari nei Paesi ad alto reddito e sono arrivate in Italia dal 2010. I
principali canali di vendita sono farmacie, supermercati, chioschi/edicole, internet ed altro (mercati,
bancarelle, bar e pub, casinò e Bingo..). Nel gennaio 2013 un analista della Wells Fargo Bank ha
definito le e-cig di oggi come la versione 1 dell’iPhone ed ha pronosticato che in 10 anni il consumo
di e-cig supererà il consumo di sigarette tradizionali [15].

L’evoluzione del fenomeno e-cig è avvenuto in assenza di un chiaro quadro di evidenze scientifiche
su eventuali rischi connessi e di criteri regolatori di sicurezza.
18

Negli Usa è in atto una battaglia legale tra FDA e produttori di e-cig per stabilirne l’inquadramento
merceologico (se prodotto del tabacco, o comunque liberamente commerciabile, o se dispositivo
medico, o comunque prodotto farmaceutico) [16]. L’FDA [17, 18] ha dichiarato che in alcune sigarette
elettroniche sono state rilevate impurità [19], agenti tossici e sostanze cancerogene come nitrosamine
del tabacco e glicole dietilenico; ha intimato i fumatori a non utilizzare le e-cig per smettere di
fumare poiché non le ritiene sicure e innocue per la salute; e vorrebbe che le e-cig fossero
classificate come dispositivi medici. Una sentenza della Corte USA del Distretto di Columbia nel
2010 ha peraltro affermato che le e-cig possono essere disciplinate solo come prodotti del tabacco
[20]
       . A ciò l’FDA ha risposto ribadendo di considerare l’e-cig un prodotto nocivo e ha preso
provvedimenti coattivi contro i produttori di sigarette elettroniche, dichiarando che violano la legge
                                                                  [21]
federale in materia di alimenti, farmaci e cosmetici                     . Nello specifico, le violazioni
riguarderebbero: le buone pratiche di fabbricazione; affermazioni false e infondate sul prodotto,
presentato come un farmaco; e l’utilizzo di questi dispositivi per rilasciare sostanze
farmacologicamente attive.

Depongono a favore della sigaretta elettronica [22]:

•      La mancanza di prodotti della combustione (migliaia, invece, nella sigaretta tradizionale) e di
       catrame.

•      La probabile scarsa o nulla cancerogenicità.

•      L’elevato livello di gradimento di una larga fascia di fumatori, che trova appagamento alla
       sensazione tattile, al gusto, al bisogno di ritualità.

•      Le potenzialità di utilizzo come ausilio nel percorso di cessazione dal fumo.

Sono a sfavore della e-cig [22]:

•      La mancanza di studi sulla loro pericolosità a lungo termine, sebbene anche quelli sui danni a
       breve termine siano pochi e lacunosi.

•      La scarsità di studi rigorosi (e indipendenti dalle case produttrici) che ne accertino l’efficacia
       come strumento per la cessazione dal fumo.

•      I dubbi sulla possibilità di sopperire effettivamente alla sindrome astinenziale e al craving da
       tabacco, al di la degli effetti a breve termine.
19

•   Il rischio che i giovani possano avvicinarsi ad essa pensando che sia innocua e ne facciano,
    invece, un elemento che facilita poi il passaggio alla sperimentazione della sigaretta
    tradizionale.

•   La mancanza di norme di produzione che ne garantiscano la sicurezza e ne standardizzino i
    componenti.

                                                                          [23]
In questo contesto, in cui mancano ancora certezze incontrovertibili             , in poco tempo sono stati
pubblicati, da parte di Istituzioni, Enti Governativi, Organizzazioni Sanitarie e Società Medico-
Scientifiche, vari documenti, alcuni già sottoposti a revisione. L’OMS sostiene [24,25] che gli ENDS
debbano essere sottoposti alle medesime restrizioni imposte al fumo tradizionale di seconda mano,
che la sicurezza degli ENDS non è stata stabilita e che, sebbene i produttori vendano gli ENDS
come dispositivi efficaci per la cessazione del fumo, ad oggi non esistono prove di efficacia
sufficienti a stabilire la loro utilità e la loro sicurezza d’uso. L’uso emulativo acritico di e-cig da
parte di non fumatori, in particolare minori, potrebbe addirittura creare una dipendenza da nicotina.
Una posizione molto simile è quella presa da AIPO e SIMeR nel documento intersocietario [26].
L’estensione del divieto di fumo nei luoghi chiusi a questa categoria di prodotti è auspicata dalla
Società Italiana di Tabaccologia [22].

Vi è pertanto necessità di ulteriori studi, effettuati con fonti di finanziamento indipendenti dalle case
produttrici di e-cig. E si avverte forte la necessità di una normativa italiana, sia per regolamentare la
produzione, sia per chiarire gli ambiti in cui è possibile utilizzare l’e-cig. Infatti, se si vuole
perseguire la strada dell’uso terapeutico, è doveroso sottoporre il prodotto a tutte le fasi indicate
dalla normativa per dimostrare la mancanza di tossicità ed, infine, la validità nel campo clinico. Se
invece si volesse svincolare la vendita di questo dispositivo da ogni indicazione terapeutica, la sua
distribuzione dovrebbe comunque essere assoggettata a regole, anche pubblicitarie, adeguate.
Infatti, i messaggi pubblicitari attuali che incoraggiano il consumo di sigarette elettroniche si
prospettano come ingannevoli, sia perché non ne è stata provata l’innocuità a lungo termine, sia
perché il consumo di nicotina, quando presente nell’e-cig, è comunque dannoso per la salute, anche
se molto meno rispetto a quello derivato dalle sigarette normali.

2. INTERVENTI SU ALTRE ABITUDINI DI VITA

                                                                                       [27]
Nel paziente con BPCO, l’obesità rappresenta una condizione sfavorevole                       , in quanto può
aggiungere una componente di incapacità ventilatoria di tipo restrittivo a quella di tipo ostruttivo
propria della malattia e con ciò contribuire ad aumentare la dispnea. Inoltre, il paziente BPCO
20

obeso che associ alla BPCO la Sindrome delle Apnee Notturne Ostruttive (OSAS) più facilmente e
più rapidamente può evolvere verso l’insufficienza respiratoria di tipo ipossiemico-ipercapnico.

•   Anche l’eccessiva magrezza, sia che derivi da un ridotto apporto calorico sia che sia la
    conseguenza di un eccessivo consumo calorico da parte di muscoli respiratori costretti a
    lavorare in condizioni di scarsa efficienza meccanica, rappresenta una condizione sfavorevole
    per il paziente con BPCO. Questo tipo di soggetto non solo lamenterà molto di più la dispnea,
    ma anche correrà il rischio di infezioni respiratorie più gravi e più difficili da controllare rispetto
    al soggetto normo-peso per le sue ridotte difese immunitarie.

•   La sedentarietà è un’abitudine di vita che nel paziente BPCO va contrastata [27] in quanto alla
    lunga porta al decondizionamento muscolare e all’aumento della dispnea per minore efficienza
    della muscolatura respiratoria. La sedentarietà inoltre favorisce l’obesità, se non si presta
    sufficiente attenzione alla dieta e alla riduzione dell’attività fisica non si fa accompagnare un
    adeguato e parallelo minore introito calorico.

•   Anche la depressione, che spesso accompagna un individuo limitato dalla dispnea nella propria
    vita di relazione, può avere ripercussioni importanti sullo stato di salute del paziente BPCO [27],
    se lo condiziona al punto di indurlo a rinchiudersi in casa e a diventare sedentario, o di dover
    ricorrere a trattamenti con farmaci attivi sul tono dell’umore come le benzodiazepine.

•   Molti malati di BPCO, soprattutto se anziani, trascorrono fino al 90% del loro tempo al chiuso,
    spesso in casa. Nelle abitazioni e negli edifici sono presenti in varia combinazione molte
    sostanze inquinanti potenzialmente nocive per gli individui con BPCO, in grado quindi di
    aggravare o riacutizzare la BPCO. Esse includono il fumo di tabacco, anche passivo; i residui
    della combustione di petrolio, gas, cherosene, carbone; materiali da costruzione, mobili e
    complementi d'arredo fabbricati con legno pressato; residui della combustione alimentare;
    prodotti per la pulizia domestica e sostanze dotate di odore irritante. In merito all’inquinamento
    domestico, poco è noto al paziente BPCO, il quale tende a limitare il ricircolo d’aria nelle
    abitazioni per una errata/esagerata “cultura” di evitare gli spifferi e le correnti d’aria, e con ciò
    concorre all’accumulo nella casa di sostanze nocive aerodisperse..

Prima ancora degli specifici interventi farmacologici, una buona azione di informazione ed
educazione può prevenire e limitare le conseguenze delle abitudini di vita non corrette sopra
ricordate.

3. PRATICHE VACCINALI
21

In coincidenza con i periodi di pandemia influenzale si osserva regolarmente un aumento di ricoveri
e decessi tra i pazienti BPCO. Nel corso della pandemia influenzale del 2009-2010, il 43% degli
                                                                                  [28]
adulti ricoverati negli USA soffriva di Malattie Croniche Respiratorie                   . Le conseguenze
dell’infezione da virus influenzale potrebbero essere contrastate efficacemente dalla vaccinazione
anti-influenzale.

La vaccinazione anti-influenzale viene offerta gratuitamente dal SSN. Bisogna doverosamente
segnalare, però, che troppo spesso, anche per colpa della cattiva informazione, essa non ha la
diffusione che merita, spesso viene disattesa e le campagne anti-influenzali in Italia
conseguentemente danno risultati veramente modesti.

Per rappresentare quanto si possa fare a livello di buona informazione in merito alla vaccinazione
anti-influenzale, e quanto sia il margine di miglioramento, basti segnalare che in Italia la campagna
anti-influenzale del 2012-13 ha portato alla vaccinazione, tra le persone di età compresa tra 18 e 64
anni con condizioni di rischio, solo il 18% degli individui di tale popolazione; che tale valore
mostra un trend in calo costante negli ultimi 5 anni (partiva dal 32% del 2008-09); che,
disaggregando i dati per grandi capitoli di patologia, i vaccinati tra i soggetti a rischio per patologia
respiratoria cronica sono stati ancora meno della media generale: solo il 17% di quelli preventivati
[29]
       .

La vaccinazione antipneumococcica si è dimostrata efficace nel ridurre frequenza e gravità di
infezioni respiratorie e riacutizzazioni nei pazienti con BPCO. Su queste basi SIMeR e AIPO
raccomandano l’uso del vaccino antipneumococcico coniugato 13-valente nelle seguenti condizioni
a rischio:

•          età >65 anni,

•          broncopneumopatia cronica ostruttiva,

•          istituzionalizzazione,

•          demenza,

•          epilessia,

•          scompenso cardiocircolatorio,

•          patologia cerebrovascolare,

•          anamnesi positiva per polmonite,
22

•          patologia cronica epatica,

•          diabete mellito,

•          asplenia funzionale o anatomica,

•          derivazioni cerebrospinali

e supportano l’eventuale allargamento dell’indicazione a tutti i soggetti di età superiore ai 50 anni
[30]
       .

La BPCO rientra quindi a pieno titolo tra le condizioni che beneficerebbero dalla vaccinazione
antipneumococcica, per la quale andrebbe incentivata una maggiore conoscenza mediatica.

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TERAPIA DELLA FASE STABILE: Il trattamento farmacologico stabile

Il trattamento farmacologico stabile nella BPCO ha l’obiettivo di ridurre o abolire i sintomi,
migliorare la capacità di esercizio fisico e diminuire la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni,
migliorando così lo stato globale di salute e la qualità di vita di questi pazienti. Molti aspetti del
trattamento della malattia possono essere standardizzati, ma ogni paziente può avere caratteristiche
diverse dagli altri. L’approccio terapeutico dovrebbe essere personalizzato su ogni singolo paziente
non tralasciando di considerare la gravità della malattia, che deve essere valutata non solo sulla
quantificazione del dato funzionale respiratorio di ostruzione del flusso nelle vie aeree, ma anche
sulla qualità e intensità dei sintomi percepiti dal paziente e l’impatto che possono avere sulla qualità
di vita, sulla frequenza delle riacutizzazioni e sulla presenza di complicazioni sistemiche e/o
comorbilità (1,2).

I broncodilatatori
I broncodilatatori rappresentano il cardine del trattamento nei pazienti con BPCO (1,2). I farmaci
appartenenti a questa classe attualmente disponibili sono rappresentati dai beta2-agonisti a lunga
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