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PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO PER LA GESTIONE DELLA BPCO – a cura della Sezione Regionale AIPO Veneto Stefano Calabro1, Loris Ceron2, Alessandra Concas3, Manuel G. Cosio4,5, Riccardo Drigo6, Enzo Faccini7, Massimo Guerriero8, Giuseppe Idotta9, Claudio Micheletto10, Rodolfo Muzzolon11, Rolando Negrin12, Manuele Nizzetto13, Kim Lokar Oliani4, Carlo Pomari14, Andrea Rossi15, Marina Saetta4, Andrea Vianello3, Franco Maria Zambotto16 1 Pneumologia, Ospedale San Bassiano – Bassano del Grappa (VI) 2 U.O. Pneumologia, Azienda ULSS12 Veneziana, Ospedale dell’Angelo – Mestre (VE) 3 U.O. Fisiopatologia Respiratoria, Azienda Universitaria di Padova – Padova 4 Clinica Pneumologica, Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari, Università degli Studi di Padova - Padova 5 Meakins-Christie Laboratories, Respiratory Division, McGill University – Montreal (Canada) 6 U.O. Pneumologia, Ospedale San Valentino - Montebelluna (TV) 7 U.O.C. Pneumologia, Ospedale di Dolo, ULSS 13 – Dolo (VE) 8 Dipartimento di Informatica, Università degli Studi di Verona - Verona 9 U.O.C. Pneumologia, ULSS 15 Alta Padovana, Ospedale di Cittadella – Cittadella (PD) 10 U.O.C. Pneumologia, Azienda ULSS 21, Ospedale Mater Salutis – Legnago (VR) 11 U.O. Pneumologia, P.O. San Martino, ULSS 1 Belluno – Belluno 12 U.O. Pneumologia, Ospedale San Bortolo, ULSS 6 – Vicenza 13 U.O. Pneumologia, Ospedale Santa Maria di Cà Foncello – Treviso 14 Servizio di Endoscopia Toracica, Sacrocuore Don Calabria – Negrar (VR) 15 UOC Pneumologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università di Verona – Verona 16 S.C. Pneumotisiologia, Ospedale Santa Maria del Prato, ULSS 2 – Feltre (BL)
2 DEFINIZIONE La BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) è una malattia del polmone caratterizzata da una persistente e progressiva riduzione del flusso aereo associata ad una anormale risposta infiammatoria cronica all’inalazione del fumo di sigaretta e/o di altri agenti nocivi. Le riacutizzazioni della BPCO, la presenza di comorbilità e la bronchite cronica contribuiscono alla gravità complessiva della malattia nel singolo paziente. PATOGENESI E FISIOPATOLOGIA DELLA BPCO Meccanismi patogenetici Nella BPCO i meccanismi patogenetici che possono contribuire ad innescare e perpetuare il danno polmonare sono diversi. Infatti, oltre all’ipotesi tradizionale del disequilibrio tra proteasi e antiproteasi, un ruolo importante è riconosciuto al sistema di ossidanti e antiossidanti polmonari, a una ridotta clearance delle cellule apoptotiche, e a meccanismi su base immunitaria. L’ipotesi più accreditata identifica il fumo di sigaretta come fattore decisivo per il reclutamento e l’attivazione nel polmone di macrofagi e neutrofili (cellule dell’immunità innata) che, producendo un’ampia gamma di enzimi proteolitici e di agenti ossidanti, sono in grado di danneggiare le cellule strutturali del polmone e degradare l’interstizio, liberando peptidi che funzionano da potenziali autoantigeni. Questo processo infiammatorio, innescato dal fumo di sigaretta, rappresenta una risposta innata non specifica a uno stimolo dannoso, e questo avviene in tutti i fumatori. Se i meccanismi che regolano la risposta innata sono efficaci, questa non progredisce verso una risposta di tipo acquisito e il processo infiammatorio, parallelamente al danno polmonare, si arresta a questo punto, come succede nella maggioranza dei fumatori. In caso contrario gli antigeni liberati potrebbero innescare una risposta immune acquisita, attivando cellule dendritiche e inducendo la proliferazione di linfociti B, CD4+ e CD8+. Queste cellule non sono solo aumentate di numero ma sono anche correlate direttamente con la distruzione del polmone e con il grado di ostruzione delle vie aeree. A questo stadio ci sono diversi meccanismi capaci di controllare la risposta immune acquisita verso questi potenziali autoantigeni, e conseguentemente limitare il danno polmonare e il grado di gravità della malattia. Soltanto in una minoranza di soggetti fumatori, quelli senza tolleranza immunologica, tutti questi meccanismi di controllo vengono elusi. Questo permette lo sviluppo di una grave reazione immunitaria acquisita che utilizza come effettrici le cellule dell’immunità innata (macrofagi e neutrofili), e perpetua il danno polmonare (Figura 1) consentendo lo sviluppo di una malattia grave.
3 Figura 1: Meccanismi patogenetici Fisiopatologia I meccanismi patogenetici appena descritti possono determinare un importante rimaneggiamento della normale struttura del polmone, portando alle alterazioni anatomopatologiche responsabili della riduzione persistente del flusso aereo che caratterizza la malattia. Queste alterazioni interessano sia le piccole vie aeree (bronchiolite) che il parenchima polmonare (enfisema). Studi pionieristici negli anni’60 hanno dimostrato che il sito responsabile dell’aumento delle resistenze nei fumatori è localizzato soprattutto nelle vie aeree periferiche (bronchioli di diametro inferiore ai 2 mm), dove alterazioni patologiche quali infiammazione cronica, fibrosi della parete, ipertrofia del muscolo liscio e iperplasia delle cellule caliciformi nel loro insieme contribuiscono al restringimento del bronchiolo (Figura 2).
4 Figura 2: Malattia delle piccole vie aeree con perdita di attacchi alveolari Il calibro delle vie aeree non dipende unicamente dalle condizioni anatomiche e funzionali delle pareti bronchiolari, ma anche dalla loro relazione con il parenchima circostante (interdipendenza). L’enfisema polmonare contribuisce alla riduzione di flusso aereo non soltanto riducendo la forza di retrazione elastica del polmone, ma anche attraverso la rottura degli attacchi alveolari, cioè di quelle pareti alveolari che ancorandosi alle vie aeree contribuiscono a mantenerle pervie (Figure 2-3). Figura 3: Enfisema La malattia delle piccole via aeree e la perdita di elasticità polmonare comportano non solo la limitazione del flusso aereo ma anche l’intrappolamento di aria a livello alveolare, con conseguente aumento del V olume Residuo (VR), iperinflazione polmonare, cioè l’aumento della Capacità Funzionale Residua (CFR) e successivamente della Capacità Polmonare Totale (CPT), e riduzione della Capacità Vitale (CV), che porta con sé la riduzione del Volume Espiratorio Massimo nel primo Secondo (FEV1). La compromissione del FEV1 è maggiore della riduzione della CV, così che il rapporto FEV1/CV, altrimenti noto come “indice di Tiffenau”, ne risulta diminuito. La riduzione di questo rapporto definisce la presenza di “ostruzione”, mentre l’aumento della CFR definisce la presenza di “iperinsufflazione”. Quest’ultima ha una componente statica ed una dinamica. La prima è determinata dalla perdita della forza di detrazione elastica del polmone. La seconda è conseguenza della discrepanza tra il tempo necessario per una espirazione completa ed il tempo effettivamente disponibile tra due sforzi inspiratori. Questa discrepanza può essere dovuta sia all’aumentata resistenza al flusso
5 espiratorio sia all’aumento della frequenza respiratoria sia ad entrambi come accade di fatto in corso di riacutizzazione e/o di esercizio fisico. Nel caso dell’iperinsufflazione dinamica, la CFR si stabilisce ad un volume più elevato del punto di equilibrio elastico e la pressione alveolare di fine espirazione rimane positiva, cioè superiore alla pressione atmosferica. L’iperinsufflazione, soprattutto nella sua componente dinamica, determina un aumento del lavoro respiratorio ed una riduzione della capacità di generare pressione dei muscoli inspiratori. Questa negativa associazione è all’origine della ridotta tolleranza all’esercizio fisico e della dispnea, anche in pazienti con BPCO definita lieve. L’alterazione della struttura delle piccole vie aeree e l’enfisema polmonare comportano non solo una riduzione del flusso aereo, ma anche una compromissione della distribuzione del rapporto ventilazione/perfusione (V’A/Q’) con conseguenti anomalie degli scambi gassosi che peggiorano con la progressione della malattia. L’ipossiemia e l’ipercapnia che ne conseguono sono ulteriormente aggravate dall’alterazione del drive ventilatorio, conseguenza del deterioramento della forza muscolare. Infine, la riduzione del letto vascolare causato dall’enfisema polmonare, la vasocostrizione da ipossiemia cronica e l’effetto diretto del fumo di sigaretta sul rimodellamento delle arterie polmonari possono portare all’ipertensione polmonare e eventualmente allo scompenso cardiaco destro. Figura 4: Patogenesi della BPCO
6 Bronchite cronica La bronchite cronica è definita in base alla presenza di tosse ed espettorato per almeno 3 mesi all’anno per 2 anni consecutivi. Tali sintomi sono conseguenza delle alterazioni che si sviluppano nelle vie aeree centrali, soprattutto infiammazione ed ipertrofia delle ghiandole bronchiali con conseguente iperproduzione di muco. È importante sottolineare che la diagnosi clinica di bronchite cronica è indipendente da quella di BPCO, che è puramente funzionale. Infatti è ben noto fin dal classico studio di Fletcher e collaboratori (1976) che la bronchite cronica può non essere associata ad ostruzione al flusso aereo. Tuttavia va segnalato che studi epidemiologici hanno dimostrato come la presenza dei sintomi di bronchite cronica si accompagni alla gravità della broncostruzione. Infatti la prevalenza di bronchite cronica, che è del 2.2% tra i fumatori senza BPCO, aumenta progressivamente nei vari stadi di gravità della classificazione GOLD (10.3% in Stadio 1, 22.9% in Stadio 2 e 39.4% in Stadio 3-4) (Tabella 1). Inoltre studi longitudinali hanno dimostrato come la presenza di bronchite cronica sia associata ad un accelerato declino della funzionalità respiratoria e ad un aumentato rischio di ricovero ospedaliero tra i pazienti con BPCO conclamata. Rimane da chiarire se la presenza di tali sintomi sia in grado di predire il successivo sviluppo di broncostruzione in soggetti con funzionalità respiratoria ancora nella norma. In ogni caso, la bronchite cronica ha un ruolo importante su un altro outcome primario nei pazienti con BPCO, le riacutizzazioni: infatti i pazienti con broncostruzione associata a tosse ed espettorato cronici tendono ad avere riacutizzazioni più frequenti e più gravi di quelli senza bronchite cronica. La bronchite cronica, come la BPCO, è una conseguenza del fumo ma non è necessariamente una componente della malattia. La bronchite cronica è indipendente dalla bronchiolite (malattia delle piccole vie aeree) Tuttavia la presenza di bronchite è importante nella BPCO perché: - è associata al declino della funzionalità respiratoria - è associata alle ospedalizzazioni Prevalenza di BC (%): GOLD 1 2 3 (no BPCO) 10.3 22.9 39.4 (2.2) La bronchite cronica dovrebbe essere riconosciuta come un fenotipo indipendente, perché può influenzare la prognosi e le risposte terapeutiche Tabella 1 -
7 Bibliografia di riferimento - Barbera JA, Peinado VI, Santos S. Pulmonary Hypertension in COPD: old and new concept. Monaldi Arch Chest Dis 2000; 55: 445-9. - Cosio M, Ghezzo H, Hogg JC, et al. The relations between structural changes in small airways and pulmonary-function tests. N Engl J Med 1978; 298(23):1277-81. - Cosio MG, Saetta M, Agusti A. Immunologic aspects of chronic obstructive pulmonary disease. N Engl J Med 2009; 360: 2445-54. - Fletcher C, Peto R, Tinker C, et al. The natural history of chronic bronchitis and emphysema. An eight-year study of early chronic obstructive lung disease in working men in London. Oxford: Oxford University Press 1976. - Hogg JC, Macklem PT, Thurlbeck WM. Site and nature of airway obstruction in chronic obstructive lung disease. N Engl J Med 1968; 278(25):1355-60. - Lee SH, Goswami S, Grudo A, et al. Antielastin autoimmunity in tobacco smoking- induced emphysema. Nat Med 2007; 13: 567-9. - Macklem PT. Therapeutic implications of the pathophysiology of COPD. Eur Respir J 2010;35:676-80. - Majo J, Ghezzo H, Cosio MG. Lymphocyte population and apoptosis in the lungs of smokers and their relation to emphysema. Eur Respir J 2001; 17: 946-53. - O’Donnell DE, Laveneziana P, Webb K, Neder JA. Chronic obstructive pulmonary disease: clinical integrative physiology. Clin Chest Med 2014;35:51-69. - Ofir D, Laveneziana P, Webb K, et al. Mechanisms of dyspnea during cycle exercise in symptomatic patients with GOLD stage I chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 2008;177:622-29. - Rahman I. Oxidative stress in pathogenesis of chronic obstructive pulmonary disease: cellular and molecular mechanisms. Cell Biochem Biophys 2005;43:167-88. - Saetta M, Ghezzo H, Kim WD, et al. Loss of alveolar attachments in smokers. A morphometric correlate of lung function impairment. Am Rev Respir Dis 1985;132(4): 894-900. - Saetta M, Baraldo S, Corbino L, et al. CD8+ve cells in the lungs of smokers with chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 1999; 160: 711-7. - Saetta M, Turato G, Maestrelli P, et al. Cellular and structural bases of chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 2001; 163: 1304-9. - Saetta M, Mariani M, Panina-Bordignon P, et al. Increased expression of the chemokine receptor CXCR3 and its ligand CXCL10 in peripheral airways of smokers with chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 2002;165:1404-9. - Turato G, Zuin R, Miniati M, et al. Airway inflammation in severe chronic obstructive
8 pulmonary disease: relationship with lung function and radiologic emphysema. Am J Respir Crit Care Med 2002; 166: 105-10.
9 DIAGNOSI La diagnosi di BPCO richiede 1. La presenza di riduzione del flusso aereo (comunemente detta ostruzione bronchiale) persistente dopo broncodilatatore, dimostrata con la spirometria in condizioni di stabilità clinica 2. La presenza cronica di sintomi (dispnea da sforzo, tosse, catarro, episodi di riacutizzazione) 3. La presenza di fattori di rischio 4. L’esclusione di altre patologie in grado di sostenere il quadro clinico L’ostruzione spirometrica viene valutata sulla base della riduzione del rapporto FEV1/VC o del rapporto FEV1/FVC. La presenza di ostruzione è definita da un rapporto < 5° percentile. Nel caso di un rapporto solo lievemente alterato la diagnosi di BPCO potrebbe essere discutibile. Diventa più probabile quando 1. L’alterazione si dimostra stabile in esami ripetuti al di fuori di acuzie respiratorie o cardiache 2. Sono presenti fattori di rischio, tra i quali il principale è il fumo di sigaretta 3. Sono presenti sintomi La gravità dell’ostruzione si valuta in base al FEV1 post broncodilatatore. I teorici attualmente più impiegati (ERS 93) sottostimano la gravità dell’ostruzione in alcune categorie di persone, soprattutto anziani, e in particolare nelle donne ultrasessantenni di bassa statura. Nella raccolta dei sintomi è importante l’utilizzo di questionari strutturati. I più impiegati sono l’MRC per la valutazione della dispnea da sforzo e il CAT per la valutazione dell’impatto dei disturbi respiratori sulla vita quotidiana. Il grading raccomandato dell’MRC va da 0 a 4. Alcuni ulteriori esami sono necessari per completare la diagnosi: 1. Radiografia del torace 2. Spirometria globale 3. Capacità di diffusione del CO (DLCO) 4. Saturimetria in aria ambiente 5. Emogasanalisi se FEV1 < 1000 cc La radiografia del torace standard nelle due proiezioni è utile nella diagnosi differenziale perché permette di valutare la presenza di altre patologie in grado di sostenere il quadro clinico funzionale.
10 La spirometria globale consente di interpretare correttamente la gravità dell’ostruzione nel caso coesista una patologia restrittiva, ed evidenzia la presenza di intrappolamento aereo e di iperinflazione polmonare. La riduzione della DLCO è associata alla presenza di enfisema, patologia vascolare polmonare e desaturazione ossiemoglobinica indotta dall’esercizio. Per un valore di saturimetria ≤ 92% si raccomanda l’esecuzione di emogasanalisi arteriosa (EGA); tuttavia le condizioni cliniche della persona possono consigliare l’esecuzione di EGA anche per valori di saturimetria > 92%, Le diagnosi differenziali più frequenti sono rappresentate dall’asma bronchiale con ostruzione non completamente reversibile e dallo scompenso cardiaco cronico. Alcuni elementi di rilievo a favore della diagnosi di asma bronchiale sono 1. Una riposta al broncodilatatore > 12% e > 400 cc (marcata reversibilità) 2. Una anamnesi indicativa di asma bronchiale o di allergia ad inalanti 3. Una marcata variabilità spontanea o indotta dalla terapia dei valori spirometrici al di fuori delle riacutizzazioni 4. Valori di NO esalato > 50 ppb al di fuori di riacutizzazioni In alcuni casi la diagnosi differenziale tra asma con ostruzione fissa e BPCO è particolarmente difficile. Rimane controversa la possibile coesistenza delle due malattie. L’approccio diagnostico suggerito dal percorso Regionale Veneto prevede che il sospetto diagnostico di BPCO venga posto dal medico di Medicina Generale in base al dato clinico e/o al riscontro spirometrico di ostruzione bronchiale (rapporto FEV1/FVC < 70%), valutata anche con spirometri ambulatoriali, e che la diagnosi venga poi confermata dallo specialista Pneumologo. Bibliografia di riferimento - Global strategy for the diagnosis, management, and prevention of chronic obstructive pulmonary disease (GOLD). Updated 2014 - Global strategy for asthma management and prevention (GINA). Revised 2014 - La gestione clinica integrata della BPCO ed. 2013 EPIDEMIOLOGIA A livello mondiale la BPCO colpisce all’incirca 329 milioni di persone, pari a circa il 5% della popolazione generale (1); è leggermente più frequente negli uomini rispetto alle donne (2) e nelle
11 persone anziane (3). Infatti, a seconda della popolazione esaminata, dai 34 ai 200 individui su 1000 di età superiore ai 65 anni sono affetti da BPCO (3,4), Alcuni paesi sviluppati hanno visto un aumento dei casi, altri sono invece rimasti stabili, mentre altri ancora hanno sperimentato una diminuzione della prevalenza della condizione (5). Tuttavia, a livello globale, si prevede che il numero complessivo dei casi dovrebbe aumentare se la popolazione continuerà ad essere esposta ai fattori di rischio e proseguirà il processo di invecchiamento progressivo della stessa (6). Nelle zone socio-economicamente più svantaggiate del paese, una persona su 32 viene indicata come sofferente di BPCO, rispetto a una su 98 nelle zone più ricche (7). Negli Stati Uniti, la stima di prevalenza di BPCO nella popolazione generale è pari al 6.3% (circa 15 milioni di persone) (8) In Europa è compresa tra il 4% e il 6% (9,10) mentre in Italia ammonta a circa il 5% (10). Però, se riferita a particolari e circoscritte aree geografiche essa varia dallo 0,2% in Giappone al 37% negli Stati Uniti a causa di: oggettive differenze esistenti tra i paesi e le popolazioni, diverse fonti di dati, metodiche diagnostiche impiegate e fasce di età analizzate (11). Nel Veneto la situazione non è diversa. La prevalenza di BPCO, rilevata tramite la cartella dei MMG nella popolazione di almeno 45 anni, risulta essere pari al 4.9% (5.1% per i maschi e 3.8% per le femmine), ma è più bassa rispetto ad una stima ricavata da uno studio epidemiologico su campione casuale eseguito in una città del Veneto. In detto studio, denominato “Scopri il Respiro di Verona” la prevalenza è stata infatti stimata tra l’8.8% e l’11.7% a seconda della metodologia utilizzata (Low Limit of Normal e linee guida GOLD) (10,12). La BPCO è la quarta causa di morte in Europa e negli USA (almeno 65.000 morti all'anno (13). Studi recenti hanno evidenziato un aumento della mortalità per BPCO tale da prevedere che diverrà la terza causa di morte entro il 2020 (14,15). Tra il 1990 e il 2010, il numero di morti per BPCO è leggermente diminuito, da 3.1 a 2.9 milioni (16). In alcuni paesi, la mortalità è diminuita negli uomini ma è aumentata nelle donne (11). Ciò probabilmente si spiega con i tassi di tabagismo che sono diventati simili nei due sessi (17). Globalmente, a partire dal 2010, si stima che la BPCO comporti costi economici per 2.100 miliardi di dollari, metà dei quali a carico dei paesi in via di sviluppo (18). Tra questi, una cifra stimata di 1.900 miliardi di dollari sono costi diretti quali l'assistenza sanitaria, mentre 200 miliardi di dollari sono costi indiretti, come quelli relativi alla perdita del lavoro (19). Queste cifre dovrebbero più che raddoppiare nei prossimi 20 anni (18). In Europa, la BPCO rappresenta il 3% della spesa sanitaria complessiva (4). Negli Stati Uniti, i costi della malattia sono stimati in 50 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali dovuti alle riacutizzazioni (3). Nel 2011, la BPCO è
12 risultata essere tra le condizioni più costose affrontate negli ospedali degli Stati Uniti, con un costo complessivo di circa 5,7 miliardi di dollari (20). Non esistono attualmente studi italiani o veneti relativi all’impatto economico della BPCO e quindi in previsione del crescente onere che graverà sui sistemi sanitari è necessario identificare precocemente i pazienti con BPCO attraverso interventi preventivi e di indagine epidemiologica inseriti in una prospettiva di ricerca, che preveda l'integrazione professionale tra cure primarie e medicina specialistica. Bibliografia 1- The 10 leading causes of death in the world, 2000 and 2011, World Health Organization, luglio 2013. URL consultato il 23 aprile 2014. 2- Vos T, Flaxman AD, Naghavi M, et al. Years lived with disability (YLDs) for 1160 sequelae of 289 diseases and injuries 1990–2010: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2010. Lancet 2012; 380: 2163–96. DOI:10.1016/S0140-6736(12)61729-2. 3- Vestbo J. Definition and Overview (PDF) in Global Strategy for the Diagnosis, Management, and Prevention of Chronic Obstructive Pulmonary Disease, Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease, 2013, pp. 1–7. URL consultato il 23 aprile 2014. 4- Torres M, Moayedi S. Evaluation of the acutely dyspneic elderly patient. Clin Geriatr Med 2007;23:307–25, vi. DOI:10.1016/j.cger.2007.01.007. 5- Decramer M, Janssens W, Miravitlles M. Chronic obstructive pulmonary disease. Lancet 2012;379:1341–51. DOI:10.1016/S0140-6736(11)60968-9. 6- Vestbo J. Introduction, in Global Strategy for the Diagnosis, Management, and Prevention of Chronic Obstructive Pulmonary Disease, Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease, 2013, xiii-xv. 7- Centers for Disease Control and Prevention, Chronic Obstructive Pulmonary Disease Among Adults — United States, 2011. Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR) 2012;61,n. 46, 23 november, pp. 938–43. URL consultato il 23 aprile 2014. 8- Morbidity & Mortality: 2009 Chart Book on Cardiovascular, Lung, and Blood Diseases (PDF), National Heart, Lung, and Blood Institute. URL consultato il 23 aprile 2014. 9- Tinkelman D, Nordyke RJ, Isonaka S. The Impact of Chronic Obstructive Pulmonary Disease on Long-term Disability Costs. J Manag Care Pharm 2005; 11 (1): 25-28. 10- Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease. Global Strategy for Diagnosis, Management and Prevention of COPD. Guidelines available from the GOLD website www.goldcopd.com. Accessed February 2010.
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14 sostituti della nicotina e/o degli altri farmaci contro il tabagismo occupano un posto ancora piuttosto marginale nella pratica clinica quotidiana dello Specialista, e 2) il counselling e gli interventi di supporto al tabagista che intende smettere di fumare o che è in fase di sospensione non è sufficientemente diffuso, incentivato e finanziato. Anche se è molto frequente riscontrare delle ricadute (nei primi 12 mesi circa 50%), esistono ragioni molto valide per incoraggiare i pazienti a riprovare a smettere di fumare utilizzando tutti gli strumenti di cui si dispone [1]. Infatti, nel Lung Health Study (LHS) [2, 3, 4], pazienti con età media di 48 anni e esposizione al fumo di 40 pack/years venivano trattati con un preparato nicotinico (gomma da masticare) + counselling per un numero di 12 sessioni distribuite in un arco di tempo di 3 mesi. Nei 5 anni successivi venivano contattati ogni 4 mesi ed i pazienti ricaduti venivano ritrattati. Questo tipo d’intervento ha prodotto: 1) tasso di sospensione dal fumo del 35% a 1 anno e del 22% a 5 anni contro rispettivamente 10% e 5% nel gruppo controllo; 2) declino totale del FEV1 di 72 ml in 5 anni nel gruppo trattato contro 301 ml nel gruppo di controllo; 3) tasso di sospensione a 11 anni nei trattati ancora del 22% contro il 6% nel gruppo di controllo; 4) mortalità per tumore del polmone, cause cardiovascolari e malattie respiratorie nel gruppo trattato a 14.5 anni pari a 8.83 per 1000 persone trattate/anno rispetto a 10.38 nel gruppo non trattato. Pertanto, tutti gli operatori della sanità, e in particolare quelli impegnati nella cura delle malattie respiratorie, dovrebbero essere in grado di fornire ad un tabagista almeno il counselling di base. Già la semplice consegna di materiale informativo sui danni del fumo e i vantaggi di smettere può indurre un significativo, ancorché piccolo, effetto e di conseguenza determinare un tasso di cessazione dal fumo stimabile intorno all’1% circa. Il counselling breve di durata inferiore a 3 minuti, fornito da un MMG o da un’altra figura sanitaria adeguatamente formata, a sua volta è in grado determinare un tasso di sospensione di circa il 2,5% [5] [6]. [7] Anche il counselling telefonico si è dimostrato efficace e può essere sfruttato, sia come supplemento sia come sostituto d’incontri frontali. Il tabagismo è peraltro a tutti gli effetti una dipendenza complessa e, per ottenere buone quote di sospensione, sono necessarie competenze di tipo psicologico-motivazionale-comportamentale, e non solo di ordine farmacologico, che difficilmente sono patrimonio di un unico professionista. Di conseguenza, i risultati migliori nella lotta al tabagismo si ottengono con équipe multiprofessionali, in cui, combinando un adeguato supporto psicologico con un’appropriata terapia farmacologica, è possibile ottenere tassi di sospensione a 3 mesi fino al 50 - 60% [5, 6]. Dall’interazione e cooperazione di più sanitari (medico, infermiere, psicologo, ecc) deriva un effetto virtuoso. In ambienti ambulatoriali si potrebbe pensare
15 a un intervento del medico che dà il primo impulso, seguito poi da quello dell’infermiere o di altra figura sanitaria con competenze di counselling. Nel counselling c’è in ogni caso un effetto dose-risposta che dipende dal numero delle sedute e dalla durata di ciascuna di esse. Sembra particolarmente efficace un programma di 4 o più sessioni e lo scenario ottimale potrebbe essere rappresentato quindi da 4 sessioni di 10-15 minuti da tenersi durante i primi 3 mesi dalla data della sospensione con questa cadenza: 1° incontro dopo 1-2 settimane; 2° incontro dopo 3-4 settimane; 3° incontro a 6 settimane; 4° incontro dopo 10-12 settimane [5]. La terapia di gruppo strutturata in corsi per smettere di fumare e in gruppi di auto-aiuto sembra efficace come il counselling individuale. B) Interventi farmacologici contro il fumo I farmaci per smettere di fumare normalmente vengono usati per un arco di tempo limitato che si conclude dopo 2 - 3 mesi dal momento della sospensione del fumo. Essi servono infatti per ridurre l’impatto dei sintomi legati alla sospensione della nicotina e il loro dosaggio è a scalare con il [1,5,8] tempo. Hanno una solida base scientifica e una ben documentata efficacia clinica . Sono rappresentati da: I. Preparati a base di nicotina II. Vareniclina III. Bupropione I. - Preparati a base di Nicotina Si trovano sotto forma di gomme da masticare, compresse sublinguali, cerotti, inalatori nasali e orali. Vengono usati dal fumatore astinente per 6 – 12 settimane, riducendo il loro dosaggio mano a mano che si riducono i sintomi dell’astinenza. Poiché soprattutto gomma da masticare e cerotti assicurano livelli plasmatici senza picchi, i preparati a base di nicotina rispondono poco agli aspetti impulsivi della dipendenza da nicotina. Hanno però il grande pregio di essere praticamente privi di effetti indesiderati severi. Il tasso medio di successo a 1 anno è intorno al 27% (circa 50-70% in più rispetto al placebo) [8]. II. – Vareniclina
16 Tra i farmaci per la cessazione del fumo, la Vareniclina è il più efficace [1], ma è gravato da effetti indesiderati non trascurabili e da un profilo di sicurezza non ottimale [9]. Con maggior frequenza vengono riportati nausea, incubi, infezioni del tratto respiratorio superiore e insonnia [9]. All’analisi di un ampio database di soggetti sottoposti a trattamento per la cessazione dal fumo (80.660 pazienti, di cui 63.265 trattati con derivati della nicotina, 10.973 con vareniclina e 6.422 con bupropione) raccolto da medici inglesi [10], pur essendo risultati simili gli eventi avversi di tipo psichiatrico e senza raggiungere la significatività statistica, nel gruppo dei trattati con vareniclina è stato comunque osservato un maggior numero di eventi di auto-danneggiamento (anche grave). Il rischio di autolesionismo serio indotto dalla Vareniclina rispetto ai preparati contenenti nicotina è risultato pari a 1.12 (quello del Bupropione pari a 1.17), per cui la Vareniclina è controindicata nelle sindromi depressive. Nonostante gli eventi avversi sopra ricordati, nell’opinione degli esperti e nelle raccomandazioni contenute nelle linee guida per smettere di fumare [1,5,9] la Vareniclina rimane comunque, in virtù della sua elevata efficacia, il farmaco di prima scelta nei programmi per la cessazione del fumo, con tasso medio di successo a 1 anno intorno al 33% (circa 127% in più rispetto al placebo) [9,11,12]. In combinazione con il counselling, i tassi di sospensione raggiunti con la Vareniclina sono da 2 a 3 volte superiori al solo counselling + placebo. III. - Bupropione È un vecchio antidepressivo con un effetto sulla cessazione dal fumo indipendente dalla sua azione antidepressiva. Offre i risultati migliori in combinazione con i preparati a base di Nicotina. Il tasso medio di successo a 1 anno è intorno al 24% (circa 69% in più rispetto al placebo) [13]. Può dare più spesso insonnia e bocca secca, ma gli effetti avversi sono numerosi e non rarissimi (da 0.1 a 2%). Ha varie controindicazioni per cui occupa un posto di secondo piano rispetto alla Vareniclina ed il suo uso va riservato a mani esperte. C. L’Ambulatorio per smettere di fumare Già da molti anni la Regione Veneto appoggia e finanzia numerose iniziative per la Lotta al Tabagismo, impegnando la maggior parte delle risorse nella prevenzione e rivolgendosi in particolare ai giovani e alle gravide. Fin dagli anni ‘90, la Regione Veneto aveva iniziato a finanziare anche progetti di cura del Tabagismo, nel 2005 ha promosso/deciso l’istituzione in ogni [14] Azienda U.L.S.S. di un Ambulatorio di Secondo Livello per smettere di fumare . In esso confluiscono competenze di ordine specialistico variabile a seconda della storia di ciascuna
17 U.L.S.S., ma quasi sempre rappresentato da combinazioni di interventi di tipo pneumologico, cardiologico o psichiatrico (il Tabagismo è a tutti gli effetti una dipendenza), e di sostegno psicologico. È pensato per farvi afferire pazienti selezionati in base a criteri di particolare gravità o difficoltà d’approccio, ed è in grado di trattare, con le risorse attuali, relativamente pochi e selezionati pazienti. Trattandosi di struttura non standardizzata in modo uniforme nella Regione, in molte realtà soffre ancora di scarsa circolazione d’informazione in merito alle sue pratiche ed ai suoi meccanismi d’accesso, quasi sempre diversi da U.L.S.S. ad U.L.S.S. L’Ambulatorio di Secondo Livello rappresenta invece una risorsa importante nell’ambito della lotta al Tabagismo e ad esso potrebbero/dovrebbero accedere, o per lo meno essere avviati, molti più pazienti BPCO e tabagisti complessi. D. La sigaretta elettronica (e-cig) La sigaretta elettronica (electronic cigarette, e-cig) è un prodotto commerciale inventato in Cina nel 2003 che imita il sistema di inalazione della nicotina proprio della sigaretta tradizionale. Esistono attualmente non solo molti tipi di sigarette elettroniche con cartucce per il funzionamento contenenti miscele di sostanze che vengono vaporizzate e che possono contenere nicotina e/o aromi vari, ma anche sigari e pipe elettroniche (in questo caso si parla di Electronic Nicotine Delivery Systems o ENDS). Poco si sa della composizione chimica dei liquidi usati, dei vapori prodotti e delle particelle sottili (PM) emessi nell’ambiente dalle e-cig, anche se non sembrerebbe emergere la presenza in quantità rilevanti di sostanze cancerogene note. In particolare sono assenti i prodotti della combustione (CO e catrame). La nicotina e l’aerosol di particelle emesse nell’ambiente possono però essere inalate passivamente dai vicini e quindi dare origine ad effetti simili a quelli del fumo passivo. Le e-cig sono diventate molto popolari nei Paesi ad alto reddito e sono arrivate in Italia dal 2010. I principali canali di vendita sono farmacie, supermercati, chioschi/edicole, internet ed altro (mercati, bancarelle, bar e pub, casinò e Bingo..). Nel gennaio 2013 un analista della Wells Fargo Bank ha definito le e-cig di oggi come la versione 1 dell’iPhone ed ha pronosticato che in 10 anni il consumo di e-cig supererà il consumo di sigarette tradizionali [15]. L’evoluzione del fenomeno e-cig è avvenuto in assenza di un chiaro quadro di evidenze scientifiche su eventuali rischi connessi e di criteri regolatori di sicurezza.
18 Negli Usa è in atto una battaglia legale tra FDA e produttori di e-cig per stabilirne l’inquadramento merceologico (se prodotto del tabacco, o comunque liberamente commerciabile, o se dispositivo medico, o comunque prodotto farmaceutico) [16]. L’FDA [17, 18] ha dichiarato che in alcune sigarette elettroniche sono state rilevate impurità [19], agenti tossici e sostanze cancerogene come nitrosamine del tabacco e glicole dietilenico; ha intimato i fumatori a non utilizzare le e-cig per smettere di fumare poiché non le ritiene sicure e innocue per la salute; e vorrebbe che le e-cig fossero classificate come dispositivi medici. Una sentenza della Corte USA del Distretto di Columbia nel 2010 ha peraltro affermato che le e-cig possono essere disciplinate solo come prodotti del tabacco [20] . A ciò l’FDA ha risposto ribadendo di considerare l’e-cig un prodotto nocivo e ha preso provvedimenti coattivi contro i produttori di sigarette elettroniche, dichiarando che violano la legge [21] federale in materia di alimenti, farmaci e cosmetici . Nello specifico, le violazioni riguarderebbero: le buone pratiche di fabbricazione; affermazioni false e infondate sul prodotto, presentato come un farmaco; e l’utilizzo di questi dispositivi per rilasciare sostanze farmacologicamente attive. Depongono a favore della sigaretta elettronica [22]: • La mancanza di prodotti della combustione (migliaia, invece, nella sigaretta tradizionale) e di catrame. • La probabile scarsa o nulla cancerogenicità. • L’elevato livello di gradimento di una larga fascia di fumatori, che trova appagamento alla sensazione tattile, al gusto, al bisogno di ritualità. • Le potenzialità di utilizzo come ausilio nel percorso di cessazione dal fumo. Sono a sfavore della e-cig [22]: • La mancanza di studi sulla loro pericolosità a lungo termine, sebbene anche quelli sui danni a breve termine siano pochi e lacunosi. • La scarsità di studi rigorosi (e indipendenti dalle case produttrici) che ne accertino l’efficacia come strumento per la cessazione dal fumo. • I dubbi sulla possibilità di sopperire effettivamente alla sindrome astinenziale e al craving da tabacco, al di la degli effetti a breve termine.
19 • Il rischio che i giovani possano avvicinarsi ad essa pensando che sia innocua e ne facciano, invece, un elemento che facilita poi il passaggio alla sperimentazione della sigaretta tradizionale. • La mancanza di norme di produzione che ne garantiscano la sicurezza e ne standardizzino i componenti. [23] In questo contesto, in cui mancano ancora certezze incontrovertibili , in poco tempo sono stati pubblicati, da parte di Istituzioni, Enti Governativi, Organizzazioni Sanitarie e Società Medico- Scientifiche, vari documenti, alcuni già sottoposti a revisione. L’OMS sostiene [24,25] che gli ENDS debbano essere sottoposti alle medesime restrizioni imposte al fumo tradizionale di seconda mano, che la sicurezza degli ENDS non è stata stabilita e che, sebbene i produttori vendano gli ENDS come dispositivi efficaci per la cessazione del fumo, ad oggi non esistono prove di efficacia sufficienti a stabilire la loro utilità e la loro sicurezza d’uso. L’uso emulativo acritico di e-cig da parte di non fumatori, in particolare minori, potrebbe addirittura creare una dipendenza da nicotina. Una posizione molto simile è quella presa da AIPO e SIMeR nel documento intersocietario [26]. L’estensione del divieto di fumo nei luoghi chiusi a questa categoria di prodotti è auspicata dalla Società Italiana di Tabaccologia [22]. Vi è pertanto necessità di ulteriori studi, effettuati con fonti di finanziamento indipendenti dalle case produttrici di e-cig. E si avverte forte la necessità di una normativa italiana, sia per regolamentare la produzione, sia per chiarire gli ambiti in cui è possibile utilizzare l’e-cig. Infatti, se si vuole perseguire la strada dell’uso terapeutico, è doveroso sottoporre il prodotto a tutte le fasi indicate dalla normativa per dimostrare la mancanza di tossicità ed, infine, la validità nel campo clinico. Se invece si volesse svincolare la vendita di questo dispositivo da ogni indicazione terapeutica, la sua distribuzione dovrebbe comunque essere assoggettata a regole, anche pubblicitarie, adeguate. Infatti, i messaggi pubblicitari attuali che incoraggiano il consumo di sigarette elettroniche si prospettano come ingannevoli, sia perché non ne è stata provata l’innocuità a lungo termine, sia perché il consumo di nicotina, quando presente nell’e-cig, è comunque dannoso per la salute, anche se molto meno rispetto a quello derivato dalle sigarette normali. 2. INTERVENTI SU ALTRE ABITUDINI DI VITA [27] Nel paziente con BPCO, l’obesità rappresenta una condizione sfavorevole , in quanto può aggiungere una componente di incapacità ventilatoria di tipo restrittivo a quella di tipo ostruttivo propria della malattia e con ciò contribuire ad aumentare la dispnea. Inoltre, il paziente BPCO
20 obeso che associ alla BPCO la Sindrome delle Apnee Notturne Ostruttive (OSAS) più facilmente e più rapidamente può evolvere verso l’insufficienza respiratoria di tipo ipossiemico-ipercapnico. • Anche l’eccessiva magrezza, sia che derivi da un ridotto apporto calorico sia che sia la conseguenza di un eccessivo consumo calorico da parte di muscoli respiratori costretti a lavorare in condizioni di scarsa efficienza meccanica, rappresenta una condizione sfavorevole per il paziente con BPCO. Questo tipo di soggetto non solo lamenterà molto di più la dispnea, ma anche correrà il rischio di infezioni respiratorie più gravi e più difficili da controllare rispetto al soggetto normo-peso per le sue ridotte difese immunitarie. • La sedentarietà è un’abitudine di vita che nel paziente BPCO va contrastata [27] in quanto alla lunga porta al decondizionamento muscolare e all’aumento della dispnea per minore efficienza della muscolatura respiratoria. La sedentarietà inoltre favorisce l’obesità, se non si presta sufficiente attenzione alla dieta e alla riduzione dell’attività fisica non si fa accompagnare un adeguato e parallelo minore introito calorico. • Anche la depressione, che spesso accompagna un individuo limitato dalla dispnea nella propria vita di relazione, può avere ripercussioni importanti sullo stato di salute del paziente BPCO [27], se lo condiziona al punto di indurlo a rinchiudersi in casa e a diventare sedentario, o di dover ricorrere a trattamenti con farmaci attivi sul tono dell’umore come le benzodiazepine. • Molti malati di BPCO, soprattutto se anziani, trascorrono fino al 90% del loro tempo al chiuso, spesso in casa. Nelle abitazioni e negli edifici sono presenti in varia combinazione molte sostanze inquinanti potenzialmente nocive per gli individui con BPCO, in grado quindi di aggravare o riacutizzare la BPCO. Esse includono il fumo di tabacco, anche passivo; i residui della combustione di petrolio, gas, cherosene, carbone; materiali da costruzione, mobili e complementi d'arredo fabbricati con legno pressato; residui della combustione alimentare; prodotti per la pulizia domestica e sostanze dotate di odore irritante. In merito all’inquinamento domestico, poco è noto al paziente BPCO, il quale tende a limitare il ricircolo d’aria nelle abitazioni per una errata/esagerata “cultura” di evitare gli spifferi e le correnti d’aria, e con ciò concorre all’accumulo nella casa di sostanze nocive aerodisperse.. Prima ancora degli specifici interventi farmacologici, una buona azione di informazione ed educazione può prevenire e limitare le conseguenze delle abitudini di vita non corrette sopra ricordate. 3. PRATICHE VACCINALI
21 In coincidenza con i periodi di pandemia influenzale si osserva regolarmente un aumento di ricoveri e decessi tra i pazienti BPCO. Nel corso della pandemia influenzale del 2009-2010, il 43% degli [28] adulti ricoverati negli USA soffriva di Malattie Croniche Respiratorie . Le conseguenze dell’infezione da virus influenzale potrebbero essere contrastate efficacemente dalla vaccinazione anti-influenzale. La vaccinazione anti-influenzale viene offerta gratuitamente dal SSN. Bisogna doverosamente segnalare, però, che troppo spesso, anche per colpa della cattiva informazione, essa non ha la diffusione che merita, spesso viene disattesa e le campagne anti-influenzali in Italia conseguentemente danno risultati veramente modesti. Per rappresentare quanto si possa fare a livello di buona informazione in merito alla vaccinazione anti-influenzale, e quanto sia il margine di miglioramento, basti segnalare che in Italia la campagna anti-influenzale del 2012-13 ha portato alla vaccinazione, tra le persone di età compresa tra 18 e 64 anni con condizioni di rischio, solo il 18% degli individui di tale popolazione; che tale valore mostra un trend in calo costante negli ultimi 5 anni (partiva dal 32% del 2008-09); che, disaggregando i dati per grandi capitoli di patologia, i vaccinati tra i soggetti a rischio per patologia respiratoria cronica sono stati ancora meno della media generale: solo il 17% di quelli preventivati [29] . La vaccinazione antipneumococcica si è dimostrata efficace nel ridurre frequenza e gravità di infezioni respiratorie e riacutizzazioni nei pazienti con BPCO. Su queste basi SIMeR e AIPO raccomandano l’uso del vaccino antipneumococcico coniugato 13-valente nelle seguenti condizioni a rischio: • età >65 anni, • broncopneumopatia cronica ostruttiva, • istituzionalizzazione, • demenza, • epilessia, • scompenso cardiocircolatorio, • patologia cerebrovascolare, • anamnesi positiva per polmonite,
22 • patologia cronica epatica, • diabete mellito, • asplenia funzionale o anatomica, • derivazioni cerebrospinali e supportano l’eventuale allargamento dell’indicazione a tutti i soggetti di età superiore ai 50 anni [30] . La BPCO rientra quindi a pieno titolo tra le condizioni che beneficerebbero dalla vaccinazione antipneumococcica, per la quale andrebbe incentivata una maggiore conoscenza mediatica. Bibliografia [1] Tonnesen P. Smoking cessation and COPD. Eur. Respir. Rev. 2013; 22: 127, 37-43, disponibile all’indirizzo: http://err.ersjournals.com/content/22/127/37.full.pdf+html. [2] Anthonisen NR, Connett JE, Kiley JP, et al. Effects of smoking intervention and the use of an inhaled anticholinergic bronchodilator on the rate of decline of FEV1. The Lung Health Study. Jama 1994; 272: 1497-1505, disponibile all’indirizzo: http://jama.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=382600. [3] Anthonisen NR, Connett JE, Murray RP. Smoking and lung function of Lung Health Study partecipants after 11 years. Am. J. Respir. Crit. Care Med. 2002; 166: 675-679, disponibile all’indirizzo: http://www.atsjournals.org/doi/pdf/10.1164/rccm.2112096. [4] Anthonisen NR, Skeans MA, Wise RA, et al. The effects of a smoking cessation intervention on 14.5-year mortality. Ann. Inter. Med. 2005; 142: 233-239, disponibile all’indirizzo: http://annals.org/article.aspx?articleid=718212. [5] Fiore MC, Bailey WC, Cohen SJ, et al. Treating tobacco use and dependence. Clinical Practice Guideline. Rockville, U.S. Department of Health and Human Services, 2008 Update, disponibile all’indirizzo:
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