Percorsi di teoria e comparatistica letteraria - a cura di Stefania Sini e Franca Sinopoli - Facoltà di ...
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Percorsi di teoria e comparatistica letteraria a cura di Stefania Sini e Franca Sinopoli
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Sommario Prefazione. Il compito della critica IX di Stefania Sini e Franca Sinopoli Parte 1 I fondamenti della letteratura Capitolo 1 L’esperienza della letteratura 3 di Stefania Sini e Stefano Ballerio 1.1 Sintesi dell’immaginario 4 di Stefania Sini 1.2 Stare al gioco: finzionalità e interpretazione 12 di Stefano Ballerio Per saperne di più 18 Bibliografia 19 Capitolo 2 I generi letterari 23 di Stefano Ballerio 2.1 Sul concetto di genere letterario 24 2.2 Storicità dei generi letterari 27 2.3 Generi e ricezione 30 Per saperne di più 31 Bibliografia 31 Capitolo 3 L’autore 33 di Roberto Talamo 3.1 L’intenzionalità 34 3.2 La critica biografica 40 3.3 L’autobiografia 43 3.4 L’io nella prosa contemporanea 49 di Filippo Pennacchio Per saperne di più 54 Bibliografia 54
IV Sommario Capitolo 4 L’opera 57 di Stefania Sini, Alessandra Diazzi e Roberto Talamo 4.1 Forma, formalismo, formalismi 58 di Stefania Sini 4.2 Strutturalismo 70 di Stefania Sini 4.3 La critica stilistica 77 di Alessandra Diazzi 4.4 La critica psicoanalitica 87 di Alessandra Diazzi 4.5 Dispositivo 97 di Roberto Talamo Per saperne di più 103 Bibliografia 105 Capitolo 5 Il personaggio 113 di Stefano Ballerio 5.1 Introduzione 114 5.2 C’è qualcuno 114 5.3 La caratterizzazione 116 5.4 Identità e dialogismo 122 5.5 Le possibilità dell’esistenza 125 Per saperne di più 128 Bibliografia 129 Capitolo 6 Il lettore 131 di Laura Lucia Rossi 6.1 La ricezione del testo 132 6.2 Indeterminatezza del testo e ruolo del lettore 136 6.3 Perché leggiamo? 141 Per saperne di più 146 Bibliografia 147
Sommario V Parte 2 Spazi e strumenti della critica Capitolo 7 La narrativa 151 di Filippo Pennacchio 7.1 Introduzione 152 7.2 L’importanza degli eventi 155 7.3 I personaggi e il loro mondo interiore 159 7.4 C’è qualcuno che racconta 162 7.5 La centralità del lettore 169 7.6 I confini del racconto 173 Per saperne di più 176 Bibliografia 176 Capitolo 8 Retorica e argomentazione 179 di Stefania Sini 8.1 Che cos’è la retorica 180 8.2 Retorica e logica 183 8.3 Le articolazioni della griglia retorica 188 8.4 Topica 189 8.5 Luoghi della memoria 195 8.6 Trasporti 204 Per saperne di più 212 Bibliografia 213 Capitolo 9 La poesia 217 di Paolo Giovannetti 9.1 Generi / Enunciazione 218 9.2 Tradizioni / Forme 226 9.3 Funzione / Temi 240 9.4 Dispositivi / Lettori 249 Per saperne di più 256 Bibliografia 257
VI Sommario Parte 3 Letteratura comparata Capitolo 10 Cronotopia di un campo disciplinare complesso 261 di Franca Sinopoli 10.1 Perché “cronotopo”? 262 10.2 Il tempo: la storia comparata della letteratura 263 10.3 Lo spazio: il concetto di letteratura mondiale 271 Per saperne di più 283 Bibliografia 283 Capitolo 11 Imagologia transculturale 287 di Nora Moll 11.1 L’imagologia: definizione e campo d’azione 288 11.2 La metodologia imagologica 295 11.3 Dall’alterità distante all’alterità intima: per un’imagologia transculturale 303 Per saperne di più 310 Bibliografia 311 Capitolo 12 Traduzione e transmedialità 315 di Franco Nasi e Marina Guglielmi 12.1 Traduzione e traduzioni 316 di Franco Nasi 12.2 Perché una storia della traduzione 319 di Franco Nasi 12.3 Riflessioni sul tradurre 321 di Franco Nasi 12.4 Studi sulla traduzione e letteratura comparata 326 di Marina Guglielmi 12.5 Dalla traduzione alla transmedialità 328 di Marina Guglielmi Per saperne di più 333 Bibliografia 333 Capitolo 13 Letteratura, cinema e media 337 di Andrea Minuz 13.1 La letteratura nell’epoca della cultura convergente 338 13.2 Transmedia storytelling 341 13.3 Dall’adattamento alla narrazione espansa 344 13.4 Narrazione letteraria e audiovisiva 347
Sommario VII 13.5 L’immagine in letteratura e la cultura visuale 351 13.6 Letteratura, new media, social reading 353 13.7 Nuova oralità, cinema, enunciazioni transmediali 355 di Paolo Giovannetti Per saperne di più 359 Bibliografia 360 Parte 4 Confini e metamorfosi del testo Capitolo 14 Antropologia e letteratura 367 di Massimo Bonafin 14.1 Ogni testo è testo dell’uomo 368 14.2 Dialettica di differenze e somiglianze 371 14.3 Passato e futuro della cultura nei testi 376 14.4 Letteratura come esperimento mentale 381 Per saperne di più 384 Bibliografia 384 Capitolo 15 Narrazioni tra medicina e letteratura 387 di Mariarosa Loddo 15.1 Contatti tra discipline 388 15.2 Medicina e postmodernità 390 15.3 Narrazioni in pratica 393 15.4 La competenza narrativa 396 15.5 Autobiografia e malattia 400 15.6 Miti e identità in patografie 403 Per saperne di più 407 Bibliografia 408 Capitolo 16 Gli spazi della letteratura 411 di Giulio Iacoli 16.1 La letteratura verso la geografia 412 16.2 Dalla geografia letteraria alla geocritica 416 16.3 Specializzazioni del discorso: paesaggio 420 16.4 Ampliamenti del campo d’indagine 423 Per saperne di più 428 Bibliografia 429
VIII Sommario Capitolo 17 Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo 433 di Caterina Romeo 17.1 Che cos’è l’intersezionalità? 434 17.2 La metodologia intersezionale applicata alla critica letteraria 440 17.3 Due casi di studio 444 17.4 Conclusione 451 Per saperne di più 452 Bibliografia 454 Capitolo 18 Studi di genere e saperi delle donne: una questione di canone 457 di Monica Cristina Storini 18.1 Derive millenaristiche 458 18.2 Presupposti teorici 461 18.3 Sul canone letterario e le donne 467 18.4 Conclusioni 471 Per saperne di più 474 Bibliografia 474 Capitolo 19 La letteratura e il digitale: rappresentazione, analisi, comunicazione 477 di Fabio Ciotti e Federico Pianzola 19.1 Introduzione 478 di Fabio Ciotti 19.2 Metodi computazionali e critica letteraria 479 di Fabio Ciotti 19.3 Le nuove testualità digitali 488 di Federico Pianzola Per saperne di più 494 Bibliografia 494 Indice dei nomi 497
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 433 CAPITOLO 17 Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo In questo capitolo: • introdurremo il concetto di intersezionalità, spiegheremo che cos’è e in che contesto nasce la necessità di un approc- cio di analisi intersezionale • ricostruiremo l’origine dell’approccio teorico e metodolo- gico intersezionale, facendola risalire ai movimenti femmi- nisti neri statunitensi della fine degli anni Sessanta e al fem- minismo “of color” • osserveremo che il termine è stato coniato in campo giu- ridico e analizzeremo il caso legale di riferimento • mostreremo il modo in cui una metodologia che proviene dagli studi femministi e dagli studi critici sulla razza può di- ventare uno strumento della critica letteraria, sottolinean- do allo stesso tempo l’importanza di non depotenziarla dal punto di vista sociale e politico • proporremo alcuni esempi di analisi intersezionale di testi letterari per mostrare come questa metodologia, nata nel contesto delle scienze sociali, possa essere utilizzata nella critica letteraria di Caterina Romeo
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 434 434 17 – Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo 17.1 Che cos’è l’intersezionalità? Necessità della L’intersezionalità costituisce uno dei contributi più significativi dal metodologia punto di vista politico, teorico e metodologico offerto dalle femmi- intersezionale niste “non bianche” e di terza ondata per lo sviluppo di un approc- cio, utilizzabile in diversi ambiti disciplinari e campi del sapere, che si interroghi sulla disomogeneità dei soggetti culturali, sociali e po- litici, sui diversi livelli di oppressione che le singole donne e i diversi gruppi di donne subiscono, e sulla necessità di considerare l’intera- zione delle diverse oppressioni. La pratica dell’intersezionalità – che precede di molto l’utilizzo del termine stesso – nasce nell’ambito dei movimenti femministi neri statunitensi e si consolida poi attra- verso gli studi di genere, gli studi critici sulla razza1, gli studi gay e lesbici e gli studi postcoloniali, solo per citare i principali. Come è noto, il femminismo di prima ondata (caratterizzato in generale dai movimenti per l’ottenimento del diritto di voto, ma non solo) e so- prattutto il femminismo di seconda ondata (che dalla fine degli anni Sessanta ha visto i movimenti delle donne rivendicare una sostan- ziale parità di genere) si erano concentrati sull’oppressione delle donne nelle società patriarcali, senza prendere però in considerazio- ne il fatto che non tutte le donne (e i gruppi di donne) sono (state) discriminate allo stesso modo. Messa in Presupporre l’esistenza di un soggetto donna universale vuol dire discussione di fatto non tenere conto di tutte le molteplici oppressioni che hanno del soggetto donna universale agito in modo simultaneo a quella di genere, di cui le donne del pas- sato e del presente sono state e sono vittime. È importante sottoli- neare che la pratica intersezionale non si limita a contrastare l’idea che la discriminazione di genere sia esperita da tutte le donne nello stesso modo e a teorizzare l’esistenza di una molteplicità di oppres- sioni, ma afferma anche l’importanza di considerare che gli assi di dominio (classe, razza, colore, orientamento sessuale, religione, na- zionalità, cittadinanza, età, abilità, e così via) agiscono simultanea- Oppressioni multiple mente. Tali assi, dunque, non si possono analizzare l’uno indipen- e simultanee dentemente dall’altro, in quanto essi attraversano i soggetti tutti allo stesso tempo e non in momenti diversi (per cui, ad esempio, l’identità 1 Il termine “razza” viene qui utilizzato, coerentemente con quanto si fa nell’ambito della critical race theory, per indicare una costruzione sociale e non una caratteristica naturale. Nonostante sia stata dimostrata l’inesistenza di razze umane biologiche, la razza è una categoria costruita da un punto di vista sociale, politico, storico, econo- mico e culturale e costituisce la matrice ideologica del razzismo e delle gerarchie razziali che tutt’oggi caratterizzano il sistema di relazioni sociali globali.
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 435 17.1 Che cos’è l’intersezionalità? 435 di genere di una donna nera prende forma anche attraverso la sua identità razziale, e viceversa). Per comprendere la differenza tra un approccio intersezionale e un approccio che consideri la molteplicità ma non la simultaneità delle discriminazioni, immaginiamo di dise- gnare dei segmenti e di associare a ogni segmento una categoria di oppressione (genere, razza, classe, e così via). Prendiamo poi un sog- getto umano ed esaminiamo gli assi di potere che sono all’origine della sua oppressione sociale: ad esempio, se consideriamo un’im- migrata “clandestina” senegalese musulmana in Italia, le discrimina- zioni che potrà incontrare saranno con molta probabilità associate non soltanto al genere, ma anche a razza, colore, classe, nazionalità, cittadinanza, religione. Prendiamo ora il segmento al quale abbiamo associato la categoria di “genere” e poniamo sotto di esso i segmenti a cui abbiamo associato gli altri assi di potere sopra menzionati, a indicare che il soggetto in questione non è discriminato soltanto in quando “donna”, ma anche in base a tutte le altre categorie. Questa modalità di posizionare i diversi segmenti – uno sotto l’altro – sug- gerisce che ci sia la possibilità di considerare le categorie di oppres- sione una alla volta, come se il soggetto potesse, in un dato momento, essere caratterizzato soltanto da una delle categorie in questione (solo donna, o solo nera, o solo immigrata, o solo musulmana e così via) o da una combinazione di alcune di esse che vengono sommate per dare forma alla soggettività in questione. Un approccio intersezio- Intersezione, nale, invece, impone che i segmenti non siano posti l’uno sull’altro non somma o l’uno accanto all’altro, ma che essi si intersechino passando tutti per un unico punto. In quel punto è situato il soggetto umano, attra- versato simultaneamente da tutte le categorie di oppressione che ne determinano la marginalizzazione sociale. Secondo un approccio in- tersezionale, dunque, è necessario pensare le oppressioni non soltanto come multiple, ma anche come simultanee. 17.1.1 Prime teorizzazioni sulla simultaneità delle oppressioni Una iniziale teorizzazione sulla necessità della metodologia interse- Primi utilizzi della zionale prima che il termine “intersezionalità” venisse coniato risale metodologia intersezionale al femminismo nero statunitense della fine degli anni Settanta. Un testo fondamentale in questo senso è il Combahee River Collective Statement – scritto e pubblicato da un collettivo di femministe nere lesbiche che affermavano che «i maggiori sistemi di oppressione so- no interconnessi» e definivano il femminismo nero come «il logico movimento politico che combatte le molteplici oppressioni simulta-
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 436 436 17 – Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo nee che tutte le donne di colore devono fronteggiare»2 (Combahee River Collective 1977, senza pagina). All’inizio degli anni Ottanta, le femministe nere statunitensi Gloria T. Hull, Patricia Bell-Scott e Barbara Smith sostenevano che «tutte le donne sono bianche e tutti i neri sono uomini»3 (Hull, Bell-Scott, Smith 1982) se non altrimenti specificato. Le studiose evidenziavano che considerare le categorie di oppressione come monoliti senza differenziazioni al loro interno vuol dire, di fatto, prendere in esame soltanto il gruppo nella posi- zione di maggior privilegio all’interno di quella data categoria, e quindi, ad esempio, le donne bianche se si parla di donne, gli uomini neri se si parla di neri (pensiamo, a titolo di esempio, al modo in cui espressioni spesso utilizzate come “le donne e i migranti” di fatto cancellino l’esistenza delle donne migranti). L’approccio intersezio- nale evidenzia l’eterogeneità di cui invece si deve tenere conto quan- do si parla di donne, il fatto che non tutte le donne storicamente con- dividano la medesima oppressione – che non può quindi costituire il collante per un rapporto di (presunta) sorellanza universale – e anche la necessità di considerare le oppressioni nella loro simultaneità (una donna nera è oppressa allo stesso tempo per il fatto di essere donna e per il fatto di essere nera e la simultaneità di queste due oppressioni informa la sua vita quotidiana in ogni momento). A partire dagli anni Settanta, intellettuali e attiviste femministe africane americane come Angela Davis hanno evidenziato che la sto- ria delle donne nere negli Stati Uniti era profondamente diversa da quella delle donne bianche, vere beneficiarie del sistema schiavistico da cui avevano tratto cospicui vantaggi (Davis 1983). Come sostiene bell hooks, prima della guerra civile negli Stati Uniti, le donne bian- che di classe media del Nord avevano utilizzato le campagne contro la schiavitù per acquisire una certa pratica politica e una visibilità nella sfera pubblica, che avrebbero in seguito utilizzato al fine di pro- muovere le campagne per il diritto di voto alle donne; allo stesso tem- 2 Trad. mia, enfasi mia. [«[…] the logical political movement to combat the manifold and simultaneous oppressions that all women of color face»]. L’espressione “of co- lor”, qui in certo modo impropriamente tradotto con “di colore”, nella critical race theory statunitense e di area anglosassone è stata utilizzata in contesti femministi per indicare non soltanto le donne nere ma tutte le donne “non bianche” (definizione problematica perché omogeneizza una categoria sulla base della sua difformità dalla presunta norma della bianchezza). Anche il termine “of color”, come rilevato dai critical whiteness studies, è però problematico in quanto perpetua l’idea che il bian- co non sia un colore bensì un’assenza di colore che segnala la neutralità e quindi costituisce la norma. 3 Trad. mia. [«All the Women Are White, All the Blacks Are Men, But Some of Us Are Brave»], titolo del libro.
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 437 17.1 Che cos’è l’intersezionalità? 437 po le donne bianche (prevalentemente) del Sud, inserite invece nel sistema schiavistico, si erano spesso rese complici di tale sistema perché l’oppressione di donne e anche uomini neri di fatto creava una classe di persone più marginalizzate delle donne bianche e ciò consentiva loro un avanzamento sociale, seppur modesto (hooks 1981). Alla fine degli anni Settanta, la scrittrice caraibica africana americana Audre Lorde aveva rimarcato che le conseguenze dell’ege- monia esercitata dalle donne bianche sulle donne nere – affermatasi nel periodo della schiavitù e poi consolidatasi nel tempo – erano an- cora radicate e ben visibili nella società e nel femminismo statuni- tense. Durante un intervento alla Second Sex Conference, tenutasi a New York nel settembre del 1979, la poeta aveva chiesto alle colleghe femministe bianche di interrogarsi sulle condizioni che rendevano possibile la loro presenza a quella conferenza in cui, teoricamente, esse denunciavano la marginalizzazione sociale di tutte le donne: Se la teoria femminista bianca americana non reputa necessario prendere in considerazione le differenze tra di noi, e la differenza tra le nostre op- pressioni che da esse deriva, allora come considerate il fatto che le donne che puliscono le vostre case e che si occupano dei vostri figli mentre voi prendete parte a conferenze sulla teoria femminista sono, per la maggior parte, donne povere e di colore? Qual è la teoria dietro il razzismo fem- minista?4 (Lorde 1984, p. 112) Il volume collettaneo This Bridge Called My Back: Writings by Ra- Femministe radicali dical Women of Color, pubblicato nel 1981 a cura di Cherríe Moraga “of color” statunitensi e Gloria Anzaldúa, per la prima volta pone al centro l’esperienza di femministe radicali negli Stati Uniti accomunate dal fatto di essere “of color”, i cui corpi sono difformi dalla norma – bianca, eteroses- suale, di classe media – ma che provengono da comunità e contesti geopolitici diversi (quindi donne e lesbiche chicane insieme a donne e lesbiche nere, native americane, asiatiche americane, latine, e così via). Il volume sottolinea la necessità per queste femministe di op- porsi al concetto di “sorellanza universale”, tanto caro alle femmini- ste bianche, ma anche la possibilità di stabilire rapporti di solidarietà e di collaborazione tra gruppi di donne che subiscono simili oppres- sioni anche se hanno storie diverse (per cui è necessario prendere in considerazione l’intersezione di diverse categorie di differenziazio- 4 Trad. mia. [«If white american feminist theory need not deal with the differences between us, and the resulting difference in our oppressions, then how do you deal with the fact that the women who clean your houses and tend your children while you attend conferences on feminist theory are, for the most part, poor women and women of Color? What is the theory behind racist feminism?»].
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 438 438 17 – Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo ne). Se tra i possibili limiti dell’intersezionalità, dunque, vengono di solito indicate la reificazione e la cristallizzazione delle caratteristi- che identitarie (che portano a ignorare le sfumature esistenti all’in- terno di un gruppo caratterizzato da uno o più assi di potere e quindi a considerare il suddetto gruppo come un monolite), l’approccio nel volume di Moraga e Anzaldúa mostra che l’intersezionalità può es- sere utilizzata come una pratica flessibile che permette a gruppi di- versi e diversificati al loro interno di coalizzarsi intorno a battaglie comuni a partire da sistemi di alleanze che sono il frutto di una scelta (e non sono invece determinati da categorie biologiche “naturali”) in cui le differenze sono considerate un punto di forza, piuttosto che di debolezza. Problematica Chandra Talpade Mohanty osserva che la reificazione e la cristal- creazione della lizzazione delle differenze sono state utilizzate dal femminismo bian- categoria “donne del Terzo Mondo” co come strumento di oppressione nei confronti delle donne non bian- che. Nel noto saggio Under Western Eyes: Feminist Scholarship and Colonial Discourses (1984), l’autrice denuncia il modo in cui le fem- ministe bianche negli anni Ottanta avevano sì riconosciuto l’esistenza di soggetti i cui corpi erano attraversati da diversi assi di differenzia- zione, ma di fatto le avevano confinate nella categoria monolitica del- le “donne del Terzo Mondo” (includendo donne quanto mai diverse, che spesso condividevano soltanto la propria differenza cromatica, culturale, religiosa, rispetto alle sedicenti donne del Primo Mondo). Tali donne dunque erano state ridotte a oggetti di analisi ed escluse Vittimizzazione dalla produzione di epistemologie. L’autrice in questo saggio denun- e agency cia il fatto che, attraverso la creazione della categoria “donne del Ter- zo Mondo”, le femministe “occidentali” abbiano di fatto annullato le differenze esistenti da un punto di vista storico e geopolitico tra i di- versi gruppi di donne “non bianche”, relegandole a una condizione di atavica vittimizzazione nei propri contesti sociali e culturali, con- siderati cronicamente arretrati, e negando loro in tal modo qualsiasi capacità di agency5. Tale processo, Mohanty denuncia, era stato fun- zionale alle femministe del Primo Mondo per rafforzare la propria posizione egemonica nel contesto globale del femminismo. 5 Con il termine agency nel contesto degli studi femministi e degli studi di genere si intende la capacità delle donne di agire e di decidere sulle proprie vite anche quando esse agiscono all’interno di vincoli imposti loro dalla posizione sociale che occupano e dagli assi di differenziazione da cui sono attraversate. Privare una donna di agency (anche attraverso il “buon” proposito di proteggerla) vuol dire di fatto ridurla a vittima e quindi privarla della possibilità di effettuare le proprie scelte e di imprimere un cambiamento alla propria vita.
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 439 17.1 Che cos’è l’intersezionalità? 439 17.1.2 Intersezionalità come categoria di analisi Quando la giurista africana americana Kimberlé Crenshaw conia il Viene coniato termine “intersezionalità” (Crenshaw 1989), dunque, la necessità di il termine “intersezionalità” una pratica che consideri la molteplicità di categorie in base alle quali un soggetto è discriminato nella loro simultaneità e non separata- mente l’una dall’altra è già chiara e la pratica già ampiamente messa in atto dalle femministe “non bianche”. Ma la creazione e l’ufficia- lizzazione di un termine specifico sono molto importanti da un punto di vista teorico e metodologico. Quando incontra il caso legale di se- guito utilizzato come esempio, infatti, Crenshaw comprende di tro- varsi di fronte a un problema che non ha un nome e, come lei stessa afferma, «sappiamo tutti che quando un problema non ha un nome, quel problema non si riesce a vedere, e quando un problema non si riesce a vedere non si riesce neanche a risolvere»6 (Crenshaw 2016, min. 8:30). Crenshaw conia l’espressione “intersezionalità giuridica” a partire da una riflessione su tre casi legali, uno dei quali è il noto DeGraffenreid vs General Motors. Nel 1976 cinque donne nere ave- Caso DeGraffenreid vano intentato una causa ai danni della General Motors da cui erano vs General Motors state licenziate in seguito alla necessità dell’azienda di ridurre il per- sonale, riduzione che era stata operata secondo il principio di anzia- nità. Secondo le cinque donne licenziate tale principio perpetuava gli effetti della passata discriminazione contro le donne nere che, a differenza delle donne bianche e degli uomini neri, non erano state assunte dalla General Motors prima della promulgazione del Civil Rights Act del 1964, legge in materia di diritti civili e di diritto del lavoro che aveva ufficialmente sancito il divieto di discriminare gli esseri umani in base alla razza, al colore, alla religione, al sesso, e alla nazionalità. Alla discriminazione perpetrata nel passato nei loro confronti era ascrivibile l’impossibilità per queste donne di maturare un’anzianità di servizio superiore a quella di altri gruppi (uomini bianchi, donne bianche, uomini neri), e ciò le aveva di fatto rese i soggetti con minore diritto a mantenere il posto di lavoro nel mo- mento in cui l’azienda si era trovata nelle condizioni di dover ridurre il personale. Queste donne chiedevano alla corte che venisse consi- derata l’oppressione simultanea di razza e genere di cui erano state vittime nel passato (ma i cui effetti subivano nel presente) perché in caso contrario esse si sarebbero trovate nell’impossibilità di far valere 6 Trad. mia. [«We all know that when there is no name for a problem, you can’t see a problem, and when you can’t see a problem, you pretty much can’t solve it»].
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 440 440 17 – Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo i propri diritti. Se avessero intentato una causa sulla base della di- scriminazione di genere, non avrebbero potuto accusare la General Motors di non essere state assunte prima del 1964 in quanto donne (la General Motors aveva assunto donne prima del 1964, ma erano bianche); se avessero intentato una causa sulla base della discrimi- nazione razziale, non avrebbero potuto accusare la General Motors di non essere state assunte prima del 1964 in quanto nere (la General Motors aveva assunto persone nere prima del 1964, ma erano uomi- ni). La corte rifiutò di ammettere la classificazione di una nuova “mi- noranza” – quella delle donne nere – perché non risultavano esserci precedenti in cui una “minoranza” veniva definita sulla base dell’in- tersezione di due categorie di oppressione (razza e genere) invece di una (razza o genere) e quindi non fu possibile intentare tale causa le- gale. Rifiutandosi di considerare le categorie di razza e di genere nel- la loro simultaneità e intersezione, la corte aveva di fatto relegato queste donne africane americane all’invisibilità (le uniche donne che venivano considerate erano bianche, gli unici neri che venivano con- siderati erano uomini). Crenshaw sosteneva che questa causa – un procedimento legale riguardante il lavoro e la vita quotidiana delle donne interessate, dunque non un ragionamento teorico avulso dalla realtà – mostrasse come un mancato approccio intersezionale abbia ricadute pratiche sulla vita quotidiana dei soggetti e come le donne nere rischino di diventare invisibili non solo nelle pratiche culturali, ma anche in quelle sociali, politiche ed economiche da cui dipende la loro stessa sopravvivenza. 17.2 La metodologia intersezionale applicata alla critica letteraria Questa lunga introduzione ha la doppia funzione di mostrare la com- plessità delle questioni teoriche intorno alla pratica intersezionale, ma anche di ancorare tale pratica allo spirito da cui essa è nata e ai contesti in cui ha preso forma prima di applicarla all’ambito della critica letteraria. È dunque necessario rimarcare che l’intersezionalità è nata in un contesto femminista, nero (o comunque non bianco), le- sbico e proletario, e che si articola intorno alla necessità di rendere visibili soggetti che rischiano di scomparire dallo spettro sociale a causa del fatto che la simultaneità delle diverse oppressioni che su- biscono risulta invisibile. Dal momento che la pratica intersezionale nasce nell’ambito del femminismo e della critical race theory, con- sidero le categorie di genere, razza, colore e classe imprescindibili
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 441 17.2 La metodologia intersezionale applicata alla critica letteraria 441 nell’analisi letteraria che presento di seguito. Quando la metodologia Potenziale sociale di analisi intersezionale viene trasferita agli studi letterari, dunque, e politico dell’intersezionalità è fondamentale che il suo forte potenziale sociale e politico non vada perso, ricordando allo stesso tempo, come sostiene Edward Said (Said 1979), che la divisione tra “sapere puro” e “sapere politico” è stata creata ad arte per depotenziare le creazioni e le riflessioni di soggetti mantenuti tradizionalmente ai margini delle narrazioni e del- le epistemologie, che denunciano storie di iniquità e di ingiustizia e che mettono fortemente in discussione la presunta universalità del cosiddetto “sapere puro”. Vivian May afferma: L’intersezionalità è un approccio orientato verso la giustizia sociale, che deve essere adottato al fine di formulare un’analisi e una critica della società, di mettere a punto strategie politiche, di generare nuove idee e dissotterrare le idee che sono state soppresse, cercando allo stesso tempo di disturbare le strutture di dominio e di mettere in discussione la dise- guaglianza sistematica. Ciò implica la necessità di trovare attivamente modi di percepire/interpretare/agire innescando un moto oppositivo ri- spetto a quello degli immaginari ufficiali e prestabiliti che si muovono lungo un unico asse e di impegnarsi in un continuo sforzo per realizzare una giustizia collettiva e densa di significato attraverso un cambiamento epistemico, ontologico, economico e strutturale. Per tale motivo, è anche necessario stare in guardia da modelli di intersezionalità eccessivamente strumentali e/o da applicazioni depoliticizzate che ne negano la storia politica e il potenziale sovversivo7. (May 2015, p. 228) Se l’intersezionalità diventa un meccanismo depoliticizzato senza al- Finalità etica cuna finalità etica, dunque, essa perde la propria funzione principale, dell’intersezionalità cioè quella di trasformare modi di essere e processi conoscitivi. Pro- prio in linea con il fatto che l’intersezionalità non è soltanto una teo- ria ma anche una pratica – e unisce dunque alla potenza del pensiero e della teorizzazione la forza dell’attivismo – May sottolinea la ne- cessità di acquisire una disposizione intersezionale che conduca alla radicale messa in discussione di logiche dominanti, immaginari pre- 7 Trad. mia. [«Intersectionality is a justice-oriented approach to be taken up for social analysis and critique, for political strategizing and organizing, for generating new ideas, and for excavating suppressed ones, all with an eye toward disrupting dom- inance and challenging systematic inequality. This entails actively finding ways to perceive/interpret/act against the pull of established, single-axis imaginaries and to engage in an ongoing effort to realize meaningful, collective justice via epistemic, ontological, economic, and structural change. There is also, therefore, a need to be wary of overly instrumental models of intersectionality and/or depoliticized applica- tions that negate its political history and subversive potential»].
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 442 442 17 – Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo costituiti, ontologie diffuse e che induca «a oltrepassare i confini, a fare attenzione a ciò che è assente e a ciò che non viene detto, a creare connessioni»8 (May 2015, p. 226). L’intersezionalità, dunque, in virtù della propria valenza politica e sociale, fornisce importanti strumenti per riassegnare visibilità a soggetti resi storicamente invisibili e per rappresentare e rafforzare la loro capacità di agency. Le differenze tra le varie soggettività in- dividuali che discendono da specifici assi di potere (anche nei per- sonaggi letterari) non sono semplici differenze di attitudine o di gusto (cioè, per chiarezza, non stiamo parlando della contrapposizione tra i “Big-Endians” e i “Little-Endians” di swiftiana memoria, cioè tra chi ritiene che le uova alla coque si debbano rompere dalla parte gros- sa e chi invece sostiene che si debbano rompere dalla parte piccola). Esse sono piuttosto disuguaglianze legate a categorie di oppressione che limitano fortemente la vita di individui e gruppi sociali e ne de- terminano una sistematica esclusione dalla – o inclusione differen- ziale nella – società. Michele T. Berger e Kathleen Guidroz afferma- no che «l’approccio intersezionale […] implica una concezione di “attraversamento dei confini” disciplinari prodotto per mezzo del- l’attivismo e della teorizzazione femminista sulle relazioni sociali di potere. Concettualizzare l’approccio intersezionale come un attra- versamento di confini suggerisce un rigore interdisciplinare che aiuta a mettere in discussione modi tradizionali di inquadrare questioni, ricerche e metodologie»9 (Berger, Guidroz 2009, p. 7). Ed è proprio tale messa in discussione dei saperi precostituiti – e dei soggetti che li producono – che critici e critiche letterarie devono mettere in atto avvalendosi della metodologia intersezionale e di un approccio in- terdisciplinare e transdisciplinare. Trasferiamo dunque quanto detto finora alla critica letteraria nello specifico e assumiamo il punto di partenza di Maureen Meharg Ken- toff, che afferma che «[l’i]ntersezionalità è un approccio all’analisi letteraria che invita gli/le studenti a considerare come un certo nu- mero di fattori identitari, quali il genere, la razza, la nazionalità, la classe, la sessualità, l’età, l’abilità fisica, la struttura corporea, il ruo- 8 Trad. mia. [«[…] cut across boundaries, attend to gaps and silences, and create links»]. 9 Trad. mia. [«[…] the intersectional approach […] is a disciplinary “border-crossing” concept produced through feminist theorizing and activism about the social relations of power. Conceptualizing the intersectional approach as a border-crossing concept suggests an interdisciplinary rigor that helps challenge traditional ways of framing research inquiries, questions, and methods»].
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 443 17.2 La metodologia intersezionale applicata alla critica letteraria 443 lo o il setting interagiscano per modellare un personaggio»10 (Kentoff 2016, p. 66). Il passo seguente è andare a esaminare i modi in cui queste categorie identitarie attraversano i personaggi, e quindi i modi in cui si costruiscono le diverse soggettività a partire da tali categorie, per poi analizzare come quel processo di costruzione informi la so- cietà in senso più ampio. Per sviluppare un’analisi siffatta è neces- sario leggere le parole ma ancor più i silenzi, interpretare ciò che vie- ne detto ma ancor più ciò che viene taciuto, ciò che è manifesto ma ancor più ciò che è nascosto. Proprio perché la letteratura agisce a livello simbolico, l’importanza della lettura intersezionale di un testo risiede proprio nella sua capacità di disturbare narrazioni tradizionali e immaginari cristallizzati, messi in discussione e riarticolati alla luce di processi che mostrano le oppressioni simultanee che storicamente hanno reso i soggetti subalterni invisibili. Pensiamo, ad esempio, al modo in cui Toni Morrison nei suoi romanzi pone al centro la comu- nità africana americana, andando a scavare nella sua storia di oppres- sione per comprendere e mostrare come tale storia e tutto il discorso razziale che la accompagna abbiano di fatto informato la storia degli Stati Uniti tutti, non soltanto quella della popolazione nera statuni- tense. Come Toni Morrison afferma, «[l]a letteratura degli Stati Uniti, come la sua storia, costituisce un commento sulle trasformazioni di concetti biologici, ideologici e metafisici intorno alla differenza raz- ziale»11 (Morrison 1993, p. 65). Tale differenza, afferma Morrison, informa la letteratura statunitense sia quando essa è presente nella narrazione, sia – e forse anche in misura maggiore – quando è as- sente, e contribuisce a ripensare e a riarticolare la nozione stessa di “americanità”. Allo stesso tempo, i romanzi di Toni Morrison sono spesso incentrati sulle donne africane americane, sulle oppressioni multiple di cui esse sono storicamente (state) vittime, sui modi com- plessi in cui il loro presente prende forma a partire dal loro passato di schiavitù, e sul fatto che l’identità razziale sia sempre genderizzata e l’identità di genere sia sempre razzializzata (e quindi le categorie di genere, colore e razza siano inestricabili l’una dall’altra). Il ro- manzo Paradise (1999), ad esempio, è ambientato nella comunità ne- ra di Ruby, creata come un utopico rifugio dal razzismo dei bianchi, 10 Trad. mia. [«Intersectionality is an approach to literary analysis that invites students to consider how a range of identity factors, such as gender, race, nationality, class, sexuality, age, physical ability, corporeality, role, or setting, interact to shape char- acter»]. 11 Trad. mia. [«The literature of the United States, like its history, represents com- mentary on the transformations of biological, ideological, and metaphysical concepts of racial difference»].
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 444 444 17 – Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo dove però le dinamiche di razzismo e sessismo strutturali nella so- cietà sono state a tal punto interiorizzate dalla popolazione africana americana da generare l’inaudita violenza di neri contro altri neri (e Razzismo e in particolare contro le donne nere). Per articolare una lettura critica sessismo strutturali che renda giustizia alla straordinaria complessità di questo romanzo è quindi necessario andare molto al di là di una lettura tradizionale, ma anche molto oltre la dicotomia bianco/nero, comprendendo non soltanto come il razzismo e il sessismo siano elementi strutturali della società (e come quindi il continuare a perpetrare entrambi possa es- sere un atto non volontario), ma anche come essi siano inscindibili l’uno dall’altro. Compito dei critici e delle critiche di fronte a questo tipo di testi, dunque, è articolare una lettura che, attraverso un ap- proccio intersezionale, sia in grado di esaminare come le strutture fortemente razzializzate e genderizzate della società informino l’im- maginario collettivo a livello profondo e come, attraverso specifiche contronarrazioni, sia possibile iniziare a mettere in discussione e a decostruire tali strutture. 17.3 Due casi di studio Per facilitare la comprensione di come l’analisi intersezionale possa essere utilizzata dalla critica letteraria, passiamo ora a esaminare due casi di studio, uno proveniente dalla letteratura inglese e di lingua inglese, l’altro dalla letteratura italiana. 17.3.1 Lettura intersezionale di Jane Eyre e Wide Sargasso Sea Iniziamo prendendo in esame il romanzo di Charlotte Brontë, Jane Eyre (1847), e la sua riscrittura ad opera di Jean Rhys, Wide Sargasso Sea (1966), e analizziamo i motivi per cui la lettura critica che di questi due romanzi propongono le critiche postcoloniali Gayatri Spi- vak (1985, 1999) e Firdous Azim (1993) risulta maggiormente inter- sezionale rispetto a quella operata dalle femministe statunitensi San- dra Gilbert e Susan Gubar (1979) ed Elizabeth Baer (1983). Mentre le prime due teoriche fondano la propria analisi sull’intersezione tra genere, razza, colore, classe, e sulla dicotomia colonizzatore/colo- nizzato, le seconde invece basano la propria unicamente sulla comu- ne appartenenza di genere dei personaggi femminili nei due romanzi, tralasciando di analizzare le differenze tra di loro. Bertha, la pazza Sandra Gilbert e Susan Gubar interpretano il personaggio di Ber- in soffitta tha Mason – la moglie caraibica “pazza” che Rochester aveva rin-
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 445 17.3 Due casi di studio 445 chiuso in soffitta e che alla fine muore nel rogo della casa da lei stesso appiccato – come il doppio oscuro di Jane dal punto di vista psicologico. La critica di Gilbert e Gubar alla società patriarcale, che considerava le donne secondo una dicotomia che le riduceva unicamente a creature angeliche (Jane) o demoniache (Bertha), mo- stra dunque i limiti di un’analisi fondata soltanto sulla categoria di genere. Un approccio maggiormente intersezionale è inserito da Jean Bertha Mason narra Rhys, che alla Bertha Mason di Charlotte Brontë – descritta come la propria storia un animale e della cui pazzia non viene fornita alcuna spiegazione – restituisce la possibilità di narrare la propria storia nel romanzo Wide Sargasso Sea (dal punto di vista della trama il prequel di Jane Eyre). Il personaggio di Antoinette, che in seguito il marito rinomina Bertha, costituisce la voce narrante in due delle tre sezioni del romanzo. Qui Antoinette racconta le proprie origini e la vita in Jamaica prima che il marito la sposasse al solo fine di prendere possesso del suo patri- monio (in patria infatti, in quanto figlio cadetto, non avrebbe eredi- tato nulla dal padre). La follia di Antoinette/Bertha, pertanto, non è più ascritta ai presunti limiti che la società vittoriana attribuiva alla cosiddetta “natura femminile”. Essa è piuttosto considerata come il risultato della subordinazione sociale a cui le donne erano costrette nell’ambito dell’istituzione del matrimonio (attraverso cui il patriar- cato conferiva agli uomini, di fatto, un potere illimitato sulle consor- ti), intersecata qui con la subordinazione degli abitanti delle colonie nei confronti di quelli della madre patria. Elizabeth Baer non considera la diversa collocazione geopolitica Sorellanza tra di Jane e Antoinette/Bertha e legge il rapporto tra le protagoniste dei Jane e Bertha due romanzi come un’ideale sorellanza. Come Jane Eyre, afferma Baer, anche Wide Sargasso Sea può essere letto come un Bildungsro- man, sebbene la protagonista alla fine si uccida. La morte di Antoi- nette, infatti, serve per salvare Jane, in quanto l’incendio che Antoi- nette/Bertha appicca finisce per privare Rochester dell’autorità e del potere del patriarcato. Baer sostiene dunque l’importanza cruciale che ha per le donne la narrazione delle proprie storie individuali, in quanto esse costituiscono tasselli di una storia collettiva specificata- mente femminile. I due romanzi, afferma Baer, devono essere letti come un’unica storia, quella della nascita e della strutturazione del soggetto femminile individuale (Jane) che si fonda sulla battaglia e sul sacrificio delle donne di generazioni precedenti (Antoinette/ Bertha). Tale analisi, fondata soltanto sulla categoria di genere, san- cisce la nascita di un soggetto femminile universale senza però con- siderare le profonde differenze a livello sociale tra i due soggetti/per- sonaggi femminili, che invece diventano visibili se utilizziamo
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 446 446 17 – Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo un’analisi che consideri anche l’intersezione del genere con altre ca- tegorie come il colore, la razza e la collocazione geopolitica. Antoi- nette, infatti, è creola e vive in Jamaica, e ciò implica che ella non venga considerata propriamente bianca dai bianchi e allo stesso tem- po neanche sufficientemente nera dai neri. Incontri coloniali Gayatri Spivak oppone a un’interpretazione testuale che si fonda nei due romanzi sulla nozione di sorellanza universale una lettura in cui le categorie di razza e colore sono invece profondamente significanti. Secondo Spivak il fatto che il sacrificio di Antoinette/Bertha – il doppio “nero” di Jane – sia necessario affinché Jane possa emergere come l’eroina femminista e individualista del romanzo inglese è parte integrante del progetto imperialista del colonialismo: «Devo leggere ciò come un’allegoria della generale violenza epistemica dell’imperialismo, la costruzione di un soggetto coloniale che si auto-immola per la glo- rificazione della missione sociale del colonizzatore»12 (Spivak 1985, p. 251). La teoria della presunta “sorellanza” tra le protagoniste, in- fatti, non tiene conto del fatto che, come afferma Firdous Azim, «[l]’incontro tra le due donne è presentato come un incontro colo- niale, che evidenzia e mette in scena questioni riguardanti la sogget- tività umana, la razionalità e la civilizzazione»13 (Azim 1993, p. 178). Nell’incontro tra Jane e Bertha che avviene nello specchio, dunque, il soggetto (femminile) coloniale costruisce sé stesso come civiliz- zato, razionale e bianco in contrapposizione al soggetto colonizzato – che rappresenta l’alterità per eccellenza – primitivo, animalizzato e “nero”. Secondo Gayatri Spivak, tuttavia, la riscrittura di Bertha che Rhys mette in atto non opera di fatto una resistenza postcoloniale. Attraverso un’analisi maggiormente intersezionale, Spivak evidenzia la distinzione esistente, dal punto di vista della razza e del colore, tra la popolazione creola e quella indigena, considerando allo stesso tempo come tale distinzione offrisse ai due gruppi diverse possibilità di accesso all’autorialità e all’autorappresentazione. Antoinette/Ber- tha, infatti, può essere considerata l’altro “nero” di Jane soltanto se i personaggi femminili realmente neri sono resi invisibili. Anche se questa donna creola non è considerata sufficientemente bianca in quanto è nata e cresciuta nelle colonie, ella è pur sempre figlia dei 12 Trad. mia. [«I must read this as an allegory of the general epistemic violence of imperialism, the construction of a self-immolating colonial subject for the glorifica- tion of the social mission of the colonizer»]. 13 Trad. mia. [«The meeting between the two women is presented as a colonial en- counter, highlighting and dramatizing questions regarding human subjectivity, ra- tionality and civilisation»].
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 447 17.3 Due casi di studio 447 colonizzatori bianchi e quindi in nessun modo assimilabile alla po- polazione indigena. Ci sono invece due donne nere nella narrazione di Rhys, la bambina Tia e la nutrice Christophine, e la seconda, nella sezione centrale narrata da Rochester, costituisce l’autorità morale della narrazione. Queste due donne, tuttavia, non parlano mai in pri- ma persona e non hanno alcuna possibilità di raccontare la propria storia. La violenza (non soltanto) epistemica del colonialismo e an- che del femminismo bianco rende di fatto le donne nere in Wide Sar- gasso Sea prive di voce e le loro storie irrilevanti (Spivak 1985, 1999). La disamina delle diverse posizioni critiche qui presentate evi- denzia come operare un’analisi intersezionale dei due romanzi presi in esame voglia dire considerare non soltanto ciò che è presente ma anche – e forse di più – ciò che è assente, prestando attenzione agli interstizi e ai personaggi marginali, perché è proprio da quei luoghi e da quei personaggi che sono articolate narrazioni di resistenza. 17.3.2 Lettura intersezionale de L’ottava vibrazione, Albergo Italia e Identità Nel secondo esempio che presento qui intendo proporre l’utilizzo di una metodologia intersezionale per una lettura critica della rappre- sentazione delle donne africane nei romanzi di ambientazione colo- niale L’ottava vibrazione (2008) e Albergo Italia (2014) di Carlo Lu- carelli, per poi metterla a contrasto con quella operata da Igiaba Sce- go nel racconto Identità (2008). L’ottava vibrazione è un romanzo storico, ambientato a Massaua Colonizzazione nel 1896 subito prima della battaglia di Adua. L’impresa coloniale italiana nel Corno d’Africa italiana è rappresentata in modo niente affatto eroico e quindi il ro- manzo, per alcuni versi, può essere considerato un romanzo antico- loniale. L’Africa di Lucarelli è un luogo dove gli italiani andavano per fare fortuna e ottenere un tornaconto personale, in modi tanto le- citi quanto illeciti, e per sfogare istinti perversi e financo criminali, un luogo popolato dai soldati di un esercito disorganizzato e impre- parato e da personaggi deboli, disonesti, corrotti. Critiche che hanno letto il romanzo da una prospettiva postcoloniale (Stefani 2007, 2010; Sabelli 2013; Romeo 2018), tuttavia, hanno sottolineato che il punto di vista della narrazione è quello dei colonizzatori e che l’autore di fatto non articola una contronarrazione perché spesso non prende la dovuta distanza dalle rappresentazioni stereotipate dei colonizzati e delle colonizzate. Il punto di vista della narrazione, inoltre, è costan- temente quello dei colonizzatori; i colonizzati rimangono senza voce (in alcuni casi in senso letterale, come nel caso di Aicha, che esamino
Sinopoli_17_2020.qxp_Sinopoli 2020 17 07/01/2021 20:39 Page 448 448 17 – Intersezionalità e critica letteraria: questioni di metodo di seguito), e la popolazione indigena è spesso rappresentata secondo triti stereotipi coloniali. La contrapposizione bianco/nero, e quindi le categorie di oppressione di razza e colore, sono onnipresenti nel romanzo, dal momento che la nerezza dei colonizzati costituisce l’elemento in contrapposizione al quale l’identità nazionale italiana si costruisce e si consolida come bianca (Giuliani, Lombardi-Diop 2013). Se agli assi di differenziazione di razza e colore si interseca anche l’asse del genere, e quindi se andiamo a esaminare il modo in cui sono rappresentate le donne indigene, si scoprono rappresenta- zioni che risentono molto dell’eredità del colonialismo. Donne nere Potenti immaginari coloniali sono dispiegati all’interno dei due nelle colonie romanzi di Lucarelli qui presi in esame, che ripropongono atmosfere esotizzanti e apparati simbolici di tipo coloniale senza mettere in di- scussione le politiche sessuali implementate in colonia. Aicha e Ual- la, ad esempio, le donne indigene che compaiono nella prima scena dei due testi, sono connotate da animalità e sono funzionali unica- mente a provocare il desiderio sessuale dei colonizzatori. Nei contesti coloniali, come ampiamente argomentato da storiche e studiose del colonialismo, l’immaginario legato al desiderio di penetrazione di territori misteriosi e sconosciuti era indissolubilmente legato anche al desiderio di penetrazione del corpo delle donne indigene, consi- derato altrettanto misterioso e sconosciuto (McClintock 1995; Stoler 2002; Barrera 2004; Poidimani 2009). L’identità nazionale (maschile) italiana, che si andava formando proprio negli anni in cui ebbe inizio l’impresa coloniale, si costituì e si rafforzò a partire dalla capacità dei maschi italiani di dominare i territori delle colonie e di affermare la propria superiorità razziale sulle popolazioni indigene anche at- traverso politiche sessuali che, di fatto, consentivano ai colonizzatori italiani di sfruttare i corpi delle donne nere attraverso le pratiche della prostituzione e del madamato, quest’ultima una forma di relazione “more uxorio”, introdotta dal colonialismo italiano, attraverso la qua- le i colonizzatori acquisivano il diritto a possedere una donna colo- nizzata che assumeva il ruolo di domestica e schiava sessuale (Cam- passi 1987; Barrera 1996; Sorgoni 1998; Iyob 2005; Stefani 2007). Affinché gli uomini italiani non risultassero responsabili di tale sfrut- tamento, le donne nere delle colonie erano rappresentate come iper- sessualizzate e il loro desiderio sessuale come smodato. Questo, in certo modo, giustificava il comportamento dei maschi italiani in co- lonia e permetteva ai colonizzatori di assolversi dalla responsabilità del sistematico sfruttamento e della sistematica violenza sessuale, addossata in tal modo alle donne indigene. Coerentemente con questo tipo di immaginari, Aicha e Ualla nei romanzi di Lucarelli sono rappresentate come donne senza parola,
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