Paper I-Com Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 - I-Com, Istituto ...
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Paper I-Com Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 Settembre 2017
CURATORI Franco D’Amore Stefano da Empoli AUTORI Franco D’Amore Maria Rosaria Della Porta Eleonora Mazzoni
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 3 INDICE ABSTRACT 4 1. INTRODUZIONE: SFIDE ED OPPORTUNITÀ PER LE CITTÀ DI DOMANI 6 2. IL PESO DELLE AREE URBANE IN ITALIA E LA QUESTIONE ENERGIA/CLIMA NELLE CITTÀ 9 3. ASPETTI DI RILIEVO DIRETTO PER LA SEN: IL QUADRO ENERGETICO DELLE CITTÀ 18 4. ASPETTI SISTEMICI DI INTERESSE PER SEN: MOBILITÀ E QUALITÀ DELL’AMBIENTE URBANO 27 4.1. Mobilità urbana 27 4.2. Qualità dell’ambiente urbano 34 5. ESEMPI DI BUONE PRATICHE INTERNAZIONALI PER UNA GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI ASPETTI ENERGETICO/CLIMATICI DELLE CITTÀ 41 6. CONCLUSIONI E SPUNTI DI RIFLESSIONE 46 Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 4 ABSTRACT Da sempre le città sono i principali centri propulsori di crescita, sviluppo e innovazione. La concentrazione di popolazione in limitate porzioni di territorio comporta evidenti benefici e chiari profili di criticità per quanto riguarda l’uso delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici necessari ad approvvigionare questi luoghi dei beni e dei servizi fondamentali per il proprio funzionamento. Le Nazioni Unite stimano che le città occupino circa il 2% delle terre emerse a livello globale e producano circa il 70% del PIL mondiale, ma sono responsabili di circa il 60% della domanda energetica e del 70% delle emissioni di gas climalternati e della produzione globale di rifiuti. Tale situazione è destinata a polarizzarsi ulteriormente nel medio-lungo periodo in conseguenza delle previste dinamiche della popolazione. Il trend di crescita delle aree urbane del pianeta ha portato allo storico sorpasso della popolazione urbana rispetto alla popolazione rurale nel 2007 (prima volta nella storia dell’umanità). Attualmente gli abitanti delle aree urbane rappresentano circa il 54% della popolazione globale e nel 2050 si stima che tale percentuale salirà al 66%. Il fenomeno dell’urbanizzazione interesserà principalmente i paesi emergenti ed in via di sviluppo, ma continuerà a coinvolgere, in misura minore, anche e i paesi più sviluppati. In Italia le aree urbane ospitano poco più dell’80% della popolazione nazionale ed hanno acquisito – nel passato recente - più popolazione rispetto alle aree rurali. Tale trend è destinato a consolidarsi nel medio periodo: a fronte infatti di una contrazione della popolazione prevista per il 2030, le aree urbane vedranno crescere il proprio peso in termini di popolazione insediata rispetto ai dati del 2015. Le città hanno, ed avranno sempre di più nel futuro prossimo, un peso di assoluto rilievo nella domanda di energia e, conseguentemente, nelle emissioni dirette e indirette di gas ad effetto serra. In Italia, ad esempio, molta della domanda energetica si concentra nelle città. Ciò è evidente analizzando la composizione della domanda finale di energia: il 75% dei consumi è rappresentato dai segmenti del residenziale, servizi e trasporti tipicamente caratteristici degli insediamenti urbani. Inoltre, nelle città si concentreranno i principali effetti del cambiamento climatico e si acuiranno le criticità che già caratterizzano gli ambienti urbani (inquinamento dell’aria qualità delle acque e gestione dei rifiuti). Le città devono quindi rappresentare uno snodo fondamentale per le politiche energetico/climatiche e, più in generale, di sostenibilità che il nostro Paese vorrà mettere in campo. A fronte di questi rischi ed opportunità, si deve però registrare una forte e crescente difficoltà – riscontrabile a tutti i livelli istituzionali- nell’elaborare strategie sistemiche e dotare le città di strumenti efficaci ed incisivi in grado di affrontare le criticità sopra esposte. Le uniche risposte visibili sono perlopiù di carattere generale (non specifiche per gli ambienti urbani) e, nella peggiore delle ipotesi, di carattere emergenziale. Questa assenza di un approccio sistemico ed innovativo alle città ha degli evidenti costi. Se è infatti vero che le città sono dei nodi nevralgici dello sviluppo del nostro paese, la mancata gestione delle criticità Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 5 energetico/ambientali delle città rischia di avere conseguenze negative sulla capacità di questi luoghi di generare sviluppo e benessere. A questo vanno aggiunti i costi politici – e non solo economici – di un approccio emergenziale ai problemi delle città, fatti di ordinanze spot che impongono limitazioni e divieti senza risolvere i problemi alla radice. In questo contesto, l’elaborazione di documenti di indirizzo strategico su tematiche trasversali è una importante occasione per provare a riportare al centro dell’azione della politica le realtà urbane del Paese. In tal senso appare quanto mai opportuno che la Strategia Energetica Nazionale apra un focus esplicitamente dedicato al ruolo innovativo e di rottura paradigmatica che le città possono e devono avere nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità energetica che l’Italia si è data, in una più generale prospettiva di gestione sostenibile delle tematiche ambientali e climatiche, attraverso la promozione di tecnologie e vettori energetici a ridotto impatto climatico e ambientale per edifici e veicoli, diffusione di tecnologie energeticamente efficienti, rinnovamento e digitalizzazione delle infrastrutture urbane. Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 6 1. Introduzione: sfide ed opportunità per le città di domani Il ruolo delle città come centri propulsori di crescita e sviluppo è storicamente provato e mantiene tuttora una centralità sia a livello di Paesi sviluppati sia in via di sviluppo. La concentrazione di popolazione in limitate porzioni di territorio comporta evidenti benefici (UN- Habitat stima che le città occupino circa il 2% delle terre emerse a livello globale e producano circa il 70% del PIL mondiale) e chiari profili di criticità per quanto riguarda l’uso delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici, necessari ad approvvigionare questi luoghi dei beni e dei servizi fondamentali per il proprio funzionamento (sempre UN-Habitat stima che le città siano responsabili di circa il 60% della domanda energetica mondiale e del 70% delle emissioni di gas climalternati e della produzione globale di rifiuti). Tali rischi ed opportunità sono destinati a polarizzarsi ulteriormente nel medio-lungo periodo – se non opportunamente gestiti – in conseguenza delle previste dinamiche della popolazione. Il trend di crescita delle aree urbane del pianeta ha portato allo storico sorpasso della popolazione urbana rispetto alla popolazione rurale nel 2007 (prima volta nella storia dell’umanità); attualmente la popolazione urbana rappresenta circa il 54% della popolazione globale e nel 2050 si stima che tale percentuale salirà al 66% (impressionante notare come saranno le sole aree urbane ad assorbire la totalità della crescita di popolazione mondiale dei prossimi 35 anni, pari a circa 2,3 miliardi di persone) (Figura 1.1). Fig. 1.1: Popolazione globale per area insediativa (dati e proiezioni) 10.000.000 9.000.000 8.000.000 7.000.000 6.000.000 5.000.000 4.000.000 3.000.000 2.000.000 1.000.000 0 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 2024 2026 2028 2030 2032 2034 2036 2038 2040 2042 2044 2046 2048 2050 rurale urbana Fonte: Elaborazioni I-Com su dati dati UN1 Il fenomeno dell’urbanizzazione interesserà, come evidente, più i Paesi in via di sviluppo che quelli sviluppati e si concentrerà in Asia e Africa. Ciò nonostante, è utile sottolineare come questo fenomeno, seppur in termini minori, interesserà anche i Paesi più sviluppati (Figura 1.2) 1 World Urbanization Prospects The 2014 Revision (UN, 2014) Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 7 Fig. 1.2: Il peso delle are urbane nelle differenti regioni (dati e proiezioni) 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% più sviluppate meno sviluppate in via di sviluppo 2014 2050 Fonte: Elaborazioni I-Com su dati dati UN2 I dati schematicamente presentati nella sezione precedente evidenziano con chiarezza il sempre crescente ruolo delle città nel realizzare gli obiettivi di sostenibilità dello sviluppo umano, assunti a livello globale, regionale e di singolo paese. Non è un caso che, nel tempo, si siano sempre più rafforzate – a tutti i livelli – iniziative specifiche volte alla promozione di modelli urbani sostenibili. Ciò è avvenuto, ad esempio, a livello di Nazioni Unite (UNDP, UN- Habitat) e di istituti finanziari internazionali (Banca Mondiale). A livello europeo sono state promosse iniziative top-down e bottom up, così come a livello nazionale (es. PON Metro). Le città hanno poi saputo aggregarsi dal basso per promuovere iniziative globali per la sostenibilità (vedi la rete C40). Nella tabella 1.1 sono state riassunte le principali iniziative che riguardano lo sviluppo sostenibile delle città in differenti livelli e ambiti. 2 World Urbanization Prospects The 2014 Revision (UN, 2014) Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 8 Tab. 1.1: Principali iniziative sullo sviluppo sostenibile delle città Iniziativa Sponsor Livello Tipologia Ambito Obiettivo principale Sustainable UNDP (2016) Globale Top-down policy Promuovere lo Development sviluppo di Goal 11 – insediamenti Sustainable urbani sostenibili cities and ed inclusivi communities Habitat III –New Habitat (2016) Globale Top-down policy Migliori standard Urban Agenda di sviluppo e gestione degli ambienti urbani Banca Mondiale Banca Globale Top-down Pianificazione Supportare lo le - Global Mondiale città nella Platform for promozione di Sustainable progetti ed Cities (GPSC) iniziative volte allo sviluppo di ambienti urbani sostenibili C40 - Cities Municipalità Globale Bottom-up Networking Rendere le città Climate (2005/2006) protagoniste di Leadership iniziative volte Group alla lotta ai cambiamenti climatici 7th Environment Commissione Unione Top-down Policy Rendere le città Action Europea (2013) Europea europee più Programme sostenibili (EAP): obiettivo prioritario orizzontale su Sustainable Cities Patto dei sindaci Commissione Unione Bottom-up Policy Promuovere Europea (2008) Europea l’adozione di azioni volte alla mitigazione e adattamento al cambiamento climatico da parte delle città europee PON Città Governo Nazionale Top-down Policy/ Gestione Attuazione Metropolitane Italiano (2015) partecipato di risorse dell’Agenda 2014 – 2020 finanziarie urbana nazionale Fonte: Elaborazioni I-Com A queste iniziative si sono affiancati numerosi strumenti finanziari dedicati alla realizzazione di progetti di sostenibilità urbana. Citiamo – pur in modo non esaustivo - il fondo Global Sustainable Cities Initiative della Banca Mondiale, i vari fondi europei dedicati al tema Local Climate & Energy Actions e le risorse attivate da importanti fondazioni private (es. la Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 9 Financing Sustainable Cities Initiative promossa congiuntamente da C40 Climate Leadership Group, World Resources Institute e Citi Foundation). È evidente come le città rappresentino il cuore dei problemi legati allo sviluppo sostenibile e, al contempo, la chiave per individuare le possibili soluzioni. È noto come le criticità ambientali di molte aree urbane del pianeta (inquinamento dell’aria, delle acque e dei suoli) espongano un numero elevatissimo di persone a danni per la salute estremamente severi. È nelle città che il capitale naturale risulta più minacciato. Anche da un punto di vista sociale ed economico le città presentano forti disomogeneità, tensioni ed ineguaglianze. Temi che non potranno che acuirsi nel medio-lungo periodo se non gestiti correttamente, viste le dinamiche demografiche sopra riportate. Tra tutte le questioni legate allo sviluppo sostenibile delle città, il cambiamento climatico (sia in termini di mitigazione che di adattamento) assume un ruolo cruciale. Come accennato, sono infatti le città ad essere responsabili direttamente o indirettamente attraverso la domanda di beni e servizi (primo tra tutti l’energia) di una quota rilevantissima di emissioni climalteranti. Inoltre, saranno sempre le città a subire in maniera più severa le conseguenze del cambiamento climatico, acuendo le criticità ambientali, sociali ed economiche delle popolazioni urbane. 2. Il peso delle aree urbane in Italia e la questione energia/clima nelle città Come accennato nel paragrafo precedente, le aree urbane dei Paesi sviluppati hanno un peso di assoluto rilievo rispetto alle aree rurali. Ciò comporta e giustifica l’adozione di policy esplicitamente dedicate alle aree urbane, volte alla gestione delle principali criticità e alla promozione delle varie opportunità che gli ambienti urbani presentano. È appropriato a questo punto introdurre il tema della definizione e misurazione delle aree urbane. Tale questione (assolutamente non accademica e funzionale alla corretta lettura del territorio e conseguente adozione di policy efficaci) è estremamente complessa e al di fuori degli obiettivi del presente documento (per una analisi del tema si rimanda alla ricerca Istat, Forme, livelli e dinamiche dell’urbanizzazione in Italia, 2017). La maggior parte delle definizioni e delle analisi della struttura delle città considera come area urbana quella parte di territorio ricadente all’interno del limite amministrativo comunale. La lettura del territorio italiano attraverso questa lente ci restituisce una realtà dominata da una presenza di piccoli e medio-piccoli centri abitati, mentre sono poche le città di dimensioni maggiori (Tabella 2.1). Tab. 2.1: Classificazione dei Comuni Dimensione Numero Popolazione (2015) % popolazione Piccoli (< 10k ab.) 6776 18.443.447 30,4% Medio-piccoli (da 10k a 40k 1023 18.583.723 30,6% ab.) Medio-grande (da 40k a 100k 158 9.352.516 15,4% ab.) Grande (>100k ab.) 46 14.285.865 23,5% Fonte: Elaborazioni I-Com Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 10 I Comuni italiani sono infatti costituiti prevalentemente da centri medio-piccoli e piccoli, sia in termini di numerosità̀ (97% circa dei Comuni) sia di abitanti (oltre il 60% della popolazione urbana). Tale descrizione non è in grado di cogliere le interazioni esistenti tra Comuni adiacenti e le dinamiche di attrazione dei grandi centri urbani rispetto alla cintura. È interessante notare, ad esempio, come secondo la classificazione operata all’interno della Strategia Nazionale per le Aree Interne, queste ultime occupino il 61% del territorio nazionale (la restante parte essendo ripartita tra il 12% dei centri urbani e il 27% dei Comuni cintura) a fronte di una popolazione pari a circa il 22% del totale, con la restante porzione di popolazione collocata per il 40% nei centri urbani e per il 38% nei Comuni cintura3. È evidente quindi il peso delle aree urbane rispetto alle aree rurali (avendo approssimato le aree interne con le aree non urbane). Sempre nel lavoro citato, l’ISTAT identifica - tramite l’utilizzo della geografia dei Sistemi locali del lavoro come griglia territoriale di riferimento - 21 sistemi locali, definiti come le “principali realtà urbane”4 del Paese. La necessità di strumenti di lettura del territorio che vadano oltre i confini amministrativi – anche per garantire la confrontabilità relativa di sistemi di gestione del territorio molto differenti – ha spinto l’Istituto Europeo di Statistica (Eurostat) ad elaborare una nuova metodologia per la definizione delle aree urbane5. La nuova definizione adottata da Eurostat per distinguere le aree urbane e rurali si basa su dati di popolazione con una risoluzione di 1 km2. Vengono quindi definiti tre differenti livelli territoriali (cluster): Cluster rurale: celle di 1km2 contigue densità di popolazione < 300 ab/km2 Cluster urbani: celle di 1km2 contigue densità di popolazione > 300 ab/km2 e una popolazione totale >5000 ab. Cluster ad alta densità (centro città): celle contigue con densità di popolazione > 1500 ab./km2 e popolazione >50.000 ad. Per classificare i territori si adottano quindi le seguenti definizioni: Se meno del 50% della popolazione di un Comune risiede in cluster urbani, questo si definisce rurale [rural areas or thinly populated areas]. Se meno del 50% della popolazione del Comune risiede in cluster rurali e meno del 50% della popolazione vive in cluster ad alta densità, questo si definisce municipalità o sobborgo [towns and suburbs or intermediate density areas] Se più del 50% della popolazione vive in cluster ad alta densità, il Comune si definisce città [Cities or densely populated areas]. Nella figura 2.1 seguente viene riportata la fotografia al 2014 delle aree urbane in Europa. 3 Forme, livelli e dinamiche dell’urbanizzazione in Italia (Istat, 2017) 4 Torino, Busto Arsizio, Como, Milano, Bergamo, Verona, Venezia, Padova, Trieste, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Taranto, Reggio di Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari. 5 A harmonised definition of cities and rural areas: the new degree of urbanization (EU Commission WP 01/2014) Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 11 Fig. 2.1: Aree urbane in Europa Nota: Legenda: rosso = City; giallo= towns and suburbs; verde= rural areas Fonte: Eurostat Analizzando i dati quantitativi, è interessante notare il livello di urbanizzazione dell’Italia rispetto ai principali Paesi europei. Il nostro Paese si colloca al di sopra della media Comunitaria per quanto riguarda il peso delle aree urbane rispetto alle aree rurali (circa l’80% contro un dato medio europeo di 72%, Figura 2.2), mentre per quanto riguarda la tipologia di insediamenti urbani prevalgono i centri di medie dimensioni rispetto ai grandi centri urbani. Fig. 2.2: Distribuzione della popolazione per tipologia di area (2015) 100,0 90,0 14,9 18,9 22,4 26,5 28,0 80,0 34,7 43,2 70,0 28,7 60,0 22,3 47,3 41,8 31,7 20,4 Rural areas 50,0 24,3 Towns and suburbs 40,0 Cities 30,0 56,4 51,2 20,0 40,3 44,9 33,8 35,8 32,5 10,0 0,0 UK Italia Germania Spagna EU Francia Polonia Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Eurostat Molto interessanti i dati relativi alle dinamiche insediative. I dati storici mostrano una capacità attrattiva dei centri urbani più accentuata rispetto alle aree rurali in molti Paesi europei, in particolare per l’Italia (Figura 2.3) Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 12 Fig. 2.3: Tasso di crescita della popolazione: confronto aree urbane vs. aree rurali (valori %, 2004-2015) 12,0 10,0 8,0 6,0 4,0 2,0 0,0 ‐2,0 Spagna Francia Italia Polonia Regno Unito Predominantly urban regions Predominantly rural regions Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Eurostat Anche le proiezioni future sulla popolazione in Italia evidenziano una crescente importanza delle aree urbane rispetto alle aree rurali: a fronte infatti di una contrazione della popolazione prevista per il 2030, le aree urbane vedranno crescere il proprio peso in termini di popolazione insediata, secondo le stime delle Nazioni Unite6 riportate in Figura 2.4 Fig. 2.4: Andamento della popolazione in Italia (2000=100; 108 107 106 105 104 totale 103 aree urbane 102 101 100 99 1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 Fonte: Elaborazioni I-Com su dati UN La Figura 2.5 mostra in dettaglio gli andamenti previsti per la popolazione dei principali Comuni italiani, sempre secondo le stime delle Nazioni Unite. A Bologna si stima che nel 2030 la popolazione sarà superiore del 6% rispetto al livello attuale; nei comuni di Bari, Cagliar, Catania, Firenze e Venezia del 5%. Seguono con tassi di crescita inferiori ma comunque significativi i Comuni di Genova, Milano, Napoli, Roma e Torino. 6World Urbanization Prospects: The 2014 Revision (UN Department of Economic and Social Affairs ‐ Population Division, 2015) Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 13 Fig. 2.5: Proiezioni della popolazione di alcuni dei principali Comuni italiani 108 106 104 102 100 98 96 94 2015 2020 2025 2030 Bari Bologna Cagliari Catania Firenze Genova Milano Napoli Roma Torino Venezia Fonte: Elaborazioni I-Com su dati UN Al di là delle specifiche metodologie adottate per definire le aree urbane (e che giustificano la discrepanza di alcuni dati presentati in questo lavoro a seconda della fonte utilizzata), gli indicatori mostrano con chiarezza come le politiche nazionali volte al conseguimento di obiettivi di sostenibilità non possano prescindere dai contesti urbani, sia in termini generali sia di azioni specifiche legate ai vari settori coinvolti. Come accennato nell’introduzione, il tema del cambiamento climatico rappresenta una sfida cruciale per le città di domani, sia in termini di mitigazione sia di adattamento. Per quanto riguarda il contrasto alle emissioni climalteranti, giova ricordare come nelle città si concentri molta della domanda energetica nazionale. Ciò è evidente analizzando la composizione della domanda finale di energia in Italia per settore: il 75% dei consumi è rappresentato dai segmenti del residenziale, servizi e trasporti tipicamente caratteristici degli insediamenti urbani (Figura 2.6). Fig. 2.6: Consumi finali di energia in Italia per settore (2015) 3% 22% 28% 13% 34% industria trasporti Servizi Residenziale agricoltura e pesca Fonte: Elaborazioni I-Com su dati MiSE Più nel dettaglio, analizzando i dati disponibili con disaggregazione comunale, si può avere una visione di insieme più chiara e puntuale del peso delle città sulla domanda energetica in Italia. Nella tabella 2.2 sono riportati per le 14 Città metropolitane i dati relativi alla Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 14 popolazione, ai consumi energetici (elettricità + gas) e alla consistenza del parco veicoli privato circolante. Tab. 2.2: Le 14 città metropolitane Città Popolazione (1) Consumi energetici (2) Parco vetture circolante (3) abitanti % IT GWh % IT n. vetture % IT Torino 886.837 1,5% 8.154 1,3% 566.831 1,5% Venezia 261.905 0,4% 3.921 0,6% 111.128 0,3% Milano 1.351.562 2,2% 16.988 2,7% 690.824 1,8% Genova 583.601 1,0% 5.347 0,8% 270.756 0,7% Bologna 388.367 0,6% 5.336 0,8% 201.450 0,5% Firenze 382.258 0,6% 4.244 0,7% 196.873 0,5% Roma 2.873.494 4,7% 22.885 3,6% 1.759.601 4,6% Napoli 970.185 1,6% 4.516 0,7% 534.424 1,4% Bari 324.198 0,5% 2.122 0,3% 176.780 0,5% Reggio C. 182.551 0,3% 781 0,1% 111.635 0,3% Palermo 674.435 1,1% 2.572 0,4% 385.103 1,0% Catania 314.555 0,5% 1.685 0,3% 215.572 0,4% Messina 238.439 0,4% 1.003 0,2% 143.137 0,6% Cagliari 154.460 0,3% 625 0,1% 99.691 0,3% TOTALE 9.586.847 15,8% 80.183 12,6% 5.463.805 14,4% TOT. IT 60.589.445 638.650 37.876.138 (1) Popolazione residente 2016 (ISTAT) (2) Consumi elettricità e gas relativi ad utenze allacciate alle rispettive reti di distribuzione 2015 (ISTAT) (3) Parco circolante 2016 (ACI) Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Istat e ACI È da subito evidente il peso di queste grandi città nella composizione dei consumi energetici domestici (residenziale + servizi, principalmente costituiti appunto da gas metano ed energia elettrica). Le 14 Città metropolitane totalizzano un 12,6% dei consumi nazionali per quanto riguarda l’energia elettrica ed il gas che transitano nelle reti di distribuzione (sono escluse le utenze energivore direttamente collegate alle reti di trasmissione), a fronte di una percentuale di popolazione pari al 15,8%. Nell’inquadrare e valutare questi valori va ricordato che i dati riportati si riferiscono al confine amministrativo dei 14 Comuni metropolitani: sfugge quindi all’analisi il potenziale di attrattività di questi centri urbani rispetto ai Comuni della cintura, spesso vero continuum urbanistico ed infrastrutturale che come tali dovrebbero essere trattati nelle politiche energetico-ambientali. Ancora più rilevante il dato relativo al parco auto circolante, che per circa il 14,4% si concentra nelle Città metropolitane. Risulta quindi chiara la centralità delle città nel contrasto alle emissioni climalteranti. Anche per quanto riguarda il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici le città italiane presentano delle peculiarità specifiche. Il Rapporto sullo stato delle conoscenze scientifiche su impatti, vulnerabilità ed adattamento ai cambiamenti climatici in Italia (2014) elaborato dal Ministero dell’Ambiente dedica infatti un capitolo specifico agli ambienti urbani e identifica 13 principali impatti attesi (elencati di seguito): • impatti sulla salute e sul benessere insediativo • impatti sulle infrastrutture e sulle reti tecnologiche Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 15 • impatti sul settore energetico - incrementi improvvisi della domanda energetica • impatti sulle condizioni di socialità • impatti sulla biodiversità urbana • impatti sulle aree di verde pubblico • impatti sulle risorse idriche • impatti sulla competitività e sulle opportunità economiche • impatti sulle strutture sociali e politiche • impatti particolarmente severi sulla qualità di vita di determinate fasce di popolazione • impatti connessi alle esondazioni fluviali • impatti connessi all’aumento della franosità • impatti generati dall’innalzamento del livello del mare Due di questi, evidenziati in grassetto, sono in diretta relazione con i temi energetici. Tali criticità sono prevalentemente collegate al previsto aumento dei fenomeni metereologici estremi quali ondate di calore, precipitazioni anomale, etc. Per quanto riguarda le evidenze empiriche di tali variazioni climatiche, non esistono – a nostra conoscenza – studi sistematici che consentano un raffronto tra aree urbane e non urbane del nostro Paese. Sono però disponibili dei dati sugli andamenti storici delle variabili climatiche in Italia (eventualmente disaggregati per macro-aree territoriali o per regione). Interessante presentare alcuni dati relativi all’andamento delle temperature e delle precipitazioni. Per quanto riguarda le prime si registra un trend di aumento delle temperature medie, con un aumento delle temperature minime e massime (più marcato). Aumentano contemporaneamente gli indici degli estremi di temperatura “caldi” (esempio, il numero di notti tropicali, indice delle notti calde e l’indice di ondate di calore), mentre diminuiscono gli indici degli estremi di temperatura “freddi” (es. indice delle notti e dei giorni freddi)7 (Figura 2.7) Fig. 2.7: Onde di calore e notti tropicali in Italia Fonte: ISPRA 7 Gli indicatori del clima in Italia nel 2015 (ISPRA, 2016) Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 16 Si può ragionevolmente supporre che le anomalie di temperatura negli estremi “caldi” siano amplificati nelle aree urbane per il noto fenomeno delle isole di calore che si genera nelle città. Queste tendenze sono confermate dall’Agenzia Europea dell’Ambiente che ha elaborato modelli di stima dell’impatto delle ondate di calore sulle città europee8. È evidente l’aumento di tali fenomeni nel periodo 2020-2050 rispetto agli anni precedenti, soprattutto nelle aree urbane (Figura 2.8). Fig. 2.8: numero di giorni con notti tropicali (T>20C) e giornate calde (T>35C) 1971-2000 2020-2050 Nota: la scala di colori indica il numero di giorni con notti tropicali (T>20C) e giornate calde (T>35C) Fonte: EEA Più complesso verificare la presenza di trend stabili nelle anomalie del regime delle precipitazioni. Nell’intervallo 1951-2015 i valori medi delle precipitazioni cumulate annuali risultano in leggera diminuzione ma non risultano tendenze statisticamente significative. Gli indici rappresentativi della frequenza, dell’intensità̀ e dei valori estremi di precipitazione non mostrano trend statisticamente significativi dal 1971 al 2015 (Figura 2.9). Fig. 2.9: Serie delle anomalie medie al Nord, Centro, Sud e Isole dell’intensità di pioggia giornaliera (SDII), rispetto al valore normale Fonte: ISPRA 8 http://www.eea.europa.eu/data‐and‐maps/explore‐interactive‐maps/heat‐wave‐risk‐of‐european‐cities‐1 Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 17 Per quanto riguarda i trend di lungo periodo relativi ai fenomeni precipitativi estremi, risulta molto difficile identificare informazioni specifiche sugli ambienti urbani, a causa della insufficiente magliatura della rete di centraline di rilevamento rispetto alla forte variazione spaziale di tali fenomeni. A differenza della temperatura, più omogenea nella scala geografica e con una variabilità più lenta, le piogge intense sono spesso fenomeni molto circoscritti geograficamente ed estremamente rapidi, dunque enormemente più complessi da mappare. È però dai lavori di monitoraggio sulle conseguenze del cambiamento climatico9 e dalla cronaca degli anni più recenti che possiamo intuire (almeno in via precauzionale) la fragilità degli ambienti urbani al manifestarsi di fenomeni piovosi estremi. Appare quindi chiaro – da quanto accennato in precedenza - come il tema energetico/climatico sia una questione di cruciale importanza per lo sviluppo sostenibile delle città e come, specularmente, le politiche energetico/climatiche non possano prescindere dal ruolo delle città. Da uno studio a cura dell’Area Responsabilità Etica e Sociale del gruppo Unipol, dove si raccolgono evidenze di diversi studi accademici, emerge come a livello globale i costi connessi agli eventi metereologici estremi siano arrivati ad essere pari nel solo 2013 a circa 140 miliardi di dollari. Nello stesso anno l’Europa ha subito due disastri naturali di grande intensità: l’inondazione nell’Europa centrale e orientale, che ha provocato danni in Germania, Austria, Repubblica ceca, Ungheria e Svizzera per un valore economico pari 16,5 miliardi di e le intense tempeste di grandine alla fine di luglio, che in aree urbane di Germania e Francia, hanno provocato il danno più elevato mai registrato per un evento di questo tipo (circa 3,8 miliardi di dollari). La letteratura sugli effetti degli eventi metereologici estremi in Italia è carente, ma uno studio di Carraro del 200810, stima che l’aumento della temperatura globale potrebbe causare all’Italia una perdita economica pari allo 0,2% del PIL, solo considerando gli effetti diretti. E’ facile immaginare come molti di questi danni siano riconducibili al perimetro urbano. Considerando gli effetti indiretti sulle possibilità di consumo delle famiglie, l’impatto potrebbe essere ancora maggiore e valere circa 20 – 30 miliardi di euro correnti (Figura 2.10). Fig. 2.10: Aumento della temperatura globale e danni economici in % del PIL Italiano. 1,4 1,2 1,2 0,93 1 0,8 0,6 0,4 0,2 0,16 0,2 0 Scenario 1 Scenario 2 Aumento temperatura media globale al 2050 (gradi centigradi) Danni economici in % del PIL 9 si veda, ad esempio https://www.legambiente.it/contenuti/dossier/le‐citta‐alla‐sfida‐del‐clima 10 C. Carraro, Cambiamenti climatici e strategie di adattamento in Italia. Una valutazione economica (Il Mulino, 2008) Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 18 Fonte: Carraro (2008). Cambiamenti climatici e strategie di adattamento in Italia. Una valutazione economica. 3. Aspetti di rilievo diretto per la SEN: il quadro energetico delle città Nel precedente capitolo abbiamo accennato a quanto stretto sia il legame tra questioni energetiche e sviluppo delle città, essendo il consumo di beni e servizi fortemente concentrato nelle aree più densamente popolate, ed essendo proprio l’energia uno dei principali fattori per la produzione e fruizione di tali beni e servizi. Inoltre, nelle aree urbane si concentra il maggior numero di infrastrutture energetiche (in particolare di distribuzione) e apparati che fanno uso di energia per poter svolgere la propria funzione. È facile quindi intuire come esista una connessione forte tra tematiche legate allo sviluppo delle città e la Strategia energetica nazionale. Le aree di connessione diretta sono evidenziate nello schema seguente (Figura 3.1). Fig. 3.1: SEN e sviluppo sostenibile delle città Fonte: Elaborazioni I-Com Appare chiara la stretta connessione tra le tematiche legate alla produzione, distribuzione e consumo di energia (in particolare nei settori residenziale e terziario) e le questioni legate all’uso del vettore elettrico per gli usi termici e la mobilità. Su tutti, il tema delle strategie urbane per la mitigazione delle emissioni climalteranti. Correlati a questi temi specifici toccati dalla SEN, si possano individuare temi più di sistema (in cui cioè l’aspetto energetico è uno degli aspetti in gioco) come la qualità dell’ambiente Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 19 urbano (inquinamento dell’aria e gestione dei rifiuti), della mobilità e dell’uso delle risorse naturali (es. risorse idriche) e – come già accennato – la grande sfida dell’adattamento degli ambienti urbani ai cambiamenti climatici. Come già detto in precedenza, anche se i confini amministrativi delle Province e dei Comuni italiani non coincidono con quelli degli agglomerati urbani propriamente definiti, i dati ad essi relativi sono utili per evidenziare il peso che le grandi città hanno nella composizione dei consumi energetici domestici e residenziali e nella domanda di mobilità. Le prime dieci province italiane in termini di gas metano prelevato dalle reti di distribuzione sono, nell’ordine, Milano, Roma, Torino, Brescia, Bologna, Verona, Bergamo, Monza, Padova e Varese. I capoluoghi di Regione hanno una incidenza sui consumi delle rispettive Province che va da un minimo del 6,7% per il comune di Brescia, ad un massimo del 68,2% per il comune di Roma. Per quanto riguarda il consumo di energia elettrica le prime dieci Province italiane sono Milano, Roma, Brescia, Torino, Bergamo, Napoli, Verona, Vicenza, Padova e Taranto. Anche in questo caso le città capoluogo hanno un peso variabile a seconda delle province considerate: più significativo di tutti è il peso dei consumi energetici del comune di Roma sul totale provinciale, pari al 67,6% (Figura 3.2). Fig. 3.2: Prelievi di energia elettrica e gas dalle reti di distribuzione per le prime dieci città italiane (2015) Gas metano (milioni di metri cubi) Consumo di energia elettrica (GWh) 20.000 80 3000 80 2500 70 15.000 60 60 2000 50 10.000 40 1500 40 1000 30 5.000 20 20 500 10 ‐ 0 0 0 Provincia % capoluogo di provincia (asse dx) Provincia % capoluogo di provincia (asse dx) Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Istat La domanda aggregata di energia elettrica e gas per le 10 città precedentemente considerate totalizzano l’ 11,8% dei consumi nazionali per quanto riguarda l’energia elettrica e il 10% dei consumi nazionali di gas metano che transitano nelle reti di distribuzione (sono escluse le utenze energeivore direttamente collegate alle reti di trasmissione - Figura 3.3). E’ facilmente intuibile come questo dato possa crescere considerando – ad esempio – le 46 città con più di 100.000 abitanti. Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 20 Fig. 3.3: Incidenza dei consumi dei capoluoghi relativi alle prime 10 province sulla quantità di energia elettrica e gas metano prelevati dalla rete italiana (valori%, 2015) 14,0 11,8 12,0 10,0 10,0 8,0 6,0 4,0 2,0 0,0 Energia elettrica Gas metano Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Istat Molta della domanda di energia sopra considerata è imputabile al riscaldamento e raffrescamento degli edifici. A sua volta questo parametro è legato alla qualità energetica degli edifici, che a sua volta è correlata all’epoca di costruzione dell’edificio stesso. Nella tabella 3.1 sono riportati i dati esemplificativi relativi alle epoche di costruzione degli edifici nelle 14 città metropolitane. Tab. 3.1: Epoca di costruzione degli edifici nelle città metropolitane Composizione % per classi di età edifici res. [n.] < 1945 1946-1970 1971-1990 1991-2005 >2005 Torino 36158 35,1% 48,9% 12,2% 3,1% 0,6% Venezia 34994 34,6% 43,9% 14,2% 5,4% 1,9% Milano 42980 35,8% 47,6% 11,5% 3,5% 1,5% Genova 29668 63,6% 29,7% 5,8% 0,6% 0,3% Bologna 123950 29,2% 32,6% 23,1% 11,5% 3,6% Firenze 31070 64,4% 29,3% 4,7% 1,1% 0,5% Roma 137021 12,2% 40,6% 31,9% 11,5% 3,9% Napoli 40755 34,5% 34,0% 22,9% 4,1% 4,5% Bari 23252 31,4% 40,2% 22,8% 5,1% 0,6% R. Calabria 31416 17,0% 35,2% 38,1% 8,0% 1,6% Palermo 46293 30,3% 35,6% 27,2% 6,5% 0,4% Catania 28988 33,9% 35,5% 25,6% 4,4% 0,6% Messina 36183 28,7% 35,1% 26,5% 8,0% 1,6% Cagliari 13484 22,4% 40,5% 23,8% 12,1% 1,3% TOT Italia 12187698 25,9% 30,8% 29,4% 11,0% 3,0% Fonte: Istat Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 21 Si notano valori di composizione del parco edilizio superiori alla media nazionale per quanto riguarda le prime due classi di età (data di costruzione inferiore al 1970), mentre risultano inferiori rispetto alla media nazionale per quanto riguarda le epoche di costruzione più recenti rispetto al 1970. Questo è chiaramente spiegabile con una più antica urbanizzazione dei centri presi in considerazione. Oltre alla qualità energetica, l’età di costruzione degli edifici è un importante indicatore dello stato di conservazione ed adeguatezza delle infrastrutture di distribuzione associate all’edificio stesso. Infatti la realizzazione delle opere di urbanizzazione (compresa la realizzazione dell’”ultimo miglio” delle reti di distribuzione energetiche) si può far risalire (con l’esclusione degli edifici storici) all’epoca di costruzione dell’edificio stesso. La presenza di numerosi edifici nelle fasce di età compresa tra il 1946 e il 1990 è dunque un possibile indicatore della fragilità delle reti elettriche “ultimo miglio”. Questo dato - insieme ai previsti aumenti della domanda di elettricità nelle città dovute all’obiettivo di far crescere il peso del vettore elettrico nei consumi finali e in conseguenza dei mutamenti climatici (vedi oltre) - potrebbe rappresentare una importante criticità. L’obiettivo di ridurre la domanda di energia per soddisfare i fabbisogni di riscaldamento/raffreddamento degli edifici o di ridurne l’impatto in termini di emissioni passa attraverso una serie di possibili interventi schematizzati di seguito: Isolamento involucro o pareti opache o Infissi Sostituzione impianti o caldaia a condensazione o pompa di calore o collettori solari per produzione di acqua calda o caldaia a biomassa o micro e mini-cogenerazione o teleriscaldamento o domotica applicata al risparmio energetico Di seguito verranno riportati una serie di dati relativi alla dotazione impiantistica degli edifici in Italia, cercando di dare il massimo della disaggregazione geografica. Per quanto riguarda gli impianti di riscaldamento presenti nelle abitazioni delle famiglie italiane sono presenti prevalentemente impianti a metano, con scarse differenze tra le diverse aree geografiche del nostro Paese. Questo vale anche per gli impianti di riscaldamento dell’acqua. Il vettore elettrico è ancora poco sviluppato soprattutto nelle regioni del Nord Italia. La situazione in questi termini è migliore nel Mezzogiorno dove gli impianti di riscaldamento sono alimentati ad energia elettrica nell’11,9% dei casi e nel 24,3% dei casi per quanto riguarda il riscaldamento dell’acqua (Figura 3.4). Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 22 Fig. 3.4: impianti di riscaldamento domestico e produzione di acqua calda sanitaria per area geografica (valori%, 2014) Famiglie ‐ riscaldamento dell'abitazione per fonte di alimentazione dell'impianto unico o prevalente (2014, composizione %) 100% 50% 0% Nord ‐ Ovest Nord ‐ Est Centro Mezzogiorno Metano Energia elettrica Biomasse GPL Gasolio Famiglie ‐ riscaldamento dell'acqua per fonte di alimentazione dell'impianto unico o prevalente (2014, composizione %) 100% 80% 60% 40% 20% 0% Nord ‐ Ovest Nord ‐ Est Centro Mezzogiorno Metano Energia elettrica Biomasse GPL Gasolio Energia solare Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Istat I dati del censimento Istat 2011 ci informano circa il numero di abitazioni servite da sistemi di riscaldamento alimentati tramite fonti a maggiore impatto ambientale per Comune. Guardando i dati relativi alle 14 Città metropolitane (ad eccezione di Cagliari, per cui i dati non sono disponibili) si evidenzia una situazione disomogenea. A Milano il 12% delle abitazioni servite da riscaldamento ha un impianto alimentato a gasolio mentre solo lo 0,47% ha un impianto alimentato a combustibile solido e lo 0,15% ad olio combustibile. Le abitazioni con impianto di riscaldamento alimentato a gasolio sono relativamente meno a Roma (8,4%), dove però sono relativamente più numerosi gli impianti alimentati tramite combustibile solido (1,9%). Genova è la terza città del campione considerato per incidenza di abitazioni con impianto di riscaldamento alimentato a gasolio (7,4%), ma anch’essa presenta una maggiore incidenza degli impianti alimentati tramite combustibili solidi (1,3%). In questa città è relativamente alto anche il numero di abitazioni servite da riscaldamento alimentato tramite olio combustibile (0,7%) (Tabella 3.2). Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 23 Tab. 3.2: Abitazioni servite da riscaldamento alimentate tramite fonti a maggiore impatto ambientale per comune (valori %, censimento 2011) Combustibile solido (legna, Gasolio Olio combustibile carbone, ecc) N. abitazioni con N. abitazioni con N. abitazioni con Valore % impianto di Valore % impianto di Valore % impianto di riscaldamento riscaldamento riscaldamento Milano 12,12 99.962 0,47 31.787 0,15 1.779 Roma 8,44 116.709 1,92 110.009 0,16 2.448 Genova 7,42 26.372 1,25 25.148 0,68 2.268 Torino 5,01 59.312 0,76 100.559 0,22 1.812 Palermo 4,74 10.551 1,68 18.293 0,09 304 Bari 3,50 10.385 1,39 26.465 0,05 204 Firenze 3,47 12.787 1,14 34.350 0,12 419 Bologna 3,39 11.213 0,96 31.317 0,32 918 Napoli 3,14 27.428 0,96 47.570 0,06 531 Catania 2,60 5.628 1,18 17.150 0,12 200 Reggio di Calabria 1,34 1.349 7,94 38.039 0,04 197 Venezia 0,94 13.137 3,03 45.178 0,02 145 Messina 0,68 3.971 3,01 27.720 0,04 122 Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Istat Una delle tecnologie efficienti per il condizionamento degli ambienti è rappresentato dalle pompe di calore. I dati mostrano come i sistemi di condizionamento siano ancora relativamente poco diffusi sul territorio italiano. La loro presenza è relativamente maggiore nel Nord Italia e nel Mezzogiorno e si tratta prevalentemente, indipendentemente dall’area geografica, di climatizzatori caldo/freddo fissi o portatili a pompa di calore (Figura 3.5). Si prevede che la domanda di energia per raffreddamento aumenterà significativamente nei prossimi anni. In Europa si prevede che la domanda di energia per raffreddamento crescerà nel periodo 2015 – 2030 del 50% per quanto riguarda il settore residenziale e del 55% per quanto riguarda il settore dei servizi. In Italia la domanda di energia per raffreddamento vale oggi il 13% della corrispondente domanda di energia per riscaldamento e si stima che arriverà a valere il 70% nel 205011. 11 Si veda a riguardo: EU DISTRICT COOLING MARKET AND TRENDS, Rescue project 2015 Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 24 Fig. 3.5: Diffusione dei sistemi di condizionamento in Italia Diffusione impianti di condizionamento (2014, Tipologia di impianto di condizionamento, se valori %) presente (2014, valori %) 100% 100% 80% 80% 60% 60% 40% 40% 20% 20% 0% 0% Nord ‐ Ovest Nord ‐ Est Centro Mezzogiorno Presente Assente Climatizzatori caldo/freddo fissi o portatili (a pompa di calore) Condizionatori fissi o portatili (solo raffreddamento) Sistema di condizionamento centralizzato o autonomo Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Istat Come evidenziato in precedenza, un’altra interessante opzione per ridurre gli usi di energia primaria (ed abbattere quindi le emissioni climalteranti) è rappresentato dal teleriscaldamento. I potenziali risparmi derivanti dalla diffusione di sistemi di teleriscaldamento e teleraffreddamento sono infatti significativi sia in termini di energia primaria fossile che di emissioni evitate di anidride carbonica. Una analisi svolta dall’AIRU e presentata all’interno dell’ultimo annuario 2016 mette in luce come nel 2015 si siano risparmiati circa 505 ktep di energia primaria fossile grazie a sistemi di teleriscaldamento e teleraffreddamento, per un totale di 1567 ktep in emissioni di anidride carbonica evitate. I risparmi di energia primaria fossile sono più che raddoppiati dal 2000 al 2015 (+156%) e solo nell’ultimo anno sono aumentati del 14,4%. Anche i risparmi in termini di emissioni di anidride carbonica hanno seguito la stessa dinamica, aumentando del 162% dal 2000 al 2015 (Figura 3.6). Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 25 Fig. 3.6: Potenziali risparmi derivanti da sistemi di teleriscaldamento /teleraffreddamento Risparmi derivanti da teleriscaldamento / teleraffreddamento ktep 2015 1800 1567 1600 1400 1200 1000 800 600 505,8 400 200 0 Risparmio di energia primaria fossile Emissioni evitate di anidrire carbonica Risparmi derivanti da teleriscaldamento / teleraffreddamento (variazioni %) 200% 156% 162% Variazione % 2000 ‐ 2015 150% 100% Variazione % 2014 ‐ 2015 50% 14,40% 13,10% 0% Risparmio di energia primaria fossile Emissioni evitate di anidrire carbonica Fonte: Elaborazioni I-Com su dati da Annuario AIRU 2016 Il potenziale di sfruttamento del teleriscaldamento è ancora molto ampio. I sistemi di teleriscaldamento sono presenti sono in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Trentino – Alto Adige, Veneto, Liguria, Lazio, Toscana, Valle d’Aosta, Marche e Friuli Venezia Giulia (Figura 3.7). In Lombardia si registra la maggiore volumetria teleriscaldata, 140 milioni di metri cubi, seguita da Piemonte, Emilia Romagna, Trentino – Alto Adige e Veneto, mentre nelle altre Regioni la volumetria teleriscaldata è inferiore a 10 milioni di metri cubi. I (pochi) dati disponibili sui sistemi di teleraffreddamento indicano comunque un aumento del 16,5% di energia frigorifera fornita all’utenza tra il 2014 e il 2015 ed un aumento dell’8,9% della volumetria teleraffreddata nello stesso anno. Fig. 3.7: Distribuzione geografica degli impianti di teleriscaldamento (2015) 160 140 120 Volumetria riscaldata ‐ milioni 100 80 60 40 20 di m3 0 Fonte: Elaborazioni I-Com su dati da Annuario AIRU 2016 Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 26 Nei principali Comuni italiani la capillarità del teleriscaldamento non è omogenea. La percentuale di popolazione servita da teleriscaldamento spazia da un massimo del 37,3% nel comune di Torino ad un minimo dello 0,79% nel comune di Roma nel 2015. Le prime tre città per capillarità del servizio sono Torino, come già detto, Milano (11,6%) e Bologna (6,5%). Gli altri Comuni italiani presentano una percentuale di popolazione servita inferiore all’1%. La Figura 3.8 mostra però come dal 2012 al 2015 questo indicatore sia migliorato a Milano (+ 23 punti percentuali), Genova, Bologna, Torino e Roma.. Nei comuni di Venezia e Firenze, la situazione è invece stazionaria e non si osserva nel periodo un aumento della percentuale popolazione servita (Figura 3.8 e Tabella 3.2). Fig. 3.8: Percentuale di popolazione servita da teleriscaldamento, indice 2012=100 130 125 Torino 120 Genova 115 Milano 110 Venezia 105 Bologna 100 Firenze 95 Roma 90 2012 2013 2014 2015 Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Istat Tab. 3.2: Percentuale di popolazione servita da teleriscaldamento Città / anno 2011 2012 2013 2014 2015 Torino 33,20 33,71 36,19 36,81 37,30 Genova 0,32 0,32 0,34 0,34 0,35 Milano 9,12 9,46 10,64 11,68 11,61 Venezia 0,00 0,07 0,07 0,07 0,07 Bologna 5,73 5,82 6,52 6,54 6,50 Firenze 0,10 0,10 0,10 0,10 0,10 Roma 0,85 0,74 0,79 0,79 0,79 Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Istat Sempre legato agli usi finali di energia, è interessante analizzare i dati relativi ai consumi energetici legati all’approvvigionamento idrico e all’illuminazione pubblica, ambiti in cui le città giocano naturalmente un ruolo molto importante (Figura 3.9). Nonostante gli sforzi compiuti negli anni recenti per efficientare queste infrastrutture, in particolare concentrati nel settore dell’illuminazione, gli investimenti per il risparmio energetico e l’ammodernamento tecnologico non risultano ancora – almeno su tutto il territorio nazionale - sufficienti per Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 27 sostenere un’accelerazione del percorso di sfruttamento dei margini di intervento ancora significativi. Fig. 3.9: Consumi per energia elettrica per capoluoghi di provincia – acquedotti cfr. Illuminazione pubblica (GWh 2015) 350 300 250 200 150 100 50 0 Acquedotti Illuminazione pubblica Fonte: Elaborazioni I-Com su dati TERNA 4. Aspetti sistemici di interesse per la SEN: mobilità e qualità dell’ambiente urbano 4.1. Mobilità urbana E’ noto come le principali cause di inquinamento atmosferico siano dovute alle attività umane. Tra queste, il trasporto (in particolare nella sua componente urbana) è quella che contribuisce maggiormente alla produzione di elevati livelli di smog nell’aria. I trasporti su strada sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni di gas a effetto serra e 12 secondo l’INRIX Global Traffic Scorecard il livello di congestione delle città italiane confrontato con quello di altre città del pianeta risulta elevato. Secondo il Tom Tom Traffic Index, Roma è la città italiana con il livello di congestione del traffico maggiore: sono ben 163 le ore che in media i romani trascorrono nel traffico in un anno. A seguire 149 annue a Palermo, 132 a Milano, 130 a Messina, 122 a Napoli, 104 a Bologna e Torino, 103 a Firenze, 101 a Catania e Genova, 100 a Reggio Calabria, 93 a Bari e 88 a Cagliari (Figura 4.1). 12 https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2017/IT/COM‐2017‐53‐F1‐IT‐MAIN‐PART‐1.PDF Settembre 2017
Paper I‐Com: Il possibile contributo delle aree urbane al conseguimento degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale 2017 28 Fig. 4.1: Il traffico nelle principali città italiane Roma 163 Palermo 149 Milano 132 Messina 130 Napoli 122 Bologna 104 Torino 104 Firenze 103 Catania 101 Genova 101 Reggio Calabria 100 Prato 93 Bari 93 Cagliari 88 Taranto 88 Pescara 87 Livorno 76 Verona 74 Padova 73 Reggio Emilia 67 Modena 63 Ravenna 62 Brescia 58 Trieste 58 Parma 54 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 Ore medie annue* Nota: la variabile rappresentata fa riferimento al tempo di viaggio supplementare inteso come tempo trascorso nel traffico durante le ore di punta contro un'ora di guida durante la situazione di flusso libero. Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Tom Tom Traffic Index 2016 La congestione del traffico è ulteriormente aggravata dalla vetustà del parco circolante e dall’utilizzo di combustibili inquinanti (benzina e gasolio, Figura 4.2a): nella maggior parte dei Comuni italiani, infatti, gli autoveicoli circolanti appartengono ancora alle classi da Euro 0 a Euro 4 e solo in pochi Comuni prevalgono le categorie più sostenibili per standard emissivo, ovvero Euro 5 e 6; simile situazione si riscontra anche per i motocicli (Figura 4.2b). Autoveicoli e motocicli risultano così tra i principali responsabili di emissioni di anidride carbonica, polveri sottili e altri agenti inquinanti, particolarmente dannosi per la qualità dell’ambiente urbano e la salute pubblica, che necessitano di essere ridotti drasticamente e al più presto. Settembre 2017
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