Paper Difesa e Sicurezza - Febbraio 2017 - The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence
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Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence Paper Difesa e Sicurezza Le prime azioni di Trump all’alba del suo mandato Federica Fanuli, Emiliano Fiore, Riccardo Florio, Francesca Samperi, Andrea Sperini Roma, febbraio 2017 The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 2
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 INDICE L’analisi del voto Trump e la politica economica La posizione di Trump rispetto alla NATO Le intenzioni nei confronti della Russia Il protezionismo di Trump e gli interessi cinesi USA e Medio Oriente: le petro-monarchie… … Israele e Iran Il Mediterraneo Conclusioni The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 3
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 Le prime azioni di Trump all’alba del suo mandato Federica Fanuli, Emiliano Fiore, Riccardo Florio, Francesca Samperi, Andrea Sperini L’analisi del voto La vittoria del socialista Bernie Sanders, candidato democratico che si è conteso la nomination con Hillary Clinton durante le primarie, avrebbe dovuto far capire ai democratici quanto la candidatura della Clinton, già sconfitta nel 2008 da Obama, mettesse a rischio la vittoria del partito. Tali dati, uniti all’evidente crisi dell’establishment politico americano, che nel 2016 ha visto una contrapposizione tra la classe politica, ricca e privilegiata rappresentata dalla Clinton e i ceti impoveriti che hanno appoggiato Trump, conquistati da: promesse di posti di lavoro, agevolazioni fiscali per la classe media americana, controllo stretto dell’immigrazione, lotta al terrorismo islamico e meno vincoli per la vendita di armi, hanno portato al risultato che tutti conosciamo. Il voto popolare ha premiato la Clinton con 60 milioni e 981 mila consensi (pari al 47,79%), contro i 60 milioni e 350 mila (pari al 47,3%) di Trump. In base alle analisi delle scelte compiute dai giovani, dai meno giovani e dagli elettori di Sanders, si può evincere che, se avessero votato solo i ragazzi di età compresa tra 18 e 29 anni (millennials o generazione Y), la Clinton avrebbe vinto. Si evidenzia, inoltre, che il 55% dei giovani ha scelto la candidata democratica e che il 37% ha votato Trump. Un vantaggio che si riduce nella fascia dei 30-44 anni (50% contro il 42) e che s’inverte a favore del candidato repubblicano dai 43 anni in poi. A votare Trump sono stati soprattutto gli uomini, di età superiore ai 45 anni, con un livello di istruzione basso, provenienti da contesti rurali. Considerando che, negli Stati Uniti, il 70% degli aventi diritti al voto è bianco, di questa categoria il 58% ha votato per Trump e il 37% Hillary Clinton. Inoltre, il 53% degli uomini ha preferito Trump e il 41% la Clinton, sostenuta soprattutto dalle donne. Osservando i terzi partiti si comprende anche quanto la metà dell’elettorato democratico non fosse convinto della candidatura della Clinton. Michigan (0,27%), New Hampshire (0,37%), Wisconsin (0,93), Pennsylvania (1,24%) e Florida (1,27%) sono gli Stati in cui Trump ha vinto con un basso margine di voti popolari. Qui, i terzi partiti hanno conseguito il 3%-4% di voti. I voti dei Verdi, vicini ai Democratici, avrebbero potuto ribaltare il risultato come nel 2000, quando il Verde Ralph Nader fece perdere la Florida ad Al Gore, a favore di George W. Bush. Malgrado il voto popolare, tuttavia, è Donald Trump ad aver conquistato il voto (304) dei Grandi elettori. Trump e la politica economica Nella sua ascesa elettorale Donald Trump ha cercato ed in parte ottenuto l’appoggio di quegli asset strutturali che nell’era obamiana avevano visto una marginalizzazione da The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 4
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 parte dell’establishment liberal, che aveva puntato sulla new economy e stretto alleanza col settore high tech della Silicon Valley. La nomina di Rex Tillerson, CEO di Exxon, a Secretary of State va letta in questa dimensione, che cerca di conciliare gli interessi dell’industria pesante americana con la necessità di deescalation con la Russia di Putin. Una parte importante di quella che è stata definita “trumpnomics” ha riguardato la parte delle relazioni commerciali con i relativi trattati, in particolare l’idea di Trump è di rinegoziare o uscire dal NAFTA e di lasciar venire meno il TPP. L’idea base è quella di non vincolare l’economia americana ad accordi commerciali considerati desueti o poco convenienti per il paese. In una tale ottica il nemico principale è la Cina, il cui export è visto come una minaccia, non solo per la bilancia commerciale, ma anche per la conseguente deindustrializzazione di alcuni segmenti produttivi. Le contromisure in tal senso nascono da alcune idee di Peter Navarro, appena nominato direttore del National Trade Council, il quale considera la Cina un “nemico economico” estremamente insidioso contro cui attuare protezionismo selettivo attraverso barriere doganali con dazi in entrata. A questa politica commerciale dovrebbe seguire una fase economica di onshoring, in discontinuità rispetto all’offshoring consolidato negli anni, con cui far rientrare nel paese una serie di produzioni che erano state delocalizzate negli anni passati. Il rapporto più complesso di tutti è stato quello con il tempio della finanza, Wall Street, con cui lo scontro è stato costante, soprattutto sulle questioni che stanno più a cuore all’ortodossia neoliberista americana. I tempi più populisti della campagna di Trump non sono piaciuti a Wall Street ed è forse per evitare scontri ulteriori che si è deciso di rimettere mano al “Dodd-Frank Act”, fortemente voluto da Obama per riformare la finanza nei suoi aspetti più predatori. La posizione di Trump rispetto alla NATO Durante la campagna elettorale, Trump, ha in più occasioni affermato di considerare la NATO un’alleanza “obsoleta” e “scorretta economicamente per noi statunitensi perché aiuta di più gli altri membri e noi paghiamo una quota sproporzionata”. Al riguardo, in occasione di due telefonate intercorse, lo scorso 28 gennaio, con il Presidente della Repubblica Francese e con la Cancelleria Merkel, il Presidente Trump ha riaffermato l’impegno USA verso la NATO, ponendo l’accento, però, sull’importanza che tutti gli alleati condividano l’onere delle spese difensive. La NATO è importante sia per la sicurezza collettiva in Europa ma anche per gli Stati Uniti, tanto che l’unica volta che è stato invocato l’articolo 5 per la difesa collettiva è stato dopo l’attacco all’America dell’11 settembre 2001. Gli USA spendono il 3,6 per cento del PIL nella difesa e forniscono tra la metà e i due terzi delle capacità militari alleate, e restano i principali contribuenti al bilancio NATO coprendone quasi il 30 per cento. Non a caso Washington ha costantemente chiesto, nel passato, agli alleati europei di impegnare più risorse nella difesa e assumere un maggiore ruolo in tale ambito per contribuire alla sicurezza comune e in primis a quella del Vecchio Continente. La questione della condivisione degli oneri ha segnato la storia recente – e meno recente – dell’Alleanza, ma è probabile che sarà posta dal Presidente USA con forza e The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 5
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 toni ben più decisi, rispetto al recente passato, invitando gli Alleati ad investire di più per la spesa militare al fine di allinearla al limite minino del 2% del P.I.L. L’Italia si ferma all’1,15%. Le aree nelle quali la NATO, sotto l’azione propulsiva degli USA, focalizzerà la sua attenzione saranno: guerra al terrorismo fondamentalista di matrice islamica, la cyber warfare e le varie forme di guerra convenzionale. Inoltre, non sono in programma altre attività tese all’allargamento della NATO ad altri Nazioni. Le intenzioni nei confronti della Russia Il secondo mandato del Presidente Obama ha causato non pochi problemi agli Stati Uniti nei suoi rapporti con la Russia di Vladimir Putin. La politica delle “rivoluzioni colorate” ha provocato scontri durissimi tra i due paesi, soprattutto a causa della questione ucraina. Il tentativo di allargamento della NATO ad ovest e la decisione di staccare l’Ucraina dal progetto russo dell’Unione Eurasiatica ha dato esito a non pochi contraccolpi. In questo scenario, sotto la guida del gruppo di potere del presidente Putin, la Russia ha cercato di mettere in discussione l’ordine post-bipolare e il ruolo degli Usa come paese chiave del sistema di sicurezza globale, favorendo l’emergere di un sistema multipolare. In campagna elettorale il nuovo presidente americano ha auspicato la fine della “nuova guerra fredda” con Mosca e la possibilità di una convergenza russo-americana su comuni direttrici di interesse. Trump vuole accantonare definitivamente i “regime change” mediorientali ed in particolare quelle “rivoluzioni colorate” che così tanto impensieriscono la Russia nella sua sfera d’influenza. L’idea della nuova amministrazione è quella di proporre un nuovo “containment” con Russia e Cina a parti invertite rispetto all’epoca bipolare. I dossier, su cui si pensa si possa convergere con i russi, sono quelli relativi alla guerra al terrorismo jihadista (Isis e al-Qaeda) e alla stabilizzazione del Medio Oriente, in particolar modo la soluzione del conflitto siriano. Il primo passo di questa eventuale distensione potrebbe riguardare il riconoscimento della Crimea come parte della Russia ed una de-escalation sulle sanzioni chiedendo come contropartita la cessazione delle ostilità in Ucraina e il rispetto di una linea rossa che vada dai paesi baltici all’Europa orientale Il protezionismo di Trump e gli interessi cinesi Il programma economico dell’amministrazione Trump, chiaramente proiettato verso un modello “protezionista”, colpirà in modo importante gli interessi cinesi che negli USA esportano beni e servizi per un valore superiore ai 483 miliardi di dollari (stima del n 2015 mentre le proiezioni per il 2016 attestano il valore intorno ai 453 miliardi di dollari). Contrariamente le esportazioni degli USA verso la Cina si attestano intorno ai 110 miliardi di dollari, determinando un rapporto di 1 a 4. Tenuto conto di quanto sopra, ben si comprende come, almeno in una fase iniziale, la politica statunitense nei confronti della Cina sia destinata a generare momenti di alta tensione con una conseguente, ma momentanea “destabilizzazione” del mercato globale. È, tuttavia, ipotizzabile come questa iniziale fase sia destinata a rientrare nel medio periodo vedendo una Cina che dovrà cedere qualcosa, in termini di convenienza, agli Stati Uniti. The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 6
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 Infatti, a fare la differenza in questo annunciato braccio di ferro sarà, ancora una volta, la qualità della struttura economica statunitense che si presenta come decisamente stabile, matura, e non dipendente, in modo esclusivo dal mercato estero. Al contrario la Cina non avendo ancora sviluppato un mercato interno “medio” è quasi totalmente dipendente dall’export. Questo costringerà la dirigenza cinese a smorzare i toni e a valutare, anche con condizioni meno favorevoli, le richieste di Washington. Nell’immediato, le tensioni economiche genereranno ulteriori criticità nello scenario geopolitico asiatico dove la Cina tenderà ad affermare, ancor più di prima, una leadership regionale anche dal punto di vista militare coinvolgendo gli storici alleati statunitensi nell’area. USA e Medio Oriente: le petro-monarchie… Da un punto di vista energetico, le informazioni raccolte sulle politiche avviate da Trump e sulle evoluzioni del mercato energetico, danno credito all’intenzione dichiarata dal neopresidente americano di “ottenere una indipendenza energetica dal cartello OPEC”. La politica energetica americana si può infatti fare forte dei seguenti elementi: - l’aumento delle estrazioni di shale oil nel territorio americano, registrato dal Centro governativo di analisi statistica EIA, nonché previsto grazie a evidenti investimenti di società petrolifere grazie specialmente all’abbattimento dei costi produttivi; - i rifornimenti in previsto aumento dalle sabbie bituminose del Canada, oggi caratterizzante circa il 40% dell’import totale, in base alla previsione dell’Associazione Produttori Petroliferi Canadesi (CAPP) di aumento della produzione di petrolio fino al 2030, e ai via libera dati di recente da Trump per far ripartire i lavori per la pipeline del Dakota Access e per rinegoziare i termini per quella del Keystone X;, - il recente accordo raggiunto al vertice OPEC di porre un freno alla produzione per permettere un rialzo dei prezzi, rendendo in tal modo più competitive le estrazioni sia dalle rocce di scisto bituminoso (shale oil) che dalle sabbie bituminose canadesi; - registrato aumento degli investimenti americani in energie rinnovabili grazie anche ad una recente legge proroga per incentivi economici. Unica nota stonante, ma meno rilevante rispetto al resto, si registra sul fronte messicano a causa della dichiarata intenzione di Trump di aumento delle tassazioni sulle importazioni, per pagare la costruzione del muro sul confine, e dell’andamento in ribasso delle vendite agli Stati Uniti da parte della principale compagnia petrolifera statale messicana Pemex, già dal 2016. Tuttavia, per una comprensione aggiornata della questione, si rimanda ad un monitoraggio della conferenza Energy Mexico 2017 che si terrà a febbraio 2017, dove tra le tematiche in discussione, si darà un outlook sulla politica energetica del Nord America e si discuterà degli impatti ambientali su scala mondiale. The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 7
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 … Israele e Iran Il 22 dicembre 2016, è stata presentata una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la quale l’Egitto ha chiesto la condanna della politica israeliana degli insediamenti e a cui Trump si è fermamente opposto, anche se sembra aver fatto un passo indietro sul punto, avendo dichiarato, il 3 febbraio, che ulteriori insediamenti, soprattutto se al di fuori dai confini attuali, non favoriscono il processo di pace. La risoluzione n. 2334, presentata, invece, il 23 dicembre da Malesia, Senegal, Nuova Zelanda e Venezuela, è stata approvata con l’astensione degli Stati Uniti e, nonostante la sua approvazione, la Commissione edilizia israeliana ha appena dato il via a nuovi piani di costruzione di centinaia di unità abitative negli insediamenti in Cisgiordania, per volontà del primo ministro Netanyahu. Oltre che dalla sua opposizione alla risoluzione presentata dall’Egitto, la volontà di Trump di sostenere Israele si può evincere dalle personalità pro-Israele che ha nominato per il suo establishment, tra cui, il genero Jared Kushner, nel ruolo di consulente della Casa Bianca per il commercio e il Medio Oriente, e l’ambasciatore USA in Israele, David M. Friedman, e, soprattutto, dall’intenzione di voler spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, intenzione che sembra stia trovando spazio fra le varie questioni poste al vaglio di Trump e dei suoi collaboratori del Dipartimento di Stato, proprio in questi primi giorni di insediamento del Presidente. Se questo spostamento dovesse essere confermato, le ripercussioni nell’area potrebbero essere dirompenti, proprio alla luce del fortissimo ed evidente valore simbolico che questo gesto assumerebbe. La telefonata tra Trump e Netanyahu del 22 gennaio scorso, con la quale è stato fissato un incontro tra il presidente e il primo ministro per il 15 febbraio alla Casa Bianca, ha fatto emergere la volontà comune di voler incrementare la cooperazione militare e di intelligence per la sicurezza, in modo particolare per quanto attiene alla volontà di contrasto all’ISIS, che per Trump costituisce una priorità. Il Presidente neo eletto ha anche sottolineato che gli Stati Uniti si impegneranno attivamente per il raggiungimento della pace tra Israele e Palestina e che l’impegno della nuova amministrazione in questa direzione costituisce un’opportunità importante da cogliere per Israele. Il Presidente e il primo ministro hanno, inoltre, convenuto di doversi consultare attentamente su molte altre questioni che interessano la regione, tra cui le possibili minacce poste dall’Iran. Il neo Presidente ha, infatti, dichiarato, durante la campagna elettorale, di voler porre fine all’accordo sul nucleare raggiunto nel luglio 2015 tra Teheran e il cosiddetto ‘5+1’ (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania). Il 3 febbraio, inoltre,il Dipartimento del tesoro americano ha annunciato nuove sanzioni contro 13 persone e 12 entità iraniane, alcune accusate di contribuire alla proliferazione di armamenti di distruzione di massa e altri per presunti legami con il terrorismo. Anche in questo caso, le intenzioni di Trump hanno trovato riscontro nelle nomine da lui effettuate, che sono ricadute su Michael Flynn, Jeff Sessions e Mike Pompeo, personalità che hanno ampiamente manifestato il proprio orientamento anti Nuclear Deal e che, più in generale, si presentano particolarmente determinate al contrasto all’immigrazione illegale e al terrorismo islamico. The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 8
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 L’ordine esecutivo di Trump, che ha determinato la sospensione temporanea dell’ingresso dei rifugiati e dei cittadini provenienti da sette Paesi islamici, tra cui l’Iran, costituisce una chiara espressione di questo orientamento e ha suscitato l’immediata reazione dell’Iran, che ha applicato il principio di reciprocità al provvedimento del Presidente. Non si può, quindi, prescindere, dal verificare se le future politiche di Trump corrisponderanno o meno a quanto dichiarato in relazione ad Israele e all’Iran. Nel primo caso è necessario attendere l’incontro tra Trump e Netanyahu; per quanto, invece, attiene all’Iran, è indispensabile monitorare il seguito che avranno le intenzioni manifestate dal Presidente. Il Mediterraneo La voce “mediterraneo” ha avuto scarsa eco nella campagna presidenziale di Donald Trump. Tale assenza sancisce di fatto l’avvenuta marginalizzazione dell’area nella politica estera statunitense. È prevedibile che l’attuale presidenza si muoverà in un’ottica di disengagement dallo scacchiere mediterraneo, tesa alla stabilizzazione dei regimi autoritari emersi o emergenti dalla ormai esaurita spinta propulsiva delle cosiddette “primavere arabe”. In particolare verrà definitivamente accantonato il piano di regime change che prevedeva l’integrazione politica delle cosiddette forze islamiste moderate (Fratelli Musulmani). I principali dossier mediterranei che giacciono sul tavolo dell’attuale presidente riguardano Libia, Egitto e Turchia. Nel caso libico è improbabile che l’amministrazione cerchi di imporre Serraj, essendo anzi probabile che si defili dai suoi sponsor internazionali. Per l’Egitto tutto sembra indicare un recupero dei rapporti, soprattutto in tema di anti- terrorismo, dopo i contrasti e le rotture avvenute durante la precedente amministrazione. Il dossier certamente più delicato è quello riguardante la Turchia, storica alleata di Washington durante la Guerra Fredda, che guidata dall’uomo forte dell’Akp sta cercando una nuova politica estera dopo il fallito tentativo di patronage delle primavere arabe e della guerra siriana. La Turchia dell’Akp si è sentita molto frustrata nel suo rapporto con Washington circa le proprie ambizioni regionali e sulla questione curda. Un recupero della Turchia da parte dell’amministrazione Trump è imprescindibile per la futura guerra all’Isis e al contrasto del fondamentalismo islamico nella regione mediorientale. Conclusioni L’attuale panorama delle relazioni internazionali vive la vigilia dell’emersione di un “nuovo paradigma”. Questa crisi, intesa come rottura di continuità, vede la frammentazione dei blocchi strategico/geopolitici in cui l’elezione di Trump segna l’impasse della globalizzazione politica, dopo la crisi del modello politico neo-liberista ed il fallimento della sua esportazione, e vede la contrazione della globalizzazione economica. The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 9
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 In generale, considerate le azioni che Trump ha posto in essere in queste prime settimane di insediamento, in rapporto a quanto da lui dichiarato in campagna elettorale, è possibile evidenziare una sostanziale coerenza di azione. Alla luce di queste premesse possiamo fare alcune considerazioni sulle ricadute che la nuova politica estera di Trump potrebbe avere sull’Italia. La fine delle “Primavere Arabe” nella sponda sud ed est del mediterraneo e la resilienza del regime alauita di Bashar al-Assad, segnano il declino della fase unipolare nella politica estera statunitense e l’ascesa di nuovi attori nello scacchiere mediterraneo e mediorientale. In questo contesto l’Italia deve recuperare il rapporto con l’Egitto di al-Sisi e assumere una postura più proattiva nelle questioni libiche cercando un dialogo sul tema in modo particolare con Russia e Usa, nell’auspicio che questi attori propendano per un appoggio comune ad Haftar. Per l’Iran la situazione è ancora embrionale ed è difficile prevedere quale linea prevarrà nell’amministrazione, in tal senso sarà molto importante comprendere come si articoleranno le future relazioni tra Israele e Stati Uniti. L’area euro-mediterranea testimonierà l’assenza di una comune politica estera europea, laddove, ad un parziale arretramento americano, non seguirà un dispiegamento geopolitico russo. Entrambe le potenze sono alla ricerca di brilliant second, essendo la loro sfida geopolitica essenziale dislocata in altro scenario. Il profilo basso tenuto durante la questione ucraina con le relative sanzioni imposte alla Russia ci rende agli occhi dei russi dei partner privilegiati in quest’area. Questo scenario apre grandi opportunità di elaborazione per un nuovo “terzomondismo atlantista” in cui la componente mediterranea dell’Italia potrebbe uscire rafforzata con la possibilità di riunire le sue due politiche estere (Est-Ovest), facendole convergere nella sua vocazione mediterranea, avendo gli americani bisogno di proconsoli e i russi di alleati volenterosi nell’area. Fonti An America First Energy Plan, in (link) Egan M., Exxon plays catch-up after missing U.S. shale oil boom, CNN , 17 gennaio 2017 (link) Crooks E., US shale is lowest-cost oil prospect, Financial Times 13 luglio 2016 (link) How much petroleum does the United States import and export?, voce: Frequently Asked Questions, U.S. Energy Information Administration (EIA) (link) Low world oil prices to slow growth of Canadian oil production, Canadian Association of Petroleum Producers (CAPP) , 9 giugno 2015 (link) Smith D., Kassam A., Trump orders revival of Keystone XL and Dakota Access pipelines, The Guardian , 24 gennaio 2017 (link) Raval A., Sheppard D., Opec agreement: the winners and the losers, Financial Times , 1 dicembre 2016 (link) U.S. Wind Industry Market Reports, in (link) Text of house amendment #2 to the senate amendment to h.r. 2029, Military construction and Veteran affairs and Related agencies appropriations Act, 2016, in , 15 dicembre 2015 (link) The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 10
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 Jacobs B., Trump-Mexico relations hit new low after 20% border wall tax mooted, The Guardian , 27 gennaio 2017 (link) Williams A., Stillman A., Trump’s Border Tax Could Further Reduce Mexico Oil’s U.S. Ties, Bloomberg , 31 gennaio 2017 (link) http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/clinton_hillary_perso_percepita _ambigua_poco_affidabile-2070681.html; http://www.huffingtonpost.it/massimo-teodori/trump-la-verita-dei-numeri- non-ce-stata-valanga_b_12958596.html; http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2016/11/10/EFFETTO-TRUMP- Sapelli-la-rabbia-dei-dimenticati-cambiera-anche-casa-nostra/732365/; https://www.radioradicale.it/scheda/492089/esiti-delle-elezioni-presidenziali- negli-stati-uniti; An America First Energy Plan, in (link) Drilling Productivity Report, U.S. Energy Information Administration (EIA) , gennaio 2017 (link) Egan M., Exxon plays catch-up after missing U.S. shale oil boom, CNN , 17 gennaio 2017 (link) Crooks E., US shale is lowest-cost oil prospect, Financial Times 13 luglio 2016 (link) How much petroleum does the United States import and export?, voce: Frequently Asked Questions, U.S. Energy Information Administration (EIA) (link) Low world oil prices to slow growth of Canadian oil production, Canadian Association of Petroleum Producers (CAPP) , 9 giugno 2015 (link) Smith D., Kassam A., Trump orders revival of Keystone XL and Dakota Access pipelines, The Guardian , 24 gennaio 2017 (link) Raval A., Sheppard D., Opec agreement: the winners and the losers, Financial Times , 1 dicembre 2016 (link) U.S. Wind Industry Market Reports, in (link) Text of house amendment #2 to the senate amendment to h.r. 2029, Military construction and Veteran affairs and Related agencies appropriations Act, 2016, in , 15 dicembre 2015 (link) Jacobs B., Trump-Mexico relations hit new low after 20% border wall tax mooted, The Guardian , 27 gennaio 2017 (link) Williams A., Stillman A., Trump’s Border Tax Could Further Reduce Mexico Oil’s U.S. Ties, Bloomberg , 31 gennaio 2017 (link) McKew Molly K., Putin’s Real Long Game, Politico.com 01/01/2017 Buncombe Andrew, Henry Kissinger has 'advised Donald Trump to accept' Crimea as part of Russia, Independent 27/12/2016 Guriev Sergei, In Russia, It’s Not the Economy, Stupid, New York Times 27/12/2016 Sapelli Giulio, Così Trump può salvarci dalla Germania, Il Sussidiario 23/11/2016 Jean Carlo, La guerra ibrida secondo Putin, Limes 02/02/2016 Tremonti Giulio, Intervista al “Corriere della Sera” 15/01/2017 The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 11
Paper Difesa e Sicurezza – Febbraio 2017 Covington S.R., Culture of Strategic Thought Behind Russia's Modern Approaches to Warfare, Belfer Center Covington S.R., The Meaning of Russia's Campaign in Syria, Belfer Center Klein M., Putin's New National Guard, SWP Zevelev I., The Russian World in Moscow's Strategy, CSIS James Harold, Trump’s Currency War against Germany could destroy the EU, Foreign Policy 02/02/2017 Walter Russell Mead, The Jacksonian Revolt. American Populism and the Liberal Order, Foreign Affairs 20/01/2017 Shawn Donnan, Trump’s top trade adviser accuses Germany of currency exploitation, Financial Times 31/01/2017 http://www.reuters.com/article/us-iran-nuclear-usa-idUSKBN1441AE Emanuela Mattiussi: http://www.analisidifesa.it/2016/01/le-minacce-dellisis-a- israele/ Eleonora Ardemagni: “Le monarchie del Golfo e il nucleare: fra Iran e sicurezza energetica”. http://www.aspeninstitute.it/aspenia-online/print/article/le-monarchie-del- golfo-e-il-nucleare-fra-iran-e-sicurezza-energetica The White House, Office of the Press Secretary, January 22, 2017“Readout of the President’s Call with Prime Minister Netanyahu of Israel” www.reuters.com “Israel lifts restrictions on building more homes in East Jerusalem” http://www.lookoutnews.it/israele-palestina-parigi-conferenza-medio-oriente/ http://www.forbes.com/sites/realspin/2017/01/20/trump-vs-iran-going- beyond-the-jcpoa/#1fce6d7d467d http://www.forbes.com/sites/dominicdudley/2017/01/30/iran-to-ditch- dollar/#3a600b12676d http://www.lindro.it/israele-nellera-trump/ http://www.repubblica.it/esteri/2017/02/03/news/trump_vira_sugli_insediam enti_israeliani_non_aiutano_la_pace_-157478166/ Diplomatic conversations with foreign leaders to promote an America First foreign policy. White House Press Office (28 gennaio 2017). https://www.whitehouse.gov/the-press-office/2017/01/28/president-trumps- first-week-action Comunicato Stampa della Présidence de la République française et du Palais de l'Élysée (28 gennaio 2017). https://twitter.com/Elysee German Chancellor Angela Merkel and U.S. President Donald Trump phone call Reuters (28 gennaio 2017). http://www.reuters.com/article/us-usa-trump-merkel-call-idUSKBN15C0U2 Incontro ufficiale tra il presidente Trump e il Prime Minister Britannico. Conferenza Stampa Congiunta (27 gennaio 2017). The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence 12
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