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Région Autonome Vallée d'Aoste Regione Autonoma Valle d'Aosta Présidence de la Région Presidenza della Regione Osservazioni alle “Conclusioni della Quinta Relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale: il futuro della politica di coesione” COM(2010) 642/3 Premessa La Relazione presenta una valutazione della situazione e delle tendenze rilevate nelle regioni dell’Unione, in campo economico, sociale e ambientale, nonché diverse proposte per adattare la Politica di coesione al contesto previsto per il dopo 2013. Preliminarmente, si ritiene condivisibile la proposta della Commissione europea di interessare, anche nella nuova fase della Politica di coesione, tutte le regioni europee, senza esclusioni, come pure la previsione che i futuri programmi siano focalizzati sugli obiettivi (crescita inclusiva, sostenibile, intelligente) della più ampia Strategia Europa 2020. Sono, ugualmente, condivisibili le previsioni di un unico Quadro strategico per tutti i Fondi e di semplificazione della gestione, soprattutto per i programmi di minor dimensione finanziaria. Invece, a fronte dell’inserimento, all’art. 174 del Trattato UE, della nuova dimensione della coesione territoriale - e, in particolare, dell’attenzione che deve essere prestata, fra le altre, alle zone che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali e demografici, quali le zone transfrontaliere e di montagna - la Relazione della Commissione risulta carente in termini di analisi e proposte. Allo stesso modo, nell’ottica dell’auspicata finalizzazione di tutte le politiche dell’Unione agli obiettivi della Strategia Europa 2020, il coordinamento tra la politica di coesione e le altre politiche, in particolare quella di concorrenza (relativamente alla disciplina degli aiuti di Stato), dovrebbe essere più adeguatamente affrontato. 1. VALORE AGGIUNTO E POLITICA DI COESIONE 1.1 In che modo si potrebbero rafforzare i legami tra Strategia Europa 2020 e politica di coesione a livello nazionale, subnazionale e di Unione europea? A seguito dell’esperienza maturata con la Strategia di Lisbona nel decennio precedente, il Consiglio europeo, in occasione dell’approvazione della Strategia Europa 2020, e la Commissione europea, nelle Conclusioni alla 5° Relazione sulla coesione, hanno concordemente dato atto della necessità di rafforzare maggiormente i legami, a tutti i livelli di governo, tra la politica di coesione e le politiche settoriali, da un lato, e la Strategia Europa 2020, dall’altro. In assenza di tale rafforzamento, la Strategia Europa 2020 rischia, analogamente a quanto avvenuto in passato, di rimanere priva di adeguata appropriazione da parte dei differenti livelli di governo europeo, statali, regionali e locali, con conseguente carenza di investimenti e di riforme.
Il previsto monitoraggio annuale della Strategia Europa 2020 e dei relativi Programmi nazionali di riforma dovrebbe permettere di rafforzare la governance. Tale nuova impostazione è condivisibile, sempreché la politica di coesione conservi un adeguato livello di autonomia dalle politiche settoriali che le garantisca il ruolo di politica rivolta ai luoghi (essenzialmente le regioni), alle persone e alle imprese, per i fini di coesione economica, sociale e territoriale. L’auspicata maggior finalizzazione agli obiettivi della Strategia Europa 2020 dovrà necessariamente comportare un maggior coordinamento tra le politiche – in particolare, tra politica di coesione, politiche settoriali e disciplina degli aiuti di Stato affinché contribuiscano al perseguimento degli stessi obiettivi – gli strumenti (programmi, iniziative faro, ecc.) e i Fondi (strutturali, settoriali, ecc.). 1.2 L'ambito di applicazione del contratto di partnership per lo sviluppo e gli investimenti dovrebbe andare oltre la politica di coesione? In caso affermativo, in qual modo? Se nei prossimi anni l’Europa “deve uscire da una profonda crisi e ridurre la disoccupazione e la povertà e nel contempo realizzare la transizione verso un’economia caratterizzata da basse emissioni di carbonio” (COM2010 642/3, § 1), è altamente improbabile che tale sfida possa essere vinta con i soli mezzi della politica di coesione (quali che siano le relative decisioni finali nell’ambito del bilancio dell’Unione). Piuttosto, forte dell’esperienza acquisita e dei progressi compiuti in oltre vent’anni di programmi e realizzazioni, la politica di coesione costituisce attualmente la forma più matura, funzionale ed efficace – ulteriormente affinata nella prospettiva indicata per il 2014- 2020 – per la condivisione operativa di obiettivi comunitari secondo una logica multilivello, partenariale e cooperativa. Il “metodo” sotteso alla politica di coesione, in particolare, ha mostrato di incidere – al di là degli obiettivi prefigurati – nel rinnovamento complessivo dei contesti di policy più specifici e consolidati1. Il combinato disposto dei precedenti assunti conduce a considerare che l’estensione del contratto di partnership per lo sviluppo e gli investimenti (e, più in generale, dell’intera logica di funzionamento sottesa) anche oltre lo stretto ambito di applicazione della politica di coesione potrebbe comportare un valore aggiunto non indifferente a fronte della sfida annunciata. In altre parole, se è vero che il successo della Strategia Europa 2020 dipenderà dalla capacità di “cumulare i contributi di vari livelli, europeo, nazionale, regionale e locale” (COM2010 642/3, § 1), occorre riconoscere che la politica di coesione costituisce attualmente il dispositivo meglio attrezzato per organizzare tale processo di “cumulazione” nel modo più efficiente ed efficace. A tal fine, è possibile ipotizzare che la “riserva di efficacia ed efficienza” per realizzare gli obiettivi di Europa 2020 e i corrispondenti obiettivi e traguardi nazionali” (COM2010 642/3, § 2.3), oltre che regionali e locali, sia mirata a premiare non tanto (o non solo) il contributo nel conseguimento di obiettivi predeterminati, legati alle risorse assegnate nell’ambito della 1 Oltre a quanto registrato progressivamente nelle cinque relazioni sulla coesione, cfr. tra gli altri: L. Hooghe, Cohesion policy and European integration: building multi-level governance, Oxford University Press, 1996; I. Bache, Europeanization and multilevel governance: cohesion policy in the European Union and Britain, Rowman & Littlefield, 2008. 2
politica di coesione, quanto piuttosto (o anche) il contributo nel conseguimento di più elevati o ulteriori obiettivi della Strategia Europa 2020 mediante l’impiego di risorse aggiuntive nell’ambito della politica di coesione nazionale e delle politiche settoriali. In conclusione, il contratto di partnership potrebbe destinare la prevista “riserva di efficacia ed efficienza” (COM2010 642/3, § 2.3) a premio della capacità di investimento di risorse aggiuntive nazionali e/o regionali, in funzione di specifici obiettivi della Strategia Europa 2020. Infine, anche a seguito dell’esplicito riconoscimento delle Regioni in seno all’Unione (art. 4, c.2 TUE), il previsto contratto di partnership, proprio in ragione del necessario approccio territoriale, dovrà prevedere il diretto coinvolgimento delle Regioni medesime e riguardare tutti i Fondi e le eventuali risorse aggiuntive, regionali e/o statali. 1.3 In che modo arrivare ad una maggiore concentrazione delle tematiche sulle priorità della strategia Europa 2020? Per perseguire l’auspicata concentrazione, il ventaglio delle tematiche dovrebbe rimanere sufficientemente ampio, a livello europeo, al fine di poter rispondere alle caratteristiche e agli obiettivi di tutti i territori ma, in fase di definizione del contratto, ogni regione dovrebbe: − individuare, tra le priorità di Europa 2020 e della politica di coesione, un numero ristretto di priorità rilevanti per il proprio territorio; − motivare la scelta effettuata in base a: bisogni del territorio di riferimento, addizionalità delle risorse comunitarie e fattibilità rispetto all’ammontare delle risorse comunitarie allocabili; − declinare le priorità in termini di target quantitativi e indicatori; e − assumersi la responsabilità della scelta presso la propria cittadinanza. 1.4 In che modo le condizionalità, gli incentivi e la gestione basata sui risultati potrebbero rendere più efficace la politica di coesione? In via preliminare: − si accoglie favorevolmente la proposta della Commissione di introdurre specifiche condizionalità/incentivi per l’utilizzo dei Fondi strutturali, strettamente legati al miglioramento dell’efficacia della politica di coesione. E’ necessario, però, che qualsiasi proposta sia condivisa “ex ante” nell’ambito di un rinnovato dialogo strutturato e multilivello UE, Stato e Regione, i cui esiti vengano declinati nell’ambito dei contratti di partnership; − si considerano prioritarie tutte quelle riforme istituzionali, amministrative, di regolazione e pianificazione nonché progettuali che favoriscano una maggiore appropriazione, da parte degli attori, delle finalità proprie della politica di coesione e quindi permettano di conseguire migliori risultati a vantaggio dei territori; − è, inoltre, necessario semplificare, laddove possibile e nel rispetto dei principi di proporzionalità e sussidiarietà, gli aspetti di condizionalità rilevanti ai fini dell’attuazione amministrativa e finanziaria dei programmi. Tra le condizionalità che potrebbero rendere più efficace la politica di coesione si propongono pertanto: 3
− la nettizzazione, dal calcolo del Patto di stabilità, dell’intera quota pubblica di finanziamento dei programmi (quota comunitaria, statale, regionale e locale), al fine di assicurare un’effettiva possibilità di realizzazione dei medesimi nel rispetto dei tempi previsti; − la verifica, esclusivamente a livello statale, del rispetto dei vincoli di bilancio pubblico derivanti dal Patto di stabilità; − la definizione e la disponibilità, a inizio programmazione, degli strumenti di project management, quali il sistema di indicatori, monitoraggio e valutazione. Tra gli incentivi che potrebbero rendere più efficace la politica di coesione, si evidenzia la possibilità di collegare il meccanismo n+2 (oltre che al disimpegno automatico) anche a premialità da assegnare in relazione a buoni livelli di avanzamento delle realizzazioni. 1.5 Come rendere la politica di coesione più orientata ai risultati? Quali obiettivi prioritari dovrebbero essere obbligatori? Gli strumenti che potrebbero essere utilizzati per rafforzare l’orientamento della politica di coesione all’effettivo conseguimento dei risultati sono: − l’attribuzione di un ruolo maggiore al monitoraggio e alla valutazione delle politiche e dei programmi. Tale orientamento comporta l’esigenza di impostare un adeguato sistema di monitoraggio (indicatori e sistema di raccolta delle informazioni) e di valutazione (prevedendo quindi sin dall’inizio della programmazione adeguate risorse, anche finanziarie, fonti informative e strumenti di rilevazione) e di definire idonee forme e modalità sia di diffusione che di utilizzo effettivo dei risultati del monitoraggio e della valutazione; − la previsione, a livello regionale, in coerenza con il Quadro unico strategico, di un sistema di valutazione unitaria, al fine di raccogliere un’informazione complessiva circa le performance dei programmi; − l’attribuzione di risorse premiali al raggiungimento di risultati “aggiuntivi” rispetto a quelli inizialmente previsti per le priorità selezionate. Non si ritiene opportuno individuare delle priorità obbligatorie a livello europeo uguali per tutti i contesti territoriali. La responsabilità della scelta delle priorità e degli obiettivi specifici, tra quelli indicati dalla Strategia Europa 2020 e in base alle risorse disponibili, deve essere lasciata alle regioni/stati membri. Questa scelta dovrà essere motivata e di questa dovranno rendere conto i governi nazionali e regionali. 2. RAFFORZARE LA GOVERNANCE 2.1 In che modo la politica di coesione può tenere maggiormente conto del ruolo fondamentale delle zone urbane e dei territori con caratteristiche geografiche particolari nei processi di sviluppo, oltre che dell'emergere di strategie macroregionali? Riguardo all’esigenza di tenere conto dei territori con caratteristiche geografiche particolari, appare necessario superare l’approccio monodimensionale, basato sul Prodotto interno lordo (PIL) pro capite regionale quale indicatore per la ripartizione delle risorse dei Fondi strutturali europei. In altre parole, il modo più efficace per far sì che la politica di 4
coesione possa tenere conto dei territori con caratteristiche geografiche particolari nei processi di sviluppo, senza per questo scardinarne la logica condivisa per oltre vent’anni, è definire un set articolato di indicatori, che siano capaci di rappresentare anche i “gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici”. Sembra importante sottolineare che il perseguimento di un simile traguardo potrà forse presentare difficoltà di condivisione, ma certamente non è limitato da impedimenti di natura tecnica. A differenza di vent’anni or sono, infatti, le istituzioni comunitarie dispongono oggi di strumenti di rilevazione statistica e d’interpretazione analitica (a incominciare da EUROSTAT ed ESPON) del tutto idonei all’individuazione e alla selezione di indicatori di sviluppo anche sofisticati. A titolo orientativo, si può ipotizzare che, con riferimento ai territori con gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, nuovi indicatori quantitativi e qualitativi siano individuati (e opportunamente testati nella loro funzionalità) a procedere dai settori di attività e dei servizi maggiormente colpiti dagli handicap permanenti che caratterizzano tali territori. L’handicap geografico strutturale permanente di cui soffrono le regioni di montagna, ad esempio, determina precisi differenziali di costo a carico delle funzioni insediate (in subordine si veda la risposta al quesito 4.2). Inoltre, a fronte degli articoli 174 e 175 TFU che riservano un’attenzione particolare ad alcune regioni meno favorite, tra cui le regioni di montagna, l’efficacia della politica di coesione e dell’intervento dei Fondi strutturali in queste regioni rischia di essere limitata, senza una revisione delle regole in materia di aiuti di Stato che tenga conto delle specificità che le caratterizzano. In particolare, si auspica una revisione degli Orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale, che tenga conto della situazione particolare della montagna, individuando parametri di ammissibilità che si basino su criteri non squisitamente statistici, ma tengano anche conto di valutazioni qualitative e stabiliscano regole per il sostegno delle attività economiche che facciano riferimento alle specificità del territorio. Riguardo all’esigenza di tenere conto del ruolo fondamentale delle zone urbane e dell’emergere di strategie macroregionali, sembra che i tempi siano maturi per considerare l’opportunità di una strategia combinata città/regioni, volta a valorizzare le reti urbane come nervatura funzionale policentrica degli spazi macroregionali europei capaci di condividere strategie cooperative di sviluppo al di là dei confini amministrativi (e nazionali). In termini pratici, l’idea di “permettere una maggiore flessibilità nell’organizzazione dei programmi operativi al fine di riflettere meglio la natura e la geografia dei processi di sviluppo” (COM2010 642/3, § 3.1) potrebbe tradursi nell’individuazione di una nuova famiglia di programmi operativi finalizzati a rafforzare la cooperazione interurbana nelle euroregioni, secondo principi di policentrismo e di sviluppo urbano sostenibile. L’esperienza della Valle d’Aosta può rappresentare un esempio emblematico rispetto all’utilità di quanto sopra prospettato. Da una parte, infatti, la Regione ha contribuito a promuovere la formazione dell’Euroregione Alpi Mediterraneo – Eurorégion Alpes Méditerranée, nata dal protocollo d’intesa sottoscritto il 18 luglio 2006 insieme alle regioni Piemonte, Liguria (Italia), Rhône-Alpes e Provence-Alpes-Côte d’Azur (Francia) e in attesa di costituirsi come Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) ai sensi della normativa comunitaria2. D’altra parte, malgrado la volontà di riposizionamento strategico regionale, la conurbazione incentrata su Aosta (riconosciuta come area urbana funzionale o 2 Cfr. http://www.euroregion-alpes-mediterranee.eu/; http://medalp.eu/. 5
FUA di oltre 50.000 abitanti secondo gli studi ESPON)3 è tuttora relativamente isolata rispetto ad un contesto che è attualmente polarizzato dalle aree metropolitane di Milano, Torino e Lione (FUA con oltre 1 milione di abitanti) e completato, a nord-ovest, dalla corona composta da Grenoble, Ginevra, Losanna e Berna (FUA con oltre 250.000 abitanti), oltre che da aree urbane di rango analogo (Chambéry, Annecy, Bonneville, Domodossola, Ivrea e Chivasso) e inferiore (FUA con oltre 20.000 abitanti: Albertville, Martigny, Sion, Sierre e Brig). Se, dunque, l’Euroregione si prefigura – per posizionamento geografico e condivisione politica – come “anello di collegamento strategico”, a cavallo delle Alpi occidentali, è altrettanto evidente la necessità di una strategia complessiva di sviluppo urbano policentrico, volta ad alimentarne il riassetto funzionale. L’istituzione di un nuovo tipo specifico di programma operativo con queste finalità, nel quadro della politica di coesione 2014-2020, sarebbe volta a rafforzare le relazioni urbane, materiali e immateriali, interne alle euroregioni, consentendo di conciliare le esigenze endogene di sviluppo urbano sostenibile con le opportunità esogene offerte dalla cooperazione interurbana (relazioni orizzontali) nel più ampio quadro della governance territoriale europea (relazioni verticali). 2.2. Come migliorare il principio delle partnership e il coinvolgimento dei soggetti locali e regionali, delle parti sociali e della società civile? Il principio del partenariato, così come il coinvolgimento dei soggetti locali delle parti sociali e della società civile (rafforzamento delle relazioni orizzontali), sono componenti irrinunciabili del processo di governance su cui si fondano la politica di coesione e, in termini se non altro ideali, l’integrazione europea nel suo complesso4. Benché tale principio sia applicato già da tempo, nella definizione e attuazione della politica di coesione a livello territoriale, e in particolare nel settennio di programmazione in corso, si possono rilevare alcuni elementi di debolezza che ne limitano la concreta operatività. In particolare, il forte tecnicismo che ancora accompagna l’attuazione delle politiche comunitarie e la tendenza ad impostare un dialogo su un piano che spesso travalica le competenze settoriali dei singoli componenti il partenariato, limitano la partecipazione e la capacità propositiva del partenariato. Ciò si traduce o può tradursi in una limitata consapevolezza da parte del partenariato del proprio ruolo e in una minor responsabilizzazione nella partecipazione all’attuazione della politica di coesione. Per migliorare la partecipazione attiva e responsabile del partenariato gli strumenti ci sono, ma è importante: − affinare gli strumenti idonei a garantire una piena e consapevole partecipazione al processo decisionale, fin dall’individuazione dei fabbisogni e dalla definizione delle priorità, degli obiettivi e delle strategie; − garantire un’informazione e una comunicazione chiare e comprensibili sulle tematiche oggetto delle politiche; − mantenere e rafforzare le sedi permanenti idonee a consentire un equo e attivo confronto tra le parti sull’attuazione della politica regionale. 3 Le 1.595 FUA (functional urban areas), individuate dalla ricerca ESPON 1.1.1 – Potential for polycentric development in Europe con riferimento ai dati statistici del 2001, sono le agglomerazioni urbane di oltre 20.000 abitanti, definite in base alle relazioni di pendolarismo giornaliero e, in tal senso, capaci di alimentare l’integrazione economica di territori attestati su uno o più centri urbani (www.espon.eu). 4 Si fa riferimento agli assunti definiti fin dal Libro bianco sulla Governance europea, pubblicato dalla Commissione europea nel 2001 (COM(2001) 428). 6
L’esperienza acquisita in vent’anni e quattro cicli di politica di coesione ha condotto altresì – come testimoniato in modo puntuale e tempestivo dalle relazioni periodiche della Commissione europea – al riconoscimento di una complementarità necessaria tra i concetti di (buona) governance e di coesione territoriale. Trova piena giustificazione, sotto questo profilo, l’attenzione progressivamente maturata intorno al concetto di “governance territoriale”, particolarmente idoneo a spiegare, in chiave sia analitica sia normativa, i fattori e le condizioni che possono favorire e persino determinare il successo della politica europea di coesione5. 3. UN SISTEMA DI TRASMISSIONE PERFEZIONATO E SEMPLIFICATO 3.1. In che modo può essere semplificato il processo di revisione e come si possono meglio integrare le revisioni effettuate dagli Stati membri e dalla Commissione, pur mantenendo alto il livello di garanzia sulle spese cofinanziate? Premesso che: − la Commissione intende procedere ad una riforma per una gestione condivisa delle risorse finanziarie comunitarie, anche se, come confermato dal parere della Corte di Conti europea6, la riforma non sembra orientata ad una semplificazione dei sistemi e non risponde in maniera esaustiva al nuovo orientamento ai risultati; − il costo e le finalità della revisione dovranno essere, nel rispetto del principio di proporzionalità, commisurati alle dimensioni dei singoli sistemi soggetti a controllo; − la revisione esterna e la certificazione, sia dei sistemi sia delle dichiarazioni, risulta opportuna laddove questa si sostituisca a quanto fatto attualmente dalle Autorità di certificazione e di Audit; − la proposta di procedere ad una chiusura annuale dei programmi, pur semplificando la gestione finanziaria, potrebbe comportare oneri aggiuntivi rispetto all’attuale “soluzione unica”; − la struttura pluriennale dei programmi, quali quelli finanziati dai Fondi strutturali che prevedono interventi complessi, non sembra adattata ad una gestione finanziaria che non consideri il ciclo di vita dei progetti, la proposta del Comitato delle Regioni di adottare un modello di audit unico (Single information Single audit), laddove questo effettivamente riduca gli oneri amministrativi sia per i beneficiari sia per le amministrazioni, risulta condivisibile. 3.2. In che modo l'applicazione del principio di proporzionalità potrebbe ridurre gli oneri amministrativi in termini di gestione e di controllo? Si dovrebbero prendere provvedimenti specifici di semplificazione per i programmi di cooperazione territoriale? 5 L’esigenza di un processo più strutturato di “governance territoriale” in Europa è invocata in modo ricorrente nel documento dei Ministri europei responsabili dello sviluppo urbano e della coesione territoriale Territorial State and Perspective of the European Union (http://www.eu-territorial- agenda.eu/Reference%20Documents/The-Territorial-State-and-Perspectives-of-the-European-Union.pdf). 6 Parere n. 6/2010 “su una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale dell’Unione europea” - (2010/C 334/01) 7
Conformemente ai principi di sussidiarietà7 e proporzionalità8, gli Stati membri hanno la responsabilità primaria dell'attuazione e del controllo degli interventi nell’ambito del sistema di “gestione condivisa”. L’attuale architettura ha evidenziato criticità proprio nell’applicazione di tali principi in ambiti territoriali di ridotte dimensioni e corrispondenti minori risorse finanziarie. Infatti, per ogni singolo Programma sia a titolarità della Regione, sia di cooperazione territoriale dove la Regione non assume il ruolo di Autorità di gestione ma è responsabile dell’attuazione, si è dovuto da una parte garantire un’adeguata separazione funzionale fra livelli di controllo9, dall’altra creare Autorità indipendenti o procedere a separare funzioni all’interno di medesime strutture, con un aggravio di costi e quindi una bassa efficienza. Si evidenzia, fra l’altro, che nell’ambito di un sistema di regole comuni e condivise, la Regione ha dovuto presentare o recepire per ogni singolo programma specifici e dettagliati sistemi di gestione e controllo per i quali il rischio è triplice: − generare, nell’ambito di un medesimo territorio, regole e interpretazioni diverse, dovute alla specificità dei Fondi o a specifici recepimenti da parte dei singoli Programmi, che generano confusione e aumentano il rischio di errore da parte dei beneficiari, gravando sul processo di controllo10; − gli elevati costi di gestione in termini di risorse umane e organizzative necessarie a governare la complessità del sistema; − la complessità che si traduce in un ritardo nell’attuazione, anche finanziaria, di programmi e progetti. L’attuale sistema di gestione e controllo non considera, infine, il ruolo di alcune Autorità nazionali/regionali per gli aspetti di repressione delle frodi o di controllo sulla spesa pubblica, che dovrebbe, al contrario, essere tenuto in debita considerazione nella definizione di una nuovo sistema più semplificato. La maggiore integrazione fra politiche e programmi, l’attenzione ai risultati conseguiti nonché una innovata territorializzazione dell’azione pubblica attraverso il più ampio coinvolgimento degli enti locali non può non essere accompagnata, almeno nei predetti contesti territoriali, dalla strutturazione di un unico sistema di gestione e controllo che, fondato sui principi condivisi dai Fondi, sia quanto più possibile adattato allo specifico contesto di riferimento. La proposta della Commissione di concentrare la valutazione sull’adeguatezza dei sistemi di gestione e controllo su un unico organismo accreditato è condivisibile solo laddove la procedura di accreditamento riconosca la Regione quale unico interlocutore che adotta un unico e condiviso sistema di gestione e controllo per tutti i programmi, senza necessità di ulteriori accreditamenti per singolo programma. 3.3. In che modo si può mantenere il giusto equilibrio tra norme comuni per tutti i Fondi e riconoscimento delle specificità dei Fondi nella definizione delle norme di ammissibilità? Considerate: − le ridotte dimensioni geografiche di talune regioni e il volume relativamente contenuto di risorse a disposizione; 7 Articolo 5 del Trattato UE 8 Articolo 74 del Regolamento (CE) n. 1083/2006 9 Articolo 58, lettera b), del regolamento (CE)n. 1083/2006 10 Vedasi anche il “progetto di parere della Commissione Politica di coesione territoriale del Comitato delle Regioni COTER-V-007 8
− le ripetute sollecitazioni - da parte del partenariato, dei beneficiari e delle strutture a vario titolo coinvolte nella gestione dei programmi cofinanziati - ad adottare procedure di gestione e controllo comuni a tutti i Fondi ed il più possibile semplificate; − le elevate risorse umane e finanziarie destinate alla gestione di tali Fondi; − la necessità di spostare il focus su una gestione più orientata ai risultati; si ritiene indispensabile pervenire a: − la codifica di un sistema di norme unico, predefinito a inizio programmazione e valido per tutti i Fondi; − la definizione di un sistema di gestione e controllo unico per tutti i Fondi a livello regionale; − la razionalizzazione dei controlli; − la completa informatizzazione delle procedure, evitando di variare i protocolli di colloqui informatici già definiti. 3.4. In che modo garantire la disciplina finanziaria, prevedendo nel contempo sufficiente flessibilità per elaborare e realizzare programmi e progetti complessi? Si ritiene che: − la modifica apportata all’articolo 93 del Regolamento (CE) 1083/2006 (non considerazione, nel piano finanziario del programma, della prima annualità) abbia avuto un effetto positivo e che sia utile mantenerla per la futura politica di coesione; − considerare l’applicazione della regola N+2 un indicatore di performance finanziario e quindi, prevedere specifiche premialità ricollegando l’N+2/3 al superamento di determinate soglie concordate; − per quanto riguarda i programmi di cooperazione (per loro natura, particolarmente complessi) si considera determinante, al di là della disciplina finanziaria concordata (N+2 o N+3), un duplice impegno da parte della Commissione europea, dello Stato e delle Amministrazioni interessate nella direzione di: accelerare il processo di adozione dei programmi favorendo il dialogo multilivello; assicurare la disponibilità dell’insieme delle risorse finanziarie all’atto dell’approvazione dei programmi stessi (e non per singoli progetti). 4. L’ARCHITETTURA DELLA POLITICA DI COESIONE 4.1 In che modo si può garantire che l'architettura della politica di coesione tenga conto delle specificità di ogni fondo e in particolare delle necessità di fornire maggiore visibilità e volumi di finanziamento prevedibili per l'FSE e di focalizzarla sulla garanzia degli obiettivi della strategia Europa 2020? Si ritiene che: − la sinergia tra il FSE e gli altri Fondi accresca la capacità di agire sulle priorità e gli obiettivi della Politica di coesione e della Strategia Europa 2020; − il FSE possa avere un ruolo rilevante anche nel rafforzamento del capacity building istituzionale e del partenariato della politica di coesione, a livello nazionale, regionale e locale; 9
− sia opportuno e necessario combinare gli approcci “people based” delle politiche sociali e del FSE con quelli “place based” della politica di coesione per rafforzare l’efficacia degli interventi11; − la focalizzazione del FSE sugli obiettivi della Strategia Europa 2020 e la sua territorializzazione non dovrebbero essere difficili, avendo il FSE già dimostrato una buona flessibilità nell’adattarsi alle linee guida della Strategia Europea per l’Occupazione e alle esigenze di contrasto alla crisi occupazionale ed essendo già gestito a livello regionale in molti paesi europei; − sia necessario un maggiore coordinamento, a livello europeo (tra le Direzioni interessate), nella definizione delle regole e dei sistemi di controllo e valutazione e, a livello nazionale e regionale, tra i diversi settori di intervento in funzione delle priorità e degli obiettivi specifici individuati come rilevanti per il territorio di riferimento (cfr. quesito 1.3). 4.2. In che modo costituire una nuova categoria intermedia di regioni per sostenere quelle che non hanno ancora recuperato terreno? -- 11 I vantaggi di questo approccio vanno nei due sensi: da un lato si rafforza l’efficacia delle politiche formative, occupazionali e sociali, obbligando ad una declinazione più attenta a come i bisogni si manifestano nello specifico territorio di riferimento, dall’altro lato si incentiva una maggiore attenzione ai bisogni specifici di diversi gruppi di popolazione (come gli anziani, i disabili, le donne) negli interventi di sostegno alla creazione di infrastrutture (come ad esempio le infrastrutture di trasporto, o ICT o sociali). 10
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