Origini e Storia del Teatro Greco e Romano - Rocchetto Gloria Ricerca effettuata da: Lavori e Ricerche di Gruppo

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Origini e Storia del Teatro
     Greco e Romano

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     Rocchetto Gloria
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Introduzione

Il teatro ha origini antichissime: è una delle prime
manifestazioni culturali dell’uomo.
Nelle prime civiltà, infatti, il teatro è legato a questi due
termini: rito e mito.
Tutti i popoli dell’antichità celebravano feste e riti
accompagnandoli spesso con canti, danze e parti recitate
allo scopo di venerare, pregare o ringraziare gli dei per la
stagione futura.
L’azione mimica accompagnata da trucco e costume
raccontava la finzione o il ribaltamento della realtà
esaltati in seguito dal mascheramento ed ornamento.
L’uso della maschera, tuttavia, non era pratica comune a
tutte le popolazioni, infatti, essa era simbolo di potere e
prerogativa di personalità importanti.
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Le origini del teatro greco
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Le origini del teatro greco

In Occidente la storia del teatro parte
dalla Grecia, la culla della nostra civiltà, e
in particolar modo nella città di Atene.

L’origine probabilmente è legata ad alcune
cerimonie che si svolgevano, fin dal VII
secolo a.C., in onore di Dioniso, dio della
natura e della fertilità della terra.

Durante    questi   riti    i  partecipanti
danzavano, cantavano e recitavano in             Maschera di Dioniso
coro ricoperti con pelli di capra ed erano       conservata al museo
                                                 del Louvre a Parigi
detti, perciò, “tragoi”, che significa
“capri”.
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Dal rito alla rappresentazione

Il termine tragedia (“canto del capro”) deriva, quindi, dai
canti rituali (chiamati ditirambi) che venivano intonati durante
le processioni in onore del dio Dioniso.

In principio i partecipanti al rito erano riuniti in un gruppo, o
meglio in un coro, che agiva contemporaneamente.

Poi i ruoli hanno cominciato ad essere ben definiti, per cui il rito
è diventato gradualmente una rappresentazione, cioè non
più qualcosa cui si partecipa agendo in prima persona, ma
qualcosa cui si partecipava osservando.

Alcuni individui si sono distaccati dal gruppo per assumere dei
ruoli più precisi e diventare attori, altri hanno continuato a
partecipare da spettatori.
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La funzione del Coro

                                       Dioniso
                                  attorniato dai satiri

La funzione del gruppo era così importante che in seguito il coro è
rimasto quasi come fosse un solo personaggio. Esso era costituito da
un gruppo di attori, spesso guidati da un capo, il corifeo.

Il coro rappresentava un vero e proprio personaggio a più voci che
dialogava con i protagonisti, esprimeva commenti e riflessioni,
raccontava al pubblico alcuni fatti.

Il coro, insomma, era la voce dell’autore.
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I primi autori

La tradizione attribuisce la rappresentazione teatrale più antica
al poeta greco Tespi, il quale avrebbe composto nel 534 a.C. il
primo dialogo tra un attore e un coro.

Secondo il poeta latino Orazio, Tespi si spostava da una città
all’altra dell’Attica con un carro sul quale innalzava un palco;
due attori con i visi dipinti cantavano dei cori di argomento
storico.

Dopo qualche tempo vi aggiunse un terzo attore, il quale
separatamente dai cori recitava dei versi.

Dopo Tespi, seguirono altri autori come Frinico, Cherilo e
Pratina.
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Le forme del teatro greco:
                tragedia e commedia

                     Il teatro di Epidauro

Nel teatro greco si rappresentavano due forme di spettacolo: la
tragedia, considerata la forma artistica più elevata, e la
commedia, che presentava fatti della vita quotidiana con
personaggi popolari e si concludeva quasi sempre con un lieto
fine.
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Il teatro
                         Gli spettacoli erano organizzati dalle Città Stato
                         come veri riti religiosi e si svolgevano durante le
                         feste Dionisie (dedicate al dio Dioniso)
                         all’inizio della primavera.
                         Lo Stato affidava la messa in scena delle tragedie
                         a cittadini ricchi che provvedevano a pagare gli
                         autori, gli attori, i musicisti e i danzatori. Tutti
                         erano invitati a partecipare: l’ingresso era gratuito
                         e ai cittadini più poveri era offerto un contributo,
                         in sostituzione della paga giornaliera persa per
      Il teatro di
  Doniso ad Atene        assistere alla rappresentazione.
(illustraz. del 1891).   La tragedia antica non era solo uno spettacolo,
                         come lo intendiamo oggi, ma piuttosto un rito
                         collettivo della pòlis.
                         Si svolgeva durante un periodo sacro, in uno
                         spazio consacrato (al centro del teatro sorgeva
                         l’altare del dio).
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La funzione del teatro

Il teatro assunse la funzione di cassa di risonanza per le idee, i
problemi e la vita politica e culturale: la tragedia parla di un
passato mitico, ma il mito diventa immediatamente metafora
dei problemi profondi della società.

Spesso l’autore era anche attore, componeva le musiche e
dirigeva le danze.

Nella magia del teatro, gli attori rappresentano in uno spazio
scenico la vicenda immaginaria vissuta dai personaggi da loro
interpretati.
Il pubblico, che assisteva per tutto il giorno alle
rappresentazioni, si portava da casa cibo e bevande e
manifestava vivacemente il suo giudizio battendo mani e piedi o
fischiando e ridendo lasciandosi trascinare in un altro mondo.
La tragedia
La tragedia metteva in scena eventi importanti e drammatici, i
cui protagonisti erano figure di altro rango: eroi, principi, re.

Le vicende rappresentate spesso si concludevano in modo
violento, con la morte del protagonista e di altri personaggi, e
avevano lo scopo di suscitare sentimenti di pietà e terrore negli
spettatori.

Assistendo alle conseguenze dei comportamenti negativi dei
personaggi, gli spettatori riflettevano sui misteri dell’esistenza e
cercavano di sfogare le passioni umane per raggiungere una
più alta serenità.

La tragedia si diffuse col diffondersi delle grandi feste in onore
del dio Dioniso e inizialmente si svolgevano in uno spazio nei
pressi del tempio a lui dedicato.
L’etimologia di “tragedia”

Per quanto riguarda l’etimologia della parola trago(i)día si
distinguono in essa le radici di “capro” (trágos) e “cantare”
(á(i)dô), sarebbe quindi il “canto del capro”, forse in riferimento
al premio che in origine era consegnato al vincitore dell’agone
tragico (per l’appunto, un capretto), o al sacrificio di questo
animale, sacro a Dioniso, che spesso accompagnava le feste
in onore del dio.
Una teoria più recente fa derivare “tragedia” dal vocabolo raro
traghìzein, che significa “cambiare voce, assumere una voce
belante come i capretti”, in riferimento agli attori.
Una terza ipotesi      suggerisce che tragoidía significhi più
semplicemente “canto dei capri”, dai personaggi satireschi che
componevano il coro delle prime azioni sacre dionisiache.
La tragedia greca classica
La tragedia fiorì in Grecia tra il VI e il V secolo a.C.

I più importanti e riconosciuti autori di tragedie furono
Eschilo, Sofocle ed Euripide, che in diversi momenti storici,
affrontarono i temi più sentiti della loro epoca.

La tragedia greca inizia generalmente con un prologo (da prò e
logos, discorso preliminare), che ha la funzione di introdurre il
dramma; segue la parodo (pàrodos) che consiste nell’entrata in
scena del coro attraverso dei corridoi laterali, le pàrodoi;
l’azione scenica vera e propria si dispiega quindi attraverso tre
o più episodi (epeisòdia), intervallati dagli stasimi, degli
intermezzi in cui il coro commenta, illustra o analizza la
situazione che si sta sviluppando sulla scena; la tragedia si
conclude con l’esodo (èxodos).
Gli autori tragici
           Molte opere sono andate perdute o sono
           giunte fino a noi solo in frammenti.

           I tre più grandi autori greci di tragedie
           appartengono al V secolo a.C., quando la
           città di Atene visse il suo momento di
           maggiore splendore: l’età di Pericle.
Eschilo

           Eschilo (545 – 456 a.C.), Sofocle (496 –
           406 a.C.) ed Euripide (485 – 406 a.C.)
           rappresentano nella storia del teatro antico
           modelli difficilmente      ripetibili e le loro
           tragedie ancora oggi vengono messe in
           scena nei teatri di tutto il mondo.
Euripide
Le tragedie di Eschilo

Eschilo scrisse probabilmente una novantina di
opere, ma di queste ne sono giunte ai giorni nostri
solo sette:

•   I Persiani (rappresentata nel 472 a.C.)
•   Sette contro Tebe (rappresentata nel 467 a.C.)
•   Supplici (rappresentata nel 463 a.C.)
•   Prometeo incatenato (rappresentata tra il 470 e
    il 460 a.C.).
•   Orestea - trilogia (rappresentata nel 458 a.C.),
    costituita da:
1. Agamennone
2. Coefore
3. Eumenidi
Le tragedie di Sofocle
Sofocle scrisse, secondo la tradizione, ben
centoventitrè tragedie, di cui ne restano solo
sette:
    • Antigone (442 a.C.);
    • Aiace (intorno al 445 a.C.);
    • Trachinie (data incerta);
    • Edipo Re (circa 430 a.C.);
    • Elettra (data incerta);
    • Filotette (409 a.C.);
    • Edipo a Colono           (406 a.C., ma
       rappresentata postuma nel 401 a.C.).

Infine possediamo circa la metà di un
dramma satiresco:
    • I cercatori di tracce (data incerta).      Sofocle
Le tragedie di Euripide

Di Euripide si conoscono novantadue drammi; sopravvivono
   diciotto tragedie e un dramma satiresco.

Alcesti (438 a.C.);                Elettra (forse 413 a.C.);
Medea (431 a.C.);                  Elena ( 412 a.C.);
Gli Eraclidi (forse 430 a.C.       Eracle (data incerta);
    circa);                        Fenicie (410 a.C. circa);
Ippolito ( 428 a.C.);              Ifigenia in Aulide (410 a.C.);
Troiane ( 415 a.C.);               Ione (forse 410 a.C.);
Andromaca (forse 423 a.C.          Oreste (408 a.C.);
    circa);                        Le Baccanti (406 a.C.);
Ecuba ( 423 a.C.);                 Ciclope (data incerta, dramma
Supplici ( 414 a.C.);                 satiresco);
Ifigenia in Tauride (forse 414     Reso (data incerta,
    a.C. o 411 a.C. o 409 a.C.);      probabilmente apocrifo).
La commedia

Una commedia è un componimento teatrale dalle tematiche
leggere o atto a suscitare il riso, perlopiù a lieto fine.

La commedia, nella sua forma scritta, ha origine in Grecia nel
VI secolo a.C. e assunse una struttura autonoma durante le
feste dionisiache.
L’etimologia di “commedia”

                  La parola greca “comodìa”, composta di
                  “kòmos” (corteo festivo) e “odè” (canto),
                  indica     come   questa     forma     di
                  drammaturgia sia lo sviluppo in una
                  forma compiuta delle antiche feste
                  propiziatorie in onore delle divinità
                  elleniche, con probabile riferimento ai
                  culti dionisiaci.

 Aristofane,      La commedia nasce cinquant’anni dopo
  il più grande
commediografo     la tragedia, ma si afferma solo quando
  antico greco    essa è già decaduta e ha come massimo
                  esponente Aristofane.
Aristofane
Aristofane (450 a.C. circa – 388 a.C. circa) è l’unico
commediografo di cui ci siano pervenute alcune opere complete.
Delle oltre quaranta commedie da lui scritte, solo undici sono
giunte intere sino a noi.
•     Acarnesi (425 a.C.)
•     I cavalieri (424 a.C.)
•     Le nuvole (423 a.C.)
•     Vespe (422 a.C.)
•     Pace (421 a.C.)
•     Uccelli (414 a.C.)
•     Lisistrata (411 a.C.)
•     Tesmoforiazuse (411 a.C., titolo che significa “Le
      donne alla festa di Dèmetra”)
•     Ecclesiazuse (393 a.C., “Le donne a parlamento”)
•     Rane (405 a.C.)
•     Pluto (388 a.C.)
Menandro

Con Menandro (342 a.C. ca. – 291 a.C. ca.) la commedia
   perde del tutto la dimensione fantastica e la natura mordace
   e satirica della fase più antica, per assumere, pur nella
   finzione teatrale, caratteri di maggiore aderenza alla realtà
   quotidiana e di più spiccata attenzione alla psicologia e ai
   sentimenti dei personaggi.

Egli fu autore di un centinaio di testi teatrali, dei quali sono
    pervenuti soltanto cinque, ma non per intero:
•       Aspis (“Lo Scudo”; pervenuta per circa una metà)
•       Dyskolos (Il Misantropo, l’unica opera pervenuta
    nella sua interezza)
•       Epitrepontes (“L’Arbitrato”; pervenuta in gran parte)
•       Perikeiromene (La ragazza tosata)
•       Samia (La donna di Samo)
Gli attori
Solo agli uomini era consentito di recitare e infatti essi
interpretavano anche le parti femminili.
Per dare maggior rilievo ai personaggi e per esser visti bene
anche dagli spettatori più lontani, gli attori indossavano speciali
calzature, i coturni, che li rendevano più alti.
Andavano in scena solo in tre, recitavano più ruoli e, quindi,
indossavano maschere di cuoio e costumi che rendevano
immediatamente riconoscibili i vari personaggi.
Le maschere avevano la funzione di amplificare la voce; infatti
l’apertura per la bocca era ampia e costruita come un piccolo
megafono.
Anche gli attori delle commedie portavano costumi, mai
travestimenti e le maschere dovevano accentuare gli aspetti
ridicoli e grotteschi dei personaggi.
Elementi importanti del Teatro Greco
Lo spazio scenico

Inizialmente le rappresentazioni avvenivano in uno spiazzo
circolare, l’orchestra, vicino al tempio del dio Dioniso.

In seguito i pochi sedili di legno, riservati alle persone più
importanti della comunità, furono aumentati e disposti intorno
all’orchestra, sfruttando talvolta la pendenza naturale delle
colline.

Col tempo i sedili vennero sostituiti da gradinate costruite in
muratura lungo i fianchi di una collina, in modo che tutti
potessero vedere e sentire bene (la cavea).

Di fronte alla cavea, oltre l’orchestra, si trovava il
palcoscenico rialzato dove si muovevano gli attori.
Lo spazio scenico
Struttura del Teatro
Il teatro greco consisteva   • orchestra: l'area occupata dagli
    nelle seguenti parti:    attori, chiamata "orchestra", ossia
                             luogo     delle    danze,   di    forma
                             variamente trapezoidale/semicircolare
                             o circolare e del diametro di ca. m. 20
                             • cavea,(koilòn): una serie di gradoni
                             semicircolari appoggiati al terreno per
                             ospitare gli spettatori (la prima fila è
                             riservata ai notabili).
                             • skené: un edificio scenico che
                             serviva da fondale, di fronte alla
                             cavea, dotata di tre porte per le
                             entrate in scena. Lo spazio tra la
                             rettangolare skené e l’orchestra
                             circolare si chiamava “proskénion”
                             (proscenio).
Struttura del Teatro
L’invenzione Greca
Il Teatro: dove, cosa, come e con chi!
Il Teatro a Roma
Il Teatro a Roma

In occasione di riti e feste,
anche a Roma, si tenevano
rappresentazioni teatrali in cui
si cantava, di danzava e
recitava.
A partire dal 2°sec. a.C. il
processo     di      aemulatio
(consapevole imitazione -
tecnica che consisteva nella
fusione di parti di commedie
greche), portò i romani ad
assumere     come       modelli
teatrali la tragedia e la
commedia greca.                    Maschera romana
La Tragedia Romana

  Il genere tragico fu ripreso dai modelli
  greci. Era detta "fabula cothurnata" (da
  "cothurni", le calzature con alte zeppe
  degli attori greci) oppure "palliata" (da
  pallium, come per la commedia) se di
  ambientazione greca.
  Quando la tragedia trattava i temi della
  Roma dell'epoca, con allusioni alle
  vicende politiche correnti, era detta
  "praetexta" (dalla "toga praetexta", orlata
  di porpora, in uso per i magistrati).
  Altre erano ispirate alle leggende delle
  origini   o      alla   storia    nazionale
  contemporanea, spesso per esaltare
  figure    politiche    influenti;     spesso
  indugiano anche su situazioni macabre e
  sanguinarie.
La Commedia Romana
La commedia romana ha grande
somiglianza con il genere greco, con
alcune innovazioni: l'eliminazione del coro
e l'introduzione dell'elemento musicale.
Mancavano infatti a Roma strutture
teatrali paragonabili a quelle del mondo
greco, fatto che costrinse i tragici latini di
fare a meno della presenza del coro
La commedia 'greca' era chiamata fabula
palliata (così chiamata dal pallium,
mantello di foggia ellenica indossato dagli
attori), mentre la commedia ambientata
nell'attualità romana era detta fabula
togata (dalla "toga", mantello romano)
oppure tabernaria).
L’Atellana/1
I Romani assistevano agli spettacoli
teatrali soprattutto per divertirsi e perciò le
tragedie, così tristi e serie, vennero
rappresentate sempre meno. La commedia
invece così allegra divenne sempre più
vivace e comica tanto che i Romani
cominciarono ad apprezzare gli spettacoli
denominati Atellane (da Atella, città della
Campania da cui ebbero origine).
La loro rappresentazione si affidava per lo
più all'improvvisazione in quanto nessun
attore recitava un testo imparato a
memoria.
Con l'Atellana si cominciano a determinare
schemi e canovacci (tracce schematiche)
costanti.
L’Atellana/2
Le improvvisazioni originarie erano
di breve durata, dal carattere
popolare e farsesco in cui intricate
vicende di beffe e scambi di persona
erano vivacizzate da scherzi, battute
e una comicità anche grossolana.
In queste farse (fa farcire che
significa in latino riempire alla
rinfusa) gli attori indossavano
maschere e travestimenti creando
caricature della società del tempo.
Le compagnie erano itineranti e
spesso il carro su cui viaggiavano
diventava il palco improvvisato su
cui esibirsi.
La Compagnia e gli Attori

Testi scritti per il teatro si diffusero dopo che Roma conquistò
la Grecia nel 146 a.C assorbendo la sua cultura e civiltà.
Gli attori si organizzarono in compagnie stabili nelle quali a
volte facevano parte anche alcune donne con il ruolo di mimo.
Una compagnia di attori di drammi "regolari", detta in latino
grex, era formata da schiavi, mentre le "Atellane" erano
recitate da uomini liberi .
Sono definite catervae le compagnie teatrali dirette da un
capocomico (dominus gregis), un conductor (una sorta di
direttore di scena) e un choragus, un attrezzista tuttofare che
preparava i costumi e gli altri elementi della messinscena.
Benché il pubblico gradisse gli spettacoli gli attori non
godevano di buona reputazione in quanto considerati cittadini
inferiori e disprezzati dalla società romana considerando tale
attività disonorevole e degradante tanto da non poter ricoprire
nessun incarico pubblico.
Il Teatro a Roma in Mappa
Edificio Scenico

I Romani cominciarono a costruire edifici teatrali in muratura
soltanto dopo il 30 a.C.. Precedentemente i luoghi degli eventi
teatrali erano costruzioni di legno provvisorie spesso erette
all'interno del circo o di fronte ai templi di Apollo e della
Magna Mater.

Il teatro romano dell'età imperiale, invece, è un edificio
costruito in piano e non su un declivio naturale come quello
greco, e ha una forma chiusa, che rendeva possibile la
copertura con un velarium (tende).

La cavea, la platea semicircolare costituita da gradinate,
fronteggiava il palcoscenico (pulpitum), che per la prima volta
assume una profondità cospicua, rendendo possibile l'utilizzo
di un sipario e una netta separazione dalla platea.
Edificio Scenico
Schema di un teatro Greco-Romano

A - Cavea
1 - muri di sostegno
2 - divisioni laterali delle
    gradinate
3 - divisioni tra i settori
4 – scale

B - Scena
5 - parte di fondo della scena
6 - parte anteriore della scena
7 - tavole dipinte con gli sfondi
   della scena
8 - parte della scena

C - Orchestra
9 - accessi all'orchestra
10 - sedili dei sacerdoti e dei
     maggiorenti
11 – alta
Dispositivi Scenici del Teatro
Plauto
              Tito Maccio Plauto (254 ca. - 184 a.C.)
              innestò sul modello della commedia attica
              l’esuberanza espressiva della farsa italica.

              Dei 130 testi teatrali attribuitigli, gli studiosi
              hanno certificato l’autenticità di ventuno
              commedie, giunte complete fino a noi, e
              parte una, la Vidularia, di cui resta un solo
              frammento di un centinaio di versi.

              Le trame delle commedie di Plauto erano
              direttamente ispirate ai modelli greci
Tito Maccio   (Menandro, Filemone, Difilo e altri) e
   Plauto
              rielaborate con assoluta libertà e con un
              ritmo comico straordinario, sottolineato dai
              tempi ben calibrati del dialogo.
Le commedie di Plauto

Gli intrecci presentano di solito storie d'amore complicate da
tranelli, fraintendimenti ed espedienti furbeschi.
I protagonisti delle commedie plautine sono generalmente
personaggi privi di sfumature psicologiche: tra i “tipi” più
ricorrenti, esemplari sono il soldato spaccone, il bugiardo,
l'avaro, lo schiavo astuto, il parassita.
Fra le sue commedie più note ricordiamo:
•       Amphitruo (Anfitrione),
•       Asinaria (La commedia degli asini),
•       Aulularia (La commedia della pentola),
•       Bacchides (Le Bacchidi),
•       Menaechmi,
•       Miles gloriosus (Il soldato spaccone),
•       Pseudolus.
Terenzio
Publio Terenzio Afro (190 circa a.C. -
159 a.C.) esordì come autore di teatro nel
166 a.C., e operò con alterne fortune fino
al 160 a.C.
Nel teatro di Terenzio grande rilievo
hanno i temi della comprensione e del
rispetto umano, della disponibilità verso gli
altri, quei valori cioè che venivano riassunti
dai latini con il termine humanitas.
Nei suoi testi importanza ha lo scavo
psicologico dei personaggi; le loro vicende,
infatti, sono moderatamente realistiche ed
evocano contesti tutt’altro che fantastici,
rendendo le commedie terenziane, sulla
scia del modello menandreo, dei veri e
propri “drammi borghesi”.
Le commedie di Terenzio

Il suo primo testo teatrale fu Andria, messo in scena nel 166
a.C.

Seguendo l'artificio retorico della contaminatio (tipico delle
esperienze comiche del teatro classico e già utilizzato da
Plauto) Terenzio attinse per le sue commedie (sei in tutto,
rappresentate fra il 166 e il 160 a.C.) a diversi originali greci,
mescolando spunti narrativi e personaggi di varie opere.

Andria, Heautontimorúmenos, Eunuchus e Adélphoi
derivano perlopiù da commedie di Menandro.
Storia del Teatro in breve
EPOCA      LUOGO SPAZIO             FUNZIONE DEL                   GENERI                 AUTORI
                 TEATRALE           TEATRO O                                              IMPORTANTI
                                    DELL'ATTORE
VI-IV sec, Grecia   teatro a        il teatro ha una funzione      Tragedia:                 Per la tragedia
a.C.                gradinate       religiosa, sociale,            mediante una serie di Eschilo, Sofocle,
                    sul fianco di   educativa, trasmette i         casi che suscitano        Euripide.
                    una collina     valori civili, morali e        pietà e terrore, ha per
                                    religiosi su cui si fonda la   effetto di sollevare e Per la commedia
                                    società.                       purificare l'animo dalle Aristofane e
                                                                   passioni"                 Menandro
                                    L'attore è il mediatore        Commedia:
                                    verso lo spettatore dei        in essa predominano
                                    valori del mito, è un          temi di attualità
                                    cittadino privilegiato, la     politica e satira sociale
                                    sua posizione sociale è        oppure è
                                    invidiabile                    caratterizzata da
                                                                   vicende basate su
                                                                   contrasti amorosi

II sec.    Roma     anfiteatro di il teatro perde ogni       prevale la commedia Plauto e Terenzio
a.C. - I            forma ellittica funzione religiosa e     di derivazione greca
d.C.                                diventa puro spettacolo,
                                    lo scopo non è più
                                    educare il pubblico, ma
                                    divertirlo.
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