NORMATIVA EMERGENZIALE E CRISI DELL'IMPRESA - COVID-19 Unità di supporto legale alle imprese - CasaeAssociati

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NORMATIVA EMERGENZIALE E CRISI DELL'IMPRESA - COVID-19 Unità di supporto legale alle imprese - CasaeAssociati
NORMATIVA EMERGENZIALE
  E CRISI DELL’IMPRESA

             COVID-19
Unità di supporto legale alle imprese
NORMATIVA EMERGENZIALE E CRISI DELL'IMPRESA - COVID-19 Unità di supporto legale alle imprese - CasaeAssociati
Emergenza COVID-19

                      Indice:

                      1.    Nota introduttiva
                      2.    La normativa di riferimento: il d.l. n. 23 del 8 aprile 2020 c.d. “decreto liquidità“
                      3.    Art. 5: Differimento entrata in vigore del nuovo Codice della crisi dell‘impresa
                      4.    Art. 9: Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione
                      5.    Art. 10: Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di
                            fallimento e dello stato di insolvenza

Normativa emergenziale e crisi dell’impresa
Emergenza COVID-19

1. Nota introduttiva

Le misure adottate dal Governo per limitare la diffusione del CoViD-19, come oramai noto a tutti, hanno già ad oggi, ed avranno
anche nel prossimo futuro, inevitabili ricadute a livello economico. In particolare, si fa riferimento all‘improvvisa quanto
inaspettata chiusura pressoché assoluta delle attività produttive dovuta al lockdown: al blocco di ogni attività produttiva è
naturalmente seguita una rigida contrazione del mercato, con relativa caduta dei consumi, causata anche da una minore
percezione del reddito. Lo shock, inizialmente asimmetrico dal lato dell‘offerta, ma che ha ben presto coinvolto anche il lato
della domanda, ha ed avrà effetti negativi sulle imprese e le aziende del Paese, le quali dovranno confrontarsi con una grave ed
inattesa crisi di liquidità. Un incremento della richiesta dell‘applicazione degli strumenti offerti dal diritto della crisi dell‘impresa
e delle procedure concorsuali sembra probabile alla luce dell‘attuale contesto economico gravemente compromesso
dall‘emergenza legata alla diffusione del coronavirus. Il Governo ha quindi adottato alcuni provvedimenti e misure rivolte alla
conservazione, per quanto più possibile, delle strutture imprenditoriali del Paese, scongiurando l‘attivarsi o il proseguirsi di
procedure in qualche modo falsate da fattori del tutto indipendenti dall‘operato imprenditoriale.

Tali provvedimenti saranno di seguito brevemente esposti al fine di offrire, partendo dal dato normativo, una lettura agile delle
misure adottate dal Governo riguardanti le procedure concorsuali e gli strumenti giuridici volti alla gestione della crisi
dell‘impresa.

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Emergenza COVID-19

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2. La normativa di riferimento

La normativa emergenziale di riferimento, per quanto riguarda l’ambito della crisi dell’impresa e delle procedure concorsuali, è il
decreto-legge n. 23 del 8 aprile 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in pari data, c.d. “decreto liquidità” .

Un prezioso strumento per comprendere ed interpretare al meglio la normativa citata è costituito dalla Relazione Tecnica di
accompagnamento al decreto stesso, dalla quale emerge la ratio sottesa alle scelte operate dal Legislatore.

Le misure inserite nel decreto liquidità sono per lo più rivolte ad offrire un supporto al sistema produttivo del Paese cercando di
garantire la continuità delle imprese durante la fase più acuta dell’emergenza e quella immediatamente successiva; tra queste
misure: l’accesso facilitato al credito, misure relative agli adempimenti fiscali, l’estensione del c.d. Golden Power. Nel solco
dell’obiettivo indicato si pongono anche le statuizioni introdotte in relazione agli istituti di gestione della crisi d’impresa di seguito
illustrate.

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Emergenza COVID-19

3. Differimento entrata in vigore del nuovo Codice della crisi dell‘impresa

                                              La norma considerata, rubricata precisamente «Differimento dell’entrata in vigore del Codice della crisi
                                              d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14», consta di un unico comma per
                                              mezzo del quale viene sostituito il primo comma dell’art. 389 del d. lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019 relativo
                                              all’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo. Il termine originariamente previsto per l’entrata in vigore
                                              del Codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza («CCII»), ovvero il 15 agosto 2020, è stato infatti differito di
                                              circa un anno. L’art. 5 del decreto liquidità indica espressamente la data del 1 settembre 2021 per l’entrata in
                                              vigore del decreto legislativo n. 14 del 2019. Tale scelta «di sistema» è maturata a seguito del differimento
                                              dell’entrata in vigore della sola disciplina delle misure di allerta al 15 febbraio 2021, contenuto nell’art. 11 del
                                              D.L. 2 marzo 2020, n. 9. Con l’art. 5 in parola, beninteso, l’intero CCII deve intendersi rinviato al 1 settembre
                                              2021.

L’intervento, di natura sia procedurale, sia sostanziale, è stato deciso dal Governo con il precipuo fine di garantire, anche in tempo di emergenza
epidemiologica e conseguente crisi, l’elemento indispensabile della certezza del diritto, evitando di mettere ulteriormente sotto stress il sistema
economico-giuridico, già gravemente compromesso dalla diffusione pandemica del SARS-CoV 2, per mezzo dell’applicazione di istituti «nuovi», non
rodati né assorbiti nella prassi applicativa, consentendo invece agli operatori giuridici di continuare ad operare con strumenti conosciuti e di
consolidata applicazione.
Inoltre, la nuova normativa è soprattutto rivolta al recupero dell’azienda nel tessuto produttivo e alla continuità dell’impresa; proprio a tale obiettivo,
tuttavia, potrebbe non essere assicurato pieno perseguimento in tempo, ed a causa, di crisi. La proroga di circa un anno rispetto all’entrata in vigore
del nuovo Codice della crisi dell’impresa, allora, dovrebbe garantire al sistema produttivo il tempo necessario per consentire la sua normalizzazione in
un contesto economico-produttivo adeguato all’accoglimento della nuova normativa prevista per la gestione della crisi dell’impresa.

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Emergenza COVID-19

                             4. Art. 9: Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione

L‘articolo in oggetto consta di cinque commi e detta misure atte a contrastare gli effetti negativi derivanti dalla situazione di crisi
ed emergenza con riguardo alle procedure alternative al fallimento, i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione dei
debiti di cui all‘art. 182 bis l.fall.

Le misure adottate hanno natura procedurale in quanto consistono nella possibilità riconosciuta al debitore di prorogare alcuni
termini originariamente previsti nelle procedure nominate, con l‘intento di rendere le stesse pienamente ed effettivamente
efficaci nonostante il periodo di crisi; anzi, la proroga dovrebbe servire, per l‘appunto, a fornire al debitore il tempo necessario
per riadattare i piani o gli accordi già omologati al contesto economico mutato a causa dell‘emergenza epidemiologica.

Ciò, ancora una volta, al fine di provare ad assicurare il più possibile il salvataggio delle imprese coinvolte: questo, che prima
dell‘emergere della crisi era l‘obiettivo fondamentale del sistema delle procedure alternative al fallimento, nella specifica
congiuntura economico-produttiva creata dall‘emergenza, diventa addirittura essenziale per favorire la tenuta del tessuto
economico del Paese allo stress causato dalla contrazione dei mercati.

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Emergenza COVID-19

             4. (Segue)

Il primo comma dell’art. 9 del «decreto liquidità» proroga di sei mesi il termine per l’adempimento di
concordati preventivi e accordi di ristrutturazione già omologati e aventi scadenza nel periodo indicato dalla
norma: si tratta di una norma imperativa che modifica ex lege i termini di adempimento e non abbisogna di
alcuna iniziativa del debitore.
Questa disposizione è evidentemente rivolta a preservare procedure di concordato preventivo o accordi di
ristrutturazione già omologati i quali, prima dell’esplosione dell’emergenza da CoViD-19 e della conseguente crisi,potevano avere buone possibilità di
addivenire ad un esito di successo ma che invece sarebbero probabilmente compromessi alla luce degli effetti economici negativi derivanti
dall’emergenza.
Anche in questo caso, l’obiettivo di fondo è quello di garantire una piena efficacia alle procedure alternative al fallimento anche in tempo di crisi evitando
così la dispersione di strutture imprenditoriali.

                     APPROFONDIMENTO: L’ART. 9 COMMA 1

            La norma parla di “adempimento”: ha perciò ad oggetto la fase esecutiva dei concordati e degli accordi, quando
            chiaramente il decreto di omologa è già stato emanato dal Tribunale, con l’evidente intento di ridurre i rischi di risoluzione
            dell’uno e dell’altro.

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Emergenza COVID-19

         4. (Segue)

                                              Il provvedimento contenuto nel secondo comma dell’art. 9 del decreto
                                              liquidità, permette al debitore il cui piano o accordo non abbia già
                                              ottenuto l’omologa, di presentare un’istanza al fine di ottenere un
                                              termine massimo di 90 giorni per la presentazione, per quanto riguarda il
                                              concordato di cui all’art. 161 l. fall., di un nuovo piano e di una nuova
                                              proposta e, per quanto riguarda la procedura di cui all’art. 182-bis l. fall.,
                                              di un nuovo accordo di ristrutturazione dei debiti. Cosicché il nuovo piano
                                              e la nuova proposta e il nuovo accordo di ristrutturazione possano essere
                                              elaborati tenendo debitamente conto degli elementi sopravvenuti a
                                              causa dell’emergenza epidemiologica che hanno inciso sul contesto
                                              economico e produttivo del Paese.
                                              La ratio della norma è, infatti, evitare l’omologazione di accordi di
                                              ristrutturazione e concordato non più fattibili dal punto di vista
                                              economico, a causa delle condizioni precedentemente prospettate ma
                                              ora non più attuali.

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Emergenza COVID-19

             APPROFONDIMENTO: L’ART. 9 COMMA 2

   Il secondo comma dell’art. 9 attiene ai procedimenti di omologazione del concordato preventivo e degli accordi di
   ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020, ovvero quando, per gli accordi, risulti già depositata la domanda di
   omologazione, mentre, per il concordato preventivo, siano state espletate le operazioni di voto.

   A differenza della proroga di cui al primo comma, la norma richiede un atto di impulso da parte del debitore, il quale è
   facoltizzato a presentare l’istanza sino all’udienza fissata per l’omologa; alcuna valutazione o indagine circa il merito della
   domanda è invece richiesta da parte del Tribunale, che è dunque tenuto a concedere il suddetto termine.

   La disposizione contiene, poi, delle precisazioni rilevanti: (i) il termine decorre dalla data di concessione del termine da parte del
   Tribunale; (ii) il termine non è prorogabile; (iii) la richiesta è inammissibile qualora vi sia già stata una votazione negativa sulla
   proposta di concordato, ma ciò non toglie la possibilità, per il debitore concordatario, di presentare una proposta di concordato
   ex novo.

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Emergenza COVID-19

       4. (Segue)

La misura di cui al terzo comma dell’art. 9 del «decreto liquidità» ha
sempre natura procedurale e concede al debitore la possibilità di
modificare unilateralmente i termini di adempimento originariamente
previsti nella proposta o nell’accordo di ristrutturazione.
In realtà, tuttavia, il debitore dovrà presentare, entro la data fissata per
l’udienza di omologa, un’istanza motivata a mezzo di memoria
puntualmente corredata della documentazione necessaria a comprovare
le ragioni che rendono necessario il rinvio dei termini di adempimento.
In ogni caso, tale rinvio, non potrà essere superiore ai sei mesi.

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Emergenza COVID-19

             APPROFONDIMENTO: L’ART. 9 COMMA 3

   Nonostante il terzo comma dell’art. 9 non individui il proprio ambito d’applicazione, sembra preferibile ritenere che la
   disposizione segua consequenzialmente il comma secondo e, quindi, si riferisca ai soli procedimenti di omologazione del
   concordato e degli accordi di ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020. In questo caso, viene attribuita la
   facoltà al debitore di modificare i soli termini di adempimento della proposta concordataria o dell’accordo, che non possono
   differirsi di oltre sei mesi rispetto ai termini originari.

   A differenza di quanto previsto dal primo comma della medesima disposizione, la norma non richiama un termine finale di
   adempimento: possono quindi essere prolungati anche i termini di adempimento con scadenza originaria successiva al 31
   dicembre 2021.

   Parimenti al comma secondo, è richiesto un atto d’impulso da parte del debitore che si sostanzia nel deposito, entro
   l’udienza fissata per l’omologa, di una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini di adempimento, corredata da
   documentazione che ne comprovi la necessità. Si badi bene che non è richiesta - pare suggerire la lettera della norma –
   l’enunciazione delle ragioni della modifica, che il legislatore sembra ricondurre implicitamente alla circostanza sopravvenuta
   dell’emergenza sanitaria.
   Sotto il profilo procedurale, il Tribunale deve acquisire il parere del commissario giudiziale e, sussistendo i presupposti di cui
   agli artt. 180 o 182-bis l.fall., emana il decreto di omologa recependo i nuovi termini di adempimento del piano di
   concordato o dell’accordo.

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Emergenza COVID-19

             RIFLESSIONI CRITICHE SOLLEVATE IN DOTTRINA
             R. Brogi, Diritto emergenziale della crisi d’impresa all’epoca del Covid-19 – 13 aprile 2020

    Il Tribunale può omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione qualora rilevi l’insussistenza dei
    presupposti per la modifica del termine di adempimento?
    Sebbene il quesito non paia di immediata soluzione, si suggerisce che qualora il diniego della concessione del termine di
    proroga sia compatibile con l’adempimento della proposta sui quali è confluito il consenso della maggioranza dei creditori, si
    potrà pervenire all’omologazione del concordato o dell’accordo originari. Laddove, invece, il diniego del termine renda non
    (più) attuabile la proposta o l’accordo secondo le tempistiche originariamente previste, l’emissione di un provvedimento di
    omologazione diverrebbe più ardua.

    Che cosa accade nel caso in cui il decreto di omologa del Tribunale non tenga conto della richiesta di proroga e non indichi i
    nuovi termini di adempimento della proposta o dell’accordo?
    In questo caso, la via obbligata sembra essere quella del reclamo ex artt. 183 e 182-bis l.fall., pena, altrimenti, la vincolatività
    dei termini originari.

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Emergenza COVID-19

4. (Segue)

                                               I commi 4 e 5 dell’art. 9 del d.l. n. 23 del 8 aprile 2020 prevedono,
                                               rispettivamente per quanto riguarda il concordato preventivo
                                               l’uno, e l’accordo di ristrutturazione l’altro, la possibilità per il
                                               debitore di ottenere un’ulteriore proroga, non superiore a 90
                                               giorni, per il deposito del piano e della proposta o dell’accordo,
                                               nonostante il termine originariamente previsto sia in scadenza e
                                               non prorogabile. Come nel caso regolato dal comma terzo, anche
                                               in questo caso, nell’istanza per la concessione della proroga, il
                                               debitore dovrà dare atto delle ragioni che la rendono necessaria
                                               evidenziando soprattutto i fattori causali sopravvenuti e non
                                               imputabili al debitore stesso in quanto legati alla crisi, sanitaria
                                               ed economica, causata dalla diffusione del coronavirus e delle
                                               relative misure di contenimento.

                                                  NOTA: la proroga di 90 giorni in oggetto, qualora concessa, deve
                                                  sommarsi al periodo di sospensione ex lege dei termini
                                                  processuali disposta dall’art. 83 del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020
                                                  dato che, tale sospensione generale, trova pacifica applicazione
                                                  anche con riguardo al termine di cui all’art. 161, comma 6, l.fall.

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Emergenza COVID-19

             APPROFONDIMENTO: L’ART. 9 COMMA 4

   La norma riconosce al debitore concordatario, il quale abbia già ottenuto (i) l’accesso alla procedura mediante la
   concessione del termine di cui all’art. 161, comma 6, l.fall. (c.d. concordato in bianco) per il deposito della proposta e del
   piano di concordato definitivi e (ii) la proroga di detto termine ex art. 161, ult. comma, l.fall., anche in pendenza di un’istanza
   di fallimento, il diritto di chiedere ed ottenere una proroga di ulteriori 90 giorni per depositare la proposta definitiva.
   A differenza del comma terzo, il Legislatore qui specifica che l’istanza di proroga presentata dal debitore deve indicare i fatti
   sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica Covid-19, che divengono presupposto necessario della richiesta,
   nonché gli elementi che rendono necessaria la proroga: il Tribunale, infatti, la concederà solo previa verifica in ordine alla
   sussistenza di concreti e giustificati motivi e previo parere del commissario giudiziale.

             APPROFONDIMENTO: L’ART. 9 COMMA 5

    Anche il debitore che abbia ottenuto la concessione del termine di cui all’art. 182-bis l.fall. per l’omologazione di un accordo
    di ristrutturazione ha il diritto di presentare l’istanza di proroga di 90 giorni, al fine di preservare le trattative in corso da
    azioni cautelari ed esecutive. A tale scopo, il Tribunale provvede in Camera di Consiglio, senza procedere all’adempimento di
    quanto previsto nel primo periodo dell’art. 182 bis, comma 7, l.fall., cioè alla comunicazione ai creditori della fissazione
    dell’udienza e della documentazione depositata dal debitore. La proroga può essere concessa dal Tribunale, parimenti a
    quanto visto sopra, solo se l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi da ricondurre all’attuale emergenza sanitaria e
    solo qualora si riscontrino, al momento della decisione, i presupposti per pervenire ad un accordo di ristrutturazione con le
    maggioranze previste nell’art. 182 bis l.fall.

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Emergenza COVID-19

                            5. Art. 10: Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di
                            fallimento e dello stato di insolvenza

L‘articolo 10 del "decreto liquidità“ detta disposizioni d‘emergenza con specifico riguardo alla procedura fallimentare.

La norma consta di tre commi i quali introducono misure eccezionali e temporanee volte ad inibire temporaneamente l‘apertura
di procedure fallimentari e fondate sullo stato d‘insolvenza delle imprese; ciò in quanto tali procedure potrebbero essere
ricondotte alle straordinarie e negative congiunture economiche create dalla situazione emergenziale e non, invece, allo stretto
operato degli imprenditori.

Oltre che al fine di evitare, ancora una volta, la dispersione del patrimonio produttivo del Paese per fattori esogeni alla gestione
dell‘impresa, con le disposizioni di cui all‘art. 10 del “decreto liquidità“, si è apertamente perseguito altresì l‘obiettivo di evitare
un aggravio del carico di lavoro di Tribunali già danneggiati, nel loro funzionamento, dall‘emergenza legata alla diffusione del
coronavirus.

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Emergenza COVID-19

             5. (Segue)

Il primo comma dell’art. 10 del «decreto liquidità» dichiara l’improcedibilità di tutti i ricorsi e le
richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza ai fini della procedura di
liquidazione coatta amministrativa o dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese
presentati nel periodo individuato. Restano invece escluse dall’ambito di applicazione della
norma le «grandissime imprese» in stato d’insolvenza, non essendo menzionata la legge n. 39 del 18 febbraio 2004 (c.d. legge Marzano) che, a
differenza degli altri strumenti concorsuali, può essere attivata soltanto dall’imprenditore.
Si noti che l’improcedibilità è disposta per tutte le ipotesi di ricorso (meno che per l’eccezione di cui al comma successivo): ad essa, quindi, è soggetta
anche l’istanza di fallimento presentata dal debitore ex art. 6 l. fall. In tal modo, allo stesso imprenditore è concesso un lasso di tempo utile ad una
valutazione – forse – maggiormente lucida in merito alla possibilità di invocare strumenti di gestione della crisi d’impresa alternativi, che gli consentano
di non dover sopportare le gravose conseguenze scaturenti dallo stato di insolvenza il quale, per altro, dovrebbe essere probabilmente ricondotto a
fattori non imputabili all’operato dell’imprenditore stesso.

                                                              Il secondo comma dispone un’eccezione rispetto a quanto previsto al primo comma, nel
                                                              senso che non è soggetto ad improcedibilità il ricorso formulato dal pubblico ministero ed
                                                              accompagnato dalla richiesta di emissione dei provvedimenti cautelari o conservativi di
                                                              cui all’art. 15, comma ottavo, l. fall.
                                                              La ratio di siffatta eccezione è da rinvenire nella tutela dei creditori rispetto ai quali si
                                                              vuole evitare che il debitore, in qualche modo sfruttando la situazione provocata
                                                              dall’emergenza epidemiologica, possa porre in essere condotte distrattive e/o dissipative
                                                              del patrimonio, connotate da rilevanza penale. In un’ottica di contemperamento degli
                                                              interessi, insomma, il Legislatore ha ritenuto che la situazione emergenziale non
                                                              legittimasse il depotenziamento del presidio penale previsto per tali condotte.

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Emergenza COVID-19

             APPROFONDIMENTO: L’ART. 10 COMMA 1

   Si noti che la dichiarazione di fallimento è preclusa a prescindere dalla riconducibilità dello stato di insolvenza all’attuale
   emergenza epidemiologica e alla conseguente interruzione delle attività produttive nel nostro Paese: è stata dunque prevista
   ex lege una causa d’improcedibilità della domanda (di fallimento) fissa ed astratta. A ciò consegue il «non esame» da parte
   dei Tribunali anche di casi di insolvenza generatesi ante 9 marzo 2020, senza alcun collegamento esiziale, quindi, con lo stato
   di pandemia sanitaria.

   L’effetto della dichiarazione di improcedibilità della domanda per il periodo ricompreso tra il 9 marzo 2020 e il 30 giugno
   2020 comporta la ripresentazione della domanda successivamente alla data del 30 giugno 2020.

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Emergenza COVID-19

    5. (Segue)

La misura di cui al terzo comma dell’art. 10 del «decreto liquidità» esclude
il periodo intercorrente tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020,
individuato dal primo comma, dal computo del periodo annuale previsto
dall’art. 10 l. fall. relativo alla dichiarazione di fallimento di imprese
Cancellate dal registro delle imprese.
L’obiettivo è, in questo caso, evitare che la possibilità offerta ai creditori di ottenere comunque la dichiarazione di
fallimento dell’impresa, successivamente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, subisca un pregiudizio a
causa del periodo in cui la presentazione del relativo ricorso risultava inibito.

La medesima esclusione opera con riguardo al calcolo dei termini stabiliti dall’art. 69 bis l. fall. in merito alla
proposizione delle azioni revocatorie fallimentari; ciò sempre al fine di evitare che la misura emergenziale di cui al
comma 1 possa ledere l’efficacia degli strumenti posti a tutela della par condicio creditorum.

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Emergenza COVID-19

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                                 Unità di supporto legale alle imprese

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