Napoli Comicon 2018, ecco i cosplay - Il Cerca e Trova
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Napoli Comicon 2018, ecco i cosplay Parata di personaggi tra i padiglioni del Comicon tra vecchie conoscenze, facce nuove, ironia e tanta passione Tra un Frank Miller e una Lucy Lawless, tra i fumetti, i videogiochi, le serie e le anteprime cinematografiche non poteva mancare neppure la consueta parata di cosplayer.
Deadpool va sempre fortissimo, qualcuno tenta ancora timidamente di proporre Jack Sparrow, iniziano a vedersi i primi seguaci de La casa di carta, Stranger Things va sempre forte insieme a League of Legends e il mondo di manga e anime. Poi ci sono i geni che si vestono come Don Matteo, Renato Zero o il Monnezza, che variano un po’ il panorama della selva di Naruto, Joker e Harley Quinn. Tratto da: WIRED
Compie vent’anni il momento più imbarazzante per Microsoft Durante la presentazione di una specifica funzione di Windows 98, qualcosa andò storto, ma Gates ne uscì con grande ironia. Sono già trascorsi 4 lustri Se la cosa peggiore che ricordate di Microsoft è Vista, significa che siete molto giovani. Perché tra le cose che compiono 20 anni nel 2018, insieme a Baby one more time di Britney Spears e quel capolavoro di Frozen, di Madonna, c’è uno dei più divertenti episodi dell’azienda. Si tratta di Windows 98 – ebbene sì, ribadiamolo, erano vent’anni fa. Sul palco il ceo di Microsoft Bill Gates, assistito da Chris Capossela (adesso è Chief Markteting Officer), si accingeva a una dimostrazione davanti al
pubblico di Comdex. Una di quelle situazioni in cui sei davanti a un bel pubblico da conferenza che non vorresti mai scontentare. Una delle caratteristiche di Windows 98 che voleva essere esaltata davanti agli astanti era il plug-and-play, ovvero: prendi una periferica (mettiamo il caso, una stampante), collegala e oplà, funziona. Cioè, dovrebbe funzionare. E invece… niente. Ma non niente tipo intoppo, niente della serie: schermata blu della morte. Blue Screen, Blue Screen of Death, BSoD per gli amici. Gates reagisce bene e anzi, trova il modo di fare una battuta: “Questa è la ragione per cui non stiamo ancora spedendo Windows 98!“. Ci si può ancora scherzare su, visto che la divertente scena non ha minimamente intaccato il successo del prodotto, di cui furono vendute 25 milioni di unità solamente quell’anno. Tratto da: WIRED
Il padre di Alfie, Tom Evans: “Il Papa venga qui, grazie Italia per il sostegno” Ieri il «no» della Corte di Londra al trasferimento del bambino. Steadfast onlus al lavoro per cambiare la giurisdizione di competenza del caso trasferendola a quella italiana «Chiedo al Papa di venire qui per rendersi conto di cosa sta accadendo. Venga a vedere come mio figlio è ostaggio di questo ospedale. È ingiusto quello che stiamo subendo. Grazie
Italia. Vi amiamo». Così il papà di Alfie, Tom Evans, ai microfoni di Tv2000 dopo l’ultimo “no” di ieri della Corte d’appello di Londra ad un trasferimento del bambino in Italia . «Alfie è una parte della famiglia italiana, è una parte dell’Italia. Noi apparteniamo all’Italia» ha detto il giovane genitore, ribadendo la gratitudine al nostro paese «per la solidarietà e il supporto ricevuti in questi giorni». «Noi non ci arrendiamo, andiamo avanti. Abbiamo conosciuto persone straordinarie. Il Papa è vicino a noi. Stiamo facendo tutto il possibile per nostro figlio, nel nome di Dio», ha aggiunto. «Noi continueremo a lottare, ricevendo sempre più forza dal popolo italiano. Dal governo, dai ministri che si sono impegnati per noi. Non vi ringrazieremo mai abbastanza». Il papà di Alfie: “Ha respirato da solo, perché non è peggiorato quando hanno spento le macchine?”
AP Tom e la compagna Kate incontrano oggi i medici responsabili dell’Alder Hey Hospital di Liverpool per discutere del ritorno del piccolo a casa. Lo hanno annunciato loro stessi ai giornalisti fuori dal nosocomio, aggiungendo che il bambino continua a respirare nonostante sia arrivato al terzo giorno di distacco dalla ventilazione assistita permanente, «senza deterioramento» delle sue condizioni, anche se stamane appare «un po’ debole» e non si è svegliato. Intanto la Steadfast Onlus, associazione che da mesi si sta occupando del caso del piccolo malato britannico offrendo assistenza medica e diplomatica in collaborazione con altre associazioni e organizzazioni nazionali e internazionali, ha fatto sapere in una nota che «A seguito dell’ulteriore rifiuto della giustizia britannica di permettere ad Alfie, cittadino italiano, di trasferirsi in Italia l’équipe giuridica si è messa di nuovo al lavoro per cercare di cambiare la giurisdizione di competenza del caso
trasferendola a quella italiana». «La famiglia – si legge – ha accettato la proposta dell’equipe giuridica internazionale ed è stato presentato ricorso al giudice Italiano. Se subentrassero problemi di giurisdizione sarà la Corte di Giustizia Europea ad esprimersi in merito». La storia del piccolo Alfie, la sua malattia e le similitudini con il caso di Charlie In serata, infine, è attesa una fiaccolata e una veglia di preghiera a piazza San Pietro per Alfie Evans. L’iniziativa è partita già da ieri spontaneamente sui social network e ha
portato circa 300 persone riunirsi nella piazza del Bernini. Altre migliaia di persone si sono invece collegate attraverso le dirette Facebook. I promotori hanno annunciato che «l’iniziativa proseguirà fino a quando sarà necessario. È stata scelta piazza San Pietro in segno di ringraziamento al Papa per quanto sta facendo». La veglia si terrà questa sera alle 22.17, in coincidenza dell’orario in cui, lo scorso lunedì, sono stati staccati i macchinari che tenevano in vita il bambino ricoverato . Tratto da: LaStampa.it
Serena Williams rivela: “Sono quasi morta di parto” «Sono quasi morta di parto»: Serena Williams ha confidato alla Cnn che la sua salute e la sua stessa vita è stata rischio nelle ore successive alla nascita della figlia Alexis Olympia lo scorso settembre in una clinica della Florida. La star del tennis aveva subito un taglio cesareo e già aveva parlato in una intervista a Vogue delle complicazioni seguite alla nascita della bambina. Ma solo adesso la diva del tennis è entrata nei dettagli di quanto pericolosa sua stata la sua avventura medica. Serena lo ha fatto con in mente una causa. Lei, una donna ricca e famosa, era ricoverata in un ottimo ospedale, con accesso a ottimi medici e ottime cure. Ma quante donne, e soprattutto quante donne di colore, non sono privilegiate come lei? Prime foto della figlia di Serena Williams
La Williams ha raccontato che la gravidanza era andata come da copione. Fino al parto quando il battito cardiaco della futura mamma si è abbassato sotto il livello di guardia richiedendo il ricorso bisturi. Poi sono subentrate complicazioni. Serena ha una storia clinica di trombi e in vista della nascita della bimba aveva smesso gli anticoagulanti. «Dopo il cesareo, il taglio si è aperto per via della tosse insistente provocata da un embolo», ha scritto in un articolo per la Cnn: «Così sono tornata sotto ferri e i medici hanno trovato un grande ematoma, un blocco di sangue coagulato, nel mio addome. Poi sono dovuta tornare di nuovo sotto ferri per una procedura che avrebbe impedito ai trombi di andare ai polmoni. Sono quasi morta dando la vita a Olympia». A lei però e’ andata bene. La supertennista ha puntato i riflettori su un fenomeno: «Secondo i Centers for Disease Control and Prevention, le donne nere negli Stati Uniti rischiano di morire di parto tre volte di più delle bianche. Ma non è solo un problema degli Stati Uniti. Nel mondo migliaia di donne rischiano la vita per far nascere un bambino nei paesi più poveri. Quando hanno complicazioni
come le mie, non ci sono farmaci o strutture sanitarie che le possono salvare». La Williams ha quindi invitato a donare a organizzazioni come l’Unicef che si impegnano a salvare le vite di mamme e bambini in tutto il mondo. «L’Unicef dice che l’80 per cento dei 2,6 milioni di bambini morti alla nascita muoiono per cause prevenibili. Ma c’è una soluzione. Potete chiedere ai governi e al mondo del business di far di più per salvare queste vite preziose. Potete donare all’Unicef e ad altre organizzazioni nel mondo che lavorano per fare una differenza». Tratto da: LaStampa.it Frank Miller: “Il mondo di oggi è troppo spaventoso per
farne una parodia” I vent’anni del Napoli Comicon sono un’occasione speciale, meritavano qindi un ospite speciale e poche figure possono superare Frank Miller da questo punto di vista. Il provocatorio e iconico autore statunitense che ha rivoluzionato il punto di vista su personaggi storici come Batman e Daredevil porterà proprio al Comicon Xerses, primo di cinque albi che tornano nel mondo di 300 raccontando ciò che è successo vent’anni prima, quando le colonie elleniche decisero di rivoltarsi contro l’impero di Dario. Ancora una volta Miller accantona la realtà storica per unire mitologie passate e moderne in un’opera che diventa inevitabilmente politica. Ma non è finita qua perché a quanto pare Miller tornerà a raccontare le storie di Sin City, ha in porto un nuovo progetto con Dc Comics e guarda con un certo interesse Superman. Ecco cosa ci ha raccontato durante il nostro incontro. Miller è un autore che ha attraversato più generazioni, ha visto la nascita del fumetto come forma di
espressione adulta e provocatoria, contribuendo a farlo diventare ciò che è oggi. Le sue opere sono state fonte di ispirazione per il cinema, un medium che oggi attinge ovunque e sembra non saper più inventare, schiavo della nostalgia. “Credo che ogni eroe sia nostalgico o legato alla nostalgia, è un meccanismo generazionale“, racconta Miller. “Ogni generazione a un certo punto inizia a guardare verso quell’arco di tempo che ritiene sia il migliore di tutti e lo venera. E visto che tendenzialmente il mondo è governato da uomini di mezza età che stanno invecchiando, anche loro venerano i propri idoli, che siano veri o di carta. Abbiamo avuto la nostalgia degli anni ’50, dei ’60, dei ’70. Adesso c’è questa nostalgia degli anni ’80 che è veramente bizzarra. Io mi ricordo gli anni ’80 e non erano un granché“. Daltronde la nostalgia è così, si nutre dei nostri ricordi e li ricopre di una patina che spesso offusca il giudizio. “Alla fine secondo me è una sorta di culto di se stessi. Anche a me ogni tanto piace essere nostalgico, ma di epoche lontanissime, prima di Cristo, ah i cari bei vecchi tempi!”, commenta il fumettista. Ma come si esprime nell’era dei safe space e del bisogno di non offendere nessuno un autore che ha fatto della provocazione testuale e visiva la sua cifra stilistica e che non ha paura di lanciarsi in opere politiche come Holy Terror, che parla di una reazione violenta alla minaccia estremista? “Ora tutti sono sempre molto cauti nell’esprimersi“, afferma Miller. “Holy Terrornasceva dalla rabbia ed è un lavoro particolarmente sanguinoso, non qualcosa pensato con cautela. Quando fai qualcosa di questo tipo devi accettare che ci siano delle polemiche, è
inevitabile. Però senza dubbio adesso viviamo in un periodo di estrema paura a uscire dalle righe, tutti”. Righe dalle quali senza dubbio escono le due figure che più di tutte, insieme agli spartani di 300, rappresentano la sua grande eredità pop: Daredevil e Batman. Il primo ha in Miller forse il suo autore più iconico, il secondo grazie a lui ha acquisito una dimensione nuova, ma anche tradizionale. “Sono entrambi spaventosi, spettrali. Quando ho iniziato a lavorarci la gente si era dimenticata di quanto potessero esserlo, ciò che ho fatto è stato renderli nuovamente spaventosi“, commenta. “Con Daredevil mi sembrava chiaro che un supereroe cieco dovesse operare soprattutto di notte e che non fosse proprio una persona allegra. Per Batman invece fu qualcosa di diverso, fu la possibilità di poter lavorare con uno dei più grandi personaggi mai creati“. Un incontro che arrivò in un momento particolare per Miller: la boa dei 30 anni: “All’epoca mi stavo avvicinando ai trent’anni e la cosa mi spaventava, mi spaventava invecchiare. Così decisi di immaginare il personaggio ancora più vecchio, un 50enne, cercando anche di capire i dolori che un’essere umano può provare a quell’età, nel corpo, nei muscoli, ma anche al bagaglio di esperienze che può aver accumulato“.
E oggi cosa riserva il futuro a un uomo che ha raccontato così tanto? Forse un ritorno in posti conosciuti. D’altronde l’ha detto che è un tipo nostalgico. “Penso che tornerò nuovamente a Sin City e poi avrò un progetto con DC Comics, ma penso che lo annunceranno loro. Posso solo dirvi che si chiamerà Superman Year One“, rivela il fumettista. Ma nc’è di più, perché forse nel suo futuro c’è anche un’altra vecchia conoscenza: il kryptoniano più famoso dell universo: “Sì, adesso ho gli occhi puntati su Superman, ma in generale io amo alla follia i supereroi in generale”. Miller oltre che un grande amante dei supereroi è sempre stato un autore politico dalla visione ben chiara, palese nelle sue opere, un personaggio che da sempre usa storie del passato o realtà alternative per fare satira sulla realtà di oggi: “Studio molto la storia ma ultimamente non mi sono focalizzato su quella contemporanea e su come portarla nei fumetti, non è facile“, commenta. Miller non hai fatto mistero di non amare Trump e di avere una visione antigovernativa che parte da destra, nonostante alcuni tentativi di interpretazioni differenti. “Non credo
sia facile creare una parodia dell’attuale governo, perché è già parodia di sé stesso. Come puoi fare la parodia di una parodia? Il tizio fa già tutto da solo. La situazione è troppo spaventosa oggi per renderla ridicola”. Con l’occasione del Napoli Comicon, Miller incontrerà anche Milo Manara. I due si erano già visti a Lucca Comics due anni fa e senza dubbio un lavoro a quattro mani sarebbe un sogno, a quanto pare non solo per noi, ma anche per Frank Miller, che di fronte a questa possibilità risponde col trasporto del fan: “Se me lo chiedesse collaborerei subito! Ma anche lui è una persona molto impegnata”. Tratto da: WIRED
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