Migliorare la competitività del prodotto industriale, innovando, riducendo i costi e mitigando i rischi - Autore: Gian Battista Lazzarino
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Migliorare la competitività del prodotto industriale, innovando, riducendo i costi e mitigando i rischi Autore: Gian Battista Lazzarino 1
Introduzione Lo scenario competitivo in cui si trovano oggi ad operare le aziende non offre più nessuna certezza nemmeno ai leader indiscussi del mercato o ai brand iconici dell’ultimo decennio. È emblematico, in tal senso, l’esempio di Apple, che, dopo aver dominato per anni il mercato, ha perso la leadership sugli smartphone in favore di Samsung che ha fissato i nuovi standard di mercato in termini di dimensione dello schermo, risoluzione, potenza del processore, riconoscimento vocale e facciale, e tutto questo a un prezzo sostenibile e più basso di Apple. Nello stesso mercato, il CEO di Nokia in occasione della cessione della divisione smartphone a Microsoft ha detto: “we didn’t do anything wrong, but somehow, we lost”. Spesso si tende a dare per scontato che il successo delle aziende si perpetui nel tempo e che i leader di mercato di oggi lo saranno per sempre. Ma basta guardarsi indietro per capire come questo non sia vero, soprattutto oggi, ove globalizzazione e innovazione continuamente restringono le finestre temporali di sfruttamento del vantaggio competitivo delle aziende. Quanto accaduto nel mercato degli smartphone sta accadendo con maggiore o minore intensità e velocità in quasi tutti i settori industriali. “Guardiamo al mercato dell’auto. Chi avrebbe mai scommesso che la coreana Hyundai un giorno potesse essere più grande di Ford? Bene, oggi lo è. O che la indiana Tata potesse un giorno comprare Jaguar e Land Rover, i “milord British carmakers“? Eppure è successo. E che un costruttore europeo potesse diventare leader al mondo? E una situazione del genere è ulteriormente cambiata con l’ingresso dirompente di Tesla che ha mutato ancora una volta, nel volgere di pochi anni, lo scenario competitivo. È del tutto evidente come le regole del gioco siano “realmente” mutate, e non solo a parole o nelle relazioni di economisti, governatori delle banche centrali e guru internazionali che si riuniscono a Davos o a Cernobbio. La realtà che le imprese italiane affrontano oggi è significativamente diversa da pochi anni or sono: 1. I tempi di ciclo di vita di un prodotto si sono ridotti a pochi anni, e in alcuni settori a pochi mesi. Chi era abituato ad avere un buon prodotto e a pensare di venderlo con risultati per anni a venire deve ricredersi avendo toccato con mano la morsa della lunga recessione. 2. Il cliente è molto più informato e dinamico e non è più disposto a “credere” a una leadership nominale. Vuole e si “butta” sul prodotto migliore: non guarda più al passato ma agisce sull’offerta presente. 3. La possibilità di scegliere di produrre dove c’è un vantaggio di costo costringe anche i più riluttanti a prendere atto che per stare sul mercato bisogna muoversi. 4. I mercati domestici sono ormai troppo piccoli per consentire una sopravvivenza a medio termine delle aziende. 5. Le competenze sono ormai diffuse e la differenza la possono fare solo le aziende che dispongono di competenze uniche e nuove. Ma come reagire in questo scenario competitivo? Come attrezzarsi per rimanere competitivi? Riteniamo che la risposta risieda nel modo con cui le aziende affrontano lo sviluppo del prodotto, e come riescano ad estrarre valore dal loro processo di innovazione. 2
Come affrontare la sfida della competitività Da un’indagine condotta dall’istituto Aberdeen di Boston , emerge come siano 5 i fattori che spingono le aziende a impegnarsi nel miglioramento della propria capacità di progettare, produrre e commercializzare i proprio nuovi prodotti. L’equazione da risolvere quindi è molto difficile e le competenze interne alle aziende iniziano a non essere più sufficienti per gestire una tale complessità e per armonizzare efficacemente obiettivi divergenti e contrapposti (maggiore qualità e minor prezzo; customizzazione e sinergie di scala-costo; riduzione dei tempi di introduzione del prodotto e maggiore contenuto di innovazione; etc.). Figura 1 Fattori Esterni di pressione al miglioramento del processo di progettazione e sviluppo prodotto 3
L’equazione da risolvere quindi è molto difficile e le competenze interne alle aziende iniziano a non essere più sufficienti per gestire una tale complessità e per armonizzare efficacemente obiettivi divergenti e contrapposti (maggiore qualità e minor prezzo; customizzazione e sinergie di scala-costo; riduzione dei tempi di introduzione del prodotto e maggiore contenuto di innovazione; etc.). Occorrono competenze specifiche, trasversali, tecniche, metodologiche e manageriali. Negli anni le aziende hanno provato a dare una risposta adottando quel o quei metodi ritenuti più confacenti e attinenti al proprio bisogno e contesto (vedi figura 2). Figura 2 Metodologie di Miglioramento Processo Produttivo – Elaborazione Bip - Le aziende hanno quindi intrapreso programmi impegnativi e della durata di anni per cercare di migliorare il proprio processo, per ridurre gli sprechi, i costi e il proprio lead time, per migliorare la propria produttività, e, infine, per soddisfare i proprio clienti. Tuttavia non sempre tali programmi hanno mantenuto le promesse e le aziende si ritrovano certamente più in controllo, con una maggiore disciplina interna, ma non hanno mutato di molto la propria competitività relativa nei propri segmenti di mercato. Noi crediamo che la ragione principale di tali insuccessi sia da ricondurre al fatto che tutte questi metodi hanno come obiettivo principale, come focus strutturale, il miglioramento del processo produttivo e solo secondariamente del “Sistema Prodotto”, del Prodotto in sé e della sua efficacia competitiva relativa sui mercati. Secondo noi, in questo scenario competitivo, occorre essere più concreti e affrontare il tema della competitività in modo diretto, dal prodotto e per il prodotto. Se volete, un ritorno ai fondamentali, evitando tutto ciò che è superfluo e indiretto. Riteniamo necessario un approccio che metta al centro il “Sistema Prodotto” (e non il processo) che è costruito per avere merci competitive contemperando obiettivi divergenti, e garantire quindi i migliori risultati in termini di riduzione costi, aumento della marginalità, crescita e 4
gestione del rischio nello sviluppo di nuovi articoli. In estrema sintesi i fattori critici di successo nello sviluppo e gestione di un prodotto sono: 1. L’innovazione deve focalizzarsi su ciò che genera valore per il cliente (l’innovazione che non genera valore aggiuntivo e relativamente più competitivo rispetto ai concorrenti è denaro sprecato) 2. Lo sviluppo di un prodotto è uno sforzo inter-funzionale in grado di recuperare e rendere disponibili tutte le leve decisionali e d’intervento che incidono sui risultati 3. Senza la traduzione delle esigenze del cliente in pratiche industriali cost effective non si genera alcun risultato stabile: l’industrializzazione del prodotto è fondamentale 4. Occorre ribaltare il punto di vista e procedere con una Visione Market Back 5
Alcuni concetti chiave Prima di addentrarci nella trattazione del modello vogliamo qui sintetizzare una serie di concetti che, a nostro avviso, occorre richiamare per contestualizzare e valutare con la giusta ottica le evidenze che seguiranno. Evidenze: 1. Le aziende che più di altre hanno un’incidenza maggiore dai nuovi prodotti lanciati negli ultimi due anni sul proprio fatturato hanno anche performance di redditività superiori alle altre. Figura 3: Marginalità e Fatturato % nuovi prodotti. Fonte banca dati PIMS 2. La leadership di costo consiste nel cercare di realizzare un livello complessivo di oneri più basso rispetto alle aziende del settore. I principali fattori che possono determinare un vantaggio di costo sono: a. Le economie di scala b. Le economie di apprendimento: l’esperienza che si accumula nello svolgere e nel coordinare ripetutamente compiti simili consente di aumentare le abilità, di escogitare nuovi metodi di lavoro e di perfezionare gli esistenti c. I metodi e gli impianti di produzione utilizzati d. La progettazione del prodotto e. I costi di approvvigionamento inferiori dovuti a particolare localizzazione geografica, possesso di fonti di approvvigionamento a basso costo, potere contrattuale f. Capacità di eliminazione delle risorse in eccesso (efficienza residuale): riduzione sistematica e continua di tutti i costi in eccesso rispetto alla massima efficienza possibile delle attività 3. La strategia di differenziazione consiste nella ricerca di una specifica caratterizzazione del sistema di prodotto finalizzata a creare una ben definita collocazione dell’impresa nel settore; tale ricerca di differenziazione deve ovviamente essere basata sulla comprensione accurata dei clienti, dei motivi per cui acquistano un prodotto. La differenziazione può essere perseguita in vari modi: attraverso l’immagine di marca, la cura del design, la velocità e l’affidabilità dell’assistenza, la capillarità della rete vendita, etc. L’elemento centrale di tale strategia è la ricerca dell’unicità, dell’essere diversi rispetto ai concorrenti; i costi, anche se non rappresentano la preoccupazione strategica dominante, non possono però essere trascurati. L’impresa, infatti, deve assicurarsi che i maggiori oneri sostenuti per creare la differenziazione siano per lo meno eguali al differenziale di prezzo che il cliente è 6
disposto a pagare per le caratteristiche di unicità che gli vengono offerte. 4. La strategia di focalizzazione consiste nella risoluzione dell’ambito competitivo attraverso la selezione di uno o più segmenti all’interno del settore nei quali perseguire un vantaggio di costo o un vantaggio di differenziazione. La realizzazione di tale strategia è, ovviamente, legata alla capacità di individuazione di segmenti strategici che presentino alcune peculiarità (rispetto al settore in generale) in termini di dinamiche competitive. Figura 4: Costi della Customizzazione. Fonte banca dati PIMS 5. È importante sottolineare che un’impresa che si impegni in tutte le strategie di base senza fare una scelta ben precisa è “bloccata a metà del guado” e si colloca in una posizione debole. Il raggiungimento di una leadership di costo o di differenziazione sono, infatti, normalmente incompatibili; da un lato la differenziazione è generalmente onerosa; dall’altro lato la minimizzazione dei costi richiede solitamente sistemi di prodotto standardizzati e quindi più difficilmente differenziabili. Esistono tuttavia dei casi interessanti in cui le imprese possono conseguire contemporaneamente la leadership di costo e di differenziazione: ad esempio, quando l’impresa realizzi una innovazione tecnologica e/o organizzativa importante che le consenta di ridurre gli oneri economici e di differenziare il prodotto allo stesso tempo. Oppure nei casi in cui i costi siano fortemente condizionati dalla quota di mercato che consente di sostenere quelli aggiuntivi della differenziazione senza perdere la leadership di costo. Figura 3: Costi della Customizzazione. Fonte banca dati PIMS Figura 5: Impatto sulla marginalità delle scelte di focalizzazione. Fonte banca dati PIMS 7
I modelli emergenti di gestione dell’innovazione di Prodotto Praticamente in ogni settore, le aziende di maggior successo cercano di crescere in modo organico attraverso l’innovazione. Secondo i nostri studi tendiamo a classificare il processo di innovazione adottato in tre tipi: • “Need seekers” , quali Apple, Procter & Gamble, e Tesla, che cercano insights di mercato di ordine superiore e raffinato rispetto alla media, e che attraverso questa conoscenza profonda, predittiva, eccezionale, generano idee per nuovi prodotti. • “Market readers”, quali Samsung, Caterpillar, Visteon, che generano valore con una innovazione incrementale su prodotti che hanno già dimostrato la loro efficacia e valore sul mercato. Questa è un posizionamento più cauto, da “fast-follower”, che richiede il monitoraggio puntuale dello specifico mercato, della sua segmentazione dei bisogni, e dei sui players, ovvero concorrenti. • “Technology drivers”, quali Google, Bosch, e Siemens, che dipendono pesantemente dalle loro competenze tecnologiche interne e dalla applicazione di un approccio inside-out per lo sviluppo di nuovi prodotti, applicazioni e tecnologia che incontrano bisogni noti e non noti dei lori clienti Le aziende, anche le multinazionali, hanno ridotto in questi anni gli investimenti in R&D, trovandosi a dover rivedere il modo con cui mantenere-incrementare la propria competitività. Cresce la necessità di essere più efficaci nelle scelte di sviluppo, più rapidi e soprattutto più coerenti rispetto alle proprie reali competenze e capacità interne. Le aziende che meglio hanno affrontato questa sfida sono quelle che hanno scommesso su una innovazione di Breakthrough virando molti dei loro budget di R&D su progetti di questo tipo. I risultati conseguiti da tali aziende sono impressionanti in termini di redditività aggiuntiva, di rispetto dei target di costo e di vantaggio di costo. Figura 6: Risulti primo ventesimo percentile – Dati Aberdeen Group, elaborazione Bip 8
Il vantaggio competitivo del primo ventesimo percentile delle aziende migliori tende a crescere negli anni, potendo contare su un vantaggio di costo dell’ordine di 11 punti e su una redditività quasi tre volte superiore ai propri concorrenti. Tuttavia intraprendere un percorso di sviluppo di Breakthrough comporta un rischio incrementale. Lavorare come prima, separando mercato e proprie capacità interne non è più possibile. Non è più possibile ritrovarsi con mesi e mesi di ritardo nei progetti di sviluppo prodotto perché la “fabbrica” o l’ingegneria non riesce a realizzare quanto necessario, o, viceversa, a causa della perdita di milioni di investimenti fatti perché il Marketing e le Vendite non hanno capito bene cosa renda competitivo il proprio prodotto e come si vince sul mercato. Non capire come affrontare sfide del genere può significare restare ai margini del mercato disperdendo quel valore che invece risiede nel DNA di ciascuna azienda. L’innovazione e la competitività di prodotto sono un processo e non una intuizione estemporanea o una miscela casuale di concause. Dall’analisi dei comportamenti delle aziende che hanno affrontato meglio tale sfida, abbiamo derivato una serie di best practices. Figura 7: Best Practices - Dati Aberdeen Group - Elaborazione Bip 9
Integrated Product Innovation Management Si possono formulare diverse definizioni di competitività di prodotto . In senso lato, essa rappresenta la capacità del prodotto di attrarre e soddisfare clienti e di generare profitti (Clark e Fujimoto); espressa con diverse parole, la competitività del prodotto in quest’ottica è l’efficacia con la quale esso crea valore per l’offerente (l’impresa) e per l’acquirente (il cliente) (Lambin). Emergono quindi due dimensioni: una “esterna”, relativa alla capacità di un prodotto di attrarre clienti e di creare valore per loro, e una “interna”, inerente al fatto che crea valore per l’impresa (Lambin; Luchs; Clark e Fujimoto) . Nel complesso, un prodotto è realmente competitivo se crea le premesse per una redditività di lungo termine, ma l’analisi di competitività richiede una doppia linea d’indagine: l’una rivolta alla dimensione esterna, tesa a conoscere il grado di apprezzamento della domanda al variare dei prezzi dei prodotti, l’altra rivolta all’interno per conoscere a quanto ammontano i costi di produzione (in senso ampio, includendovi anche gli oneri indiretti) al variare del volume e del tipo di produzione. Figura 8: Market Back Approach - Integrated Product Innovation Management invece parte dalla seguente definizione di competitività: il prodotto più competitivo è quello che vende di più al prezzo più elevato. Una simile accezione ha il pregio di aggirare una serie di problemi teorici e applicativi che sorgono quando si vuole dare una misura quantitativa alla competitività. La competitività di prodotto così intesa porta all’interno del nostro approccio le componenti esogene della domanda che vengono utilizzate come punto di partenza di progettazione e non come punto di arrivo. In letteratura si parla alternativamente di Customer Value management o Market back approach. • unendo e mescolando le leve di marketing a quelle di operations (Marketing- Manufacturing-Integration), esso porta a sintesi la Componente esterna (valore del cliente) e la Componente interna (struttura di costo). 10
• è un modo esaustivo di collegare le scelte strategiche di prodotto alla esecuzione operativa e ai risultati. • trova il proprio fondamento concettuale - nella individuazione dei cost driver - nella elaborazione di ipotesi strategiche di innovazione, - nella modellizzazione delle alternative disponibili - nella gestione dei processi decisionali e dei trade off • adotta una visione sistema in luogo di una visione funzionale Per avere chiari i punti caratteristici del nostro approccio, nello schema che segue, Figura 9, rappresentiamo i termini della questione. Figura 9: Schematizzazione Approccio Bip Integrated Product Innovation Management 11
“Integrated Product Innovation Management”, si articola in 4 Fasi e in 11 steps. Le 4 fasi hanno i seguenti obiettivi: Baseline - Valutazione Costi e Concept: comprendere la situazione attuale a livello di prestazioni, processi e costi del prodotto e individuare le esigenze future di competitività sui mercati; Drivers: individuare i Work Package da ottimizzare e i relativi driver di costo con le possibili opzioni di riduzione della spesa; Soluzioni: Attivare tutte le leve principali di intervento in una prospettiva sistemica, valutando in modo quantitativo le soluzioni disponibili per agire sulla creazione di valore del prodotto: re- design, coinvolgimento fornitori, sostituzione componenti, scelte make or buy, semplificazione offerta; Configurazione Finale: scegliere il mix di soluzioni che rappresenta il miglior compromesso tra valore erogato al mercato (prezzo / quota di mercato) e valore per l’azienda (marginalità) e testarle sul mercato per arrivare alla miglior scelta di configurazione. “Integrated Product Innovation Management” per garantire risultati e concretezza di azione, mescola integra e adatta i metodi del Customer Value Management (CVM), design to cost (DTC) e del Design for Manufacturing and Assembly (DFMA). Il CVM ha a che fare con l’analisi dei bisogni del cliente declinati in caratteristiche- attributi (features), efficacia, prezzo, e altri elementi che determinano la Value Proposition di uno specifico prodotto in uno specifico scenario competitivo. DTC e DFMA, di contro, hanno a che fare con i costi totali aziendali e con i modi di industrializzazione del prodotto finale. L’aspetto “Mercato” ha una leadership di contenuto sugli step 2, 9 e 11; procede secondo un piano di azione specifico, che ingloba le metodiche di Costumer Value di Bip . Qui si stabiliscono quali caratteristiche- attributi daranno valore reale al cliente e quali no, e quanto ciascun attributo influenza il prezzo. Gli elementi esterni, di mercato, sono una competenza attraverso la quale le aziende valutano la value proposition di un determinato prodotto per creare un vantaggio competitivo attraverso 12
l’identificazione di una derivazione di un nuovo articolo, con le sue caratteristiche, attributi, configurazione. Il fattore più critico è la comprensione approfondita dei bisogni e dei problemi dei clienti. Quali sono le caratteristiche e le prestazioni del prodotto che il cliente vuole veramente? Qual è la value proposition vincente? Quanto valore il cliente attribuisce a ciascuna caratteristica, attributo del prodotto? Quanto tali elementi impattano sul prezzo finale di acquisto? E qual è l’impatto potenziale della complessità del prodotto sulla struttura complessiva di costo lungo tutta la supply chain? Queste attività sono mirate a stabilire con chiarezza la cosiddetta Voce del cliente, e sono tipicamente customer clinics, focus groups, consumer research, conjoint analysis, etc.. Il Customer Value Management richiede la gestione dei cost driver di prodotto, ma la vera sfida consiste non nella mera identificazione della natura dei costi raw materials, manufacturing, distribution, etc., ma nello sviluppo di un processo aziendale in grado di catturare le cause sottostanti di secondo livello alla base dei costi, ovvero la relazione tra prezzo e volumi e i fattori di scala. Per esempio, supponendo che in un prodotto una determinata caratteristica richieda l’impiego di costose componenti elettroniche e che queste stesse componenti rappresentino una peculiarità di prodotto attraente per il cliente, allora ciò aumenterà i volumi di vendita, quindi ridurrà il costo dei componenti per le ovvie economie di scala. 13
Quindi conoscere il mercato e valutare con serietà i reali volumi di vendita e l’elasticità delle domanda alle diverse caratteristiche rappresenta un grande fattore di competitività. L’analisi di sensitività tra prezzo e volume, la Value Proposition in termini di funzionalità e pricing, l’elasticità domanda/prezzo, l’elasticità prestazione/prezzo, la valutazione di marginalità incrementale derivante da strategie di pricing mirate alla massimizzazione dei volumi o del margine % possono cambiare significativamente il business case del nuovo prodotto, e la sua reale capacità di disporre di un vantaggio competitivo relativo. CVM inoltre contribuisce a migliorare la progettazione e la produzione indicando le aree di miglioramento; le attività tipiche di questa fase sono: • “Teardowns,” ovvero il di-assemblaggio dei prodotti competitor e comparabili nei loro componenti per documentare le differenze tecniche e di funzionalità e identificare linee strategiche di intervento per ridurre costi e ottimizzare le funzionalità- caratteristiche; • Clean-sheet modeling, che serve a determinare un preciso “should cost” per ogni prodotto e a sviluppare le strategie di riduzione dei costi, e delle necessità di design review, di revisione dei processi o di negoziazione con i fornitori. • Demand analytics, usando vari approcci per modellizzare i comportamenti di acquisto dei clienti, le dinamiche competitive, quote di mercato, range dei prezzi accettati per ogni value proposition • Elaborare e priorizzare una lista di idee e azioni concrete e specifiche che possono migliorare il customer value e contemporaneamente ridurre i costi. Lato Operations, lato costi se preferite, “Integrated Product Innovation Management” si focalizza sulle leve di ottimizzazione della value proposition di un particolare prodotto, guardando esclusivamente alla riduzione dei costi (e potenzialmente del prezzo). Questo è un aspetto molto critico, in quanto, come noto, una importante porzione dei costi del prodotto è direttamente collegata alle scelte di progettazione. 14
Nel nostro approccio assumiamo i costi totali come target, parametri indipendenti e non negoziabili di progettazione che l’azienda deve raggiungere. E’ un metodo usuale nei settori maturi dove le caratteristiche dei prodotti sono essenzialmente date e dove le aziende raggiungono un vantaggio competitive dal prezzo di offerta. Tuttavia molte iniziative così impostate hanno difficoltà a raggiungere i target assegnati. Ecco perché abbiamo integrato i metodi disponibili del Design To Cost con approcci specifici per la determinazione dei “driver” di costo nella progettazione del prodotto in modo da disporre di un criterio analitico e documentato di definizione dei target cost. Così facendo il sistema industriale (progettazione, produzione, distribuzione, qualità, ingegneria di processo, etc.) riconoscerà il target cost come un obiettivo raggiungibile derivato da una valutazione di bottom up e non come un obiettivo di top down calato dall’alto. Per arrivare a questo noi partiamo da una approfondita fase di baselining industriale: 15
Qui ci interessa far emergere gli elementi di innovazione contenuti nel nostro approccio: 1. Che “Integrated Product Innovation Management” dà pari dignità alle esigenze marketing e operations. L’integrazione di questi due mondi, se virtuosa, genera top-and bottom-line, valore e vantaggio competitivo. 2. La vista Cliente (Customer Value Management ) e la vista Costi sono processi iterativi che ottimizzano il valore percepito del cliente e dei costi di produzione 16
3. Il vantaggio competitivo si genera se si riequilibrano i rapporti di forza all’interno dell’organizzazione, trasformando i vincoli in leve di intervento. 4. La marginalità desiderata si ottiene se si gestiscono bene i trade-off di configurazione. Noi adottiamo un metodo che libera capacità e creatività innovativa lungo il percorso di configurazione del prodotto, in quanto sposta in una fase specifica - Gestione dei trade- off - l’assunzione di decisione sulle alternative disponibili e confliggenti, liberando appunto i progettisti da responsabilità e vincoli impliciti o espliciti che siano. 17
Qui ci interessa far emergere gli elementi di innovazione contenuti nel nostro approccio: 1. Che “Integrated Product Innovation Management” dà pari dignità alle esigenze marketing e operations. L’integrazione di questi due mondi, se virtuosa, genera top-and bottom-line, valore e vantaggio competitivo. 5. Abbiamo messo a punto un processo specifico iterativo con il quale si addiviene alla configurazione finale del prodotto, portando a sintesi con business case peculiari le alternative disponibili e facendo in modo che il top management: a. Mantenga il focus dello sviluppo prodotti su Valore e Costi b. Promuova l’integrazione tra mercato e operations c. Abbia visibilità sull’andamento dei prezzi delle materie prime d. Abbia conoscenza dei risultati delle simulazioni e sulle cause di fallimento di alcuni esiti e. Faccia in modo che ci sia un documento interno che espliciti in modo chiaro “i margini di sicurezza” e di qualità accettati f. Pretenda la modellizzazione in termini costi e marginalità delle alternative di trade off non risolte. **** In conclusione In conclusione, “esistono dei casi interessanti in cui le aziende possono conseguire contemporaneamente la leadership di costo e di differenziazione: e cioè quando l’impresa realizza una innovazione tecnologica e/o organizzativa importante che le consenta di ridurre i costi e di differenziare il prodotto allo stesso tempo” (vedi capitolo 3 punto 5). Integrated Product Innovation Management” è una innovazione organizzativa, forse non rivoluzionaria, ma degna di essere presa in considerazione come strumento di competitività. 18
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