Mercato immobiliare post Covid-19: un futuro (sempre) più green? - Amazon S3
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Mercato immobiliare post Covid-19: un futuro (sempre) più green? Una riflessione sul mercato immobiliare, che in tempi di crisi mondiali fornisce spesso un’attendibile rappresentazione dei danni economici. Sarà così anche questa volta? Quale che sia il verdetto che un giorno trarranno su questo periodo pandemico ancora senza fine, di certo la parte più difficile è proprio quella di cercare di arrivarci, a questa fine, con il non sempre grato compito di governarne nel frattempo le conseguenze. Messe da parte quelle sanitarie, che per diritto morale soppiantano le altre, le urgenze economiche sono quelle che preoccupano di più. E se, da un lato (con buona pace solo di pochissimi), si accetta la natura articolata della rovina, dall’altro è tutto un aggrapparsi a calcoli e schemi per poter prevedere il futuro, per pensare di correre ai ripari in anticipo. L’economia immobiliare I settori, che per grandi aree sono suddivisi nei classici comparti (industriale, produttivo, logistica, servizi, ecc.), sotto costante e vigile osservazione sono quelli che rappresentano la fetta più grande del pil nazionale. Ma ce n’è uno, che pur facendo parte di un’industria macroeconomica, e (grazie a un inesausto e frizzante giro di liquidità – un terzo di mutui bancari e oltre il 60 per cento di soluzione di risparmio famigliare) pur rappresentando il 20 per cento del pil nazionale, fa poca eco per il suo stato di
salute, che a oggi non ha ricevuto alcuna diagnosi definitiva: il mercato immobiliare. Inoltre, “il gettito fiscale generato dall’industria immobiliare è pari a 40 miliardi all’anno – dichiara Silvia Rovere, presidente di Assoimmobiliare –, che più o meno sono suddivisi tra 20 miliardi imputabili alle tasse patrimoniali, quindi Imu e Tasi, e gli altri 20 più o meno ripartiti tra imposte ipocatastali e imposte sul reddito”. L’universo immobiliare Il settore immobiliare è troppo spesso associato al concetto della mera risorsa abitativa (propria o in locazione). Tuttavia le categorie in cui è suddiviso sono molte di più. Si va dai terreni ai lotti industriali, ai locali commerciali, alle strutture turistiche, alle attività di entertainment, agli edifici pubblici, ecc.. E tutti, a causa della pandemia – come sottolinea ancora la Rovere – “sono passati dall’avere ricavi a non averne per niente. Un passaggio repentino da 100 a 0”. La pandemia da Covid19, come si sa, ha imposto l’arresto delle cosiddette attività non essenziali, e quindi la chiusura di tutti gli immobili destinati a tali attività (ristoranti, hotel, cinema, teatri, ecc.). Con un impatto economico ancora da calcolare, ma dalle previsioni già adesso niente affatto promettenti. Tuttavia, anche alcuni immobili destinati a uso industriale non ne sono usciti meglio, generando un effetto domino, a causa dei mancati corrispettivi per locazione, che ha colpito in modo esteso e regolare tutta la linea economica collegata.
Gli immobili residenziali Il 2019 ha confermato come in Italia il mercato immobiliare residenziale rappresenti uno dei punti strategici delle economie famigliari. Il Terzo osservatorio Nomisma (per Assoimmobiliare) ha registrato proprio questo stato di salute alla fine dello scorso anno, certificando che “la sostanziale stagnazione che caratterizza il nostro Paese non sembra avere scalfito la propensione proprietaria delle famiglie italiane”. Va da sé che, per alimentare questa inestinguibile vocazione, anche tutto l’indotto bancario e creditizio (filtro dalle maglie sempre più serrate) si sia tenuto attivo, pur in modo altalenante, durante tutto l’anno. Ciononostante, un segnale che dà la scossa a questa situazione per certi versi statica proviene da un dato in crescita: quello della locazione abitativa. Gli affitti si attestano intorno al 50 per cento, e sono aumentati di quasi 10 punti percentuali (dal 10 per cento al 18) i casi di utilizzo temporaneo. Si può concludere che a fine 2019, quindi, il settore degli immobili residenziali era piuttosto vivace. E ricco di spunti per una fotografia del Paese, sebbene a macchia di leopardo, precisa e promettente. Gli immobili non residenziali Pur partendo da uguali premesse, il mercato immobiliare non residenziale, invece, non lascia spiragli a grandi aspettative. La crescita delle contrattazioni delle unità immobiliari collegate ai settori terziario (uffici), commerciale (negozi e
laboratori) e produttivo (capannoni e industrie) – osservata a partire dal 2015 e fino all’anno 2019 – nel 2020 risulterà avulsa dalla precedente tendenza a causa dell’impatto della pandemia Covid19. Gli andamenti dell’economia nazionale si rifletteranno sui redditi di famiglie e imprese, e conseguentemente sui mercati immobiliari. Secondo quanto stilato dal rapporto dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) 2020, l’entità di questi effetti, a parte i periodi di totale assenza di attività di scambio dovuta al lockdown dei mesi di marzo e aprile 2020, è assai incerta. È piuttosto verosimile che ci sarà una interruzione della linea di crescita sperimentata fino allo scorso anno, dipendendo il tutto dagli andamenti complessivi dell’attività economica e dalla ripresa degli investimenti da parte delle imprese. Ma adesso? Come si può dedurre, cosa succederà dopo questa ondata pandemica, nessuno si azzarda a dirlo. Gli studi sono in corso, ma ce n’è uno che può magari aiutare a districarsi tra i fili di questa trama. L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) ha prodotto il report analitico di una ricerca, che a fine 2019 vedeva in forte aumento la richiesta di immobili ad alto efficientamento energetico. Ma soprattutto l’avvio di pratiche per le ristrutturazioni in ottica di riqualificazione sostenibile. Questi dati danno ampio respiro alla ‘causa ambientale’ (ma anche a quella socio-culturale), sviluppando una maggiore consapevolezza su temi che non sembrano più rimandabili, che,
anzi, si presentano piuttosto urgenti. E, più verrà sviluppata, più il futuro immobiliare avrà le caratteristiche di una cittadinanza con uno stile di vita alto, vincolato il meno possibile alle logiche finanziarie.
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